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CoNauoßUM
Bollano delTAnno Santo (dal Giubileo del 1300)
Con cilio rum Oecumenicorum Decreta
O ecümenicocdm
Confessioni di fede delle Chiese cristiane
Dichiarazioni evangeliche
Enchiridion Bihlicum
D ecreta
Enchiridion CES (1954-2010) voli. 8
Enchiridion dei beni culturali della Chiesa
Enchiridion dei Concordati
Enchiridion della Chiesa Missionaria
Enchiridion della Chiesa per le Migrazioni
Enchiridion della Famiglia
Enchiridion della Face voli. 2 a cura di
Enchiridion della Vita Consacrata (Dalle Decretali Giuseppe Alh^ 80 - Giuseppe L. Dossetti
al rinnovamento post-conciliare, 385-2000) Pei ikles-P. Joannou
Enchiridion delle Encicliche (1740-2005) voli. 8 Claudio Leonardi - Paolo Prodi
Enchiridion del Sinodo dei Vescovi (1965-2006) voli. 3
Enchiridion Oecumenicum (1931 -2005) voll. 10 Consulenza di
Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum Hubert Jedin
de rebus fidei et morum (Denzinger)
Enchiridion Vaticanum (1962-2010) voll. 26+3
edizione bilingue
D
EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA
Versione italiana a cura di A ngelina N ico ra A lberigo
Im prim atur. ® G i a c o ^ ^ a r ^ ^ b e r c a r o
arcivescovo di Bologna, 6 giugno 1962
Γ · 'ίθ ϊ';ο ϋ ! ΐΐίΐ/.]
® 1973 Istitu to per ^ -s c ie n z e religióse, B ologna
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® 2013 C en tro edÌtorialfe;SèÌioixiano
via Scipione dal F erro, 4 - 40138 Bologna
www. deboni^ne.it
...... τΐ·*1A
ISB N 978-88-10-24126-4
A nessuno può sfuggire che l’occasione per un’edizione delle decisioni dei
concili ecumenici è stata offerta dalla convocazione da parte di'Giovanni
XXIII del concilio Vaticano II: questa convocazione ha fatto sì che negli ul
timi tre anni abbiano visto la luce sia opere relative a tutta la storia dei concili
sia a singoli aspetti. Ma stupisce il fatto che, pur essendo questi decreti di
grandissima importanza per la dottrina e la disciplina della chiesa, non sì tro
vi nessuna raccolta in un solo volume di tutti i decreti dei concili ecumenici.
Infatti, se si eccettuano le definizioni e le dichiarazioni di maggiore impor
tanza inserite nell’Enchiridion symbolorum dì H. Denzinger, 1 canoni degli
antichi concili devono essere ripresi dalle edizioni di Bruns, Lauchert e alni;
quelli del concilio di Trento dall’edizione ufficiale di Paolo Manuzio - che
spesso è stata successivamente riprodotta, non senza errori infine per gli
altri concili bisogna ricorrere o alle antiche collezioni - cioè soprattutto all’e
dizione Romana, a quella dell’Hardouin o del Mansi - o alle edizioni critiche
contemporanee, ad esempio quella di E .. Schwartz.
Poiché dunque sino ad oggi non esiste nessun volume che contenga i de
creti sia dottrinali che disciplinari dì tutti i concili ecumenici, quello che qui
introduciamo sembrò proprio far fronte a tale esigenza: in esso infatti non
sono raccolti i documenti per procedere a una storia dei concili, bensì sono
pubblicati, nella forma più corretta oggi conosciuta, i canoni e i decreti dei
venti concili ecumenici riconosciuti dalla chiesa cattolica, A questo proposi
to sono necessarie alcune spiegazioni: infatti, includendo soltanto i venti
concili detti ecumenici, i curatori dell’edizione non ignorano che tale defini
zione è nata'più dalla consuetudine che da una vera e propria dichiarazione
del magistero ecclesiastico. Inoltre nel cristianesimo antico si riteneva che,
oltre ì simboli di fede e Ì canoni approvati dai concili, anche altri scrìtti aves
sero forza universalmente obbligante; se accogliere o no tali scritti'in questo
volume non sempre è stata una decisione facile. Si è scelto così di omettere i
decreti particolari giudiziali e amministrativi, frequenti soprattutto nell’anti
chità cristiana e nel medioevo. I curatori sono pienamente consci che vi pos
sano essere opinioni diverse sulla scelta e la raccolta dei testi e dichiarano di
voler accogliere volentieri le obiezioni.
A questo putito vogliono soltanto affermare che il materiale proviene dalle
migliori edizioni oggi esistenti,. Ì codici manoscritti sono stati usati soltanto
raramente, ad esempio per i due concili di Lione;Tapparato critico e le note
esplicative sono state limitate allo stretto necessario; le introduzioni includo
no soltanto gli studi più importanti e sono state omesse 1&discussioni sulla
forza e il peso dei testi, sulle questioni, teologiche e giuridiche. Il libro vuoleV I
V II
Conciliorum oecumenicorum decreta
essere una raccolta di fonti, non l’esposizione dei dogmi e delle leggi formu INTRODUZIONE
late dai concili ecumenici.
Ci resta solo da esprimere la speranza che questo libro serva sìa a coloro
che interverranno al concilio, sia ai teologi, agli storici e ai canonisti che de
vono dunque conoscere esattamente i decreti dei concili e dovranno spesso
consultarli.
L’idea dì pubblicare questo volume è venuta àùYIstituto per le Scienze re
ligiose, già conosciuto come Centro di Documentazione: il card. Giacomo
Lercaro, arcivescovo di Bologna e illustre patrono della biblioteca e di que
sto Istituto, favori e aiutò in ogni modo l’opera intrapresa e pertanto resta un
grande debito di gratitudine nei suoi confronti. L’estensore di questa prefa
zione intervenne nello stabilire i criteri della edizione e nell’assegnare la divi Come ricorda nella sua premessa Hubert Jedin, l’idea di raccogliere in un
sione del lavoro tra i vari collaboratori. Il segretario dell’Istituto Giuseppe volume tutte le decisioni dei concili ecumenici nacque in seguito all’annuncio
Alberigo, professore dell’università di Firenze, ha coordinato le varie parti del 25 gennaio 1959, quando Giovanni XXIII comunicò· la decisione di con
del volume e ha edito i concili dì Basilea-Ferrara-Firenze-Roma, il Latera vocare un nuovo concilio. In seno all’Istituto per le scienze religiose ci sì
nense V e il Vaticano I. Perikles-P. Joannou, professore dell’università di consultò sul contributo che sarebbe stato possibile offrire alla preparazione
del concilio stesso, dì cui sì intuiva l’importanza. Insieme a Giuseppe Dos
Monaco, ha curato l’edizione dei primi otto concili; Claudio Leonardi, scrit
setti, il quale già negli anni precedenti aveva indirizzato l’Istituto a approfon
tore alla Biblioteca apostolica vaticana, ha edito i concili medievali, dal Late dire la portata dei grandi concili, si decise dì preparare questa raccolta. Essa
ranense I a quello di Vienne; Paolo Prodi, professore all’università di Bolo sì proponeva di valorizzare la tradizione conciliare che nei secoli più recenti,
gna ha edito i concili di Costanza e di Trento. Ognuno dei quattro collabora e soprattutto dopo il concilio Vaticano del 1869-1870, era stata lasciata sem
tori è responsabile per la propria sezione. pre più in ombra mentre l’insegnamento e la stessa ricerca storica e teologica
Per concludere, mi sia consentito ricordare che nell’abside maggiore del privilegiavano i testi del magistero ordinario, comodamente raccolti da H.
l’aula conciliare di s. Giovanni in Laterano, che ormai non esiste più e nella Denzìnger nell’Enchiridion symbolorum.
quale sì svolsero le sedute dì ben cinque concili, vi era un mosaico del Cristo Il volume, dedicato a Giacomo Lercaro che aveva patrocinato l’iniziativa è
insieme con la madre di Dìo e gli apostoli Pietro e Paolo, mentre gli altri apo ne aveva seguito con amore la preparazione, fu accolto con grande benevo
stoli erano in absidi minori: con queste immagini la chiesa romana intendeva lenza, pochi giorni prima dell’apertura del Vaticano II, da Giovanni XXIII
significare che i concili lì riuniti annunciavano la tradizione apostolica e ave nel corso di un’udienza speciale. Il gradimento del papa'anticipò quello dei
vano la somma autorità di insegnare e che tutto questo aveva il proprio fon padri conciliari e dei loro periti, nonché quello della critica internazionale.
damento e la propria radice nelle parole pronunciate, nel primo concilio della Anche in seno alle chiese cristiane separate da Roma esso trovò un’accoglien
chiesa, dagli apostoli riuniti insieme, sotto la presidenza di Pietro pastore de za molto positiva, malgrado seguisse la serie dei concili ecumenici accreditata
gli agnelli e delle pecore: «Abbiamo deciso lo Spirito santo e noi...» (At in seno alla tradizione romana1.
15,28). ' ψ * si-
Bonn 1962 La celebrazione di grandi assemblee conciliari costituisce un filo rosso che
Hubert J edili attraversa in profondità tutta la secolare storia cristiana. Nati spontaneamen
te; senza che fossero previsti da un progetto, i concili - influenzati anche dai
prestigiosi «modelli» del Sinedrio ebraico p del Senato romano - sono una
delle più interessanti e significative manifestazioni della dinamica di comu
nione a livello inter-ecclesiale, che caratterizza il cristianesimo dei primi se
coli e che non cessa di animarlo. L’opinione più accreditata vede negli incon
tri degli episcopo! di una stessa regione per sanzionare con la consacrazione
Nella terza edizione sono stati sostituiti e aggiunti alcuni testi relativi ai
primi cinque concili, a cura di G.L. Dossetti; sono stati anche aggiunti, a cu
ra di G. Alberilo, i testi delle costituzioni, dei decreti e delle dichiarazioni
del concilio Vaticano II; nelle bibliografie sono stati inclusi nuovi titoli e in 1 Cfr, V. Peri, Il numero dei condii ecutnenid nella tradizione cattolica moderna,
fine sono stati completamente rifatti gli indici. Aevum 37(1963)432-501 e dello .stesso, Ventanni dopo. Ancora sul numero dei
concili ecutnenid, Riv. di storia e lett. religiosa 23(1987)289-300; H.J. Sieben, Die
Bonn 1972 katholische Konzilsidee von der Reformation bis zur Aufklärung, Paderborn
H. J. 1988.
VITI IX
Conciliorum oecumenicorum decretu
Introduzione
la designazione di un nuovo vescovo da parte di una comunità locale il nu
pria autorevole dimensione scientifica. A loro volta le norme per la disciplina
cleo germinale della prassi sinodale, fiorente dal II secolo2.
della comunità si trasformano in una vera e propria legislazione sociale, de
La cronologia dei concili, almeno di quelli di maggiore portata, è disconti
nua e potrebbe dare un’impressione di occasionalità. In realtà essi scandisco stinata a regolare aspetti cruciali della vita della «Cristianità» (proprietà; pro
no quasi sempre i momenti di più denso significato della vita della grande cedure giudiziarie; matrimonio ecc,), Il diritto canonico acquista anche così
Chiesa, non solo ma accanto alla loro celebrazione è indispensabile tener una centralità ecclesiale, sconosciuta nel primo millennio. Ancora, la parteci
conto dei periodi, talora anche non brevi, di preparazione e di quelli - quasi pazione a questi concili'«papali» è selezionata discrezionalmente dal papa, il
sempre lunghi - di applicazione e ricezione. quale decide quali vescovi convocare e quali no; vi hanno un pesò sempre più
cospicuo i cardinali, ancorché di norma non siano vescovi. Tuttavia il ruolo
È sorprendente come i concili abbiano suscitato quasi sempre un’attenzio
più incisivo spetta airappresentaiiti-degli Ordini mendicanti a causa del loro
ne intensa nel popolo dei comuni cristiani, malgrado la loro partecipazione
inatteso quanto dilagante successo; col tempo i frati partecipano ai concili an
diretta alle assemblee sìa sempre stata esterna e marginale. I lavori conciliari e
le vicende della fase post-conciliare hanno abitualmente generato un’acuta che come esponenti delle prestigiose «Universitates studiorum».
attesa e un coinvolgimento, carico di speranza. In questi secoli i concìli svolgono soprattutto la funzione di assemblee
rappresentative della cristianità occidentale; di conseguenza l’imperatore e ì
Questi scarni dati possono aiutare a comprendere come la fisionomia dei
concili, e soprattutto dei concili di ambito e di significato più che locale34, sia sovrani più importanti vi hanno un ruolo considerevole, che svolgono in pri
ma persona (come nel caso ben noto di Sigismondo a Costanza e ‘a Basilea) o
rimasta a lungo fluida e, in notevole misura, lo sia tuttora.
mediante l’intervento di. plenipotenziari.
Da un lato i grandi concili dell’antichità, riuniti per iniziativa dell’autorità
Quando un nuovo concilio generale si riunisce a Trento si è già consumata
imperiale e celebrati sotto la sua ombra hanno avuto una loro caratterizza
la divisione della Chiesa occidentale. DÌ fatto la1partecipazione è limitata ai
zione, nell’àlveo della tradizione del cristianesimo orientale di lingua greca.
vescovi e ai teologi in comunione con Roma; l’influsso del papa, mediante il
Vi emergono tre elementi: la concentrazione primaria sulla formulazione di
cardinal-nepote (nell’ultimo periodo Carlo Borromeol), e quello dell’impe
«professioni di fede» (oroi). Professioni che sono ispirate dal vitale bisogno
ratore, del re di Francia, e poi anche del re di Spagna, è molto rilevante; so
di «rendere conto della fede», ancorché siano condizionate in misura elevata
pravviene infine il peso inedito dei superiori generali delle nuòve Congrega
dal confronto con le correnti eretiche. Alle professioni si aggiungono statui
zioni !- in primo luogo i Gesuiti - che va a rafforzare ìl prestigio degli abati
zioni disciplinari per la vita interna delle comunità (canones). In secondo
luogo .la partecipazione ai lavori conciliari appare «aperta» sia a teologi che a monastici e dei generali dei Mendicanti, ammessi a pieno titolo, cioè con di
ritto di parola e di voto, al concilio.
laici, ancorché sia essenziale (ma non esclusivo'*) l’intervento dì vescovi e, via
A Trento per la prima volta viene formalizzata, persino come criterio dei
vìa, divenga conditio sine qua non il coinvolgimento dei cinque patriarcati
lavori conciliari, l’alternanza tra argomenti di «fede», a proposito dei quali i
apostolici (pentarchia). Infine, costituisce un fattore di particolare rilievo.la
partecipazione di rappresentanti degli ambienti monastici, dato ìl loro cre dibattiti si concludono con l’approvazione dì formulazioni teologiche che ri
spondono alle questioni poste dai Protestanti, e problemi dì «riforma», a
scente prestigio spirituale e sociale.
proposito dei quali sonò votate statuizipni disciplinari dirette a eliminare gli
Dòpo la rottura della comunione tra Oriente e Occidente, i concìli gene
abusi e la decadenza ecclesiastica. Il binomio «fides et .mores» acquista così
rali del medioevo presentano una fisionomia sostanzialmente diversa, non
un’autorevolezza che conserverà durante tutta l’età della Controriforma, di
solo per la loro limitazione alla chiesa latina - con le sterili eccezioni del Lio-
ventando lo schema rigido di. classificazione degli argomenti ecclesiali.
nesc II e del Fiorentino - ma anche per altri significativi aspetti. Anzitutto fa
Quando tre secoli più tardi si celebrerà il I concilio Vaticano, saranno in
la sua comparsa, in misura sempre più consistente, una accezione astratta del
fatti predisposti progetti di risoluzioni secondo la stessa bipartizione. È noto
la «fides» intesa come «doctrina» c «veritas», concettualmente formulata e
che di fatto il concilio .si limitò solo a una parte degli argomenti dottrinali6; la
definita5. È un orientamento che trova presto nella teologia scqlastica la pro- sospensione del 1870 impedì la trattazione degli argomenti relativi ai «costu-
2 P. Duprey, La structure synodale de LEglise dans la tbéologie orientale, Proche pare nel III (1179) 5 volte e altrettante «mos». La frequenza aumenta col Latera
Or. Chr. 20(1970)123-145; E. Làmie, L'orìgine des synodes, Theologische Zeit nense IV (1215): 16 volte .«fides», 11 «mos»; nel I di Lione (1245) compare 5 volte
schrift 27(1971)201-222 e H J. Sieben, Die Konzilsidee der alten Kirche, Pader solo «fides»; nel II (1274) 10 volte «fides» e 4 volte «mos». Infine «ventas», è usata
born 1979. per la prima volte nelle decisioni, del Lateranense III,' scompare quasi nel IV e nel I
3 Cfr. H.J. Sieben, Die Partikularsynode·, Frankfurt 1990. di Lione per ricomparire 5 volte nel Lionese IL A Vienne (1311-12) «fides» ricor
4 P.-R. Cren, Concilium episcoporum est. Note sur Phistoire d'une citation des Ac re 40 volte, «mos» 10 e «yeritas» 13, Condies pecuméniques médiévaux. Concor
tes du concile de Chalcédoine, Revue des sc. phil. et théol. 46(1962) 45-62 rico dance, Index, Listes de fréquence. Tables comparatives, a cura di M. Moliat e P.
struisce puntualmente il senso e i limiti di questo principio come rivendicazione Tombeur, 4 w . Louvain 1974-1975.
ostile alla partecipazione al concilio di Calcedonia di chierici contrari al partito 6 «Fides» ricorre nelle costituzioni conciliari ben 189 volte e 60 volte «veritas»:
egiziano. ■· ■ Concilium Vaticanum L Concordance, Index, Listes de fréquence, Tables compa
5 «Fides», assente dal testo delle decisioni dei due primi concili Lateranensi, com- ratives, a cura di R. Aubert - M. Gueret - P. Tombeur, Louvain 1977.
X XI
Conciliorum oecumentcomm decreta Introduzione
mi», con l’effetto dì maggiorare la portata delle due uniche costituzioni dog della chiesa) in un tempo determinato. L’analisi di lungo periodo induce a
matiche approvate. .Dal punto di vista della partecipazione, il Vaticano I è prendere atto che ìl peso della' partecipazione ai lavori non dipende rigida
egemonizzato dall’autorità papale, sulla cui base è decisa l’ammissione dei vi mente dal titolo di ammissione al concilio e non è neppure proporzionale ad
cari apostolici preposti ai territori dì missione e sprovvisti del carattere epi esso. Sembra che solo a posteriori possa essere riconosciuta in modo definiti
scopale. È però interessante anche il dibattito, che sì svolge alla vigilia della vo la qualità di «membro» dì ciascun concilio; anzi storicamente si sono at
convocazione, sulla ammissione o meno dei vescovi «titolari», cioè dotati del tuate partecipazioni differenziate, ma tutte .essenziali per l’esistenza del con
carattere episcopale, ma privi di responsabilità pastorale; anch’essi sarebbero cilio.
stati ammessi. Infine, tramonta l’influsso e soprattutto la partecipazione, dei Una seconda costatazione riguarda la fisionomia dei concili: appare an-
poteri politici e in genere di laici: il Vaticano I è forse Tunico concilio esclusi- ' ch’essa flessibile nel lungo periodo in relazione alla funzione storica che cia
vamente «ecclesiastico». scuna assemblea adempie. I primi quattro concili ecumenici, che spesso i pa
Il Vaticano II invece prescinde dal binomio dottrina-disciplina né è con dri hanno equiparato at quattro Evangeli, hanno essenzialmente consolidato
vocato per reagire a deviazioni dottrinali; esso è piuttosto egemonizzato dal e irrobustito la fede della chiesa nascente in un rapporto dialettico con la cul
la convinzione che sia necessario un «aggiornamento» globale della chiesa in tura classica8.1 concili generali del medioevo si sono invece impegnati nella
risposta al segni dei tempi e alle grandi modificazioni della società contempo regolamentazióne della «societas christiana» delTOccidente; Trento e il Vati
ranea. Di conseguenza la scelta degli argomenti che il concilio affronta è de cano I, infine, hanno scelto dì difendere il cattolicesimo romano dalle tesi dei
terminata dalla ricerca di un contatto rinnovato con le fonti {Dei verbum e Riformatori e dalle minacce della cultura secolarizzala, generando prevalen
Lumen gentium), dì uri rapporto fraterno con la società umana (Gaudium et temente una teologìa «anti».
spes) e con le altre chiese cristiane (Unitatis redintegratio). Anche la compo Da parte sua il Vaticano II si caratterizza per uno spiccato impegno «pa
sizione, dell’assemblea conciliare, formalmente convocata dal papa secondo storale», inteso come superamento .della lunga stagione dell’arroccamento
la tradizione cattolico-romana, mostra sintomi significativi di modificazio della chiesa nei confronti, della società e delle condanne (infatti il concilio si
ne, comprendendo un centinaio di «osservatori» delegati dalle chiese non- astiene non solo da anatemi, ma anche da definizioni).
cattoliche e anche alcuni parroci e semplici laici. Un aspetto cruciale, soprattutto dal punto di vista delle diverse chiese cri
Questa sintetica e necessariamente schematica rivisitazione del concreto stiane, riguarda T «ecumenicità» dei concìli9. Con tale espressione sì indica
realizzarsi nella storia dei concili ecumenici e generali consente alcune costar l’estensione universale della rappresentatività di una assemblea e, di conse
tazìoni. La prima riguarda la composizione dei concìli che ha conosciuto guenza, la estensione della normatività canonica delle sue decisioni. In realtà
ininterrotte variazioni. La permanenza della partecipazione episcopale ne T«ecumenicità» è stata quasi sempre una autoqualifica oppure un’aspirazione
costituisce il nucleo stabile, intorno al quale si aggregano membri ecclesiasti o, infine, una qualificazione a posteriori. I concili convocati e presieduti dal
ci e laici, rappresentanti politici e ecclesiali, che mutano a seconda dei periodi l’imperatore bizantino (Niceno, Efesino, Calcedonese) ricevevano per ciò
storici, dei contesti culturali e delle concezioni ecclesiologiche dominanti. I stesso tale qualifica; alcuni invece l’hanno ottenuta solo mediante un ricono
tentativi di schematizzare i criteri di partecipazione appaiono in questa luce scimento successivo (Costantinopolitano !); altri (i Lateranensi) hanno ripie
del tutto insoddisfacenti. N on corrisponde alla verità dei fatti che solo i ve gato sulla qualifica più modesta ai «generali»; altri ancora (Tridentino, Vati
scovi avessero titolo di decidere in materia dì fede né che i membri possano cano I e II) hanno utilizzato questa qualifica sulla base della convinzione del
essere distìnti tra «aventi diritto» e «ammessi»; la stessa distinzione fondata cattolicesimo romano di essere Tunica vera chiesa. Il Costantinopolitano IV
sul diritto o meno di parola e di voto è inadeguata, come indica per esempio costituisce, anche da questo punto dì vista,,un caso anomalo.
il peso determinante avuto molto spesso da teologi, malgrado non avessero Le principali tradizioni del cristianesimo hanno concezioni diverse non
diritto di voto (e talora neppure di parola), o dai poteri politici. solo dell’ecumenicità, ma - più in generale - del concilio, Soprattutto per
I concili del tardo medioevo si strutturano con riferimento alle «nationes» quanto riguarda sia l’origine della autorità conciliare che l’organizzazione
che caratterizzavano le università degli studi, ma anche anticipando l’acco interna del concilio e Tuffetto delle,sue decisioni esìstono rilevanti divergen-
glienza delle aggregazioni nazionali, sempre più significative con la disgrega
zione della Cristianità7. Ancora, a Firenze il concilio lavorerà per «chiese»,
raggruppando cioè i padri latini da un lato e greci dall’altro, creando un pre^
zioso precedente per futuri concili «cristiani». * Cfr. Y. Congar, Il primato dei quattro primi concili ecumenici, Il concilio e i
Nella loro varietà.e disparità, i concili sono accomunati dall’essere un concili. Contributo alla storia della vita conciliare della chiesa, trad, it., Roma
evento (talora significativo, talaltra scipito) complesso e flessìbile, nel quale 1961,117-166.
concorrono forze e correnti diverse, le cui decisioni esprimono il grado di 9 Cfr. Y. Congar, Conclusioni, Il concìlio e i concili;.., 399-467 e soprattutto 440-
consapevolezza storica e di coerenza evangelica della chiesa (o di una parte 446; C. Vagaggini, Osservazioni intorno al concetto di concilio ecumenico, Divini
tas 5(1961)411-430; V. Peri, I concili e le chiese. Ricerca storica sulla tradizione
d’universalità dei sinodi ecumenici, Roma 1965; B. Margerie, L’analogìe dans i ’oe-
7 .Cfr. S. Gomez de Arteche y Catalina, Las «Nationes» en la bistorta de los conci· cuménicité des condies, notion clefpour l’avenir de l’oecuménisme. Rev. Thoraiste
Uos, Hispania Sacra 39(1987)617-672. 84(1984)425-445.
X II X III
Conàlhmm oecumenkorum decreta Introduzione
ze101. La tradizione dell'ortodossia orientale riconosce solo i primi sette con fonti curata da Mansi tra il 1759 e il 1798. Una primavera caratterizzata dalla
cili - dal Niceno I al Niceno II - e fatica a ammettere l'effettiva possibilità dì. edizione, criticamente accurata, di fonti: da quelle relative ai concili antichi
tin nuovo smodo pan-ortodosso11. La tradizione riformata occidentale ha (E. Schwartz) a quelle per ÜTridentino (Görresgesellschaft) e per il Fiorenti
posizioni oscillanti, sia sui concili del passato che sui requisiti di un futuro no (Pontificio Istituto Orientale).
concìlio ecumènico12134, A sua volta la tradizione cattolico-romana ha messo Sono stati contributi non solo validi e - almeno nel caso del concilio di
Γaccento,· soprattutto dal tardo medioevo, sul riferimento al papa, al quale Trento - dirompenti, ma anche inconsapevolmente preparatori della nuova
viene accreditata la direzione del concilio (convocazione, determinazione del stagione dì interesse per i concili che si sarebbe aperta negli anni sessanta, a
regolamento e dell’ordine del giorno, trasferimento, chiusura). Anzi secondo seguito dell’annuncio della celebrazione di un nuovo concilio in seno alla
alcuni - contraddetti però, dal Vaticano II - la stessa autorità conciliare dipen- ' chiesa cattolica. E innegabile che la storia del concilio di Trento di Jedin
derebbe da quella papale e, comunque, spetterebbe al papa dare efficacia vin (1950 ss.) e anche quella del concilio di Firenze di Gill (1959) abbiano contri
colante alle decisioni dell'assemblea.· buito a creare un clima di attenzione per il significato dì grandi assemblee
L'evoluzione-storica'sembra caratterizzata da una progressiva riduzione conciliari, proprio quando la teologia cattolica più accreditata affermava che
dell’«ecumenicità» dei concili - da universali a occidentali, da occidentali a con la solenne proclamazione delle prerogative papali del 1870 la funzione
romani - e anche del loro orizzonte. L’egemonia del servizio alla fede vissuta dei concili poteva ritenersi esaurita. I problemi critici che la storia dei concili
dalla comunità sembra vìa via sostituito dalla funzionalità all'istituzione ec presenta sono molteplici e variano a seconda delle epoche e spesso da conci
clesiale. Di volta in volta varia dunque non solo Toggettq dei concili, ma il lo lio a concilio15. È ad esempio problematico per i concili antichi discernere le
ro stesso approccio al mistero della rivelazione e alla concreta condizione ec decisioni vere e proprie da atti di natura diversa, così come è arduo per molti
clesiale. Intimamente connessa con la storia del concili è quella della loro ap concili medievali distinguere tra le decisioni dell'assemblea e quelle del papa
plicazione o ricezione!3. Solo i concili falliti non hanno avuto né ricezione né che la presiedeva. La stessa cronologia presenta problemi dibattuti, soprat
applicazione; tutti gli altri hanno conosciuto periodi, in genere lunghi e .tor tutto per la determinazione del periodo di incubazione di ciascun concilio e
mentati, di assimilazione da parte della chiesa. Periodi durante i quali si è fre del periodo di ricezione delle sue decisioni. Ancora più delicata è la scelta dei
quentemente operata una selezione delle decisioni conciliari e talora addirit criteri ermeneutici secondo ΐ quali interpretare il significato delle decisioni di
tura un ripensamento del loro significato (Calèedonia, Trento). un concìlio. La perdita (Nicea) o la precarietà dei protocolli dei lavori conci
liari (concili medievali) o, addirittura - come nel caso del concilio di Trento -,
^ la loro prolungata indisponibilità ha favorito l’affermarsi di un'ermeneutica
che, prescindendo dal contesto storico e assembleare delle decisioni e anche
La storiografia dei concili ecumenici1* oscilla tra grandi opere - come Vili- dalla natura dell'evento conciliare che le ha espresse, si arroccava su una in
sostituita «Histoire des Conciles» di Hefele-Leclercq (1907-1921) - e agili terpretazione giuridico-formale (a lungo la romana Congregazione del Con
sintesi - la più fortunata è la «Breve storia» di Jedin (1960; V ili ed. 1978). cilio ha presieduto a questo tipo di ermeneutica).
Durante il nostro secolo lo studio dei grandi concili ha conosciuto una fortu
na cospicua, quasi una nuova primavera, dopo quella del XVI secolo, inne Jf ij· -l·
scata dal Tridentino e quella documentata dall’immensa pubblicazione di
Questa riedizione della terza edizione del volume originale con a fronte la
versione italiana16, che segue quella con la versione inglese e precede quelle
con le versioni francese e tedesca, intende mettere a disposizione di un pub-
10 P. Bransen, L ’autorità des condies, Pròblèmès de l'autorité, Paris 1962, 58-100;
P. L'Huillier, Le conàie oecuménique camme autorità suprème de l'Église, Ana-
lekta 24/1(1975)78-102; H.J. Becker, Die Appellation vom Papst an ein allgemei
nes Konzil, Köhi-Wien 1988. - ■ ' · · . . 15 Cfr. Storia dei condii ecumenici, a cura di G. Alberigo con contributi di L. Per-
11 Cfr. IT. Heimle, Die allgemeinen Konzilien in der Ostkirche, Roma 1945; N. rone, P.A. Yannopoulos, A. Melloni, J. Wohlmuth, U. Proch, M. Venard, Brescia
Afanasieff, Le concile dans la théologie orthodoxe russe, Irénikon 35(1962)316- 1990.
339; J. Meyendorff, What is an ecumenical Council?, St. Vladimir’s Seminary 16 Le introduzioni ai singoli concili sono state riprese fedelmente da quelle origi
Quarterly 17(1973) 259-273. nali, che danno conto della scelta dei testi pubblicati e delle loro fonti. Sono state
12 Cfr. P. Meinhold, Konzile der Kirche in evangelischer Sicht,.Stuttgart 1962. invece aggiornate le indicazioni bibliografiche relative a ciascun concilio. Le note
13 A. Grillmeier, Konzil u. Rezeption, Theologie u. Philosophie 45.(1970)321-352; ai testi conciliari non sono state tradotte, dato il loro carattere informativo, ma i
Ύ. Congar, La «reception» comme realità ecclésiologique. Rev. des Sc. Phil, et rinvìi sonpindicati anche nella versione italiana; i riferimenti biblici sono relativi
Théol. 56(1972)369-403; G. Alberigo,.Elezione - consenso - ricezione, Concilium all’edizione ufficiale della Conferenza episcopale italiana. L'impaginazione dell’i
1972/71247-1200; H. Hryniewicz, Die ecclesiale Rezeption in der Sicht der ortho taliano segue scrupolosamente quella dei testi originali di cui ripete la numerazio
doxen Theologie, Theologie, u. Glaube. 65(1975)242-266. ne; un segno V Ìndica il passaggio da una pagina all'altra. La versione italiana
14 Purtroppo la rassegna critica di H. Jedin, Noùvelles données sur Vhistoire des delle decisioni del Vaticano II è quella àéTEnchiridion Vaticanum delle Edizioni
concües généraux, Cahiprs d’histoire mondiale 1(1953)164-178 non è stata più ri Dehoniane di Bologna.
presa.
X IV XV
Conciliorum oecumenicomm decreta
blico più vasto, e soprattutto degli studenti che hanno una confidenza decre
scente con le lingue antiche, testi che hanno tuttora un peso notevolissimo e SIGLE E ABBREVIAZIONI
talora determinante nella nostra cultura. ■
A distanza di trentanni dalla prima edizione, rinnovo la profonda gratitu
dine nei confronti dì quanti diedero apporti preziosi alla laboriosa prepara
zione dell’edizione originale: in primo luogo H . Jedin e G. Dossettì, ma an
che C. Colombo, E. Frances chini, St. Kuttner, J. Leclercq, J. Straub, e con
loro A. Ghiselli, C. Mercier, P. Serra Zanetti, B. Ulianìch, G. Wiet, G, Zof-
foli.
Bologna, novembre 1991 AGO E, Schwartz, Acia Conciliorum ' Oecnmenicorum; t. I Concilium universale
Giuseppe Alberigo Epheslnum (5 voll.) ; t. II Concilitms universale Cbalcedonense (6 voll.), Berolini
et Lipsìae 1927-1932.
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Discipline gènlrale antique [JM X t s.J t, I pars II), Grottafemta (Roma)
1963.
XVI XV II
Conditarum oecumenkortm decreta Sigle e abbreviazioni
CT » Consilium Tridenilmm. Diariorum, actorum, epistularum, tractatuum nova MGH — Monumenta Germaniae Historica inde ab anno Christi quingentesimo usque · ad
collectio, ed. Societas Goeriesiana, (usque hodie 13 Toil,) Friburgi Btis- annum millesimum et quingentesimum, auspiciis Societatis aperiendis fontibus
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XVIH X IX
A BB R EV IA ZIO N I B IB LIC H E INDICE GENERALE
Prefazione......................................................................................... VII
Introduzione..................................................................................... IX
Sigle e abbreviazioni...................................................................... XVII
Abbreviazioni bibliche...................................................... XX
Ab AbÜias Iu ludae epist
Ac Actus Apostolorum . Lc ' Evangelium secundum Lucam
Ag Aggeus Lm Lamentationes, id est Threni
Am Amos Lv Leviticus Concilio Niceno 1........................................................................... 1
Ap Apocalypsis lM c I Machabaeorum lib, Concilio Costantinopolitano I ................ 20
Bar Baruch 2M c Π Machabaeorum lib. Concilio dì E f e s o .......................................................................... 37
Cn Canticum Canticorum Mie Michaeas Concilio di Calcedonia.................................................................. 75
Col ad Colossenses eplst. Mi Malachias Concilio Costantinopolitano I I .................................................. 105
1 Cor I ad Corinthios epist. Mr Evangelium secundum Marcum Concìlio Costantinopolitano I I I ............................................ 123
2 Cor II ad Corinthios epist. Mt Evangelium secundum Matthaeu Concilio Niceno I I ....................‘.................................................... 131
Dii Daniel Nh Nahum
Numeri
Concilio Costantinopolitano I V ................................................. 157
Dt Deuteronomium Nra
Ec Ecclesiastes Os Osec Concilio Lateranense I ............................ 187
Eoli Ecclesiasticus . 1 Par I Paralipomenon lib. Concilio Lateranense I I ..................... '.......................................... 195
Eph ad Ephesios epist. 2 Par II Paralipomenon lib. Concìlio Lateranense I I I .............................................................. 205
1 Es I Esdrae lib. Ph ad Philippenses epist. Concìlio Lateranense I V .............................................................. 226
2 Es Π Esdrae lib. qui dicitur Nehemias Phl ad Philemonem epist, Concìlio di Lione 1......................................................................... 273
Est Esther Pro ■Proverbia Concilio di Lione I I ............................................. . ...................... 303
Es Exodus Ps Psalmorum lib, Concilio di V ie n n e ........ .......................................... . .................. 333
Ea Ezechiel ' lP t I Petri epist.
Concilio dì C o sta n z a .................................................................... 403
Gol ad Galatas epist, 2 Pt II Petri epist.
Gii Genesis Rm ad Romanos epist, Concìlio di B asii ea-Ferr ar a-Fir enze-Rom a ............................... 453
Hab Habacuc lR g I Regum lib. (I Samuel) < Concilio Lateranense V ............................................. 593
Heb ad Hebraeos epist. 2Rg II Regum lib. (II Samuel) Concìlio di T r e n to ....................................................... 657
lb lob 3Reg III (I) Regum lib. Concilio Vaticano I .................................................................. 801
le Iacobi epist. 4Rg IV (11) Regum lib. Concilio Vaticano I I ...................................................................... 817
Id Indicum lib. Rt Ruth
Idt ludith Sap Sapientia
II loel Sph Sophonias
la lonas Tb Tobias I n d ic i................................................................................................ Γ
Io Evangelium secundum loaoncm 1 Th I ad Thessalonicenses epist. Citazioni b ìb lic h e .......................................................................... 3
lio I Ioannis epist. 2Th II ad Thessalonicenses epist, Citazioni di concili...................... 17*
2 Io II Ioannis epist. lT in I ad Timotheum epist. Citazioni del magistero pontificio e dì atti delle congregazioni
3 Io ‘ III Ioannis epist. 2 Tm II ad Timotheum epist. ro m a n e ............................................. 23*
Ir letemias ■ Tt ad Titum epist. Citazioni della chiesa anticae dei p adri..................................... 30*
los Iosue Zc Zacharias .
Citazioni dai libri liturgici.........................! .............................. 35*
Is Isaias
Citazioni del diritto canonico........................................................ 36*
Indice crónologìco.................................................................... 4T
Indice dei n o m i............................................................................... 76*
Indice degli autori citati......................................................... 85*
Indice tem atico................................................................................ 92*
XX XXI
CONCILIORUM OECUMENICORUM DECRETA
CONCILIO NICENO I
325
1
Conciliorum oecumenicorum decreta
Il concilio iniziò'il 19 giugno 3254 presente l'imperatore. Non si sa chi ab Diamo qui il testo greco così come è stato recitato rie! concilio Efesino, in
bia presieduto i lavori: sappiamo solo dagli elenchi dei vescovi che ci sono dicando le varianti che si ricavano da altre autorevoli testimonianze9.
pervenuti - sulla cui autenticità esistono dubbi5 - che Osio di Cordova, e i _ I venti canoni pubblicati da questo concilio riguardano problemi allora vi
preti Vito e Vincenzo, legati della sede apostolica, ebbero la precedenza su vi: sul clero (1-3, 9-10,17-18,20), sulla competenza nelle controversie (4-7),
tutti gli altri. È piuttosto da condividere Γopinione che le sessioni fossero sul trasferimento dei vescovi (15-16), sull’apostasia, avvenuta durante l’im
presiedute da Eustazio di Antiochia e da Alessandro di Alessandria. Queste pero di Licinio, dei novaziani o catari (8) e dei paulianisti (19). Diamo il testo
incertezze dipendono dal fatto che i verbali non furono probabilmente mai greco di Giovanni Scolastico e il latino di Dionigi il Piccolo10.
redatti dai notai6. Il concilio indirizzò una lettera sinodica alla chiesa di Alessandria, allora
Il risultato maggiore del concilio è la definizione di fede, redatta in forma divisa dallo scisma di Melezio, nella quale si condannava lo scisma con alcu
di professione di fede. È facile identificare le formulazioni aggiunte dal con ne aggiunte sulla questione ariana e sulla controversia sulla data della Pasqua.
cilio al simbolo soggiacente: «cioè della sostanza del Padre, Dio da DÌO, luce
da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato» e specialmente il termine
«consostanziale», di cui si è disputato tanto aspramente allora e ancora ai no
stri giorni7; anche gli anatematìsmi risultano opera del concilio. 9 Impossibile riprodurre qui i numerosissimi testimoni del testo.del simbolo nice
Il chiarimento di due problemi ha impegnato i filologi e gli storici: ϋ primo no; è sufficiente ricordare e usare i più antichi e autorevoli; si veda G. L, Dossettì,
riguarda l'identità del simbolo che manifestamente è soggiacente a quello Ni- Il simbolo di Nicea e di Costantinopoli. Edizione critica, Roma 1967.
ceno; il secondo è relativo all’autore del simbolo stesso. Familia -Alexandrina antiquior
Quanto alla prima questione si può dire che rispetto all’opinione vulgata Eus = Epistula Eusebii Caesariensis de Nie. concìlio, ab Athanasio in opere
che il simbolo derivasse dalla formula battesimale di Cesarea proposta al con de Synodis aliata: Opitz, Urkunden n. 22.
cìlio da Eusebio, ora - malgrado non tutti gli specialisti la condividano - pre Ath3= Athanasius in epistula ad Iovianum imperatorem, a. 363: GCS 44
vale l’opinione8 che il simbolo niceno sia prossimo al simbolo di Gerusalem (1954) 215.
me o che, comunque, avesse in Gerusalemme o nella Palestina il suo antena Familia Corporis Canonici Antiocheni
to. Si esclude ormai una diretta derivazione dal simbolo di Eusebio di Cesa EOr = Mandatum Orientalium in Synodo Ephesino: ACO 1,1,3,39.
rea. CI = Symbolum in actione secunda conc. Chalcedonensis perlectum: ACO
Quanto all’autore, il numero delle opinioni tra loro divergènti mostra II, I, 2, 79.
quanto poco si sappia in proposito. Gli anatematìsmi e l’omousion sono at Familia Anätolica
tribuiti a Osio di Cordova, e certamente appartengono alla teologia occiden Bas1 = Basilius Caesariensis in ep. 125 :ed. Courtonne,2(1961)32 s.
tale. Altri assegnano la redazione del sìmbolo a Alessandro di Alessandria, Marc = Marcellus Ancyranus aut discipuli eius in libello iustificationis, apud
altri a Macario di Gerusalemme, altri ancora, equivocando un’informazione Epiphani Paiiarion 72, 9, 2: ed. Holl, GCS 37 (1933) 266.
di Basilio Magno, la attribuiscono a un certo Ermogene, successivamente Familia Alexandrina recentior
creato vescovo di Cesarea in Cappadocia. Cyr1 — Cyrillus Alexandrinus in epistula ad Monachos a. 429: ACOT, I, 1,
12.
Cyr2 = Cyrillus Alexandrinus in epistula tertia ad Nestorium a. 430: ACO I,
I, 1, 35
4 È facile trovare negli storici non recenti l’indicazione dell’inizio del concilio al El = Synodus Ephesena in actione prima: ACO I, I, 2, 12.
20 maggio. Ciò è nato da un errore dello storico Socrate, cf. Ed. Schwartz, Na E2 = Synodus Ephesena in actione sexta: ACO I, I,· 7, 89.
chrichten von der k. Gesellschaft der Wissenschaften zu Göttingen 1904, 395-398 V = Florilegimn antichalcedonensc cod. Vat. gf. 1431, post 482 composi
- Gesammelte Schriften III 78-81 che raccoglie tutte le testimonianze sulla data. tum: ACO I,. I, 7, 65.
5 Cfr. E. Honigmann, The original lists of the members of the council of Nicaea, Textis incertae originis.
the Robber Synod and the Council of Chalcedon, Byzantion 16 (1942-43) 20-28, Eut = Eutyches in;libello confessionis anno 449 prolato: ACO II, I, 1, 90.
6 Cfr. H-L 1, 391 n. 3. La versione latina più antica è quella dì Ilario di Poitiers in un frammento diun’o-
7 Sul significato di omousion a Nicea si veda L. Bouyer, Omoousios. Sa significa ■■pera storica del 356: diamo questo testo secondo Turner 1, 299. Cfr. anche Fe-
tion historique dans le Symbole de la fot. Rev. des sciences Phil. etThéol. 1941-42, ■ der, CSEL 65 (1916) 150; aggiungiamo qualcosa dalla seconda versione di Ilario
52-62; H. Kraft, OM OOYdlOd, ZKG 66 (1954-55) 1-24; secondo Atanasio e ■nel libro de Synodis 84, Turner 1,299. .
Basilio, J. Lebon, Le sort du consubstantìel nicéen, Rev. d’hist. éccl. 47 (1952)485- }0 Sulle varie redazioni dei canoni nelle collezioni orientali e occidentali cf. H-L
529,48 (1953) 632-682. Una bibliografia a cura di A, Grìllmeìer in LThK 5 (z1960) 12,1135-1176; Ed. Schwartz, Die Kanonessamlungen der alten Reichskirche, Ge
467s. _ \ sammelte Schriften IV, Berlin 1960, 159-275; F. Haase, Die Koptischen Quellen
8 Proposta per primo da J. Lietzmann, Symbolstudien X III, Zeitschr. f. die Neu- zum K. V. N.,· Paderborn 1920; cf. CCO 22. ■
test. Wiss. 24(1925)193 = Gesammelte Schriften ΠΙ, Texte u, Untersuchungen 74
(1962) 243, ora confermata autorevolmente da J. N. D. ICelly, I simboli di fede
della chiesa antica, Napoli 1987, 203-260.
2 3
Riproduciamo anche tale lettera, il cui testo è stato conservato da Atanasio di
Alessandria” .
Il concilio infine trattò anche della questione della data della Pasqua: risul
ta che fu proibito l’uso antiocheno di seguire il computo ebraico, ma l’accor
do non convinse i padri e il decreto relativo non fu approvato1112.
Quanto fu deciso dal concilio fu approvato in modo concomitante dalla
sede apostolica; i canoni furono promulgati da Costantino come leggi impe
riali13.
11 In appendice al libro De Deaetis Nie'. Syn., cd. Opitz, Ath. Werke, 2, 1, 35s,,
Berlin 1935; cf. anche Opitz, Urkunden n. 23,
Per la versione latina diamo quella desunta da un antichissimo codice veronese,
edita da Opitz 1. c.
12 Le opinioni dei padri risultano sommariamente da due testimonianze del tem
po: la lettera indirizzata alle chiese Egiziane (Opitz, Urkunden η, 23, p, 50 1,
Ì3-p. 511. 2) e la lettera di Costantino a tutte le chiese (Opitz, Urkunden n. 26).
Invece non sembra che sia stata una decisione conciliare il «decretum Nicaeae de
Pascha» tramandato in alcune collezioni canoniche (ed. W. Benesevic, Sinagoga
156) e in un codice siriaco, cod, Paris, syr. 62 (ed. F. Schulthess, Die Syrischen
Kanones der Synoden von Nicaea bis Chalkedon, Abhandlungen der Gesellschaft
der Wissenschaften zu Göttingen, Neue Folge 10, 2 [1908] 159). Sulla questione
pasquale a Nicea si veda H -L 1 450-477; Ed. Schwartz, Christliche und jüdische
Ostertafeln, Abhandl. d. Ges. d. Wiss. zu Gottingen, N . F. 8, 6 (1905) 117-119;
M. Chaine, La Chronologie des temps chrétiens de VEgypte et de VEthiopie, Paris
1925, 48-55;
13 Eusebio, Vita Constantini 111 17-19 (GCS ed. Heikel 84-87; PG 20, 1073-
1077); la lettera di Costantino agli Alessandrini (Opitz, Urkunden η. 25); cf. R.
Honig, Beiträge zur Entwicklung des Kirchenrechts (Gotting. Rechtswiss. Stud. Il primo Condito di Nicea (325 ). Tempera bizantina
12), Göttingen 1954, 10-29; H . Lietzmann, From Constantin to Julian, London
1950. (B erlino, S taatsb ib lio th ek ).
Concilium Nicaeum I — 325 Professione di fede dei 318 padri
Λ κιοτεύω Eut ß γεννηθέντ« praem. τδν Marc Υ τού πατρός ] αυτού Cyr1
no δ τφ om. Maie . 6 έν τή γη ] ύπΐ της γής Α ώ 8 Marc
ζ «at tun. Cyrl-coäd But Λ ένανθρωπήσαντ* proem. κ«1 Cl Marc Cyr*
0 τούς om. Bus EOf Bas1 V κ έρχόμενον proem, καί EO r C l
λ τούς , . . έκκλησί* ent, Cyr1 ^ ή1' EOr - codi
v ή τρεπτύν proem, ΐ) χτιοτόν Bus Ath3
3,5 ζ τούτους om. Bus C l - cod Eut J τούς τοιούτοος Bas1
o w άποστολική καί καθολική V
5 5
Concilium Nteastim I — 325 Canoni I - II
ΚΑΝΟΝΕΣ CANONES
CANONI
A . I
Περί των εύνουχιζόντων 'έαυτούς καί De bis φιί se ipsos abscidunt I
περί των παρ’ άλλων τούτα πασχάν- D i quelli che si mutilano
:· των1 · . ·. ■■. . ··· o permettono ad altri di farlo su di loro1
Ε ΐ τιζ εν νόσιρ ύπύ ιατρών εχειρουρ- Si quis a medicis pet languotem de-
6 γήθή ή ύπύ βαρβάρων έξετμήθη, οδτος " sectus .est aut abscisus a barbaris, Se qualcuno è stato mutilato dai medici per una malattia o menomato dai
μενέτω έν τφ κλήρφ* εί δέ τις hic in clero permaneat. Si quis au- barbari, può restare nel clero. Ma se qualcuno, pur essendo sano, si è evirato
ΰγίαίνων εαυτόν Ιξέτεμε, τούτον καί tem se sanus abscidit, hunc et in da sèi costui, se appartiene al clero, conviene che ne sia escluso e in futuro
έν τ φ κλήρω εξεταζόμενου πεπαυσθαι clero constitutum abstineri conve* nessuno che abbia agito cosi sia ordinato. È evidente, che quello che è stato
προσήκει, καί έκ του δεύρο μηδένα niet et deinceps nullum debere ta detto riguarda coloro che deliberatamente compiono ciò e osano mutilarsi;
lo τών τοιούτων χρήναι προσάγεσθαι. lium promoveri. Sicut autem- hoc se poi qualcuno fosse stato evirato dai barbari o dai propri padroni, ma fosse
"Ωσπερ δέ τούτο πρόδηλον, ,δτι περί claret, quod de his qui hanc rem degno sotto gli altri aspetti, i canoni lo ammettono nel clero.
τών έπιτηδευόντων τύ πράγμα -καί affectant audentque se ipsos absci-
τολμώντων έαυτούς έκτέμνειν εϊρηται, dere; dictum est, sic eos quos bar- II ; ‘ ·· ·
οΐίτως εΐ τινες ύπύ βαρβάρων ή ύπύ bari aut domini castraverunt, in- D ei neofiti subito ammessi nel clero2
iG δεσποτών εύνουχίσθησαν, εύρίσκοιντο veniuntur autem alias dignissimi,
δε άξιοι, τούς τοιούτουζ είς κλήρον ad clerum regula tales admittit, Molte cose per necessità o per là pressione di qualcuno sono state fatte in
προσίεται ό κανών. contrasto con le norme ecclesiastiche. Infatti alcuni, venuti da poco alla fede
dal paganesimo e istruiti in tempo troppo breve, sono stati subito ammessi al
battesimo e insieme sono.stati promossi all’episcopato o al sacerdozio. È be
Β XI
ne che in futuro non accada nulla di sìmile perché è necessario del tempo a
ΙΙερΙ τών μετά τύ βάπτισμα Dt neophyiis% chi viene catechizzato e una prova più lunga dopo il battesimo. È chiara in
εύθύς κληρουμένων8 fatti la parola dell’Apostolo: reo» sia un neofita, perché.non gli accada di
montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo. 1 Se in se
so Επειδή πολλά ήτοι άπύ άνάγκης ή Quoniam plura, aut per necessìta- guito un chierico V
άλλως επείγομένων τών άνθρώπων tem aut alias. cogentibus hominì-
Ιγένετο παρά τόν κανόνα τον έκ- bus adversus ecclesiasticam facta
κλησί,αστικόν, ώστε άνΟρώπους άπύ sunt regulam, u t homines ex gen-
έθνικου βίου άρτι προσελθόντας τη tili vita nuper accedentes ad fidem
BB πίστει καί έν όλίγφ χρόνω κατηχη- et instructos brevi temporis inter-
θέντας εύθέωζ έπΐ το πνευματικόν vallo mox ad lavacrum spiritale
λουτρύν άνάγειν, καί άμα τφ βαπτι- perducerent, simulque u t baptizati
σθήναι προάγειν είς έπισκοπήν ή είς sunt, ad episcopatum* vel presbyte-
πρεσβυτερειον, καλώς έχειν έδοξεν rium promoverent: optime placuit
so του λοιπού μηδέν τοιουτο γίνεσθαι* nihil tale de reliquo fieri. Nam et
καί γάρ καί χρόνου δει τφ κατηχου- tempore opus est ei qui catecizatur,
μένιρ καί μετά τύ βάπτισμα δόκιμα- et post baptismum probatione quam
σίας πλείονος· σαφές γάρ τύ άπο» plurima. Manifesta est enim aposto-
στολικύν γράμμα τύ λέγον* * Μή lica scriptura, quae dicit: .»o» neo-
ox, νεόφυτον, ΐνα μή τυφλωθείς είς κρΐ- pbytum, ne in superbiam elatus in indi-
μα έμπέση καί παγίδα του διαβό- cium incidat et laqueum dìabulP. Sì vero
λου*3. E l δέ προϊόντος του χρόνου processu temporis aliquod animae
a ad cleium v, l. CCO
1 Cf. Can. ap. 21-24 (CSP 17-18). 8 Cf. Can.ap.80 (CSP 48). 3 Tm 3, 6-7.
6
Concilium Nicaenum I — 325 Canoni III - IV
fosse trovato colpevole dì una mancanza grave e accusato da due o tre testi
ψυχικόν τι άμάρτημα εύρεθείη περί delictum circa personam reperiatur moni, questi cesserà di far parte del clero. Chi poi osasse agire contro queste
τδ πρόσωπον, καί έλέγχοιτο υπό δύο .hüiusmodi et a duobus vel tribus disposizioni e disobbedisse a questo grande concilio ,metterebbe in perìcolo
% τριών μαρτύρων, πεπαύσεται δ testibus arguatur: a clero talis ab- la sua dignità sacerdotale.
τοιουτος του κλήρου. 'Ο δέ παρά stineat. Si quis autem praeter haec
B ταϋτα ποιων, ώς ύπεναντίί* τη με- fecerit, quasi contra magnum con- I li
γάλη συνόδω θρασυνόμενος, αύτδς cilium sese efferens, ipse de cleri- Delle donne che vivono con i chierici1
κινδυνεύσει περί του κλήρου τοΰ ίδιου, catus honore pereclitabitur.
Questo grande sinodo proibisce assolutamente ai vescovi, ai sacerdoti, ai
Γ in diaconi e in genere a qualsiasi membro del clero di avere con sé una donna, a
Περί των παρά κληρικοϊς Qfiae mulieteseuM sacerdotibus commorentur3 meno che non si tratti della propria madre, di una sorella, di una zia, o di
συνεισάκτων γυναικών1 persona che sia al di sopra di ogni sospetto.
1 Cf. cone. Ancyr. (3.14), c. 19 (CSP-70). 2 Cf. Can. ap. 1 (CSP 8).
7 7
Concilium Nicaemm 1 — $25 Canoni V - V/
E V·
V
Περί των άκοίνωνήτων 6τι où De eucomiamitatis1
Perché gli scomunicati non siano accolti da altri;
Sei τούτους ύφ’ έτέρων dell3obbligo di tenere i sinodi due volte all’anno 1
δέχεσθαΐ’ καί περί τοΰ δίς τοΰ
έτους τάς συνόδους γίνέσθαι1
Quanto agli scomunicati, sia ecclesiastici che laici, la sentenza dei vescovi
δ Περί των άκοίνωνήτων γενομένων D e.his qui communione privantur, di ciascuna provìncia abbia forza di legge secondo la norma per cui chi è stato
είτε των έν τφ κλήριρ είτε των έν seu ex clei'o seu ex laico ordine, ab scomunicato da alcuni non sia accolto da altri. È necessario tuttavìa assicu
τφ λαΐκφ τάγματι ύπό των καθ’ episcopis per Unamquamque pro- rarsi che questi non siano stati allontanati dalla comunità per grettezza d'ani
έκάστην έπαρχίαν έπισκόπων κρατεί- vinciam sententia regularis obtineat, mo o per spirito di contraddizione o per altro sentimento di odio del Vesco
τω ή γνώμη κατά τόν κανόνα τόν ut hü qui ab aliis abìciuntur, non vo. Perché questo esame possa svolgersi più adeguatamente, è sembrato bene
io διαγορεύοντα τούς ύφ’ έτέρων άπο- recipiantur ab aliis. Requiratur au- che in ogni provincia, due volte all'anno si celebri un sinodo, di modo che le
βληθέντας ύφ’ έτέρων μή προσίεσθαι. tem, ne pusillanimitate aut pertina- questioni siano discusse da tutti i vescovi della stessa provincia riuniti insie
Έξεταζέσθω δέ, μή μικροψυχία ή eia vel alio quolibet episcopi vitio me, e così sia chiaro a tutti che quelli che hanno mancato in modo evidente
φιλονεικίφ ή τινι τοιαύτη αηδία τοΰ videatur a congregatione seclusus, contro il proprio vescovo sono stati opportunamente scomunicati. Tale sco
έπισκόπου άποσυνάγωγοι γεγένην- U t hoc ergo decentius inquiratur, munica resterà fino a che l’assemblea dei vescovi o il vescovo stesso non ri
tenga di formulare una sentenza piu mite. I sinodi siano celebrati uno prima
ίο ται ■ ϊνα οΰν τοΰτο τήν πρέπουσαν Bene placuit annis singulis per unam-
della quaresima perché, superato ogni dissenso, possa essere offerto a Dio un
έξέτασιν λαμβάνοι, καλώς έχειν έδο- quamque provinciam bis in anno dono purissimo, l’altro in autunno.
ξεν έκάστου ένιαυτου καθ’ έκώστην concUia celebrari, u t communiter
έπαρχίαν δίς τόΰ ένιαυτου συνόδους omnibus simul episcopis provinciae
VI
γίνέσθαι, ϊνα κοινή πάντων των έπι- congregatis questiones discutiantur
Delia precedenza di alcune sedi
a« σκόπων της επαρχίας έπΐ .το αυτό huiusmodi et sic, qui suo pecca-
e dell’impossibilità di essere ordinato véscovo
συναγομένων m τοίαυτα ζητήματα veruni evidenter episcopo, rationa-
senza il consenso del metropolita2
έξετώζοιτο, καί ούτως όμολογουμέ;- biliter excommunicat! ab.omnibus
νως ot προσκεκρουκότες τφ επισκό- aestimentur, usque quo vel in com- In Egitto, nella Libia e nella Pentapoli V
πω κατά λόγον ακοινώνητοι παρά muni vel eidem episcopo placeat
as πάσιν είναι δόξωσι, μέχρις Äv τφ humaniorem pro talibus ferre sen
no ινφ των έπισκόπων δόξη τήν <pt- tentiam. Concilia vero caelebrentur
λανθρωποτέραν υπέρ αύτών έκθέ- unum quidem ante quadragesimam
σθαι ψήφον. Ai δέ σύνοδοι γινέσθωσαν paschae, ut omni dissensione® sub-
μία μέν προ τής τεσσαρακοστής, ίνα lata munus offeratur Deo purissi
mi πάσης μικροψυχίας* άναιρουμένης mum, secundum vero circa tempus
τύ δώρον καθαρόν προσφέρηται τφ autumni,
θεφ, δευτέρα δέ μετά τόν του μετο-
πώρου καιρόν.
VI
Περί των πόλεσί τισι
se διαφερόντων πρωτείων, καί
περί τοΰ έπίσκοπον μή γίνέσθαι
δίχα γνώμης τοΰ.μητροπολίτου8
Τά άρχαΐα έθη κρατείτω τά έν At-· Antiqua consuetudo servetur per
γύπτοι καί Λιβύη καί Πενταπόλει, Aegyptum, Libyam et Pentapolim,
α φίλονεικίκς », I. CCO a animositate v. I. CCO
i Cf. Can, ap. 12,13,32 (CSP13-14,22). a a . Can. ap. 34-35 (CSP 24).
Concilium Nicaenum I — 325 Canoni VII - V ili
ita , u t Alexandrinus episcopus ho sia mantenuta l’antica consuetudine per cui il vescovo di Alessandria abbia
ώστε τ6ν ’Αλεξάνδρειάς έπίσκοπον
autorità su tutte queste province, come è consuetudine anche per il vescovo
πάντων τούτων £χειν τήν εξουσίαν, rum omnium habeat potestatem,
dì Roma. Ugualmente ad Antiochia e nelle altre province siano conservati al
έπειδή καί τφ έν τη 'Ρώμη Ιπισκόπφ quia" et urbis Romae episcopo pa le. chiese i loro privilegi.
το τοιοΰτον σύνηθές ècmv. 'Ομοίως rilis mos est. Similiter autem et apud . Inoltre sia chiaro che, se qualcuno è divenuto véscovo senza il consenso
Β δε καί κατά τήν ’Αντιόχειαν καί έν Antiochiam ceterasque provincias del metropolita, questo grande sinodo stabilisce che costui non debba essere
ταΐς όίλλαις έπαρχίαις τά πρεσβεία sua privilegia serventur ecclesiis. vescovo. Qualora poi due ò tre, per questioni loro personali, dissentano dal
σώζεσθαι ταΐς έκκλησίαις. voto beri meditato e conforme alle norme ecclesiastiche degli altri, prevalga
Καθόλου Sè πρόδηλον Ικεΐνο* δτι, Illud autem generaliter clarum la maggioranza.
εΐ τις χωρίς γνώμης τοΰ μητροπο- est, quod si quis praeter consilium
ιο λίτου γένηται επίσκοπος, τον τοιου- metropolitani fuerit factus episco- v ii
τον ή μεγάλη σύνοδος ώρισε μηδέ , pus, hunc magna synodus definivit D el vescovo di Gerusalemme
είναι επίσκοπον. Έάν μέντοι τη episcopum exsistere non debere. Sin
κοινή πάντων ψήφηη εύλόγφ οΰση autem communi cunctorum decreto, Poiché è invalsa la consuetudine e l’antica tradizione che il vescovo di Ge
καί κατά κανόνα εκκλησιαστικόν, δύο rationabili et secundum ecclesiasti rusalemme sia onorato, egli riceva tutto quanto questo onore comporta, sal
is ή τρεις δι' οίκείάν φιλονεικίαν άντι- cam regulam comprobato duo vel va la dignità propria della metròpoli.
λέγωσι, κρατείτω ή των πλειόνων tres propter contentiones proprias
ψήφος. contradicunt, obtineat sententia plu V iti
rimorum, Dei cosiddetti càtari1
Ζ V II Questo santo é grande concilio stabilisce che coloro che sì definiscono cà
tari, cioè puri, se vogliono entrare nella chiesa cattolica e apostolica, ricevuta
Περί τοΰ A Ελιάς έπισκόπου Ds honore episcopi Heliae, id est l’imposizione delle mani, rimangano senz’altro nel clero. E necessario però,
Hiertuoiimae
prima di tutto, che essi promettano per iscritto di accettare e seguire gli inse
Επειδή συνήθεια κεκράτηκε καί-πα- Quia consuetudo praevaluit et anti gnamenti della chiesa cattolica e apostolica, V
ράδοσις άρχαία, ώστε τόν έν ΑΕλίφ qua traditio ut Heliae episcopus
έπίσκοπον τιμάσθαι, έχέτω τήν άκο- honoretur, habeat honoris conse
λουθίαν τής τιμής, τη μητροπόλει quentiam, salva metropolitani pro
. 26 σφζομένου του οικείου αξιώματος. pria dignitate.
Π
XI V III
Περί των λεγομένων καθαρών1 De bis qui se catbaros, id est mundos appellant1
1 Cf. Can. ap. 46-47, 68 (CSP 31, 42); cono. Arrcyf. (3.14), c. 13 (CSP 65); conc. Neocaes.
(315/324), c. 14 (CSP 81).
9 9
Conei/inm jNicaeum I ■— 32S Canone IX
τοΐς της καθολικής εκκλησίας δόγ- quantur, id est bigamis se commu cioè dì rimanere in comunione con chi si è sposato due volte e con chi è ve
μασι, τουτέστι καί διγάμοις κοινω- nicare et his, qui in persequutiòne nuto meno dur ante la persecuzione, ma osserva il tempo e le circostanze del
νεΐν ' καί τοΐς έν τφ διωγμφ παρα- prolapsi sunt, erga quos et spàtia la penitenza. Essi saranno dunque tenuti a seguire in ogni cosa le decisioni
πεπτωκόσιν, έφ*. οΐς καί χρόνος τέ- constituta sunt et tempora definita, della chiesa cattolica e apostolica. Quando, sìa nei villaggi che nelle città, non
ita· u t ecclesiae catholicae et aposto- si trovino che ecclesiastici di questo gruppo essi rimangano nel loro grado. Se
Β τακται καί καιρός ώρισται,' ώστε αύ-
però qualcuno di essi si avvicina a una chiesa cattolica dove già vi è un vesco
τούς άκολουθεΐν εν. πασι τοΐς. δάγ- lìcae placita sequantur in omnibus. vo o un prete, è chiaro che il vescovo della chiesa avrà dignità di vescovo e
μασι τής καθολικής καί άποστολι? Ubicumque vero sive in municipiis colui che presso i càtari è chiamato vescovo, avrà dignità di prete, a meno che
κής έκκλησίας. ’Ένθα μεν οδν πάν- sive in civitatibus ipsi soli repperd piaccia al vescovo associarlo alla stessa dignità. Se poi egli non "vuole, gli pro
τες είτε έν κώμαις είτε έν πόλεσιν fuerunt ordinati: qui inveniuntur in curerà un posto o di córepiscopo o di prete, perché appaia che egli appartiene
ίο αυτοί μόνον εύρίσκοιντο χειροτονη- clero, in eodem habitu perseverent. veramente al clero e che non vi sono due vescovi nella stessa città.
Οέντες, οι ευρισκόμενοι έν τφ κλήρφ Ubi autem catholicae ecclesiae epi
έσονται έν αύτφ τφ σχήματι 1 δπου scopo vel presbytero constituto qui IX
δέ τής καθολικής εκκλησίας έπίσκό- dam ex illis, adveniunt, certum.est D i quelli che senza il debito esame sono promossi al sacerdozio1
■που ή πρεσβυτέρου δντος πρρσέρ-· quod episcopus ecclesiae habebit
ΐ5 χονταί τινες, πρόδηλον, ώς ό μέν ecclesiae dignitatem. Is autem, qui Se alcuni sono stati promossi preti senza Ì1 debito esame, o, se esaminati,
έπίσκοπος τής έκκλησίάς δξει το nominatur apud eos episcopus, hanno confessato dei falli, ma, contro le disposizioni dei canoni, hanno rice
άξίωμα τοΰ επισκόπου, δ δέ ονομα honorem presbyterii possidebit, nisi vuto l’ordinazione, la legge ecclesiàstica non li riconosce; la chiesa cattolica
ζόμενος παρά τοΐς λεγομένοις κα- forte placuerit episcopo nominis infatti vuole uomini irreprensibili.
θαροΐς καί λεγόμενος έπίσκοπος τήν eum honore censeri. Si vero hoc ei
20 του πρεσβυτέρου τιμήν δξει, πλήν εΕ minime placuerit, providebit ei aut
μή όίρα δοκοίη τφ έπισκόπφ τής corepis copi aut presbyteri.locum, ut
τιμής ..του ονόματος αυτόν μετέχειν " in. clero prorsus videatur, ne in una
εί δε μή τούτο αύτφ άρέσκοι, έπινο- civitate duo episcopi probentur
ήσει τόπον ή χωρεπίσκόπου ή πρε- exsisterei ■
25 σβυτέρου όπέρ τοΰ εν τφ κλήρφ ολως
δοκεΐν εΐναι, ϊνα μή έν τή πόλει δύο
επίσκοποι ώσιν.
Θ IX
Περί των άνεξετάστως είς De bis qui ad sacerdotium sine examine
ΐΓρεσβύτερον προαχθέντων1 promoventur3·
1 CF. Càn, np. 25, 61 {CSP 19); conc. Ncocacs. (315/324), cc. 1, 9, 10 (CSP 75, 79-80).
10 10
Concilium Nicaenum I — 325 Canoni X - X II
I X
X
Περί των άρνησαμένωνέν De hit qui in persecutionìbusnegavirunt et post-· D i chi ha rinnegato la fed e durante le persecuzioni [lapsi]
διωγμφ καί προαχθέντων modum ad clericatumpromoti sunt1 e poi è stato ammesso fra il clero1
είς «λήρον1
Se chi ha rinnegato la fede è stato elevato al sacerdozio per ignoranza vera
'Όσοι προεχειρίσθησαν των παρα- Quicumque de lapsis dudum per
o simulata di colui che l’ha scelto, questo non modifica la disciplina ecclesia
5 πεπτωκότων κατά άγνοιαν ή καί παρ- ignorantiam vel ordinantium dissi stica: una volta scoperto, infatti, sarà deposto.
ειδύτων των προχειρισαμένων, τοΟ- mulationem in ordinem sunt pro
το οό προκρίνει τω κανόνι τφ εκ vecti, hoc ecclesiasticae non prae-
XI
κλησιαστική - γνωσθέντες γάρ κα- iudicat regulae, nam cogniti depo
D i quelli che hanno rinnegato la fede e sono fin iti tra ì laici1·
θαιρεθήσονται. nuntur. '
Quanto a quelli che, senza necessità, senza confisca dei beni, senza un
ΙΑ qualsiasi pericolo sotto la tirannide di Licinio hanno rinnegato la fede, que
ι» Περί των άρνησαμένων καί sto santo sinodo dispone che, per quanto indegni di qualsiasi benevolenza, si
τελούντων έν λαϊκοΐς3 Usi tuttavia comprensione nei loro confronti. Quelli dunque tra i fedeli che
fanno davvero penitenza, trascorrano tre anni tra i p enitenti audientes [colo
Περί των παρκβάντων χωρίς άνάγ- De his qui praeter necessitatem prae ro che vengono istruiti], sei anni tra i penitenti substrati [coloro che sì pro
κης ή χωρίς άφαιρέσεως Υπαρχόντων varicati sunt aut praeter ablationem sternano], e per due anni preghino col popolo senza partecipare all’offerta.
ή χωρίς κινδύνου ή τίνος τοιούτου, facultatum aut praeter periculum
te δ γέγονεν ΙπΙ τής τυραννίδος Λικι- vel aliquid huiusmodi, quod factum ΧΠ
νίου, Ιίδοξε τή άγιοι συνόδω, εί καί est sub tirannide Licinii, placuit syn Chi ha rinunziato al mondo e poi v i è ritornato3
άνάξιοι ή σαν φιλανθρωπίας, δμως odo, quamquam humanitate pro
χρηστεύεσθαι είς αύτούς. "Οσοι οΰν bentur indigni, tamen eis benevo Colui che chiamato dalla grazia in un primo entusiasmo ha lasciato il ser
γνησίως μεταμελώνται, τρία £τη έν lentiam commodari. Quo quod enim vizio militare, ma poi è tornato, come Ì cani al proprio vomito,4 al punto da
20 άκροωμένοις ποιήσουσιν oi πιστοί, veraciter paenitudinem gerunt, fide versare denaro e da ricercare con regali V
καί επτά δτη ύποπεσοΟνται, δύο δέ les tribus annis inter audientes ha
δτη χωρίς προσφοράς κοινωνήσουσι beantur et sex annis omni humili
τω λαφ των προσευχών. tati succumbant, duobus autem an
nis praeter oblationem populo in
2G oratione communicent,
IB ΧΠ
Περί των άποταξαμένων καί De his qui renuntiaverunt et iterum
πάλιν είς τόν κόσμον άναδραμόντων3 ad saeculum sunt regressi
Οί προσκληθέντες μέν άπο τής χάρι- ■Quicumque vocati per gratiam pri
τος καί τήν πρώτην ορμήν ένδει- mum quidem impetum demonstra
30 ξάμενοι καί άποθέμενοι τάς ζώνας, runt deponentes militiae cingulum,
μετά δέ ταυτα έπί τον οίκεΐον έμε- postmodum vero ad proprium vo
τον4 άναδραμόντες ώς κύνες, ώς τι- mitum4 sunt relapsi, ita ut quidam
νας καί άργύρια προέσθαι καί βενε- et pecunias tribuerent et beneficiis
1 Cl Can. ap. 62 (CSP 40); cone. Ancyf. (314), cc. 1, 2 ,1 2 (CSP 56-57, 65); Petrus Ai.,
c. 10 (CPG 46-48).
KC£. cone. Ancyr. (314), c. 6 (CSP 61) ; Petrus AI., c, 3 (CPG 36).
a Ci. conc. Ancyr. (314), cc. 2,5,7 (CSP 57,60, 62); Petrus AI,, c. 9,11 (CPG 42-46,49-51).
* CUPro 26,11.
11 11
Comitium Nicattmm I — 325 Canone X III
φικίοις κατορθώσου τό άναστρατεύε- militiam se pararent3, hi decem annis di essere reintegrato nella vita militare, faccia penitenza per dieci anni, dopo
σθαι, οδτοι δέκα ίίτη ύποπιπτέτωσαν post trienni tempus, quod intet aver passato, tre anni fra i penitenti audientes. Ma per .questi penitenti biso
gnerà esaminare la loro volontà e il modo di far penitenza. Chi infatti con ti
μετά τόν της τριετοΰς άκροάσεως audiéfttes etunt, in afflictione per-
more e lacrime, pazienza e buone opere dimostra con i fatti la sincerità della
χρόνον. Έ φ ’ ίΐπασι δέ τούτους προσ- maneant. Sed in his omnibus pro- conversione, compiuto il tempo prescritto da passare fra gli audientes, potrà
5 ήκει έξετάζειν ' την προαίρεσιν καί positum et speciem paenitentìatfcon essere ammesso a partecipare alla preghiera dei fedeli; dopo di ciò, il vescovo
tò είδος της μετανοίας * όσοι μεν γάρ venit explorate. Quotquot enim potrà prendere qualche decisione anche più mite. Ma chi si.comporta con in
καί φόβψ καί δάκρυσι καί ύπο- metu et lacrimis ac patientia vel bo- differenza, e crede, che per l’espiazione sia sufficiente questa penitenza, deve
μονή καί άγαθοεργίαις τήν έπιστρο- nis operibus re ipsa conversionem, senz’altro scontare tutto il tempo stabilito.
φή'ν βργω καί ού σχήματι έπιδείκνυν- non simulatione, demonstrant, hi
io ται, οδτοι, ■πληρώσαντες τον χρό- definitum tempus auditionis im- X III
vov τόν ώρισμένον της άκροάσεως, plentes, tum demum fidelibus in D i quelli che in punto di morte chiedono la comunione1
εικότως τών εόχών κοινωνήσουσι, oratione communicent, postraodum
μ ετά. τοΰ έξεΐναι τφ έπισκόπφ καί vero licebit episcopo, de his aliquid, Verso i moribondi si osservi ancora l’antica norma per cui in pericolo di
φιλανθρωπότερόν τι περί αυτών βου- humanius cogitare, Quiciimque ve morte nessuno sia privato dell’ultimo, indispensabile viatico. Se poi egli non
li λεύσασθαι ’ δσοι Sà άδιαφόρως ήνεγ- ro indifferenter tulerunt et formam muore dopo essere stato, perdonato e ammesso alla comunione, sia accolto
καν καί το. σχήμα του είσίέναι εις introeundi in ecclesiam sibi arbitrati tra coloro che partecipano alla sola preghiera (fino a che non sia trascorso il
τήν έκκλησίαν άρκεϊν αύτοΐς ήγή- sunt ad conversionem ,posse suffi- tempo stabilito da questo grande concilio ecumenico). Come regola generale
σαντο ϊυρός τήν επιστροφήν, έξάκαν- cere, hi definitum tempus modis il vescovo,' dopo inchiesta,' ammetta all’eucarestia chiunque si trovi in punto
τος πληρούτωσαν τόν χρόνον. omnibus implebunt. di morte e lo chieda. "
ΙΓ X III
so Περί τών έν τφ άποθνήσκειν ■ De his qui in ebitu positi communionem
κοινωνίαν έπιζητούντων1 deposcunt1
12 12
Concilium Nicaenum I — 325 Canoni X IV - X V I
ΙΔ X IV
XIV
Περί κατηχουμένων παραπε- De catcshmiinis lapsis1 Dei catecumeni lapsi1
σόντων1
Questo santo e grande concilio stabilisce che i catecumeni che hanno rin
Περί δέ των παραπεσόντων* κατη De catechuminis sancto et magno negato la fede durante la persecuzione per tre anni siano ammessi solo tra gli
χουμένων Κδοξε τη άγίφ καί μεγάλη concilio placuit, ut tribus annis sint audientes, e dopo questo tempo pregnino con gli altri catecumeni.
ε συνόδφ, ώστε τριών ετών αύτούς inter audientes tantummodo, post
άκροασαμένους μόνον, μετά ταυτα haec autem cum catechuminis orent. XV
εΰχεσδαι μετά των κατηχουμένων. D el clero vagante 2
ΙΕ XV Per i molti tumulti e agitazioni verificatisi, è sembrato bene stroncare asso
Περί του μεταβαίνοντος άπό Quod non oporteat demigrari3 lutamente la consuetudine, che in qualche parte ha preso piede, contro le
πόλεως εις πόλιν κληρικού8 norme ecclesiastiche, in modo che né vescovi, né presbìteri, né diaconi si tra
sferiscano da una città all’altra. E se qualcuno agisse contro questa disposi
ίο Διά τόν πολύν τάραχον καί τάς στά Propter multam perturbationem et zione del santo e grande concilio e seguisse l’antico costume, il suo trasferi
σεις τάς γινομένας 2δοξε παντάπασι seditiones quae fiunt placuit con mento sarà nullo e dovrà ritornare alla chiesa per cui fu ordinato vescovo, o
περιαιρεΟήναι τήν συνήθειαν τήν παρά suetudinem omnimodis amputari, presbitero, o diacono.
τόν κανόνα, εί ευρεθείη Ιν τισι μέρεσιν, quae praeter regulam in quibusdam
ώστε άπό πόλεως εις πόλιν μή μετα- partibus videtur admissa : ita ut de ' XVI
18 βαίνειν μήτε επίσκοπον μήτε πρεσβό- civitate ad civitatem non episcopus, DÌ coloro che non risiedono nelle chiese nelle quali furono eletti? '
τερον μήτε διάκονον* εί δέ τις μετά non presbyter, non diaconus trans
τόν τής αγίας καί μεγάλης συνόδου feratur. Si quis vero post definitio Ϊ presbìteri, ì diaconi ο i chierici che temerariamente, senza santo timore di
όρον τοιούτιρ τινί έπιχειρήσειεν, ή nem sancti et magni concilii tale Dio, né alcun rispetto per i sacri canoni si allontanano dalla propria chiesa;
έπιδοίη εαυτόν πράγματι τοιούτω, quid agere temptaverit et se huiusce non devono essere accolti in un’altra chiesa; V
so άκυρωθήσεται εξάπαντος τό κατα- m odi manciparit, hoc factum pror
σκεύασμα καί άποκατασταθήσεται τη' sus id irritum deducatur et restitu
έκκλησή, ής ή έπίσκοπος ή πρεσβύ- atur ecclesiae, cui fuit episcopus,
τερος ή διάκονος έχειροτονήθη. presbyter aut diaconus ordinatus.
Ις XVI
Περί των έν αΤς προεβλήθησαν De bis qui in quibuspromoti sunt
2Β έκκλησίαις μή έμμενόντων3 ecclesiis non demorantur3
13 13
Concilium Nicaenum I — 325 Canoni X V II ~ X V III
κην αύτοΐς έίΐάγεσθαι χρή άναστρέ-· omnem necessitatem convenit illis bisogna obbligarli a far ritorno alla propria diocesi, altrimenti siano esclusi
φειν είς τάς εαυτών παροικίας, ή έπι- inferri, ut ad suas paroecias rever dalla comunione. Se poi uno tentasse di sottrarre qualcuno ad un altro vesco
. μένοντας άκοινωνήτους είναι προσ- tantur, aut si non fecerint oportet vo e di consacrarlo nella propria chiesa contro la volontà del vescovo da cui si
eos communione privari. Si quis è allontanato, tale ordinazione sia considerata nulla.
ήκει. EÌ 3έ κάί τολμήσειέν τις ύφαρ-
6 πάσαι τον τφ έτέρω διαφέροντα autem gd alium pertinentem audac
καί χειροτονησκι εν τη αύτου έκ ter invadere et in sua ecclesia ordi /"■; ' ; . XVII ·
κλησή, μή συγκατατιθεμένου τοΰ nare praesumpserit non consentiente D ei chierici usurai1
ίδίου επισκόπου, οδ άνεχώρησεν ό episcopo, a quo discessit is, qui
Ιν τφ κανόνι εξεταζόμενος, άκυρος regulae mancipatur: ordinatio talis " Poiché molti chierici, trascinati da avarizia e da volgare desiderio di gua
dagno e dimenticata la divina Scrittura che dice: Presta il denaro senza fare
ίο έστω ή χειροτονία. irrita comprobetur, usura, 2 prestano con interesse, il santo e grande sinodo ha giustamente stabi
lito che se qualcuno, dopo la presente disposizione riscuoterà interessi, o fa
ΧΖ . X VII rà questo mestiere d'usuraio in·qualsiasi altra manieralo esigerà una volta e
ΙΙερΙ κληρικών τοκιζόντων1 De clericL· qui. muras accipimitt mezza" tanto, o si darà a qualche altro guadagno scandaloso, sarà radiato e
cancellato dal clero.
Επειδή πολλοί. έν τφ κανόνι έξετα- Quoniam multi sub regula consti
ζόμενοι τήν πλεονεξίαν καί τήν αϊσ- tuti avaritiam et turpia lucra sectan XVIII ;
χροκερδίαν διώκοντες έπελάθοντο tur, oblitique divinae scripturae, di I diaconi non devono dare l’eucarestia ai presbiteri,
■
1Β του θείου γράμματος του λέγοντας“ centis qui pecuniam suam non dedit né prendere posto davanti a questi
' Τό άργύριον αύτοΰ ο,ύκ, έδωκεν ad usurama, cum mutuum dederint,
επί τόκίιν2, καί ,δανείζοντες έκα- centesimas exigunt: iuste constituit Questo grande e santo concilio è venuto a conoscenza che in alcuni luoghi
τοστάς-άπαιτουοιν, έδικαίωσεν ή αγία sancta et magna synodus, ut, si quis e città i diaconi danno la comunione ai preti malgrado i sacri canoni e la con
καί μεγάλη σύνοδός, ώς εΐ τις εύρεΟείη inventus fuerit post hanc definitio suetudine proibiscano che chi non ha U potere di consacrare dia il corpo di
so μετά τόν δρον τούτον τόκους λαμ- nem usuras accipiens aut per ad Cristo a chi può consacrarlo.
βάνων έκ μεταχειρίσεως, ή άλλως inventionem aliquam vel quolibet
μετερχόμενος τύ πράγμα ή ήμίολίας modo negotium transigens aut hi-
άπαιτών, ή ολως έτερόν τι έπινοών molia, id est sescupla, exigeris vel
αίσχρου κέρδους ένεκα, καθαιρβθήσε- aliquid tale prorsus excogitans tur
25 ται τοΰ κλήρου καί άλλότριος του pis lucri gratia: deìcìatur a clero et
κανόνος έσται. alienus exsistat a regulat
ΙΗ X VIII
.Περί του μή διδόναι τούς De privilegiispmbyierwum
διακόνους τήν εύχαριστίαν τοΐς ■
πρεσβυτέροις· καί ΐνα μή προ
so τούτων κάθηνται
Ή λθεν είς τήν άγίαν καί μεγάλην Provenit ad sanctum magnumque
σύνοδον, δτι. έν τΐσι τόποις καί πό- concilium, quòd in quibusdam locis
λεσι τοϊς πρεσβυτέροις τήν κοινω- et civitatibus presbyteris gratiam
' νίαν οί διάκονοι διδόασιν, δπερ ούτε δ sacrae communionis diaconi porri
35 κανών οΰτε ή συνήθεια παρέδωκε, gant. Quod nec regula nec consue
τούς εξουσίαν μή έχοντας προσφέρει tudo permittit, u t ab his qui potesta
τούτους τοϊς προσφερουσι διδόναι tem non habent offerendi illi qui
τό. σώμα τοΰ Χρίστου “ κάκεϊνο δε offerunt Christi corpus accipiant.
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Consilium Nicaenum I ·— 325 Canoni X IX
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Concilium Niemnum I — 325 Canone X X - Lettera del concilio agli egiziani
K XX
XX
Περί του μή Seiv έν ... Deflectendo genu1
N ei giorni di domenica e di pentecoste non si preghi in ginocchio 1
κυριακαΐς καί ταϊς τής
πεντηκοστής ήμέραις γόνυ κλίνειν1 ' ■ Poiché vi sono alcuni che di domenica e nei' giorni della pentecoste si ingi
Επειδή τινές είσιν έν τη κυριακή Quoniam sunt quidam in die do- nocchiano, per una completa uniformità è sembrato bene a questo santo con
o γόνυ κλίνοντες καί èv ταΐς της πεν- tninico genu flectentes et in diebus cilio che le preghiere a Dio si facciano in piedi.
τηκοστής ήμέραις, ύπέρ του πάντα .pentecostes: ut omnia in universis
έν πάση παροικία όμοίως παραφρ- locis consonanter observentur, pla- Lettera sinodale del concilio di Nicea alle chiese d’Egitto
λάττεσθαι, έστώτας έδοξε τη άγια cult sancto conciliò stantes Domino
συνόδφ τάς εύχάς άποδιδόναι τφ vota persolvere, I vescovi riuniti a Nicea, per il grande e santo concilio, alla grande e, per
grazia di Dio, santa chiesa di Alessandria e ai carissimi fratelli d’Egitto, di Li
ίο κυρίψ. bia e della Pentapoli, salute nel Signore.
Per grazia di Dio il piissimo imperatore Costantino ci ha riuniti dalle di
’Επιστολή της συνόδου τής έν Epistula nicaeni concilii ad verse e numerose province per la celebrazione del Santo e grande sinodo di
.Νίκαια πρός τούς Αιγυπτίους Aegyptios Nicea; in questa occasione è sembrato assolutamente necessario che il santo
Τή άγιοι καί- μεγάλη θεοΟ χάριτι Sancta et magna synodus per. dei concilio inviasse anche a voi una lettera perché possiate conoscere ciò che fu
’Αλεξανδρέων έκκλησίφ καί τοΐς κατ’ gratiam ecclesiae Alexandriae, dilec- proposto, esaminato e deciso. Anzitutto venne presa in esame, alla presenza
del piissimo imperatore Costantino, l’empietà e la perversità di Ario e dei
i6 Αίγυπτον καί Λιβύην καί Πεντάπολιν tissimis fratribus per Aegyptum,
suoi seguaci. AU’mianimità abbiamo deciso di condannare la sua empia dot
άγαπητοΐς άδελφοΐς οι έν Νικαίγ Libyam et Pentapolim apud Nìcae- trina e le espressioni blasfeme con cui si esprimeva a proposito del Pìglio di
συναχΟέντες καί τήν μεγάλην καί am civitatem .collecti sanctum et Dio: sosteneva infatti2 che questi veniva dal nulla e che prima della nascita
άγίαν σύνοδον συγκροτήσαντες magnum concilium constituerunt non esisteva, che era capace di bene e di male, V
επίσκοποι έν κυρίηι χαίρειν. in deo salutem. ■
so ’Επειδή τής του θεού χάριτος καί Quoniam per gratiam dei piissimo
του θεοφιλεστάτου βασιλέως imperatore Constantino nos con-
Κωνσταντίνου συναγαγόντος ήμάς gregante ex diversis ac multis
έκ διαφόρων επαρχιών καί πόλεων provinciis sancta ac magna synodus
ή μεγάλη καί άγια σύνοδος έν apud Nicaeam convenit, omni
as ΝικαΙφ συνεκροτήθη, έξ άπαντος modo necessarium visum est a
άναγκαϊον έφάνη παρά ■τής ίεράς sacro concilio etiam ad vos litteras
συνόδου καί πρός ύμας έπιτεθήναι dare, u t cognoscatis, quae sunt
γράμματα, ϊν’ είδέναι Ιχοιτε, τίνα mota, quae ventilata, quae vero
μέν εκινήθη καί έξητάσθη, τίνα δέ placita. Primum quidem examina-
30 ίίδοξε καί έκρατύνθη. Πρώτον μέν tum est de impietate ac scelere Arrii
οΰν άπάντων έξητάσθη τά κατά et eius sociorum sub praesentia
τήν άσέβειαν καί τήν παρανομίαν piissimi imperatoris Constantini. E t
’Αρείου καί τών σύν αύτφ επί ex omnium sententia definiimus
παρουσία του θεοφιλεστάτου anathematizare glorificationem eius
se βασιλέώς Κωνσταντίνου. Καί impiam et verba maledicta ac sensus,
παμψηφί έδοξεν άναθεματισθήναι τήν quibus utebatur blasphemans dei
άσεβή αύτου δόξαν καί τά ρήματα filium et dicens2 ex nihilo esse et
καί τά ονόματα τά βλάσφημα, οίς antequam nasceretur non fuisse et
έκέχρητο βλάσφημων τόν υιόν του fuisse tempus, quando non erat, et
40 θεοΰ, λέγων3 » έξ ούκ όντων είναι« propria potestate virtutis ac malitiae*
* Cf, Petras AI., c. 15 (CPG 57-58).
a Cf. anathemata symbolo adnexa.
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Concilium Nicaenum I — 325 Lettera del condilo agli Egiziani
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Concilium Nicaenum J ~ 525 Lettera del concilio agli Egiziani
πάντων των έν έκαστη παροικία καί nium, qui sunt iilparociis et in ec- rispetto a tuiticoloro che nelle parrocchie e nelle chiese sono stati approvati
έκκλησίο: έξεταζομένων των ύπδ τδν clesiis sub 'catissimo et conministto dal nostro carissimo confratello Alessandro; inoltre non potranno proporre
τιμιώτάτον <άδελφδν> καί συλλειτουρ- Alexandro, quibus ne liceat quos o ordinare quelli che vogliono, né fare alcunché senza il consenso elei vesco
- γόν ήμών Αλέξανδρον προκεχειρισ- voluerint ordinare aut pro nomine vo della chiesa cattolica sottomessa a Alessandro. Solo colorò che per là gra
e μένων, ώς τούτοις μέν μηδεμίαν Ιξού-' alicuius suggerere vel òmnino quid zia dì Dio e le vostre preghiere non sono stati coinvolti in alcuna eresia, ma
σίαν είναι τούς άρέσκοντάς αύτοΐς facere sine voluntate epìscopi catho- hanno perseverato immacolati nella chiesa cattolica e apostolica, abbiano il
προχειρίζεσθαι ή ύποβάλλειν ονόματα licae et apöstolicae ecclesiae. Qui potere di proporre, nominare e eleggere chierici degni' e infine dì compiere
ή δλως ποιέΐν τι χωρίζ γνώμην τοΐί της vero sub Alexandro sunt qui per dei tutte le cose secondo là legge e le norme ecclesiàstiche.
καθολικής εκκλησίας έπισκόπου των gratiam et vestras orationes in nullo Se qualcuno dì coloro che rivestono una dignità nella chiesa viene a mori
io ύπδ ’Αλέξανδρον. Τούς δέ χάρ.ιτι delieto repperti sunt, sed sunt in- re, sia sostituito nel suo ruolo da uno di quelli recentemente ricevuti, purché
ne sembri degno, il popolo io voglia e sia confermato dal vescovo della chiesa
θεου καί εύχαΐς όμετέραις έν μηδενΐ maculati in catholica et apostolica
cattolica e apostolica ai Alessandria. Questo è concesso anche a tutti gli altri,
σχίσματι εύρεθέντας, άλλά άκηλιδώ- ecclesia constituti, babeant potestà- ma non a Melezio a causa della sua radicata indisciplina e del suo comporta
τους έν τή καθολική καί άποστολική tem provehendi, nominandi, et eli- mento violento e temerario; a luì infatti non è stato attribuito nessun potere e
έκκλησί^ *δντας έξουσίαν δχειν καί gendi dignos cleros <et> omnia nessuna autorità perché è uomo prepotente capace di provocare ancora gli
is προχειρίζεσθαι . καί ονόματα έπι- . deniquè facere secundum legem et stessi disordini.
λέγεσθαι των άξιων του κλήρου καί ordinem ecclesiasticum, Queste sono le decisioni che riguardano l’Egitto e la santa chiesa di Ales
δλως πάντα ποιεΐν κατά νόμον καί sandria. Se qualche altra decisione è stata presa in presenza del nostro carissi
θεσμόν τδν εκκλησιαστικόν. mo confratello Alessandro, egli stesso vi riferirà in quanto ha avuto una parte
Et δέ τινα συμβαίη άναπαύσασθαι των Si autem evenerit quosdam quiescere considerevole in tali deliberazioni.1 V
20 έν τή έκκλησία, τηνικαΰτα προσανα- in ecclesiis, tunc ad honorem acce-
βαίνειν είς τήν τιμήν του τετελευτη- dere mortui nunc susceptos, tantum
κότος τούς άρτι προσληφθέντας, si quis dignus videatur et populus
μόνον εί άξιοι φαίνοίντο καί ο λαός voluerit consentiente et confirmante
αίροίτο συνεπιψήφίζοντος αύτω καί catholicae et apòstolìcae episcopo
se έπισφραγίζοντος του της Άλεξαν- Alexandriae ecclesiae. Hoc autem
δρείας επισκόπου. Τούτο δε τοΐς μέν omnibus alfis concessum est, nam in
άλλοις άπασι συνεχωρήθη, επί δέ Meletfi persona non placuit propter
τοΰ Μελιτίου προσώπου ούκέτι τά insitam eius insaniam et morum pro-
αύτά δδοξε διά τήν ανέκαθεν αότού cacitatem atque temeritatem, quo
so άταξίαν καί διά τδ πρόχειρον καί nulla potestas auctoritatis conceda-
προπετές της γνώμης, ίνα μηδεμία tur homini praevalenti ad easdem
εξουσία ή ,αύθεντία αύτφ δοθείη insolentias reppedare.
άνθρώπω δυναμένω πάλιν τάς αύτάς
άταξίας ποιήσαι.
so Ταΰτά έστι τά έξαίρετα καί διαφέρον- Haec sunt praecipua et pertinentia
τα Αίγύπτψ καί τή άγιωτάτη ’Αλε- ad Aegyptum et sanctam ecclesiam
ξανδρέων έκκλησίμ1εί δέ τι άλλο έκα- Alexandriae. Si quid vero aliud est
νονίσθη ή Ιδογματίσθη συμπαρόντος redactum ad regulam vel decretum
του κυρίου καί τιμιωτάτου συλλει- praesentibus nobis cum carissimo et
40 τουργου καί άδελφου ήμων’Αλεξάν- conministro nostro Alexandro, prae-
δρου, αύτδς παρών άκριβέστερον άνοί- sens ipsè refert, u t potest dominus
σει προς υμάς άτε δή καί κύριος καί ac socius actitatum <rerum>1.
κοινωνδς τώνγεγενημένων τυγχάνων1.
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Conciliata NUamim I — 325 Lettera del condito agli Egiziani
Εύαγγελιζόμεθα δέ υμάς περί της μέν μετά μείζονος τιμής καί πλείονος Noi vi diamo Ì1 lieto annuncio dell’unità che è stata ristabilita intorno alla
συμφωνίας του άγιου πάσχα, βτι αγάπης τον συλλειτουργόν ήμών, festa della pasqua. Tutti i fratelli dell’oriente, che prima celebravano la pa-
ύμετέραις εύχαΐς κατωρθώθη καί υμών δέ. επίσκοπον ’Αλέξανδρον τον squa con gli ebrei, d’ora in poi la celebreranno con i romani, con noi e con
tutti gli altri che l’hanno sempre celebrata con noi.
τούτο τύ μέρος, ώστε πάντας. τούς εύφράναντα ημάς τη παρουσίφ καί
Pieni di gioia e di allegrezza per la felice conclusione degli avvenimenti,
e έν τη έφφ άδελφούς τούς μετά των |ν ταύτη τή· ήλικίφ τοσοΰτον πόνον per il raggiungimento della pace e della concordia generale e l’avvenuta elimi
’Ιουδαίων το πρότερον ποιουντας ύποστάντα ύπέρ του ειρήνην γενέσθαι nazione dell’eresia, accogliete con grande onore e benevolenza il confratello
συμφώνως ‘Ρωμαίοις καί ύμΐν καί, καί παρ’ ύμΐν. Εΰχεσθε δέ καί περί nostro e vostro vescovo Alessandro, che ci ha riempiti di grande consolazio
πασιν ήμΐν τοΐς έξ αρχαίου μεθ* ήμών άπάντων, ϊνα τά καλώς εχειν ne con la sua presenza e, malgrado la sua età avanzata,’ ha sopportato tante
δμών φυλάσσουσι τύ πάσχα έκ τού δόξαντα ταΰτα βέβαια μένοι διά του fatiche per il ristabilimento tra noi della pace. Pregate infine per tutti noi per
ιβ δεύρο άγειν. 'Χαίροντες οδν επί τοΐς παντοκράτορος θεού καί διά του ché ciò che a noi è parso giusto si conservi immutato, per Dio onnipotente e
κατορθώμασι καί . έπί τη κοινή κυρίου ήμών Ίησου Χριστού έν il nostro signore Gesù Cristo con lo Spirito santo. A lu i la gloria per tutti i
είρήν,η καί συμφωνίφ κ α ί. έπί τψ ' άγίφ πνεύματι, φ ή δόξα είς τούς secoli. Amen.
πάσαν.αΐρεσιν έκκοπήναι άποδέξασθε αίώνας των αίώνων. Αμήν,
19 19
confermato la fede nicena-, con poche aggiunte circa lo Spirito santo per con
CONCILIO. COSTANTINOPOLITANO I futare l’eresia dei pneumatomachi. Contro questa opinione non possiamo
non eccepire che i primi due articoli del simbolo cosiddetto costantinopolita
no differiscono molto dal simbolo niceno.
A risolvere questa difficoltà si applicò J. Lebon, le cui orme furono otti-
381 inamente seguite da J.N .D . Kelly e A.M. Ritter. Dice dunque Lebon che il
simbolo, soprattutto per essere adattato a usi battesimali, rivestì diverse for
me; una di queste era stata confermata dal concilio di Costantinopoli, rice
vendo alcune aggiunte nella parte riguardante lo Spirito santo. ,
Quéste forme, con varianti anche di un certo rilievo, erano tutte accomu
nate sotto la definizione di «fede di Nicea», finché i padri di Calcedonia di
stinsero tra la forma del simbolo della primitiva fede nicena e quella adottata
dal concilio di Costantinopoli; da quel momento il simbolo costantinopoli
Nell’anno 380 l’imperatore Teodosio I, con l’accordo del co-imperatore tano si diffuse come professione ai fede «dei 150 padri»4. .;·
Graziano, stabilì dì convocare questo concilio per consolidare la condanna Qui viene pubblicato il testo greco secondo gli atti del concilio di Calce-
contro gli ariani e per prendere qualche decisione anche sull’arcivescovo di doma5. Il concilio di Costantinopoli ha formulato quattro canoni6 disciplina
Costantinopoli, Massimo. Il concilio fu convocato per il maggio dell’amio ri: contro l’eresia ariana e le sue sette (c. 1), sulla chiara determinazione del
successivo e ad esso intervennero 150 vescovi tutti provenienti dalle chiese potere dei vescovi (c. 2),« sulla sede di Costantinopoli, seconda in onore e
d’Oriente e tutti dì fede ortodossa, perché i pneumatomachi, cioè avversari
dello Spirito santo, se ne erano allontanati fin dall’inizio.
La presidenza fu inizialmente tenuta da Melezio di Antiochia e nel frat
4 J. Lebon, Les andern symholes dans la definition de Chalcédome, Rev. d’Hist.
tempo, dopo la condanna di Massimo, veniva creato legittimo vescovo di Ecclés. 37(1936)874.'
Costantinopoli Gregorio Nazianzeno; questi, per l’improvvisa morte di Me 5 In primo luogo questo simbolo è riportato negli atti del concilio calcedonese:
lezio, presiedette il concilio fino all’arrivo di Acolio, che doveva rendere note Act. II, ed. ACO II 1 2, 80. È nuovamente inserito, insieme al simbolo niceno,
le istruzioni di papa Damaso circa la cacciata di Massimo e l’elezione del nella definizione dogmatica dello stesso concilio, approvata nella V sessione e so
nuovo vescovo di Costantinopoli. Ma giunse intanto Timoteo di Alessan lennemente promulgata nella VI, cfr. ACO I I 1 2,128. Da questo secondo testo
dria, che dichiarò nulla la designazione ai Gregorio, che rinunzìò alla catte probabilmente dipendono i testi sia del simbolo che si trova nel florilegio antical-
dra episcopale. N ettano, creato vescovo, battezzato e consacrato, presiedette cedonese, composto alla fine del V sec., conservato nel cod. Vat. gr. 1431, cfr.
il concilio fino alla sua conclusione. ACO LI 7, 65, sia del simbolo contenuto nella definizione dogmatica del VI con
Il testo delle decisioni dottrinali, Tomus, è andato perduto1. In questa sede cilio ecumenico del 681, cf. Msi 11, 633. Per spiegare le grandi differenze tra i te
viene pertanto pubblicata la lettera2 inviata da un altro concìlio, tenuto a Co sti del simbolo nella II e V sessione secondo alcuni testimoni, Ed. Schwartz, Dos
stantinopoli nel 382, nella quale sono esposte per sommi capi tali decisioni Nicaenum und das Constantinopolüan.um auf ■der Synode von Chalkedon,
secondo la testimonianza dei padri conciliari: e cioè, come aveva definito il Zeitschr. f. die Neutest. Wiss. 25 (1926) 38-88, si è supposto che il testo del sim
concìlio di Nicea, la consustanzialità e la coeternità delle tre persone divine bolo inserito nella definizione calcedonese dal concilio di Calcedonia fosse stato
contro i sabelliani, gli eunomiam, gli ariani pneumatomachi i quali considera modificato in sede conciliare,
vano che la Divinità fosse separata nelle molte nature5; inoltre la perfetta Questa opinione è stata ben confutata da J. Lebon, Les andern s y m b o h s 809-
876, il quale ritiene che le diverse lezioni dipendano dalle variazioni della tradi
umanità del Verbo, contro coloro che ritenevano che il Verbo non avesse af zione, ai cui abbiamo parlato sopra, mentre i padri di Calcedonio non avrebbero
fatto assunta un’anima umana; tutte queste affermazioni erano in sintonìa mai modificato il testo. ·
con la definizione dottrinale che papa Damaso e il concilio romano, proba Qui diamo il testo della II sessione del concilio di Calcedonia: in greco secondo i
bilmente del 378, avevano mandato in Oriente. mss. degli atti; in latino secondo la traduzione di Rustico diacono, edita negli anni
Il Simbolo attribuito a questo concilio presenta notevoli difficoltà agli stu 564-65, degli atti della seconda sessione, ACO II Iti 2, 6-7; i testimòni e le varie
diosi. Alcuni sostengono che il concilio aveva composto un nuovo simbolo; lezioni del sìmbolo in G.L. Dossetti, Il simbolo di Nicea e di Costantinopoli, Ro
ma negli antichi testi, fino al concilio di Calcedonia, non si fa di esso nessuna ma 1967.
menzione e si dice semplicemente che il concilio costantinopolitano aveva 6 Diamo qui il testo greco come sì trova nella collezione canonica dì Giovanni
Scolastico (ed. CCO 45-54). I primi tre canoni tuttavìa sono già riportati dai con
cilio di Calcedonia con pochissime varianti, cfr. ACO II I 3, 96.
1 Cfr. Grumel, 3 Quanto al testo latino, abbiamo trovato nelle antiche traduzioni solo i canoni I-
2 Theodoretus, Hist. EccL V 9 (PG 82,1211-1218; GCS 2ed. Parmentier 289-294) IV (v. tuttavìa Turner II 421-425). Qui diamo la traduzione di Dionigi il Piccolo.
greco; Cassiodoro, Hist, trip, IX 14 (PL 69, 1130-1133) latino. Per i canoni V-VII abbiamo proceduto a una traduzione moderna partendo da
3 Cfr, Grumel, 6 Msi 3, 559-563.
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dignità dopo la sede romana (c. 3), sulla condanna dì Massimo è dei suoi se u. 6 von K. 381 u. 382, Festgabe A. Jülicher, Tübingen 1927, 190-202; Μ.
guaci (c. 4). I canoni 2-4 intendono stabilire la fine della usurpazione dì pote Goemans, H et algemeen Condite in de I V Eeuw, Nijmegen-Utrecht 1945;
re da parte di Alessandria. I canoni successivi, cioè 5 e 6, sono stati redatti nel I. Ortiz de Urbina, La struttura del simbolo costantinopolitano, Orient.
concilio di Costantinopoli del 3 827; invece il canone 7 è tratto dalle lettere in Christ- Per. 12(1946) 275-285; J.N .D . Kelly, I simboli di fede della chiesa
viate dalla chiesa di Costantinopoli a Martirio Antiocheno8. antica, Napoli 1987; H, Domes, De Spiritu Sancto. Der Beitrag des Basilius
Il concilio terminò il 9 luglio del 381 e Teodosio il .30 luglio dello stesso zum Abschluss der trinitarischen Dogmas, Göttingen 1956; A. Morillo, La
anno, su richiesta dei padri conciliari, confermò con un editto Ì suoi decreti9. convocazione del concilio di C., Labeo 3(1957)60-71; N .G . King, The 130
Già dal 382 questo concilio è chiamato ecumenico nella lettera sinodale del Holy Fathers o f the C. o f C. 381, Studia.jPatristica, I Berlin 1957, 635-641; I.
concìlio riunito a Costantinopoli; questo vocabolo, che anche il sinodo di Ortiz de Urbina, Nicée et Constantinople, Paris 1963; A.M. Ritter, Das K.
Cartagine usò nella lettera dei vescovi africani a pajja Celestino10, fu usato al V. K. u. sein Symbol, Gottingen 1965; W. De Vries, Orient et Ocddent. Les
lora per la prima volta e stava a indicare un concilio generale, plenario; da structures ecclésìales vues dans I’bistoire des sept premiers condies oecuméni-
Gregorio Nazianzeno fu denigrato e criticato11; negli anni successivi non fu ques, Paris 1974, 43-60; La signification et Tactualité du IP concile, oecumé-
quasi mai ricordato. Raggiunse la sua precipua collocazione quando il conci nique pour le monde cbrétien d’aujord’kui, Chambésy-Genève 1982; Sto.
lio di Calcedonia nella II sessione unì la recita del simbolo di Costantinopoli Conc. Ec. 57-70; 108-109 e 114-115 [L. Perrone],
con quello di Nicea, come certissima testimonianza di una fede sorella; l’au
torità dei canoni, per quanto competeva alla chiesa d’oriente, venne ricono
sciuta nella XVI sessione a Calcedonia12. La sua autorità dogmatica anche
nella chiesa d'occidente fu proclamata da Gregorio Magno con queste parole:
«Confesso di venerare ed accogliere i quattro concili come i quattro libri del
santo evangelo...»13.
Il vescovo di Roma non approvò i suoi canoni, che non vennero mai tra
smessi alla sede apostolica14; Dionigi conobbe solo i primi quattro canoni, gli
unici riportati nelle collezioni occidentali; quanto al canone 6 Nicola I scrisse
all’imperatore Michele III: «Presso di noi non è stato trovato, ma si dice che
l’abbiate voi»15.
7 Cfr. Theodoretus, Historia eccles. V 9, 13 (PG 82, 1212; GCS 2ed. Pannentier
293); C. H. Turner, The Roman Council and Damase a. D. 382, The Journal of
Theol. Studies 1 (1900)554-560; Grumel, 5.
* Grumel, 145; cfr. CCO 43-44.
’ Cod. Theod. XVI I 3; cfr. Grumel, 4.
10 Cfr. CSP, app. II.
11 Gregorius Naz,, Carm. Hist. XI, 1509-1949 (PG 37, 1134-1166).
12 V. più avanti nel concìlio di Calcedonia e ACO I I I 2, 80; 2, 128; 3, 88-89; 3,
94-96.
13 Gregorius I, Reg. I 24 (MGH Ep. I 36); cfr. Le contile Tb.
14 Leo I, Ep. 56 (106), ACO I I IV 61; Gregorius I, Reg. VII 31 (MGH Ep. I
479). ■
15 Nicolaus Γ, Ep. 86 (PL 119, 933).
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Concilium Constantimpoiìimnm 1 — 3Si Professione di fede, dei 150 padri
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Canaliusif Comianlìnopolìianum J — $81 Lettera del concilio a papa Damaso
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Concilium Comtantittopolitamm I ·— 381 Lettera del concilio a papa Damaso
le confische dei beni privati, gli intrighi, le prepotenze, gli arresti, chi potrebbe
Sè ζημίας καί προστιμήσεις πόλεων, singulotumque confiscationes et
contarli? In verità tutte le tribolazioni si sono moltiplicate contro di noi oltre
καί τάς των καθ’ ενα δημεύσεις καί machinamina, injuries atque vincu- ogni dire, forse perché scontassimo la pena dei nostri peccati, o forse perché
συσκευάς καί ύβρεις καί δεσμωτήρια la, quis numerare valebit ad singula? Dio clemente voleva provarci con tante sofferenze.
τις άν εξαριθμήσασθαι δύναιτο; Omnes enim tribulationes vere su Di ciò siano rese grazie a Dio, il quale volle istruire i suoi servi attraverso
fi πασαι γάρ όντως έφ5 ήμάς αί θλίψεις per nos multiplicatae sunt ultra nu- prove così grandi, e secondo la sua infinita misericordia ci ha ricondotti al
επληθύνθησαν υπέρ άριθμόν, ίσως μέν merum. luste ‘ quidem, quoniam luògo del conforto.1 Certo sarebbe stato necessario per noi molto tempo e
επειδή δίκας Αμαρτημάτων έτίναμεν, valde peccavimus. A ut certe clemens molta fatica per ricostruire le chiese, perché finalmente potessimo ricondurre
ίσως δε καΐτοΰ φιλανθρώπου θεού διά Dominus passionum multitudine all’òriginario vigore il corpo della chiesa, oppresso come da lunga malattia,
του πλήθους των παθημάτων ήμάς nos voluit exercere, risanandolo pazientemente con ogni sorta di cure. Anche se in questo modo
ίο γυμνάζοντος.. riteniamo di esserci liberati dalla violenza delle persecuzioni e di aver ripristi
Τούτων μέν όδν τφ θεφ χάρις, δς Propter haec itaque gratias Deo nato le chiese così a lungo dominate dagli eretici, dei lupi, tuttavia, ci danno
καί διά τοσούτων θλίψεων τούς referimus : quìa et per tantas tribu- ancora molta molestia: scacciati dai recinti, rapiscono le pecore negli stessi
εαυτοΰ δούλους επαίδευσε, καί κατά lationes servos- corripit suos, et pascoli; tentano di organizzare riunioni di opposizione e di suscitare som
τύ· πλήθος των οίκτιρμών αύτοΰ secundum multitudinem misera- mosse popolari, senza nulla risparmiare pur ai arrecare danno alle chiese.
15 πάλιν έξήγαγεν ήμας είς. Αναψυχήν1 *' tionum suarum deduxit nos rursus Come dicevamo, sarebbe stato necessario un tempo più lungo per questa
ήμΐν δέ μακρας όδει σχολής καί ad refrigerium1. Nobis itaque tem- opera.
πολλου χρόνου καί πόνου προς τήν pus et labor maximus necessarius r Mostrando la vostra fraterna carità verso di noi con lettere dell’imperato
re, da Dio amato* ci avete invitato come veri membri al sinodo che per vo
των έκκλησιων έπανόρθώσιν, ϊν’ fuit, quatenus emendatio proveniret
lontà di Dìo avete convocato a Roma perché, avendo sopportato da soli le
ώσπερ έκ μακράς άρρωστίας ταΐς ecclesiarum; ut, tariquam pro longa tribolazioni, ora in questa pia concordia degli imperatori voi non regnaste
zo · κατά μικρόν έπιμελείαις τύ σώμα aegritudine, diligentia paulatim ad- senza di noi, V
της εκκλησίας Ικνοσηλεύοντες, πρδς hibita, priscam pietatis redderet
τήν άρχαίαν τής εύσεβείας ύγιείαν sanitatem. H oc etenim modo puta-
έπαναγάγωμεν. Καί γάρ εί τά μάλιστα bimur persecutionibus acerrimis li-
δοκουμεν τής των διωγμών άπηλλώ- berari, et ecclesias, longo tempore
25 χθαι αφοδρότητος καί τάς εκκλησίας ab haereticis detenta, denuo repa-
χρονίως παρά τών αιρετικών κατασχε- rare. Verumtatnen graves adhuc no-
θείσας άρτίως άνακομίζεσθαι, πλήν bis sunt lupi, qui postquam de cau-
άλλά βαρείς ήμΐν οί λύκοι καί μετά lis expulsi sunt, ex ipsis pascuis oves
το τής μάνδρας έξωσθήναι κατά τάς abripiunt: collectas facere conten-
30 νάπας τά ποίμνια διαρπάζοντες, dentes, populos commoventes, et
άντίσυνάξεις τολμώντες, δήμων in nullo segnes ad ecclesiae laesi-
κινοΰντες έπαναστάσεις, όκνοΰντες onem. Erat itaque, sicut diximus,
ούδέν είς τήν τών έκκλησιών βλάβην necessarium huic operi tempus,
ήν μέν οδν, δπερ είρήκαμεν, άναγ-
36 καΐον πλείονα ήμάς προσασχοληθήναι
χρόνον.
Ε πειδή μέντοι τήν άδελφικήν περί Quia tamen fraternam circa nos
ήμας Αγάπην έπιδεικνύμενοι, σύνοδον charitatem ministrantes, synodum
επί της 'Ρώμης θεού βουλήσει in Romana urbe Dei voluntate fe-
40 συγκροτοΰντες καί ήμάς ώς οίκεΐα cistis, et nos illìc tanquam membra
μέλη προσεκαλέσασθε διά τών του propria, litteris Deo amabilis prin-
θεοφιλεστάτου βασΛέως γραμμάτων, cipis evocastis; ut quoniam tunc
ίν* επειδή τότε τάς θλίψεις μόνοι ad tribulationes soli suoaus addicti,
κατεδικάσθημεν, νΰν εν τή τών nunc sub imperatorum pia concor-
45 αδτοκρατόρων περί τήν εύσέβειαν dia non sine nobis regnaretis; sed
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Lettera del concilio a papa Damaso
Consilium ComimtMpolitatmn I — 381
συμφωνία μή χωρίς ήμων βασιλεύ- etiam nos vobiscum, secundum ma anche noi, secondo la parola dell’Apostolo, potessimo regnare con voi.1
Avremmo voluto, se possibile, lasciare tutti insieme le nostre chiese.e corri
σητε, άλλά καί ήμεΐς ύμΐν κατά τήν apostolicam vocem, conregnare-
spondere all’opportuno invito. Chi ci darà le ali come quelle di una colomba
άποστολικήν φωνήν συμβασιλεύσω- mus1. Oratio quidem nostra fuit, si per volare e riposarci presso di voi?2Ma poiché questo avrebbe privato le no
μεν1, εόχή μέν ήν ήμΐν, εί δυνατόν, esset possibile u t omnes nostras si- stre chiese, dove era appena cominciato il rinnovamento, e ciò era assoluta-
e άπασιν άθρόως καταλιπουσι τάς mul relinquentes ecclesias, desiderio mente impossibile, ci siamo radunati a Costantinopoli, secondo le lèttere
έκκλησίας, τφ πόθφ ή τη χρείφ utili iungeremur. Quis enim nobis mandate l’anno scorso dalla vostra carità, dopo il concilio di Aquileia, all’im
χαρίσασθαι * τίς γάρ ήμΐν δώσει dabit pennas sicut columbae, u t vo- peratore Teodosio, caro a Dio. Ci siamo affrettati solo jper questo viaggio fi
πτέρυγας ώσεί περιστεράς, καί πέτα- lemus, et apud vos requiescamus2? no a‘Costantinopoli e avevamo il consenso dei vescovi rimasti nelle aiocesi
σθησόμεθα καί προς- ύμάς καταπαύ- Sed quoniam hoc omnino nudabat solo per questo smodo. Di un più lungo viaggio né prevedevamo la necessità,
ίο σομεν2 ; Επειδή δέ τούτο παντελώς ecclesias, requie nuper inchoata, né avevamo avuto alcun indizio prima di venire a Costantinopoli. Inoltre
έγύμνου τάς έκκλησίας άρτι τής resque nimis erat plurimis impossì- l’imminenza della data fissata non lascia il tempo di prepararsi per un viaggio
άνανεώσεως άρχομένας, καί τύ πραγ- bilis: quìa concurreramus in urbem più lungo, né di avvertire tutti i vescovi in comunione con noi rimasti nelle
μα παντάπασιν ήν τοΐς πολλοΐς άδύ- Constantinopolitanam causa littera- diocesi e di ottenere il loro consenso. Questi e altri simili motivi impedivano
νατον, (συνδεδραμήκαμεν γάρ είς τήν rum ad nos praeterito anno, direc la partenza della maggior parte di noi, pertanto abbiamo preso l’unico parti
ts Κωνσταντινούπολή έκ των πέρυσι tarum a vestra charitate post Aquì- to che restava per il miglioramento delle cose e per corrispondere alla carità
γραμμάτων των παρά τής όμετέρας leiense concilium ad Deo amabilem che ci avete dimostrato: abbiamo pregato caldamente i venerabilissimi e ono
τιμιότητας μετά τήν έν ’Ακυλεΐφ imperatorem Theodosium, propter rabilissimi! fratelli nel ministero, i vescovi Ciriaco, Eusebio e Prisciano di af
σύνοδον προς τον1 θεοφιλέστατον hanc solummodo causamu sq u e ad frontare la fatica di venir fino a voi. Per mezzo loro, vi rendiamo noti ì nostri
βασιλέα Θεοδόσιον έπισταλθέντων, Constantìnopolim properati, et de propositi di pace e di unità V
20 πρός μόνην ταύτην τήν άποδημίαν hac tantummodo synodo ferentes
τήν μέχρι Κωνσταντινουπόλεως consensum episcoporum qui per
παρασκευασάμενοι, καί περί ταύτης provincias permansere. Maioris ve-
μόνης τής συνόδου των έν ταΐς ro profectionis neque speravimus
έπαρχίαις μεινάντων έπισκόπων opus, neque praeaudivimus omni-
25 συγκατάθεσιν έπαγόμενοι, μείζονος no, antequam Constantìnopolim
Βε άποδημίας μήτε προσδοκήσαντες veniremus. Super haec autem indu-
χρείαν μήτε προακούσαντες δλως darum angusto tempore faciente,
πρίν έν Κωνσταντινουπόλει συνελθεΐν * neque praeparare nos valentes ad
πρός δέ τούτοις καί τής προθεσμίας longam profectionem, neque uni-
30 διά στενότητα μήτε πρός παρασκευήν versos communicatores nostros, in
μακροτέρας άποδημίας ένδιδούσης provìndis positos commonere, et
καιρόν μήτε . πάντας τούς έν ταΐς eorum consensum sumere praeva-
έπαρχίαις κοινωνικούς επισκόπους luimus. Quoniam igitur haec et alia
ύπομνησθήναι καί τάς παρ’ αύτών multa plurimorum adventum pro-
35 συγκαταθέσεις λαβεΐν}. Ε πειδή hibere videbantur, quod erat secun-
ταΰτα καί πολλά πρός τούτοις έτερα dum effectum rerum, et vestrae circa
τήν των πλειόνων άφιξιν διεκώλυσεν, nos charìtatis ostensionem, hoc egi-
δ δεύτερον ήν είς τε τήν των πραγ- mus: reverendissimos atque charis-
μάτων έπανόρθωσιν καί τήν τής simos fratres et comministros no-
40 ΰμετέρας περί ήμάς άγάπης άπόδει- stros episcopos Cyriacum, Euse-
ξιν, τούτο πεποιήκαμεν, τούς αίδεσι- bium et Priscianum usque ad vos
μωτάτους καί τιμιωτάτους άδελφούς laborare alacriter exorantes, per
καί συλλειτουργούς ημών έπισκόπους quos et nostram voluntatem pad-
Κυριακόν,Εύσέβιον καί Πρισκιανόν ficam et intentionem habentem uni-
45 ιεροθύμως καμεΐν άχρις ύμών δύσω- tatis ostendimus, zelumque nostrum
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Concilium Comtantmopolìtamm I —- SSI Lettera del- concìlio a papa Damalo
πήσαντες- δι’ άν καί τήν ,ήμετέραν quem pro saluberrima fide gerimus, e .manifestiamo il nostro zelo per la retta fede.
προαίρεσιν είρηνικήν οδσαν καί σκο- indicamus, Noi, infatti, abbiamo sopportato da parte degli eretici persecuzioni, tribo
πον ένώσείύς έχουσαν έπιδείκνυμεν, lazioni, minacce degli imperatori, crudeltà dei magistrati e ogni altra prova
καί τόν ζήλον ήμων τόν ύ'πέρ της per la fede evangelica confermata dai trecentodiciotto padri a Nicea, di Biti-
nia. E questa la fede che dev’essere approvata da voi, da noi e da quanti non
G ύγιοΰς πίστεως φανερόν ποιοΰμεν. alterano la parola della vera fede essendo essa antichissima e conforme al bat
Ή μ εΐς γάρ είτε διωγμούς είτε N os' etenim persecutiones, sive tesimo. Essa ci insegna a credere nel nome del Padre, del Figlio e della Spiri
θλίψεις είτε βασιλείους άπειλάς είτε tribulationes, sive minas imperiales, to santo, cioè in una sola divinità, potenzaj sostanza del Padre, del Figlio e
τάς των άρχόντων ωμότητας είτε τινά siye crudelitates iudicum, sive quas- dello Spìrito santo, in una uguale dignità è in un potere coeterno,' in tre per
πειρασμόν ετερον παρά των αιρετικών libet alias tentatìones haereticorum, fèttissime ipostasi, cioè in tre persone perfètte; in modo che non abbia spazio
ίο δπεμείναμεν, ύπέρ της εύαγγελικής libenter sustinuimus pro evangelica né la follia di Sabellio che confonde le ipostasi e sopprime le proprietà perso
πίστεως της έν Νικαίφ της Βιθυνίας ' fide, quae in Nicaea Bithyniae a tre- nali, né prevalga là' bestemmia degli eunomìani, degli ariani, dei pneumato-
παρά των τιη' πατέρων κυρωθείσης centi» decem et octo patribus robo- machi, i quali dividono la sostanza o natura e la divinità e aggiungono all’in
ύπέστημεν* ταύτην γάρ καί ύμίν καί rata dignoscitur. Hanc enim et vo- creata, consostanziale e coeteraa Trinità uria natura posteriore, creata o di
ήμΐν καί πάσι τοΐς μή διαστρέφουσι bis, et nobis, pt omnibus qui non diversa sostanza. Conserviamo anche intatta la dottrina dell’incarnazione del
is τόν λόγον της άληθοΰς πίστεως subvertunt verbum ■ yerae fidei, Signore e non accettiamo una incarnazione senz’anima, senza intelligenza,
συναρέσκειν ψδεΐ·. [ήν μόλις ποτέ] complacere confidimus, quam scì- imperfetta, ben sapendo che il Verbo di Dio, assolutamente perfetto prima
πρεσβυτάτην τε οδσαν καί άκόλουθον mus antiquissimam exsistere, et se- dei secoli, è divenuto perfetto uomo-negli ultimi tempi per la nostra salvezza.
τφ βαπτίσματι, καί διδάσκουσαν quacem baptismatis, docentemque
ή μάς πιστεύειν είς τό όνομα του nos credere in homine Patris, et
eo πατρός καί του ' υίοΰ καί του αγίου Filli, et Spiritus sancti. Divinitatem
πνεύματος, δηλαδή θεότητας καί quippe, et virtutem, atque substan-
δυνάμεως καί ουσίας μιας του πατρός tiam unam-Patris, et Filli, et Spiri-
καί του υίοΰ καί του άγιου πνεύματος tus sancti credimus, et aequalem
πιστευομένης, όμοτίμου τε άξίας καί honorem ac dignitatem, et imperi-
25 συναϊδίου της βασιλείας, εν τρισί um coaeternum, in tribus perfectis-
τελειοτάταιςύποστάσεσιν,ήγουντρισί simis subsistentiis, seu tribus per-
τελείοις προσώποις, ώς μήτε τήν feeds personis; u t neque sabellini
Σαβελλίου νόσον χώραν λαβεΐν συγ- languor habeat locum confusione
χεομένων των ύποστάσεων εϊτ’ οδν subsistentiarum aut peremptione
eo των Ιδιοτήτων άναιρουμένων, μήτε proprietatum ; neque eunomiano-
μήν τήν εόνομιανών καί άρειανών rum, et arianorum, et pneumato-
καί πνευματομάχων βλασφημίαν machorum, id est Spiritui resisten-
ίσχύειν, της ούσίας ή τής φύσεως ή tiutn, blasphemia praevaleat; sub-
της θεότητος τεμνομένης καί τη stantia videlicet secundum illos, aut
36 άκτίστψι καί δμοουσίφ καί συναίδίφ natura, aut divinitate divisa, et in-
τριάδι μεταγενεστέρας τίνος ή κτι- creatae consubstantiali, et coaeter-
στής ή ετεροουσίου φύσεως επαγο- nae Trinitati postrema quaedam vel
μένης. Καί τον τής ένανθρωπήσεως creata, vel alterius substantiae na-
δε του κυρίου λόγον άδιάστροφον tura detur. Inhumanationis vero
« σφζομεν, οΰτε άψυχον ούτε άνουν ή Christi sermonem sine aliqua νίο-
άτελή. τήν της σαρκδς οικονομίαν latione servamus, neque sine anima,
παραδεχόμενοι, όλον δε είδότες τέλειον neque sine mente, aut impèrfectam
μέν πρό αιώνων όντα θεόν λόγον, carnis dispensationem suscipientes;
τέλειον δέ άνθρωπον επ’ εσχάτων των sed totum scientes perfectum qrii-
46 ημερών διά τήν ήμετέραν σωτηρίαν dem ante saecula exsistere Dei Ver-
γενόμενον. bum, perfectum vero hominem in
novissimo dierum propter nostram
salutem factum.
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Concilium ConsUmtimpoHtamm I — SS i Lettera del concìlio a papa Damaso
ΐ ά μεν οδν κατά τήν πίστιν τήν Igitur quae de fide a nobis aperte ■Questa è in sintesi tutta la fede che proclamiamo. Potrete provare una
παρ’ ήμών άνυποστόλώς κηρυτ- praedicantur, velut in summa haec gioia maggiore se vi degnerete di leggere il tomo redatto dal sinodo di Antio
τομένην ώς εν κεφαλαίω τοιαυτα· esse noscuntur: de quibus amplius chia e quello pubblicato dal concilio ecumenico a Costantinopoli lo scorso
περί ών καί έπΐ πλεΐον ψυχαγωγηθήναι instrui poteritis, si et tomum in anno. In essi abbiamo esposto la nostra fede assai ampiamente e abbiamo
5 δυνήσεσθε, τω τε έν Ά ντιοχεία Antiochia factum a synodo ibi con sottoscritto una condanna contro le eresie che. si sono manifestate recente
mente.
τόμφ παρά της έκεΐ συνελθούσης stituta dignemini legere, et quod
συνόδου' γεγενημένω καταξιώσαντες anno superiori in Constantinopoli Quanto all’ammmis trazione dèlie singole chiese ha vigore, come sapete,
l’antica consuetudine e la disposizione dei santi padri di Nicea: in ciascuna
έντυχεϊν καί τω πέρυσιν έν Κων- ab universali synodo cognoscitur provincia i vescovi, e se essi vorranno anche quelli confinanti, celebrino le
σταντινουπόλει παρά-της οίκου μεν ι~ esse prolatum : in quibus latius fidem ordinazioni secondo l’utilità delle chiese. Sappiate che, in base a queste di
ιο κής έκτεθέντι συνόδου, έν οΐς πλατύ- professi sumus, et contra novitates sposizioni, vengono amministrate le nostre chiese e sono stati costituiti i sa
τερον τήν πίστιν ώμολογήσαμεν καί haeresum nuper exortas anathemata cerdoti delle chiese più insigni. Della chiesa novella, per così dire, di Costan
των έναγχος καινοταμηθεισών. ex scripto protulimus. tinopoli, che da poco, per misericordia di Dio, abbiamo strappato alle be
αιρέσεων Αναθεματισμόν έγγραφον stemmie degli eretici, come dalla bocca di un leone,1abbiamo consacrato ve
πεποιήκαμεν. ■ scovo il reverendissimo e amabilissimo in Dio Nettario. Ciò è stato fatto nel
ίο Περί δε των οικονομιών των κατά De dispensationibus autem parti concilio universale col consenso di tutti, sotto gli occhi dell’imperatore Teo
μέρος εν ταΐς Ικκλησίαις παλαιός cularibus ecclesiarum antiqua, sicuri dosio, carissimo a Dio, di tutto il clero e con l’approvazione di tutta la città.
τε, ώς ΐστε, θεσμός κεκρώτηκε καί nostis, sanctio tenuit, et definitio Per l’antica e veramente apostolica chiesa di Antiochia di Siria, nella- quale
των έν Νικαίφ άγιων πατέρων όρος, sanctorum patrum in Nicaea con per la prima volta fu usato il venerando nome di cristiani, i vescovi della pro
καθ' έκάστην έπαρχίαν τούς της venientium: secundum unamquaip- vincia e della diocesi dell,’oriente riuniti insieme consacrarono vescovo cano
a» επαρχίας καί, εϊπερ έκεινοι βούλοιντο, que provinciam, et si pontifices nicamente il reverendissimo e da Dio amatissimo Flaviano, V
σύν αύτοΐς τούς όμορους προς το voluerint, u t cum eis vicini propter
συμφέρον ποιεΐσΟαι τάς χείροτονίας* utilitatem celebrent ordinationes;
οΐς άκολούθως. τάς τε λοιπάς εκκλη quibus rebus consequenter et cae-
σίας παρ’ ήμΐν οίκονομεΐσΟαι γινώ» teras ecclesias apud nos aedificari
za σκετε καί των έπισημοτάτων έκκλη- cognoscite, et insignium ecclesiarum
σιών άναδεδεΐχθαι τούς ιερείς, "Οθεν haec approbasse sacerdotes. Porro
της μέν Ιν Κωνσταντινουπόλει νεοπα Constantinopolitanae urbis novel
γούς, ώς άν εϊποι τις, εκκλησίας, ήν lam, u t ita dicamus, ecclesiam, velut
ώσπερ έκ στόματος λέοντος1 της των ex ore leonis1 haereticis suffossam
. so αιρετικών βλασφημίας ύπόγυον έξηρ- blasphemfis abstraximus; et per
πάσαμεν διά τών οίκτορμών τοΰ,θεοΰ, misericordias Dei reverendissimum
τον αίδεσιμώτατον καί θεοφιλέστατον et Deo amabilem Nectarium epi
Νεκτάριον έπίσκοπον κεχειροτονή- scopum ordinavimus coram uni
καμεν επί της οίκουμεν ικής συνόδου versali concilio cum communi con
35 μετά κοινής όμονοίας, δπ* δψεσι cordia, sub aspectu etiam Deo ama
καί του θεοφιλεστάτου βασιλέως bilis imperatoris Theodosii, univer
Θεοδοσίου παντός τε του κλήρου καί sique cleri, cuncta decernente pari
πάσης έπιψηφιζομένης της πόλεως* ter civitate. In seniore autem et vere
της δέ πρεσβυτάτης καί* 6ντως apostolica ecclesia Antiochiae Sy
do άποστολικής έκκλησίας τής έν riae, in qua prius venerabile Christi
Άντιοχείφ τής Συρίας, έν ή πρώτη το anorum appellatum est nomen, re
τίμιον τών χριστιανών έχρημάτισεν verendissimum et Deo amabilem
όνομα, τδν αίδεσιμώτατον καί θεοφι- episcopum Flavianum, de universa
λέστατον έπίσκοπον Φλαβίανύν οϊ τε provincia et orientali dioecesi con
48 τής επαρχίας καί τής άνατολικής currentes, regulariter ordinarunt,
29 29
ComiUüm Cmutantimpoliiamim I — 38.1 Lettera del concilio a papa Dumoso
διοικήσεως συνδραμόντες κανονικώς omni ecclesia pariter decernente, et con l’approvazione di tutta la chiesa, che unanimemente lo onorava. L’ordi
έχειροτόνησαν, πάσής συμψήφου της quasi sub una voce hunc honorante nazione è stata riconosciuta legale anche dal concìlio. Vi informiamo, inol
εκκλησίας ώσπερ διά μιας φωνής virum. Quatn ordinationem, tan- tre, che il reverendissimo e carissimo a Dio Cirillo è vescovo di Gerusalem
τόν. άνδρα τιμησάσης· ήνπερ ενθεσμόν quam legalem suscepit commune me, madre di tutte le chiese. A suo tempo egli è stato consacrato, secondo le
5 χειροτονίαν έδέξατο καί τύ της συνό- concilium. In matre vero cuncta- norme ecclesiastiche, dai vescovi della provincia e spesso in diverse circo
δου κοινόν της δέ γε μητρές άπασών rum ecclesiarum Hierosolymis con- stanze ha lottato strenuamente contro gli ariani.
των έκκλησιών της έν Ίεροσολύμοις stituta, reverendissimum et Deo Poiché questi atti sono stati compiuti da noi legalmente e canonicamente,
τον αίδεσιμώτατον καί θεοφιλέστατον amabilem Cyrillum episcopum, esse preghiamo la reverenza vostra di volersi rallegrare insieme a noi, uniti, scam
Κύριλλον επίσκοπον εΐναι γνωρίζο- significamus; qui regulariter olim bievolmente dal vincolo dell’amore che viene dallo Spirito e dal timore di
Dio che vince ogni umana passione e antepone a tutto l ’edificazione delle
ίο μεν, κανονικώς τε παρά των της a provincialibus ordinatus, plurima
chiese. In tal modo, unanimi nella fede e confermati nella carità cristiana,
επαρχίας χειροτονηθέντα πάλαι καί propter arianos diversis temporibus
cesseremo di ripeterò l’espressione già biasimata dall’Apostolo :7o sono dì
κλειστά πρός τούς άρείανούς ’ εν- certamina passus est. :
Paolo, to invece sono di Apollo, e io di Cefo} e saremo tutti di Cristo, che non
διαφόροις χρόνοις άθλήσαντα.
può essere diviso in noi. E se, con l’aiuto di Dio conserveremo indiviso il
Οίς ώς ένθέσμως καί* κανονικώς His igitur tam legaliter et cano
corpo della chiesa, compariremo fiduciosi dinanzi al tribunale del Signó
ne παρ’ ήμιν κεκρατηκόσι καί τήν nice apud nos gestis, etiam ve- re / V
ύμετέραν συγχαίρειν παρακαλοΰμεν stram reverentiam · congaudere de-
εύλάβειαν, της πνευματικής μεσι- poscimus, spirituali intercedente
τευούσης αγάπης, καί "τοΰ κυριακοΰ dilectione, et timore dominico, per
φόβου πασαν ; μέν καταστέλλοντος quae humana removetur offensio
30 άνθρωπίνην προσπάθειαν, τήν δε τών et ecclesiarum aedificatio praepo-
Ικκλησιών οίκοδομήν προτιμοτέραν nitu r universis. Sic etenim verbo
ποιουντος τής πρύς τόν καθ’ δνα fidei concordante, et Christiana in
συνήθειας ή χάριτος* ο6τω γάρ τοΰ τε nobis charitate firmata, cessavi-
της πίστεως συμφωνηθέντος λόγου mus dicere quod reprehendebat
25 καί τής χριστιανικής κυρωθείσης εν Apostolus: Ego quidem sum Pauli,
ήμιν άγάπης, παυσόμεθα λέγοντες ego vero Apollo, ego autem Cephae1;
■το παρά τών Αποστόλων κατε- dum omnes videlicet appareamus
γνωσμένον ‘έγώ μέν εϊμι ΙΙαύλου, Christi, qui in nobis divisus non
έγώ δε Άπολλώ, έγώ δέ Κηφά’1, est8. E t si sine schismate corpus
30 πάντες δέ Χρίστου φανέντες, δς έν ecclesiae, Deo adiuvante, servemus,
ήμΐν ού μεμέρισται2, θεοϋ δέ κατα- cum fiducia ante Domini tribunal
ξιοΰντος, «σχιστόν το σώμα τής astabimus8,
εκκλησίας τηρήσομεν καί τφ βήματι
τοΰ- κυρίου μετά παρρησίας παραστη-
35 σόμεθ#3.
30
30
Concilium ConstantimpolUanum I — 381 Canoni l - I I
, , CANONI .
ΚΑΝΟΝΕΣ CANONES .
.
À I . .... . .
1 Cf. conc. Nie. I, cc. 6, 7 (v, supra p. 9); Can, ap. 14, 34, 35 (CSP14,24); cone. Antioch.
(341), c. 9 (CSP 110-111); cone. Sard. (342/343), cc. 3,11,12 (CSP 162-163,175-178)..
31 31
Comilium Constaniinapolitamm I — 381 Canoni III - V
vity ή τισιν &λλοας οίκονομίαις εκκλη- suam dioecesim non accedant prop- non escano dalla propria diocesi per ordinazioni e altri atti del loro ministe
σιαστικαΐς. Φυλαττομένου Sé του ter ordinationes faciendas -vel prop- ro. Secondo questo canone è chiaro che le questioni di una provincia dovrà
γεγραμμένου περί των διοικήσεων ter alias dispensationes. ecclesiasti- regolarle il sinodo della stessa provincia, secondo le decisioni di Nicea. Le
κανόνος εΰδηλον, ■ώς τά καθ’ έκά- cas. Servata vero quae scripta est de chiese di Dio fondate tra i popoli barbari siano governate secondo le consue
s στην έπαρχίαν ή της επαρχίας σύ- gubernationibus regula manifestum tudini introdotte dai nostri padri.
νοδος διοικήσει, κατά τά έν Νικαίφ est, quod illa, quae sunt per unatn-
ώρισμένα. Τάς δε εν τοΐς βαρβαρι- quamque provinciam, proyinciae m .
κοις Ιθνεσι του θεού εκκλησίας ol- synodus dispenset, sicut Nicaeno A l vescovo di Roma segua quello di Costantinopoli
κονομεΐσθαι χρή κατά τήν κρατήσα- constat decretum esse ' concìlio,
io σαν επί των πατέρων συνήθειαν. Ecclesias autem Dei in barbaricis Il vescovo dì Costantinopoli avrà il primato d’onore dopo il vescovo di
gentibus constitutas gubernari con Roma, perché tale città è la nuova Roma.
venit iuxta consuetudinem, quae est
patribus instituta. IV
Della illecita ordinazione di Massimo
Γ ΠΙ .
■ Quanto a Massimo il Cinico e ai disordini avvenuti a Costantiiiopolì per
Περί του μετά τον 'Ρώμης 6τι Ut secunduspost Rmamms episcopum Consimtì- causa sua, [stabiliamo] che Massimo non è mai stato né è vescovo, e non lo
is δεύτερος ό Κωνσταντινουπόλεως nopolis episcopus sit
sonò quelli che egli ha ordinato in qualsiasi grado del clero: tutto quello, in
Τον μέντοι Κωνσταντινουπόλεως Verumtamen Coristantinopolìtanus fatti, che è stato compiuto a suo riguardo o da luì è da considerarsi nullo.
επίσκοπον §χειν τά πρεσβεία της τι episcopus habeat honoris prima
μής μετά τον 'Ρώμης Ιπίσκοπον διά tum praeter Romanum episcopum, V
τύ είναι αδτήν νέαν 'Ρώμην. propterea quod ürbs ipsa sit iunior I l tomo degli occidentali è bene accetto
Roma.
Per quanto riguarda il tomo [documento] degli occidentali,’ noi ricono
Δ IV * sciamo anche quelli di Antiochia che professano la medésima divinità del Pa
Περί τής κατά Μάξιμον άθέσμου De ifdkita Maximi ordinatione dre, del Figlio e dello Spirito santo.
χειροτονίας
Περί Μαξίμου του κυνικοΰ καί τής De Maximo cynico et eius inordi
κατ’ αύτον αταξίας της έν Ιίωνσταν- nata constitutione, quae Constanti-
aa τινουπόλει γενομένης, ώστε μήτε nopoli facta est, placuit neque Maxi
Μάξιμον επίσκοπον γενέσθαι ή είναι, mum episcopum fuisse vel esse nec
μήτε τούς παρ’ αύτοΰ χειροτονηθέν- eos, qui ab ipso in quolibet gradu
τας έν οίωδήποτε βαθμφ κλήρου, clerici sunt ordinati, cum omnia,
πάντων καί των περί αύτόν καί των quae ab eodem perpetrata sunt, in
30 παρ’ αύτοΰ γενομένων άκυρωθέν- irritum deducta esse videantur.
των.
Ε ■ V
ΙΙερί του οτι ό των δυτικών Quod tomus occidentalism de bomosssio
■ τόμος εδδεκτος recipiatur
32 32
Cmtìlìtm Constaniinopolìtannm I — 381 Canone V I
·. S VI Vi
Hspì των όφειλόντων δεκτών Quinam ad accusationem centra episcopos mi 1 Chi p u ò essere ammesso ad accusare un véscovo o un chierico1
είναι εις κατηγορίαν έπισκόπων clericos recipiendi sint1
ή κληρικών1 Poiché molti volendo turbare e sconvolgere l’ordine ecclesiastico, da veri
’Επειδή πολλοί τήν εκκλησιαστικήν Quoniam multi ecclesiasticum ordì- nemici e calunniatori, inventano accuse contro i vescovi ortodossi che ammi
e εόταξίαν σογχεϊν καί άνατρέπειν nem confundere et subvertere vo- nistrano le chiese, cercando solo di contaminare la buona fama del sacerdozio
βουλόμενοι, φιλέχθρως καί συκοφαν- lentes, inimice et sycophantice ad- e di suscitare disordini tra il popolo che vive in pace, è sembrato bene al santo
τικώς αιτίας τινάς κατά των οίκο- versus orthodoxos episcopos, qui concilio dei vescovi radunati a Costantinopoli dì non ammettere gli accusatori
νομούντων τάς εκκλησίας ορθοδόξων ecclesias administrant, accusationes senza previo esame, né di permettere a chiunque di formulare accuse contro
επισκόπων συμπλάσσουσιν, ούδ&ν quasdam confingunt,, nihil aliud gli amministratori delle diocesi, ma neppure dì respingere tutti. Se uno ha
ί ο έτερον ή χραίνειν τάς των ιερέων quam sacerdotum bonam existima- un’accusa privata, cioè personale, contro il vescovo perché è stato defraudato
ύπολήψεις καί ταραχάς των είρη- tìonem contaminare et in pace de- o ha dovuto sopportare qualche ingiustizia, in questo genere di accuse non sì
guardi né alla persona dell’accusatore, né alla sua religione. E necessario infat
νευόντων λαών κατασκευάζειν έπι- 'gentium populorum tumultus con-
ti assolutamente che la coscienza del vescovo sia liberata dall’accusa e che chi
χειρουντες, τούτου ένεκεν ήρεσε τη citare conantes; ea de causa placuit afferma, dì essere stato trattato ingiustamente ottenga giustizia indipendente
αγία συνόδφ των εν Κωνσταντίνου- sanctae synodo episcoporum qui mente dai suoi sentimenti religiosi. Se però si tratta di un delitto ècclesiastico
ie πόλει συνδραμόντων επισκόπων μή Constantinppoli convenerunt, nec che coinvolge un vescovo allora bisogna tener conto della persóna degli accu
άνεξετάστως προσίεσθαι τούς κατη- sine discussione admittere accusa- satori. Anzitutto non si permetta agii eretici di formulare accuse contro i ve
γόρους, μηδέ πασιν επιτρέπεσθαι τάς to re s ,. nec omnibus eorum* qui scovi ortodossi iti cose riguardanti· la chiesa (per eretici intendiamo sia quelli
κατηγορίας ποίεΐσθαι κατά των ol- ecclesias administrant, accusationes che già da tempo sono stati banditi dalla chiesa, sia quelli che poi noi stessi ab
κονομούντων τάς έκκλησίας, μηδέ permittere, nec omnes excludere; biamo condannato, sia quelli che mostrano di professare una fede autentica,
00 μήν πάντας άποκλείειν, άλλ’ εί μέν sed si quis propriam quidem quere- ma in realtà sono separati dai vescovi in comunione con noi V
τις οϊκείαν μέμψιν, τουτ* ίίστιν ίδι- lam, id est privatam, intendat epi-
ωτικήν, επαγάγοι τφ επισκόπφ, scopo, u t detrimento aliquo, vel
ώς πλεονεκτηΟεΐς ή . άλλο τι . παρά inìuria aliqua ab ipso affectus, in
το δίκαιον παρ’ αύτοΰ πεπονθώς, eiusmodi accusationibus nec accusa-
as έπΙ των τοιούτων κατηγοριών μή toris personam, nec religionem exa-
έξετάζεσθαι μήτε τό πρόσωπον του minari, O portet enim episcopi con-
κατηγορουμένου μήτε τήν θρη- scientiam esse omnibus modis Iibe-
σκείαν χρή γάρ παντί τρόπφ τό τε ram, et eum qui sibi iniuriam fa o
συνειδύς του επισκόπου έλεύθερον tam esse dicit, cuiuscumque sit
30 εΐναι καί τόν άδικεΐσθαι λέγοντα, religionis, ius suum consequi. Si
οϊας äv εϊη θρησκείας, των δικαίων autem sit crimen ecclesiasticum,
τυγχάνειν. Ε ί δέ έκκλησιαστικον εΐη quod episcopo intenditur, tunc exa-
τό έπιφερόμενον έγκλημα τφ έπι- minari personas accusatorum; ut
σκόπφ, τότε δοκιμάζεσθαι χρή τών primum quidem haereticis non liceat
3B κατηγορούντων τά πρόσωπα, ίνα orthodoxos episcopos pro rebus
πρώτον μέν αίρετικοΐς μή έξη κα- ecclesiasticis accusare; (haereticos
• τηγορίας κατά τών ορθοδόξων έπι- autem dicimus et qui olim ab eccle-
σκόπων ύπέρ εκκλησιαστικών πραγ- sia abdicati sunt, et qui sunt postea
μάτων ποίεΐσθαι- (αιρετικούς δέ λέ- a nobis anathematizati; ad haec au-
40 γομεν τούς τε πάλαι της έκκλησίας tem e t eos, qui-se sanam quidem
άποκηρυχθέντας καί τούς μετά ταυ- fidem confiteri prae se ferunt,
τα 6φ’ ήμών άναθεματισθέντας, προς avulsi autem sunt et abscissi et
δέ τούτοις καί τούς τήν πίστιν μέν adversus canonicos nostros episco-
1 Cf. Can. ftp. 74.(CSP 45-46); cone. Antioch. (341) cc. 12, 14, 15 (CSP 114-116); cone.
Sard. (342/343) c, 4 (CSP 163-164); Basilius Cacs, c. 1 (CPG 93).
33 33
Concilium Constantimpolitanum I — 381 Canone ■VI
τήν ύγιή προσκρουμένους όμολογεΐν, pos congregationem faciunt). Piae- e si riuniscono contro di loro). Inoltre, quelli che sono stati condannati,
άποσχίσαντας δε καί άντισυνάγοντας terea autem et si aliqui eorum ab scacciati o scomunicati per vari motivi dalla chiesa, sia chierici che laici, non
τοΐς κοινωνικούς ήμών έπισκόποις). ecclesia ob aliquas causas prius con- possono accusare un vescovo, prima di aver espiato la loro colpa. Analoga
"Επειτα Sè καί εϊ τινες των άπο demnati. et eiecti vel excommuni“ mente non possono accusare un vescovo o altri chierici, coloro che sono sot
to una precedente accusa, se prima non hanno dimostrato dì essere innocen
B της έκκλησίας έπΐ αίτίαις τισΐ προ- cati fuerint, sive ex clero, siye ex
ti. Se però chi senza essere eretico,· né scomunicato, né condannato o accusa
κατεγνωσμένοι εϊεν καί άποβεβλη- laicorum ordine, nec eis .licere epi- to di alcun delitto, ha delle accuse in materia ecclesiastica contro il vescovo,
μένοι ή άκοινώνητοι είτε fatò κλήρου scopum accusare, priusquam pro- questo santo sinodo comanda che questi presenti la sua accusa ai vescovi del
είτε άπο λαϊκού τάγματος, μηδε prim n crimen absterserint. Similiter la provincia e ne dimostri davanti a loro la fondatezza. Se poi i vescovi della
τούτο ις έξεϊναι κατηγορεΐν έπισκό- autem et eos, qui prius rei facti provincia non sono in grado, di correggere le mancanze di cui viene-accusato
io που, πρίν άν τί> οίκεΐον έγκλημα πρύ- accusatique, non prius ad epi- il vescovo, allora gli accusatori possono adire anche il più vasto sinodo dei
τερον άποδύσωνται. 'Ομοίως δε καί scopi Tel aÜorum clericorum accu- vescovi di quella diocesi [regione], che sarà convocato proprio per questo.
τούς ύπό κατηγορίαν προλαβουσαν sationem admitti, quam se obice- Non può essere ammesso a provare l’accusa, chi non abbia prima accettato
όντας μή πρότερον είναι δεκτούς εις 1to tu m sibi criminum insontes osten- per iscritto una pena uguale a quella che toccherebbe al vescovo se nell’esame
επισκόπου κατηγορίαν ή έτέρων κλη- derint. Sed sx nonnulli nec haeretici, della causa si constatasse che le accuse erano calunnie. Se qualcuno, in spre
is ρικών, πριν άν άθφους έαυτούς των nec excommunicat! fuerint, nec pri- giò alle decisioni precedenti, osasse importunare l’imperatore o disturbare i
επαχθέντων αύτοις άποδείξωσίν έγ- us damnati^ vel aliquorum criminum tribunali civili o il concilio ecumenico, ignorando i vescovi della diocesi, la
κλημάτων. Ei μέντοι τινές μήτε od- accusati, dicant autem se habere ali- sua accusa non deve essere ammessa, perché ha disprezzato i canoni e ha ten
ρετικοΐ μήτε άκοινώνητοι εϊεν. μήτε quas adversus episcopum crimina- tato di sconvolgere l’ordine ecclesiastico.
προκατεγνωσμένοι ή προκατηγορη- tiones, eos iubet sancta synodus pri-
ao μένοι έπί τισι πλημμελήμασι, λέγοιεν mum quidem apud provinciae epi-
δέ έχε tv τινά έκκλησ (.αστικήν κατά scopos accusationem ‘persequi et
του επισκόπου κατηγορίαν, τούτους apud eos probare crimina epìscopi,
κελεύει ή άγία σύνοδος πρώτον μέν qui aliquarum rerum accusatur;
επί των της έπαρχίας πάντων επι- quod si evenerit u t provinciales
ss σκόπων ενίστασθαι τάς κατηγορίας episcopi crimina quae episcopo in-
καί επ’ «ύτών έλέγχειν τά έγκλήμα- tentata sunt, corrigere non possint,
τα του έν αίτίαις τισίν έπισκόπου· tunc ipsos accedere ad maiorem sy-
εί δε συμβη άδυνατησαι τούς έπαρ- nodum dioecesis illius episcopo-
χεώτας πρός διόρΟωσιν των έπι- rum , pro causa convocatorum; et
so φερομένων εγκλημάτων τφ έπισκό- accusationem non prius intendere,
π tji, τότε αύτούς προσιέναι μείζονι quam in scriptis aequale periculum
συνόδιρ των της διοικήσεως έπισκό- sibi statuant, si quidem in rebus exa-
πων εκείνης, ύπέρ της αιτίας ταύτης minandis accusatum episcopum ca-
συγκαλουμένων, καί μή πρότερον lumniari convicti fuerint. Si quìs
35 Ινίστασθαι τήν κατηγορίαν, πριν έγ- autem iis, quae, u t prius declaratum
γράφως αύτούς ίσον αύτοις ύποτι- est, decreta fuerunt, contemptis, au-
μήσασθαι κίνδυνον, είπερ έν τη των sus fuerit vel imperatoris aures mo-
πραγμάτων εξετάσει συκοφαντούν- lestia afficere, vel saecularium prin-
τες τον κατηγορούμενον έπίσκοπον cip.um iudicia vel universalem sy-
40 έλεγχθεΐεν. E l 8ε τις καταφρονήσας nodum perturbare, neglectis dioe- ■
των κατά τά προδηλωθέντα δεδογ- cesie episcopis, eum nullo modo esse
μένων τολμήσειεν ή βασιλικάς èyo- gd accusationem admittendum, u t
χλεΐν άκοάς ή κοσμικών άρχόντων qui canonibus imuriam fecerit ét
δικαστήρια ή οικουμενικήν σύνοδον ecclesiasticum ordinem everterit.
dB ταράσσειν, πάντας άτιμάσας τούς της διοικήσεως . επισκόπους, τόν τοι-
οϋτον τό παράπαν είς κατηγορίαν μή εΐναι δεκτόν, ώς καΟυβρίσαντα τούς
κανόνα'· καί τήν έκκλησιαστικήν λυμηνάμενον εδταξίαν.
34’ 34'
Concilium Constantinopolìtanum I — 381 Canone VII
z V II ,
Pépi τών προστιθεμένων τη Quomodo recipiendi tint qui ad rectam V ii
όρθοδοξίκ πώς αύτούς δεκτέον1 fidem accedunt1 Come bisogna accogliere coloro che si avvicinano aW'ortodossia*
Τούς προστιθεμένους τη δρθοδοξίμ Eos qui rectae fidei adiicìuntur, et Coloro che giungono all’ortodossia e sfuggono all’eresia, devono essere
«od τη μερίδι τών σφζομένων άπό parti eorum qui ex haereticis servan ammessi nel seguente modo: gli ariani, i macedoniani, i sabaziani, i novazia-
αιρετικών δεχόμεθα κατά τήν ύπο- tur, recipimus, secundum subjectam ni, quelli che si definiscono catari o aristeroi (cioè puri o sinistri), i quattor-
τεταγμένην άκολουθίαν καί, συνήθει hic consequentiam et consuetudi decimani o tetraditi e gli apollinaristi, con l’abiura scritta di ogni eresia, che
αν. Άρειανούς μέν καί μακεδονια- nem. Ari&nos quidem, et Mace- non s’accorda con la santa chiesa di Dio, cattolica e apostolica. Essi siano se
νούς καί σαββατιανούς καί ναυα- donianos, et Sabbatìanos, et Nova- gnati, ossia unti col sacro crisma sulla fronte, sugli occhi, sulle narici, sulla
τιανούς, τούς. λέγοντας εαυτούς κα tianos, qui dicunt se ipsos Catharos bocca, sulle orecchie e segnandoli diciamo: Segno del dono dello Spirito san
θαρούς, καί αριστερούς καί τεσσα- et Aristeros (hoc est, mundos, vel to. Gli eunomianì, battezzati con una sola immersione, i montanisti, qui det
ρεσκαιδεκατίτας εΐτουν τετραδίτας, sinistros), et Tessaradecatitas, sive ti frigi, i sabelliani, che insegnano l’identità del Padre col Figlio e fanno altre
καί άπολλιναριστάς, δεχόμεθα δι- Tetraditas, et ApoIHnaristas reci cose gravi, e tutti gli altri eretici (qui ve ne sono molti, specie quelli che ven
δόντας λιβέλλους καί άναθεματίζον- pimus, dantps quidem libellos, et gono dalle parti dei Galati) che dall’eresia vogliono passare alla ortodossia, li
τας πάσαν αϊρεσιν, μή φρονούσαν omnem haeresim anathematizantes, riceviamo come se fossero dei gentili. E il primo giorno li segniamo col segno
ώς φρονεί ή αγία του θεού καθολική quae non sentit u t sancta Dei catho del cristiano; il secondo li facciamo catecumeni; poi il terzo li esorcizziamo,
soffiando per tre volte ad essi sul volto e nelle orecchie. E allora li istruiamo e
καί άποστολική εκκλησία’ καί σφρα lica et apostolica ecclesia ; et signatos,
li facciamo venire per un lungo tempo nella chiesa ad ascoltare le scritture; e
γισμένους, ήτοι χρισμένους, πρώ sive unctos primum sancto chrisma dopo tutto questo li battezziamo.
τον τφ άγίω. μύρφ τό τε μέτωπον καί te et frontem et oculos et nares et
τούς όφθαλμούς καί τάς £ίνας καί os et aures. E t eos signantes dicimus :
τό στόμα καί τά ώτα’ καί σφραγί» Signaculum doni Spiritus Sancti.
ζαντες αύτούς λέγομεν Σφραγίς δω Atqui Eunomianos, qui in unam
ρεάς πνεύματος άγιου. Εύνομιανούς demersionem baptizantur, et Mon-
μέντοι, τούς εις μίαν κατάδυσιν βα- tanistas, qui hic dicuntur Phryges,
πτιζομένους, καί μοντανιστάς, τούς et Sabellianos, qui eumdem esse
ενταύθα λεγομένους Φρύγας, καί Patrem et Filium opinantur, utrum
σαβελλιανούς, τούς υίοπατορίαν δι que simul confundentes, et alia
δάσκοντας καί έτερά τινα χαλεπά gravia et indigna faciunt, et alias
ποιοΰντας, καί τάς άλλας πάσας αι omnes haereses (quoniam hic multi
ρέσεις, (επειδή πολλοί είσιν ενταύθα, sunt haeretici, et maxime qui ex
μάλιστα οί άπό της Γαλατων χώρας Galatarum regione veniunt) qui
ό'ρμώμενοι)', πάντας τούς άπ’ αύτών cumque ex his rectae fidei adscribi
θέλοντας προστίθεσθαι τή δρθοδοξίφ volunt, ut Graecos admittimus: et
ώς "Ελληνας δεχόμεθα- καί τήν primo quidem die ipsos Christianos
πρώτην ήμέραν ποιου μεν αύτούς χρι facimus; secundo catechumenos;
στιανούς, τήν δέ δευτέραν κατηχου deinde tertio exorcizamus sive
μένους, είτα τη τρίτη έξορκίζομεν adiuramus ipsos, ter simul in
αύτούς μετά του έμφυσαν τρίτον είς τό faciem eorum et aures insufflando.
πρόσωπον καί είς τά ώτα* καί οΰτω E t sic eos catechizamus sive initia
κατηχοΰμεν αύτούς, καί ποιοΰμεν χρό mus, et curamus u t longo tempore
νιζαν εν τη έκκλησίφ καί άκροάσθαι τών versentur, in ecclesia, et audiant
γραφών καί τότε αύτούς βαπτίζομεν. scripturas; et tunc eos baptizamus.
1 C£. cane. Nie. I, ce. 8,19 (v. supia pp, 9-10,15); Can. ap. 46,47, 68 (CSP 31, 42-43); conc.
Laod. (325/381), cc. 7,' 8 (CSP 133-134); Basilius Cacs. ce. 1, 5, 47 (CPG 93, 103, 137).
35
35
CONCILIO DI EFESO
431
37
lo. 2) 1 12 an atemati smi e la lettera esplicativa, che li precede, inviata a Ne- Poco dopo, probabilmente nel 436, Nestorìo fu definitivamente esiliato
storio da Cirillo e dal sinodo di Alessandria nell’anno 43Q6 sono stari letti a dall’imperatore19.
Efeso e inseriti negli atti78. 3) Condanna di Nestorìo®. 4) La lettera del conci
lio con cui si comunica a tutti i vescovi, al clero e al popolo la condanna di
Giovanni. Seguono alcuni canoni disciplinari a proposito dei nestoriani9. BIBLIOGRAFIA; H -L 2,287-377; DThC 5(1918) 137-163; EC 5(1950) 114-
5) Il decreto sulla fede101approvato nella sesta sessione del 22 luglio, nel qua 119; DDrC 5(1953) 362-364; RGG 2(31958) 521; LThK 3 f 1959) 923; RE
le è confermata la fede nicena, è vietato procedere alla formulazione di nuovi 9(1982) 753-755; E. Schwartz, Konzilsstudien, Strassburg 1914; id., Neue
simboli, mentre si fa obbligo di aderire soltanto a quello sottoscritto dai 318 Aktenstücke zum Eph. Konzil v. 431, Abh. Bayr. Ak. "W. 1920; id., varie
padri. 6) La definizione contro i messaliani11. 7) Il decreto sulla autonomia note in ACO 1 .1; P. Batiffol, Un épisode du conc. d ’E. (juill 431) d ’apres les
della chiesa di Cipro12. actes copies de Bouriant, Mélanges Schlumberger, Paris 1924, 28-39; R. De-
Entrambi i concili inviano legati all’imperatore che non approva nessuna vreesse, Les actes du conc. d ’E., Revue de sciences pini, et théol.’ 18(1929)
delle due parti e congeda i vescovi13; già in precedenza a Nestorìo era stato 233-242, 408-431; I. Rucker, Ephes. Konzilsakten in armen.-georg. Überlie
permesso di ritornare nel proprio monastero vicino ad Antiochia14. Il 25 ott. ferung, Sitzungsber. Bayr. Ak. W. 1930, 3 (cfr. ree. Or. Chr. Per. 1[1935]
431 Massimiano viene consacrato patriarca di Costantinopoli15. 503); id., Rund um das Recht der 20 Epbesinischen Anklagezitate - aus Ne-
Papa Sisto III approva, poco dopo la sua ordinazione avvenuta il 31 luglio storius wider Nestörius - im Lichte der syrischen Nestoriusapologie gennant
432, quanto il concilio aveva stabilito16. Liber Heraclidis, Ochsenbronn b. Günzburg 1930; id., Eph. Konzilsakten in
N on risultò facile la riappacificazione tra Cirillo e i suoi seguaci da un lato latein. Überlieferung, ibid. 1931; A. d’Alès, Le dogme d'Éphèse, Paris 1931;
e i vescovi orientali dall’altro. Finalmente il 23 aprile 433 fu raggiunta la pace A.N. Diamantopoulos, Conc. Eph. oecum, ///(greco), Athenae 1933; G.
tra Cirillo e Giovanni Antiocheno; la professione di fede di Giovanni accolta Neyron, S. CyrUle et le conc. d’E p h Iiyrilliana (Séni, francisc. orient.), Le
da Cirillo fu l’atto dottrinale dell’unione: la riportiamo,17 insieme con la let Caire 1947;J. Ortiz de Urbina, I l dogma di Efeso, Rev. d’ét. byz. 11(1953)
tera di Cirillo. Laetentur codi, nella quale loda ampiamente la professione di 233-240; H.M . Diepen, Douze dialogues de christologis andenne, Roma
fede di Giovanni, l’accoglie e aggiunge una spiegazione delle proprie formu 1960, 49-94; P.-TK. Camelot, Éphèse et Chalcédoine, Paris 1961; Th. Sagì-
le18. Questa lettera è citata nella definizione di Calcedonia. Bunic, Documentario doctr. Ephesino-Ckalcedonemis, Laurentianum
3(1962)499-514; id., "Deusperfectus et homo perfectus”, a condilo Epb. ad
CbaL·., Roma 1965; W. DeVries, Orient et Ocddent. Les structures ecclèsia-
les vues dans Vbistoire des sept premiers condies oecuméniques, Paris 1974,
6 ACO I I I , 33-42 (testo greco); ACO I V 236-244 (traduzione latina di Dionigi
il Piccolo). 61-100; A. Grilhneier, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa, I/Π Brescia
7 ACO I I 2, 36. 26. . . . 1982,817-883; Éphèse et Chalcédoine, actes des condies, ed. A.j. Festugière,
8 ACO I I 2, 54 (testo greco); ACO I III 82-83 (traduzione latina di Rustico). Paris 1982; Sto. Conc. Ec. 71-87, 115-117 [L. Perrone].
9 Queste proposizioni sono state accolte nelle collezioni canoniche greche come ì
canoni I-VI del concilio di- Efeso. Qui diamo il testo secondo i mss. degli atti:
ACO 1 1 3, 26-28 (greco); ACO I IV 242-243 (latino dalla collezione Cassinese).
10 Accolto nelle collezioni canoniche come il canone 7 dì Efeso. Qui diamo il te
sto secondo i mss. degli atri, tralasciando tuttavia sia il florilegio patristico, sia i
fatti che riguardano il presbitero Carisio : ACO 11 7, 89 e 105-106 in greco ; ACO,
I III 120-121 e 133 nella versione latina di Rustico. Su questo decreto v. M. Jugie,
Le décret du concile d1Éphèse sur les formales defoi et lapolémique anticatholique
en Orient, Echos d’Orient 34(1931)257-270.
11 ACO I I 7, 117-118 (testo greco): ACO I V 354-355 (traduzione latina dalla
collezione Winteriana).
12 ACO 1 1 7, 122 (testo greco); ACO I V 360 (traduzione latina dalla collezione
"Winteriana).
13 ACO I I 7, 142.
14 ACO I I 7, 71; cfr. 7, 76 s,.
15 Socrates, H. E. 7, 37, 19. 1
16 ACO I I 7, 144s..
17 II testo greco in ACO 114, 8-9 (A); 4 ,17(B); 7,159 (C); cfr. anche ACO 117,
7 0 ,15-22(D). Abbiamo aggiunto la traduzione latina di Rustico, ACO I III 186-
187. ■ '
18 ACO 1 14,17-20 (testo greco); ACO I III 189-191 (traduzione latina di Rusti
co). ' 19 ACO I I 3, 67.
38 39
Κυρίλλου έπιστολή δευτέρα C yrilli epistula altem ad Seconda lettera di Cirillo a Nestorio
πρός Νεστόριον N esto riu m
Seconda lettera di Cirillo a Nestorio
Τφ ευλαβεστάτω καί Θεόφιλεστάτφ <ReverentÌ8SÌmo et optimo dei
συλλειτουργέ Νεστορίω Κύριλλος èv cultori commioistm Nestorio Cirillo saluta nel Signore il piissimo e sommamente amato da Dio Nestorio,
Κυρίω χαίρειν Cyrillus iti domino salutem) suo compagno nel ministero.
Καταφλυαρουσι μέν, ώς μανθάνω, Competi quosdam, existimationi So che alcuni calunniano i sentimenti che io ho verso la tua riverenza, e ciò
5 τινές της έ'μής ύπολήψεως επί της σης meae detrahentes apud reverentiam frequentemente, soprattutto in occasione di riunioni di persone assai in vista.
θεοσεβείας, καί τούτο συχνώς, τάς tuam multa garrite et id crebro fre- Forse pensando addirittura di accarezzare le tue orecchie, essi spargono voci
τών εν τέλει συνόδους καιροφυλα- quenterque agere et maxime tunc infondate. Sono persone che non ho offeso in nessun modo, li ho invece ri
κοΰντες μάλιστα, καί τάχα που καί cum virorum inlustrium atque pru- presi con moderazione e clemenza: l'uno perché trattava ingiustamente ciechi
τέρπειν οίόμενοι τήν σήν.άκοήν καί .dentium praesto esse plurimos vi e bisognosi, l'altro, perché aveva impugnato la spada contro la propria ma
le άβουλήτους πέμπουσι φωνάς, ήδικη- dent, et fortasse opinantes tuas dre, un altro ancora, perché aveva rubato con la sua serva l'oro altrui e aveva
μόνοι μέν ούδέν, έλεγχθέντες δό, καί. aures delectari, non adeo ex volun- sempre avuto una fama, quale nessuno augurerebbe neppure al suo peggior
τοΰτο χρηστώς, 6 μέν δτι τυφλούς tate tales adversus nqs voces emit- nemico. Del resto, non intendo interessarmi troppo di costoro, perché non
ήδίκει καί πόνητας, δ δέ ώς.μητρί tunt, homines nulla quidem in re a sembri che io estenda la misura della mia pochezza al di sopra del mio signo
ξίφος έπανατείνας, δ δέ θεραπαίνη me prorsus oflfensi nec laesi, sed re e maestro e dei padri: non è possibile evitare le stoltezze dei malvagi, in
is συγκεκλοφώς χρυσίον άλλότριον καί modeste a nobis .clementerque con- qualsiasi modo si viva. Ma costoro che hamio la bocca piena di maledizione e
τοιαύτην έσχηκώς άεΐ τήν ύπόληψιν, victi, unus quia caesis Vim egenti- di amarezza,1dovranno rendere conto al giudice di tutti. Io invece torno a ciò
ήν ούκ άν εΰξαιτό τις συμβήναί τισιν busque faciebat, alter quia· super che credo più importante e ti ammonisco anche ora, come fratello in Cristo,
καί των λίαν εχθρών: Πλήν ού πολύς matrem 'suam erexit gladiiim, aüus perché tu esponga la dottrina e il sentimento della fede al popolo con ogni
τών τοιούτων ό λόγος έμοί, ΐνα μήτε quia cum ancilla aurum rapuit aliè- cautela e prudenza, e perché tu rifletta che lo scandalizzare anche uno solo di
questi piccoli2 che credono in Cristo, suscita la insopportabile indignazione
20 ΰπέρ τον δεσπότην ’καί διδάσκαλον num et hac semper existimatione
[di Dio]. Se poi coloro che sono stati turbati fossero una moltitudine, non
μήτε μήν ύπέρ τούς πατέρας τό την vixit, quam nullus inimicissimo suo dobbiamo, forse usare ogni arte V ■
ένούσης έμοί. βραχύτητος έκτείνριμι, optat evenire. Ceterum talium homi-
μέτρον ου γάρ ένδέχεται τάς των n\im nullam omnino habeo curam,
φαύλων διαδράναι σκαιότητας, ώς ne videar supra dominum aut magi
as άν έλοιτό τις διαβιοΰν* άλλ’ έκεΐνοι stm m vel supra patres nostros men-
μέν άρας καί πικρίας μεστόν &χοντες suram meae mediocritatis exten-
,τό στόμα τφ πάντων άπολογήσονται dere; neque enim .fieri potest ut ali-
κριτη1* τετράψομαι δέ πάλιν έγώ quis maledicorum virus et molesti-
πρός το 8 τι μάλιστα πρέπον έμαυτω am vitare possit, quamvis rectis-
so καί ύπομνήσω καί νϋν ώς άδελφόν έν sime vivat. Sed illi maledictionis et
Χριστφ της διδασκαλίας τύν λόγον amaritudinis os plenum habentes1
καί τύ έπΐ τη πίστει φρόνημα μετά rationem indici omnium reddituri
πάσης άσφαλείας ποιεϊσθαι πρός sunt; ego autem me converto ad id
τούς λαούς, έννοεϊν τε ότι το σκανδα- quod me maxime decet, et te nunc
35 λίσάι καί μόνον ενα των μικρών των quoque admonebo quasi fratrem in
πιστευόντων εϊς Χριστόν2 άφόρητον Domino ut doctrinam verbi et sen-.
Ιίχει τήν άγανάκτησιν. Bi δέ δή sum fidei caute et cum omni obser-
πληθύς είη τοσαύτη των λελυπη- vatione facias semper ad populos,
μόνων, πώς ούχ άπάσης εύτεχνίας έν sciens plane quod si quis ex his qui
ω χρεί$ καθεστήκαμεν πρός γε τό in Christum credunt, unum dumta-
δεΐν εμφρύνως περιελεΐν τά σκάνδαλα xat scandalizaverit2, indignationi
. καί τόν ύγια της πίστεως κατευρΰναι subiacebit ingenti. Sin vero non
λόγον τοΐς ζητουσι τό άληθές ; "Εσται unus sit, sed multitudo decepta, tunc
δέ τοΰτο καί μάλα όρθώς, εΐ τοΐς των omni arte nobis utendum est u t
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Concilium Epìmlnnm — 431 Seconda lettera di Cirillo a Nestorìo
άγίων πατέρων περιτυγχώνοντες circumcidamus scandala et illis qui per evitare con prudenza gli scandali e presentare rettamente una sana esposi
λόγοις περί πολλοΰ τε αύτούς ποιεί- quaerunt veritatem, sanam rectam- zione della fede a chi cerca la verità? Ciò avverrà nel modo migliore se, leg
σθαι σπουδάζοιμεν καί δοκιμάζοντες que fidei dirìgere rationem. Id au- gendo le opere dei santi padri, cercheremo di apprezzarle molto e se, esami
έαυτούς εΐ έσμέν έν τη πίστει κατά tem facile fiet, si patrum recensentes nando noi stessi quanto alla-vera fede, secondo quanto dice la Scrittura,3ren
G τό γεγραμμένον1, ταΐς έκείνων όρθαΐς scripta sanctorum, eos plurimi faci- deremo perfettamente conforme il nostro modo di vedere al loro pensiero
καί άνεπιλήπτοις δόξαις τάς έν ήμΐν amus et nosmet ipsos consulentes si retto e irreprensibile.
έννοιας εδ μάλα συμπλάττοιμεν. in fide consistimus, secundum quod Dice dunque il santo e grande concilio [di Nicea],2 che lo stesso Figlio
scriptum est1, tum demum rectis illorum atque inreprehensibilibus unigenito, generato secondo natura da Dio padre, Dio vero nato dal Dio ve
institutis sensus nostros animosque formemus, ro, luce dalla luce, per mezzo del quale il Padre ha fatto tutte le cose, è disce
so, si è fatto came, si è fatto uomo, ha sofferto, è risuscitato il terzo giorno, è
ίο ’Έφη τοίνυν ή άγία καί μεγάλη Ait igitur sancta et magna syn-
salito al cielo. Dobbiamo attenérci anche noi a queste parole e a questi inse
σύνοδος0 αύτόν τόν έκ θεού πατρός odus2 ipsum qui est ex D eo Patre gnamenti, riflettendo bene cosa significhi che il Verbo di Dio si è incarnato e
κατά φύσιν γεννηθέντα υίόν μονο- naturaliter natus, Filium unigeni- fatto uomo. Non diciamo, infatti, che la natura dal Verbo si sia incarnata
γενή, τόν έκ Θεού άληθινόυ Θεόν tum, Deum verum de Deo. vero, mutandosi, né che fu trasformata in un uòmo completo, composto di anima
άληθινόν, τό φώςτό έκ του φωτός, τόν lumen de lumine, per quem et cum e corpo. Diciamo, piuttosto, che il Verbo, unendo a se stesso ipostaticamen-
iö Öd οδ τά πάντα πεποίηκεν δ πατήρ, quo omnia fecerit Pater, hunc de- tè una carne animata da un’anima razionale, si fece uomo in modo ineffabile
κατελθεΐν σαρκωθήναι ένανΘρωπήσαι scendesse, incarnatum esse et homi- e incomprensibile e si è chiamato figlio dell’uomo, non assumendo solo la
παθεΐν. άναστηναι τη τρίτη ήμέρφ καί nem factum, passum esse, surrexìsse volontà e neppure la sola persona. Sono diverse, cioè, le nature che si unisco-
άνελθεϊν είς ουρανούς. Τούτοις καί ήμάς tertia die e t . ascendisse tursus in no, ina uno solo è il Cristo e Figlio che risulta da esse; la differenza delle na
έπεσθαι δεϊ καί τοΐς λόγοις καί τοΐς caelos. Haec nos sequi verba debe- ture non è cancellata dall’unione; ma piuttosto la divinità e l’umanità forma
20 δόγμασιν, έννοοΰντας τΕ το σαρκω- mus ; his nos convenit obtemperare no per noi un solo Signore e Cristo e Figlio, con ìl loro incontro arcano ed
Οήναι καί ένανΘρωπήσαι δηλοΐ τόν dogmatibus, considerantes quid sit ineffabile nell’unità. Così si può affermare che, pur sussistendo prima dei se
έκ Θεοϋ λόγον. Ού γάρ φαμέν δτι ή incarnatum esse et hominem factum coli. V
του λόγου φύσις μεταποιηθεΐσα γέ- Dei Verbum. N on enim dicimus
γόνε σάρξ, άλλ’ ούδέ δτι είς δλον quod Dei natura conversa vel im-
85 άνθρωπον μετεβλήθη τδν έξ ψυχής καί mutata facta sit caro nec quod in
σώματος, έκεΐνο δε μάλλον οτι σάρκα totum hominem, qui est ex anima
έψυχωμένην ψυχή λογική ένώσας ό et corpore, transformata sit, sed
λόγος έαυτφ καθ’ ύπόστασιν άφρά- illud magis quod carnem animatam
στως τε καί άπερινοήτως γέγονεν anima rationabili sibi copulaverit 'f
so άνθρωπος καί κεχρημάτικεν υιός Verbum substantialiter, ineffabiliter
άνθρώπου, ού κατά θέλησιν μόνην ή et inreprehensibiliter factus sit homo f
εύδοκΕαν, άλλ’ ούδέ ώς έν προσλήψει et nuncupatus sit etiam filius ho-
προσώπού μόνου* καί δτι διάφοροι minis, non nuda tantummodo νο
μόν al προς ένότητα τήν άληθινήν luntate, sed nec adsumptione sola
ss συνενεχθεισαι φύσεις, εΐς δέ έξ personae, sed quod diversae quì-
άμφοΐν Χριστός καί υιός, οΰχ ώς dem naturae in unum convenerint,
τής των φύσεων διαφοράς άνηρημέ- unus tamen ex ambabus Christus
νης διά τήν ενωσιν, άποτελεσασών δέ et Filius, non evacuata aut sublata
μάλλον ήμΐν τόν ένα κύριον καί diversitate naturarum per coniunc-
40 Χριστόν καί υιόν θεότητός τε καί tionem, sed quia simul nobis effece-
άνθρωπότητος διά τής άφράστου καί runt unum Dominum et Christum
άπορρήτου πρός ένότητα συνδρομής, et Filium, id est divinitas et humanì-
06τω τε λέγεται, καίτοι πρό αΙώνων tas, per arcanam illam ineffabilem-
Μχων τήν ΰπαρξιν καί, γεννηθείς έκ que copulationem ad unitatem. Ita-
45 πατρός, γεννηθήναι "jSt'aì κατά σάρκα que is qui ante saecula omnia est
41 41
Seconda lettera di Cirillo a Nestorio
έκ γυναικός, ούχ ώς της θείας αύτοΰ natus ex Patre, etiam ex muliere e essendo stato generato dal Padre, egli è stato generato anche secondo la car
φύσεως άρχήν τοΰ εΐναι λαβούσης εν cgmaUter dicitur procreatus, non ne da una donna; ma ciò non significa che la sua divina natura abbia avuto
τη άγίφ παρθένιρ οίίτε μήν δεηθείσης quia divina ipsius natura de sacra inizio nella santa Vergine, né che abbia avuto bisogno di una seconda nascita
άναγκαίως δι’ έαυτήν δευτέρας γεννή- Virgine sumpsit exordium nec quod dopo quella dal Padre (sarebbe infatti senza motivo, oltre che sciocco, dire
& σέως μετά τήν έκ πατρός, (&m γάρ propter se ipsam opus habuit secun che colui che esisteva prima di tutti i secoli, e che è coeterno al Padre, abbia
είκαΐόν τε δ μου καί άμαθές τον ύπάρ- do nasci post illam nativitatem quam bisogno di una seconda generazione per esistere): ma poiché per noi e per la
χοντα πρό παντός αίώνος καί συναίδιον habebat ex Patre, (est enim ineptum nostra salvezza ha assunto l’umana natura in unità di persona e ό nato da una
τφ πατρί δεΐσθαι λέγειν άρχής της είς et stultum hoc dicere quod is qui donna, così si dice che è nato secondo la carne. Infatti non è stato generato
τό είναι δευτέρας), έπειδή δέ δι’ ημάς ante omnia saecula est consempi- prima dalla santa Vergine un uomo qualsiasi sul quale poi sarebbe disceso il
ίο καί διά τήν ήμετέράν σωτηρίαν ternus Patri, secundae generationis Verbo: ma il Verbo si è unito con la carne fin dal seno creila madre, è nato se
condo la carne, accettando la nascita della propria carne. Così diciamo che
ενώσας έαυτφ καθ' ύπόστασιν το eguérit, u t esse inciperet); sed quia
egli ha sofferto ed è risuscitato, non che il Verbo di D’io ha sofferto nella pro
ανθρώπινον προήλθεν έκ γυναικός, propter rios et propter nostram sa pria natura le percosse, i fori dei chiodi e le altre ferite (Dio infatti non può
ταύτη τοι λέγεται γεννηθηναι σαρκι- lutem naturam sibi copulavit huma soffrire perche senza corpo); ma poiché queste cose le ha sopportate il corpo
κώς. Ού γάρ πρώτον άνθρωπος nam et processit ex muliere, idcirco che era divenuto suo, si dice che egli abbia sofferto per noi: colui, infatti, che
is έγεννήθη κοινός εκ της άγιας παρθέ dicitur natus .esse carnaliter, Neque non poteva soffrire, era nel corpo che soffriva. Allo stesso modo spieghiamo
νου, εΐθ’ οΰτως ,καταπεφοίτηκεν έπ’· enim primum natus est homo com la sua morte. Certo il Verbo di Dio, secondo natura, è immortale, incorrutti
αύτόν ο λόγος, άλλ’ έξ αύτης μήτρας munis de isancta Virgine et tunc bile, vivo e vivificante.· Ma poiché il corpo da lui assunto, per grazia di Dio,
ενωθείς ύπομεΐναι λέγεται γέννησιν demum, inhabitavit in eo Verbum, come dice Paolo, ha sofferto la morte per ciascuno di noi,1si dice che egli ha
σαρκικήν, ·ώς ,της ίδιας, σαρκός τήν sed in ipsa vulva uteroque virginali patito la morte per noi. Egli non ha provato la morte per quanto riguarda la
20 γέννησιν οΐκειούμενος. Οΰτω φαμέν se cum carnè coniunxit et sustinuit sua natura (sarebbe stoltezza dire o pensare ciò), ma, come ho detto poco fa,
αύτόν καί παθειν καί-άναστηναι, ούχ generationem carnalem, carnis suae la sua- carne V
ώς τοΰ θεοΰ λόγου παθόντος είς nativitatem suam faciens. Sic illum
ίδίαν φύσιν ή πληγάς ή διατρήσεις dicimus et passum esse et resurrexis
ήλων ή γοΰν τά δτερα των τραυμάτων, se, non quia Deus Verbum in sua
so (άπαθές γάρ τό θειον, ότι καί άσώμα* natura passus sit aut plagas aut cla
τον), επειδή δέ τό γεγονός αύτοΰ vorum transfixiones aut alia vulnera,
ΐδιον σώμα πέπονθεν ταΰτα, πάλιν (Deus namque incorporalis extra
αύτός λέγεται παθειν ύπέρ ήμών ήν passionem est), sed quia corpus illud
γάρ δ απαθής έν τφ πάσχοντι σώματι. quod ipsius proprium factum est,
so Κατά τόν ϊσον δέ τρόπον καί επί του passum est, ideo haec omnia pro
τεθνάναι νοοΰμεν* αθάνατος μέν γάρ iiobis ipse dicitur passus; inerat
κατά φύσιν καί άφθαρτος καί ζωή enim in eo corpore quod patiebatur,
καί ζωοποιός εστιν δ τοΰ θεοΰ Deus qui pati non poterat. Simili
λόγος,, έπειδή δέ πάλιν τό ίδιον modo et mortem ipsius intellegimus.
as αύτοΰ σώμα χάριτι θεοΰ, καθώ φησιν Immortale enim et incorruptibile
ά Παύλος, ύπέρ παντός έγεύσατο est naturaliter et vita et vivificans
θανάτου1, λέγεται παθειν αύτός τόν Dei Verbum, sed quia corpus ipsius
ύπέρ ήμών θάνατον, ούχ ώς είς proprium gratia Dei iuxta Pauli vo
πείραν έλθών τοΰ θανάτου τό γε cem pro omnibus mortem gustavit1,
40 ήκον είς τήν αύτοΰ φύσιν, (άποπληξία idcirco ipse dicitur mortem passus
γάρ τούτο λέγειν ή φρονεΐν), άλλ’ esse pro nobis, non quod ipse mor
δτι, καθάπερ δφην άρτίως, ή σάρξ tem esset expertus quantum ad
αύτοΰ έγεύσατο θανάτου. Οΰτω καί ipsius naturam pertinet, (insania est
έγηγερμένης αύτοΰ της σαρκός, πά- enim hoc vel sentire vel dicere), sed
45 λιν ή άνάστασις α&ηΰΰ,^ λέγεται, ούχ quod, u t supra diximus, vera caro
_____ '* *οx
»CEHebflTi. \
* AJTiOìJillii *
42
Cernita»,t Ephesìmm — 431 Seconda lettera di Cirillo a Nestorio
ώς πεσόντος είς φθοράν, μή γένοιτο, ipsius m ortem gustavit. Ita et resur ha gustato la morte. Così pure, poiché la sua carne è risorta, parliamo di re
άλλ’ δτι το αύτοΰ πάλιν έγήγερται gente caritè, ipsius rursus resur surrezione del Verbo; non perché il Verbo sia stato soggetto alla,corruzione -
σώμα. - ■ rectionem dicimus, non quia in cor non sia mai detto! - ma perché è risuscitato il suo corpo.
ruptionem ceciderat, absit, sèd quia Allo stesso modo confesseremo un solo Cristo e un solo Signore, non
resurrexit corpus. adorando l’uomo e il Verbo insieme, col pericolo dì introdurre una parvenza
08τω Χριστόν Ινα καί κύριον όμο- Ita Christum unum et dominum di divisione dicendo insieme, ma adorando un unico e medesimo [Cristo],
perché il suo corpo non è estraneo al Verbo, e con quel corpo siede vicino al
λογήσομεν, ούχ ώς άνθρωτίον συμ- confitemur, non tamquam hominem
Padre; e non sono certo due figli a sedere col Padre, ma uno, con la propria
προσκυνοΰντες τφ λόγψ, ϊνα μή το cum Verbo coadorantes, ne divi carne, nella sua unità. Se noi rigettiamo l’unità di persona, perché impossibi
μής φαντασία παρεισκρίνηται διά του sionis quaedam species inducatur, le o indegna, arriviamo a dire che vi sono due figli: è necessario distìnguere e
ίο λέγειν τό ‘συν’, άλλ’ ώς ένα καί τόν sed unum iam et eundem adorantes, dire che da una parte l’uomo è stato solo onorato col titolo dì Figlio, e che,
αύτόν προσκυνοΰντες, δτι μή άλλό- quia non est alienum a Verbo cor d’altra parte, il Verbo di Dio ha il nome e la realtà di figlio. N on dobbiamo
τριον του λόγου τό σώμα αύτου, pus suum, cum quo ipsi etiam ad- perciò dividere in due figli l’unico signore Gesù Cristo. Ciò non gioverebbe
μεθ’ οδ καί αότφ συνεδρεύει τφ sidet Patri. Nec hoc ita dicimus per nulla alla fede ancorché alcuni parlino di unione delle persone: poiché la
πατρί, ούχ ώς δύο πάλιν συνεδρευόν- quasi duobus filiis adsidentibus, sed Scrittura non dice che U Verbo di Dio ha unito a sé la persona di uh uomo,
ίο των υιών, άλλ* ώς ενός καθ’ ένωσιν uno cum carne per unitatem, quia ma che si è fatto, carne.1Dire che il Verbo si è fatto carne non significa altro
μετά της Εδίας σαρκός. Έ άν δέ τήν si talem copulationem factam, per che egli ha partecipato, come noi, alla carne e al sangue:2 ha fatto suo ìl no
καθ’ ύπό στάσιν ένωσιν ή ώς άνέφικτον substantiam aut quasi inpassibilem stro corpo, è stato generato come un uomo da una donna, senza rinunciare
ή ώς άκαλλή παραιτώμεθα, έμπί-· aut quasi parum decoram nolueri alla sua divinità né alla generazione dal Padre, ma rimanendo, anche nell’as
πτομεν είς το δύο λέγειν υιούς* άνάγκη mus accipere, in id incidimus u t sunzione della carne, quello che era.
20 γάρ πασα διορίσαι καί είπεΐν τον. duos filios esse dicamus. Necesse Questo afferma dovunque la fede ortodossa, questo troviamo presso i
μέν άνθρωπον ΐδικώς τη του υίου est enim discernere et dicere homi santi padri.
κλήσει τετιμημένον, ίδικώς δε πάλιν nem separatim fuisse sola filii appel
τον Ικ θεού λόγον υίότητος ονομά τε latione honoratum et rursus Ver
καί χρήμα έχοντα φυσικώς'. Ού διαιρε- bum quod est ex Deo et nomine et
25 τέον τοιγαρουν είς υίούς δύο τον ενα veritate Filius Dei; sed discernere
κύριον Ίησουν Χριστόν. Όνήσει δε in duos filios non debemus unum
κατ’ οόδένα τρόπον τόν ορθόν τής πί- dominum lesum Christum. Neque
στεως λόγον είς το ο6τως έχειν, κάν εί enim id adiuvat rectam fidei ratio
προσώπων ένωσιν έπιφημίζωσί τινες· nem, licet nonnulli copulationem
eo ού γάρ είρηκεν ή γραφή οτι ό λόγος nescio quam perhibeant persona-
άνθρώπου πρόσωπον ήνωσεν έαυτφ, rum. N on dixit enim scriptura Ver
άλλ* δτι γέγονε σάρξ1, τό δέ σάρκα bum Del personam sibi hominis
γενέσθαι τον λόγον ούδέν έτερόν έστιν adsumpsisse, sed carnem factum
εί μή δτι παραπλησίως ήμΐν μετέσχεν esse1, id autem est ostendere Del
35 αίματος καί σαρκός2, ίδιον τε σώμα Verbum similiter ac nos participa
τό ήμών έποιήσατο καί προήλθεν tum habuisse camis et sanguinis2 et
άνθρωπος έκ γυναικός, ούκ άποβεβλη- corpus nostrum proprie suum fe
κώς τό είναι θεός καί τό έκ θεού cisse et hominem ex muliere pro-
γεννηθήναι πατρός, αλλά ‘ καί έν ’ cessisse, non abìecta nec deposita
4» προσλήψει σαρκός μεμενηκώς δπερ deitate aut generatione illa quam
ήν. habebat ex Patre, sed mansisse etiam
in adsumptione carnis Deum, quod
erat.
Τρυτο πρεσβεύει πανταχοΰ τής Hoc ubique tectae fidei ratio pro
46 άκριβους πίστεως- ό λόγος* οΰτως testatur; ìn tali sensu sanctos patres
43 43
Concilium Bphesimm — 431 Seconda lettera dì Nestorio a Cirillo
εΰ ρήσο μεν τούς αγίους πεφρονηκότας fuisse competimus ; ideo Ì1U non Perciò essi non dubitarono di chiamare Madre dì Dio la santa Vergine, non
πατέρας· οΰτω τεθαρσήκασι Θεοτόκον dubitarunt sanctam Virginem dicere certo perché la natura del Verbo o la sua divinità avesse avuto origine dalla
εϊπεΐν τήν αγίαν παρθένον, ούχ ώς Theotocon, non quod Verbi natura santa Vergine, ma, perché nacque da lei il santo corpo dotato di anima razio
της του λόγου φύσεως ήτοι της deitasque in sancta Virgine sumpsit nale, a cui il Verbo è unito sostanzialmente, si dice che il Verbo è nato secon
B θεότητος αύτοΰ τήν άρχήν του είναι exordium, sed quod ex ea natum sit do la carne. Scrivo questo spinto dall’amore di Cristo, esortandoti come un
fratello e scongiurandoti al cospetto di Cristo e dei suoi angeli eletti di voler
λαβούσης εκ της άγίας παρθένου, sacrum illud corpus animatum ani-,
credere e insegnare con noi queste verità, perché sia salva la pace delle chiese
άλλ’ ώς γεννηθέντος έξ αύτής τοδ ma rationabili, cui substantialiter
e rimanga indissolubile il vincolo della concordia e dell’amore tra i sacerdoti
αγίου σώματος ψυχωθέντος λογικώς, adunatum Dei Verbum carnaliter di· Dio.
ώ καί καθ’ ύπό στάσιν ενωθείς δ λόγος natum esse dicitur. Haec igitur prae
ίο γεγεννήσθαι λέγεται κατά σάρκα, caritate in Christo scribo, quaereris Seconda lettera dì Nestorio a Cirillo
Ταυτα καί νυν έξ αγάπης της έν tamquam fratrem et contestane co-
Χριστφ γράφω, παρακαλων ώς άδελ- ram Christo et electis angelis ut haec Al religiosissimo e piissimo confratello .Cirillo, Nestorio augura salute nel
φόν καί διαμαρτυρόμενος ένώπιον nobiscum et sentias simul et doceas, Signore, N on prendo in considerazione le ingiurie contro di noi contenute
του Χρίστου καί των εκλεκτών u t ecclesiarum pax salva servetur et nella.tua sbalorditiva Ietterà: esse richiedono la pazienza di un medico e i fatti
16 άγγέλων ταυτα μεθ’ ήμών καί concordiae caritatis que vinculum stéssi, a tempo debito, daranno loro risposta. Ma ciò che non si deve tacere,
φρονεΐν καί διδάσκειν, ?να σφζηται indissolubile maneat sacerdotibus a rischio di un grande pericolo, cercherò di dirlo il più sinteticamente possi
των εκκλησιών ή ειρήνη καί της' Dei. bile per non provocarti la nausea con un discorso lungo, oscuro 'e indigesto.
όμονοίας καί άγάπης δ σύνδεσμος Comincerò dunque dalle tue sapientissime parole, ’ citandole alla lettera.
άρραγής διαμένοι τοις ίερεΰσι του Quale è dunque il mirabile tenore dottrinale della tua lettera?
3 d θεού.· .11 santo e grande concilio dice che lo stesso Piglio unigenito V
44 44
Concilia}» Epbesinam — 431 Seconda lettera di Nestorto, a Cirillo
Ικ θεού άληθινοΰ θεόν αληθινόν, τό ex deo vero deum verum, lumen de generato secondo la natura da Dio padre, Dio vero da Dio vero, luce da luce,
φως τό έκ φωτός, τόν δι’ οδ τά lumine, per quem omnia fecit pater, per mezzo, del quale il Padre ha fatto tutte le cose, è disceso [dal cielo], si è
πάντα πεποίηκεν ό πατήρ, κατελθεΐν descendisse, incarnari, humanari, incarnato, si è fatto uomo, ha sofferto, è risorto.
σαρκωθήναι ένανθρωπήσαι παθεΐν pati, resurgere. Queste sono le tue parole, e tu stesso forse le riconosci come tali; ascolta
5 άναστήναι. ; anche da noi una fraterna ammonizione sulla religione, pèr la quale il grande
Ταΰτα: τής σής θεοσεβείας τά Haec sunt tuae reverentiae verbà, Paolo scongiurava il suo amato Timoteo : Vigila su te stesso e sul tuo insegna
βήματα καί γνωρίζεις ίσως τά σά* et cognoscis forte tua; audi vero et mento e sii perseverante: così facendo salverai te stesso e coloro che ti'ascolta
άκουε δέ καί τά παρ’ ήμων, άδελφικήν a nobis fraternam pro pietate am- no. Che cosa significa questo vigilai1 Significa che tu avendo letto superfi
cialmente la tradizione dei santi [padri] sei caduto in una scusabile ignoranza,
ύπέρ εύσεβείας παραίνεσιν καί ήν ό monitionem et quam magnus ille
ritenendo che essi definissero capace di sofferenza il Verbo coeterno al Pa
i# μέ'γας έκεΐνος Παύλος τφ φίλου μένω Paulus amato a se Timotheo conte- dre. Esamina più diligentemente, se credi, quelle espressioni e troverai che
παρ’ ' αύτοΰ Τιμοθέφ διεμαρτύρατό* statuis est; attends lectioni consolationi quel divino coro dei padri noti ha affatto detto che la divinità consostanziale
„πρόσεχε τη άναγνώσει, τη παρα- doctrinae. Hoc enimfacimsyet te salvabis ai Padre è soggetta alla sofferenza, né che questa divinità coeterna al Padre è
κλήσει, τη διδαχή. ΤοΟτόγάρ'ποιων et eòs qui te audiunt1. Quid autem mihi nata in tempi recenti, né che colui, che ha risuscitato il suo tempio distrutto,
καί σεαυτόν σώσεις καί τούς άκούον- hoc attende vult? quia sanctorum è stato risuscitato. E se presti l’orecchio a un medico fraterno, io, ponendoti
is τάς σου“ 1. Τί δέ μόι τό πρόσεχε illorum ex superficie legens tradirio- davanti le stesse espressioni di quei santi padri, ti libererò dalla menzogna
βούλεται; ότι τήν των άγίων έκείνων nem venia dignam ignorasti ìgno- che proferisci contro di loro e attraverso dì loro contro le sacre Scritture.
έξ έπιπολής άναγινώσκων παράδοσιν rantiam, passibilem eos dixisse Io credo dunque nel signore nostro Gesù Cristo, figlio unigenito del Pa
. συγγνώμης άξίαν ήγνόησας άγνοιαν, arbitratus patri consempiternum dre. Considera in qual modo i padri pongono anzitutto come fondamento
παθητόν αότούς ,.είρηκέναι νομίσας yerbum. Inspice, si placet, dicta queste espressioni: Gesù, il Cristo, unigenito, figlio, nomi che sono comuni
2o τόν τ φ πατρί συναίδιον λόγον diligentius, et illum divinum rep- alla divinità e alla umanità, e solo dopo costruiscono il corpo della tradizione
ίγκυψον 3έ, εί δοκεϊ, τοϊς £ητοΐς peries patrum chorum, non con- relativa all’incarnazione, resurrezione e passione, in modo che, avendo anzi
άκριβέστερον καί τόν θειον εκείνον substantialem patri deitatem passibi- tutto proposto la nomenclatura comune a entrambe le nature, non si separi
τών πατέρων εύρήσεις χορόν ού τήν lem dicentes nec recentem natam ciò che appartiene alla natura di figlio V
δμοούσιον θεότητα παθητήν είρηκότα patri consubstantialem nec resut-
25 ούδέ πρόσφατον γεννητήν τήν τω gentem eam quae solutum templum
πατρί συναίδιον ούδέ άναστασαν τήν- suscitavit. E t si mihi aurem in
τον λελυμένον ναόν άναστήσασαν. fraternam medellam adhibueris, ip-
Κάν μοι τάς άκοάς είς άδελφιίιήν sas tibi sanctorum illorum patrum
ιατρέ ίαν παράσχης, αύτάς σοι τάς voces apponens a calumnia quae
so των άγίων πατέρων φωνάς παρα- contra illos est, liberabo et ab illa
θέμενος της κατ’ έκείνων άπαλλάξω quae contra divinas scripturas per
συκοφαντίας καί της κατά των illos est,-
θείων γραφών δι* έκείνων.
Πιστεύω τοίνυν φασί, καί είς τόν Credo igitur in dominum nostrum
sa κύριον ήμών Ίησοδν Χριστόν τόν Iesum Christum filium eius urngeni-
υίόν αύτου τόν μονογενή. Σκόπησαν tum. Considera quomodo dominus
όπως τό κύριος καί ’Ιησούς καί et lesus et Christus et unigenitus et
Χριστός καί μονογενής καί υίός filius primum ponentes, communia
πρότερον θέντες τά κοινά τής θεότη- deitatis et humanitatis, u t fonda
co τος . καί τής άνθρωπότητος ώς menta, nomina, tunc humanationis
θεμελίους ονόματα τότε τήν τής et resurrectionis et passionis su-
ένανθρωπήσεως καί τής άναστώσεως peraedificant traditionem, ut nomi
nai του πάθους έποΐκοδομοΰσι παρά- nibus naturae utriusque communi-
δοσιν, ίνα των όνομάτών τής φύσεως bus quibusdam significativis pro
as έκατέρας κοινών τινων σημαντικών positis neque quae filiationis et
11 Tm 4,13.16.
45
Concilium Epbesimm — 431 Seconda lettera di Nestorio a Cirillo
προκειμένων μήτε τά τηζ υίότητος dominationis sunt, secentur neque e. dì Signóre e non si corra il rischiosi far scomparire le proprietà delle nature
' καί κυριότητος τέμνηται μήτε τά ea quae naturarum sunt, in filiationis assorbendole nell’unica filiazione. È ciò che Paolo aveva loro insegnato : egli,
facendo memoria della divina incarnazione e volendo parlare anche della pas
των φύσεων èv τω τής υίότητος singularitate confusionis extermina
sione, pone anzitutto la parola Cristo, termine comune alle due nature, come
μοναδικφ συγχύσεως άφανισμφ Κίν tione periclitentur. In hoc enim eis ho detto poco prima, e continua con espressioni che convengono ad entram
α δυνεύη. Τούτου γάρ αύτοΐς παιδευτής eruditor Paulus factus est, ' qui be le nature. Che cosa dice infatti? Abbiate in voi gli stessi sentimenti che fu
ό Παύλος γεγένηται, δς τής έναν- humanationis divinae memoriam rono m Cristo Gestì, il quale pur essendo di natura divina, non considerò un
θρωπήσεως τής θείας τήν μνήμην faciens et fututus inferre quae pas tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma per non citare tutte le parole del
ποιούμενος καί μέλλων τά του πάθους sionis sunt, prius ponens Christus, tèsto si fece obbediente fino alla mòrte e alla morté di croce.1 Poiché infatti
έπάγειν, πρότερον θείς τό Χριστός, commune, sicut paulo ante dixi, voleva far memoria della morte, ma non voleva che alcuno ritenesse il Verbo
ίο το κοινόν, ώς μικρφ πρότερον Ιφην, naturarum nomen, infert sermonem di Dio soggetto alla sofferenza, usò la parola Cristo, come denominazione
των .φύσεων 8νομα, προσάγει τον utrasque condecentem naturas. Quid che significa nella stessa persona la sostanza impassibile e quella soggetta à
λόγον άμφοτέραις πρεπώδη ταΐς enim dixit? hoc. sapiatur in vobis quod sofferenza perché sì potesse, senza pericolo di confusione, dire che il Cristo
φύσεσιν. Τί γάρ φησιν;. „τούτο et in Christo lesu qui eum in forma dei è impassibile e passibile :"impassibile nella sua divinità, passibile nella natura
φρονείσθω έν ύμΐν δ' καί έν Χριστφ esset, non rapinam 'arbitratus est esse se del sub corpo.
is Ίησαΰ, δς έν μορφή θεού ύπάρχων aequalem deo, sed, ne per singula Potrei dire molte cose a questo proposito e anzitutto che quei santi padri
ούχ άρπαγμόν ήγήσατο το εΐναι dicam oboediens factus est usque ad non parlarono nell’econòmia dèlia salvezza dì nascita, ma di incarnazione;
ϊσα θεω W. άλλ*, ΐνα μή τά καθ’ έκα mortem, mortem autem erucis,1 Quo ma sento che la promessa di un discorso, breve, che ho fatto all’inizio, limita
στον λέγω,« ύπήκοος έγένετο μέχρι niam enim, memoriam' mortis factu 11 mio discorso e mi porta al secondo capitolo del tuo scritto. Ih esso loderò
θανάτου, θανάτου δέ Σταυροί),,1. rus erat, ut ne verbum deum hinc la separazione delle nature in ragione dell’umanità e della.divinità e la loro
2U Ε π ειδ ή γάρ έμελλεν του θανάτου aliquis aestimet passibilem, ponit congiunzione in una sola persona e anche il fatto che tu dica che il Verbo non
μεμνήσθαι, Ενα μή τον θεόν λόγον Christus tamquam inpassibilis et ha bisogno di una seconda nascita dalla donna e che la divinità è incapace, dì
έντεΰθάν τις παθητόν ύπολάβη, τίθησιν passibilis substantiae in singulari sofferenza. Tutto questo infatti è veramente ortodosso ■SI ■■■
τό Χριστός, ώς τής άπαθοΰς καί ' persona appellationem significati
παθητής ούσίας έν μοναδικοί vam, quatenus et inpassibilis Chri
ίδ Τφοσώπιρ προσηγορίαν σημαντικήν, stus et passibilis sine periculo
όπως καί άπαθής ό Χριστός καί vocetur, impassibilis quidem deita
παθητός άκινδύνως καλοΐτο, άπαθής te, passibilis autem corporis natura.
μέν θεότητι, παθητός δέ τή του
σώματος φύσει,
so Πολλά λέγειν περί τούτου δυνά- M ulta dicere de hoc valens et
μενος καί πρώτον γε τό μηδέ primum quidem neque nativitatis
γεννήσεως έπί-τής οικονομίας, άλλ* in dispensatione, sed humanationis
ένανθρωπήσεως τούς αγίους εκείνους sanctos illos memoriam fecisse pa
μνημονεΰσαι πατέρας, τήν τής βρα- tres, brevis sermonis in initiis
3 Β χυλογίας έν προοιμίοις ύπόσχεσιν pollicitationem sentio refrenate ser
χαλινουσαν τόν λόγον αισθάνομαι καί monem et ad secundum tuae
πρός τό δεύτερον τής σής άγάπης dilectionis movere capitulum, in
κινούσαν κεφάλαιον, έν φ τήν μέν quo naturarum quidem laudabam
. των φύσεων έπήναυν διαίρεσιν κατά divisionem secundum humanitatis
40 ^τόν τής άνθρωπότητος καί θεότητος et deitatis rationem et earum in
λόγον καί τήν τούτων εϊς ένός unius personae coniunctionem et
προσώπου συνάφειαν. Καί τά τον quod deus verbum secunda ex
θεόν λόγον δευτέρας έκ γυνοακός μή muliere non eguisse dicitur nativi
φάσκειν δεδεήσθαι γεννήσεως καί τό tate, et passionis incapabilem pro
4Β πάθους άδεκτον όμολογεΐν τήν fiteri deitatem. Orthodoxa enim.
1 F h 2 ,5 ,6 .
46 46
Concilium Bphdnum — 431 Seconda lettera di Nestorìo a Cirillo
θεότητα.’Ορθόδοξα γάρ ώς άληθώς sicut vere est, huiusmodi sunt et e contrario alle false opinioni di tutte le eresie sulle due nature del Signore. Se
τά τοιαΰτα καί ταΐς των αιρέσεων haeresium omnium ptàvis sensibus le altre cose introducono una saggezza nascosta, incomprensibile alle orec
πασών περί τάς δεσποτικάς. φύσεις circa dominicas naturas contraria, chie dei lettori, sta alla tua diligenza saperlo; a me è sembrato che esse con
εναντία κακοδοξίαις. Τά λοιπά δέ ei Reliqua autem, si quidem aliquam traddicano a quelle che precedono. Infatti all’inizio affermavi che il Verbo è
s μέν τινα σοφίαν κεκρυμμένην έπήγετο- sapientiam occultam inferebant le- incapace di sofferenza e non ha bisogno di una seconda nascita, mentre in se
ταΐς τών άναγ'ινωσκόντων άκοαΐς gentium auribus inconprehensìbi- guito, non so in che modo, arrivi a dire che era soggetto alla sofferenza e ge
άκατάληπτον, της σής Ιστιν άκριβείας lem, tuae èst diligentiae scire; mihi nerato in un tempo a noi vicino, come se le proprietà che convengono per
είδέναΐ’ έμοί γοΰν τά πρώτα κατα- vero illa prima pervertere vide- natura al Verbo di Dio fossero state distrutte dalla congiunzione con il tem
στρέφειν έδόκει. Tòv γάρ έν τοϊς bantur. In primis enim impassibilem pio [il corpo]; o come se risultasse dì poco conto agli occhi degli uomini che
questo tempio, inseparabile dalla natura divina e senza peccato sopportasse
io πρώτοις άπαθή κηρυχθέντα καί praedicatum et secundae nativitatis
la nascita eia morte per i peccatori; o addirittura non si dovesse credere alla
δευτέράς γεννήσεως άδεκτον πάλιν incapabilem iterum passibilem et in voce del Signore che gridava ai Giudei: Distruggete questo tempio e in tre
παθητόν καί νεόκτιστον ούκ οΐδ* recenti creatum nescio quomodo giorni lo farò risorgeref e non piuttosto: “Distruggetela mia divinità e in tre
όπως είσήγεν, ώς τών κατά φύσιν. intulit, quasi haec quae secundum giorni sarà ricostituita”.
τφ Οεφ λόγφ προσόντων τη τοΰ naturam dei verbo assunt,. templi Di nuovo vorrei dilungarmi su questo punto, ma mi trattiene il ricordo
is ναού συναφείς διεφθαρμένων ή μικροΰ copulatione corrupta sint aut parum della promessa iniziale; tuttavia devo parlare, anche se brevemente. Sempre
τίνος τοΐς άνθρώπαις νομιζόμένου aliquid hominibus putetur quod sine la sacra Scrittura, quando parla dell’economia della divina salvezza, attribui
του τόν αναμάρτηταν ναόν καί της peccato templum et a divina inse- sce la nascita e la passione non alla divinità, ma all’umanità di Cristo, in mo
θεΐας άχώριστον φύσεως την ύπέρ parabile natura pro peccatoribus do che per esprimersi correttamente, la santa Vergine è chiamata madre di
αμαρτωλών γέννησίν.τε καί τελευτήν nativitatem et mortem sustinuisset, Cristo e non madre dì Dio. Ascolta dunque quello che dice l’Evangelo : Ge
bo ύπομεΐναι ή πιστεύεσθαι της δεσποτί-. aut non credi debeat dominica vox nealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.2 È evidente che il
κής ούκ όφειλούσης φωνής πρός ad Judaeos clamans : solvile templum Verbo.di Dio non era figlio di Davide. Ascolta ancora, se lo credi, un’altra
’Ιουδαίους βοώσης* „λύσατε τόν ναόν . hoc, et in tribus diebus suscitabo illudi testimonianza: Giacobbe genero Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è
τούτον, καί έν τρισίν ήμέραις έγερώ non; solvite meam divinitatem et nato Gesù chiamato Cristo. 3 V
αύτόν, “ 1 ού’ λύσατέ μου τήν θεότητα in tribus diebus suscitabitur,
ss καί έν τρισίν ήμέραις έγερθήσεται.
Πάλιν πλατΰναι κάνταΰθα βου- Rursus dilatare hic volens, a pro-
λόμενος, τη της επαγγελίας άναστέλ- missionis memoria retrahor; dicen-
λομαί μνήμη* ρητέον δ’ ούν όμως dum tamen est utenti brevi sermone,
βραχυλογία χρησάμενον. Πανταχοΰ .Ubique divina scriptura, quando-
ao της θείας γραφής, ήνίκα &ν μνήμην cumque, memoriam facit dominicae
τής δεσποτικης οικονομίας ποιήται, dispensationis, nativitatem nobis et
γέννησις ήμΐν καί πάθος ού τής passionem non deitatis, sed humani-
θεότητος, άλλά τής άνθρωπότητος tatis Christi tradidit, ut vocetur
του Χριστού παραδίδοται, ώς κα- secundum integram appellationem I"
as λεΐσθαι κατά άκριβεστέραν προση- sancta virgo Christi genetrix, non
γορίαν τήν άγίαν παρθένον Χριστοτό- dei genetrix. E t audi haec evangelUs
κον, ού Θεοτόκον. Καί όίκουε ταΰτα clamantibus ; Liber, inquit, gemratìo-
τών ευαγγελίων βοώντων „Βίβλος, ms Itsu Còristi filii David, filii Abra-
φησίν, γενέσεως ’Ιησού Χρίστου ύίοΰ bam2, et certum est quia David filius
ίο Δαυίδ υΙου 'Αβραάμ .*'8 Δήλον δέ ότι deus verbum non erat. Accipe, si Ϊ,
τοΰ Δαυίδ υΙός ό Θεός λόγος ούκ ήν. placet, et aliud testimonium: lacob
Δέχου καί άλλην, εί δοκεΐ, μαρτυρίαν* autem genuit loseph virum Mariae, ex
„ ’Ιακώβ δέ εγέννησε τόν ’Ιωσήφ τον qua naius estlesus, qui dicitur Christus*.
άνδρα Μαρίας, έξ ής έγεννήθη
46 ’Ιησοΰς ό λεγόμενος Χριστός. “ 3
I',
1 Ιο 2,19. 8 Mt 1,1. 3 Mt 1,16.
47 47
Concilium Epbesintmi — 431 Seconda lettera di Nestorio a Cirillo
Σκόπει πάλιν Ιτέραν ή μας διαμαρτυ- Considera iterum alteram adtestaù- Fa’ attenzione ancora a un’altra voce che ci attesta: Ecco come avvenne la na
ρομένην φωνήν- „τού δέ ’Ιησού tem nobis vocem: Jesu vero Christi sata di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di. Giuseppe, sì
trovò incinta per opera dello Spirito santo.1Chi penserà che la divinità aell’U-
Χριστού. ή γέννησις οΰτώς ήν* generatio ita erat:, desponsata enim
nigenito sia una creatura dello Spirito santo? Che cosa significa: fera la ma
μνηστευθείσης γάρ της μητρός αύτοΰ. matre eiùs Maria Joseph$ inventa esi'in dre di Gesù}1E ancora: co» Marta, la madre dì Gesù3 e più avanti quel che è
g Μαρίας, τφ ' ’Ιωσήφ, εύρέθη èv utero habens de spiritu sancio1. Crea- generato in lei viene dallo Spinto santo}4 Che vuol dire: prendi il bambino e
γάστρί Αχούσα έκ πνεύματος άγιου. “ 1 turam vero spiritus quis utique sua madre e fuggi in Egitto r E ancora: riguardo alfiglio suo, nato dalla stirpe
Ιίτίσμα δέ πνεύματος τις άν τήν του unigeniti aestimabit deitatem? Quid dì Davide secondo la carne6e parlando della suà passione di nuovo: mandan
μονογενούς ύπολάβοι θεότητα; Τί Set oportet dicere et quod ait quia mater do Uproprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e in vista del pecca
λέγεIV καί το „ήν, ή μήτηρ του I esu erat ibi*, et rursus cum Maria to, egli ha condannato il peccato nella carne? Che cosa pensare quando di
to ’Ιησού εκεί“ 2; Καί πάλιν το ,,σύν matre Jesu*, et quod in ea natum est, ex nuovo sì dice: Cristo morì per i nostri peccati* e: dunque Cristo soffrì nella
Μαρία ■τη·. μητρί τού ’Ιησού“ 3 καί spiritu sancto est*, et accipe puerum et carne9 e ancora: questo è non la divinità ma il mio corpo, che è per voi?Q
τό „τό έν αύτη γεννηθέν εκ πνεύματός. matrem eius ei fuge in Aegyptum* et de E mille altre parole testimoniano al genere umano che non bisogna pensa
έστιν αγίου“ * καί τό „λάβε το filio eius qui factus est ei ex semine. re che la divinità del figlio è nata recentemente o che essa è capace di soffrire
παιδίον καί τήν μητέρα αύτοΟκαί David secundum carnem6, et de pas- nel corpo, ma questo si riferisce piuttosto alla carne unita alla natura divina.
iG φεύγε είς. Αίγυπτον“ 5 καί τό „περί sione rursus quia deus suum filium Per questo Cristo si autodefinisce signore di Davide e suo figlio quando dice:
τού' υιού αύτοΰ" του γενομένου έκ misit in similitudine carnis peccati et de “Che ne pensate del messia? D i chi è figlio?” Gli risposero: “D i Davide”. Ed
σπέρματος Δαυίδ κατά σάρκα“ 8 καί peccato condemnavit peccatum in carne1, egli a loro: *Come mai allora Davide, sotto ispirazione, lo chiama Signore, di
περί του πάθους αύθις δτι ,,ό θεός et iterum Christus mortuus ' est pro cendo: H a detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra?”13 Il fatto è
τόν έαυτοϊί υιόν πέμψας έν όμοιώματι 'peccatis nostris8, et Christo passo in che egli è figlio di Davide secondo la carne e suo Signore secondo la divinità.
È.cosa buona e conforme alla tradizione evangelica confessare che il corpo è
go σαρκός άμαρτίας καί περί άμαρτίας carne9, et hoc est non deitas, sed il tempio della divinità del Figlio, un tempio unito mediante una suprema e
κατέκρινε τήν αμαρτίαν έν τη σαρκί“ 7 corpus meum, quodpro vobisfrangitur19, divina congiunzione V
καί πάλιν „Χριστός άπέθανεν ύπερ
των αμαρτιών ήμών“ 0 καί „Χριστού
παθόντος σαρκί“ 9 καί „τοΰτό έστιν“ ,
SG ούχ ή θεότης μου, άλλά „τό σώμα
τό ύπέρ ύμών κλώμενον. “ 10
Καί et mille aliis vocibus protestantibus
άλλων μυρίων φωνών διαμαρτυρομέ- hominum generi non filii putare
νων των άνθρώπων τό γένος μή τήν deitatem recentem aut passionis cor
so του υιού νομίζειν θεότητα πρόσφατον poreae capabilem, sed coniunctam
ή πάθους σωματικού δεκτικήν, άλλά naturae deitatis carnem. Unde et
τήν συνημμένην τη φύσει της θεότητας dominum David Christus semet
σάρκα (8 θεν καί κύριον τού Δαυίδ ipsum et filium nominat. Quid enim,
εαυτόν ό Χριστός καί υιόν, ονομάζει· ait, vobis videtur de Christo? cuius est
as ,,τί γάρ φησιν, ύμΐν δοκει περί τού filius? Dicunt et: David. Respondit f.
Χριστού; τίνος υΙός έστι; Λέγουσιν Jesus et dixit eis : quomodo ergo David !·
αύτω· τού Δαυίδ. Άπεκρίθη ’Ιησούς in spiritu dominum eum vocat, dicens:
καί εΐπεν αύτοΐς* πώς οΰν Δαυίδ έν dixit dominus domino meo, sede a dextris
πνεύματι κύριον αύτόν καλεΐ, λόγων* meis ?11utpote filius existens omnino
40 είπεν ό κύριος τφ κυρίω μου* κάθου David secundum camem, secundum -
έκ δεξιών μου ; “ 11 ώς υιός ών deitatem autem dominus. Esse enim
πάντως τού Δαυίδ κατά σάρκα, κατά filii deitatis corpus templum et
δέ τήν θεότητα κύριος), είναι μέν templum secundum summam quan-
ούν της τού υίου θεότητος τό σώμα dam et divinam unitum coniunctio-
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Confittimi Bpìmmm — · 431 Seconda lettera di Nestono a Cirillo
ναόν καί ναόν κατ ακραν τινά και nem, quatenus p ro p m ducat quae al punto che la divina natura fa proprio ciò che appartiene a questo tempio.
θείαν ήνωμένον συνάφειαν, ώς οΐ- eius sunt, divina natura, confiteri Ma sotto il termine appropriazione, della carne attribuire [al Verbo] le pro
κειουσθαι τά τούτου τήν της θεότητος bonum est et dignum evangelica- prietà della carne, cioè dico la natività, la passione e la morte, significa o sba
φύσιν, όμολογεΐσθαι καλόν καί των rum traditionum; nomini vero pro- gliare proprio come i pagani o avere la mente colpita dalla follia di Apollina
8 ευαγγελικών παραδόσεων 5ίξιον' τό priificationis carnis atterere etiam re, di A no e di altre eresie, o da altri errori ancora più gravi.
δε δή τφ της οίκειότητος προστρίβειν carnis proprietates, nativitatem dico É inevitabile infatti che coloro che si lasciano attirare da questa parola ap
όνόματι καί τάς της συνημμένης et passionem et mortem, aut errantis propriazione, debbano poi accettare che il Verbo di Dio, in ragione di questa
σαρκός Ιδιότητας, γέννησιν λέγω καί est secundum paganos, fratef, intel appropriazione, è stato allattato, è cresciuto a poco a poco e al momento della
passione ha sofferto la paura e ha avuto bisognò dell’aiuto degli angeli. E non
πάθος καί, νέκρωσιν, ή πλανωμένης legentiae aut laesae mentis Apolli
parlerò della circoncisione, del sacrificio, del sudore, della fame, tutti fatti che
10 έστίν,. άδελφέ, καθ’ "Ελληνας δ ιανο ίας nari! et Arrii et quae sunt aliarum egli ha sofferto per causa nostra e che attribuiti alla carne unita a' lui sono
ή τά του φρενοβλαβούς Άπολιναρίου aegrotantium haereseon, magis vero adorabili, ma attribuiti alla divinità sono menzogne e giustamente ex procura
καί ’Αρέίου καί των άλλων νοσούσης et illis ; aliquid gravius. no l’accusa di calunniatori.
αιρέσεων, μάλλον δέ τι κάκείνων Questa è la tradizione dei santi padri, questo è l’insegriamento delle sacre
βαρύτερον. Scritture; così si parla a livello teologico e dell’amore di Dio verso gli uomini
15 ’Ανάγκη γάρ τ φ της Necesse est e della sua autorità; Pàolo dice a tutti: Abbi premura di queste cose, dedicati
οικειότητας τούς- τοιούτους παρα- enim proprietatis huiusmodi subin ad esse interamente perché tutti vedano Ü tuo progresso.1Quanto a coloro che
συρομένους όνόματι καί γαλακτο de tractos nomine et lactis nutri sono stati scandalizzati farai bene a prenderne cura e io sarò grato alla tua
τροφίας κοινιρνόν διά τήν οικειότητα menti socium propter proprietatem anima che si preoccupa delle cose di Dio ed è sollecita anche di quelle che ac
τόν θεόν λόγον ποιείν καί της κατά deum' verbum 1 facere et ■paulatim cadono a noi, Sappi inoltre che tu sei stato ingannato da coloro cne sono stati
20 μικρόν αύξήσεως μέτοχον καί της εν incrementi participem et in tempore deposti dal santo sinodo come manichei, V
τφ το0 πάθους καιρφ δειλίας καί passionis pavoris etiam et auxilio
βρηθείας άγγελικής ένδεα. Καί σιωπώ angelorum eguisse. E t taceo circum
περιτομήν καί θυσίαν καί ίδρωτας cisionem et sacrificium et sudores
καί πείναν, ά τή σαρκί μέν ώς Si’ et esuritionem, quae carni quidem
88 ήμας συμβάντα προσκυνητά προσα- coaptata adoranda sunt quippe quae
πτόμενα, έπί δέ τής θεότητος ταϋτα propter nos evenerunt, in deitate
καί ψευδή λαμβανόμενα καί ήμΐν ώς vero haec et mendacia sunt, cum
συκοφάνταις δικαίας κατακρίσεως suscipiuntur, et nobis u t calumnia
αϊτια. toribus condemnationis iustae causa.
80 Αδται των άγιων πατέρων αί Haec sunt sanctorum patrum
παραδόσεις* ταυ τα των θείων γραφών traditiones, haec divinarum scrip
τά παραγγέλματα* οίίτω τις καί τά turarum praecepta; sic aliquis et
τής φιλανθρωπίας της θείας καί τά quae sunt misericordiae divinae et
της αόθεντίας θεολογεί* ,,ταυτα μελέ- quae sunt auctoritatis, deifice loqui
88 τα* έν τούτοις ϊσθι, ϊνα σου ή προκοπή tu r; haec meditare* in bis esto, ut tuus
φανερά ή πάσιν“ 1, ό Παύλος πρός profectus manifestus sit omnibus1, Pau
πάντας φησίν. Τής δέ γε των lus ad omnes dicit. Quod veto pro
σκανδαλιζομένων φροντίδος καλώς scandalizatis curam geris, bene
μέν ποιείς άντεχόμένος καί χάρις τη quidem facis esse sollicitus et gratia
« των θείων μεριμνητική σου ψυχή καί sit divinorum curam gerenti animae
τών παρ’ ήμΐν φροντιζούση* γίνωσκε tuae et pro his quoque qui apud no.s
δέ πεπλανημένον σάυτόν όπό τών sunt, sollicitae; cognosce autem
ενταύθα παρά τής άγίας συνόδου καθη- deceptum esse temet ipsum ab eis
ρημένων, ώς τά Μανιχαίων φρονούν- qui hic a sancta synodo depositi
88 των, ή τών τής σής ίσως διαθέσεως sunt utpote quae sunt Manichae-
1 1 Tra 4,15.
49 49
Concilium Bphesìnum — 431 Terza lettera di Cirillo a Nestorio
κληρικών. Τά γά'ρ της έκκλησίας orum, sapientes, aut forsan a clericis oforse da chierici che appartengono alla tua comunione. Le cose della chiesa
qui sunt tuae caritatis. Quae sunt si accrescono di giorno in giorno e per la grazia di' Cristo i popoli aumentano
καθ’ έκάστην προκύπτει ’καί τά των
enim ecclesiae, cottidie proficiunt et in tale misura che coloro i quali vedono tale moltitudine gridano con il profer
λαών έν έπιδόσει διά τήν του Χρίστου
ta: la saggezza del Signore riempirà Upaese come le acque ricoprono il mare.1
χάριν τοσαύτη, ώς τά του προφήτου quae populorum, in augmento per
Quanto à coloro che governano, essi sono pieni di gioia vedendo lo splendo
fi τούς .βλέποντας τά πλήθη βοαν gratiam Christi sunt tanto, u t viden re del dogma. E per riassumere tutto, scriverò che si adempie ogni giorno
,,πλησθήσεται ή γή του γνώναι τον tes multitudines ea quae sunt presso di noi, a proposito di tutte le eresie che si oppongono a Dio e ai retti
κύριον ώς ύδωρ πολύ κατακαλύψαι prophetae, clament: implebitur terra dogmi della chiesa, la frase della Scrittura: Davide con Vandare del tempo si
θαλάσσας“ .1 Τά τε των βασιλέων έν ad cognoscendum dominum quasi aqua faceva più forte, mentre la casa di Saul andava indebolendosi.2
ύπερβαλλούση' χαρφ πεφωτισμένου multa coperire. maria1. E a vero quae Questi sono i consigli di un fratello al fratello. Se poi qualcuno ha il gusto
ίο του δόγματος, καί ϊνα συνελών έπι- attinent ad imperantes, in super della contestazione, grida Paolo per bocca nostra, noi non abbiamo questa
στείλω, εκείνην έπί ταΐς θεομάχοις eminenti laetitia sunt illuminato consuetudine e neanche le chiese di Dio? Io e quelli che sono con me salutia
άπάσαις αίρέσεσιν καί τη τής έκ dogmate, et u t colligens scribam, mo te e ì tuoi fratelli in Cristo. Conservati e prega per noi, onorabilissimo e
κλησίας δρθοδοξί<$ καθ’ έκάστην εΰροιillam in om nibus. haeresibus quae piissimo signóre.
τις 8ίν παρ’ -ήμΐν τήν φωνήν πλη- contra deum reluctantur, et ecclesiae
ìa ρουμένην* ,,ο οΐκος Σαούλ έπορεύετο rectis- dogmatibus eottidie quis Terza lettera di Cirillo a Nestorio4
καί ήσθένει καί * δ οίκος Δαυίδ repperiet apud nos vocem impleri:
έπορεύετο καί έκραταιοΟτο. “ 2 domus Saul ibat et infirmabatur, et Crediamo .in un solo Dio ...5
: domus 'David ibat et firmabatura. Seguendo in tutto le confessioni che i santi padri hanno formulato sotto
Ταυτα τά παρ’ ήμών ώς άδελφών Haec a nobis utpoté fratribus ad l’ispirazione dello Spirito santo, nel solco, dei loro pensieri e battendo la via
ίο πρός άδελφον συμβουλεύματα* ,,εί δέ fratrem suasiones sunt; si vero aliquis regia, noi diciamo che il Verbo unigenito di Dio, nato dalla stessa sostanza
τις φιλονεικεΓ*, κεκράξεται καί δι’ contendit, praeconabitur et per nos dei Padre, Dio vero da Dio vero, luce da luce, V
ήμών πρός τον τοιουτον δ Παύλος ad huiusmodi Paulus : nos talem
,,ήμεΐς τοιαύτην συνήθειαν οόκ εχομεν consuetudinem non habemus nec ecclesiae
ούδε αί έκκλησίαι του θεοΰ.“ 3 Πάσαν dei3. Omnem quae tecum est in
ss τήν σύν σοί έν Χριστώ άδελφότητα Christo fraternitatem et ego et qui
εγώ τε καί οί σύν έμοί πλεΐστα mecum sunt, plurimum salutamus.
προσαγορεύομεν. Έρρωμένος ύπε- Incolumis orans pro nobis per
ρευχόμενος ήμών διατελοίης, δέσποτα maneas, domine honoratissime et
τιμιώτατε καί θεοσεβέστατε. deocolentissime.
50 50
Concilium Ephesium — 431 Terza lettera di Cirillo a Nestorio
St* οδ τά πάντα έγένετο τά τε έν τφ quem omnia facta stmt sive in cadis mediante il quale sono state fatte tutte le cose in cielo e in terra, è lo stesso
ούρανφ καί τά έν τη γη, τής ήμετέρας slve in -tetra, salutis nostrae causa che è disceso perla nostra salvezza, si è umiliato sino all’annientamento, si è
incarnato e si è fatto uomo, ossia,prendendo la carne dalla santa Vergine e fa
ένεκα σωτηρίας κατελθών καί καθείς descendens ad exinanitionem sese
cendola propria, è. nato come noi dal seno materno, è diventato uomo dalla
έαυτόν εΐς κένωσιν έσαρκώθη τε καί dignatus est inclinare, incarnatus donna, senza rinunziare a quello che era; ma, pur assumendo la carne e il san
s ένηνθρώπηαε, τουτεστι σάρκα λαβών autem et homo factus, id est carnem gue, rimase anche così ciò che era: Dio, per natura è secondo verità. Noi non
έκ της άγιας παρθένου καί Ιδίαν αύτήν de Virgine sancta suscipiens eamque. diciamo che la carne sia passata nella natura della divinità, né che la ineffabile
ποιησάμενος, έπ μήτρας τήν· καθ’ propriam faciens, nativitatem nos- natura del Dio Verbo si sia trasformata nella natura della carne. Infatti egli è
ήμας ύπέμεινε γέννησή καί προήλθεν tram ex vulva sustinuit, homo de assolutamente immutabile, sempre identico à sé stesso secondo le Scritture.1
άνθρωπος εκ γυναικός, ούχ δπερ ήν muliere procedens, nec quod erat, Quando apparve fanciullo, in fasce e anzi quando era ancora ilei seno della
to άποβεβληκώς, άλλ’ et καί γέγονεν έν abiciens, nam licet factus sit in ad- Vergine madre, riempiva tutta la creazione, essendo Dio uguale al Padre che
προολήψει σαρκός καί αίματος, καί sumptione carnis et sanguinis, ta- l’aveva generato; la divinità non ha quantità, né grandezza, e non conosce li
ο&τω μεμενηκώς δπερ ήν, θεός men etiam sic quod erat, Deus na- miti. N oi confessiamo che il Verbo ai Dio si è unito personalmente alla car
δηλονότι φύσει τε καί άληθείφ. Ούτε tura scilicet et veritate persistens, ne, adoriamo un solo Figlio e signore Gesù Cristo, non separando né divi
δέ τήν σάρκα φαμέν είς θεότητος Nec carnem itaque dicimus in na dendo uomo· e Dio, come se fossero uniti l’uno all’altro dalla dignità e dal
ie τραπήναι φύσιν, οΰτε μήν είς φύσιν tutam deitatis esse conversam nec l’autorità (ciò non sarebbe che suono vuoto), e neppure chiamiamo separata
σαρκός τήν άπόρρητον τού θεού in substantiam carnis ineffabilem mente un Cristo Verbo di Dìo e separatamente l’altro Cristo nato dalla .don
λόγου παρενεχθήναι φύσιν* άτρεπτος Dei Verbi essentiam conmutatam, na; ma ammettiamo un solo Cristo, il Verbo di Dio padre con la sua propria
γάρ έστι καί Αναλλοίωτος παντελώς 6 inconvertibilis etenim est et incon- carne. Allora egli, come noi, è stato unto, anche se è lui stesso a dare senza V
αύτός a d μένων κατά τάς γραφάς1, mutabilis idemque ipse iuxta scrip-
ao δρώμενος Sk καί βρέφος καί Iv σπαρ- turas1 'iugiter permanens. Visus est
γάνοις &>v έτι καί έν κόλπφ τής' autem et parvulus, sed positus ad-
τεκούσης παρθένου πάσαν έπλήρου huc in cunabulis et in sinibus gene-
τήν κτίσιν ώς θεός καί σύνεδρος ήν τφ tricis Virginis constitutus universam
γεγεννηκότί.’ τό γάρ θειον άποσον creaturam replebat, ut Deus geni
te τέ έστι καί άμέγεθες καί περιορίσ- tori suo indivisus existens; quod
μών ούκ Ανέχεται. Ήνώσθαί γε μήν divinum est enìm, sine quantitate
σαρκί καθ* όπόστασιν ομολογούν- et sine mole cognoscitur nec ullis
τες τόν λόγον, ένα προσκυνουμεν terminis continetur. Unitum ergo
υιόν καί κύριον Ίησουν Χριστόν, οΰτε carni Verbum Dei secundum sub-
ao άνά μέρος τιθέντες καί διορίζοντες sistentiam coniìtentes, unum ado-
άνθρωπον καί θεόν ώς συνημμένους ramus Filium et dominum lesum
άλλήλοις τη τής αξίας καί αυθεντίας Christum, non seorsum ponentes
■ένότητι, (κενοφωνία γάρ τοΰτο καί et determinantes hominem et Deum
έτερον ούδέν), οΰτε μήν Χριστόν velut invicem "sibi dignitatis et auc-
ss ίδικώς ονομάζοντες τόν έκ θεοΟ totitatìs unitate coniunctos (hoc
λόγον καί όμοίως ίδικώς Χριστόν enim novitas vocis est et aliud nihil)
έτερον τόν έκ γυναικός, άλλ’ ένα nec item Christum specialiter nomi-
μόνον είδότες Χριστόν τόν έκ ΘεοΟ nantes Deum Verbum quod ex Deo
πατρός λόγον μετά τής Ιδίας σαρ- est, nec alterum similiter Christum
4o κός* τότε γάρ άνθρωπίνως κέχρι- specialiter qui de muliere natus est,
' σται μεθ’ ήμών, καίτοι τοΐς άξίοις sed unum solummodo Christum Dei
τοϊ» λαβεϊν τό πνεύμα διδούς αύτός Patris Verbum cum propria carne
καί ούκ έκ μέτρου®, καθά φησιν ό cognoscimus. Tunc enim etiam iux-
μακάριος εύαγγελιστής ’Ιωάννης, ta nos unctus est, quamvis Spiritum
4e Ά λλ’ ούδ’ εκείνο φαμέν δτι κατφκη- dignis ipse contulerit et non ad
1a MI 3, 6. a Cf. Io 3,34.
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Comilium Ephesiam — 431 Terza lettera di Cirillo, a Nestorìo
σεν δ Ικ θεού λόγος ώς έν άνθρώπφ mensulam, sicut beatus evangelista misura, come dice il beato Giovanni evangelista, 1 lo Spirilo a coloro che sono
κοινφ τεο έκ της αγίας παρθένου Ioaiines 1 adsemit1. Sed nec. illud degni. Ma non affermiamo neppure che il Verbo di Dio ha abitato in colui
γεγεννημίνφ, Uva μή θεοφόρος Ανθρω- ' dicimus quod Dei Verbum velùt in che è nato dalla Vergine santa come in un uomo qualsiasi, perché non si creda
πος νοοΐτο Χριστός* εί γάρ καί homine communi, qui de sancta che Cristo sia un semplice uomo portatóre di Dio, Se, infatti, il Verbo venne
ad abitare in mezzo a no? ed è detto che è in Cristo che abita corporalmente
e ‘έσκήνωσεν έν ήμϊν δ λόγος*2, εϊρηται Virgine natus est,habitarit,neDeum
tutta la pienezza della divinità ,3crediamo però che egli si fece carne non allo
δέ κα! έν Χριστφ κατοικήσαι brav τό homo Christus habitatorem possi-
stesso modo della sua inabitazione nei santi e distinguiamo il modo in cui l’i-
πλήρωμα της θεότητας σωματικώς’8, dere credatur. Quamvis enim Ver- nabitazione avvenne in lui: unito secondo natura e non mutato affatto in car
άλλ’ oùv έννοουμεν δτι γενόμενος. bum habitaverit in nobis2 ,et dictura nè, abito in essa come l’anima dell’uomo abita nel proprio corpo. N on vi è,
σαρξ, ούχ ώσπερ .έν τοΐς άγίοις sit in Christo habitare omnem p k- dunque, che un solo Cristo, Figlio e signore, ma non come'uomo che abbia
10 κατοικήσαι λέγεται,. κατά, τδν Χσρν, nitudinem deitatis corporaliter3, at- con Dio una congiunzione solo in un’unità dì dignità e di autorità, perché la
καί έν αύτφ τρόπον γενέσθαι διορι- tamen intellegimus eum quod caro sola uguaglianza nella dignità non può unire le nature. Così Pietro e Giovan
ζόμεθα την κατοίκησιν* άλλ* ένωθείς factus, non sicut in sanctis habitare ni sono uguali in dignità, e per questo sono detti apostoli e santi discepoli, ma
κατά φύσιν καί ούκ είς σάρκα τραπείς, dicatur, -nec talem in ipso habita- i due non erano uno. Infatti non concepiamo il modo dell’unione come una
τοιαύτην- έποιήσατο τήν κατοίκησιν, tionem factam definire temptavi-: giustapposizione (ciò, del resto, non sarebbe neppure sufficiente ad una unità
is ήν äv έχειν■λέγοιτο καί ή τόΰ άνθρώ- mus; sed unitus iuxta naturam nec naturale), o come una unione per relazione, come quando noi, aderendo a
που ψυχή πρ 6 ς τό Ιδιον έαυτής σώμα, in carnem penitus commutatus, ta- Dio, secondo la Scrittura siamo un solo spirito con lui;4 evitiamo il termine
Ε ΐς οδν ώρα Χριστός καί υιός καί lem sibi fecit habitationem qualem stesso di “congiunzione” -in quanto inadeguato ad esprimere il, mistero
κύριος, ούχ ώς συνάφειαν απλώς τήν et anima hominis habere creditur dell’unità. E non chiamiamo, il Verbo di Dio padre “Dio” o “Signore” di Cri
ώς έν ένότητι τής άξίας ή γουν ad proprium corpus. Unus igitur sto, per non dividere di nuovo apertamente in due l’unico Cristo Figlio e si
20 αυθεντίας έχοντος άνθρώπου πρός est Christus Filius et dominus, non gnore, cadendo nel delitto di bestemmia, facendo di lui il Dio V
θεόν ού γάρ ένοΐ τάς φύσεις [ή] Ισο- velut coniunctionem quamlibet, ut
τι μία* καί γουν Πέτρος τε καί ’Ιωάν- in unitate dignitatis et auctoritatis,
νης ισότιμοι μέν άλλήλοις καθώ καί hominis habentis ad Deum; non
Απόστολοι καί Αγιοι μαθηταί, πλήν enim potest unire naturas sola di
ae ούχ εις οί δύο. Ούτε μήν κατά παρά- gnitatis aequalitas. Denique Petrus
θεσιν τδν τής συναφείας νοοΰμεν et Ioannes aequalis sunt alterutrum
τρόπον (ούκ άπόχρη γάρ τούτο dignitatis, propter quod et apostoli
πρός ένωσιν φυσικήν), ούτε μήν ώς et sancti discipuli esse monstrantur;
κατά μέθεξή σχετικήν, ώς καί verumtamen uterque non unus est.
3f) ήμεις κολλώμενοι τφ κυρίΐρ κατά Nec iuxta conlationem vel conne-
τδ γεγραμμένον έν πνεύμα έσμεν xionetn modum coniunctionis ad-
πρός αύτόν4, μάλλον δε τό τής vertimus (hoc enim ad unitatem non
συναφείας όνομα παραιτούμεθα ώς sufficit naturalem) nec secundum
ούκ έχον Ικανώς σημήναι τήν ένωσιν. participationis affectum, sicut nos
86 *Αλλ* ούδέ θεόν ή δεσπότην του etiam adhaerentes Domino unus
Χριστού τδν έκ θεού πατρδς λόγον cum eo spiritus sumus4, immo po-
όνομάζομεν, Iva μή πάλιν Αναφανδόν tìus coniunctionis nomen evitamus,
τέμνωμεν είς δύο τδν ένα Χριστόν tamquam non existens idoneum
καί υΐδν καί κύριον, καί δυσφημίας quod significet unitatis arcanum.
40 έγκλήματι περιπέσωμεν, θεόν έαυτοΰ Sed neque D eum aut dominum
καί δεσπότην ποιουντες αύτόν* ένωθείς Christi Verbum Dei Patris adseri-
γάρ, ώς ήδη προείπομεν, δ του θεού mus, ne iterum manifestius in duo
λόγος σαρκΐ καθ* ύπόστασιν, θεός μέν dividamus unum Christum Filium
έστι τών όλων, δεσπόζει δέ τού παν- ct dominum et in crimen sacrilegii
4β τός, οίίτε δέ αύτδς έαυτου δοΰλός έστιν recidamus, Deum illi se ipsum
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C o m lìtim E phuìnnm — 431 Terza lettera di Cirillo a Nestorio
οΰτε δεσπότης· εΰηθες γάρ, μάλλον facientes et dominum. Unitus quip- e il Signore dì se stesso. Unito sostanzialmente alla carne, come abbiamo det-
δέ ήδη καί δυσσεβές τό οΰτω φρονεΐν pe, sicut superius diximus, Deus to, il Verbo di Dio è Dio di ogni cosa e domina su ogni creatura, ma non è né
ή λέγειV £φη μέν γάρ θεόν έαυτοΰ Verbum carni secundum subsisten- servo, né signore di se stesso. Il solo pensare o dire ciò sarebbe sciocco o ad
dirittura empio. Sebbene abbia detto che suo padre era il suo Dio,1pur essen
τόν πατέρα1, καίτοι θεός &ν φύ- tiam, Deus quidem est omnium et
do egli stesso Dìo per natura e della sostanza di Dio, tuttavia non ignoriamo
5 σει καί έκ της ουσίας αύτου* άλλ’ ούκ dominatur universitati, verumtamen che, essendo Dio, egli è diventato anche uomo, soggetto a Dio secóndo la
ήγνοήκαμεν δτι μετά του εΐναι θεός nec servus est sibi ipse nec dominus, legge propria della natura dell’umanità. Come avrebbe potuto essere Dio o
καί άνθρωπος γέγονεν ύπό θεώ κατά quia ineptutn est vel potius impium Signore di se stesso? Quindi, in quanto uomo, e in quanto si può accordare
γε τόν πρέποντα νόμον τη της άνθρω- hoc sentire vel dicere. Quamvis con la misura del suo annientamento, egli afferma di essere con noi sottopo
πότητος φύσει*, αύτός δε εαυτού enim Deura suum Patrem dixerit1, sto a Dio: così egli sì assoggettò alla legge,2 pur avendo promulgato la legge,
ίο πώς äv γένοιτο θεός ή δεσπότης; cum Deus sit etiam ipse natura et de essendo legislatore in quanto Dio, Guardiamoci dal dire a proposito del Cri
Οόκοΰν ώς άνθρωπος καί όσον ήκεν illius essentia, tamen nullatenus sto: “Venero ciò che è stato assunto, per la dignità di colui che l’assume; ado
εϊς γε τό πρέπον τοΐς της κενώσεως ignoramus quod maneas Deus, ho- ro il visibile a causa dell’invisìbile”. È addirittura orrendo, inoltre, dire: “Co
μέτρο ις, ύπό θεφ μεθ’ ήμών έαυτόν mo quoque factus sit, qui sub Deo lui che è statò assunto è chiamato Dio, insieme con colui che l’ha assunto”.
είναί φησιν οΰτω γέγονε καί ύπό iuxta debitam legem naturae huma- Chi usa questo linguaggio divide di nuovo il Cristo in due Cristi e colloca da
ls νόμον3, καίτοι λαλήσας αύτός τόν nitaris exsisteret. Ipse vero sibi quo- una parte l’uomo e dall’altra il Dio. Si nega, infatti, evidentemente l’unità per
νόμον καί νομοθέτης ύπαρχων ώς modo vel Deus poterit esse vel cui uno non può essere coadorato p connominato Dio con un altro: invece si
θεός. Παραιτούμεθα δέ λέγειν έπΐ dominus? Ergo sicut homo quan- deve credere Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, da onorare in un’unica
Xp ί,στοΐί ‘διά τόν φοροΰντά καί τόν tum decenter exinanitionis mensurae adorazione con la sua carne. Confessiamo anche che lo stesso Figlio unigeni
φορούμενον σέβω' διά τόν άόρατον congruit, sub Deo se nobiscum esse to di Dio, anche se non soggetto a sofferenza secondo la propria natura, ha
bo προσκυνώ τόν όρώμενον’. Φρικτόν δέ disseruit. I-Ioc etìaim modo sub lege
sofferto nella sua carne per. nói V
πρός τούτοι κάκεινο είπειν *ό ληφθείς factus est2, quamvis ipse promul-
τφ λαβόντί συγχρηματίζεί θεός’- 6 gaverit legem et legislator ut Deus
γάρ ταΰτα λέγων διατέμνει πάλιν εϊς exstiterit. Cavemus autem de Christo
δύο Χριστούς καί άνθρωπον ϊστησιν dicere „propter adsumentem vene
as άνά μέρος ίδικώς καί θεόν ομοίως* ror adsumptum et propter invisi-
άρνεΐται γάρ όμολογουμένως τήν bilem adoro visibilem“ . Horrendum
ένωσιν, καθ’ ήν ούχ ώς έτερος έτέρφ vero super hoc etiam illud adicere
συμπροσκυνεΐταί τις οΰτε μήν συγ- „is qui susceptus est cum eo qui
χρηματίζει θεός, άλλ* εις νοείται suscepit,connuncupatur Deus“ . Qui
so Χριστός Ιησούς υίός μονογενής, enim haec dicit, dividit iterum in
μιφ προσκυνήσει τιμώμενος μετά της duos Christos eum qui unus est,
ίδίας σαρκός. Ό μολογοΰμεν δέ δτι hominem seorsum in parte et Deum
αύτός δ εκ θεού πατρός γεννηθείς υιός similiter in parte constituens. Evi-
,μονογενής, καίτοι κατά φύσιν ιδίαν denter enim dividit unitatem, secun-
96 ύπάρχων άπαθής, σαρκΐ πέπονθεν dum quam non alter cum altero i
f;
υπέρ ήμών3 κατά τάς γραφάς καί ήν coadoratur, aut connuncupatur De- I- .·
έν τώ σταυρωθέντι σώματι, τά της us, sed- unus intellegitur Christus 1.
ίδίας σαρκός άπαθώς οίκειούμενος lesus Filius Dei unigenitus, una
πάθη ‘χάριτι δέ θεού καί ύπέρ παντός servitute cum propria came vene-
4o έγεύσατο θανάτου’4, διδούς αύτφ randus. Confitemur etiam quod
τό ίδιον σώμα, καίτοι κατά φύσιν idem ipse qui ex Deo Patte natus
ύπάρχων ζωή® καί αύτός ών ή est Filius unigenitus Deus, licet
άνάστασις* ΐνα γάρ άρρήτω δυνάμει iuxta naturam suam expers passio-
πατήσας τόν θάνατον ώς έν γε δή nis exstiterit, pro nobis tamensecun-
1 Cf. Io 20,17. » Cf. Gal 4,4. a Ct. 1 Pt 4,1. 4 Heb 2,9. 6 Ci. Io 11,25.
53 53
Concilium Ephesimmi — 431 Terza lettera dì Cirillo a Nestorto
πρώτη τη ESiqt σαρκί γένηται πρωτό dum scripturas carne perpessus secondo le Scritture, 1 ed era crocifisso nel corpo, facendo sue, senza soffrire,
τοκος έκ νεκρών4 καί απαρχή των sit1, et erat 'in crucifixo corpore, pro le sofferenze della sua carne. Per la grazia Dio provò la morte a vantaggio di
κεκοιμήμένων®, όδόπόιήση τε τη priae carnis ‘ impassibiliter ad se tuttP.e offrì ad essa il proprio corpo, quantunque egli sia per natura vita e re
Ανθρώπου φύσει τήν εις Αφθαρσίαν referens passiones. Gratia vero Dei surrezione.3 Egli sconfiggendo la morte con ineffabile potenza, fu nella sua
e Αναδρομήν, χάριτι θεοΰ; καθάπερ pro omnibusgustavìt morteli?, tradens carne il primogenito tra i morti4 e la primìzia' di coloro che si erano addor
έφημεν άρτίως, ύπερ παντός έγεύσατο ei proprium corpus, quamvis .natu mentati [nel Signore] , 5 èd aprì all’umana natura la via del ritorno all’incorrut
θανάτου, τριήμερός τε άνεβίω σκυ- tibilità. Per grazia di Dio, come'abbiamo accennato, provò la morte a vantag
raliter ipse vita sit et resurrectio
gio di tutti e risorgendo il terzo giorno spogliò l’inferno. Quindi, anche se si
λεύσας τόν. $δην' ώστε κάν. λέγηται mortuorum 3. Nam u t mortem in- dice che la resurrezione dei morti è avvenuta a causa di un uomo? cionono
δι’ ανθρώπου. γενέσθαι ή ανάστασις effabili potentia proculcaret ac pri-. stante noi sappiamo che si tratta del Verbo di Dio fatto uomo, per mezzo del
των νεκρών6, άλλα νοοΰμεν άνθρωπον mus in sua carne primogenitus ex quale è stato distrutto il regno della morte. Egli verrà a suo tempo come uni
τόν εκ θεοΰ γεγονότα λόγον καί mortuis fieret4 et primitiae dormien- co Figlio e Signore, nella gloria del Padre per giudicare il mondo nella giusti
λελύσθαι;δι’ αύτου τοΰ· θανάτου τό tium® viamque faceret humänae na zia, come affermano le. Scritture.7
κράτος* · ήξει δέ. κατά καιρούς ·ώς turae.· ad incorruptionis recursum. È necessario aggiungere anche che quando· annunziamo la morte secondo
εις υιός καί κύριος εν τη δόξη του gratia Dei, sicut supra dictum est, la carne dell’unigenito Figlio .di Dio, cioè di Gesù Cristo, e la sua resurre
πατρός, ίνα κρίνη τήν οίκουμένην έν pro omnibus gustami mortem et tertio zione dai morti e confessiamo la sua assunzione al cielo, noi celebriamo nel
δικαιοσύνη7, καθά γέγραπται. die resurgens spoliavit infernum. le chiese il sacrificio incruento, ci avviciniamo così alle mistiche benedizioni
Idcirco quamvis' dicatur quod per e ci santifichiamo, partecipando della santa carne e del prezioso sangue del
hominem facta sit resurrectio mortuorum6, tamen intellegimus hominem salvatore di tutti. Cristo. Noi riceviamo allora non una comune carne (Dio
factum Verbum quod ex Deo est, et per ipsum mortis imperium fuisse ci guardi dal pensarlo!), ò la carne, di un uomo santificato e unito al Verbo
destructum; veniet autem temporibus praefinitis, sicut est urnis Filius et con un’unione di dignità, o' di uno nel quale abiti Dio, ma una carne che dà
dominus, in gloria Patris, u t iudicet orbem terrarum in aequitate, sicut veramente la vita ecf è la carne propria del Verbo stesso. Dio, essendo vita
scriptura testatur7. per natura, poiché è divenuto uria cosa sola cori la propria carne, l’ha resa vi
vificante; V '
’Αναγκαίως δε κάκεΐνο προσθήσο- Necessarie igitur et hoc adicimus.
μεν* καταγγέλλοντες γάρ τόν κατά Adnuntiantes enim secündum car
σάρκα θάνατον του μονογενούς υίου nem mortem unigeniti Filii Dei, id
του θεοΰ, τουτέστιν 1Ιησού Χρίστου, est Iesu Christi et resurrectionem
τήν τε έκ νεκρών άναβίωσιν καί τήν eius et in caelis ascensionem pariter
εις ούρανούς άνάληψιν όμολογουντες, confitentes,' incruentam celebramus
τήν άναίμακτον εν ταΐς εκκλησία ις in ecclesiis sacrificii servitutem, sic
τελοΰμεν λατρείαν, πρόσιμέν τε οΐίτω etiam ad mysticas benedictiones
ταΐς μυστικαΐς εύλογίαις καί άγιαζό- accedimus et sanctificamur, partici
μεθα, μέτοχοι γινόμενοι της τε Αγίας pes sancti corporis et pretiosi san
σαρκός καί του τίμιου αΕματος τοΰ guinis Christi omnium nostrum
πάντων ήμών σωτηρος Χριστοΰ, καί redemptoris effecti, non ut commu-
sb ούχ ώς σάρκα κοινήν δεχόμενοι, μή nem carnem percipientes, quod ab-
γένοιτο, οΰτε μήν ώς άνδρός ήγιασμέ- sit, nec u t viri sanctificati et Verbo
νου καί συναφθέντος τω λόγφ κατά coniuncti secundum dignitatis uni
τήν ενότητα της άξίας ή γοΰν ώς θείαν tatem aut sicut diyinam possidentis
ένοίκησίν έσχηκότος, άλλ* ώς ζωοποι habitationem, sed u t vere vivifica-
40 όν άληθώς καί ιδίαν αύτου τοΰ λόγου* tricem et ipsius Verbi propriam fac-
ζωή γάρ &v κατά φύσιν ώς θεός, tam. V ita enim naturaliter u t Deus
έπειδή γέγονεν έν πρός τήν εαυτού exsistens, quia propriae carni unitus
σάρκα, ζωοποιόν άπέφηνεν αύτήν, est, vivificatricem eam esse μίτο
ι Cf. 1 Pt 4,1. 2 Heb 2, 9. 8 Cf. Io 11, 25. 4 Cf. Col 1,18, 8 Cf. 1 Cor 15,20.
8 Cf. 1 Cor 15,21. 7 Cf. Ac 17,31.
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Conditimi Ephsnnum — 431 Terza lettera di Cirillo a Nestorio
ώστε »tSv λέγη πρδς ήμας ‘άμήν λέγω fessus est, et ideo, quamvis dicat ad sicché, quando ci dice: In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne
ύμΐν, έάν μή φάγητε τήν σάρκα του nos amen amen dico vobis, nisi manduca- del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue,1 non dobbiamo pensarla co
υίοϋ τοϋ άνθρώπόυ καί. πίητε αύτοΰ veritis carnem filii hominis et biberitis me la carne dì un uomo come noi (e in che modo potrebbe essere vivificante
τδ αΐμα*1, ούχ ώς άνθρώπόυ των καθ’ eius sanguinem1, non tamen eam ut la carne di un uomo, considerata secondo la sua natura propria?), ma, inve
a ήμας ένδς καί αύτήν εΐνάι λογιού- hominis unius ex nobis existimate ce, come la carne dì colui che per noi è divenuto e si è fatto chiamare Figlio
dell’uomo.
μέθα (πώς γάρ ή άνθρώπόυ σάρξ debemus (quomodo enim iuxta na
Quanto alle espressioni del nostro Salvatore nel Vangelo, noi non le attri
ζωοποιός 8 σται κατά φύσιν τήν turam suam vivificatrix esse cato buiamo a due diverse sussistenze o persone. N on è infatti duplice l’unico e
έαυτης;), άλλ’ ώς Ιδίαν άληθώς hominis potejrit?), 'sed u t vere pro solo Cristo, anche se si deve ammettere che è pervenuto all’unità indivisibile
γενομένην τοΰ ,δι* ή μας καί υίου priam eius factam, qui propter nos da due differenti realtà; come del resto è per l’uomo, che, pur essendo anima
ίο άνθρώπόυ γεγονότος τε καί χρηματί- filius hominis et factus estetvocatus, e corpo, non per questo è duplice, ma è una sola realtà composta dì due ele
σαντος. menti. Diciamo piuttosto che sia le espressioni umane, sia quelle divine sono
Τάς δέ γε έν τόΐς εύαγγελίοις τοΰ Eas autem voces quas Salvator state dette da un solo Cristo, Quando egli, parlando da Dio, afferma di sé:
σωτήρος ημών φωνάς οΰτε ύποστά-. noster in evangelio protulit, non in Chi ha visto me ha visto il Padre1 e Io e il Padre siamo una cosa sola? noi pen
σεσι δυσίν οΰτε μήν προσώποις κατα*· duabus subsistentiis aut personis siamo alla sua divina ed ineffabile natura, per cui egli è uno col Padre suo in
ίο μερίζομεν'ού γάρ έστι διπλοΰς 6 εις omnino partimur. N on enim duplex forza dell’identità della sostanza, immagine, figura e splendore della sua glo
καί μόνος Χριστός, ·κ$ν έκ δύο νοηται- est unus Christus et solus, quamvis ria. 4 Quando, invece, non ritenendo indegna la condizione umana, dice ai
καί διαφόρων πραγμάτων εις ενότητα ex duabus diversisque .rebus ad Giudei: .Ora invece cercate di uccidere me, perché vi ho detto la verità,5 di
τήν άμέριστον συνενηνεγμένος, καθά- unitatem cognoscatur individuam nuovo dobbiamo riconoscere in lui, uguale e simile ai Padre, il Verbo di Dio
περ άμέλει καί άνθρωπος έκ ψυχής convenisse, sicut homo quoque, ex anche nei limiti della sua umanità. Se dobbiamo credere che, essendo Dio per
so νοείται καί σώματος καί ού διπλοΰς anima constans et corpore, non natura,. si è fatto carne, ossia uomo con anima razionale, V
μάλλον, άλλ* εΐς έξ άμφοΐν. Αλλά duplex pptius, sed unus est ex utro
■τάς τε άνθρωπίνας καί' πρός γε τούτω que. Humanas ergo et.divinas in
τάς θεϊκάς παρ’ ένδς είρήσθαι διακει- super voces ab uno Christo dictas
σόμεθα, φρονοΰντες όρθώς· όταν μέν animadvertentes recte sentimus.
86 γάρ θεοπρεπώς λέγη περί έαυτοΰ ‘6 Cum enim Deo dignissime loquitur
έωρακώς έμέ έώρακε τόν πατέρα’2 de se ipso qui me vidit, vidit et Patrem3
καί ‘έγώ καί δ πατήρ Sv έσμέν’3, τήν et ego et Pater unum sumus9, divinam
θείαν αύτοΰ καί άπόρρητου έννοουμεν eius intellegimus ineifabilemque na
φύσιν, καθ’ ήν καί Sv έστι προς τον turam, secundum quam unum est
so έαυτοΰ πατέρα διά τήν ταύτότητα τής cum Patre suo propter unam ean-
οόσίας, είκών τε καί χαρακτήρ καί demque substantiam, imago et
άπαύγασμα τής δόξης αύτοΰ4, 6 ταν character splendorque gloriae eius4
δέ τδ τής άνθρωπότητος μέτρον existens. Cum vero humanae natu
ούκ άτιμάζων τοΐς Ίουδαίοις προσ- rae mensuram nullatenus inhono
os λαλή ‘νυν δέ με ζητείτε άποκτεϊναι, rans Iudaeos adloquitur nunc me
άνθρωπον δς τήν άλήθειαν ύμΐν λελά- quaeritis occidere,· hominem qui veri
ληκα’Β, πάλιν ούδέν ήττον αύτδν τόν tatem vobis locutus sumG, item non
έν ίσότητί τε καί όμοιότητι τοΰ minus eum qui in similitudine ‘et
πατρδς θεόν λόγον καί έκ των τής aequalitate Patiis est, Deum Ver
40 άνθρωπότητος αύτοΰ μέτρων έπιγι- bum etiam in mensuris humanitatis
νώσκομεν* εί γάρ Ιστιν άναγκαϊον τδ eius agnoscimus. Si autem neces
πιστεύειν δτι θεδς ων φύσει γέγονε sario creditur quod natura Deus
σάρξ ή γοΰν άνθρωπος έψυχωμένος exsistens factus sit caro, immo potius
ψυχή λογική, ποιον άν έχοι λόγον τδ homo animatus anima rationali,
4S έπαισχύνεσθαί τινα ταΐς παρ’ αύτοΰ quae causa est u t in eius quilibet
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Concilium Ephesinum — 431 Terza lettera di Cirillo a Nestorto
φ ω να ις, εί γεγονα σ ιν ανθρω πο- v o c ib u s e ru b e s c a t, si eas h o m in e p e rc h é u n o d o v re b b e verg o g n arsi che si sia espresso in m o d o u m a n o ? Se egli
π ρ ε π ώ ς ; εί γά ρ π α ρ α ιτ ο ΐτο τούς d ig n a s effatus est? q u o d si se rm o n e s rifiu tò le esp ressio n i p ro p rie d ell’u o m o , chi m ai lo sp in se a farsi u o m o com e
ά νθρώ πω π ρ έπ ο ντα ς λόγους, τ ίς ό h o m in i c o n g ru e n te s a b ic it, iu x ta n o s n o i? C o lu i che si è abbassato p e r n o i v o lo n ta ria m e n te fin o all’a n n ie n ta m e n
ά να γχά σ α ς γενέσ θαι κ α θ ’ ή μ α ς άν- h o m in e m fieri q u is c o e g it? c u m to , p e rc h é rifiu te re b b e le espressioni p ro p rie di chi si è a n n ie n ta to ? I te rm in i
5 θ ρω πον; ό δε κ α θ είς εαυτόν δ ι’ ή μ ά ς u sati dal V angelo, q u in d i, so n o da a ttrib u irs i tu tti ad u n a sola p e rso n a , ossia
v e ro se p r o p t e r n o s a d e x in a n itio
all’u n ica su ssisten za in c a rn a ta del D io V erb o p e rc h é se c o n d o le S crittu re u n o
εις εκούσιον κένω σιν διά ποιαν n e m s p o n ta n e a m m is e ric o rd ite r in-
solo è il sig n o re G e sù C ris to .1 Se lo chiam iam o apostolo e sommo sacerdote
α ιτία ν π α ρ α ιτο ΐτο αν τού ς τη κ ενώ c lin a rit, q u a m o b c a u sa m d ig n o s
della fede che noi professiamo2 in q u a n to h a o ffe rto in sacrificio a D io p a d re
σει -πρέποντας λ ό γο υ ς; ένί τοιγα ρ - e x in a n itio n e s e rm o n e s e ffu g erit?
la co n fessio n e della fede che n o i facciam o a lu i e p e r m e z z o su o a D io p a d re e
οΰν π ρ ο σ ώ π ω τ ά ς έν τ ο ΐς εύ α γγελί- u n i ig itu r p e rs o n a e c u n c ta s e iu s in allo S p irito sa n to , afferm iam o di n u o v o che egli è p e r n a tu ra l ’u n ico F iglio;
ιο οις π ά σ α ς άναθέτέον φ ω νάς, ύπ οσ τά- e v a n g e lio v o c e s a d s c rib im u s , u n i u n ig e n ito di D io e n o n a ttrib u ia m o ad altri che a lu i il n o m e e la so s ta n z a del.
σει μ ια τη του λόγου σ εσ α ρκ ω μ ένη ’ su b s iste n tia e V e rb i sc ilic e t in c a rn a ti, sacerd o zio . E gli in fa tti è d iv e n u to mediatore fra Dio e gli uomini,3 li h a ri-
κύριος γά ρ εΤς ’Ιη σ ο ύς Χ ρ ισ τό ς1 κ α τά q u ia u n u s e st d o m in u s Ie s u s C h ri co nciliati nella pace, o ffre n d o si v ittim a di soavità a D io p a d re .4 P erciò h a
τ ά ς γ ρ α φ ά ς. Ε ί δέ δή κ α λ ο ΐτο κ α ί ‘άπό- s tu s 1, u t s c r ip tu m e st. A p p e lla tu m d e tto : Non hai gradito né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai prepa
στολος κ α ί άρχιερεύς τ η ς ομ ολογία ς v e ro apostolum et pontificem confessio rato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto:
ίο ημών’2, ώζ ιερουργώ ν τ ω θεω καί nis nostrae2 ta m q u a m sa c rific a n te m Ecco, io vengo -poiché di me sta scritto nel rotolo della legge -per fare, o Dio,
π α τρ ί την π ρ ύς ημών α ύ τώ τ ε κ α ί δι’ D e o e t P a tr i fid e i n o s tra e c o n fe s sio la tua volontà.5 E g li h a o ffe rto in o d o re di soavità il p ro p r io co rp o p e r n o i,
αύτου τ ω θεω κ α ί π α τρ ί π ροσ κομι- n e m , q u a e a n o b is ip s i e t p e r ip s u m n o n certo p e r se stesso. D i quale sacrificio ed o fferta, in fa tti, avrebbe av u to
ζομένην τ η ς π ίσ τ ε ω ς ομ ολογίαν καί D e o e t P a tr i in c e s s a n te r o ffe rtu r, biso g n o p e r sé, egli che è lib ero da qualsiasi peccato , essen d o D io ? Se è v ero ,
μήν κ α ί είς τύ άγιον π νεύ μ α , π ά λιν ite ru m e u m d ic im u s q u i ex D e o est in fa tti, che tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio6 in q u a n to sia
20 αύτύν είν α ι φαμεν τον έκ θεού κ α τά s e c u n d u m n a tu r a m F iliu s u n ig e n i m o facili al p eccato e la n a tu ra d ell’u o m o d iv en n e in fe rm a p e r il p ec c a to - p e r
φύσιν υιόν μονογενή, κ α ί ούκ ανθρώ- tu s , n e c h o m in i p r a e te r e u m alte ri lui, p e rò , n o n fu così e siam o vinti dalla sua gloria - co m e p u ò essere a n co ra
π ω προσνεμ,οΰμεν π α ρ ’ αύτύν έτέρω sa c e rd o tii n o m e n e t o ffic iu m d e p u d u b b io che il v ero agnello V
τό τ ε τ ή ς ίερω σύνης όνομα κ α ί αύτύ ta m u s . F a c tu s e st e n im mediator Dei
δε τύ χ ρ ή μ α ' γέγονε γά ρ ‘μ εσ ίτη ς θεού et hominum3 e t re c o n c ilia to r a d p a
25 κ α ί α ν θ ρ ώ π ω ν ’3 κ α ί δια λ λα κ τή ς είς cem , s e m e t ip s u m D e o e t P a tr i p ro
ειρήνην, εαυτόν άναθείς είς οσμήν εύ ω - n o b is o fferen s in o d o re m s u a v i
δία ς τ ω θ εω κ α ί π α τ ρ ί4. Τ ο ιγά ρ το ι ta tis 4. Id e o q u e d ic e b a t: sacrificium et
κ α ί εφ ασκεν ‘θυσίαν κ α ί προσφοράν oblationem noluisti, holocausta et pro
ούκ ήθέλησας, σ ώ μ α δέ κ α τη ρ τίσ ω peccato non tibi placuerunt ; corpus
so μ ο ι, [ο λ ο κ α υ τώ μ α τα κ α ί π ερ ί ά μ α ρ - autem perfecisti mihi. Tunc dixi : ecce
τ ία ς ούκ εύδ ό κ η σ α ς,} τ ό τ ε ε ΐπ ο ν ιδού venio, in capite libri scriptum est de me,
ή κ ω ' έν κ εφ α λ ίδι βιβλίου γ έ γ ρ α π τ α ι ut faciam, Deus, voluntatem tuanv*.
π ερ ί έμοΰ τού π οιή σ α ι, ό θεός, τύ O b tu li t e n im p r o p r iu m c o rp u s n o n
θέλημά σου’5. Π ρ ο σ κ εκ ό μ ικ ε γά ρ p r o se, se d p r o n o b is in o d o re m
35 υπέρ ή μ ώ ν είς οσμήν εύ ω δία ς τύ su a v ita tis . N a m q u a p r o se o b la tio
'ίδιον σ ώ μ α κ α ί ούχ ύπέρ γ ε μάλλον n e v e l sacrificiis in d ig e re t a b o m n i
έαυτου' π ο ια ς γά ρ αν εδεήθη προσ φ ο p e c c a to lib e r u t D e u s e x siste n s ? q u o d
ράς ή θυσίας ύπέρ έαυτου, κ ρ είττω ν si omnes peccaverunt et egent gloriajn
ά π ά σ η ς ύπ ά ρ χω ν α μ α ρ τία ς ώ ς θ εός; Dei%s e c u n d u m h o c q u o d s u m u s a d
40 εί γά ρ ‘π ά ν τες ήμαρτον κ α ί ύστερουν- m u ta b ilita tis e x c e ss u m p ro n io re s
τα ι τ ή ς δόξης τού θεού’6, καθύ γεγό - effecti e t p e c c a tis a e g r o ta v it h u m a
ναμεν ή μ ε ΐς έτοιμ οι π ρύς παραφοράν n a n a tu r a , ip s e v e r o n o n ita , id e o q u e
κ α ί κατηρ ρ ώ σ τη σ εν ή άνθρώ που n o s g lo ria eiu s e v in c im u r , c u r erit
φύσις τή ν ά μ αρ τίαν, α ύτύ ς δέ ούχ u ltra ia m d u b iu m q u o d a g n u s v e ru s
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— 4M Terza lettera di Cirillo a Nestorto
sia stato immolato a causa nostra e per noi? Dire che egli si è offerto per sé e
ούτως, καί ήττώμεθα διά τούτο τής propter nos et pro nobis sit immo per noi sarebbe esporsi all’accusa ili empietà poiché egli non ha mancato in
δόξης αύτοΰ, πώς civ εΐη λοιπόν άμ- latus? qui dicit autem quia semet nessun modo e non ha commesso peccato. E di quale offerta avrebbe avuto
φίβολον δτι τέθυται St’ ή μας καί ύπέρ ipsum tam pro se quam pro nobis bisogno, non essendovi alcun peccato per cui offrirla? Quando poi afferma
ήμών ό άμνός ό Αληθινός; Καί τό λέ- obtulerit, nullatenus impietatis cri dello Spìrito: Egli mi glorificherà,1rettamente noi non diciamo che l’unico
8 γειν ότι προσχεκόμικεν έαυτόν ύπέρ men effugiet, cum nihil prorsus iste Cristo e Figlio, quasi avesse bisogno di essere glorificato da un altro, ha avu
τε έαυτοΰ καί ήμών, άμοιρήσειεν άν deliquerit nec ullum fecerit omnino to la sua gloria dallo Spìrito santo: perché il suo Spirito non è migliore né su
ούδαμώς των είς δυσσέβειαν εγκλη peccatum. Qua igitur egeret obla periore a lui. Ma poiché a dimostrazione della sua divinità, si serviva del pro
μάτων' πεπλημμέληκε γάρ κατ’ tione, nullo, suo exstante facinore prio Spirito per compiere grandi cose, egli dice di essere glorificato da lui,
ούδένα τρόπον οΰτε μήν έποίησεν pro quo, s i . esset satis admodum come se uno di noi dicesse della forza che è in lui o della sua scienza ili qual
ίο Αμαρτίαν* ποιας οδν εδεήθη προσ convenienter, offerret? De Spiritu che ambito: “mi glorificano”. Poiché, se anche lo Spìrito ha una sussistenza
φοράς, αμαρτίας ούκ ουσης έφ* ήπερ quoque cum dicit ille me glorificabit1 propria e viene considerato in sé, ossia secondo quella proprietà per cui è
Αν γένοιτο καί μάλα εΙκότως ;''Οταν δέ hoc rectissime sentientes unum Spirito e non Figlio, non è, però, estraneo a lui. È detto, infatti, Spìrito di ve-
λέγη περί του πνεύματος ‘εκείνος έμέ Christum et Filium, non velut alte ritàf e Cristo è appunto la verità3, e lo Spìrito procede da lui come da Dio
δοξάσει’1, νοοΰντες όρθώς οόχ ώς rius egentem gloria, confitemur Padre. Di conseguenza lo Spirito dopo l’ascensione del Signore nostro Gesù
is δόξης έπιδεα της παρ’ ετέρου φαμέν ab Spiritu sancto gloriam consecu Cristo al cielo, operando meraviglie anche per mezzo degh apostoli lo glori
τον ένα Χριστόν κάί υιόν τήν καρά tum, quia Spiritus eius nec melior fica; fu creduto, infatti, che egli, Dio per natum, operasse ancora per mezzo
του αγίου' πνεύματος δόξαν έλεΐν, δτι nec superior illo est. Sed quia mira del proprio Spirito. Per questo diceva ancora; Prenderà del mìo e ve lo an
μηδέ κρεΐττον αύτοΰ καί ύπερ αύτόν opera faciens ad demonstrationem nunzierà/ N oi non diciamo che lo Spirito è sapiente e potente per partecipa
τό πνεύμα αύτοΰ* επειδή 8ό εις Κνδει- suae deitatis virtute proprii Spiritus zione perché egli è assolutamente perfetto e non ha bisogno di nessun bene.
Proprio perché è Spirito della potenza e della sapienza del Padre,3 V
20 ξιν τής έαυτοΰ θεότητος έχρήτό τφ utebatur, ab ipso glorificari dicitur,
ίδίφ πνεύματι πρός μεγαλουργίας, quemadmodum si quis de homini
δεδοξάσθαι παρ’ αύτοΰ φησιν, ώσπερ bus adseveret quod virtus sua vel
άν εί καί τις λέγοι των καθ’ ήμας περί disciplina quaelibet unumquemque
τής Ινούσης ισχύος αύτφ τυχόν ή clarificet. Quamvis enim in sua sit
2» γουν επιστήμης τής έφ’ ότιρουν δτι subsistentia Spiritus et eius intelle
δοξάσουσί με. Εί γάρ καί &mv έν gatur in persona proprietas iuxta id
ύποστάσει τό πνεύμα ίδική κοιί δή quod Spiritus est et non Filius,
καί νοείται καθ’ έαυτό, καθό πνευμά attamen alienus non est ab illo. Nam
έστιν καί οόχ υίός, άλλ’ οδν έστιν ούκ Spiritus appellatus est veritatisB et
3ο άλλότριον αύτοΰ* ‘πνεΰμα γάρ αλήθει veritas Christus est8, unde et ab isto
ας’2 ώνόμασται καί εστιν Χριστός ή similiter sicut ex D eo Patre proce
αλήθεια3 καί προχεϊται παρ’ αύτοΰ dit. Denique hic ipse Spiritus etiam
καθάπερ άμέλει καί έκ του θεού καί per sanctorum manus apostolorum
πατρός* Ινεργήσαν τοιγαρουν τό κνεΰ- miracula gloriosa pefficiens, domi
38 μα καί διά χειρός των άγίων αποστό num glorificavi: lesum Christum,
λων τά παράδοξα μετά τό άνελθεϊν postquam ascendit in caelum. Nam
τόν κύριον ήμών Ίησοϋν Χριστόν creditus est Christus, natura Deus
είς τόν ούρανόν έδόξασεν αύτόν έπι- exsistens, per suum Spiritum virtu
στεύθη γάρ 6τι θεός κατά φύσιν έστίν, tes efficiens ideoque dicebat : de meo
43 πάλιν αύτός ενεργών διά τοΰ ίδίου accipiet et adnmtiabit vobis4. Nequa
πνεύματος. Διά τοΰτο καί Ιίφασκεν quam vero participatione alterius
‘δτι έκ του έμοΰ λήψεται καί άπαγγε- idem Spiritus sapiens aut potens
λεΐ ύμΐν’4. Καί οΰτι πού φαμεν ώς έκ dicitur, quia per omnia perfectus
μετοχής τό πνεΰμά Ιστι σοφόν τε καί est et nullo prorsus indigens bono.
45 δυνατόν, παντέλειον γάρ καί άπροσ- Nam paternae virtutis et sapientiae6,
1 Ιο 16,14. 2 Ιο 16,13. 3 Ci. Ιο 14, 6. 4 Io 16,14. 6 Cf. 1 Cor-1,24.
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Concilium Epbesimm — 431 Terza lettera di Cirillo.a Nestorio
δεές έστιν παντός Αγαθού* επειδή δέ id est Filii Spiritus creditur et ideo cioè del Figlio, per ciò stesso è sapienza e potenza.1
τής του πατρός δύνώμεως καί σο ipsa te et subsistentia virtus et Poiché la, Vergine santa ha generato corporalmente Dio unito ipos lattea
φίας1, τουτέστιν του υιού, πνεύμά sapientia conprobatur. mente alla carne, noi diciamo, che essa è madre di Dio, non perche la natura
έστιν, αυτόχρημα σοφία έστί καί del Verbo abbia avuto, l’inizio della sua esistenza dalia carne, infatti in princi
6 δύναμις, pio^ era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio2 e lui è il creatore
dei secoli, coeterno al Padre e autore di tutte le cose; ma perché, come abbia
’Επειδή δέ θεόν ένωθέντα σαρκί Igitur quia Deum carni unìtum
mo già detto, avendo unito a sé'ipostadcamente l’umana natura in realtà uscì
καθ’ ύπόστασιν ή άγία' παρθένος ’ iuxta subsistentiam sancta Virgo dal seno della madre in una nascita secondo la carne. Non aveva bisogno ne
εκτέτοκε σαρκικώς, ταύτη τοι καί corporaliter peperit, idcirco eam cessariamente o per propria natura anche della nascita temporale nella pie
Θεοτόκον εΐναί φαμεν αύτήν, οΰχ ώς Dei genetricem esse profitemur,non nezza dei tempi, ma volle benedire il principio stesso della nostra esistenza e
ίο τής του λόγου φύσεως τής . ύπάρ- quod Verbi naturam exsistendi prin far cessare, avendo una dolina partorito [il Figlio di'Dio] unito all’umana car
ξεως τήν Αρχήν έχούσης Απδ σαρκός, cipium de carne sortita sit, (erat nè, la maledizione contro tutto il gènere umano, che manda a morte questi
{‘ήν γάρ εν Αρχή καί θεός ήν ό λόγος enim in principio Verbum et Deus erat nostri corpi terreni. Egli così rende vana questa parola: con dolore partorirai
καί ό λόγος ήν πρδς τον θεόν’2 καί Verbum et Verbum erat apud Deimi1 figli,3e realizza la parola del profeta: la morte -èstata ingoiata per la vittoria4e
αύτός εστι των αιώνων ό ποιητής, et ipse est conditor saeculorum, l’altra: Dio asciugherà le lacrime su ogni volto.5 Per questo motivo diciamo
1« συνάΐδιος τω πατρί καί των δλων Patri coaeternus et universitatis che egli nella sua economia ha benedetto le nozze, quando fu invitato con i
δημιουργός), άλλ* ώς ήδη προείπομεν, creator), sed quod, u t superius dixi santi apostoli a Cana di Galilea.6·.
έπέιδήκαθ’ ύπόστασιν ένώσας έαυτφ mus, iuxta subsistentiam sibimet i Ci hanno insegnato a pensare .così sìa i santi apostoli ed evangelisti, sia tut
τό Ανθρώπινον καί έκ μήτρας αύτής uniens ‘ humanam naturam, nativi ta la Scrittura divinamente ispirata, sia le veraci professioni di fede dei beati
γέννησιν ύπέμεινε σαρκικήν, ούχ ώς tatem sustinuerit ex ipsa vulva cor padri,.·1 . . . .
00 δεηθείς ' άναγκΰιίως ήτοι διά τήν poream, non' quod eguerit necessa
ϊδίαν φύσιν καί τής έν χρόνω καί rio aut propter suam naturam nati-
έν έσχάτοις τοΰ αΕώνος καιροΐς vitate ista, quae est in extremis
γεννήσεως, άλλ1 ΐνα καί αύτήν της saeculi facta temporibus, sed ut
ύπάρξεωζ ήμών εύλογήση τήν άρχήν ipsas benediceret substantiae nostrae
25 καί τεκούσης γυναικός αύτον ένωθέντα primitias et dum eum carni unitum
σαρκί παύσηται λοιπόν ή κατά mulier edidisset, illa quae adversus
παντός τού γένους άρά πέμπουσα omne genus humanum maledictio
προς θάνατον τά έκ γης ήμών σώματα fuerat prolata, desineret nec iam
καί τό ‘έν λύπαις τέξη τέκνα’3 δι’ morti nostra corpora destinaret,
■ 30 αύτοΰ καταργούμενον Αληθές άποφή- illud quoque quod dictum est m
νη το διά τής τού προφήτου φωνής tristitia paries filios3, ipse dissolvens,
‘κατέπιεν ό θάνατος ϊσχύσας’4 καί verum esse monstraret quod pro
πάλιν ‘άφεΐλεν δ θεός παν δάκρυον phetae voce praedixerat absorpta est
άπδ παντός προσώπου*8* ταύτης γάρ mors iß vietoria4 et iterum abstulit
3S ένεκα τής αίτίας φαμέν αύτον οίκονο- Deus omnem lacrimam ab omni facie5.
μικώς καί αύτον εύλογήσαι τον Propter hanc etenim causam dici
γάμον καί άπελθεΐν κεκλημένον έν mus eum dispensatorie et ipsis bene
Κανφ τής Γαλιλαίος όμοΰ τοις άγίοις dixisse tunc nuptiis, cum in Canati
Αποστόλοις8. Galilaeae cum sanctis vocatus apo
40 stolis adesse dignatus est6.
Ταΰτα φρονεΐν δεδιδάγμεθα παρά Haec sapere sumus edocti a sanc
τε των άγιων αποστόλων,καί εύαγγε- tis apostolis et evangelistis et ab
λιστών, καί πάσης δέ τής θεοπνεύ- omni scriptura divinitus inspirata
στου γραφής καί έκ της των μακα- neo non et -a beatis patrum confes-
1 Cf, 1 Cot 1, 24. » Ιο Μ . 3 .Gn'3, 16. 4 1 Cot 15, 54 (cf Ia 25, 8). 5Js 25, 8.
,J Cf Io 2,1.2.
58
Cornimi Bphesìtmm — 431 Terza lettera di Cirillo a Nestorio
ρίων πατέρων άληθους όμολογίας* sionibus veritate subnixis; his om Con la dottrina di tutti questi bisogna che concordi e si armonizzi senza fal
τούτοις άπασιν καί τήν σήν εύλάβειαν nibus etiam tuam religionem con sità anche la tua pietà. Ciò che la tua pietà deve condannare è aggiunto in
συναινέσαι χρή καί συνθέσθαι δίχα cordare et praeter aliquem dolum vel fondo, a questa nostra lettera, altrimenti saresti soggetto alla medesima con
δόλου παντός* ά δέ έστιν άναγκαΤον finctionem consentire iam convenit. danna.
Quae vero religioni tuae anathe I. Se qualcuno non confessa che l’Emmanuele è Dio nel vero senso della
$ άναθεματίσαι τήν σήν εύλάβειαν,
parola, e che perciò la santa Vergine è madre di Dio perché ha generato se
όποτέτακται τήδε ήμων τή έπιστολή. matizare necesse est, huic epistulae
condo la carne il Verbo che è da Dio, come è scritto: e il Verbo sifece carne, 1
nostrae sublecta sunt; quod si mini sia anatema.
me, eisdem subiectam sententiam, II. Se qualcuno non confessa che il Verbo del Padre ha assunto in unità di
consequeris. sostanza fumana carne, che egli è un solo' Cristo con la propria carne e senza
ίο od, Ε ϊ τις οΰχ ομολογεί θεόν είναι X. Si quis non confitetur Deum dubbio è Dio e uomo insieme, sia anatema.
κατά άλήΟειαν τόν Εμμανουήλ καί esse veraciter Emmanuhel et prop III. Se qualcuno dopo l’Unione divide nell’unico Cristo le due sostanze
διά τοΰτο Θεοτόκον τήν αγίαν παρ ter hoc ipsum Dei genetricem san congiungendole con un semplice rapporto di dignità, cioè d’autorità o di po
θένον (γεγέννηκε γάρ σαρκίκως ctam Virginem (pepetit enim carra- tenza, e non piuttosto con un’unione di natura, sia anatema.
σάρκα, γεγονότα τον έκ θεοί» λόγον)1, liter Verbum quod ex Deo est se-' IV. Se qualcuno attribuisce a due persone o a due sostanze le espressioni
te άνάθεμα έστω. eundum quod scriptum est et Ver- contenute sia nei Vangeli sia nelle lettere degli apostoli, o dette dai santi sul
bum-caro factum estv)%a. s. Cristo, o da lui di se stesso, e alcune le attribuisce all’uomo, considerato di
β', Ε ϊ τις ούχ ομολογεί σαρκΐ καθ’ II. Si quis non confitetur carni stinto dal Verbo di Dio, altre invece come degne di Dio, al solo Verbo di Dio
ύπόστασιν ήνώσθαι τον έκ θεού substantialiter unitum esse Verbum padre, sia.anatema.
πατρός λόγον ένα τε είναι Χριστόν Patris, unum quoque esse Christum V. Se qualcuno osa dire che il*Cristo è un uomo portatore di Dio, e non
20 μετά τής ϊδίας σαρκός, τόν αύτόν cum propria came et eundem ipsum piuttosto veramente Dio V
δηλονότι θεόν τε όμου καί άνθρωπον, sine dubio Deum simul et homi
άνάθεμα έστω. nem, a. s.
γ \ Ε ϊ τις επί του ενός Χριστοΰ III. Si quis in uno Christo divi
διαιρεί τάς ύποστώσεις μετά τήν dit substantias post unitionem, sola
23 ένωσιν, μόνη συνάπτων αύτάς συνα eas societate conmngens ea quae
φείς τή κατά τήν άξίαν ή γουν secundum dignitatem est vel etiam
αόθεντίαν ή δυναστείαν καί οόχί δή auctoritatem aut potestatem, et non
μάλλον συνόδω τη καθ’ ένωσιν magis conventu ad unitatem natu
φυσικήν, άνάθεμα έστω, ralem, a, s.
eo δ'. Ε ΐ τις προσώποις δυσίν ή γοΰν IV. Si quis duabus personis vel
ύποστάσεσιν τάς τε έν τοΐς εδαγγελι- subsistentiis decernat eas voces
κοίς καί .άποστολικοΐς συγγράμμασι quae tam in evangelicis quam apo-
διανέμει φωνάς, ή επί Χριστώ παρά stolicis litteris continentur, vel
των άγίων λεγομένας ή παρ’ αύτου etiam eas quae de Christo a sanctis
as περί έαυτοΰ, καί τάς μέν ώς άνθρώπφ dicuntur vel ab ipso Christo de se
παρά τόν έκ θεοΰ λόγον Ιδικώς ipso, et aliquas quidem ex his tam
νοουμένη) προσάπτει, τάς δέ ώς quam homini praeter Dei Verbum
θεοϊϊρεπεΐς μάνιρ τφ έκ Θεοΰ πατρός iqui quasi > specialiter intellegatur,
λόγω, άνάθεμα έστω. adpllcandas crediderit, aliquas vero
40 tamquam Deo dignas soli Verbo
Dei Patris deputaverit, a.s.
ε'. ΕΪ τις τολμφ λέγειν θεοφόρον V. St quis audet dicere Christum
άνθρωπον τόν Χριστόν καί οόχί δή [hominem] άνθρωπον θεοφόρον, id .est
μάλλον θεόν είναι κατά αλήθειαν hominem Deo utentem seu portan
45 / ώς υιόν ένα καί φύσει, καθό ‘γέγονε tem, et non Deum esse veraciter
* Ιο 1,14.
59
Concilium E p h esiu m — 431 Terza lettera di Cirillo a. Nestorio
σάρξ ò λόγος’1 καί κεκοινώνηκε παρα- dixerit, tamquäm unicum^Filium ‘ come Figlio unico per natura, ìnquantoché il Verbo si fece carne1 e partecipò
πλησίως ήμΐν αίματος καί σαρκός2, per naturam, secundum quod Ver a nostra somiglianza delia carne e del sangue,2 sia anatema.
bum caro faciam w/ket) participaverit VI. Se qualcuno osa dire che il Verbo di Dio Padre è Dio o Signore del
άνάθεμα έστω.
Cristo, e non confessa piuttosto che egli è Dio e uomo nello stesso tempo,
nobis similiter carne et sanguine3, a.s.
poiché il Verbo sì fece carne1 secondo le Scritture, sia anatema.
6 ς \ Ε ΐ τις λέγει θεόν ή δεσπότην VI. Si quis dicit D eum vel domi VII. Se qualcuno afferma che Gesù, come uomo, è stato mosso nel suo
είναι του Χρ ιστού τόν εκ Θεοΰ πατρός num esse Christi Dei Patris Verbum agire dal Verbo di Dio e che gli è stata attribuita la dignità di unigenito, come
λόγον καί ούχί δή μάλλον τόν αύτόν- et non magis eundem ipsum con ad uno diverso da lui, sia anatema.
δμολογεΐ θεόν τε δμοΰ καί άνθρωπον, fitetur Deum et hominem simul Vili. Se qualcuno osa dire che l’uomo assunto [dal Vèrbo] deve essere
ώς .γεγονότος σαρκός του λόγου1 propter quod Verbum caro fa c in g con-adorato col Verbo di Dio, con-glofìficato e con-chiamato Dio come si fa
ίο κατά τάς γραφάς, ανάθεμα έστω, esi1 secundum scripturas, a.s. - di uno con un altro (infatti l’aggiunta della sillaba «con» fa pensare questo) e
ζ'. Ε ΐ τίς φησιν ώς άνθρωπον ενηρ- VII. Si quis dicit tamquam in non onora, piuttosto, con un’unica adorazione l’Emmanuele, e non gli attri
γήσθαι παρά του θεοΰ λόγου τον hominem Iesum Deum Verbum buisce mia unica lode* in quanto il Verbo si fece carnei sia anatema.
Ίησοΰν καί τήν του μονογενούς fuisse operatum et unigeniti digni IX, Se qualcuno dice che l’unico Signore Gesù Cristo è stato glorificato
ευδοξίαν περιήφθαι, ώς έτέρφ παρ’ tatem tamquam alteri praeter ipsum dallo Spirito, che egli si serve della potenza che gli viene [dallo Spirito] come
ΐδ αυτόν ύπάρχοντι, άνάθεμα έστω. ■■ exsistenti, tribuit, a, s. dì una forza a lui estranea, e che ha ricevuto da lui il potere contro gli spiriti
η'. Ε ΐ τις τολμφ λέγειν τον άναλη- V ili. Si quis audet dicere ad- immondi e quello di operare i prodigi divini tra gli uomini, e non dice piutto
φθέντα άνθρωπον συμπροσκυνεΐσθαι ■sumptum hominem coadorari cum sto che lo Spirito per il quale ha operato questi segni è il suo proprio, sia ana
δεΐν τω θεό) λόγω καί συνδοξάζ'εσθαι D eo Verbo oportere et connuncu- tema.
καί' συγχρηματίζειν θεόν ώς έτερον pari Deum, tamquam alterum cum X. La divina Scrittura dice .che il Cristo è divenuto apostolo e sommo sa
μ έτέρω, (τό γάρ*συν’ άεΐ προστιθέμενον altero (adiectio enim unius sylla cerdote della fede che noi professiamo,3 e che si è offerto per noi in odore di
τοΰτο νοεΐν άναγκάσει), καί ούχί δή bae hoc cogit intellegi), et non soavità a D io Padre.4 Perciò se qualcuno dice che nostro pontefice e apostolo
μάλλον μιςί προσκυνήσει τιμφ τόν magis una reverentia veneratur non è lo stesso Verbo di Dio, quando sì fece carne e uomo come noi, ma
Εμμανουήλ καί μίαν αύτφ τήν δοξο Emmanuhelem unamque ei glori l’uomo nato dalla donna quasi fosse altro da lui; V
λογίαν άνάπτει καθό γέγονε' σάρξ ό ficationem dependit iuxta quod
20 λόγος1, άνάθεμα έστω. Verbum caro facium estx, a. s.
θ'. Ε ΐ τίς φησιν τόν ένα κύριον IX . Si quis unum dom inum lesum
Ίησουν Χριστόν δεδοξάσθαι παρά του Christum glorificatum dicit ab Spiri
πνεύματος, ώς άλλοτρία δυνάμει τη tu sancto, tamquam ab aliena virtu
St’ /χύτου χρώμενον καί παρ’ αύτοΰ te, qua per eum uteretur, et ab eo ac
so λαβόντα τό ένεργεΐν δύνασθαι κατά ceperit efficaciam contra immundos
πνευμάτων άκαθάρτων καί τό πλη .spiritus, et per eum implesse divina
ρούν είς άνθρώπους τάς θεοσημείας, signa et non magis proprium eius
καί ούχί δή μάλλον ’ίδιον αύτου τό esse Spiritum dicat, sicut et Patris,
πνευμά φησιν, δι’ οδ καί ένήργηκε per quem signa operatus est, a. s. ri
as τάς θεοσημείας* άνάθεμα έστω,
ι', ‘ ’Αρχιερέα καί άπόστολον της X . Pontificem et. apostolum con
όμολογίας ήμών’8 γεγενήσθαι Χριστόν fessionis nostrae3 factum esse Chri
ή θεία λέγει γραφή, προσκεκόμικε δέ stum divina scriptura commemo ;λΚ ■
, υπέρ ήμών εαυτόν είς οσμήν εύωδίας rat; obtulit enim semet ipsum pro U. -·■
4« τφ θεφ καί πατρί4, εΐ τις τοίνυν nobis D eo Patri in odorem suavita ■i ·■.■< ‘1
άρχιερέα καί άπόστολον ήμών γεγε- tis4. Si quis ergo pontificem et apo
νησθαί φησιν ούκ αύτόν τόν έκ θεοΰ stolum nostrum alium dixerit esse
λόγον, δτε γέγονε σάρξ καί καθ’ factum praeterquam ipsum Deum
ήμάς άνθρωπος,.άλλ’ ώς έτερον παρ’ Dei Verbum , quando factum est caro
45 αύτόν ίδικώς άνθρωπον εκ γυναικός, et secundum nos hom o, sed quasi
ή εΐ τις λέγει καί ύπέρ έαυτοΰ alterum praeter ipsum specialiter
προσενεγκεΐν αύτόν τήν προσφοράν o se qualcuno dice che ha offerto il sacrificio anche per sé, e non solamente
hominem ex muliefe, et si quis dicit
per noi (infatti non ha bisogno di sacrificio chi non conosce il peccato), sia
καί ούχΐ δή μάλλον ύπέρ μόνων quia pto se obtulit se ipsum obla
anatema.
ήμών, (ού γάρ άν έδεήθη προσφοράς tionem et non magis pro nob'is solis XI. Se qualcuno non confessa che la carne del Signore è. vivificante in
ό μή είδώς αμαρτίαν), άνάθεμα (non enim indiguit oblatione qui quanto è la carne propria dello stesso Verbo del Padre, ma [pretende che sia]
έστω. peccatum nescivit), a. s. di un altro diverso e unito a lui solo per la dignità, o per aver ricevuto solo la
■ ια'. Ε ϊ τις ούχ ομολογεί τήν τοίί X I. Si quis non confitetur car divina abitazione; se, dunque, non confessa che essa sia vivificante, come ab
κυρίου σάρκα ζωοποιόν εΐναι καί Ιδίαν nem Domini vivificatricem esse biamo detto, perché propria del Verbo di Dio che può vivificare ogni cosa,
αύτου του έκ θεού πατρός λόγου, άλλ* tamquam propriam ipsius Dei Ver sia anatema.
ώς έτέρου τίνος παρ’ αύτον συνημμέ bi, sed quasi alterius cuiuspiam prae XII. Se qualcuno non confessa che il Verbo di Dio ha sofferto nella carne,
10 νου μέν αύτφ κατά τήν άξίαν ή γουν ter ipsum, coniuncti quidem secun è stato crocifisso nella carne, ha assaporato la morte nella carne, ed è divenu
ώς μόνην θείαν ένοίκησιν έσχηκότος, dum dignitatem aut secundum to il primogenito dei morti,1perché come Dio è vita e dà la vita, sia anatema.
καί ούχί δή μάλλον ζωοποιόν, quod solam divinam . inhabitatio
ώς έφημεν, 6τι γέγονεν ιδία τοΰ nem habuerit, et non potius, ut Sentenza di deposizione pronunciata dal santo concilio
λόγου τοΰ πάντα ζωογονεΐν ίσχύοντος, diximus, vivificatricem esse, quia contro Nestorio empio e nemico della fede ortodossa
IS άνάθεμα έστω. facta est propria Verbi Dei, cui
omnia vivificare possibile est, a. s. Il santo sinodo disse: poiché l’illustrissimo Nestorio non ha voluto né
ιβ'. Ε ΐ τις ούχ ομολογεί τόν τοΟ X II. Si quis non confitetur Deum ascoltaré ii nostro invito, né accogliere i santissimi e piissimi vescovi da noi
θεού λόγον παθόντα σαρκΐ καί έσταυ- Verbum carne passum esse et mandati, abbiamo dovuto necessariamente procedere all’esame delle sue: em
ρωμένον σαρκί καί θανάτου γευσά- carne crucifixum et mortem carne pie espressioni. Dalla lettura dei suoi scritti e dalle affermazioni pronunciate
20 μενον σαρκί, γεγονότα1τε πρωτότο gustasse factumque primogenitum recentemente in questa sede metropolitana, confermate da testimoni, abbia
κον εκ των νεκρών1, καθο ζωή τέ έστι ex mortuis1, secundum quod est et mo costatato che egli pensa e predica empiamente. Spinti dai canoni e secon
καί ζωοπο ώς ώς θεός, άνάθεμα έστω. vita et vivificator u t Deüs, a. s. do la lettera del nostro santissimo padre e compagno nel ministero Celestino,
vescovo V
61
Concilium Epbesìntm —■431 Lettera sinodale, siti vescovi orientali
καί εκ τής έπιστολής του άγιωτάτου manorum ecclesiae lacrimantes sae- della chiesa di Roma, siamo giunti, spesso con le lacrime agli occhi, a questa
πατρύς ήμών καί συλλειτουργοί) pius ad hanc maerore plenam contra dolorosa condanna contro di lui:
Κελεστίνου [του] έπισκόπου της eum venimus sententiam. Nostro signore Gesù Cristo, da lui bestemmiato, stabilisce per bocca di
'Ρωμαίων εκκλησίας δάκρύσαντες questo santissimo sinodo che lo stesso Nestorio sia escluso dalla dignità epi
scopale e da qualsiasi collegio sacerdotale.
β πολλάκις έπΐ ταύτην τήν σκυθρωπήν
κατ’ αύτου έχωρήσαμεν άπόφασιν.
'0 βλασφημηθείς τοίνυν παρ’ αύτου Qui blasphematus igitur ab eo Lettera sinodale sui vescovi orientali
κύριος ημών Ίησοΰς Χριστός ώρισε est dominus noster lesus Christus,
,1 1 santo ed universale concilio riunito in Efeso per decreto dei piissimi im
διά της παρούσης άγιώτάτης συνόδου definiit per praesentem sanctissimam
peratori, ai vescovi, presbiteri, diaconi e a tutto il popolo dì ogni provincia e
ίο άλλότρίον είναι τύν αυτόν Νεστόριον synodum alienum, esse eundem città augura salute nel Signore. Mentre eravamo raccolti nella città di Efeso,
του τε επισκοπικού άξιώματος καί Nestorium tam ab episcopali digni- secondo il pio decreto di convocazione, alcuni, poco .più di trenta, si sono
παντός συλλόγου ιερατικού. tate quam etiam ab omni collegio staccati da noi. Autore della loro apostasia è stato Giovanni, vescovo di An
sacerdotali. tiochia. Ecco i loro nomi:
primo, lo stesso Giovanni di Antiochia dì Siria
Επιστολή συνοδική περί των. Synodi ep istula generalis de Questi, tra i quali vi sono alcuni vescovi deposti, hanno chiaramente dimo
ανατολικών έπισκόπων orien talibus episcopis strato di seguire le dottrine dì Nestorio e di Celestio e di non condividere la
condanna di Nestorio. Il santo sinodo con unanime sentenza li ha allontanati
le *Η άγια καί οικουμενική σύνοδος Sancta et universalis synodus quae dalla comunione ecclesiastica V
έν Έφέσιρ συγκροτηθεϊσα εκ in Ephesò congregata est ex decreto
θεσπίσματος των εύσεβεστάτων piissimorum principura, unicuique
βασιλέων τοΐς καθ’ έκάστην έπαρχίαν sanctae synodo quae per singula?
τε καί πάλιν έπισκόποις πρεσβυτέροις mundi partes est, in domino
ao διακόνοις καί παντί τφ λαφ. salutem. Nobis secundum pias
Συναχθέντων ημών κατά το εύσεβές litteras congregatis in Ephesia
γράμμα εν τη Έφεσίων μητροπόλει, civitate, recesserunt nonnulli ex
άπεστάτησαν τινές εξ ήμών, οντες nobis numero paulo amplius quam
τον άριθμόν τριάκοντα μικρφ πρός, triginta, principem suae apostasiae
86 έξαρχον της έαυτών άποστασίας habentes Antiochenorum episco
έσχηκότες τον της ’Αντιοχέων pum Iohannem, quorum et nomina
επίσκοπον Ίωάννην, 6ν καί τά haec sunt :
δνόματώ έστι ταυτα
πρώτος ■αύτύς Ιωάννης ό Άντιο- Idem Iohannes Antiochiae Syriae
ao χείας Συρίας
1
62 62
Comitum Ephesium — 431 Lettera sinodale sui vescovi orientali
ήμων Νεστορίου' καταψηφίσασθαι* sacerdotii operatione privavit per e li ha privati di ogni compito episcopale con cui potessero nuocere o giovare
οδστινας δόγματι κοινφ ή άγια quam possent vel nocere vel iuvare. a qualcuno.
σύνοδος πάσης μέν ■έκκλησιαστικής Poiché1 è necessario che anche quelli che non hanno partecipato a questo
κοινωνίας άλλοτρίους έποίησεν, πάσαν santo sinodo e sono rimasti nella propria provincia, non ignorino quanto è
5 δέ αύτών ενέργειαν ιερατικήν statò stabilito, informiamo la santità tua che se il metropolita di una provine
περιεΐλεν, Si*' ής ήδύναντο βλώπτειν eia, staccandosi da questa santa e universale assemblea ha aderito a quel
ή ώφελεΐν τινας. gruppo di apostati o vi aderirà in seguito, ha condiviso o condividerà in futu
ro le idee di Celestio, questi perderà ogni giurisdizione sui’vescovi della sua
Επειδή1 δε έχρήν καί τούς άπο- Quia1 vero oportuit et eos qui
provìncia, né potrà aver parte ad alcuna comunione ecclesiastica secondo le
λειφθέντας τής συνόδου καί, μείναντας defuerunt a synodo et perstiterunt disposizioni dì questo smodo; ài contrario, sarà soggetto ai vescovi della
io κατά χώραν % πόλιν διά τινα αιτίαν in unaquaque prouhicia, non igno- provincia e ai metropoliti delle province confinanti che professino la fede or
ή εκκλησιαστικήν ή σωματικήν μή rare quae de his decreta sint, notum todossa, e sarà privato del grado dì vescovo.
άγνοήσαι τά περί αύτών τετυπωμένα, vestrae facimus sanctitati quia sive Se2 qualcuno dei vescovi delle provincia, allontanandosi da questo santo
γνωρίζομεν τη ύμετέρφ άγιότητί m etropolitans quis cuiuslibetregio- concilio, ha abbracciato l'apostasia o tenta di abbracciarla o se qualcuno, do
τε καί άγάπη δτιπερ είτε δ nis abscedens ab hoc sancto et po aver sottoscritto la condanna di Nestorio, è poi ritornato al gruppo degli
is μητροπολίτης της έπαρχίας άπο στα- universali conventu, adiectus est ad apostati, questi, secondo guanto ha stabilito il santo concilio, è da conside
τήσας τής άγιας καί οικουμενικής illud apostasiae concilium vel post rarsi escluso dal sacerdozio e decaduto dal suo grado,
συνόδου προσέθετα τφ τής άποατα- haec si se illi commiserit vel si ea . Quanto poi5 ai chierici che in qualsiasi città o campagna fossero stati so
σίας συνεδρίΐρ ή μετά τοΰτο προστε- quae sunt Caelestii, [post haec] spesi dal loro ufficio da Nestorio V
θείη ή τά Κελεστίου εφρόνησεν sapuit sive sapuerit, contra suae
go ή φρονήσει, ■οδτος κατά των τής regionis episcopos nihil poterit
επαρχίας έπισκόπων διαπράττεσθαί praevalere, omni ecclesiastica com-
τι ούδαμώς δύναται, πάσης muntone a praesenti iam hac synodo
έκκλησιαστικής κοινωνίας εντεύθεν factus extorris atque privatus eifec-
ήδη υπό τής συνόδου έκ βεβλημένος tu; sed et ipsis suae regionis epis-
35 καί άνενέργητος ύπώρχων, άλλά copis et affinibus undique metro-
καί αύτοΐς τοΐς τής επαρχίας polìtanis, qui orthodoxe sentiunt,
έπισκόποις καί τοΐς πέριξ μητροπο- subiacebit, u t in totum et episco-
λίταις τοΐς τά τής ύρθοδοξίας φρο- patus gradu privetur,
νοΰσιν δποκείσεται εΕς το πάντη
ao και του βαθμού τής έπισκοπής
έκβληθήναι.
E l δέ τινες3 έπαρχιώται επίσκοποι Si vero8 aliqui paroeciales epìs-
άπελείφθησαν -Γης άγίας συνόδου copi, relicta hoc sancto concilio,
καί, τη άποστασίφ προσετέθήσαν eidem discessioni adiuncti sint aut
35 ή προστεθήναι πειραθεΐεν ή καί adiungi temptaverint, aut si quis ex
ύΐυογράψαντες τη Νεστορίου his qui subscripserunt detection!
καθαιρέσει Ιπαλινδρόμησαν πρός το tNestorib, ad conventum reversi
τής άποστασίας συνέδριον, τούτους sint discessionis eiusdem, hos om-
πάντη κατά τό δόξαν τη αγία nino secundum quod huic sanctae
40 συνόδω άλλοτρίους είναι τής synodo placuit, esse sacerdotio
ίερωσύνης καί του βαθμόν άπο- alienos et ab eodem cadere gradu.
•πίπτοντας.
Εί δέ τινές8 καί των έν έκάστη Si veto3 et quidam clericorum qui
πόλει ή χώρα κληρικών ύπδ in unaquaque sunt civitate, a
45 Νεστορίου καί τών σύν αύτφ βντων Nestorio vel ab his qui üna sunt, eo
63
Cofuiiitm Ephsìnum — 431 Definizione sitila fede di Nicea
της Εερωσύνης έκωλύθησαν διά τό quod recte sapererit, ab officio o dai suoi partigiani per i loro sentimenti ortodossi, siano reintegrati nel loro
όρθώς φρονεΐν, έδικαιώσαμεν κ«1 suspensi sunt, et hos proprio gradui grado. In-linea generale stabiliamo che i chierici che aderiscono a questo, con
cilio ecumenico e ortodosso non debbano essere assolutamente e in nessun
τούτους τόν ίδιον άπολαβεΐν βαθμόν, restitui sanximus, communiter vero
modo o tempo soggetti ai vescovi che hanno abbandonato o abbandoneran
κοινώς Ss τούς τη όρθοδόξφ καί. eos clericos qui eadem sapiunt quae no la retta fede e violano i sacri canoni,
e οικουμενική συνόδω συμφρονουντας haec orthodoxa et universalis syno- I chierici1 che, allontanatisi [da questo sinodo], sia in pubblico che in pri
κληρικούς ■κελεύομεν τοίς άποστα- dus, iubemus his qui abscesserunt vato, professino le idee di Nestorio o di Celestio, anche questi sono deposti
τήσασιν ή άφισταμένοις έπισκόποις sive abscessuri sunt, omnino non dal sacro sinodo.
μηδ’ . δλως ύποκεισθαι κατά μηδένα esse sublectos neque ullo modo Quanti,2 per azioni indegne siano stati condannati da questa santa assem
τρόπον. subiacere. blea o dai propri vescovi, e contro ogni norma ecclesiastica siano stati resti
ίο Ε ί δέ τινές1 άποστατήσαιεν των Si qui1 vero abscesserint clerico- tuiti nella comunione o nel grado da Nestorio o dai suoi seguaci, abbiamo
κληρικών καί τολμήσαιεν ή κατ’ rura et praesumpserint vel clam vel stabilito non abbiano da ciò alcun vantaggio e rimangano deposti.
ιδίαν ή δημοσία τά ΝεστορΕου ή palam ea quae Nestori! aut ea quae Ugualmente1chi volesse in qualsiasi modo modificare le decisioni del san
τά Κελεστίου φρονήσαι, καί τούτους Caelestii sunt,- sentire, et ,hos a to sinodo di Efeso relative ai singoli, sia privato del proprio grado se si tratta
είναι καθηρη μένους δπό της άγΕας sancta synodo esse depositos., di un vescovo o di un chierico, sìa escluso dalla comunione se si tratta di un
is συνόδου δεδικαίωται. laico.
'Όσοι3 δέ επί άτόποις πράξεσιν Quicumque2 vero ob incongruis
κατεκρίθησαν ύπό της άγίας συνόδου factis ab hoc sancto conventu Definizione sulla fede di Nicea
ή ύπό των οίκεΕων επισκόπων καί deiecri sunt seu ab episcopis propriis
τούτοις άκανονΕστως κατά τήν έν et his kregukriter circa indìs- Il concilio di Nicea espose questa fede: Crediamo /
so όίπασιν αύτοΰ άδιαφορίαν ό Νεστόριος cretionem per omnia suam Nestorius È bene, quindi, che tutti aderiscano a questa santa fede pia e adeguata a
ή οί τά αύτοΰ φρονουντες άποδουναι aut hi qui ea quae eius sunt, sentiunt, tutta l’ecumene. Ma poiché alcuni, V
έπεφάθησαν ή πει ραθείεν κοινωνίαν reddere communionem vel gradum
ή βαθμόν, άνωφελήτους μένειν καί temptaverint, absque ullo eos esse
τούτους καί είναι ούδέν ήττάν solacio et nihilo minus illos deposi-
as καθηρημένους έδικαιώσαμεν. tos permanere sancivìmus.
Ό μοίως3 δέ καί εί τινες βουληθεΐεν Similiter3 vero et si quicumque
τά περί έκάστου πεπραγμένα εν τη voluerint ea quae de singulis acta
άγίοι συνόδω τη εν Έφέσφ sunt in hac sancta synodo Ephesena,
οίφδήποτε τρόπω παρασαλεύειν, quolibet modo commovere, eadem
se ή αγία σύνοδος ώρισεν, εί μέν sancta synodus definivit, si episcopi
επίσκοποι ή κληρικοί εΐεν, του aut clerici fuerint* ut omni modo a
οικείου παντελώς άποπίπτειν βαθμού* gradu proprio excidant; sì vero
εί δε λαϊκοί, άκοινωνήτους ύπάρχειν, laici, sint communione privati.
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Comitium Sphttimm — ' 431 Definizione sulla fede di Nicea
δέ τινές προσποιούνται μέν ομολογείν simulant quidem eam se confiteri et pur fingendo di confessarla e di aderirvi, ne interpretano male il vero senso
«ύτήν καί συντίθεσθαι, παρερμη- consentire, male autem ìnterpre'tan- secondo il loro modo di vedere e alterano la verità, essendo figli dell’errore e
della perdizione, è stato assolutamente necessario aggiungere le testimonian
νεύουσι δέ των έννοιων τήν δύναμιν tur sensuum virtutem secundum
ze dei santi padri ortodossi per dimostrare in qual modo essi compresero e
έπί το αότοΐς δοκούν καί σοφίζονται quod eis placet, et circumveniunt
predicarono con coraggio questa fede, perché sia anche chiaro che tutti quelli
5 τήν άλήθειαν, πλάνης δντες υιοί καί veritatem, filii existentes erroris et che hanno una fede retta e immacolata la comprendono, l’interpretano e la
άπωλείας τέκνα, έδέησεν άναγκαίως nati perditionis, opus fuit necessario predicano in questo modo.
άγιων πατέρων καί ' δρθοδόξων sanctorum patrum et orthodoxorum
’ παραθέσθαι χρήσεις πληροφορήσαι adicere testimonia quae satisfacere Letti questi documenti il santo sinodo stabilisce2 che nessuno può propor
δυναμένας τίνα τε τρόπον νενοήκασιν valeant ' quemammodum intellexe- re, redigere o formulare una fede diversa da quella definita a Nicea dai santi
ìa αυτήν καί κηρΰξαι τεθαρρήκασιν, runt eam et praedicare praesumpse- padri assistiti dallo Spirito santo. Quelli che osassero formulare o proporre
ώστε δηλονότι καί πάντας τούς runt, u t palam sit quia omnes rectam una diversa fede a chi vuole convertirsi alla conoscenza della verità prove
ορθήν καί άμώμητον έχοντας πίστιν et immaculatam habentes fidem sic nendo dall’Ellenismo o dai Giudaismo o da qualsiasi eresia, se sono vescovi
οΰτω καί νοεΐν καί έρμηνεύειν καί et intellegunt et interpretantur, et siano considerati decaduti dall’episcopato, se chierici dalla loro dignità eccle
κηρύττειν άύτήν. praedicant eam. siastica; se poi costoro fossero laici,, siano scomunicati. Similmente se fossero
scoperti dei vescovi, dei chierici o dei laici, che credono o insegnano le dot
ìe 1 . . . ; ,1 trine del presbitero Carisio circa l’incarnazione dell’unigenito Figlio di Dio,
Τούτων τοίνυν άναγνωσθέντων, His Igitur recitatis decrevit3sancta o anche le empie e perverse dottrine di Nestorio siano, colpiti dai decreti di
&ptoeva ή άγία σύνοδος έτέραν πίστιν synodus aliam fidem nulli licere questo santo concilio ecumenico; chi è vescovo sarà escluso dall’episcopato e
μηδενί εξεΐναι προφέρειν ή γουν proferre vel conscribere vel com- deposto, chi è chierico sarà ugualmente rimosso; V
σογγράφειν ή συντιθέναι παρά τήν ponere praeter illam quae definita
so όρισθεϊσαν παρά των άγίων πατέρων est a sanctis patribus qui NicaCam
των έν τη Νικαέων συναχθέντων per spiritum sanctum convenerunt;
σύν άγίφ πνεύματι- τούς δέ illos vero qui audent fidem aliam
τολμώντας ή συντιθέναι πίστιν έτέραν vel.componere vel proferre volenti-
% γουν προκομίζειν ή προφέρειν bus converti ad agnitionem veritatis
ss τοΐς έθέλουσιν έπιστρέφειν είς sive ex gentilitate sive ex ludaismo
έπίγνωσιν τής άληθείας ή έξ sive ex alia qualibet haeresi, si
Ελληνισμού ή έξ Ιουδαϊσμού ή episcopi quidem fuerint aut clerici,
γοΰν έξ αίρέσεως οίασδηποτοΰν, alienos esse episcopos ab episcopatu
τούτους, εί μέν εΙεν έπίσκοποι ή et clericos a clero; si vero laici sìnt,
ad κληρικοί, άλλοτρίους είναι τούς anathematizari. Sìmili modo si qui
επισκόπους τής έπισκοπής καί τούς deprehensi fuerint sive episcopi sive
κληρικούς του κλήρου- εί δέ λαϊκοί clerici vel laici vel credéntes vel
. εΐεν, άναθεματίζεσθαι. Κατά τύν ίσον docentes ea quae scripta sunt in
δέ τρόπον, εί φωραθειέν τινες είτε expositione quae a Charisio presby-
Bs επίσκοποι είτε κληρικοί είτε λαϊκοί tero prolata est de inhumanatione
ή φρονοΰντες ή διδάσκοντες τά Ιν unigeniti filü dei, aut certe polluta
τη προκομισθείση εκθέσει παρά et perversa Nestorii dogmata, quae
Χαρισίου τού πρεσβυτέρου περί τής etiam subiecta sunt, eos subiäcere
ένανθρωπήσεως τού μονογενούς υίοΰ sententiae sanctae huius et univer-
4o τού Θεού ή γοΰν τά μιαρά καί salis synodi, ita u t sit palam epìscò-
διεστραμμένα Νεστορίου δόγματα, Ä pum quidem alienum fore episcopa-
καί ύποτέτακται, ύποκείσθωσαν τη tu et deponendum, clericum veto a
άποφάσεί τής άγίας ταύτης καί clero similiter summovendum et
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Concilimi Bplmìnum — 43 i Definizione contro gli empi messaliani o euchiti
οικουμενικής συνόδου, ώστε δηλονότι esse depositum; si vero laicus sit, et se poi si-tratta di un laico, sia scomunicato come è stato detto sopra.
τόν μεν επίσκοπον άλλοτριοΰσθαι ille anathematizetur sicut praedic-
τήςΊπισκοπήςκαί είναι καθηρημένον, tum est. Definizione contro gii empi messaliani o euchiti
τον Sè κληρικόν ομοίως έκπίπτειν
Β του κλήρου· εΐ δέ λαϊκός τις -είη, I piissimi e religiosissimi vescovi Valeriano e Anfilochio sono venuti da noi e
καί ουτος άναθεματιζέσθω καθά hanno proposto alla comune discussione il caso di quelli che in Panfilia sono
προείρηται. chiamati messaliani, ossia euchiti o entusiastico in-qualsiasi modo debba
chiamarsi .questa setta, la più empia dì tutte. Durante la discussione il piissi
mo e religiosissimo vescovo Valeriano ci mostra un voto sinodale formulato
nei loro confronti nella grande Costantinopoli, sotto Sisimiio1 di beata me
moria. Dopo che ne fu data lettura fu approvato da tutti perché redatto bene
e secondo la retta dottrina. E fummo tutti d’accordo, compresi i santi vesco
vi Valeriano e Anfilochio e tutti i piissimi vescovi delle diocesi della Panfilia e
"Ορος κατά των δυσσεβών μεσσα- D efinitio contra im p io s m essali- della Licaonìa, che quanto contenuto nello scritto sinodale avesse forza di
λιανιτών ή γουν εύχιτών anitas h o c est euchitas sive en- legge e non venisse in alcun modo trasgredito. Inoltre verme deciso che fosse
• ' thusiastas valido anche quanto era stato fatto in Alessandria; per cui tutti quelli che in
io Συνελθόντες έφ’ ημών οί εύλαβέστα- Venientes ad nos pientissimi et ogni parte delfa provincia ecclesiastica appartenessero alla setta dei messaliani
o entusiasti,' o fossero sospetti di questa eresia, sia chierici che laici, venissero
τοι καί ! θεοφιλέστατοι· έπίσκοποι ' religiosissimi episcopi Valerianus
convocati e in caso di abiura scritta dei pròpri errori, V
Ούαλεριανός καί Άμφιλόχιος καί ‘ et Amphilochius proposuerunt in
σκέψιν προθέντες κοινήν περί των communi considerandum de mes-
λεγομένων εν τοϊς της Παμφυλίας salianitis, hoc est euchitis vel enthü
ls μέρεσι μεσσαλιανιτών είτουν εύχι- siastis, qui in Pamphylia versantur,
των ή γοΰν ένθουσιαστών είτε vel quocumque nomine contami-
όπωσουν ή μιαρωτάτη των μνημονευ- natissima haeresis vocatur. A t no-
θέντων αίρεσις σαφηνισθείη, ήμών δέ bis considerantibus attulit pièntis-
διασκοπούντων, προεκόμισεν ό εόλα- simus et religiosissimus episcopus
20 βέστατος καί θεοσεβέσχατος επίσκο- Valerianus schedulam synodìcam de
πος Ούαλεριανός γαρτίον συνοδικόν illis compositam in magna Constan-
περί τούτων αύτών συνταχθέν èv τη tinopoli sub beatae memoriae Sìsin-
μεγάλη Κωνσταντινουπόλει επί του niox. Quae ubi lecta, ab omnibus
μακαρίας μνήμης Σισιννίου2* 6 καί probata est, quod bene sit condita
as άναγνωσθέν έπί πάντων έίδοξεν εδ recteque habeat, et placuit nobis
πεποιήσΟαΐ- καί δρθώς έχειν. Καί omnibus et pientissimis episcopis
συνήρεσεν άπασιν ήμϊν καί τοϊς Valeriano et Amphilochio et omni-
θεοφιλεστάτοις έπισκόποις Ούαλε- bus Pamphyliae et Lycaoniae pro-
ptocvcp καί Άμφιλοχίφ καί πασι vinciarum pientissimis episcopis, ut
ae τοϊς των ΙΙαμφύλων καί Αυκαόνων omnia quae in synodica charta con-
έπαρχιών εύλαβεστάτοις έπισκό- tenta, robur habeant, et nullo modo
ποις τά èv τφ συνοδικω χαρτίιρ praetereunda, et solida sint et ea
τυπωθέντα κρατεΐν άπαντα καί κατά quae in Alexandria acta sunt, ita u t
μ,ηδενα τρόπον παραβαίνεσθαι αδτά, omnes qui per universam provin-
βεβαίων 8ντων δηλαδή καί των ciana haeretici messaliani vel enthu-
πεπραγμένων έν Άλεξανδρείςι, ώστε siastae sunt vel de eius haereseos
τούς 8ντας κατά πασαν έπαρχίαν της m orbo suspecti, sive clerici sive
μεσσαλιανών ή γοΰν ένθουσιαστών laici sint, conveniantur et si quidem
αίρέσεως ή καί έν ύποψίαις τής τοι- anathematizaverint iuxta ea. quae in
1 Cf. Grumel, 49.
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Concilium BpSminum ·— 431 Definizione contro gli empi messaliani o eucbiti
αύτης νόσου γεγενημένους, εΐτε κλη- praedicto synodico scripto pro- secondo il documento sinodale, rimanessero nello stato clericale se chierici e
ρικοί εΐεν εΐτε λαϊκοί, μεθοδεύεσθαι, nuntiata sunt, in scriptis, si clerici nella comunione ecclesiale se laici, Chi rifiutasse ciò e non volesse abiurare,
καί αναθεματίζοντας κατά τά έν τφ fuerint, maneant clerici, si laici, ad se sacerdote o diacono, o costituito in un qualsiasi grado nella chiesa, sia
s μνημ,οίνευθέντί συνοδικφ διηγορευ- communionem admittantur. Quod- escluso dal suo stato e dalla comunione ecclesiastica, se laico sia scomunica
μένα έγγράφως, μένειν τούς μέν si rennuerint anathematizare, si to. Non sìa permesso a coloro che sono stati riconosciuti in errore di conti
κληρικούς έν τφ κλήρω, τούς δέ presbyteri vel diaconi fuerint vel in nuare ad avere i monasteri, perché la zizzania non sì estenda e non sì rafforzi.
λαϊκούς έν τη κοινωνία της εκκλησίας* alio quopiam gradu ecclesiae, exci- Perché queste disposizioni vengano eseguite usino la loro diligenza sia i santi
άνανεύοντας δέ πρός τούτο καί μή dant et a clero et a gradu et a coni vescovi ^Valeriano e Anfilochio, che i reverendissimi vescovi di tutta la pro
lo άναθεματίζοντας, τούς μέν πρεσβυτέ- m unìone; laici vero anathematizem
vìncia. E sembrato bene, inoltre, condannare il libro di quella infame eresia,
detto “Ascetico”, portato dal pio e santo vescovo Valeriano, perché compo
ρους καί διακόνους καί τούς έτερόν tur. Convicti quoque non permit-
sto dagli eretici; e se presso qualcuno si trovasse qualche altra raccolta delle
τινα βαθμόν έχοντας έν εκκλησία tantur habere monasteria, u t ne loro empie dottrine, anche questa venga condannata. Inoltre, avendo allora
έκπίπτειν καί κλήρου καί βαθμού Γκαί zizaniae diffundantur et crescant, proceduto di comune accordo; per l’unità di spirito, la comunione e la dispo
κοινωνίας, τούς δέ λαϊκούς άναθε- Haec u t sic agantur, omnes vires sizione, era necessario fissare con chiarezza per iscritto quanto è stato deci
is ματίζεσθαι. Μοναστήρια δέ μή συγ- intendant pìentissìmì episcopi Va- so. Qualora poi insorga una questione riguardo a ciò, circa l’oggetto in esa
χωρεΐσθαι έχειν τούς έλεγχομένους lerìanus et Amphilochius ceterique me, sia per gli stessi piissimi vescovi Valeriano e Anfilochio sia per gli eccel
ύπέρ του μή το ζιζάνιον έκτείνεσθαι reverentissimi totius provinciae epi- lentissimi vescovi di ogni provìncia e qualora si ritenga opportuno riesamina
καΐ ίσχύειν* πράττεσθαι δέταυταπαν- scopi.. Unde ad haec placuit librum re qualcuna delle cose difficili o disputate, è parso bene che, riuniti i piissimi
τί σθένει χρωμένων της επί τούτων pollutae illius haereseos; qui dicitur vescovi della Licia o della Lieaonia, senza che sìa assente il metropolita delia
20 σπουδής αύτων τε καί των θεοφι- Asceticon, anathematizari, quem provincia da cui siano tratti, grazie alla loro mediazione colui che ne ha ne
λεστάτων επισκόπων Ούαλεριανου attulerat religiosissimus et pientis- cessità metta agli atti ciò che è oggetto di disputa.
καί Άμφιλοχίου καί των κατά simus Valerianus, utpote ab haere-
πασαν'τήν επαρχίαν εύλαβεστάτων tìcis compositum; similiter si quid
επισκόπων. Συνήρεσε δε πρύς τούτοις illorum impietatem sapiens apud
es άναθεματισθήναι τό βιβλίον το προ- plerosque inveniatur, etiam hoc
φερόμενον τής μιαρας έκείνης αίρέ- anathema sit. Praeterea dum conve-
σεως τύ λεγόμενον παρ’ αύτοΐς niunt, quae utilia et necessaria ad
’Ασκητικόν, τύ προκομισθέν παρά concordiam et communionem et
του ευλαβέστατου καί θεοφιλεστάτου dispositionem, manifeste -scriptis
so έπισκόπου Ούαλεριανού, ώς παρά commendentur; si autem quaestio
των αιρετικών έκτεθέν, καί εΐ τι oborta de his quae ìn hoc negotio
έτερον σύνταγμα τής έκείνων άνοσιό- sunt, et si quid difficile et ambiguum
τητος εύρίσκοιτο παρά τισι, καί fuerit, quod pientissimis episcopis i
τούτο είναι άνάθεμα. Έ π ί τούτοις Valeriano et Amphilochio ceteris-
35 άλλήλοις συμβεβηκότων τότε . είς que per totam provinciam episco-
όμοψυχίαν καί κοινωνίαν καί διάθεσιν, pis non probatur, admotis scriptu-
άναγκαΐον ήν έγγράφως τά δόξαντα ris omnia excutere debent, et si i■
φανερά καταστησαι’ εϊ δέ δή τις relicti fuerint pientìssimì episcopi
γένηται ζήτησις περί τούτων έν vel Lyciorum vel Lycaoniorum, non
ίο τφδε τφ πράγματι αύτοΐς τε τοΐς relinquatur tamen m etropolitans
θεοσεβεστάτοίς έπισκόποις Ούαλερια- provinciae, cuiuscumque fuerit, in
νφ καί Άμφιλοχίφ καί τοΐς κατά commentarios haec referenda, ut si
πάσαν τήν έπαρχίαν εδλαβεστάτοίς qui opus habent iis, inveniant quo
έπισκόποις καί ε’ί ' τι δόξειεν άνακύ- etiam aliis ea diligentius, exponant.
45 πτειν των δυσχερών ή άμφισβητησίμων, εδ έδοξεν έχειν παραληφθέν-
των των θεοσεβεστάτων έπισκόπων ή Αυκίων ή Αυκαόνων, ούκ άπολιμ-
πανομένου τού μητροπολίτου ής αν έλοιντο έπαρχίας, είς τύπον άνάγεσθαι
τον δέοντα διά τής αύτών μεσιτείας τά κινούμενα.
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Concilium Ephedmm — 431 I vescovi di Cipro provvedano alle loro consacrazioni
1 Cf. coac. Nie. I, cc. 6-7 (v. supra p. 9); cone. Constantin. I, c. 2 (v. supra pp. 31-32);
Can. ap. 34-35 (CSP 24); coac. Antioch. (341), cc. 9,13.22 (CSP 110,114,121);’ conc.
Sard. (342/343), cc. 3, 11, 12 (CSP 162-163,175-176).
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Concilium Epbesimm — 4SI Formula di unione
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Concilium.Epbestnum — 431 Lettera di Cirillo sulla pace
τέλειον καί άνθρωπον τέλειον έκ hominem petfectum ex anima ratio- perfetto uomo, [composto] di anima razionale e di corpo, generato dal Padre
ψυχής λογικής καί σώματος, πρό ' nali et cotpore, ante saècula qüidem prima dei-segoli secondo la divinità, nato, per note perla nostra salvezza, al
αιώνων μέν έκ του πάτρός γεννηθέντα ex patre natum secundum dìvinita- la fine dei tempi dalla vergine Maria secondo l’umanità, consostanziale al Pa
κατά τήν θεότητα, έπ’ εσχάτου δέ . tetri, in novissimis autem diebus dre secondo la divinità, e consostanziale a noi-secondo l’umanità. Avvenne
6 των ήμερων τόν αύτόν Si’ ή μας καί eundem propter hos et nostram infatti l’unione delle due nature e perciò noi. confessiamo un solo Cristo, un
διά .τήν ημετέραν σωτηρίαν® έκ salutem ex Maria virgine secundum solo Figlio, un solo Signore. Secondo questo concetto di unione inconfusa,
Μαρίας της παρθένου κατά τήν humanitatem, consubstantialem pa- noi confessiamo la Vergine santa Madre di Dìo, essendosi il Verbo di Dio In
carnato e fatto uomo, ed avendo unito a sé fin dallo stesso concepimento il
άνθρωπότητα, δμοούσιον τφ πατρί tri secundum deitatem eundem et
tempio assunto da essa. Quanto alle affermazioni evangeliche ed apostoliche
τόν αύτόν κατά .τήν θεότητα καί consubstantialem nobis secundum che riguardano il Signore, sappiamo che ì teologi alcune le hanno considerate
ίο δμοούσιον ήμΐν κατά τήν άνθρωπότη- humanitatem. Duàrum enim natura- comuni a un’unica persona, altre le hanno distinte come riferite alle due na
τα. Δύο γάρ φύσεων ένωσις γέγονεν*- rum unitio facta est, propter quod ture: quelle degne di Dio alla divinità del Cristo, quelle più umili alla sua
δι* δ ένα Χριστόν, ένα υίό'/ί ένα unum. Christum, unum .filium, umanità.
κύριον όμολογοΰμεν. Κατά ταύτην-,. unum dominum confitemur. Secpn-
τήν της άσυγχύτου ένώσεως έννοιαν dum hanc .inconfusae unitionis Lettera di Cirillo a Giovanni d’Antiochia sulla pace1
is όμολογοΰμεν . τήν άγίαν παρθένον intellegentiam confitemur sanctam
Θεοτόκον διά τό τόν θεόν λόγον virginem dei genetricem.· eo quod Dòpo la lettura di queste sante parole, 2 trovandoci in perfetta comunione
σαρκωθήναι καί ένανθρωπήσαι. καί deus verbum incarnatus sit e t -in- di pensiero {un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo) , 3 abbiamo glo
έξ αύτης της συλλήψεως ένώσαι. humanatus et ex ipso · conceptu rificato Dio salvatore di tutti gli uomini e ci siamo a vicenda rallegrati perché
έαυτφ τόν έξ αύτης ληφθέντα ναόνε. univerit sibi illud quod ex ea le nostre e le vostre chiese hanno una fede conforme alle sacre Scritture e alla
so Τάς δέ εύαγγελικάς καί άποστολικάς sumptum est templum. Evangelicas tradizione dei santi padri.
περί του κυρίου φωνάς ϊσμεν τούς autem et apostolicas de domino
θεολόγους όίνδρας τάς μέν κοι- voces novimus deiloquos viros alias
νοποιουντας ώς έφ’ ενός προσώπου, quidem communificantes tamquam
τάς δέ διαιροΰντας ώς έπί δύο super una persona, alias autem
ss φύσεων καί τάς μέν θεοπρεπεΐς κατά dividentes tamquam super duabus
τήν Θεότητα του Χριστοΰ, τάς δέ naturis et deodecentes quidem se-
ταπεινάς κατά τήν ανθρωπότητα am dum deitatem Christi, humiles
αύτοΰ^ παραδιδόντας. autem secundum humanitatem eius ì;.
tradentes.
I
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Concilium Epìmìnum — 431 Lettera di Citillo sulla pace
««I od παρ' ύμΐν έκκλησίαι. Επειδή ecclesiae. Quoniam vero competi Poiché ho saputo che alcune persone mi criticano con un ronzare fastidioso
δέ έπυθάμην των φιλοψογεΐν είωθότων quosdam vituperate solentium ves come quello delle vespe e vomitano contro di me maligni discorsi come se io
τινάς σφηκών Αγρίων δίκην περι- parum agrestium .modo circum dicessi che il santo corpo di Cristo è stato partorito dal cielo e non dalla santa
βομβεΐν κοίΐ μοχθηρούς έρεύγεσθαι sonare et malignos contra pie ser Vergine, ho pensato di dover dire loro a questo proposito qualche cosa. O
κ κατ' èμου λόγους, ώς Ιξ ούρανοΰ mones eructare tamquam e caelo insensati e maestri nella calunnia, come siete arrivati a pensare questo e come
mai siete afflitti da tanta stoltezza? Era necessario, sì era proprio necessario
κατακομισθέν καί ούκ έκ της Αγίας depositum et non ex sancta virgine avere l’intelligenza di capire che tutta questa battaglia per la fede si è levata
παρθένου λέγοντος τό Αγιον σώμα sanctum corpus Christi esse con contro di noi perché abbiamo confermato che la santa Vergine è madre di
Χρίστου, δεΐν φήθην όλίγα περί fitear, oportere arbitratus sum pauca Dìo. Ma se noi dicessimo che il còrpo dì Cristo nostro universale salvatore è
τούτου πρός άύτούς είπεϊν. ’Ώ Ανόητοι de hoc contra eos dicere. O insen disceso dal cielo e non è stato generato dalla stessa Vergine, come si potrebbe
ίο καί μόνον είδότες τό συκοφαντεΐν, sati et tantum calumniari docti, intendere l’espressione madre di Dio? Chi dunque ha essa generato, se non è
πώς είς τούτο παρηνέχθητε γνώμης quetmmmodum in hoc estis sensu vero che ha generato secondo la carne 1’Emmanuele ? Siano coperti di ridico
καί τοσαύτην νενοσήκατε τήν μωρίαν ; delapsi et in hac tanta stultitia lo quelli che vanno diffondendo queste chiacchiere su di me. Il beato profeta
’Έδει γάρ όδει σαφώς έννοεΐν 6 τΐ languistis? Oportebat enim, oporte Isaia infatti non mente quando dice: Ecco: la vergine concepirà e partorirà un
σχεδόν Απας ήμΐν ό ύπέρ της πίστεως bat sapienter intellegere quoniam figlio che chiamerà Emmanuele, che significa Dio con noi. 1 E con verità san
15 Αγών συγκεκρότηται διαβεβαιουμέ- nobis paene omne certamen de fide Gabriele disse alla vergine: Non temere. Maria, perché hai trovato grazia
νοις 0τι Θεοτόκος ' έστίν ή Αγία provenit confirmantibus quoniam presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù;
παρθένος. Αλλ’ εΐπερ έξ ούρανοΰ καί sancta virgo dei genetrix est. Sed si egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati.2
ούκ έξ αύτης τό Αγιον σώμα γεγεν- de caelo et non ex ipsa sanctum Quando noi diciamo che il signore nostro Gesù Cristo viene dal cielo e
νήσθαι φαμέν του πάντων ήμών corpus 'omnium nostrum salvatoris dall’alto, noi non io diciamo come se la sua santa carne venisse dall’alto del
so σωτηρος Χρίστου, πώς Αν Μτι νοοΐτο Christi factum esse diceremus, quo cielo, ma seguiamo piuttosto Paolo che proclama apertamente: I l primo uo
Θεοτόκος; Τίνα γάρ όλως τέτοκεν, εί m odo iam· intellegeretur dei gene- mo tratto V
μή έστιν άληθές 8 τι γεγέννηκε κατά trixi* Quem enim omnino peperit,
σάρκα τόν 'Εμμανουήλ; Γελάσθωσαν si non est verum quia peperit secun
τοίνυν οί ταΰτα περί έμοΰ πεφλυαρη- dum carnem Emmanuhel? Ridean
Ξβ κότες. Ού γάρ ψεύδεται λέγων δ tur igitur haec de me garrientes. Nec
μακάριος προφήτης Ίίσαίας ,,ϊδού ή enim beatus propheta Esaias menti
παρθένος έν γαστρί εξει καί τέξεται tus est dicens: ecce virgo m utero
υίόν καί καλέσουσι τό όνομα αύτοΰ habebit et pariet filium, et vocabunt
Εμμανουήλ, ό έστι μεθερμηνευόμε- nomen eius Emmanuhel, quod est inter
30 νον μεθ' ήμών ό θεός“1. 'Αληθεύει δέ pretatum nobiscum deus1. Vere autem
πάντως καί ό Αγιος Γαβριήλ πρός et sanctus Gabrihel ad beatam
τήν μακαρίαν παρθένον είπών* ,,μή virginem dicit: noli timere, Maria;
φοβοΰ, Μαριάμ* εδρες γάρ χάριν invenisti enim gratiam apud deum. Ecce
παρά τω 6 εω, καί ιδού συλλήψη εν concipies in utero et partes filium et
ss γαστρί καί τέξη υιόν καί «αλέσεις το vocabis nomen eius Iesum. Ipse enim
όνομα αύτοΰ Ίησουν* αύτός γάρ salvum faciet populum suum a peccatis
σώσει τόν λαόν αύτοΰ άπό των eorum3.
άμαρτιών αότών“ 3.
'Όταν- δέ λέγω- Quando autem dicimus de
4« μεν έξ ούρανοΰ καί Ανωθεν τόν κύριον caelo et de sursum dominum nos
ήμών Ίησουν Χριστόν, ούχ ώς Ανωθεν trum Iesum Christum, non quasi de
καί έξ ούρανοΰ κατενεχθείσης της sursum et de caelo deposita eius
Αγίας αύτοΰ σαρκός τά τοιαΰτα φαμέν, sancta carne talia dicimus, sed*magis
έπόμενοι δέ μάλλον τω θεσπε.σίω sequentes dicatissimum Paulum
46 Παύλιρ διακεκραγότι σαφώς ,,ό aperte clamantem: primus homo de
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Comilium Epbesimm — 431 Lettera di Cirillo sulla pace
πρώτος άνθρωπος έκ γης χοϊκός, ό tetra terrenus, secundus homo de cado1. dalla terra è dì terrà, il secondo uomo viene dal cielo}
δεύτερος ' άνθρωπος δ κύριος εξ Ricordiamoci anche delio stesso Salvatore che dice: nessuno è mai salito al
ούρανου“ 1. cielo, fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal d eh p benché sia nato se
Μεμνήμεθα δέ καί αύτου Meminimus autem et ipsum salvato- condo la carne dalla santa vergine, come ho affermato prima.
δ του σωτηρος λέγοντος ,,όύδείς άν«- rem dicentem: nemo ascendit in caelum Il Verbo Dio,dìscendendo dall’alto e dal cielo spogliò se stesso, assumendo
βέβηκεν εις τον ούρανδν εί' μή ο εκ nisi qui de caelo descendit filius hominisa, la condizione di servo3 e si fece chiamare figlio dell’uomo, pur restando ciò
che era, cioè Dio (immobile e immutabile per natura); essendo considerato
του . ούρανου καταβάς, δ υίός του qui utique secundum carnem, sicut,
come un solo essere con la sua carne si dice che è disceso dal cielo e viene an
άνθρώπου“ 0, καίτοι γεγέννηται κατά nuper dixi, ex sancta virgine natus che chiamato uomo che viene dal dehP perfetto nella sua divinità e perfetto
σάρκα, καθάπερ δφην άρτίως, έκ της est. nella sua'umanità, così che è da intendersi come una sola persona. Uno solo
ίο άγιας παρθένου. infatti è il signore Gesù Cristo, benché non vada misconosciuta la differenza
Επειδή 8 ε 6 άνωθεν : Quoniam vero de sursum et de caelo delle nature che sono state misteriosamente unite, come abbiamo detto.
καί έξ ούρανού καταφοιτήσας θεός descendens deus verbum exinanivit Quanto a coloro che sostengono che si è fatta una mescolanza, una confusio
λόγος ,,κεκένωκεν εαυτόν μορφήν semet ipsum formam servi accipiens0, ne o una commistione del Verbo di Dio con la carne', la tua santità si degni di
δούλου λαβών“ 3 καί κεχρημάτικεν et nuncupatus est filius hominis , 1 farli tacere. Sospetto infatti che qualcuno racconti che ho sostenuto tali cose.
is υίός άνθρώπου μετά τοΰ μεΐναι 6 ήν, permanens id quod erat, id est deus Ma io sono così lontano dal formulare tali pensieri che ritengo insensati colo
τουτέστι ■θεός (άτρεπτος · γάρ' καί (inconvertibilis enim et immutabilis ro che ipotizzano che possa verificarsi l’ombra di un cambiamento5 nella di
άναλλοίωτος κατά φύσιν Ιστίν), ώς secundum propriam naturam est),' vina natura del Verbo; essa resta quella che è, sempre immutabile,6 né muterà
εϊς ήδη νοούμενος μετά τής Ιδίας tamen quia iam unus intellegitur in futuro o sarà suscettibile di trasformazione. Tutti noi confessiamo che il
σαρκος έξ ούρανού λέγεται κατελθεΐν, cum propria carne, de caelo dicitur Verbo di Dio è impassibile, anche se nel comunicare sapientemente V
ao ώνόμασται δέ καί άνθρωπος εξ ούρα- descendisse, nuncupatus est autem
voö4, τέλειος ών έν θεότητι και τέλειος et homo de caelop perfectus in deitate
ό αύτδς έν άνθρωπότητι καί ώς έν exìstens et perfectus in humanitate
évi προσώπψ νοούμενος. et u t in una persona intellegendus.
ΕΤς γάρ Unus enim dominus Iesus Christus,
as κύριος Ιησούς Χριστός, κάν ή των quamvis non ignoretur differentia
φύσεων μή άγνοήται διαφορά, έξ ών naturarum, ex quibus inenarrabilem
τήν άπόρρητον δνωσιν πεπράχθαι unitionem factam esse diximus. Eos
φαμέν. Τούς δέ λέγοντας δτι κρασις autem qui dicunt quia permixtio vel
ή σύγχυσις ή φυρμός έγένετο του confusio aut ' confermentatio dei
3u θεού λόγου πρδς τήν σάρκα, κατα- verbi facta est ad carnem, dignetur
ξιωσάτω ή σή όσιότης έπιστομίζειν. tua sanctitas obserare. Suspicor
ΕΙκός γάρ ,τινάς καί ταυτα περί έμο0 enim et hoc de me aliquos divulgare
. θρυλεΐν ώς ή πεφρονηκότος ή είρη- quasi ita a u t. sapuerim aut (prae)
κότος, έγώ δέ τοσουτον άφέστηκα dixerim, ego autem tantum absum
ss του φρονήσαί τι τοιοΰτον, ώστε καί ab huiusmodi sensu, u t et furere ar-
μαίνεσθαι νομίζω τούς οίηθέντας δλως bitrer eos qui suspicati sunt omnino
δτι τροπής άποσκίασμα® περί τήν quia mutationis obumbratio® circa
θείαν του λόγου φύσιν συμβήναι δύνα- ’ divinam naturam verbi potest con-
ται. Μένει γάρ δ έστιν, άεϊ καί ούκ tingere; manet enim quod est,
4 D ήλλοίωται®-, άλλ* ούδ’ άν άλλοιωθείη semper et non mutatur®, sed neque
πώποτε καί μεταβολής έσται δεκτική, mutabitur aliquando vel ‘ conver-
Άπαθή δέ πρδς τούτφ τδν του θεού . sionis est capax. Impassibile autem
λόγον ύπάρχειν όμολογοΰμεν άπαντες', super haec dei verbum omnes con-
κάν εί πανσόφως αύτός οίκονομών τό fitemur, licet ipse sapientissimei*
72 72
Concilium Epbosìmm — 431 Lettera di Cirìllo sulla pace
μυστήριον έαΰτφ προσνέμων δρφτο disponens mysterium sibimet ipsi il mistero, egli mostra di attribuirsi le sofferenze sopravvenute alla propria
τά τη ιδία σαρκί συμβεβηκότα πάθη, impertiens yideatur eas quae acces carne. Per questo il sapientissimo Pietro disse dunque Cnsto soffrì per noi
serunt carni propriae passiones. nella carne1 e non nella natura della sua indicibile divinità. E perché si creda
Ταύτη τοι καί 6 πάνσοφος Πέτρος Ideo utique et sapientissimus Petrus che è il salvatore di tutti egli si attribuisce, secondo un’appropriazione che
B ,,Χριστοΰ οδν φησί παθόντος ύπέρ inquit Christo igitur passo pro nobis vige nell’attuale economia della salvezza, le sofferenze della sua carne, come
ήμών σαρκί“ 1 καί ούχΐ τη φύσει της carne1 et non natura inenarrabilis era stato predetto dalla voce del profeta che parlava in suo nome: Ho pre
άρρήτου θεότητος. "Iva γάρ αύτός deitatis. Ut enim ipse salvator esse sentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che m i strappavano la bar
των δλων σωτήρ είναι πιστεύηται, omnium crederetur, secundum pro- ba, non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.2
κατ’ οϊκείωσιν οΙκονομικήν είς έαυτόν, prietatem dispensativam ad semet Sia dunque ben certa la tua santità, e nessun altro ne dubiti, che noi seguia
ώς έφην, τά της Ιδίας σαρκός ipsum, u t dixi, carnis suae refert mo in tutto 1 sentimenti dei santi padri e soprattutto del nostro beato e famo
άναφέρει πάθη, όποΐόν έστιν το διά passiones, quale est illud quod per sissimo Atanasio e rifiutiamo dì allontanarci da lui in qualche cosa. Avrei po
της τοΐί προφήτου φωνής προαναφω-' prophetae vocem tamquam ab ipso tuto addurre molte testimonianze1a conferma delle mìe parole, se non avessi
νούμενον ώς έξ αύτοΰ ,,τόν νώτόν μου praedicitur: dorsum meum dedi ad temuto di annoiarti con la prolissità della mia lettera. Non tolleriamo che
δέδωκα είς μάστιγας, τάς δέ σιαγόνας verbera et maxillas méas ad palmas, qualcuno modifichi il contenuto della fede o lo stesso simbolo di fede che a
suo tempo è stato definito dai nostri santi padri riuniti a Nicea; ma neppure
tc μου εϊς Ραπίσματα, τό δέ πρόσωπόν faciem autem meam non averti afoeditate
possiamo permettere che noi stessi o altri modifichino anche una sola espres
μου ούκ άπέστρεψα άπό αισχύνης sputoruma. sione di ciò che è stato detto o trascurino una sola sìllaba, ricordando che è
έμπτυσμώτων“ 2. stato detto: Non spostare il confine antico, posto dai tuoi padri?
"Οτι δε ταΐς των Quoniam vero ubique sequimur Infatti non erano loro che parlavano, ma lo Spìrito di Dìo Padre, che pro
άγίων πατέρων δόξαις έπόμεθα παν- sanctorum patrum sententias, ma- cede da lui, ma non è estraneo al Figlio in ragione dell’essenza. E V
»ο ταχοΰ, μάλιστα δέ ταΐς τοΰ μακαρίου xirae autem patris nostri beatissimi
καϊ πανευφήμου πατρός ήμών ’Αθα- et praedicandissimi Athanasii, pm-
νασίου, τό κατά τι γουν δλως έξω nino in aliquo ab eo deviare vitantes,
φέρεσθαι παραιτούμενοι, πεπείσθω tua quidem sanctitas credat, aliorum
μέν ή σή όσιότης, ένδοιαζέτω δε των vero ambigat nullus. Apposuissem
a» άλλων μηδείς. Παρέθηκα δ* οίν καί utique et testimonia multa eorum,
χρήσεις αυτών πολλάς, τούς εμαυτοΰ ex ipsis mea verba confirmans, nisi
λόγους εξ αύτών πιστούμενος, εί μή prolixitatem meae epistulae timuìs-
τ£> μήκος εδεδίειν τοΰ γράμματος, μή sem, ne forte per hoc fastidium
άρα πως γένηται διά τοΰτο προσκορές. legentibus' generetur. Nullo veto
3“ Κατ’ ούδένα δέ τρόπον σαλεύεσΟαι modo moveri ab aliquibus patimur
παρά τινων άνεχόμεθα τήν όρισθεΐσαν fidem aut ipsum fidei symbolum
πίστιν ήτοι τό της πίστεως σύμβολον quod a sanctis patribus nostris in
τεαρά των άγίων ήμών πατέρων των Nicaea convenientibus illo tempore
Iv NiKaiqc συνελθόντων κατά καιρούς definitum est, sed neque permitti-
■ 38 οΰτε μήν έπιτρέπομεν Ιαυτοΐς ή mus nobismet ipsis aut aliis aut
έτέροίς ή λέξιν άμεΐψαι τών έγκειμέ- unum mutare dictorum ibidem
νων εκεΐσε ή μίαν γουν παραβήναι positorum aut unam syllabam prae-
συλλαβήν, μεμνημένοι του λέγοντος terire, meminimus autem dicentem:
,,μή μέταιρε δρια αιώνια, & έθεντο οί noli transgredi terminos aeternos quos
ίο πατέρες σου“3. , posuerunt patres fui*.
Ού γάρ ήσαν αυτοί οί Neque enim
λαλοδντες, άλλά τό' πνεύμα τοϋ Οεοΰ loquebantur illi, sed spiritus dei
καί πατρός, ö έκπορεύεται μέν.έξ patris, qui procedit quidem ex ipso,
αύτοΰ, εστιν δέ ούκ άλλότριον τοΰ est autem et a filio non alienus
os υίοΰ κατά τόν της ούσίας λόγον. Καί secundum essentiae rationem. E t
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C oncilium E p h esiu m — 431 Lettera di Cirillo sulla pace
questo ci confermano le arcane parole dei santi maestri. È scritto infatti negli
ιερός γε τοΰτο ή μας ο£ των άγίων ad hoc ipsum vero nos sanctorum Atti degli apostoli: Raggiunta la Mista, si dirigevano verso la Bitìnia, ma lo
μυσταγωγών κιστοΰνται λόγοι. Έ ν arcana docentium verba confirmant, Spirito di Gesù non lo permise loro.1E il divino Paolo scrive: Quelli che vìvo
μεν γάρ ταΐς Πράξεσιν των άποστό- In Actibus namque apostolorum no secondo la carne non possono piacere a Dio. Volperò non siete sotto il do
λων γέγραπτοέι ,,έλθόντες δέ κατά τήν scriptum est; venientibus auiem in minio detta carne, ma detto Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in
5 . Μυσίαν έπείραζον είς τήν Βιθυνίαν Moesiam, temptabant ire in Bithyniam voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene} Se qualcuno
πορευθήναι, καί ούκ ε’ίασεν αύτούς ei nonpermisit eos spiritus Iesux. Scribit di quelli che hanno l'abitudine di distoreere ciò che è retto, modificherà a suo
τί» πνεΰμα Ίησοΰ“1. Έπιστέλλει 8 ε autem et sacratissimus Paulus: qui piacimento le mie parole, tua santità non si meravigli, sapendo che tutti gli
καί ό Θεσπέσιος Παύλος ,,οί δέ έν autem in carne sunt, deo placere non eretici trovano nella Scrittura divinamente ispirata ìl pretesto dei loro errori,
σαρκΐ όντες Öetp άρέσαι ού.δύνανται- possunt. Vos autem non estis in carne, e corrompono con la loro malizia la rettitudine di ciò che è stato detto dallo
ίο υμείς δέ ούκ Ιστέ εν σαρκί, άλλ1 έν sed in spiritu, si quidem spiritus dei Spirito santo; così accumulano sulla loro testa una fiamma inestinguibile.
πνεύματι, είπερ πνεΰμα 6 εοΰ οίκεΐ habitat in vobis. Si quis autem spiritum E poiché abbiamo saputo che qualcuno ha fatto una edizione non veritiera
έν όμΐν* εί Sé τις πνεύμα Χρίστου ούκ' Christi non habet, hic non est eius? della lettera pienamente ortodossa del nostro celebre padre Atanasio al beato
έχει, οδτος ο6 κ έστιν αύτοΰ“ 2. "Οταν Quando autem quidam eorum qui Epittetò, al punto da nuocere a molti, abbiamo pensato che sarebbe utile e
δέ τινές των τά ορθά διαστρέφειν recta pervertere solent, meas voces addirittura necessario fornire ai fratelli una copia tratta dagli antichi esempla
is είώθότων τάς εμάς πάρατρέπωσι in hoc quod eis placuerit, mutant, ri che sono in nostro possesso e che non contengono alcun errore, e inviamo
φωνάς είς τό αύτοΐς δοκουν, μή θαυ- non 'ammiretur hoc tua sanctitas, tale copia a tua santità.
μαζέτω τοϋτο ή· σή όσιότης, είδυΐα sciens quoniam et omnes haeretici
ότι καί ο1 άπο πάσης αΐρέσεως έκ της de scriptura divinitus inspirata sui
Οεοπνεύστου .γραφής τάς τής έαυτών colligunt erroris occasiones, ea quae
20 πλάνης συλλέγουσιν άφορμάς, τά διά per spiritum sanctum recte dicta i
του άγιου πνεύματος όρθως εϊρημένα sunt, suae mentis malitia corrum- ì:
ταΐς έαυτων κακονοίαις παραφθεί- pentes et super sua capita' flammam f
i’
ροντες καί ταΐς Εδίαις κεφαλαΐς τήν -inextinguibilem haurientes, i-t:
όίσβεστον έπαντλουντες φλόγα.
ΗΒ Επειδή δέ μεμαθήκαμεν ότι καί Quoniam vero didicimus quod et
τήν πρός τον μακάριον Έπίκτητον epistulam praedicandissimi patris
έπιστολήν του πανευφήμου πατρύς nostri Athanasii ad beatum Epicte-
ήμών 'Αθανασίου όρθοδόξως όχουσαν tum destinatam orthodoxe haben- t"
παραφθείραντες τινές έκδεδώκασιν, tem corrumpentes quidam edide- I-
\
i Ac 16,7. a Rm 8,8.9.
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CONCILIO DI CALCEDONIO Il concilio ha promulgato anche 27 canoni disciplinari4 (è incerto in quale
sessione). Quello che viene comunemente chiamato canone 28 è, in realtà, un
voto formulato dal concilio nella XVI sessione sull'onore da riservare alla se
de di Costantinopoli, che i legati romani respinsero. Nelle antiche collezioni
451 greche sono attribuiti al concilio anche i canoni 29 e 30. Si tratta di estratti
dagli atti della XIX sessione per il canone 295, della IV sessione per il canone
30 .
Marciano e Anatolto vescovo di Costantinopoli chiesero l’approvazione
del concilio da parte del romano pontefice, a causa dei canone 28 a cui i legati
si erano opposti. Ciò risulta dalla lettera di Anatolio, che tenta di difendere
questo canone, e soprattutto dalla lettera dì Marciano che ne cliiede espressa
mente l’approvazione.
Poiché gli eretici abusavano della negata approvazione da parte del roma
Fu convocato per ordine dall'imperatore Marciano dopo il latrocinio di
no pontéfice, questi, il 21 marzo 453, appx'ovò i decreti dottrinali, respingen
Efeso (449), benché Leone Magno ne negasse l'opportunità, dal momento do invece il canone 28 perché in contrastò con i canoni dì Nicea e i privilegi
che i vescovi erano sul punto di spttoscrivere tutti la sua lettera1. Leone rite
delle chiese locali7.
neva più conveniente infatti evitare nuove discussioni e disquisizioni e inol
' La promulgazione imperiale da parte di Marciano avvenne con quattro
tre le province occidentali dell'impero erano devastate dalle incursioni dì
editti nel febbraio 452.
Attila. Poiché il concilio venne convocato dallo stesso Marciano con un edit
to del 17 maggio 451 per il primo settembre dello stesso anno, prima che fos
se noto il parere del pontefice romano, sebbene ciò comportasse dei disagi, il
papa vi mandò dei legati: i vescovi Pascasino di Lilibeo (Marsala) e Lucenslo, BIBLIOGRAFIA: H -L 2,649-880; DThC 2(1905) 2190-2208;DDrC 3(1942)
i presbiteri Bonifacio e Basilio e il vescovo Giuliano di Cos, Leone Magno 287-292; EC 3(1949) 324-328; LThIC. 2(21958) 1006-1009; RE 7(1981) 6 6 8 -
invece, presagendo gli scismi e le secessioni cui il concìlio di Calcedonia 675; J. Lebon, Les anciens symboles dans la definition de Chalcédoine, Rev.
avrebbe dato senza dubbio luogo, desiderava Convocare il concìlio in un pe Hist. Ecclés. 32(1936)809-876; Das Konzil v. Chalkedon, edd. A. Grillmeier-
riodo successivo e pregava e scongiurava l'imperatore che non si discutesse H. Bacht, 3 w . Würzburg 1951-1954 (cfr./E. Honigmann, Byz, Zeitschr:
della fede tramandata fin dai tempi antichi, ma si discutesse soltanto dì come 47[1954] 144-152); R.V.Sellers, The CouncilofC ,, London 1953; H.M. Die-
reintegrare nella precedente situazione i vescovi esiliati. pen, Les trois Chapitres au G de G , Oosterhout 1953; id., Un episode du c,
Il concilio, convocato a Nicea, e poi trasferito a Calcedonia perché non de G, Douze dialogues de christologis ancienne, Roma 1960, 116-125; P.
fosse lontano da Costantinopoli e aall’imperatore, ebbe inizio Γ8 ottóbre Gùtier, L ’Occident et le néochalcédontstne, Gregorianum 40(1959) 54-74; P -
451. Erano presentì i legati Pascasino e Lucensio vescovi, il presbitero Boni Th. Gamelor, Éphèse et Chalcédoine, Paris 1961; Th. Sagi-Bunic, Documen-
facio, mentre Giuliano di Cos sedeva tra x vescovi; alla loro destra erano i tatto dóctr, ;Ephesino-Chalcedonensis, Laurentianum 3(1962) 499-514; id.,
commissari imperiali con il compito di mantenere l'ordine delle discussioni “Dens'perfectus et homo perfectus”, A concilio EpL· ad Chalcu,· Roma 1965;
conciliari12. W. Dé Vfiés, Qrìent et Occident, Les structures ecdésiales vues dans Phistoire
Gli elenchi dei partecipami sono incompleti; il concìlio nella lettera a papa des sept premiers condies oecuméniqueSiPAiis. 1974, 101-160; A, Grillmexer,
Leone parla di 500 membri, Leone I di 600, Gesù il Cristo nella fede della chiesa, 1/2 Brescia 1981, 925-981; Éphèse et
Nella V sessione fu approvata la definizióne dogmatica3, solennemente Chalcédoine, actes des condies, ed. A.J. Festugière, Paris 1982; Sto, Conc; Le.
promulgata nella VI alla presenza dell’imperatore e delle autorità imperiali, 88-107, 117-118 [L. Perrone]. .
La formula accolta nella definizione è la seguente: Cristo è uno in due natu
re. Tale formula è in armonia con il Tomus Leonis e la professione di Flavia
no al concilio di Costantinopoli. Il Tomus Leonis è espressamente ricordato
nella definizione. 4 II testo’greco dei canoni 1-28 dalla Sinagoga di Giovanni Scolastico, ed. Benese-
vic = CGO 69-90. La traduzione latina è di Dionigi il Piccolo (CCO ibidem), ec
cetto il canone 28, che Dionigi non tradusse e che qui diamo nella versione cosid
detta Prisca: Turner II 422 e 424,.
1 Questa lettera è comunemente conosciuta come Tómus ad Flavianum: il testo s ACO I I I 467, 18-21 e 467, 31-468,6 in greco; CCO 93-94 in latino.
qui riportato segue l’edizióne di ACO II Π 1,24-33. 6 ACO II I 310, 1-18 (greco); CCO 95-97 (latino),
i Gli atti in ACO II; cfr. Th. Schnitzler, Im Kampfe um Chalcedon. Geschichte 7 Cfr. A. Wuyts, Le 28ecanon de Chalcédoine ét te fondement duprimat romaìn,
u. Inhalt des codex encyctius, Roma 1938, Orient. Christ. Per. 17(1951)265-282; F. Hofmann, Der Kampf der Päpste um
3 II tèsto greco in ACO II I 2,126-130; la versione latina iit ACO II III 2,134- Konzil U, Dogma v, G von Leo dem Grossen his Hormisdas (451-519), Das K.
1,38. von G,, II Würzburg 1953, 13-94.
75 76
Camitim Cbahedomnse — 451 Lettera di papa Leone a Flaviano su Eutiche
E p istu la P ap ae L eonis ad Christum filium eius unicum, domi- . Lettera, dì papa Leone a Flaviano
P lav lan u m ep. C onstantm opoli- num nostrum, qui natus est de spiri- ..«··■ . vescovo di Costantinopoli-su Eutiche
ta n u m de E tttyche tu sancto et Maria virgine, quibus
‘ tribus sententiis omnium fere haere- Letta la lèttera della tua dilezione, che. ci meravigliamo sia stata scritta cosi
5 Lectis dilectionis tuae litteris, quas ticorum machinae destruuntur. Cum tardi, e scorso l’ordine degli atti dei vescovi, finalmente abbiamo potuto ren
miramur fuisse tam seras, et gesto- enim deus et omnipotens et pater derci conto dello scandalo sorto fra voi contro l’integrità della fede. Quello
rum episcopalium ordine recensito creditur,. consempitemus eidem fi- che prima sembrava oscuro, ci appare ora in tutta la sua chiarezza. Eutiche,
tandem quid apud vos scandali lius demonstratur, in nullo a patre che pareva degno di onore per la sua dignità di sacerdote, si rivela come mol
contra integritatem fidei exortum differens, quia de deo deus, de to imprudente e incapace tanto che,si può applicare a lui la parola del profeta:
u» fuisset, agnovimus et quae prius ' omnipotente omnipotens, de aeter- Rifiuta di capire di compiere il bene. Iniquità trama nel suo giaciglio.1Che vi
videbantur occulta, nunc nobis no natus est coaeternus, non poste- può essere infatti di peggio, che pensare cose empie e n.on volersi sottomette
reserata patuerunt. Quibus Euty- *rior tempore, non inferior potestate, re ai più saggi e ai più dotti? Cadono in questa stoltezza quelli che, incon
ches, qui presbyterii nomine hono- non dissimilis gloria, non. divisus trando qualche punto oscuro nell’accostarsì alla verità, non ricorrono alle te
stimonianze dei profeti, alle lettere degli apostoli o alle affermazioni dei Van
rabilis videbatur, multum inprudens essentia. Idem vero sempiterni
geli; ma a se stessi, e diventano maestri di errore proprio per non aver voluto
is et nimis inperitus ostenditur, ut genitoris unigenitus ' sempiternus essere discepoli della verità. Quale conoscenza può avere delle sacre pagine
etiam de ipso dictum sit a propheta: natus est de spiritu sancto et Maria del Nuovo e dell’Antico Testaménto chi non sa comprendere neppure i pri
noluit intellegere ut bene ageret ; iniqui- virgine, quae nativitas temporalis mi elementi del Simbolo? Ciò che nell’universo è proclamato dalla voce di
ta tm meditatus est in cubili suo1. Quid illi nativitati divinae et sempiternae tutti i candidati al battesimo non è ancora compreso dal cuore di questo vec
autem iniquius quam impia sapere nihil minuit, nihil contulit, sed chio. Non sapendo perciò quello che deve pensare sulla incarnazione del
2o et sapientioribus doctoribusque non totam se reparando homini, qui erat Verbo di Dio, e non volendo applicarsi ndf campo delle sacre Scritture per at
cedere? Sed in hanc insipientiam deceptus, inpendit, u t et mortem tingervi luce per l’intelligenza, avrebbe almeno dovuto ascoltare con atten
cadunt qui cum ad cognoscendam vinceret et diabolum, qui mortis zione la comune e unanime confessione, con cui la comunità dei fedeli pro
veritatem aliquo inpedhmtur obs- habebat imperium8, sua virtute fessa di credere in Dio padre onnipotente, e in Gesù Cristo suo unico figlio,
curo, non ad propheticas voces, non destrueret. N on enim superare pos- nostro signore, nato dallo Spirito santo e da Maria vergine: trg.affermazioni
25. ad apostolicas litteras nec ad evan- semus peccati et mortis auctorem, che distruggono le elucubrazioni di quasi pitti gli eretici. Se infatti si crede
gelicas auctoritates, sed ad semet nisi naturam nostram ille susciperet che Dio è onnipotente e padre, si dimostra con ciò che il Figlio è a lui coeter
ipsos recurrunt et ideo magistri et suam faceret quem nec peccatum no, in nulla diverso dal Padre, perché è Dio nato da Dio, onnipotente da on
erroris exìstunt, quia, veritatis disci- contaminare nec mors potuit deti- nipotente, coeterno da eterno; non è ne posteriore nel tempo, né inferiore
puli non fuerunt. Quam enim erudi- nere. Conceptus quippe est de spiri- per potenza, né dissimile nella gloria, né diverso per essenza. Questo eterno
3o tionem de sacris novi- et veteris tu sancto intra uterum virginis Figlio unigenito dell’eterno. Padre è nato dallo Spirito santo e da Maria.vergi-
testamenti paginis adquisivit qui ne matris, quae illum, ita salva virgini- ne; questa nascita nel tempo non ha tolto né aggiùnto nulla a quella divina ed
ipsius quidem symboli initia con- tate edidit quemadmodum salva vir- eterna nascita, ma fu consacrata interamente alla redenzione dell’uomo in
gannato per vincere con la propria forza la morte e distruggere il diavolo, che
prehendit et quod per totum m un- ginitate concepit. Sed si de hoc Chri-
ha il potere della morte.2 Noi non potremmo vincere l’autore del peccato e
dum omnium regenerandorum voce stianae fidei fonte purissimo sin- della morte* se colui che non può essere contaminato dal peccato, né sogget
35 deprom itur, istius adhuc senis còrde cerum intellectum haurire non to alla morte non avesse assunto e- fatta sua la nostra natura. Egli infatti fu
non capitur? Nesciens igitur quid poterat, quia splendorem perspicuae concepito dallo Spirito santo nel séno della vergine madre, che fo diede alla
deberet de verbi dei incarnatione veritatis obcaecatione sibi propria luce senza perdere la propria verginità così come l’aveva concepito rimanen
sentire, nec volens ad promerendum tenebrarat, doctrinae se evangeliche do .vérgine. Ma se Eutiche non era capace dì attingere da questa purissima
lumen intellegentiae in sanctarum subdidisset et dicente Matthaeo liber fonte della fede cristianaTesatta comprensione della verità, perché la propria
«ο scripturarum latitudine laborare il- generationis lesu Christi filii David cecità ayeva oscurato per lui lo splendore di una verità così evidente, avrebbe
lam saltem communem et indis- filii HabrahanP, apostolicae quoque dovuto sottomettersi alla dottrina del Vangelo. Matteo dice: Genealogia-dì
cretam confessionem sollicito rece- praedicationis expetisset instructum Gesù Cristo, fig lio li Davide, figlio di Abramo.3 Egli avrebbe dovuto anche
pisset auditu, qua fidelium uni- et legens in epistula ad Romanos chiedere alla predicazione apostolica di istruirlo e leggere la lettera:ai Romani
vetsitasprpfitetur credere sé ihdeum Paulus servus Christi lesu, vocatus apo- là dove dice: Paolo, servo ai GesàCristo,. apostolo per■vocazione, prescelto
45 patrem omnipotentem et in Iesum stolus segregatus in evangelium dei quod. per annunziare il Vangelo di Dio, che V
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Concilium Chalcedonensc — 4SI Lettera di papa Leone a Flaviano su Eutiche
egli aveva promosso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre scritture riguardo al
ante promiserat per prophetas sms in tus dedit, ' veritas autem corporis· figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la came.1 Avrebbe dovuto ri
scripturis sanctis de filio suo, qui factus sumpta de corpore est, et aedificante volgere il suo religioso interesse alle pagine dei profeti e trovare la promessa
est ei ex semine David secundum carnem1 sibi sapientia domum 7 verbum caro di Dio ad Abramo, quando dice: saranno benedette per la tua discendenza
ad propheticas paginas piam solli- factum est ei habitavit in nobis*, hoc est tutte le nazioni della terra f per non dubitare della identità di questa discen
e citudinem contulisset et inveniens in ea carne quam sumpsit ex homine denza, avrebbe dovuto seguire l’Apostolo, che dice: Ora è appunto ad Àbra
promissionem dei ad Habraham et quam spiritu vitae rationalis ani- mo e alla sud discendenza che furono fatte le promesse. Non dice la Scrittura:
dicentts in semine tuo benedicentur mavit, Salva igitur proprietate "e ai tuoi discendenti”, come se si trattasse dì molti, ma “e alla tua discenden
omnes gentes*, ne de huius seminis utriusque naturae et in unam za1', amie a uno solo, cioè Cristo.3 Avrebbe anche compreso con l’orecchio
proprietate dubitaret; secutus fuisset coeunte personam suscepta est a del cuòre la profezia di Isaia, quando dice: Ecco: la vergine concepirà e parto
io apostolum dicentem Habrahae dictae triaiestate humilitas, a virtute infir- rirà un figlio, che chiamerà Emmanuele, che viene interpretato Dio con noi*
sunt promissiones et semini eius. Non mltas, ab aeternitate mortalitas, et E avrebbe letto con fede le parole dello stesso profeta: Un bambino è nato
. dicit ; et seminibus, quasi in multis sed ad resolvendum conditionis nostrae per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è
quasi in uno : et semini tuo, quod est debitum natura inviolabilis naturae chiamato: consigliere ammirabile, Dio potente, padre per sempre, principe
Christus i* Esaiae quoque praedi- est unita passibili, u t quod nostris della pace;5 e non direbbe con inganno che il Verbo si è fatto carne in modo
is cationem interiore adprehendisset remediis congruebat, unus atque che il Cristo, nato dalla Vergine, avesse la forma di un uomo, ma non la real
auditu dicentis ecce virgo in utero idem mediator dei et hominum homo tà del corpo materno. Forse egli può aver pensato che nostro signore Gesù
Cristo non ha la nostra natura per il fatto che l’angelo mandato alla beata ver
accipiet et pariet filium et vocabunt Christus Iesus* et mori posset ex uno
gine Maria disse: Lo Spirito santo scenderà su di te, e la forza dell'Altissimo ti
nomen eius Emmanuhel, quod est inter- et mori non posset ex altero. In inte-,
coprirà della sua ombra; perciò il santo che nascerà da te sarà chiamato figlio
pretatum nobiscum deus1 eiusdemque gra ergo veri hominis perfectaque di Dio,6 quasi che, essendo il concepimento verginale opera divina, il corpo
so prophetae fideliter verba legisset natura vetus natus est deus, totus in concepito non fosse della stessa natura della madre. Ma quella generazione
puer natus est nobis, filius datus est nobis, suis, totus in nostris. Nostra autem singolarmente mirabile e mirabilmente singolare non deve essere intesa come
cuius potestas super humeros eius, et dicimus quae in nobis ab initio se la novità della creazione avesse, annullato ciò che è proprio dèi genere
vocabunt nomen eius magni consilii ange- creator condidit et quae reparanda [umano}. Co Spirito santo rese feconda la Vergine, ma la realtà del corpo
lus, deus fortis, princeps pacis, pater suscepit; nam illa quae deceptor proviene dai corpo. E mentre la sapienza si edificava una casa, 7 il Verbo sife
se futuri saeculi5, nec frustratorie lo- intulit et homo deceptus admisit, ce carne e venne ad abitare in mezzo a noi,9 cioè in quella carne che aveva as
quens ita verbum diceret carnem mullum habuerunt in salvatore vesti- sunta dall’uomo e che ha animato con uh soffio di vita razionale. La proprie
factum, ut editus utero virginis gium. Nec quia communionem tà di ciascuna delle due nature è salva e concorre a formare una sola persona,
Christus haberet formam hominis humanarum subiit infirmitatum, la maestà dunque si rivestì di umiltà, la forza di debolezza, l’eternità di ciò
et non haberet materni corporis ideò nostrorum fuit particeps delic che è mortale. E, per potere annullare il debito della nostra condizione, una
ae veritatem. A n fòrte ideo putavit torum. Adsumpsit formam servi10 natura inviolabile si unì ad una natura capace di soffrire perché, come esigeva
dominum lesum Christum non sine sorde peccati, humana augens, la nostra condizione, un identico mediatore di Dio e degli uomini; l'uomo
nostrae esse naturae, quia missus ad divina non minuens, quia exinanitio Cristo Gesù? potesse morire secondo una natura, non potesse morire secon
beatam Mariam angelus ait: spiritus illa qua se invisibilis visibilem ptae- do l’altra. Nella completa e perfetta natura di vero uomo, quindi, è nato il
sanctm superveniet in te et virtus aliis- buit et creator ac dominus omnium vero Dio, completo in ciò che è suo, completo in ciò che è nostro. Diciamo
ac simi obumbrabit tibi ideoque quod nasce- rerum unus voluit esse mortalium, “nostro", ciò che il creatore mise in noi dal principio e ha assunto per restau- .
tur ex te sanctum, vocabitur filius dei·, inclinatio fuit miserationis, non ratio, Quegli elementi, infatti, che l’ingannatore introdusse e l’uomo ingan
u t quia conceptus virginis divini defectio potestatis. Proinde qui nato accettò, non lasciarono alcuna traccia nel Salvatore, N eper aver parted-
>ato a tutte le umane miserie, fu anche partecipe dei nostri peccati. Egli prese
fuit operis, non de natura conci- manens in forma dei fecit hominem,
pientis fuerit caro concepti? sed non m forma servi factus est homo;
{ a forma di servo10 senza la macchia del peccato, elevando ciò che era umano,
senza abbassare ciò che era divino; perché quell’abbassamento per cui egli da
4o ita intellegenda est illa generatio· tenet enim sine defectu ptoprieta-
invisibile si fece.visibile e, pur essendo creatore e signore di tutte le cose, vol
singulariter mirabilis et mirabiliter tem suam utraque natura et sicut le essere uno. dei mortali, fu condiscendenza della misericordia non mancan
singularis, u t per novitatem creatio- formam servi dei forma non adimit, za di potenza. Perciò chi essendo di natura dìyìna creò l’uomo, si è fatto uo
nis proprietas remota sit generis! ita formam dei servi forma non mo nella forma di servo. Ciascuna natura conserva senza difetto ciò che le è
Fecunditatem virginis spiritus sane- minuit. Nam quia gloriabatur diabo- proprio e come la natura divina non sopprime quella di servo, così la natura
di servo non diminuisce quella divina. Il diavolo si gloriava V
1 Rm 1,1-3. » Gn 22,18. 8 Gai 3, ltì. * Is 7,44. 8 Is 9, 6. .
« Le 1,35. 1 CL Pro 9,1. 8 Io 1,14. ° 1 Tm 2,5. 10 Ci. Ph 2,7.
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Cmtìlmw Chaltedomm —r 451 Lettera di papa Leone a Flaviano su Eutiche
lus hominem sua fraude deceptum tis, Sicut ehim deus non mutatur del fatto che l’uomo, ingannato dalla sua frode, aveva perduto i doni divini,
divinis caruisse muneribus et in- misefàtione, ita homo non consumi- era statò spogliato dell’immortalità e era andato incontro ad nna dura senten-
mortalitatis dote nudatum 'duram tur dignitate, Agit eiiim utraque i za dì morte, e ancora del fatto che nei suoi mali aveva .trovato un, certo con
forto in un compagno di perdizione e che Dio, secondo giustizia,, aveva do
mortis subisse sententiam seque in forma cum alterius communione
vuto mutare il suo disegno verso l’uomo che; aveva innalzato a latita dignità,
e malis suis quoddam de praevarica- quod proprium est, verbo scilicet t Fu dunque necessario che nei suoi imperscrutàbili 'disegni Dio immutabile, la
toris consortio invenisse solatium, operante quod verbi est, et carne cui volontà non può disgiungersi dalla bontà, completasse il primitivo dise
deum quoque iustitìae exigente exequente quod carnis est. Unum gno di benevolenza verso di noi con Un intervento più misterioso e nascosto,
ratione erga-hominem, quem tanto horum coruscat 'miraculis, aliud [ e còsi l’uomo, spinto alla colpa dalPingahùo della malvagità diabolica, noli
honore . condiderat, propriam mu- subcumbit iniunis. E t sicut verbum perisse contro il disegno di Dìo. Il Figlio di Dio, scendendo dai cieli senza la
io tasse 'sententiam,· opus fu it. secreti ab aequalitate paternae gloriae non sciare la gloria del Padre, entra così nelle bassezze del mondo, generato se-
dispensatione.consilii, u t incommu- recedit, ita caro naturam nostri p condò un ordine ed uria nascita del tutto nuovi: secondo un orditìe nuovo,
tabilis deus, cuius voluntas non po-.. generis non relinquit; unus enim ; perché invisibile nella sua natura divina, sì fece visibile nella nostra, incom-
test sua benignitate privari, primam idemque est, quod, saepe dicendum j prensibile, volle essere compréso, eterno, cominciò ad esistere nel tempo, si
erga nos pietatis suae dispensatio- est, vere dei filius et vere· hominis gnore. dell’universo, assunse la natura di servo, nascondendo l’immensità
is nem sacramento occultiore conple- filius, deus per id quod,/« principio della sua maestà, incapace di soffrire perché Dio, non disdegnò di farsi uomo
ret et homo diabolicae iniquitatis erat verbum et verbum erat apud deum ; soggetto alla sofferenza e, immortale com’era, volle sottoporsi alla legge del
versutia actus in culpam contra dei et deus erat verbum1, homo per id la morte. E parimenti fu generato secondo una nuova nascita, perché la ver-
propositum non periret. Ingreditur quod veritum carofactum est et habitavit i ginità inviolata forni la materia della sua carne senza conoscere la passione.
ergo haec mundi infima filius dei de in nobis2; deus per id quod omnia per : Dalla madre del Signore egli ha assunto la natura, non la colpa, e nel signore
so caelesti sede descendens et a paterna ipsum facta sunt et sine ipso foetum est nostro, Gesù Cristo, generato dal seno della Vergine, la nascita merayigliosa
gloria non recedens novo ordine, nihil2yhomo per id quodfac tus est ex } non rende la natura dissimile alla nostra. Chi infatti è vero Dio, lo stesso è
ί anche vero uòmo e non vi è nessuna menzogna in questa unione, dove sbtro-
nova nativitate generatus; novo muliere, ■factus sub kgeK Nativitas
I vano insième l’umiltà dell’uorno e la sublimità di Dio. Come, .infatti, Dio
ordine, quia invisibilis in suis visi- carnis manifestatio est humanae na I noii cambia per il fatto' di' esercitare là sua misericordia, così l’uomo non
bliis ' est factus in nostris, incori- turae, partus virginis divinae’est vir- ; rie annullato dalla dignità divina. Ognuna delle due nature òpera insieme Cori
28 préhensibilis voluit ' conprehendi, tutis indicium; infantia parvuli ' l’altra ciò che le è proprio: e cioè il Verbo, quello che è del Verbo, là carne,
ante tempora manens esse coepit ex ostenditur humilitate cunarum, ma- I quello che' èdella carne. L’uno risplende per i suoi miracoli, l’altra sottosta
tempofe, universitatis dominus ser- gnitudo altissimi declaratur vocibus P alle ingiurie. E come il Verbo rimane néll’ugùaglìanza della gloria patema,
vilem formam obumbrata maiestatis angelorum. Similis est rudimentis ί così la carne non abbandona la natura umana. La stessa e identica persona -
suae. inmensitate suscepit, inpassi- hominum quem Herpdes impie } cosà che dobbiamo ripetere spesso - è vero figlio di Dio e figlio dell’uomo:
ao bilis1deus non dedignatus est homo m olitur .occidere, sed dominus est ί Dióì* perché' in principio era u Verbo e il Verbo' era-prèsso Dio e il Verbo èra
esse passibilis et inmortalis mortis omnium quem magi gaudent sup- f: Dioj* uomo, perché if Verbo sifece carne è venne adabitare in mezzo a'nói?
legibus subiacere; nova autem nati- pliciter adorare, Iam cumadpraeour- f Dio, perché tutto è stato fatto per mezzo dì lui, e senza· di lui niente è stato
vitate generatus, quia inviolata, vir-τ soris sui lohannis baptismum venit, ì'. fatto, uomo, perché è nato da donna-, nato sotto la legge f La; nascita della
ginitas concupiscentiam nescivit, ne lateret quod carnis velamine f. carne manifesta l’umana natura, il parto di una Vergine è segno;della divina
as carnis materiam ministravit. Ad- divinitas tegeretur, vox patris de potenza.. L’infanzia del bambino, è attestata dall’umile culla* la grandezza
sumpta est de matre domini natura, caelo intonans dixit \ hic estfilius.meus I dell’Altissimo è proclamata dalle voci degli angeli,: Quello che. Erode tenta
non culpa, nec in domino Xesu dilectus, in quo mihi bene conplacuv*. f:' empiamenté di uccidere nel suo nascere è simile agli altri,uomini, ma è Signo-
Christo ex utero virginis genito, Quem itaque sicut hominem diä- re ai ogni cosa quello che i Magi adorano prostrati con gioia. Già quando
quia nativitas est mirabilis, ideo nò- bolica temptat astutia, ‘eidem 'sicut venne a farsi battezzare da Giovanni, suo. precursore, perché non rimanesse
j nascosta la divinità sotto il velo .della carne, la voce del Padre, echeggiando
4D stri est natura dissimilis.: Q ui enim deo angelica famulantur officia;
j -dai cieli, disse : Questo è il Figlio mio prediletto3nel quale mi sono compiaciu
verus est deus, idem verus est homo. Esurire0 sitire lassescere atque dot- ta io.5 Colui che l’astuzia del demonio tenta come uòmo, gli angeli servono co-
E t nullum est in hab unitate men- mire evidenter humanum est, sed f.; me Dio. Aver fame,6 aver sete, stancarsi e dormire, evidentemente è proprio
dacium, dum in invicem sunt et quinque panibus quinque milia ho- [■ degli uomini; ma saziare cinquemila persone con cinque pani,7 dare alla Sa-
humilitas hominis et altitudo deità- minum satiare7 et largiri Samarità- f. maritana V - '
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Comitium Chakedonense — 451 Lettera di papa Leone a Flaviano su Eutiche
nae aquam vivam, cuius haustus ipse dominus noster atque salvator l'acqua viva.che permette a chi la beve di non aver sete, 1 camminare sulle ac
bibenti praestet ne ultra iam sitiat1, fidem discipulorum suis interroga- que senza che i piedi sprofondino, 2 e calmare i flutti furiosi dopo aver rim
supra dorsum matis plantis non tionibus erudiret: quem me, inquit, proverato la tempesta, tutto ciò senza dubbio è cosa divina. Ugualmente,
desidentibus ambulare 8 et elationes dicunt homines essefilium hominis ? cum- per tralasciare molte altre cose, non appare della stessa natura piangere con
s fluctuum iticrepata tempestate con- que illi diversas aliorum opiniones affetto pietoso un amico morto 4 e richiamarlo alla vita, al solo comando della
sternere3, sine ambiguitate; divinum retexuissent, vos, ait, quem me dicitis voce, ila una tomba chiusa già da quattro giorni, 5 o pendere dalla croce e
est. Sicut ergo, u t multa praeteream, esse11? me utique, qui sum filius, sconvolgere gli elementi della natura, dopo aver cambiato il giorno in notte,
o essere trapassato dai chiodi6'e aprire le porte del paradiso alla fede del la
non eiusdem naturae est fletè mise- hominis et quem in forma servi
drone;7 così non è della stessa natura dire: io e il Padre siamo una cosa sola? e
rationis affectu amicum m ortuum 4 atque in veritate camis aspicitis, dire: I l Padre è piu grande di me? Quantunque nel signore Gesù Cristo Dio
io et eundem rem oto quadriduanae quem esse me dicitis? ubi beatus e l’uomo siano una sola persona, altro è il motivo per cui in entrambi l’ol
aggere sepulturae ad vocis impe- Petrus divinitus inspiratus et con- traggio è comune, altro quello per cui è comune la gloria. Da noi egli prende
rium excitare redivivum 6 aut ligno fessione sua omnibus gentibus pro l’umanità inferiore al Padre, dal Padre la divinità uguale a quella del Padre.
pendere et in noctem luce conversa futurus: tu es, inquit, Christus filius Proprio per questa unità di persona, che va riconosciuta nelle due nature, si
omnia elementa tremefacere aut dei vm n , nec inmerito beatus est legge che il Figlio dell’uomo discese dal cielo, mentre il Figlio di Dio assunse
is clavis transfixum esse® et paradisi pronuntiatus a domino et a prind- la carne dalla Vergine da cui è nato; e, d’altra parte, si dice che il Figlio di Dio
portas fidei latronis aperire7, ita non pali petra soliditatem et virtutis fu crocifisso e sepolto, anche se non ha subito questo nella divinità, per la
eiusdem naturae est dicere ego et traxit et nominis qui per revelatio- uale egli è l’unigenito coeterno e consostanziale al Padre, ma nella infermità
pater unum sumus8 et dicere pater 'nem patris eundem et dei filium est 3 ella natura umana. Per questo noi tutti confessiamo nel Simbolo che il Fi
maior me èst0. Quamvis en im ,in confessus et Christum, quia unum glio unigenito di Dio è stato crocifisso e sepolto, secondo le parole dell’Apo
so domino Iesu Christo dei et hominis horum sine alio receptum non pro- stolo: Se l'avessero conosciuto, non avrebbero crocifisso il Signore detta glo
una persona sit, aliud tamen est un- derat ad salutem et aequalis erat ria.™ E lo stesso nostro Signore e Salvatore, volendo istruire nella fede i di
de in utroque com m unis'est con- periculi dominum lesum Christum scepoli con le sue domande, disse: La gente chi dice che sia il Piglio dell'uo
tumelia, aliud unde communis est aut deum tantummodo sine homine mo?. Dopo che essi ebbero riferito le varie opinioni degli altri, riprese: voi,
gloria. De nostro enim illi est minor aut sine deo solum hominem credi- chi dite che io'siati11io, che sono il Figlio dell’uòmo, che voi vedète in forma
di schiavo e nella verità della carne, chi dite che io sia? Allora il beato Pietro,
35 patre humanitas, de patre illi est disse. Post resurrectionem vero do-
divinamente ispirato e destinato a giovare a tutti ipopoli con la sua confes
aequalis cum patre divinitas. Prop- mini, quae utique veri corporis fuit, sione, disse: Tu sei il Cristo, il Piglio del Dio vivo. A. ragione fu proclamato
ter hanc ergo unitatem personae in quia non alter est resuscitate quam beato dal Signore e dalla pietra principale trasse la solidità del potere e del
utraque natura intellegendam et qui fuerat crucifixus et mortuus, nome, egli che per rivelazione del Paare confessò nella stessa persona il Fi
filius hominis legitur descendisse de quid aliud quadraginta dierum mora glio di Dio e il Cristo. Infatti accettare l’imo senza l’altro non poteva giovare
so caelo, cum filius dei carnem de ea gestum est quam u t fidei nostrae alla nostra salvezza e era ugualmente pericoloso credere che il signore Gesù
virgine de qua est natus, adsump- integritas, ab omni caligine inun- Cristo fosse solo Dio, senza essere uomo, o solo uomo senza essere Dio.
serit, et rursum filius dei crucifixus daretur? Conloquens enim cum dis- Dopo la resurrezione del Signore, che avvenne certamente nel vero corpo,
dicitur ac sepultus, cum haec non in cipulis suis et cohabitans atque poiché risuscitò colui che era stato crocifìsso ed era morto, che altro egli fe
divinitate ipsa qua unigenitus con- convescens18 et pertractari se dili- ce, nello spazio dì quaranta giorni, se non purificare la nostra fede da ogni
S5 sempiternus et consubstantialis est genti curiosoque contactu ab eis oscurità? Parlando con i suoi discepoli, vivendo e mangiando con loro , 13 la
patri, sed in naturae humanae sit quos dubietas perstringebat, ad- sciava che, scossi com’erano dal dubbio, lo toccassero più volte. Entrò a por
infirmitate perpessus. Unde unige- mittens ideo et clausis ad discipulos te chiuse dai discepoli, col suo soffio diede loro lo Spìrito santo, 14 e, donando
nitum filium dei crucifixum et se- ianuis introibat et flatu suo dabat loro la luce dell’intelligenza, svelava il senso misterioso delle sacre Scrittu
pultum ’ omnes etiàm in symbolo spiritum sanctum 14 ét donato intel- re. 15 Mostrava ripetutamente, la ferita al suo fianco, i fori dei chiodi V
4o confitemur secundum illud apostoli legentiae lumine sanctarum scriptu
ri enm cognovissent, numquam dominum rarum occulta pandebat15 et rursus
maiestatis crucifixissent19. Cum autem idem vtilnus lateris, fixuras clavorum
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Cemìlìtm Chalwdonem — 451 Lettera di papa Leone a Flaviano su Eutiche
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Letum di papa Leone a Flaviano w Fatiche
Comitium Cealeedouense — 4SI
insensato sia passato come fosse inoffensivo, mentre è tanto empio affermare
omissum quasi nihil quod offenderet vel si ad satisfactionis plenitudinem due nature nell’unigenito Figlio di Dio prima dell’incarnazione quanto soste
esset auditum* cum tam impie dua omnia quae ab eo male sunt sensa, nere un’unica natura nel Verbo dopo che si è fatto carne. Perché dunque Eu-
rum naturarum ante incarnationem viva voce et praesenti subscriptione tiche non creda la propria affermazione vera o almeno tollerabile, solo per
unigenitus dei filius fuisse dicatur damnaverit, non erit reprehensibilis ché non è stata da voi condannata, esortiamo il tuo amore sempre sollecito,
s quam nefarie postquam verbum erga correctum quantaCumque mi fratello carissimo, perché, se per grazia della misericordia dì Dio la causa si
caro factum est, natura in eo singu seratio, quia dominus noster verus risolve in modo soddisfacente, voi liberiate questo uomo imprudente e inca
laris asseritur. Q uod ne Eutydb.es et bonus pastor qui animam suam pace dalla peste di questo pensiero. Secondo i verbali degli atti sinodali, ave
ideo vel recte vel tolerabiliter posuit pro ovibus suis et qui venit va già cominciato a distaccarsi dalle sue idee quando, incalzato dalla vostra
aesdmet dictum, quia nulla vestra animas hominum salvare, non per sentenza; affermava di ammettere quanto prima non ammetteva e di aderire a
io est sententia confutatum, dilectionis dere, imitatores nos suae vult esse quella fede che prima non condivideva. Ma quando non volle approvare la
tuae diligendam commonemus* fra pietatis, ut peccantes quidem iustitia condanna dell’empia dottrina, la fraternità vostra ben comprese che egli, ri
ter Iratissime, u t si per inspiratio coerceat, conversos autem m iseri maneva nel suo errore e meritava un giudizio di condanna. Se prova un dolo
nem misericordiae dei ad,Satisfactio cordia non repellat. Tunc enim re sincero e fruttuoso per tutto ciò e riconosce, sia pure in ritardo, con quan
ta ragione ha operato l’autorità dei vescovi, se condannerà completamente
nem causa perducitur, inprudentia demum fructuosissime fides véra
tutti i suoi errori a viva voce e firmando di suo pugno questa lettera, verso un
is hominis inperiti etiam ab hac sensus defenditur, quando etiam a sectatori
uomo pentito nessuna misericordia, per quanto grande, sarà degna di biasi
sui peste purgetur. 'Q ui quidem, bus suis opinio falsa damnatur. mo. Nostro Signore, infatti, vero e buon pastore, che diede la sua vita per le
sicut gestorum ordo patefecit, bene A d omnem vero causam pie ac sue pecore, e che venne a salvare le anime degli uomini, non a perderle, vuole
coeperat a sua persuasione discedere, fideliter exequendäm fratres nostros che imitiamo la sua bontà: la giustizia castighi il peccatore, ma la misericor
cum vestra sententia coartatus pro Xulium episcopum et Renatum dia non respinga chi si converte, È proprio allora che la vera fede è difesa con
so fiteretur se dicere quod ante üoü presbyterum tituli sancti Clementis, abbondantissimo frutto, quando l’errore viene condannato anche da quelli
dixerat, et ei fidei adquiescere cuius sed et filium meum Hilarum dia che lo sostenevano.
prius fuisset alienus; sed cum conum vice nòstra direximus, qui Per condurre a termine con pietà e coerenza tutta la questione, abbiamo
anathematizando impio dogmati bus Dulcitium notarium nostrum, mandato come nostri rappresentanti i nostri fratèlli Giulio, vescovo, e Rena
noluisset praebere consensum, intel- cuius nobis fides est probata, to, presbitero del titolo di S. Clemente, oltre a mio figlio Ilàrio, diacono.
2B lenit eum fraternitas vestra in Sua sociavimus, confidentes affuturum Abbiamo associato ad essi Dòlcizio, nòstro notaio, la cui fedeltà a tutta pro
manere perfidia dignutnque esse qui divinitatis auxilium u t is qui erra va ci è nota. Confidiamo nell’aiuto divino, perché colui che ha errato con
iudiciura condemnationis exciperet. verat, damnata sensus sui pravitate danni la malizia dei suoi pensieri e sia salvo.
De quo si fideliter atque utiliter salvetur, Dio ti custodisca in buona salute, fratello carissimo.
dolet et quam recte mota sit episco- ' Deus te incolumem custodiat,
30 palis auctoritas, vel sero cognoscit. frater karissime.
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'Ορίζομεν τοίνυν τήν τώξιν καί Definimus igitur ordinem et om i Confermando anche noi le decisioni e le fonnule di fede del concilio radu-
τούς περί της πίστεως άπαντας τύπους nes formulas custodientes quae de ? nato un tempo ad Efeso, cui presiedettero Celestino [vescovo] di Roma e Ci-
φυλώττοντες καί ήμεΐς της κατ’ fide sunt constitutae, et nos, a synodo fi, riilo [vescovo] di Alessandria, entrambi di santissima memoria., stabiliamo
[ che debba risplendere l’esposizione della fede ortodossa e incontaminata, fat-
’Έφεσον πάλαι γεγενημένης άγιας quondam in Epheso facta, cuius prae [ ta dai 318 santi e beati padri riuniti a Nicea sotto l’imperatore Costantino di
5 συνόδου, ής ήγεμόνες οί άγιώτατοι sides fuerunt sanctissimae memoriae pia memoria, e che si debba mantenere in vigore quanto fu decretato dai 150
τήν. μνήμην Κελεστΐνος ό της ‘Ρωμαί Caelestinus Komanorum et Cyrillus santi padri a Costantinopoli per estirpare le eresie che allora germogliavano e
ων καί Κύριλλος ό της Άλεξανδρέων Alexandrinorum, praefulgere qui rafforzare la stessa nostra fede cattolica e apostolica,
έτύγχανον,. προλάμπειν μεν της όρθής dem rectae et immaculatae fidei ex A questo punto vennero ripetuti i simboli di fede dei 318 padri di Nicea 1 e
καί άμωμήτου πίστεως τήν εκθεσιν positionem sanctorum et beatissi y dei 150 padri dì Costantinopoli/
ίο των τ ιη \ άγίων καί μακαρίων πατέ m orum trecentorum decem et octo 1 Questo sapiente e salutare simbolo della divina grazia sarebbe già suffi
ρων των έν Nococtqc έπί του τής εδσε- patrum qui in Nicaeam temporibus ti : ciente alla piena conoscenza e conferma della fede. Offre infatti un perfetto
βοΰς μνήμης Κωνσταντίνου του γενο- piae memoriae Constantini impera fi insegnamento intorno al Padre, al Figlio e allo Spirito santo e presenta, a chi
μένου βασιλέως συναχθέντων, κρατεϊν toris congregati sunt, servati autem (v l’accoglie con fede, l’incarnazione del Signore. Ma quelli che tentano di re
δέ καί τά παρά των ρν'. άγίων πατέ- et éa quae in Constantinopolim a fi spìngere l’annuncio della verità, con le loro eresie hanno coniato nuove
ΐδ ρων έν Κωνσταντινουπόλει όρισθέντα sanctis centum quinquaginta patti- fi espressioni: alcuni cercano di alterare il mistero dell’economia dell’incarna-
πρύς άναίρεσιν μέν των τότε φυεισών bus decreta sunt ad expellendas .qui-' fi: zione del Signore per noi, e rifiutano l’espressione Theotocos [madre di Dio]
αιρέσεων, βεβαίωσιν δέ της αύτης dem omnes germinantes- haerescs fi per la Vergine; altri introducono confusione e mescolanza immaginando
καθολικής καί άποστολικής ήμών ■et ad ;confirmationem eiusdem ca scioccamente che unica sia la natura della carne e della divinità e sostenendo
πίστεως. fi assurdamente che, a causa di questa confusione, la natura divina defi’Unìge-
tholicae et apostolicae nqstrae fidei.
:fi= nito.può soffrire. Di fronte a tutto questo, volendo impedire ad essi ogni V
so Tò σύμβολον. των έν Νικαίφ τιη'. 'Symbolum trecentorum decèm et
πατέρων1. octo patrum qui in Nicaea1.
Καί τό αύτύ των ρν'. άγίων πατέρων E t idem centum quinquaginta
των έν Ιίωνσταντιν ουπόλε ι συναχθέν sanctorum patrum qui Constantino-
των8, polim congregati sunt2.
kb "Ηρκεΐ μέν οδν είς έντελή τής Sufficeret quidem ad plenam co
εύσεβείας έπίγνωσίν τε καί βεβαίωσιν gnitionem pietatis et confirmatio
τό σοφόν καί σωτήριον τοΰτο τής nem sapiens hoc et salutare divinae
θείας χάριτος σύμβολον περί τε γάρ gratiae symbolum; de Patre enim et
του πατρός καί του υίοΐϊ καί τοΰ Filio et Spiritu sancto perfectionem
so άγίού πνεύματος έκδιδάσκει τό τέλει-, docet et Domini inhumanationem
ον καί τοΰ κυρίου τήν ενανθρώπησιν fideliter accipientibus repraesentat.
τοΐς πιστώς δεχομένοις παρίστησιν. Sed qupniam hi qui veritatis repro
Ά λλ 3 επειδήπερ οί τής άληθείαςάθε- bare praedicationem conantur, per
τεΐν έιτιχειρουντες τό κήρυγμα διά proprias haereses novas voces genu
38 των οικείων αιρέσεων τάς καινοφω- erunt, et hi quidem mysterium dis
νίας άπέτεκον, οΐ μέν τό τής δι3 ή μας pensationis Domini quae propter nos
του κυρίου οίκονομίας μυστήριον facta est, corrumpere praesumentes
παραφθείρειν τολμήσαντες καί τήν et vocem denegantes qua theotocos
Θεοτόκος έπΐ τής παρθένου φωνήν de Virgine praedicatur, alii autem
«ο άπαρνούμενοι, οί δέ σύγχυσιν καί confusionem et temperamentum in
κράσίν είσάγοντες καί μίαν είναι troducentes et unam naturam esse
φύσιν τής σαρκός καί τής θεότητας camis et divinitatis stulte confingen
άνοήτως άναπλάττοντες καί παθητήν tes et passibilem Unigeniti divinam
τοΰ μονογενούς τήν θείαν φύσιν τή naturam per confusionem prodigio
is συγχύσει τερατευόμενοι, διά τούτο se dicentes, propter hoc filis omnem
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Concilium Chalcsdoneim — 451 : Definizione della fede
πάσαν αύτοΐς άποκλεΐσαι κατά της machinationem contta veritatem raggiro contro la verità, l'attuale santo e grande concilio ecumenico che
άληθείας μηχανήν ·βουλομένη ή παρ- volens claudere praesens nunc sane- f- insegna l'immutabile dottrina predicata sin dall'inizio, stabilisce prima di
οϋσα νυν αΰτη άγια καί μεγάλη καί ta et magna ■et -universalis synodus I tutto che la fede dei 318 santi padri dev'essere intangibile; conferma la
οικουμενική σύνοδος, το του κηρύγ- praedicationem hanc ab, initio in- [ dottrina sulla.natura dello Spirito santo, trasmessa in tempi posteriori dai
5 ματος άνωθεν άσάλέυτον έκδιδάσ- mobilem docens decrevit ante om- f 150 padri raccolti nella città imperiale a causa di quelli che combattevano
κουσα, ώρισεν, ιφοηγουμένως των nia fidem inrecusabilem permanere IL lo Spirito santo fPneumatomachi]; i padri conciliari dichiarano a tutti di
τιη'. άγιων πατέρων' τήν πίστιν μέ* trecentorum decem et octo sanc- j. nòli voler aggiungere nulla all'insegnamento dei loro predecessori, come
νειν άπαρεγχείρητόν καί διά μέν τούς torum patrum et doctrinam· con- se vi mancasse qualche cosa, ma di voler sólo esporre chiaramente, secon-
τω πνεύματι τω άγίψ μαχομένους firmat quae de substantia Spiritus | Γ; do le testimonianze della Scrittura, il loro pensiero sullo Spirito santo,
io τήν χρόνοις ύστερον, παρά των έπ ί’ sancti a patribus centum quinqua- ]: contro doloro che tentavano di negarne la signoria. Nei confronti di cólo-
fi ró che tentano di alterare il mistero dell'economia [della salvezza] e hanno
τής βάσιλευ'ούσης πόλεως ρν' συν- .ginta postea congregatis in regia
ri l’impudenza di sostenere che colui che nacque dalla santa vergine Maria è
ελθόντων. πατέρων περί της τοΰ πνεύ-, civitate tradita est propter illos qui, ! solo un uomo, [questo concilio] fa sue le lettere sinodali del beato Cirillo,
ματος οόσίας παραδοθεΐσαν δίδασκα- Spiritui sancto, repugnabant, quam f.,· che fu pastore della chiesa di Alessandria, a N estorio 3 e agli Orientali, 2 co
λίαν κυροϊ, ήν έκεΐνοο πάσιν έγνώ- fili omnibus notam fecerunt non li me adeguate sia à confutare la follia nestoriana, sia a spiegare il vero senso
IB ρισαν, ούχ ώς τι λεΐπον τοΐς προλα- quasi quod aliquid deesset antece- I: del simbolo salvifico a coloro che desiderano conoscerlo con pio zelo. A
βοΰσιν έπεισάγόντές, άλλά τήν. περί- dentibus, inferentes, sed de sancto· j ; q u e s t e ha aggiunto giustamente la lettera del beatissimo e santissimo arci-
του άγίου .πνεύματος αύτών έννοιαν Spiritu intellectum eorum contra, |L: vescovo, della grandissima e antichissima città di Roma Leone, scritta .al
κατά ' των την. αύτου δεσποτείαν illos qui dominationem eius respu- ti l’arcivescovo Flaviano, 3 di santa memoria, per confutare la malvagia con-
άθετεΐν πειρωμένων γραφικαΐς μαρτυ- ere temptaverunt, scripturarum te I cezione di Eutiehe; essa, infatti, è in armonia con la confessione di fede
so ρίαις τρανώσαντες* διά ‘δέ τούς τύ stimonfis declarantes.* Propter illos if: del.grande Pietro e è per noi una fondamentale colonna contro gli etero-
της οικονομίας παραφθείρειν έπιχει- autem qui dispensationis corrum- [;·*: dossi e,a favore .dei dogmi dell’ortodossia. fQuesto concilio] si oppone a
ροΰντας μυστήριον καί ψιλόν άνθρω- pere conantur mysterium et purum 1 . coloro, che tentano .di separare in μη a dualità ai figli il mistero della divina
πον είναι τύν έκ της άγίας παρθένου hominem esse illum genitum ex j:y· economia di salvezza; esclude V
τεχθέντα Μαρίας άναιδώς ληρψ- sancta virgine Maria impudenter
so δουντας τάς τοΰ μακαρίου Κυρίλλου delirant, epistulas synodicas beati
του της Άλεξανδρέων εκκλησίας Cyrilli quondam Alexandrinae eccle-
γενομένου ποιμένος συνοδικάς έπι- siae praesulis ad Nestorium 1 et ad 'ir. ‘
στολάς πρός τύν Νεστόριον1 καί πρύς orientales2 congrue habentes susce-
τούς τής 'Ανατολής2 άρμοδίας οίίσας pit ad convincendas NestoriÌ vesa-
30 έδέξατοείς έλεγχον μέν τής Νεστορίου nias, interpretationem vero eorum
φρενοβλαβείας, έρμηνείαν δέ των qui salutatis symboli mentem pio
ευσεβεΐ ζήλω τοΰ σωτηρίου συμβόλου Zelo nosse desiderant. Quibus etiam
ποθούντων τήν έννοιαν, αΐς καί τήν epistulam maximae et senioris urbis
επιστολήν του της μεγίστης καί Romae praesulis beatissimi et sanc-
3B πρεσβυτέρας 'Ρώμης προέδρου τοΰ fissimi archiepiscopi Leonis quae
μακαριωτάτου καί άγιωτάτου άρχΐ:· scripta est ad sanctae memoriae
επισκόπου Αέοντος, τήν γραφεΐσαν archiepiscopum Flavianum ad peti-
πρύς τύν έν άγίοις άρχιεπίσκοπον Φλα- mendam Eutychis malam ìntelle-
βιανύν επ' άναιρέσει τής Εύτυχοΰς gentiam3, consequentissime coapta-
ίο κακονοίας3, <5ίτε δή τή του μεγάλου vit utpote et magni illìus Petti con-
Πέτρου όμολογίοι συμβαίνουσαν καί fessioni congruentem et commu-
κοινήν τινα στήλην ύπάρχουσαν, κατά nem quandam columnam nobis ad-
τών κακοδοξούντων εικότως συν- versum prava dogmata exsistentem, *i’::i■
ήρμοσε πρός τήν των ορθών δογ- ad confirmationem rectorum dog
he μάτων βεβαίωσιν. Τοΐς τε γάρ εις matum. His namque qui in duos
υιών δυάδα τύ τής οικονομίας δια- filios dispensationis divinae myste-
σπαν έπιχειροΰσι μυστήριον παρα- tium discerpere nituntur, obsistit
1 Est epistula secunda, vide supta p. 40 -44..
3 Est epistula ad loannem Antiochenum de pace, vide supta p. 70-74-, 85
3 Est Tomus ad Flavianum, vide supra p. 77.-82. ..
Concilium Chalcedotietm —*451 Definizione della fede
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!
Χριστός έξεπαίδευσεν, καί τύ των diyit et pattum nobis symbolum i e infine come ci ha trasmesso il simbolo dei padri.
πατέρων ήμϊν παραδέδωκε σύμβολαν. tradidit. Dopo che abbiamo stabilito tutto ciò con ogni possibile diligenza, il santo
Τούτων τοίνυν μετά πάσης άκρι- His igitur cum omni undique scm- concilio ecumenico ha deciso che nessuno può presentare, scrivere o com-
)orre una formula di fede diversa, o credere e insegnare in altro modo. Quel-
βείας τε καί έμμελείας παρ’ ήμών
5 διατυπωθέντών, ώρισεν ή άγία καί
pulositate et diligentia a nobis dis-
positis definivit sancta et untyersa-
{i poi che osassero comporre una diversa formula di fede, o professare o inse
gnare, o tramandare un diverso simbolo a quelli che intendono convertirsi
οικουμενική σύνοδος έτέραν πίστιν lis synodus alteram fidem nulli licere dall'ellenismo, dal giudaismo o da un'eresia qualsiasi alla verità, costoro, se
μηδενί έξεΐναι προφέρειν ή γοΰν proferre viel conscribere aut con- sono Vescovi o/cliierici, siano considerati decaduti; Üvescovo dal suo episco-
συγγράφειν ή συντιθέναι,’ ή φρονειν ponere aut sentire aut docere aliter; ; pato, i chierici dal clero; se poi fossero monaci o laici dovranno essere sco
ή διδάσκειν έτέρως' τούς δέ τολμών- eos autem qui ausi sunt aut con municati. ’
io τας ή συντιθέναι πίστιν . έτέραν ή ponere fidem alteram aut certe pro-
γοΰν προκομίζειν, ή ■διδάσκειν, ή ferre aut docere aut tradere alterum ! CANONI :
παραδιδόναι έτερον σόμβαλον τοϊς symbolum volentibus vel ex gentili-
έθέλουσιν έπιστρέφειν είς Ιπίγνωσιν tate ad agnitionem veritatis vel ex i ' ■ ' - 1'·· ■ ■ ' .
r · ■ * . ■ ■ '
της άληθείας έξ. ελληνισμού ή έξ Judaeis, vel· ex haeresi quacumque
15 Ιουδαϊσμού ή .γοΰν εξ αίρεσεως converti, hos, si episcopi fuerint . . 1
/ canoni d i ciascun sinodo d evo n o osservarsi integralm ente
οίασδηποτοΰν, τούτους.· εί μέν εΐεν aut clerici, alienos esse episcopos ab
έπίσκοποιή κληρικοί; άλλοτρίους εΐναι episcopatu et clericos a clero, si vero ! Abbiamo decretato che i canoni stabiliti dai santi padri in tutti i concili te-
τους έπισκόπους της επισκοπής καί monachi aut laici fuerint, anathema-· j nuti fino a questo momento debbano restare in vigore.
τούς κληρικούς* του κλήρου··εί δέ
20 μονάζοντες ή λαϊκοί εΐεν, άναθεμα-
tizati. * ; i
II
τίζεσθαι, N o n si consacri u n vescovo p e r denaro 1 .
καταγάγοι τήν άπρατον χάριν, καί gerit gratiam, quae n o n potest ve
χειροτονήσοι επί χρήμασιν έπίσκο- nundari, ordinaveritque per pecu
3δ πον ή χωρεπίσκοπον ή πρεσβύτερον nias episcopum aut presbyterum seu
ή διάκονον ή έτερόν τινα των εν τφ diaconum vel quemlibet ex his, qui
1 Cf. Can. ap. 29-30 (CSP 21); cone. Laod. (325/381), c. 12 (CSP 135); Basilius Caes., ·
c. 90 (CPG 175-178).
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Concilium Cbahedonms —■451 Canone IH
κλήρφ καταρίθμουμένων, ή προβά- connumetantur in clero, aut p ro m o o promuove qualcuno all’ufficio di amministratore o di pubblico difensore o
λοιτο έπΐ χρήμασιν , οϊκανόμον ή verit per pecimiàs dispensatorem aut di guardiano o a qualsiasi altro compito nella curia per turpe interesse, egli si
’έκδικον ή παραμονάριον ή δλως τινά defensorem yel quem quam, qui sub- espone - se il fatto è provato - al pericolo di perdere il suo grado. Quanto a
του καν όνος δι’ αισχροκέρδειαν οί- iectus est tegulae, pro suo turpxssi- quello che ha ricevuto l’ordinazione in tal modo non riporterà alcun vantag
gio da un’ordinazione o promozione mercanteggiata, ma sarà deposto dalla
B κείαν, .6 τοΰτο έπιχειρήσας έλεγ- mi lucd commódo : ìs, cui hoc äd-
dignità o dall’ufficio che ha ottenuto con denaro. Se poi qualcuno ha fatto da
χθεΐς κινδυνευέτω εις τό.ν οίκεΐον temptanti probatum fuérit, proprü mediatore in questo commercio illecito e vergognoso, se si tratta di un chieri
βαθμόν* καί ό χειροτονούμενος μηδέν gradus pedculo subìacebit, et qui co, decada dal proprio grado, se si tratta di un laico o di un monaco, sia colpi
έκ της κατ’ εμπορίαν ώφελείσθω ordinatus est, nihil ex hac ordina- to da scomunica.
χειροτονίας ή προβολής, άλλ’ &στω tione vel promotione, quae est per
io άλλότριος της άξίας ή τοΰ φροντί- negotiationem facta, proficiat. Sed ΠΙ
σματος, οΰπερ επί χρήμασιν δτυχεν. sit alienus ea’dignitate vel sollicitu- ; Un vescovo o un chierico o un monaco non deve occuparsi
El δέ τις καί μεσιτεύων φανείη τοΐς dine, quam per pecunias adquisivìt, dì cose estranee alla propria vocazione 1
οΰτως αίσχροΐς καί ώθεμίτοίς λήμ- Si quis vero mediator tam turpibus
μασι, καί οΰτος, εί μέν κληρικός et nefandis datis vel acceptis exstite- : Questo santo sinodo è venuto a conoscenza del fatto che alcuni membri
i 5 εϊη, τοΰ οίκείου έκπιπτέτω βαθμού, rit, si quidem cledcus fuerit, proprio del clero per turpe guadagno fanno i locatari dei beni di altri, si occupano di
ei δέ λαϊκός ή μοναχός, άναθεμα- gradu decidat, si vero laicus aut ; affari mondani e, trascurando il servizio del Signore, corrono invece qua e là
τιζέαθω. monachus anathematizetur. [ perle case della gente assumendo per avarizia la gestione delle altrui proprie-
\. tà. Il santo e grande concilio stabilisce che in avvenire nessun vescovo, cfieri-
Γ III ì co o monaco possa prendere in affitto beni o anche offrirsi come amministra
tore in affari mondani, a meno che uno venga obbligato dalle leggi alla tutela
Περί τοΰ μή δεΐν κληρικόν ή μοναχόν Ut mllns episcopus mit clericus aut
I dei fanciulli o il vescovo della città incarichi qualcuno di occuparsi delle cose
άλλοτρίόιν φρόντιζεIV πραγμάτων1 1 monachus conductor exsistat1
! ecclesiastiche o di prendersi cura ' V
ao Ή λθεν εις τήν αγίαν σύνοδον οτι Pervenit ad sanctam synodum* quod
των έν τφ κλήρφ κατειλεγμένων quidam qui in clero videntur allecti,
τινές δι’ αίσχροκερδίαν άλλοτρίων propter lucra turpia conductores
κτημάτων γίνονται μισθωταί καί alienarum possessionum fiant et
πράγματα κοσμικά έργολαμβάνουσι, saecularia negotia sub cura sua sus-
as της μέν τοΰ θεοΰ λειτουργίας κατα- cipiant. Dei quidem ministerium
ραθυμοΰντες, τούς δέ των κοσμικών parvipendentes, saecularium vero
ύποτρέχοντες οίκους καί ούσιων χει- discurrentes domos, propter avari-
ρίσμούς άναδεχόμενοι διά φιλαργυ- tiam patrimoniorum sollicitudines
ρίαν. "Ωρισεν τοίνυν ή άγία καί με- assumentes. Decrevit itaque saüC-
so γάλη σύνοδος μηδένα τοΰ λοιπού, tutti hoc magttumque concilium,
μή επίσκοπον μή κληρικόν μή μο- nullum deinceps, non episcopum
νάζοντα, ή μισθοΰσθαι κτήματα ή non clericum vel monachum, aut
πραγμάτων κοσμικών παρείσάγειν possessiones conducere aut negotiis
εαυτόν διοικητήν, πλήν εί μήπόυ έκ saecularibus sese miscere, praeter
35 νόμων καλοΐτο είς άφηλίκων άπα- pupillorum, si forte curam inexcu-
ραίτητον έπιτροπήν, ή è της πόλεως Sabilem leges inponant, aut civitatis
έπίσκοπος έκκληβιαστικών έπιτρέ- episcopus ecclesiasticarum rerum
ψοι φροντίζειν πραγμάτων, ή όρφα- sollicitudinem habere praecipiat, aut
νών καί χηρών άπρονοήτων καί των orphanorum et viduarum earumque,
ίο προσώπων των μάλιστα της έκκλη* quae sine ulla provisione sunt, per-
σιαστικής δεομένων βοήθειας, διά sonarum, quae maxime ecclesiastico
τόν φόβον του κυρίου. Ε ί δέ τις indigent ädiütörio, propter timo**
1 Cf. Caft. ap. 6, 81, 83 (CSP11, 49, 50); cotic. Catth. (419), c. ltì (CSP 230).
88
>Τ··Λ- ··
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Concilium Chalcedomnse — 4SI Canone IV
παραβαίνειν' τά ώρισμένα του λοιπού rem Domini causa deposcat. Si quis per amore di Dio degli orfani e delle vedove senza protezione o di quelle per
έπιχειρήσοι, δ τοιοΰτος εκκλησία- autem transgredi de cetero statuta sone particolarmente bisognose del soccorso della chiesa. Se qualcuno in av
στικοΐς ύποκείσθω έπιτιμίοις. : temptaverit, huiusmodi ecclesiasti venire tentasse di trasgredire quanto stabilito, sia sottoposto alle pene eccle
cis increpationibus subiacébit. siastiche.
Δ IV IV
6 Περί του μή δεΐν μοναχούς πο.ΐεΐν τι D* honor« monachorum, et ut nullis se actibus vel I m onaci non devono intraprendere nulla
παρά γνώμην τοΰ ίδίου έπισκόπου ή ecclesiasticis vel saecularibus misceant, nec alienum contro, la vo lo n tà del proprio vescovo,
συνισταν μοναστήριον, μήτε κοσμικάς ssmm praefer conscientiam domini m recipiant1 i né costruire u n monastero o occuparsi di cose m ondane 1
άναδέχεσθαι φροντίδας1
Quelli che con spìrito vero e sincero intraprendono la vita monastica de
Οί άληθινώς καί είλικρίνώς τον μο- Qui vere et sincere singularem sec- vono essere stimati convenientemente. Ma poiché alcuni, col pretesto dello
ìo νήρη μετιόντες βίον της προσηκού- tantur vitam, conpetenti honore di- j stato monastico, sconvolgono le chiese e i pubblici affari, andando di città in
σης άξιούσθωσαν τιμής. Ε πειδή gni habeantur. Quoniam vero qui- ί città senza alcun discernimento e pretendendo addirittura di costruirsi dei
δέ τινες τφ μοναχικφ κεχρημέ- dam utentes habitu monachi eccle- ! monasteri, il concilio ha deciso che nessuno, in qualsiasi luogo, possa co-
νοι προσχήματι, τάς τε εκκλησίας· siastka negotia civìliaque contur- : struire e fondare un monastero o un oratorio contro il volere del vescovo
καΐ τά πολιτικά ταράσσουσι πράγ- bent, circumeuntes indifferenter ur della città. I monaci, inoltre, di ciascuna città e regione devono esser sottor
ia ματα, περιιόντες άδιαφόρως εν ταις bes necnon.et monasteria sìbi insti- posti al vescovo, devono aver caro il raccoglimento e.attendere solo al digiu
πόλεσιν, ού μήν άλλά καί μοναστή- tuere praesumentes, placuit nullum no e alla preghiera, osservando la stabilità nei luoghi dove hanno fatto la loro,
ρια έαυτοΐς συνισταν έπιτηδεύοντες, quidem usquam aedificare aut con- j professione. N on si occupino di affari ecclesiastici o secolari, né si impiccino
εδοξε μηδένα μηδαμού οϊκοδαμεΐν stìtuere monasterium vel oratorii f di ciò, lasciando i propri monasteri, a meno che talvolta non sia loro coman-
μηδέ συνισταν μοναστήριον ή ε'ύκτή- domum praeter conscientiam dvi- r;: dato dal vescovo della città per una necessità. Nessuno può accogliere nei
0ö ριον οίκον παρά γνώμην τοΰ της tatis episcopi. Monachos véro per
! monasteri uno. schiavo, perché si faccia monaco, contro la volontà del suo
f- padrotié. Abbiamo stabilito che chiunque trasgredisce questa nostra disposi-
πόλεως έπισκόπου. Τούς δέ καθ’ unamquamque civitatem aut regio- [ zione sia scomunicato, perché non si aia occasione di bestemmiare il nome
έκάστην πόλιν καί χώραν μονώζον- nem sublectos esse episcopo et quie- I' del Signore!2-Bisogna infine che il véscovo della città eserciti la necessaria
τας ΰποτετάχθαι τφ επισκόπω, καί tem diligere et intentos esse tantum- L sorveglianza sui monasteri.
τήν ήσυχίαν άσπάζεσθαι, καί προσ- modo ieiunìo et orationi, in locis,
as έχειν μόνη τη νηστείφ καί τη προσ- quibus renuntiaverunt saeculo, per-
ευχή, έν οΐς τόποίς άπετάξαντο προσ- manentes. Nec ecclesiasticis vero
καρτερουντες, μήτε δε εκκλησία- nec saecularibus negotiis commu-
στικοΐς μήτε βιωτικοΐς παρενοχλεΐν nicent·, vel in aliquo sint molesti pro-
πράγμασιν ή έπικοινωνεΐν, καταλιμ- pria monasteria deserentes, nisi forte
30 πάνοντες τά ίδια μοναστήρια, εί μή his praecipiatur propter opus ne-
ποτε Äpa επιτραποΐεν διά χρείαν cessarium ab episcopo civitatis,
άναγκαίαν ύπά του της πόλεως έπι- Nullum vero recipere in monasteriis
σκόπου. Μηδένα δέ προσδέχεσθαι έν servum obtentu monachi, praeter f
τοις μοναστηρίοις δούλαν έπΐ το sui domini conscientiam. Trans
as μονάσαι παρά γνώμην τοΰ Ιδιου δε- gredìentem vero hanc definitionem . -·. r
σπότου. Τδν δέ παραβαίνοντα τούτον nostram, excommunicatum esse de-
ήμών τδν δρον ώρίσαμεν άκοινώνητον crevimus, ne nomen Dei blasphe- r
εΐναι, ϊνα μή τδ ονομα του θεοΰ βλασ- metur2. Verum tamen episcopum
φημήται2. Τδν μέντοι επίσκοπον της convenit dvìtatìs conpetentem mo
ie πόλεως χρή τήν δέουσαν πρόνοιαν nasteriorum providentiam gerere, r- ,,
ποιεΐσθαι των μοναστηρίων.
1 Cf. Can. ap. 82 (CSP 49); cone. Gangr. (ca 340), c. 3 (CSP 80); cone. Carth. (419),
cc. 64, 82 (CSP 301, 322).
* Cf.Rm 2,24; Ϊ T m Ó .l.
89 89
Concilium Chalcedonem — 451 Canoni V - VII
E V
Περί του μή δεΐν άκο έκκλησίας De episcopis »el shmis, ut de civitate
έτέρας είς έτέραν μετατίθεσθαι std civitatemm»transeant1
; Un chierico non deve passare da una chiesa all'altra}
κληρικόν1
I Nei confronti dei vescovi e dei chierici che passano da. una città all’altra, si
Περί των μεταβαινόντων άπύ πό- De his, qui transmigrant de civitate ; è deciso che conservino tutto il loro vigore quei canoni che sono stati stabiliti
δ λεως είς πόλιν έπισκόπων ή κληρι- in civitatem episcopis aut clericis, ! dai santi padri su questo argomento.
κών έδοξε τούς περί τούτων τεΟέν- placuit u t canones, qui de hac te
τας κανόνας παρά των άγιων πατέ a sanctis patribus statuti sunt, habe I VI ;
ρων τήν ίδίαν δχειν ίσχύν. ant propriam firmitatem. \ N essun chierico deve essere ordinato senza titolo 2
as Τούς άπαξ έν κλήρφ τεταγμένους Qui semel in clero deputati sunt aut
ή μονάσαντας ώρίσαμεν μήτε έπΐ monachorum vitam expetiverunt,
στρατείαν μήτε έπΐ άξίαν κοσμικήν statuimus, neque ad militiam neque ;
δρχεσθαι, ή τούς τοΰτο τολμήσαντας ad dignitatem aliquam venire mun- r
καί μή μεταμελούμενους, ώστε Ιπι- danam aut, hoc temptantes et non
ao στρέψαι επί τούτο, Ö διά θεόν πρό- agentes poenitentiam, ut redeant ad
τερον εΐλοντο, άναθεματίζεσθαι. hoc, quod propter Deum prius ele
gerunt, anathematizari.
1 Cf. cane. Nie., cc. 15,16 (v. supra p. 13); Can. ap. 14, 15 (CSP 14-15); cone. Antioch.
(341), cc. 3,16,21 (CSP 106-107, 117,121); cone. Sard. (342/343), cc. 1, 2, 15,16,19 (CSP 1,
159-161,182-183,185); cone. Carth. (419), cc. 48, 54, 90 (CSP 265-266,277-279,334).
8 Cone. Neociies. (315/324), c. 13 (CSP 81).
8 Cf. c. 3 (v, supra p. 88) ; Can. ap. 6, 81, 83 (CSP 11, 49-50); conc. Carth, (419), c. 16
<CSP 230-231).
90 90
Canoni V i l i - I X
H w V ili
Περί του δειν τά πτωχεία καί μαρ- De ehrtet's vei dispensatoribus pauperum vel mo~ V ili . .
τυρεΐα καί μοναστήρια ύπο τδν επί- nasteriorum, ut sub episcopi -sui potestate per- Gli ospìzi dei poveri, i luoghi consacrati ai martìri e i monasteri
σκοπον είναι maneant siano sotto la potestà del vescovo
Οί κληρικοί των πτωχείων καί μο- Clèrici; qui praeficiuntur ptodiiis
δ ναστηρίων καί μαρτυρίων ύπύ τήν vel qui ordinantur in monasteriis et I chierici degli ospizi per i poveri, dei monasteri e dei santuari dei martiri
έξουσίαν των έν έκάστη πόλει έπι- basilicis martyrum, sub epìscopo- siano soggetti all’autorità del vescovo di ciascuna città, secondo l’uso traman
σκόπων κατά τήν των άγίων πατέ- rum, qui in unaquaque civitate sunt dato dai santi padri, e non ricusino per superbia dì essere .sottoposti al pro
ρων παράδοσιν διαμενέτωσαν καί μή secundum sanctorum patrum tradi- prio vescovo; Chi tenterà di trasgredire questa disposizione in qualsiasi mo
κατά· αύθάδειαν άφηνιάτωσαν του tiones, potestate permaneant, nec do e non si sottometterà al proprio .vescovo, se chierico sia punito secondo i
sacri canoni,·, se invece monaco o laico sia escluso dalla comunione.
io 15ίου έπισκόπου. Οί δέ τολμώντες per contumaciam ab episcopo suo
άνατρέπειν τήν τοιαύτην διατύπωσιν dissiliant. Qui vero audent evèrtere
καθ’ οίονδήποτε τρόπον καί μή ύπο- huiusmodì formam quocumque mo- -.V-’· _ _/ ix
I chierici non devono adire i tribunali secolari1
τασσόμενοι τφ ίδίφ επισκόπφ, εί do nec proprio subiciuntur epìsco-
μέν· εϊεν. κληρικοί, τοΐς των κανόνων po, si quidem clerici sint, canonum Se,un chierico ha una questione con un altro chierico non trascuri il pro
16 ύποκείσθωσαν έπιτιμίοις, ei δε μο- correptionibus subiacebunt, si vero prio vescovo per ricorrere ai tribunali secolari. La càusa sia prima sottoposta
νάζοντες ή λαϊκοί, Ιστοί σαν άκοι- laici vel monachi fuerint, commu- al vescovo, oppure,'col suo consenso, ad arbitri scelti dì comune accordo dal
νώνητοι. nione priventur. le due partì. Se qualcuno agisse contro queste decisioni, sia soggetto alle pene
Θ IX canòniche. Se un chierico, poi, avesse qualche questione contro il proprio ve
Περί του μή δειν κληρικούς είς κο- Ut derisi inter se confligentes adeant episcopum scovo o uri altro vescovo, sia giudicato presso il sinodo provinciale. Se infine
σμικόν άπιέναι δικαστήρίον, άλλά proprmm et saecularia indicia non requirant1 un vescovo o un chièrico avesse'motivo di divergenza col metropolita stesso
della provincia, si rivolga" o all’esarca della diocesi o alla sede della città impe
20 παρά τω Ιδίφ έπισκόπιρ δικάζεσθαι1
riale, Costantinopoli, e qui si tratti· la causa.
Β ϊ τις κληρικός προς κληρικόν πραγ- Si quis clericus adversum clericutn
μα Ιχοι, μή καταλιμπανέτω τόν habet negotium, non deserat episco-
οίκεΐον επίσκοπον καί επί κοσμικά pum proprium et ad saecularia per-
δικαστήρια κατατρεχέτω, άλλά πρό- currat indicia, sed prius actio venti-
a5 τερον τήν ύπόθεσιν γυμναζέτω παρά letur apud episcopum proprium vel
I
τω οίκείίή έπισκόπω, ή γοΰν γνώμη certe consilio eiusdem episcopi, a-
αύτοΰ του έπισκόπου, παρ’ οίς otv pud quos utraeque partes voluerint,
τά άμφότερα μέρη βούλωνται, τά iudicium continebunt. Si quis au-
της δίκης συγκροτεϊσθαι· εί δέ τις tem praeter haec fecerit, canonicis
30 παρά ταΰτα ποιήσοι, κανονικοΐς correptionibus subiacebìt. Quod si
έπιτιμίοις ύποκεί.σθω, E i δέ κληρικός clericus habet causam adversus epi-
πραγμα ίχοι πρύς τόν ΐδιον ή καί scopum proprium vel adversus alte-
πρός έτερον έπίσκοπον, παρά τη rum, apud synodum provinciae iu-
συνόδφ της επαρχίας δικαζέσΘω. Εί dicetur. Quod si adversus eiusdem
35 δέ πρός τόν της αυτής έπαρχίας μη- provinciae metropolitanum episco-
τροπολίτην έπίσκοπος ή κληρικός pus vel clericus habet querelam, 1
v
V.
άμφισβητοίη, καταλαμβανέτω ή’ τόν petat primatem dloeceseos aut se-
ir·
έξαρχον της διοικήσεως ή τόν της dem regiae urbis Constantìnopolis V·':
βασιλευούσης Κωνσταντινουπόλεως et apud ipsam' iudicetur.
10 Θρόνον, καί επ’ α,ύτύν δικαζέσθω. V-
1 Cf. cone. Constantia. I, c. 6 (v. supra pp. 33-34); Can. ap. 74 (CSP 45); cone. Antioch.
(341),cc. 14,15 (CSP 115416); cone. Carth. (419), cc. 8, 12,15, 19,20,28,79,87,96,104,
107, 125,128430 (CSP 221,225, 228, 234-237,243,320,332, 360, 369, 373, 396, 402-404).
91
91
Concilium Cbakedonense — 451 Canoni X - X I
I X
X
Περί του μή δεΐν κληρικόν έν δύο Ui nullus ciemus in duabus ministret ecclesiis1
N o n è lecito a d u n chierico servire
πόλεων έκκλησίαις κατατάττεσθαι1
in due chiese d i due diverse città 1
Μή έξεΐναι κληρικόν έν δύο πόλεων N on licere clericum in duarum civi
κατά ταύτόν κατατάττεσθαι έκκλη- tatum simul pronuntiari ecclesiis, et Non è lecito che un chierico eserciti il suo ministero contemporaneamente
5 σίαις, έν ή τε τήν άρχήν έχειρο- in qua initio ordinatus est e t 'a d in due città, in quella, cioè, nella quale fu ordinato e in quella, nella quale si
τονήθη καί èv ή προσέφυγεν, ώς quam confugit, quasi ad potiorem, rifugiò per desiderio di vana gloria, credendola migliore. Quelli che facesse
μείζονι δήθεν» διά δόξης κενής έπΐ- ob inanis gloriae cupiditatem: hoc ro cosi devono essere richiamati alla propria chiesa, per la quale da principio
erano stati ordinati, e li soltanto prestare il loro servizio. Se, però, qualcuno
θυμίαν* τούς δέ γε τούτο ποιούντας autem facientes revocari debere ad
fosse già stato trasferito da una chiesa ad un’altra, egli non devepiù occuparsi
άποκαθισταν τη Ιδία έκκλησίφ, èv ή suam ecclesiam, in qua initio ordi
degli affari della prima chiesa, né dei santuari, degli ospizi per i poveri, delle
ίο έξ άρχής έχειροτονήθησαν, καί εκεί nati sunt et ibi tantummodo mini case per forestieri che da essa dipendono. Chi osasse, dopo il decreto di que
μόνον λειτουργεΐν. ΕΕ μέντοι ήδη strare. Si vero iam quis translatus sto grande e universale concilio, fare alcunché di quanto è stato proibito,
τινές μετηνέχθησαν έξ άλλης είς est ex alia in aliam ecclesiam, nihil questo santo sinodo stabilisce che decada dal proprio grado.
άλλην εκκλησίαν, μηδέν τοΐς της προ- prioris ecclesiae aut sub ea marty
τέρας έκκλησίας, ήτοι των ύπ* αότη rum aut pauperum commorationis XI
le μαρτυρίων ή πτωχείων ή ξενοδοχεί aut xenodochiorum rebus omnino Q uelli che hanno bisogno d i assistenza
ων, έπικοινωνεΐν πράγμασι. Τούς δε communicet. Eos vero qui ausi siano pro vvisti di lettere d i pace ;
τολμώντας μετά τόν fipov τούτον fuerint post definitionem magnae et lettere com m endatìzie si diano solo a chi ha buona reputazione 2
της μεγάλης καί οικουμενικής ταύ- universalis huius synodi quiequam
της συνόδου πρώττειν τι τών νύν ex his quae sunt prohibita perpe Tutti i poveri e ί bisognosi di assistenza, che devono viaggiare, siano mu
ao άπηγορευμένων, ώρισεν ή άγία σύν trare, decrevit sancta synodus pro niti, non senza indagine, di lettere ecclesiastiche o lettere di pace, ma non di
οδος Ικπίπτειν του οίκείου βαθμού. prio huiusmodi gradu reddere. lettere di raccomandazione: queste devono essere rilasciate solo a persone dì
buona reputazione.
ΙΑ XI
Περί του εϊρηνικοΐς γράμμασί τούς Ut c/mctis pauperibus episttdam tribuantur,
δεομένους έπικουρίας έφοδιάζεσθαι, honoratioribus vero personis commendaticiae
αί γάρ συστατικαί τοΐς έν ύπολήψει litterae2
ac δίδονται2
Πάντας τούς πένητας καί δεομέ Omnes pauperes et indigentes auxi
νους έπικουρίας μετά δοκιμασίας lio, cum proficiscuntur, sub proba
έπιστολίοις ήγουν εΕρηνικοΐς Ικκλη- tione epistolis ecclesiastici? pacifi
σιαστικοΐς μόνοις όδεύειν ώρίσαμεν cis tantummodo commendari decre
ao καί μή συστατικοΐς, διά τό τάς συ- vimus, et non commendaticiis litte
στατικάς έπιστολάς προσήκειν τοΐς ris, propterea quod commendaticiae
οδσιν έν ύπολήψει μόνοις παρέχε- litterae personis honoratioribus“
σθαι προσώποις. solummodo conceduntur.
1 Cf. conc. Nie,, cc. 15-16 (v. supra p, 13); Can. ap, 15 (CSP 15); conc. Antioch. (341), c. 3,
(CSP 106-107); cone. Sard. (342/343), cc. 15,16 (CSP 182-183); conc. Carth. (419), cc. 54,
90 (CSP 277-279, 334).
a Cf. Can. ap, 12, 33 (CSP 13,23); conc. Antioch. (341), cc. 7, 8,11 (CSP 110,113); conc.
Laod, (325/381), cc. 41-42 (CSP 147-148); conc, Sard. (342/343), ce. 7-8 (CSP 168-170);
conc. Carfch. (419), cc. 23, 89, 106 (CSP 238, 333, 370-371).
92 92
Concilium Chahsàomim — 451 Canoni X I I - X I V
IB X II X II .
Π ερί του μή δεΐν Εκ βασιλικού γράμ- Ul in um provincia unus sii mtopoUtam Un vescovo non deve essere fa tto metropolita con lettere imperiali,
ματος επίσκοπον γίνεσθαι μητροπο- episcopus1 né una provincia deve essere divisa in d m x
λίτην, καί δτι εϊς δύο επαρχίας μία '
ού τέμνεται1 Siamo venuti a sapere che alcuni, contro ogni norma ecclesiastica, sì sono
rivolti alle autorità civili ottenendo che con una pragmatica [rescritto] im pe
& ^Ηλθευ ' εϊς ήμας ώς τινες παρά P ervenit ad nos, q u o d quidam prae- riale una provincia fosse divisa in due, con la conseguenza che in una stessa
τούς Εκκλησιαστικούς θεσμούς προσ- ter ecclesiastica statuta facientes con- provincia vi siano due metropoliti. Il santo sinodo stabilisce che per Pav-
δραμόντες δυναστείαις διά πραγ- v o laru n t ad potestates et p er prag- venire niente di simile possa esser fatto da un vescovo sotto pena di decaden
ματικών τήν μίαν Επαρχίαν εϊς δύο m aticam form am in duo unam pro- za dai proprio rango. Q uanto alle città che già avessero ricevuto con lettere
κατέτεμον, ώς εκ τούτου δύο μη- vinciam diviserunt, ita u t ex hoc imperiali f onorifico titolo .di sede metropolitana godranno del solo onore
io τροπολίτας είναι έν τη αύτη έπαρχί<$. facto duo m etropolitani' es.se vide- come il vescovo che le governa, perché i diritti propriamente detti devono re
'Ώ ρισε τοίνυν ή αγία σύνοδος του an tu r in una provincia. Statuit ergo stare al vero metropolita.
λοιπού μηδέν τοιοΰτο τολμασθαι πα- sancta synodus de reliquo' nihil
ρά Επισκόπου, έπεί τύν τούτο επι- ab episcopis tale tem ptari, alioquin . X III
χειρούντα Εκπίπτειν του οίκείου βαθ- qui h oc adnisus fuerit, amissioni I chierici non possono esem tare il servizio liturgico in altre città
lft μου. "Οσαι δέ ήδη διά γραμμάτων gradus proprii subiacebìt. Quae- senza lettere com m endatizie2
βασιλικών τφ της μητροπόλεως έτι- cum que vero civitates litteris impe-
μήθησαν ύνσματι, μόνης άπολαυέτω- rialibus m etropolitani nominis h o - I chierici e i lettori forestieri non devono assolutamente compiere un ser
σαν της τιμής καί ό τήν εκκλησίαν nore subnixae sunt, honore tantum- vizio liturgico in un’altra città senza le lettere di presentazione del proprio
αύτης διοικών Επίσκοπος, δηλονότι m odo perfruantur, et qui ecclesiam vescovo.
20 σφζομένων τη κατά άλήθειαν μη- eius gubernat episcopus, salvis scüi-
τροπόλει των οικείων δικαίων, cet verae m etropolis privilegiis suis. X IV
: ■ C h i appartiene a un grado dell'ordine sacerdotale
■ non p u ò unirsi in m atrim onio, con eretici?
ΙΓ X III
Π ερί του μή δεΐν κληρικούς άπιόντας Ut k aliena ecclesia clerici non minisinntz : Poiché in alcune province è. permesso ai lettori e ai cantori di sposarsi,
χωρίς γραμμάτων συστατικών questo santo ,V
λειτουργεΐν2
8ft Ξένους κληρικούς καί άναγνώστας Peregrinos clericos et lectores in
εν έτέρς: πόλει δίχα συστατικών alia civitate praeter commendaticias
γραμμάτων του ίδιου Επισκόπου μη- litteras sui episcopi nusquam peni-
δε δλως μηδαμού λειτουργεΐν. tus m inistrare debere.
ΙΔ X IV
Περί τού μή δεΐν Ιερατικούς πρύς Quod in quibusdam pravimiis lectores uxores
αιρετικούς Επιγαμίας ποιεΐν3 accipere permittantur, ne preesutnpsennt se haere
ticis conìungere*
Ε π ειδή έν τισιν έπαρχίαις συγκε- Quoniam in quibusdam provinciis
χώρηται τοΐς άναγνώσταις καί ψάλ- concessum est lectoribus et psal-
ταις γαμεΐν, ώρισεν ή αγία σύνοδος mistis uxores accipere, statuit sanc-
1 Cf/conc. Nie,,cc, 6-8 (v. supra pp. 8-10); cone. Constantin, I, cc. 2-3 (v, supra pp. 31-32) ;r
cone, Eph., c. 8 (v. supra pp. 68-69); Can. ap. 34 (CSP 24).
a Cf. Cati. ap. 12,15 (CSP 13,15).
* Cf. Can. ap. 26 (CSP 19); cone. Laod, (325/381), cc. 10, 31 (CSP 134-135,143); cone.
Carth. (419), cc. 16, 21, 25 (CSP 230, 237, 240-241).
93 93
Concilium Chalcedonem» — 451 Canoni X V - X V I
μή έξεΐναί τινι αότών έτερόδοξον ta synodus non lìcere cuiquam ex his sinodo ha deciso che non sia lecito ad alcuno di loro prendere in moglie una
γυναίκα λαμβάνειν. Τούς δέ ήδη εκ sectae alterius uxorem accipere. Qui donna eretica. Coloro che avessero già avuto figli da tali nozze, se hanno già
τοιούτων γάμων παιδοποιήσαντας, vero ex huiusmodi coniugio iam fatto battezzare i loro figli dagli eretici, devono farli ammettere alla comu
sì μέν Μφθασαν βαπτίσαι τά έξ αό- filios susceperunt, si quidem prae nione della chiesa cattolica; se non sono stati ancora battezzati, non possono
5 των τεχθέντα παρά τοΐς αίρετικοΐς, venti sunt, u t ex se genitos apud battezzarli presso gli eretici. N é devono darli in matrimonio a un eretico, un
προσάγειν αύτά τη κοινωνίφ της κα haereticos baptizarent, offerre eos giudeo, o un gentile, a meno che la persona che si unisce alla parte ortodossa
θολικής εκκλησίας, μή βαπτισθέντα non dichiari di convertirsi alla vera fede. Se qualcuno trasgredirà questa pre
ecclesiae catholicae communioni
scrizione del santo concilio, venga assoggettato alle sanzioni ecclesiastiche.
δέ μή δύνασθαι &τι βαπτίζειν αύτά conveniat, non baptizatos autem
παρά τοΐς αίρετικοΐς, μήτε μήν συν- non posse ulterius apud haereticos
ιο άπτέιν προς γάμον αίρετικφ ή ’Ιου baptizari. Sed neque copulari debet
XV
D elle donne 'diacono 1
δαίο» ή δλληνι, εί μή όίρα έπαγ- nuptura haeretico* Iudaeo vel pa
γέλλοιτο μετατίθεσθαι είς τήν όρ- gano, nisi forte prom ittat se ad or , Non si ordini diacono una donna prima dei quarant’anni, e non senza dili
θόδοξον πίστιν τδ συναπτόμενονπρόσ- thodoxam fidem orthodoxe copu gente esame. Se per caso dopo aver ricevuto l'imposizione delle mani e avere
ωπον τφ όρθοδόξω. Ε ι δε τις τοΰ- landa persona transferre. Si quis esercitato pei un cèrto tempo il ministero, osasse contrarre matrimonio, di
1 τον τδν 8ρον παραβαίη τής αγίας autem hanc definitionem sanctae sprezzando con ciò la grazia di Dio, sia scomunicata insieme a colui che si è
συνόδου, κανονίκφ ύποκείσθω επι- synodi transgressus fuerit, correp unito a lei.
τίμίφ. tioni canonicae subiacebit.
ΙΕ XV ' XVI ,
Περί διακονίσσων1 De diaconissis1 .· L e vergini consacrate a D io non devono sposarsi2
Διάκονον μή χειροτονεΐσθαι γυναίκα Diaconissam non ordinandam ante
Non è lecito ad una vergine che si sia consacrata al Signore Iddio, e così
eo πρό ετών τεσσαράκοντα καί ταύτην annum quadragesimum et hanc cum
pure ad un monaco, contrarre matrimonio. Chi ciò facesse, sia scomunicato.
μετά άκριβους δοκιμασίας. E l δέ γε summo libramine. Si vero suscipiens Abbiamo tuttavia stabilito che è in potere del vescovo locale mostrare verso
δεξαμενή τήν χειροτονίαν καί χρόνον manus inpositionem et aliquantum di essi una misericordiosa comprensione.
τινά παραμείνασα τή λειτουργία temporis in ministerio permanens
τήν έπιδφ γάμιρ, ύβρίσασα τήν του semetipsam tradat ad nuptias, gra
so θεοΰ χάριν, ή τοιαύτη άναθεματι- tiae Dei contumiliam faciens, ana
ζέσθω μετά του αύτή συναφθέντος. thematizetur huiusmodi cum eo,
qui illi coniugitur.
IS XVI
Περί του μή δεΐν τάς έαυτάς τφ θεφ De virginibus et monachis1·
άναθείσας παρθένους Ιπί γάμον
όρμάν2
bo Παρθένον άναθεΐσαν έαυτήν τφ δε Virginem quae se D eo domino con
σπότη θεφ, ώσαύτως δέ καί μονά- secravit, similiter et monachum,
ζοντα, μή έξεΐναι γάμφ προσομι- non Heere nuptialia lura contrahere,
λεΐν" εΐ δέ γε τούτο εύρεΟεΐεν ποιουν- quod si hoc inventi fuerint perpe ■- ?
τες, έστωσαν άκοινώνητοι. ' Ωρίσα- trantes, excommunicentur. Confi
30 μεν δέ 8χειν τήν αύθεντίαν της έπ! tentibus autem9 decrevimus, u t ha
αύτοΐς φιλανθρωπίας τόν κατά τό beat auctoritatem eiusdem loci epi
πον έπίσκοπον. scopus misericordiam humanitatem
que largiti.
a confitentibus autetti add. CCO
.V ii ;o;
1 Cf. cone. Nie., c. 19 (v. supia p. 15); Basilius Caes,, c. 44 (CPG). .»■;*V·' ■
' !
a Cf. conc, Ancyr. (314), c. 19 (CSP 70); conc. Caith. (419), c. 16 (CSP 230); Basilius
Caes., cc. 6,18-20, 60 (CPG 103,118-123,146).
94
'Concilium Chahedomnse — 45 i Canoni X V II - X V III
v/ j XVII XVII
Περί του 8τι ούκ άνατρέπεται διοί- De paroeciis rusticis1 ' Sulle parrocchie d i campagna^
κησις'τριάκοντα £τη κρατήσασα, καί
περί των καινιζομένων πόλεων1 Le parrocchie rurali.q. di villaggio appartenenti a una chiesa, devono resta
re senza discussione iti possesso dì quei vescovi che già le possedevano, spe
Τάς καθ’ έκάστην έκκλησίαν άγροι- Singularum ecclesiarum rusticas par- cialmente se da trent’anni le'hanno amministrate con pacifico possesso. Se in
5 κικάς παροικίας ή εγχωρίους μένειν oecias vel in possessionibus manere quel periodo sia sorta 0 sorga qualche contestazióne, coloro che si ritengono
άπαρασαλεύτως παρά τοϊς κατόχου- inconcussas illis episcopis, qui eas lesi possono portare la questione dinanzi al sinodo della provincia. Nei caso
σιν αύτάς έπισκόποις, καί μάλιστα retinere noscuntur, et maxime, si che qualcuno venga danneggiato dal proprio metropolita, egli ricorra all’e
eE τριακονταετή χρόνον ταύτας άβιά- per tricennium eas absque vi obti- sarca della diocesi o ài tribunale di Costantinopoli, come si è detto più sopra.
στως διακατέχοντες φκονόμησαν. E i nentes'sub dispensatione rexerunt: Se poi una città fosse di fondazione imperiale anche la distribuzione delle
io Sè εντός των τριάκοντα, ετών γε- quod si intra tricennium facta de.his parrocchie ecclesiastiche segua le circoscrizioni civili e pubbliche.
γένηταί τις ή γένοιτο περί αύτών vel fiat altercatio, licere eis, qui se
άμφισβήτησις, έξεΐναι τοΐς λόγου- laesos asserunt, apud sanctam syn- XVIII
σιν ήδικησθαι περί τούτων κινεϊν odum provinciae de h is . movere ■ I m em bri d e b o rd in e sacerdotale
παρά τη συνόδω της επαρχίας. EI certamen. Quod si quis a metropo- non possono partecipare a congiure o cospirazioni
1 δέ τινες άδικοΐντο παρά του Εδίου Htano laeditur, apud primatem dìoe-
μητροπολίτου, ή παρά τφ έξάρχφ ‘cesos aut apud Constantìnopolita- Il delitto di congiura e di cospirazione è proibito anche dalle leggi civili,'
της διοικήσεως ή παρά τφ Κων- nam sedem iudicetur, sicut superius tanto più dev’essere proibito nella chiesa di Dio. Se quindi sarà provato che
σταντινουπόλεως Ορόνω δικαζέσθω- dictum est. Si qua vero civitas im- qualcuno fra i chierici o i monaci hä preso parte a cqngìure o si è legato con
giuramento a qualche associazione del genere o ha tramato insìdie contro i
σαν, καθά προείρηται. El δέ τις καί periali potestate novata est, aut sì
vescovi o contro i confratelli chierici, sia senz’altro dichiarato decaduto dal
ao έκ βασιλικής εξουσίας έκαινίσθη πό- protinus. innovetur civiles, disposi- suo grado.
λις ή καί,αδθις καινισθείη, τοΐς πο-.· tiones et-publicas, etiam-ecclesiasti-
λιτικοΐς καί δημοσίοις τύποις καί carum-.paroeciarum ordines subse-
τών εκκλησιαστικών παροικιών ή quantur.
τάξις άκολουθείτω.
IH XVIII
35 Περί του μή δεΐν Ιερατικούς συνόμνυ- De conspiratione ve! maltrattane®
σ0αι ή φατριάζειν3
Τύ της συνομωσίας ή φατρίας £γ- Coniurationis et conspirationis cri-
κλημα καί παρά των £ξω νόμων men et ab exteris legibus est omnino
πάντη κεκώλυται, πολλω δή μαλ- prohibitum, multo magìs hoc Dei
ο λον έν τη του θεού έκκλησή τούτο ecclesiam ne fìat, ammonere conve-
γίνεσθαι άπαγορεύειν προσήκει. Ε ί nìet. Si qui ergo clerici vel monachi
τινες τοίνυν κληρικοί ή μονάζοντες reperti fuerint coniurantes aut con-
εύρεθεΐεν ή συνομνυνόμενοι ή φατρι- spirantes aut insidias ponentes epi-
άζοντες ή κατασκευάς τυ ρεύοντες scopis aut conclericis, a gradu pro-
3 έπισκόποις ή συγκληρικοΐς έκπιπτέ- prio arceantur,
τωσαν πάντη του οίκείου βαθμού.
1 Cf. caac. Nie., c. 6 (v. supra p. 8-9);Can. ap. 74 (CSP 45-46); cone. Antioch. (341),
cc. 14-15 (CSP 115-116); conc. Carth. (419), cc. 8, 12, 15,19, 20, 28, 79, 87, 96, 104,107,
117-120,129-130 (CSP221,225,228,234-237,243,320,332,360,369,373,386,392,405-404).
a Cf. Can. ap. 31 (CSP 22); conc. Gang*, (ca 340), c, 6 (CSP 91); conc. Antiöch. (341),
c. 5 (CSP 108-109); conc. Carth. (419), cc. 10, 53 (CSP 223,273-277).
95
Concilium CbaUtdmcnse — 451 Canoni X I X - X X
10 X IX
XIX
Περί του Sew δίς του έτους έν Ut mundo in anno concilia cackbmtnr1
D u e volte all’anno bisogna celebrare i sinodi in ciascuna provincia 1
εκάστη έπαρχίφ συνόδους γίνεσθαι1
ΗΙλθεν εΐς τάς ήμετέρας άκοάς, ώς Pervenit ad aures* nostras, quod in È giunto alle nostre orecchie che nelle province non si tengono i sinodi dei
ev τάΐς έπαρχίαις αί κεκανονισμέναι provinciis statuta episcoporum con- vescovi stabiliti dai sacri canoni, e che, di conseguenza, vengono trascurati
c σύνοδοι τών έπισκόπων ού γίνονται cilia minime celebrentur, et ex hoc molti degli affari ecclesiastici che avrebbero bisogno di riforma. Pertanto il
καί έκ τούτου πολλά παραμελεΐται plurima neglegantur ecclesìastìca- santo concilio stabilisce, in conformità ai canoni dei padri, che due volte al
τών διορθώσεως δεομένων έκκλη- rum causarum, quae correctionem l'anno i vescovi di ciascuna provincia si riuniscano nef luogo scelto dal vesco
σιαστικών πραγμάτων. "Ωρ,ισε τοί- deposcunt. Decrevit itaque sancta vo metropolita e trattino le questioni in sospeso. I vescovi che non prende
νυν ή άγια σύνοδος κατά τούς τών synodus, secundum canones pa ranno parte alle riunioni, rimanendo nelle loro città pur essendo in buona sa
io πατέρων κανόνας δίς του ένιαυτου trum bis in anno episcopos in ìdip- lute e liberi da impegni urgenti e inderogabili, siano fraternamente ripresi.
Ιπί τύ αύτό συντρέχειν τούς έπισκό- sum, in unamquamque provinciam
πους καθ’ έκάστην έπαρχίαν, ένθα convenire, ubicumque metropoli- XX
άν ό της μητροπόλεως έπίσκοπος tanus antistes probaverit, et corri- U n chierico non deve trasferirsi da una città all’altra 2
δοκιμάση, καί διορθουν έκαστα τά gere singula, si qua fortassis emer
is άνακύπτοντα. Τούς δέ μή συνιόντας serunt. Quicumque vero non con- I chierici addetti al servizio di una chiesa, come già abbiamo stabilito, non
έπισκόπους, ένδημουντας ταϊς. Ιαυ- venerint episcopi, resident autem in possono trasferirsi alla chiesa di un’altra città, ma amino quella, nella quale
τών πόλεσι καί τάυτα έν ύγιεία St- suis civitatibus et hoc in sua incolu- furono stimati degni di prestare il loro servizio fin dall’inizio. Fanno ecce
zione quelli che, perduta la loro patria, per necessità hanno dovuto passare a
άγοντας καί πάσης Απαραιτήτου καί mitate consistunt, atque ab omni un'altra chiesa. Se un vescovo, dopo questa disposizione, accoglie nel pro
άναγκαίας Ασχολίας όντας έλβυθέ- excusabili et necessaria occupatione prio clero un chierico che dipende da un altro vescovo, sia scomunicato tanto
20 ρους, Αδελφικώς έπιπλήττεσθαι. probantur liberi, fraternae correp chi ha ricevuto, quanto chi è stato ricevuto, finché il chierico che ha emigrato
tioni subiaceant. non abbia fatto ritorno alla propria chiesa.
K XX
Περί τού μή δεΐν κληρικόν άπύ πόλεως Ut chria ad civitatem non transcani*
είς πόλιν μεταφέρεσθαι3
Κληρικούς εις εκκλησίαν τελοΰντας, Clericos in ecclesia ministrantes,
25 καθώς ήδη ώρίσαμεν, μή έξεΐναι είς sicut ìam constituimus, in alterius
άλλης πόλεως τάττεσθαι εκκλησίαν, civitatis ecclesia statutos fieri non
άλλά στέργειν εκείνην, έν ή λει- licere, sed contentos esse in quibus
τουργεΐν έξ Αρχής ήξιώθησαν, έκτος ab initio ministrare meruerunt, ex-
έκείνων, οίτινες άπολέσαντες τάς ceptis illis qui proprias amittentes
3o ιδίας πατρίδας Από Ανάγκης είς Αλ- provincias ex necessitate ad aliam
λην εκκλησίαν μετηλθον. Εϊ δέ τις ecclesiam transierunt. Si quis autem
έπίσκοπος μετά τόν όρον τούτον Αλ- episcopus post hanc definitionem
λω έπισκόπω προσήκοντα δέξηται susceperit clericum ad alium episco-
κληρικόν, έδοξεν άκοινώνητον είναι pum pertinentem, placuit et suscep-
35 καί τόν δεχθέντα καί τόν δεχόμενον, tum et suscipientem communione
έως Sv δ μεταστάς κληρικός είς τήν privari, donec is qui migraverat cle-
ίδίαν έπανέλθη εκκλησίαν, ricus ad propriam fuerit regressus
ecclesiam.
1 Cf. conc. Nie., c. S (v. supta p. 8); Can. ap. 37 (CSP 20); cone. Antioch. (341), c. 20
(CSP120); conc. Catth. (419), cc. 18,73, 76,77,95 (CSP 232,314,316-318,358).
15 Cf. conc. Nie,, cc, 15-16 (v, supra p. 13); Can. ap. 15 (CSP 15); conc. Antioch. (341),
c. 3 (CSP 106407); conc. Sard. (342/343), ce. 1546 (CSP 182483); conc. Catth. (419), cc.
54,90 (CSP 277-279, 334).
96 %
Concilium Cbahedotmse — 451 Canoni X X I - X X III
KA XXI
Hept του μή δεΐν άνυπολήπτους De accusatoribus episcoporum1 XXI
κληρικούς κατηγορεϊν επισκόπων1 C h i accusa i vescovi deve essere d i buona fa m a 1
Κληρικούς ή λαϊκούς κατηγορουντας Clericos aut laìcos accusantes episco- I chierici o i laici che accusano vescovi o chierici non siano ascoltati pura
έπισκόπων ή κληρικών άπλώς καί p um aut clericos 'passim et sine prò- mente e semplicemente, senza previo esame; prima deve essere fatta un’in
fi άδοκιμάστως ‘μή προσδέχεσθαι είς barione ad accusationem recipi non chiesta sulla loro reputazione.
κατηγορίαν, et μή πρότερον έξετασθή debete, nisi prius eorum discutiatur
αύτών ή ύπόληψις.. existimationis opinio. ΧΧΠ
I chierici non devono appropriarsi
KB X X II dei beni del proprio vescovo dopo la sua m orte 2
Περί τοΰ μή δεΐν κληρικούς μετά Ut post ebitum epìscopi res eins clerici
θάνατον τοΰ ίδίου επισκόπου τά αύτοΰ ■ diripere noηpraesumant3 Non è lecito ai chierici, dopo la morte del proprio vescovo, appropriarsi
dei suoi-beni personali, come già è stato vietato dai canoni antichi; quelli che
to διαρπάζειν3 osassero ciò rischiano di perdere il loro grado.
Μή έξεΐναι κληρικοΐς μετά θάνατον N on licere clericis post obitum sui
τοΰ Ιδίου επισκόπου διαρπάζειν τά episcopi res ad eum pertinentes diri- • X X III
διαφέροντα αύτφ πράγματα, καθώς pere, sicut antiquis' quoque canoni- C he siano cacciati da Costantinopoli
καί τοις πάλαι κανόσιν άπηγόρευτάί, bus est praefixum. Quod sì hoc i chierici e i m onaci forestieri che provocano diso rd in i
15 ή τούς- τούτο ποιουντας κινδυνεύειν facere temptaverint, graduum suo-
είς τούς Εδίους βαθμούς. ' . rum. periculo subiacebunt. È giunto a conoscenza del santo sinodo che alcuni chierici o monaci, senza
mandato del loro vescovo, e anzi, addirittura da lui scomunicati, sono venuti
ΚΓ X X IU nella città imperiale di Costantinopoli e da lungo tempo vi soggiornano pro
vocando sommosse, turbando bordine della chiesa, e saccheggiando le case
Hept τοΰ δεΐν άπύ Κωνσταντίνου- De excommunicatis clericis et monachis8 dei privati. Pertanto, questo santo sinodo ordina che costoro siano anzitutto
πόλεως έκβάλλεσθαι ξένους κληρικούς ammoniti dal pubblico difensore della santissima chiesa di Costantinopoli,
ή μοναχούς θορυβουντας3 ■ . V
■f
so ΉλΟεν εϊς τάς άκοάς τής αγίας συν- Venit ad aures sancti concilii, quod
όδου, ώς κληρικοί τινες καί μονά- quidam clerici et monachi, quibus Γ
ζοντες, μηδέν έγκεχειρίσμένοι ύπύ τοΰ nihil ab episcopo suo commissum {·
ίδίου έπισκόπου, έστι δέ δτε καί est, est autem quando et commu- ' ih
άκοινώνητοι γενόμενοι παρ’ αύτοΰ, liione privantur ab eo, pervenientes
2δ καταλαμβώνοντες τήν βασιλεύουσαν ad urbem regiam Constantinopoli- ri ■
Κωνσταντινούπολιν έπί πολύ έν αυτή tanam, in ea diutius commorentur,
διατρίβουσι, ταραχάς έμποιουντες καί excitantes turbas et statum eccle-
θορυβοΰντες τήν έκκλησιαστικήν κα- sìasticum commoventes, subverten-
τάστασιν, άνατρέποντές τε ■οΐκους tes etiam quorundam domos, De-
30 τινών. "Ωρισε τοίνυν ή άγία σύνοδος crevit salicta synodus huiusmpdi
τούς τοιούτους ύπομιμνήσκεσθαι μέν primo quidem per defensorem Con-
πρότερον διά τοΰ εκδίκου τής έν Κων- stantinopolitanae sanctae ecclesiae
1 Cf. cone. Constantin. I, c. 6 (v. supra pp. 33-34); Can. ap. 74 (CSP 45); cone. Catth.
(419), cc. 8, 19, 128-130 (CSP 221, 234-236, 402-404).
3 Cf. Can. ap. 40 (CSP 27); cone, Antioch. (341), c. 24 (CSP 123-124); cone, Carth.
(419), cc. 22, 81. (CSP 238, 321-322).
3 Cf. cone. Nie., cc. 15-16 (v. supra p. 13); Can. ap. 15 (CSP 15); cone. Antioch. (341),
c. 3 (CSP 106407); cone. Sard. (342/343), cc. 15-16, 19 (CSP 482483, 185486); cone.
Catth. (419), cc. 54, 90 (CSP 277-279, 334).
97 97
Comitium Chakedonense ■·— 451 Canoni X X IV - X X V
σταντινουπόλει άγιωτάτης εκκλησίας commoneri, ut egrediantur ab urbe perché se ne vadano dalla città imperiale. Se poi continuano nella stessa con
επί τδ έξελθεΐν της βασιλευούσης regìa. Q uod si Usdem negotiis inpn- dotta senza alcuna vergogna, siano cacciati dal medesimo difensore anche
πόλεως· εί δε τσΐς. αύτοΐς πράγμα σιν denter insistant, etiam nolentes idem contro la loro volontà e raggiungano le loro città.
έπιμένοιεν άναισχυντοΰντες, καί άκον- defensor expellat, u t ad propria loca
e τας αύτούς διά του αύτου έκδίκού perveniant, XXIV
έκβάλλεσθαι,καί τούς ίδιους καταλαμ I m onasteri non devono diventare delle case p riva te 1
β άνει τόπους.
I monasteri, una volta consacrati per volontà del vescovo, rimangono mo
nasteri per sempre, e ciò che ad essi appartiene sia conservato al monastero. I
monasteri non devono diventare abitazioni mondane; chi avrà permesso
ΪΙερί τοΰ δεΐν τά μοναστήρια μή De sacratis monasteriis, ut habitacula questo, sia sottoposto alle pene canoniche.
καταγώγια γίνεσθαι1 saecularia mn fianf1
XXV
ίο Τά άπαξ κάθιερωθέντα μοναστήρια Quae semel dedicata sunt monaste U na chiesa non deve rimanere p riva del vescovo
κατά γνώμην τοΰ έπισκόπου ·μένειν ria consilio episcoporum, maneant per p m d i tre mesi 2
είς τό διηνεκές μοναστήρια, καί τά perpetuo monasteria et res, quae ad
άνήκοντα αύτοΐς πράγματα φυλάτ- ea pertinent, monasteriis resetvari, Poiché alcuni metropoliti, come abbiamo saputo, trascurano il gregge loro
τεσθαι τφ μοναστηρίιρ καί μή δύνα- nec posse ea ultra fieri saecularia affidato e rimandano le ordinazioni dei vescovi, il santo sinodo ha ritenuto
ΐΒ σθαι γίνεσθαι αύτά κοσμικά καταγώ habitacula. Qui vero hoc fieri per opportuno che le ordinazioni dei vescovi debbano essere fatte entro i tre me
για. Τούς δέ συγχωρουντας τούτο miserint, canonum sententiis sub-, si, a meno che una assoluta necessità non consigli di prolungare l’intervallo.
γίνεσθαι ύποκεισθαι τοΐς. έκ των κα iacebunt. Se il metropolita non agisce così, sarà soggetto alle sanzioni ecclesiastiche. I
νόνων έπιτιμίοις. redditi della chiesa vacante saranno conservati intatti dall’amministratore
della chiesa stessa.
KE XXV
ΧΙερί του μή δεΐν ύπέρ τό τρίμηνον De ordinationibus episcoporum*
so χηρεύειν εκκλησίαν επισκόπου8
Έπειδήπερ τινές των μητροπολιτών, Quoniam quidam metropolitano-
ώς περιηχήθημεν, άμελοΰσι των rum , quantum conperimus, negle-
έγκεχειρισμένων ποιμνίων καί άνα- gunt commissos sibi greges et ordi-
βάλλονται τάς χειροτονίας των επί- nationes episcoporum facere dille-
ac σκόπων, &δοξε τη άγίοί συνόδφ εντός runt; placuit sanctae synodo, intra
τριών μηνών γίνεσθαι τάς χειροτό- tres menses ordinationes episcopo-
νίας των επισκόπων, εί μήτοι γε άπα- rum celebrari, nisi forte necessitas
ραίτητος Ανάγκη παρασκευάση Ιπι- inexcusabilis praeparet tempus dila-
ταθήναι τόν της .άναβολής χρόνον' tionis extendi: quod si hoc minime
30 εί δέ μή τοϋτο ποιήσοι, ύποκείσθαι fecerit, correptioni ecclesiasticae
αύτδν έκκλησιαστικοΐς έπιτιμίοις. subiacebit. Verum tamen reditus
Τήν μέντοι πρόσοδον της χηρευούσης ecclesiae viduatae penes oecono-
έκκλησίας σώαν παρά τφ οίκονόμφ mum eiusdem ecclesiae reserventur,
της αύτης εκκλησίας φυλώττεσθαι,
98 98
Concilium Cbalcedotmsé— 451 Canoni X X V I , X X V III
KZ XXV II
\ XXVIII ■
1 Voto sui privilegi della sede d i Costantinopoli 1
Περί του μή δεΐν βιάζεσθαι γυναίκα De torrupimbus mulierum*
sa εις συνοικεσιον3 Seguendo in tutto Ì decreti dei santi padri; preso atto del canone or ora
Τούς άρπάζοντας κόρας έπ’ όνόματι Eps, qui rapiuqt mulieres sub no- letto. V
συνοικεσίου ή συμπράττοντας ή συν- mine simul habitandi cooperantes
αιρόμενους τοΐς άρπάζουσιν ή αγία aut conhibentes raptoribus, decrevit
σύνοδος ώρισεν, εί μέν κληρικοί εΐεν, sancta synodus ut, si quidem deri
sa εκπίπτειν του οίκείου βαθμού, εί δέ ci sunt, decidant gradu proprio, si
μονάζοντες ή λαϊκοί, άναθεματίζεσθαι. vero laici, anathematizentur.
KH X X V III
Ψήφος περί των πρεσβείων τοΰ Ορό- Votum deprimaiu sedis Constantimpolìtcmm*
νου Κωνσταντινουπόλεως“ 3
Πανταχοΰ τοΐς των άγίων πατέρων Ubique sanctorum patrum terminis
30 οροίς έπόμενοι, καί τόν άρτίως άνα- subiacentes et quem nunc legimus
α ψ ή φ ο ς τ :ϊ)ς κ ύ τη ς α υ ν ό δ ο υ , έ κ φ ω ν η θ ε ΐσ α χ ά ρ ιν τ ω ν π ρ ε α β ε ίω ν τ ο 6 ά γ ιω τ ά τ ο υ θρόνου τή ς
ά γ ιω τ ά τ η ς έ κ κ λ η σ ίκ ς Κ ω ν σ τ α ν τ ιν ο υ π ό λ ε ω ς ν. I. CCO
1 Cf. Qm. ap, 38-39, 41 (CSP 26-29); cone. Ancyt. (314), c. 15 (CSP 66); cone. Antioch.
(341), cc. 24-25 (CSP 123-126); conc. Gange (ca 340), c. 7 (CSP 92); cone. Caitb. (419),
c. 26 (CSP 242); Theophilus Al., c. 10 (CPG 270); Cyrillus AL, c. 2 (CPG 279 sq,).
B Cf. conc. Ancyr. (314), c. 11 (CSP 64-65); Basilius Caes., cc. 22,30,38,42,53 (CPG 124sq;
130; 133 sq.; 135; 143).
* Cf. conc. Constantin. I, c. 3 (v, supta p. 32); Can.,ap. 34 (CSP 24),
99
Conditum Chalcedonensi — 4SI Canone X X V III
1 Ö0
100
Concilium Chaleedonme — 4SI Canone X X IX
ΚΘ X X IX XXIX
Περί τονί μή δεΐν έπίσκοπον του ίδιου Qjioà episcopus de sede depositus in presbyterii U n vescovo allontanato dalla propria sede
θρόνου άποκινούμενον εν πρεσβυτερίφ ordinem adnumerari mm debeat non deve essere computato fr a i presbiteri
καταλέγεσθαι*
I magnificentissimi e gloriosissimi imperatori dissero: “Che cosa pensa il
Οί μεγαλοπρεπέστατοι καί ένδοξότα- Magnificentissimi et. gloriosissimi santo sinodo' dei vescovi consacrati dal piissimo vescovo Fozio, poi rimossi
δ τοι άρχοντες εΐπον Περί των έπισκό- iudices dixerunt: De episcopis or dal religiosissimo vescovo Eustazio e, nonostante la consacrazione episcopa
πων των χειροτονηθέυτων μεν παρά dinatis a Photio reverendissimo le, ridotti al rango di semplici sacerdoti?”.
Φωτίου του εύλαβεστάτου επισκόπου, episcopo, atn o tis vero ab Eustathio I reverendissimi vescovi Pascasino e Lucenzio e il sacerdote Bonifacio,
άποκινηθεντων &έ παρά Εύσταθίου reverendissimo epìscopo, et post rappresentanti della sede di Roma, dissero: “Ridurre un vescovo al grado di
του εύλαβεστάτου έπισκόπου καί μετά episcopatum presbyteris esse iussis, semplice sacerdote è un sacrilegio. Se per un gìusto motivo lo si allontana
ίο τήν έπισκοπήν πρεσβυτέρων είναι quid videtur sanctae synodo? dall’esercizio dell’episcopato, non deve neppure avere il rango di presbitero.
κελευσθέντων, τί παρίσταται τη άγί$ Se al contrario è stato rimosso dalla sua carica senza colpa, deve essere reinte
συνόδφ; grato nella sua dignità di vescovo”.
ΙΙασκασϊνος καί Λουκήνσιος οί εύ- Paschasinus et Lucentius reveren II piissimo Anatolio, arcivescovo di Costantinopoli, disse: .
λαβέστατοι έπίσκοποι καί Βονιφάτιος dissimi episcopi et Bonifatius pres ; “Quelli che sono stati ridotti dalla dignità vescovile al grado di presbiteri,
is πρεσβύτερος, τοποτηρηταί της άπο.- byter, vicarii apostolicae sedis Ro se sono stati condannati per motivi sufficienti, certamente non sono degni
στολικής κα&έδρας 'Ρώμης, εΐπον* mae, dixerunt: neppure dèlia dignità del sacerdozio. Se poi sono stati ridotti al grado infe
Επίσκοπον εις πρεσβυτέρου βαθμόν Episcopum in gradum presbyteri riore senza motivo, è giusto che, una volta riconosciuti innocenti, riprenda
no la dignità e le funzioni dell’episcopato”.
φέρειν- ιεροσυλία έστίν. Ε ί δέ αιτία τις redigere sacrilegium est. Si vero et
δικαία εκείνους άπο της πράξεως της causa quaedam ìusta illos ab actu
ao έπισκοπης άποκινεΐ, ούδέ πρεσβυτέ episcopatus amovet, nec presbyteri
ρου τόπον κατέχειν όφείλουσιν. Εί locum retinere debent. Si autem
δε έκτος τίνος έγκλήματος άπεκινή- citra aliquod crimen amoti sunt
θησαν του άξιώματος, προς τήν επι dignitate, ad episcopalem dignita
σκοπικήν άξίαν έπαναστρέφουσιν. tem revertentur.
as ’Ανατόλιος è εύλαβέστατος αρχιεπί Anatolius reverendissimus archi-
σκοπος Κωνσταντινουπόλεως είπεν* episcopus Constantinopolis dixit:
Οΰτοι οί λεγόμενοι από της έπισκο- H i qui dicuntur ab episcopali di
πικής άξίας είς τήν του πρεσβυτέρου gnitate in presbyteri ordinem de
τάξιν κατεληλυθέναι, et μέν άπό scendisse, si quidetn ex rationabili
so εόλόγων τίνών αίτιων καταδικάζον bus quibusdam causis damnantur,
ται, εικότως ούδέ τής πρεσβυτέρου iure nec in presbyteri quidem hono
έντός άξιοι τυγχάνουσιν εΐναι τιμής* re esse merentur; sin absque aliqua
εί δέ δίχα τινός αίτίας εόλόγου είς rationabili causa in inferiorem gra
τον ήττονα κατεβιβάσθησαν βαθμόν, dum detracti sunt, iustum est eos,
35 δίκαιοι τυγχάνουσιν, εΐ γε άνεύθυνοι si quidem non obnoxii cognoscan
φανεΐεν, τήν τής επισκοπής Ιπανα- tur, episcopatus recipere dignitatem
λαβειν άξίαν τε καί ίερωσύνην^. et sacerdotium.
« της αύτής άγιας συνόδου έκ της πράξεως της περί Φωτίου έπισκόπου Τύρου χαΐ Έύ-
σταδίου έπισκόπου Βηρύτου ν. /. CCO
& 'Ανατόλιος . . . Ιερωοόνην om. ν. /. CCO
101 101
Concilium Cbakedonense — 451 Canone X X X
A XXX
■ XXX,
Περί του δτι άνεύθυνοι οί Αιγύπτιοι Quod Aegyptii insontes sintt 4e eo quod litteris G li E g izi sonò senza colpa p er non aver sottoscritto
μή ύπογρώψαντες τή έπιστολή του sondi Leonis Romani episcopi non subscripserint1 la lettera di Leone vescovo di R o m a 1
οσίου Λέοντος -‘Ρώμης* 1 —
I magnificentissimi e gloriosissimi imperatori e il gloriosissimo senato dis
ΟΕ μεγαλοπρεπέστατοι καί ένδοξό- Magnificentissimi et gloriosissimi
sero:
e τατοι άρχοντες καί ή ύπερφυής σύγ- indices et amplissimus senatus dixe- “Poiché i piissimi vescovi della chiesa d'Egitto hanno rimandato fino al
κλητος εΐπεν* tu n t: presente di sottoscrivere la lettera del santissimo arcivescovo Leone, non in
Ε πειδή ol ευλαβέστατοι έπίσκοποι Quoniam teligiosissitni episcopi opposizione alla fede cattolica, ma sostenendo che nella diocesi d’Egitto è
τής Αιγυπτίων, ούχ ώς μαχόμενοι Aegypti, non ut catholicae fidei ad- consuetudine di non far nulla di simile senza il consenso e le istruzioni del
τή καθολική πίστει, όπογράψαι τή versantes, sanctissimi archiepiscopi l'arcivescovo [di Alessandria] e poiché chiedono una dilazione fino alla con
io έπιστολή του όσιωτάτου άρχιεπίσκό- Leonis epistolam subscribere distu- sacrazione del futuro vescovo della grande città di Alessandria, ci è sembrato
που Λέοντος έπΐ τοΰ παρόντος οίνε- Ierunt, sed dicentes in Aegyptiaca giusto e umano concedere ad essi di rimanere nella città imperiale senza san
βάλοντο, άλλά φάσκοντες έθος εΐναι dioecesi hanc esse consuetudinem, zioni e di aspettare la consacrazione dell’arcivescovo della grande città di
έν τή αιγυπτιακή διοικήσει παρά u t praeter voluntatem et mandatum Alessandria”.
γνώμην καί διατύπωσιν του άρχιεπί- archiepiscopi nihil tale faciant, et II piissimo vescovo Pascasìno, legato della sede apostolica, disse:
is σκόπου μηδέν τοιοΰτονποιεΐν καϊ άξι- petunt concedi sibi dilationem us- “Se la vostra autorità dispone e comanda che si usi aloro riguardo una cer
οΰσιν ένδοθήναι. αύτοΐς άχρι της χειρο- que ad ordinationem futuri magüae ta umanità, essi però devono dare la garanzia che non usciranno da questa
τονίας του έσομένου της ’Αλεξανδρέων. civitatis Alexandrinorum archiepi- città, fino a che Alessandria non abbia avuto il suo vescovo”.
μεγαλοπόλεως επισκόπου' εύλογον scopi; iustum nobis et humanum Allora ί magnificentissimi e gloriosissimi principi e il glorioso senato dis
ήμΐν έφάνη , καί φιλάνθρωπον, <&στε visum est u t ipsis in proprio habitu sero:
ao αύτοΐς μένουσιν έπΐ τοΰ όμοιου σχή- in imperiali urbe manentibus remis- “Sia accolto il voto del santissimo vescovo Pascasìno. Quindi, conservan
ματος έν τή βασιλευούση πόλει, ένδο- sio concedatur, donec ordinatus do la loro dignità episcopale, i piissimi vescovi degli egiziani daranno delle
σιν παρασχεθήναι, άχρις αν χειρο- fuerit Alexandrinorum magnae cìvì- garanzie, V
τονηθή άρχιεπίσκοπος τής ’Αλεξίαν- tatis atchiepiscopus.
δρέων μεγαλοπόλεως.
as Πασκασΐνος ό εύλαβέστατος έπί- Paschasinus Reverendissimus epi-
σκοπος, τοποτηρητής τοΰ άποστολι- scopus, vicarius sedis apostolicae,
κοΰ θρόνου, εΐπεν* dixit:
E i προστάττει ή ύμετέρα έξουσία . Si praeceperit gloria vestra et
καί κελεύετέ τί ποτέ αύτοΐς παρασχε- iubetis illis aliquid praestari huma-
30 θήναι φιλανθρωπίας έχόμενον, έγγύας nitatls, fideiussores dent quod non
δότωσαν, δτι ούκ εξέρχονται ταύτης exeant de ista civitate, quamdiu cìvi-
της πόλεως, έως οδ ή Αλεξανδρέων tas Alexandrinorum episcopum ac-
έπίσκοπον δέξηται^. cipiat.
Ot μεγαλοπρεπέστατοι καί ένδοξό- Magnificentissimi et gloriosissimi
35 τατοι άρχοντες καί ή ύπερφυής σύγ- iudices et amplissimus senatus dixe-
κλητος εΐπον runt:
Ή τοΰ όσιωτάτου έπισκόπου Πα- Sanctissimi Paschasini sit firmum
σκασίνου ψήφος βέβαια έστω* 6 θεν iudicium; unde permanentes in pro-
μένοντες έπΐ τοΰ οικείου σχήματος ot prto habitu reverendissimi episcopi
40 εύλαβέστατοι Ιπίσκοποι των Αίγυπ- .Aegyptiorum, aut dent fideiussores,
« Της αύτης άγιας Kat μεγάλης ουνόδοο έκ τής 8'. πράξεως, SvO« ακοπεΐται τό κεφά-
λαιον τό κατά τούς έπίσκάπους τούς άιτ’ Αίγόιττου ν. /■ CCQ
ß έγγύας ουν. δότωσαν . , . δέξηται add. CCO
102 102
Comitum Chaheäomnss — 451
Canone X X X
τίων, ή έγγύας παρέξουσιν, εί τοΰτο si hoc UÜs èst possibile, aut pet
αύτοΐς δυνατόν ή εξωμοσία κατα- sacramentum eis credatur, expec-
ταστευθήσονται“ , άναμένοντεςτήν χει- tantes ordinationem futuri episcopi
attesa f f S e ώ Ζ ί A t e 'S
ροτονίαν το,υ έσομένου έπισκόπου της magnae civitatis Alexandrinorum.
6 Άλεξανδρέων μεγαλοπόλεως.
103
CONCILIO COSTANTINOPOLITANO II Il concilio non si occupò di disciplina ecclesiastica, né formulò canoni di
sciplinari. Non pubblichiamo gli anatematismì contro i testi di Origene: le
più recenti ricerche infatti dimostrano che non sono da attribuirsi a questo
concilio7.
553
BIBLIOGRAFIA; H -L 3,l-156;DThC 3(1908) 1231-1259 e 15(1950) 1880-
1884; EC 4(1950) 747-748;DHGE 3(1956) 757-760; RGG 3(T959) 1789-
1790; LThIC 6(21961) 495-497; RE 19(1990) 524-527; H. Noris, Dissertatio
bist, de synodo quinta, Opera, ed. Ballerini, I Verona 1729, 550-820; id.. De
fensio, ibid. IV 385 ss.; J. Garnier, Diss. de syn. V, PG 84, 455-548; R. De-
vreesse, Le V s concile et Voecuméniàté hyzantine,Mìsc. Gio. Mercati, III Ro
L’imperatore Giustiniano e papa Vigilio stabilirono di convocare questo ma 19.46, 1-15; Cb. Moeller, Xe Vs conc. oecum, et le magistère ordinaire au
concilio, ma di fronte alla compatta opposizione dei vescovi occidentali e so VPs., Rev. d. se. pliil. et théol. 34(1951) 413-423; H.M. Diepen, Danze dia
prattutto di quelli africani al suo Indicatum emesso H i aprile 548 per con logues de christologie ancienne, Roma 1960, 127-133 e 181-204; L. Stan, h n -
dannare i Tre Capitoli, il papa rifiutò di parteciparvi. Il concilio, convocato paratul lustànian, sinoduluì V ecumenic si papalitatea, Studii Teologice 2/
dallo stesso Giustiniano a Costantinopoli (mentre Vigilio avrebbe preferito 5(1953) 347-364; I.G. Coman,Problemele dogmatice ale sinoduluì V ecume
convocarlo in Sicilia o in Italia perché vi potessero partecipare i vescovi occi nic, ibid. 312-346; M. Sesan, Le Ve conc. oecum., Byzantinoslavica 15(1954)
dentali), si riunì il 5 maggio 553 nel Secretum di s. Sofia. 240-255; W.’De Vries, Orient et Occident. Les structures ecdésiales vues dans
Dato il rifiuto del papa di parteciparvi (infatti Giustiniano aveva convoca Vhistoire des sept premiers condies' oecuméniques, Paris 1974, 161-194; F.X.
to dai cinque patriarcati i vescovi in modo che vi fossero molti più vescovi f Murphy~P, Sherwood, Constantinople I I et Constantinople III, Paris 1974;
orientali che occidentali1), lo presiedette Eutichio patriarca di Gostantinopo- i A. Grmmder, Jesus der Christus im Glauben der Kirche, Π / 2 Freiburg 1989,
li; 160 padri, di cui 8 africani, sottoscrissero i decreti conciliari. 439-484; Sto. Con, Ec. 121-133 e 152-154 [P.A. Yannopoulos].
Sebbene il Constitutum di Vigilio del 14 maggio 553, sottoscritto da 16 ve
scovi (dei quali 9 italici, 2 africani, 2 illirici, 3 asiatici), condannasse proposi- 1
zioni tratte dagli scritti di Teodoro di Mopsuestia, ma non la sua memoria2, e
rifiutasse di condannare sia Iba che Teodoreto, in quanto non potevano esse
re sospettati di eresia secondo la testimonianza del concilio di Calcedonia, il [
concino neli’VIII sessione del 2 giugno 553 condannò di nuovo i Tre Capito
li, per la stessa ragione per la quale l’aveva fatto Giustiniano, pronunciando
una sentenza che sì conclude con 14 anatematismil
Soltanto dopo sei mesi Vigilio, misurando le persecuzioni di Giustiniano
contro i suoi presbìteri, approvò il concìlio con una lettera mandata a Euri-
chio dì Costantinopoli Γ 8 dicembre 553\ In essa, «seguendo l’esempio di
Agostino», modifica la sua decisione, colpisce con anatema Teodoro e con
danna gli scritti di Teodoreto e Iba. Il 23 febbraio 554 tentò dì conciliare in
un secondo Constitutum i decreti del concilio di Calcedonia e la recente con
danna5. Gli atti di questo concilio esistono sintetizzati soltanto in lingua lati
na6, degli atti in lingua greca vi sono solo alcune parti.
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Concilium Constmtinopolitamm I I — 553 Sentenza contro i "tre Capitoli”
1 Huius sententiae principium tantum graece exaratum nobis extat (Msi 9, 368), .quod
sequitut:
To6 μεγάλο« ΘεοΟ καί σωτήρος ήμΦν Ιησού Χρίστου, κατά τήν έν τοΐς εΰαγγελίοις
παραβολήν, πρός τήν έκάστου δόναμ,ιν τά τάλαντα διανείμαντος καί τήν έργασίαν ταϋτην
èv καιρφ τφ θέοντι άπαιτοϋντος, el ό πιστευθείς τό εν τάλαντον καί φυλάξας άμείωτον,
έφ’φ ούκ είργάσατο, καί έπλεόνασε τ6 πκιτευΟέν καταδικάζεται, πόσω μείζονι καί φοβερφ
χρίματι ύπόκειται δ μή των καθ’έαυτδν άμελήσας, άλλά καί έτέροις σκανδάλου καί τα
ραχής γενόμενος αίτιος, προδήλου ream τόϊς εύσεβέσι καθεστώτος, ώς ήνίκα περί πίστεως
ό λόγος κινείται, ού μόνον ώς άσεβής κατακρίνεται, άλλά καί ώς δυνάμενος μέν κωλϋσαι
τήν άσέβειαν, άμελήσας St περί τήν τΦν ετέρων Βιάρθωσιν. Καί ήμ&ϊς τοίνυν ποίμαΐνειν
πιστευθέντες τήν έκκλησίαν τοΰ Κυρίου, ευλαβούμενοι τήν κατάραν τήν άπειλουμένην τοΐς
άμελΦς τά Εργα Κυρίου ποιοΰσι, σπουδήν πο ιούμέθα τά καλόν τής πίστεως σπέρμα δια»
φυλάζαι. καθαρόν'άπό τΦν τοΟ έχΒρου έπισπειρομένων τής άσεβείας ζιζανίων. .<
2 Cf. Mt 25,14-30.. Β Cf. Ac 20,28. 4 Cf. I r 48,10. * Cf.· Mt 13,36-43.
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Comitum Conttantinopolitumm I I —*513 Sentenza contro i *tre Capitoli*
traditiones- Licet enim sancti Spiritus gratia et circa singulos apostolos Infatti, la grazia dello Spirito santo abbondava in ognuno degli apostoli, tan
abundaret,.ut non indigerent alieno consilio ad ea quae agenda erant} non to che non avevano bisogno del consiglio altrui sulle cose da fare; tuttavia
sulla questione allora discussa, cioè se i pagani dovessero essere circoncisi,
tamen aliter voluerunt de eo quod movebatur, si oporteret gentes circum
non vollero pronunciarsi prima dì essersi riuniti insieme e aver confermato
cidi, definire, priusquam communiter congregati divinarum scripturarum con le testimonianze delie divine scritture ciascuno la propria opinione.
5 testimoniis unusquisque sua dicta confirmaverunt.
Pertanto emisero su ciò una sentenza comune, scrivendo alle genti: Abbia-
Unde communiter de eo sententiam protulerunt, ad gentes scribentes : mo deciso, lo Spirito santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuo
Visum est Spiritui sancto et nobis, nihil aliud imponere vobis oneris, praeterquam ri di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue,
necessaria/ ut abstineatis ab immolatis simulacrorum, et sanguine, et suffocato, dagli animali soffocali e dalla impudicizia}
et fornicationeh Anche i santi padri, lungo i secoli, si radunarono nei quattro santi concili,
io Sed et sancti patres, qui per tempora in sanctis quatuor conciliis con e, seguendo gli esempi degli antichi, presero insieme le decisióni relative alle
venerunt, antiquis exemplis utentes, communiter de exortis haerèsibus et eresie che erano sorte e ad altre questioni, avendo per certo che nelle discus
quaestionibus disposuerunt, certo constituto, quod in communibus discep sióni comuni, quando cioè si affrontano problemi che interessano Puna e l’al
tationibus cum proponuntur quae ex utraque parte discutienda sunt, tra parte, la luce della verità dissolve le tenebre della menzogna.
veritatis lumen tenebras expellit mendacii, Nelle discussioni sulla fede fatte in comune non è possibile che la verità si
ιέ Nec enim potest in communibus de fide disceptationibus aliter veritas manifesti in modo diverso; perché ciascuno ha bisogno dell’aiuto del suo
manifestari, cum unusquisque proximi adiutorio indiget, sicut in pro prossimo, come afferma Salomone nei suoi Proverbi: Il fratello che aiuta il
verbiis dicit Salomon: Frater fratri adiutorium praestans: exaltabitur sicut fratello, sarà esaltato come una città fortificata, ed è saldo come un regno dalle
civitas munita: valet vero sicut regnum fundatum7·. E t iterum in Ecclesiaste solidefondamenta .2Dice ancora rteJTEcclesiaste:’Meglio essere in due che uno
dicit: Optimi duo quam mus, quibus est merces bona in labore ipsorum*. Sed solo, perché due hanno un miglior compenso nella fatica? Del resto, fi Signore
so etiam ipse Dominus dicit: Amen dico vobis, st duo ex vobis 'convenerint super stesso dice: In verità vi dico ancoro: se due di voi sopra la terra si accorderan
no per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei deli ve la concederà.
terram, de omni re quamcumqw petierint, continget illis a Patre meo qui in coelis
Perché dove sono riuniti due o tre nel mio nome, io sono in mezzo a loro} Do
est« Ubicumque enim fuerint duo aut tres collecti in nomine meó, ego cum eis po esser stato invitato più volte da tutti noi e aver ricevuto dal nostro piissi
sum in medio ipsorum4, Cum autem saepius et a nobis omnibus invitatus, mo imperatore prestigiosi inviati, Vigilio promise di pronunciarsi personal
et insuper gloriosissimis iudicìbus missis àd ipsum a piissimo imperatore, mente sui “tre capitoli”. Dopo questa risposta ricordammo in cuor nostro
promisit per seìpsum dè iisdefti tribus capitulis sententiam proferre: l’ammonimento de^'Apostolo che dice: ciascuno di noi renderà ragione a Dio
huiusraodi responso audito. Apostoli nos admonitiones in corde habentes, dì se stesso6 e fummo presi da timore per il giudizio che sovrasta coloro che
qiiod unusquisque pro se rationem reddet Deo*, timentes autem et iudicium scandalizzano anche uno solo dei più piccoli, 6 e dunque a maggior ragione
imminens eis qui vel unum ex minimis scandalizant®, quanto magis im incombe su un imperatore così cristiano, sui popoli e su tutte le chiese,· ram
peratorem ita christianissimum, et populos et ecclesias totas ; et quod mentando anche ciò. che Dìo dice a Paolo: Non aver paura, ma continua a
so dictum a D eo ad Paulum: N e timeas, sed loquere, et né taceas, quoniam ego parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti dei ma-
sum fecum, et nemo poterit nocere tibi* : congregati ante omnia compendiose le} ùnavoita riuniti insieme, prima di tutto abbiamo proclamato di attenerci
confessi sumus fidem illam tenere, quam dominus noster lesus Christus a quella fede che il signóre nostro Gesù Cristo, Vero Dio,· ha affidato ai suoi
verus Deus tradidit sanctis suis apostolis, et per eos sanctis ecclesiis, et santi apostoli e, per mezzo di loro, alle sante chiese, la stessa fede che ì santi
qui post illos fuerunt sancti patres et doctotes ecclesiae creditis sibi padri e dottori della chiesa, vissuti dopo di essi, trasmisero ai popoli loro affi
35 populis tradiderunt. Tenere autem et servare et praedicare sanctis ecclesiis dati. Abbiamo dichiarato di conservare intatta e di predicare alle sante chiese
confessi sumus hanc fidei confessionem, quam latius exposuerunt trecenti questa fede che hanno esposto più ampiamente i 318 santi padri raccolti a Nì-
decem et oeto sancti patres Nicaeae congregati, qui sanctum mathema cea, i quali ci hanno trasmesso il salito simbolo. Anche i 150 padri radunati a
Costantinopoli seguirono e chiarirono la stessa fede, professando fi medesi
s ite symbolum tradiderunt: insuper .autem et centum quinquaginta iit
mo sìmbolo. Su questa fede, che noi accettiamo, espressero fi loro consenso i
Constantinopoli collecti exposuerunt, qui eamdem fidei- confessionem
200 santi padri raccolti.la prima volta ad Efeso e i 630 riuniti a.Calcedonia,
4P secuti sunt, et eam explanaverunt: et ducentorum sanctorum patrum
continuando, poi a seguirla .fedelmente e a predicarla. Abbiamo dichiarato*
prius Ephesi collectorum pro eadem fidem consensum: et quae a sexcentis inoltre, dì accettare la condanna e la scomunica di coloro che sono Stati V
triginta Chalcedone congregatis definita sunt pro una eademque fide quam
et ipsi secuti praedicaverunt. Eos autem qui pro tempore condemnati vel
anathematizati a catholica ecclesia et praedictis quatuor conciliis sunt,
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Concilium ConstaHtinopoUtamm I I — 553 Sentenza contro i “ire Capitoli”
confessi sumus condemnatos et anathematizatos habete. Cumque haec condannati o scomunicati, secondo le circostanze, dalla chiesa cattolica e dai
ita confessi sumus,.initium fecimus examinationis trium capitulorum, et quattro concili', ricordati. Fatta questa generale professione di fede, abbiamo
proposuimus prius de Theodoro Mopsuesteno : et cum in medio prolatae iniziato l'esame dei “tre capìtoli”; e in primo luogo abbiamo discusso dì Teo
sunt blasphemiae codicibus insertae, mirati sumus Dei in his patientiam, doro di Mopsuestia. Ma quando furono lette pubblicamente le bestemmie
5 quod non divinò igni statim incensa est lingua et mens quae haec eructa contenute nei suoi scritti, ci siamo meravigliati,della pazienza di Dio, che
non ha subito annientato col divino castigo la lingua e la mente che aveva vo
vit: et nunquam concessimus procedere lectorem praedictarum blasphe-
mitato tutto ciò. N é avremmo permesso che se ne continuasse la lettura, nel
miarum, pro sola, memoria illarum indignationem Dei timentes, (utpote timore"che il solo ricordo di esse risvegliasse l’indignazione di Dio (ogni be
unaquaque blasphemia magnitudine'impietatis antecedentem superante, et stemmia, infatti, superava in gravità la precedente e faceva fremere d'orrore
mentem auditoribus funditus permovente), nisi eos qui talibus blasphemiis gli ascoltatori),· se non fosse stato necessario coprire di vergogna coloro che
10 gloriantur videremus indigere confusione, per manifestationem earum si gloriano dì tali bestemmie palesandone il contenuto. Quelle bestemmie
eis inferenda: u t nos. omnes zelo blasphemiarum contra Deum exposita contro Dio avevano, suscitato in tutti noi una tale reazione .che sia durante la
rum incensi et in medio lectionis et post ipsam inclamationes et anathema- lettura, sia alla fine avremmo scomunicato per acclamazione Teodoro come
tismos contra Theodorum ut viventem et praesentem faceremus. Propitius se fosse stato vivo e lì presente. E dicevamo: Abbi pietà, Signore! Neppure i
sis, Domine, dicentes, nec daemones ausi sunt talia contra te lo q u i.. demoni hanno osato dire tali cose contro di te.
io O intolerabilem linguam illam 1o pravitatem viri 1o altam illam manum, ,Ο lingua intollerabile! Uomo scellerato! O mano alzata e tesa contro il
quam extendit contra creatorem suum. Scripturas scire miser ille pollici proprio creatore! Pur professando di volersi attenere alle Scritture, il misero
tus, n o n meminit Oseae prophetae dicentis ; ·Vae illis, quoniam cxilierunt a non si ricorda del profeta Osea, quando dice: Guai a costoro, ormai lontani
me: famosi facti sunt, quia impii fuerunt in me, iniqua locuti:sunt adversum me, da mel Sono diventati famosi, perché empi.contro di me; perché hanno detto
et adversum me excogitantes, locuti sunt pessima. Ideo cadent'in framea-propter menzogne contro di me e, tramando contro di me, hanno pronunciato infa
a» improbitatem linguae·suae. H ic contemptus eorum in sinu eorum: quia transierunt mie. Pereto periranno di spada per Vinsolenza della loro lingua. Questo sarà il
testamentum meum, et adversus legem meam impie egerunt1. Istis Theodorus disprezzo loro riservato fin neiprofondo dell3anima; perché hanno trasgredito
impius merito subiicitur. Prophetias enim, quae de Christo sunt, relidens, la mia alleanza e rigettata la mia legge. 1L’empio Teodoro rientra proprio tra
festinavit dispensationis pro nostra salute magnum mysterium, quantum quelli a cui sono rivolte queste minacce. Respingendo le profezie che si rife
riscono a Cristo si è affrettato a rifiutare, per quanto lo riguarda, il grande
ad se pertinet, reprobare: fabulas tantummodo ad risum'propositas gen-
mistero dell’economia della nostra salvezza. Ha tentato in molti modi dì di
25 tibus divina eloquia, multis modis conatus ostendere, et*contempsit tam mostrare che le sacre scritture non sono altro che favole atte a suscitare il riso
alias propheticas pronuntiationes contra impios factas, et quod dixit dei popoli, e ha disprezzato sia le altre espressioni dei profeti contro gli em
divinus Habacuc de his qui mendaciter docent: Vae qui adaquat proximum pi, sia ciò che disse ìl divino Abacuc di coloro che insegnano falsità: Guai a
sibi eversione turbata, et inebriant eum, ut inspiciat speluncas eorum* : id" est, chifa here i suoi vicini versando veleno per ubriacarli e scoprire le loro nudi
tenebrosas et omnino a luce alienas doctrinas eorum., ' tà,· cioè le loro dottrine tenebrose e nemiche della luce.
so E t quid oportet multa.dicere? Liceat volentibus codices impii Theodori Ma perché dilungarsi? Chi vuole, può prendere in mano gli scritti dell’em
prae manibus accipere, vel quae ex impiis codicibus eius, gestis apud nos pio Teodoro, o i sacrileghi brani tolti da essi e da noi inseriti negli atti [del
habitis inserta sunt, impia capitula, et. invenire nimiam insaniam, et concilio], e scoprire la sua incredibile stoltezza e le nefandezze pronunciate.
nefanda illa quae dixit. Ulterius enim procedere, et. iterum memoria Noi, infatti, abbiamo orrore a procedere oltre richiamando alla memoria
repetere nefanda illa veremur. Recitata nobis sunt et quaedam a sanctis quelle infami espressioni. CÌ sono stati anche letti alcuni testi scritti dai santi
as patribus contra illum, et omnes haereticos superantem eius insaniam padri contro di lui e contro la spa pazzia, superiore a quella di ogni altro ere
conscripta,-et insuper historiae, et leges imperiales, illius impietatem ab tico, e inoltre le cronache e le leggi imperiali, che fin dal principio, rendevano
initio divulgantes et quoniam post haec omnia impietatis illius defensores, pubblica la sua empietà, Malgrado tutto ciò, i suoi difensori, addirittura glo
iniuriis contra creatorem suum dictis gloriantes, dicebant non oportere riandosi delle ingiurie scagliate contro il loro iniziatore, sostenevano non si
eum post mortem anathematizare, licet cognosceremus ecclesiasticam de dovesse scomunicarlo dopo la morte. A questo punto, pur conoscendo la
4« impiis traditionem, quod et post mortem haeretici anathematizantur; tradizione ecclesiastica nei confronti degli empi, secondo la quale possono
essere scomunicati anche dopo la morte, abbiamo ritenuto necessario appro
tamen necessarium putavimus et de hoc perscrutari, et fertur in : gestis,
fondire l’argomento. Poiché è documentato che diversi eretici sono stati sco
quomodo diversi haeretici et post mortem anathematizati sunt: et per municati dopo la morte, ci siamo convinti che quelli che affermano il contra
multa manifestatum est apud nos, quod qui haec dicunt, nullam curam rio non tengono in alcun conto né i giudizi di Dio, né le decisioni apostoli
Dei iudicatorum faciunt, nec apostolicatum pronuntiationum, nec pater- che, né le'tradizioni dei padri. Proviamo a chiedere loro che cosa dicono
46 narum traditionum. Libenter utique interrogemus eos, quid dicant de del V
1 Os 7,13-16; 8,1. 3 Hab 2,15.
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Concilium ConstantimpoUtmum l i — 553 Sentenza contro i "tre Capìtoli"
D om ino, dicente de seipso : Q ui crediderit in eum, non indicatur: qm autem non Signore quando afferma di se stesso: C hi crede in lui, non è condannato, m a
crediderit in eum, ìam indicatus est, quìa non crediderit in nomine unigeniti Filii chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nom e dell’u
D ei1. E t A postolo clamante : Licet m s aut angelus de caelo evangeliyaverit,prae nigenito Figlio d iD io d E ancora di Paolo, quando dice: Se anche noi stessi o
un angelo d al cielo v i predicasse un vangelo diverso da quello che v i abbiamo
terquam quod accepistis, anathema sit. Sicut praediximus, et nunc iterum dico:
predicato, sia anatem a . L ’abbiam o già detto e ora lo ripeto: se qualcuno v i
5 S i quis oobis evangeli^averii, praeterquam quod accepistis, anathema sit2. D om ino
predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatem a f1 Quan
enim, q u o d iam iudicatus est, dicente, et A postolo etiam angelos, si do il Signore dice che è già stato giudicato, e l’Apostolo scomunica anche gli
docerent praeter q u o d evangelizati sumus, anathem atizante, quom odo angeli qualora insegnino cose diverse dal Vangelo già predicalo, questi che
praesum unt dicere, qui om nia audent, de vivis tantum m odo haec dicta tutto osano come possono presumere che tali affermazioni si riferiscano sol
esse? A u t ignorant, magis' autem scientes ignorare confingunt, quod tanto ai vivi? O ignorano, o piuttosto deliberatamente fingono di ignorare,
10 iudicium anathem atis nihil aliud est nisi separatio a D eo? Q uod impius che la sentenza dì scomunica non è altro che una separazione da Dio? Per cui
licet n o n verbo ab aliquo suscepisset, tam en anathema re ipsa sibi infert, anche se all’empio non è stata comminata alcuna scomunica, egli se la infligge
per suam im pietatem sem etipsum a vera vita separans. Q uid autem dicunt da se stesso col suo modo d'agire, separandosi per la sua empietà dalla vera
et ad A postolum iterum dicentem : Haereticum hominem post unam et secun vita. Che potranno mai dire all’Apostolo quando afferma: Dopo una o due
dam correctionem evita; sciens quoniam perversus est huiusmodi homo, et peccat, am m onizioni sta ’ lontano da chi è fazioso, ben sapendo che è gente ormai fu o
μ et est a semetipso damnatus8? Q uibus consonantia sanctae m em oriae Cyrillus ri strada che continua a peccare condannandosi orm ai da se stessa ?3Cirillo, di
in libris quos contra T heodorum scripsit ita dicit: „E vitandi sunt ilÙ, qui santa memoria, nei suoi scritti contro Teodoro, usa espressioni analoghe:
tam pessimis culpis detinentur, sive in vivis sunt, sive non. A nocente "Bisogna, evitare quelli che sono impigliati in così gravi peccati, sìa che siano
enim sem per refugere necessarium est, et n on ad personam magis respice tra i vivi, sia che non lo siano più. E necessario infatti fuggire sempre da chi
re, sed ad hoc quod D eo placet.“4 E t iterum idem sanctae memoriae può nuocere, non guardando tanto alla persona, quanto a quello che piace a
so Cyrillus, scribens ad loannem episcopum Antiochiae, et congregatam ibi Dio”.4Lo stesso Cirillo, di santa memoria, scrivendo a Giovanni, vescovo di
synodum , de T heodoro utpote una cum N es torio anathem atizato, ita Antiochia, e. al sinodo ivi riunito, così dice dì Teodoro, scomunicato con
dicit: „ E ra t igitur necessarium, claram propterea ducere festivitatem,
Nestprio: “Bisognava dunque fare una grande festa perché è stata certamente
expulsa certe om ni voce a quocum que dicta, quae consonat N estorii
eliminata ogni espressione, da chiunque pronunciata, che si accordi con le
bestemmie di Nestorio. Si è proceduto infatti contro tutti i seguaci presenti e
blasphem iis. Processit enim adversus omnes qui eadem sapiunt, vel passati della stessa dottrina, perché noi e la santità vostra senza incertezze
as sapuerunt aliquando, q u o d absolute nos e t vestra sanctitas dixit : „A nathe abbiamo detto: Scomunicheremo quelli che affermano esservi due figli e due
m atizam us illos qui dicunt filios duos, et duos Christos. Unus enim, u t Cristi/Uno solo infatti, come è stato già detto, è il Cristo predicato da noi e
dictum est, praedicatur a nobis et vobis Christus et Filius et Dom inus, da voi, figlio e signore, unigenito come uomo, secondo l’espressione del sa
unigenitus u t hom o, secundum vocem sapientissimi Pauli5“ .0 Sed etiam porissimo Paolo5V Anche nella lettera a Alessandro, Martiniano, Giovan
in epistola ad A lexandrum ‘e t M artinianum , et loannem , et Paregorium, ni, Paregorio e Massimo, presbiteri e padri di monaci, e a quelli.che condivi
3o et M axim um presbyteros et patres m onachorum , et eos qui cum ipsis devano con loro una vita solitaria così scrive: “Già il santo concilio riunito ad
erant solitariam vitam exercentes, ita dicit: „ Ia m quidem et sancta syn Efeso, dopo aver per volontà di Dio pronunciata una giusta ed acuta senten
odus E phesi secundum D ei voluntatem congregata, contra nestorianam za contro la perfidia nestoriana, ha colpito con la medesima condanna anche
perfidiam iusta et subtili p rolata sententia, et aliorum vaniloquia, qui vel le vane dottrine di coloro che sarebbero venuti dopo o già erano esistiti, i
postea futuri sunt, vel iam· fuerunt, eadem illi sapientes, et dicere vel quali professavano e presumevano di dire o scrivere qualche cosa di simile.
36 scribere tale aliquid praesum entes, una cum ipso condem navit, aequalem Conseguiva necessariamente, che, una volta condannato uno per le sue sacri
condem nationem eis im ponens. Consequens enim erat, uno semel pro leghe menzogne, la condanna avesse valore non solo contro di lui, ma contro
suis tam profanis vaniloquiis condem nato, n o n contra unum tantum il complessò dell’eresia o falsità pronunciata contro gli insegnamenti sacri
venire, sed (iit ita dicam) contra om nem eorum haeresìm, sive calumniam della chiesa, venerando due figli, dividendo l’indivisibile e macchiando del
quam fecerunt contra pia ecclesiae dogm ata, duos colentes filios, et divi delitto di antrqpolatria il cielo e la terra. La santa moltitudine degli spiriti ce
do dentes individuum , e f anthropolatriae crim en inferentes caelo et terrae. lesti, infatti, adora con noi mi solo signore Gesù Cristo.”7 Sono state lette
pubblicamente anche varie lettere di Agostino,8 di pia memoria, illustre tra i
A d o rat enim nobiscum supernorum spirituum sancta m ultitudo unum
vescovi africani. Da esse risulta che bisogna scomunicare gli eretici anche do
dom inum lesum C hristum .“7 Sed etiam A ugustini religiosae memoriae, po morti.
qui inter A fricanos episcopos splenduit, diversae epistolae recitatae sunt8,
significantes q u o d o p o rtet haereticos et p o st m ortem anathematizari.
Π 0
Concilium Consicmtìnopoliiamm ΰ — 553 Sentenza contro i “tre Capitoli"
. Talem autem ecclesiasticam traditionem , et alii Africani reverendissimi Hanno osservato, questa tradizione ecclesiastica anche altri insigni vescovi
- episcopi servaverunt: sed et Rom ana sancta ecclesia quosdam episcopos africani; anche la santa chiesa romana ha scomunicato dopo morte alcuni ve-
'et p o st m ortem anathem atizavit, licet p ro fide in vita sua non essent scovi che durante la loro vita non erano stati accusati di errori contro la fede.
accusati: et utrum que apud nos habita gesta significant, Sed quoniam Risulta che presso di noi sia avvenuta Tuna e l’altra cosa. Ma poiché i disce
5 evidentissim e veritatem im pugnantes T heodori et ipsìu? impietàtis disci
poli di Teodoro e della sua empietà, che impugnano con assoluta evidenza la
verità, tentano dì addurre a suo favore alcune espressioni di Cirillo e Proclo
puli, quaedam verba sanctae m em oriae Cyrilli et Procli proferre conantur,
di santa memoria, è opportuno applicare ad essi la parola del profeta, quando
quasi pro T heodoro scripta, opportunum est propositis aptare verba dice:poiché rette'sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse, mentre i
prophetae dicenti? : Quia rectae sunt viae Domini, et insti ambulant, in eis: impii, malvagi v i inciampano.1 Quei discepoli, infatti, male interpretando ciò che
autem infirmabuntur in eis1. N am et isti male excipientes ea quae bene e t da allestì santi padri è stato scritto bene e opportunamente, e adducendo scu
10 opportune a sanctis istis patribus scripta sunt, et excusantes excusationes se di ogni tipo per i loro peccati;2 richiamano queste parole. È evidente, in
in peccatis2, haec verba proferunt. A pparent enim patres non liberantes fatti, che. i.padri non intendono liberare ..Teodoro dalia scomunica, ma solo
anathem ate T heodorum , sed dispensative talibus quibusdam utentes provvisoriamente si servono dì alcune sue parole per confutare i difensori di
verbis pro p ter defensores N estori! e t eius im pietatis, u t ab huiusm odi Nestorio e della sua empietà; volevano con ciò strapparli all5errore, condurli
errore eos abstrahentes, ad perfectum deducerent, et docerent n o n solum verso ciò che è perfetto, insegnando loro a condannare non solo il discepolo
is discipulum impietatis N estorium addicere, sed etiam doctotem eius dell’empietà, Nestorio, ma.anche il suo maestro Teodoro, Ma anche in que
Theodorum , Itaque et in ipsis dispensationis verbis suam patres intentio ste espressioni, i padri ritengono opportuna la sua scomunica, com’è stato
nem ostendunt de eo q u o d oportet anathem atizari T heodorum , sicut per dimostrato più volte in questo concilio, negli scritti di Cirillo e Proclo, di
plurim a in gestis apud nos habitis dem onstratum est ex his quae ad con santa memoria, a condanna dì Teodoro e della sua empietà. Questo modo di
dem nationem T heodori et eius im pietatis Cyrillus et Pro cius sanctae agire si incontra già nella sacra scrittura: l’ha usato l’apostolo Paolo all’inizio
2o m em oriae scripserunt. E t talem dispensationem in divina scriptura est
della, sua predicazione, circoncidendo Timoteo per riguardo a quelli che pro
invenire : ad hoc et Paulus apostolus in principio praedicationis fecisse venivano dall’ebraismo. Egli infatti voleva condurli a ciò che è perfetto me
ostenditur, p ropter eos qui ex Hebraeis ei-ant, Tim otheum circumcidens, diante questa condiscendenza.3 Ma. in seguito proibendo assolutamente la
circoncisione, così scrive ai Galati; Ecco, io, Paolo, v i dico: se v i fate circonci
u t p er banc dispensationem et condescensionem ad perfectum eòs dedu
dere, Cristo non v i gioverà nulla f Troviamo, inoltre, che i difensori di Teo
ceret8. U nde postea interdicens circumcisionem, ad Galatas ita scripsit: doro si sono comportati esattamente come gli eretici. Ritagliando qualche
25 Hcce ego Paulus dico vobis, quod si circumcidamini, Christus vobis nihil,prodest*. cosa dà quanto i santi padri hanno scritto e incorporandovi alcune falsità'
Invenim us autem et illud q u o d solent haeretici facere, et a Theodori defen prodotte invece da lóro stessi, essi tentavano di liberare il predetto Teqdoro
soribus faqtum. Q uaedam enim ex his quae sancti patres scripserunt, cir dalla scomunica Servendosi della lettera di Cirillo, di santa memoria, come se
cum cidentes, quaedam vero falsa ex semetipsis componentes et confin fosse una testimonianza dei padri. Ma la verità è emersa' dagli stessi testi: è
gentes, Cyrilli sanctae m em oriae epistola conabantur, quasi ex testimonio, bastato rileggere quanto era stato ritagliato collocandolo nel suo contesto e
so patrum , praedictum im pium T heodorum anathem ate liberare: in quibus rimettere al loro posto le vere citazioni, per scoprire la falsità del procedi
ex ipsis veritas dem onstrata est, his quidem quae circumcisa erant, per mento. In tutto questo, coloro che pronunciano menzogne si comportano
sequentiam anteriorum et posteriorum perlectis, mendacio autem fal- come dice la Scrittura: Si confida nel nulla e si dice il falso, si concepisce la ma
sitatis per collationem eorum quae vera erant, per omnia convicto. In lizia e si genera / ’iniquità, tessono tele di ragno,5 Dopo aver, discusso di Teo
om nibus autem istis, qui talia vana lo q u u n tu r, secundum quod scriptum doro e däla sua empietà, abbiamo provveduto a far leggere e inserire nei no
35 est, confidunt falsis, et loquuntur vana: quia concipiunt dolorem, et p a rim i iniqui stri atti, a vantaggio dei futuri lettori, alcune testimonianze di ciò che in mo
tatem K telam araneae texentes5. H is ita de T heodoro et eius impietate do sacrilego scrisse Teodoreto. contro la vera fede, contro le dodici proposi
discussis, pauca et ex his quae impie a T heodorito conscripta, sunt contra zioni di s. Cirillo e il primo concilio dì Efeso, nonché certi suoi testi a difesa
rectam fidem, et duodecim capitula sancti Cyrilli, et contra Ephesinam degli’empi Teodoro e Nestorio. Ciò perché tutti sappiamo che giustamente
costoro vengono cacciati e scomunicati. In terzo luogo ci sembrò necessario
ptim api synodum , nec n o n quaedam ad defensionem T heodori et N estorii
che venisse data lettura della lettera mandata, come sembra, da Iba a Mari
« im piorum ab eo conscripta, ad satisfactionem , legentium in gestis apud persiano e già posta all’órdine del giorno. Subito, a prima lettura, tutti com
nos confectis recitari et inseri perspexim us;,ut sciant omnes, quod iuste presero l’empietà che conteneva. Sarebbe stato necessario, a questo V
i s t i . eliciuntur et anathem atizantur. T ertio loco epistola, quam dicitur
‘Ibas ad Marina Persam scripsisse, ad exam inationem proposita, necessa
ria m esse perspeximus et eam recitari. Statim igitur ex ipsa lectione
45 im pletas ei inserta om nibus manifesta est. E t oporteret quidam, usque ad
1 Os 14,10. 8 Cf. Ps 140,4. 8 Cf. Ac’ 16,1-3. 4 Gai 5,2. ■BIs 59, 4-5.
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Consilium ComtantimpoUtamm I I — 553
Sentenza contro i “tre Capitoli”
punto della discussione, procedere alla condanna e alla scomunica dei pre
hoc quaestione facta, condem nationem et anathem atism um praedictorum detti "tre capitoli” ; ma poiché i difensori degli empi Teodoro e Nestorio ten
triu m capitulorum facere*: sed quia T heodori et N estorii im piorum defen tavano in altro modo di consolidare la posizione delle loro persone e della lo
sores alio m odo m achinabantur confirmare eorum personas et impietatem ro empietà, e sostenevano che codesta perversa lettera, che. loda e difende
et dicebant istam im piam epistolam, quae laudat et defendit Theodorum Teodoro e Nestorio e la loro empietà, era stata accolta dal santo concilio di
δ et N estorium , et. eorum im pietatem , susceptam esse a sancto Chalcedo- Cale edoni a, credemmo necessario dimostrare che Ü santo sinodo era immu
nensi concilio; necessarium esse putavim us per omnia ostendere, liberam ne dall’empietà che si trova in quella lettera; chi adduce tali argomentazioni
esse sanctam synodum ab impietate quae in epistola continetur, eo quod lo fa non per amore del santo concilio, ma per confermare con la autorità del
qui talia dicunt n o n favore sancti concilii hoc faciunt, sed u t per eius medesimo la propria empietà. E risultava dagli atti che Iba anche nei tempi
nom en suam im pietatem confirmarent* E t ostendebatur in gestis quod et passati era stato accusato per la stessa empietà contenuta nella lettera:, una
10 anterioribus tem poribus accusatus est Ibas', propter eamdem impietatem, prima volta presso Proclo, di santa memoria, vescovo di Costantinopoli, poi
quae et in epistola continetur, prim o quidem apud Proclum sanctae presso Teodosio, di pia memoria, e Flaviano che fu ordinato vescovo dopo
m em oriae episcopum C onstantinopolitanum , postea vero apud Theodo Proclo: questi demandarono Pesame della causa a Fozio, vescovo di Tiro, e a
sium piae recordationis, et Flavianum , qui post Proclum episcopus ordi Eustaziò, vescovo della città di Beirut. Infine l’accusato Iba fu deposto dal
l’episcopato. Se le cose si sono svolte così, come fanno alcuni ad affermare
natus est, qui et causae examinationem delegaverunt Photio episcopo
che quelPempia lettera fu accolta dal* santo concilio dì Calcedonia che l’a
is T yri, et E ustathio episcopo Berytorum civitatis. Postea vero inculpatus
vrebbe fatta completamente sua? Tuttavia, perché non rimanesse alcun argo
idem Ibas ab episcopatu delectus est. His ita subsecutis, quom odo prae mento ai calunniatori' del santo concilio di Calcedonia, provvedemmo a dar
sum unt aliqui dicere istam impiam epistolam susceptam esse a sancto lettura di ciò che fu discusso a proposito delle lettere di Cirillo, di santa me
Chalcedonensi concilio, eamque per om nia secutum esse sanctum Chal- moria, e di Leone, di pia memoria, vescovo dell’antica Roma, prima al con
cedonense. concilium? T am en ne quaecum que rem aneret occasio eis qui cilio dì.Efeso e poi a quello di Calcedonia, Poiché da tutto questo abbiamo
20 tales calumnias applicant sancto Chalcedonensi concilio, recitari perspe imparato che non si può accettare ciò che uno ha scritto, se prima non sia ri
ximus ea quae apud sanctas synodus, Ephesinam prim am et Chalcedonen- sultato conforme alla pura fede dei santi padri, abbiamo fatto leggere la defi
sem, p ro epistolis.sanctae memoriae Cyrilli, et religiosae memoriae papae nizione di fede del santo concilio di Calcedonia, perché fossero messi a con
antiquioris Rom ae Leonis m ota sunt. E t cum ex his accepissemus, quod fronto; il contenuto della lettera e quello della (definizione, Fu così ampia
n o n aliter oportet suscipi quae ab aliquo scribuntur, nisi prius rectae fidei mente dimostrato che la lettera era totalmente in contrasto con quanto con
25 sanctorum patrum consonare dem onstrentur ; interlocuti sumus recitari teneva la definizione. La definizione di fede, infatti, è in armonia con quanto
et definitionem , quae de fide exposita est a sancto Chalcedonensi concilio, | hanno approvato circa Punica e identica fede sia i 318 padri che i 150, e quelli
u t conferantur quae in epistola, et quae in definitione continentur. Q uo | che si radunarono ad Efeso la prima volta. Quella malvagia lettera invece
facto dem onstratum et contrariam p er om nia epistolam esse his quae in j contiene proprio le bestemmie degli eretici Teodoro e Nestorio e li difende e
definitione continentur. N am definitio quidem consonat his quae iudicata li considera propri maestri, chiamando eretici i santi padri. Vogliamo, inol
tre, che sia noto a tutti anche questo: non abbiamo neppure permesso che i
30 su n t p ro una eademque fide tam a trecentis decem et octo sanctis patribus,
padri trascurassero le espressioni dì uno o due padri di cui si servono i segua
quam a centum quinquaginta, et his qui prius Ephesi convenerunt: impia
ci di Nestorio, ma poste sul tappeto queste e tutte le altre espressioni e il loro
autem epistola illa continet quae T heodorus et N estorius haeretici blasphe- contenuto abbiamo scoperto che questi padri non permisero che si ricevesse
m averunt, et defendit eos, et doctores sibi adscribit; sanctos autem patres ■ Iba, senza che prima egli avesse condannato Nestorio e le sue empie dottri
haereticos vocat. E t illud autem om nibus facimus manifestum, quod nec ne. Assunsero questa posizione sia gli altri pii vescovi di quel santo concilio,
35 patres interlocutionum unius vel secundi, quibus u tu n tu r T heodori et sia quei due, .delle cui.affermazioni alcuni vogliono servirsi. Così si compor
N estorii sequaces praeterire sustinuim us, sed et istis, et aliis omnibus tarono anche.con Teodoreto, che fu costretto ad abiurare quei punti dottri
interlocutionibus in m edio prolatis, et his quae eis continentur conside- ; nali per cuì.era accusato. Poiché [ì padri] non avrebbero accolto Iba se non
ratis, invénijnus q u o d n o n aliter passi su n t praedictum Ibam suscipere,, i avesse prima condannato l’empietà della sua lettera e sottoscritto la formula
priusquam exegissent eum N estorium et im pia eius dogm ata, quae in i di fede del. santo concilio, come si può tentare di asserire che lo stesso santo
40 epistola vindicantur, anathematizare. E t hoc fecerunt tam alii religiosi ,i concilio abbia accettato tale lettera? Quale rapporto infatti ci può essere ~ noi
episcopi praedicti sancti concilii, quam illi duo, quorum interlocutionibus : l diciamo - V
quidam u ti conantur. H o c enim e t in T heodorito observaverunt, et ;;
exegerunt eum anathem atizare ea p ro quibus accusabatur. Si igitur Ibam &
n o n alio m odo suscipere sustinuissent, nisi im pietatem , quae in epistola
45 continetur, condem nasset, et subscripsisset definitioni quae pro fide a |
sancto concìlio data est, quom odo conantur dicere, susceptam esse impiam ; i-
epistolam ab eodem sancto concilio? Quae enim, u t vere dicamus, participa- ü
112
Concilium Comtantmopolitanum I I — 553 Sentenza contro ì “tre Capitoli*
Ho est. i ustiHae. ei iniquitatis? et quae societas est luci cum tenebris? quae autem tra la giustizia e l’iniquità o quale unione tra la luce e le tenebre ? Quale inte
conventio est Christi cum Belial? aut quae pars est fidèli cum infideli? quae autem sa tra Cristo e Belial , quale collaborazione tra un fedele e un infedele ? Quale
est commixtio templo Dei cum idolis?1 accordo tra Ü tempio di D io e gli idoli ?1
Repetitis ig itur om nibus quae apud nos acta sunt, iterum confitemur, Richiamati, dunque, tutti gli avvenimenti precedenti, ancora una volta
5 q u o d suscipim us sanctas .quatuor synodos, id est, Nicaenam, Constan- professiamo di accettare i quattro santi concìli: niceno, costantinopolitano,
tinopolitanam , Ephesinam prim am , et Chalcedonensetn, et quae pro efesino primo, calcedonese e dichiariamo di aver predicato e di predicare tut
u n a eadem que fide definierunt, praedicavim us et praedicamus, Eos autem tora ■quello che essi definirono· dell’unica e medesima fede. Giudichiamo
qui haec n o n suscipiunt, alienos catholicae ecclesiae iudicamus. Condem estranei alla chiesa cattolica quelli che non accettano tutto ciò. Condanniamo
nam us autem et anathem atizam us una cum om nibus aliis haereticis qui e scomunichiamo, con tutti gli altri eretici che sono stati condannati e sco
w condem nati et anathem atizati su n t a praedictis sanctis qu.atUor conciliis, municati dai predetti quattro concili e dalla santa cattolica e apostolica chie
sa, Teodoro, che fu vescovo di Mopsuestia e i suol empi scritti; inoltre con
et ά sancta catholica et apostolica ecclesia, et. Theodorum qui M opsu-
danniamo e scomunichiamo quello che Teodoreto ha scritto nella sua empie
estiae episcopus fuit, et im pia eius conscripta, et quae impie Theodoritus tà contro la retta fede, contro le dodici proposizioni di s. Cirillo, contro il
conscripsit contra rectam fidèm , et contra duodecim capitula sancti primo concilio di Efeso, e quanto ha formulato a difesa di Teodoro e di Ne
Cyrilli, et contra Ephesinam prim am synodum , et quae ad defensionem storio. Riproviamo Tempia lettera che si dice che Iba abbia scritto a Mari,
is T heodori et N estori! ab eo scripta sunt. Super haec anathematizamus et persiano, dove si nega che Dio Verbo si è fatto uomo, incarnandosi nella san
im piam epistolam , quam dicitur Ibas ad M arim Persam scripsisse, quae ta madre di Dio e sempre vergine Maria; dove si accusa di eresia Cirillo, di
denegat D eum V erbum de sancta D ei genitrice et sem per virgine M aria santa memoria, che invece insegna rettamente, anche quando scrive ad Apol
'in carn atu m , bom inem factum esse; et sanctae memoriae Cyrillum, qui linare; dove si incolpa il primo concilio efesino di aver deposto Nesto lì o sen-
recte docuit, tam quam haereticum , et sim iliter Apollinario scribentem , za'sufficiente esame e discussione e si definiscono empie e contrarie alla vera
20 crim inatur; et inculpat quidem E phesinam prim am synodum , tam quam fede le dodici proposizioni di Cirillo, difendendo Teodoro e Nestorio e i lo
sine examinatione et quaestione N estorio ab ea deposito, et diiodécìm ro scritti sacrileghi. Noi, dunque, condanniamo i “tre capitoli” sopra citati,
sancti Cyrilli capitula im pia et contraria rectae fidei vocat; defendit autem cioè:,Tempio Teodoro di Mopsuestia con i suoi scritti malvagi, quello che
T heo d o ru m et N estorium , et im pia eorum dògm ata et conscripta. Prae scrisse in modo sacrilego Teodoreto, Tiniqua ietterà attribuita a Iba, i loro
dicta ig itu r tria capitula anathem atizam us, id est, T heodorum im pium difensori e quelli che scrissero o scrivono a loro difesa o osano definire rette
ss M opsuestenum cum nefandis eius conscriptis, et quae impie T heodoritus JeJoro dottrine, o.hanno preso o prendono addirittura le difese della loro
conscripsit, et im piam epistolam , quae dicitur Ibae, et defensores eorum , empietà, adducendo l’autorità dei santi padri o del santo concilio di Calcedo-
et qui scripserunt vel scribunt ad defensionem eorum , vel recta ea dicere nia. ·. :
Così stabilito ciò con ogni diligenza, memori delle promesse fatte alla
praesum unt, vel om nino im pietatem eorum nom ine sanctorum patrum ,
chiesa e di chi disse: le porte degli inferi -cioè le lingue degli eretici apporta
aut sancti Chalcedonensis concilii defenderunt, aut defendere conantur. trici di morte - non prevarranno contro di essa,2 memori anche di quanto su
3« H is ita cum o m ni subtilitate dispositis, in m em oria tenentes prom issio di essa ha profetizzato Osea, quando dice; ti fid a n zerò con m e nella fedeltà e
nes de sancta ecclesia factas, et qui dixit, q u od portae inferi non praevale tu conoscerai U Signore , 3 mentre associamo al diavolo, padre della menzo
bunt adversus eam*, id est, haereticorum m ortiferae linguae; recordantes gna,4le sfrenate lingue degli eretici, Ì loro scritti sommamente empi, e gli ere
autem et quae p e r O seam de ea prophetata sunt, in quibus elicit : E t spon tici stessi, quelli almeno che perseverano nella loro empietà fino ai giorno
sabo te mihi in fide, et cognosces Dominum* i haereticorum quidem effrenatas della morte, diremo ad essi: Ècco, vo i tu tti che accendete il fuoco, e tenete i
35 linguas, et eorum impiissima conscripta, et eosdem ipsos haereticos, qui tizzoni accesi, andate alle fia m m e del vostro fuoco, tra i tizzo n i che avete ac
usque ad m ortem in sua im pietate perm anserunt, patri mendacii diabolo4 ceso.5 Q uanto a noi, che abbiamo il mandato di esortare il popolo6mediante
connum erantes, illis dicem us: JBcce omnes vos ignem ■accenditis, et convalescere la retta dottrina e dì parlare al cuore di. Gerusalemme,.7, ossia alla chiesa di
facitis flammam ignis: ambulabitis in lumine ignis vestri, et per flammam accen Dio, che giustamente ci affrettiamo a seminare nella giustizia,3per vendem
d iti^, N q s autem m andatum habentes, p er doctrinam rectam exhortari miare il frutto della vita e illuminare noi stessi con la luce della scienza, attin
« populum 0, et loq u i in cor lerusalem 7, id est, D ei ecclesiam;merito seminare gendo dalle divine scritture e dalla dottrina dei padri, abbiamo ritenuto ne
quidem in iustitia8 festinamus, vindem iantes fructum vitae, et illuminantes cessario riassumere in brevi paragrafi sia la formulazione della verità, sia la
nobisipsis lum en scientiae, ex divinis scriptulis, et patrum doctrina, ne condanna degli eretici e della loro empietà.
cessarium esse putavim us capitulis com prehendere et praedicationem
veritatis, e t haereticorum , necnon eorum impietatis condem nationem .
113
Concilium ConstantinopoUtamm I I — 553 Condanne contro i Ktre Capitoli" 1 - IV
’Αναθεματισμοί κατά των τριών Anathematimt adversus „triaCapitola“ Condanne contro i "tre Capitoli”
κεφαλαίων
α' I Γ
Ε ΐ τις ούχ όμολογεΐ πατρός καί, υίοΰ Si quis n o n confitetur Patris et Filii
καί άγίόυ πνεύματος μίαν φύσιν, ήτοι et Spiritus sancti unam naturam sive Chi non confessa che il Padre, il Figlio e lo Spirito santo hanno una soia
5 ούσίαν, μίαν τε δύναμιν καί εξουσίαν, substantiam , et unam virtutem et natura o sostanza, una sola virtù e potenza, poiché essi sono una Trinità con
τριάδα όμοούσιον, μίαν θεότητα έν potestatem , trinitatem cönsubstan- sostanziale, una sola divinità da adorarsi in tre ipostasi o persone, sia anate
τρισίν ύποστάσεσιν, ήγουν προσώ- tialem, unam deitatem in tribus sub- ma.
πυις, προσκυνουμένην, *ό τοιοΰτος sistentiis sive personis adorandam, Uno infatti è Dio Padre, dal quale sono tutte le cose; uno il signore Gesù
άνάθεμα έστω. - ' talis a, s,
Cristo, mediante il quale sono tutte le cose; uno è lo Spirito santo, nel quale
sono tutte le cose.1
io Ε ις γάρ θεός καί πατήρ, έξ οδ τά U nus enim Deus et Pater,· ex quo
πάντα, καί εΐς κύριος ’Ιησούς Χρι- om nia, et unus dom inus Iesus Cbri-
II
στός, δι’ οδ τά πάντα, καί έν πνεΟμα stus, per quem omnia, et unus Spi-
άγιον, έν ω τά πάντα1. ritus sanctuä, in quo omnia1. Se qualcuno non confessa che due sono le nascite dei Verbo di Dio, una
prima dei secoli dal Padre, fuori dal tempo e incorporale, l’altra in questi no
ß' . Il stri ultimi tempi,2 quando egli è disceso dai cieli, s’è incarnato nella santa e
E2 τις ούχ όμολογεΐ του θεοϋ λόγου Si quis n o n confitetur D ei V erbi du- gloriosa madre di Dio e sempre vergine Maria, ed è nato da essa, sia anatema.
16 είναι τάς δύο γεννήσεις, τήν τε πρό as esse nativitates, unam quidem
αιώνων έκ του πατρός, άχρόνως καί ante saecula ex Patre sine tem pore Ili
άσωμάτως, την τε έπ’ εσχάτων των incorporalitér, alteram vero in ulti-
ήμερών2 του αύτου κατελθύντος έκ m is diebus2 eiusdem ipsius q ui de . Se qualcuno afferma che il Verbo di Dio che opera miracoli non è lo stesso
των οόρανών καί σαρκωθέντος έκ τής caelis descendit,, et incarnatus de Cristo che ha sofferto, o che il Dìo Verbo si è unito col Cristo nato da una
ao άγιας ενδόξου Θεοτόκου καί άειπαρ- sancta gloriosa D ei genitrice et sem- donna, o che egli è in lui come un essere ìn un altro essere; e non confessa in
θένου Μαρίας, καί γεννηθέντος έξ p e r virgine M aria, natus est ex ipsa, vece un solo e medesimo signore nostro Gesù Cristo, Verbo di Dìo incarna
αότης, ό τοιοΰτος άνάθεμα έστω. talis a. s. to e fatto uomo, al quale appartengono sìa i miracoli che le sofferenze che
volontariamente ha sopportato nella sua carne, costui sia anatema.
Υ III
IV
Ε ΐ τις λέγει 1 άλλον είναι του θεού τόν Si quis dicit alium esse D eum V et-
θαυματουργήσαντα, καί άλλον, τόν b u m qui miracula fecit, et alium Se qualcuno dice che l’unione del Verbo di Dio con l’uomo è avvenuta so
25 Χριστόν τόν παθόντα, ή τόν θεόν. C hristum qui passus est, vel D eum lo nell’ordine della grazia, o in quello dell’operazione, o in quello V
λόγον συνεΐναι λέγει τ φ Χριστφ V erbum cum Christo esse nascente
γενομένψ έκ γυναικός, ή έν αύτφ de m uliere, vel in ipso esse u t alte-
εΐναι ώς άλλον έν.’άλλφ· άλλ’ ούχ ένα .ru m in altero, et non u num eun-
καί τόν αύτόν κύριον ήμών Ίησουν dem que dom inum nostrum Iesum
. 3β Χριστόν, τόν του Θεού λόγον, σαρκω- C hristum , D el V erbum incarnatum
θέντά καί ένανθρωπήσαντα, καί του et hom inem factum , et eiusdem ip-
αύτοΰ τά τε θαύματα καί τά πάθη, sius miracula, et passiones quas vo-
άπερ έκούσίως ύπέμεινε σαρκί, è τοι- Puntarle carne sustinuit, talis a. s.
ουτος άνάθεμα έστω.
δ' IV
as Ε ΐ τις λέγει κατά χάριν ή κατ’ ένέρ- Si quis dicit secundum gratiam vel
γειαν ή κατ’ ισοτιμίαν ή κατά αύθεν- secundum operationem vel secun-
1 ΛΑ UA
Concilium Constcmlinopolitannm Π — 553 Condanne contro i “tre Capitoli” IV
τίαν ή Αναφοράν ή σχέσιν ή δύναμιν, dum dignitatem vel secundum ae- dell’uguaglianza di onore, o nell’ordine dell’autorità, o della relazione o del
τήν ένωσιν του θεοΰ λόγου προς &ν- qualitatem honoris vel secundum l’affetto, o della virtù, o anche per benevolenza, quasi che il Verbo di Dio si
θρωκον γεγενήσθαι* ή κατά εύδοκίαν, auctoritatem aut relationem aut af- sia compiaciuto dell’uomo, perché Io aveva ben giudicato, come asserisce
ώς άρεσθέντος του θεοΰ λόγου τω fectum au t virtutem , unitionem Dei Teodoro nella sua follia; ovvero secondo l’omonimia per cui i Nestoriani, at
δ άνθρώπφ, άπό του εύ καί καλώς V erbi ad hom inem factam esse, vel tribuendo al Dio Verbo il nome di Gesù e di Cristo, e poi separatamente al
δόξαι αύτφ. περί αύτου, καθώς Θεό- secundum bonam voluntatem , qua- l’uomo quello di “Cristo e Figlio”, parlano evidentemente ai due persone,
δωρος μαινόμενος λέγει* ή κατά si quod placuit D eo Verbo hom o, anche se fingono di parlare di una sola persona e di un solo Cristo, soltanto
ομωνυμίαν, καθ’ ήν οί Νεστοριανοί eo quod bene visum est eì de ipso, per ragioni ai nome, d’onore, di dignità e di adorazione; e se egli non am
τόν θεόν λόγον Ίησοΰν® καί Χριστόν sicut T heodorus dicit; vel secun- mette, invece, che l’unione del Verbo di Dio con la carne animata da un’ani
iu κάλοΰντες, καί τόν κατά άνθρωπον dum hom onym iam per quam nesto- ma razionale e intelligente, sia avvenuta per composizione, cioè secondo la
κεχωρισμένως Χριστόν καί υίόν όνο- riani D eum V erbum Filium et Chri- sussistenza," come hanno insegnato i santi padri, e di conseguenza nega una
sola ipostasi m lui, e cioè il-signore nostro Gesù Cristo, uno della santa Tri
μάζοντες, καί δύο πρόσωπα προφα- stum vocantes, et hom inem separa- nità, costui sia anatema.
νώς λέγοντες, κατά μόνην τήν προ- tim C hristum et Filium nom inan- Infatti l’unità è concepita in molti modi: gli uni, seguendo l’empietà di
σηγορίαν καί τιμήν καί άξίαν καί tes, et duas personas evidenter di- Apollinare e di Eutiche, e ammettendo l’annullamento degli elementi che
15 προσκύνησιν καί Sv πρόσωπον καί centes, p er solam nom inationem et form ano l’unità, parlano di un’unione per confusione; gli altri, seguendo le
ένα Χριστόν υποκρίνονται · λέγειν* honorem et dignitatem et adoratìo- idee di Teodoro e di Nestorio, sono favorevoli alla separazione e parlano, di
άλλ’ ούχ ομολογεί τήν ένωσιν του nem , unam personam, unum Filium una unione di relazione. La santa chiesa di Dio, rigettando l’empietà dell’una
θεοΰ λόγου πρός σάρκα έμψυχωμένην et unum Christum confingunt dice- e dell’altra eresia, confessa l’unione di Dio Verbo con la carne secondo la
ψυχή λογική καί νοερφ κατά σύν- re: sed n o n confitetur 1 unitatem composizione, ossia secondo l’ipostasi. Questa unione per composizione
20 θεσιν, ήγουν καθ’ ύπόστασιν γεγενή- D ei V erbi ad carnem animatam ani- non solo conserva nel mistero di Cristo senza confusione gli elementi che
σθαι, καθώς οί άγιοι πατέρες έδίδα- m a rationabili et intellectuali, secun- concorrono all’unità, ina non ammette la loro divisione.
ξαν* καί διά τοΰτο μίαν αύτου τήν dum com positionem sive secundum
ύπόστασιν, 6 έστιν ό κύριος Ίησοΰς subsistentiam factam esse,sicutsancti
Χριστός, εΐς της άγίας τριάδος, ό patres docuerunt, et ideò unam eius
25 τοιοΰτος άνάθεμα έστω. subsistentiam compositam, qui est
dom inus noster lèsus Christus, unus
de sancta T rinitate, talis a. s.
Πολυτρόπως γάρ νοούμενης της Cum enim multis modis unitas
ενώσεως,οϊ μέντή άσεβεί^’Απολλινα- intelligitur, qui impietatem Apolli-
30 ρίου καί Βύτυχοΰς άκολουθοΰντες τφ narii et Eutychetis sequuntur,
άφανισμφ των συνελθόντων προκεί- interem ptionem eorum quae con-
μενοιΡ τήν κατά σύγχυσιν τήνΎ ένωσιν.· venerunt colentes, unitionem se-
πρεσβεύουσιν, οί δέ τά Θεοδώρου καί eundum confusionem dicunt; T heo-
Νεστορίου φρόνουντες, τή διαιρέσει dori autem et N estorii sequa-
35 χαίροντες, σχετικήν τήν ένωσιν έπεισ- ces, divisione gaudentes, affectua-
άγουσιν ή μέντοι άγια τοΰ θεοΰ lem unitatem introducunt. Sancta
εκκλησία έκατέρας αίρέσεως τήν άσέ- D el ecclesia, utriusque perfidiae
βειαν άποβαλλομένη, τήν ένωσιν τοΰ im pietatem reüciens, unitionem D ei
θεοΰ λόγου πρός τήν σάρκα κατά V erbi ad carnem secundum c q m p o
40 σύνθεσιν ομολογεί, όπερ έστί καθ’ sitionem confitetur, quod est se cun-
ύπόστασιν. Ή γάρ κατά σύνθεσιν d um subsistentiam. U nitio enim
ένωσις έπΐ τοΰ κατά Χριστόν μύστη- p er com positionem in mysterio
ρίου, ού μόνον άσύγχυτα τά συνελθόν- Christi n o n solum inconfuse ea quae
τα διαφυλάττει, άλλ’ ούδε διαίρεσιν convenerunt conservat, sed nec di-
45 έπιδέχεται. visionem suscipit.
Ufi
Condanne contro i "tre Capitoli” V ~ VI
y V
Ε ϊ τις τήν μίαν ύπόστασιν του κυρίου
Si quis unam subsistentiam dom ìni Se qualcuno intende Tunica persona del signore nostro Gesù Cristo come
ήμών ’Ιησού Χρίστου ούτως εκλαμ nostri Iesu Christi sic intelligit, tan- se prendesse su di sé più ipostasi, e con ciò tenta di introdurre nel mistero di
βάνει, ώς έπιδεχομένην πολλών ύπα- quam suscipientem plurim arum sub Cristo due ipostasi o due persone, e, dopo aver introdotto due persone, par
στάσεων σημασίαν καί διά τούτου sistentiarum significationem, et per . la di una. soia persona quanto alla dignità, all’onore e alla adorazione, come
ΰ εΐσάγειν έπιχειρεΐ έπΐ του κατά Χριhoc introducere conatùr in mysterio hanno scritto nella loro pazzia Teodoro e Nestorio; e se costui accusa il san
στόν μυστηρίου δύο υποστάσεις, ήτοι Christi duas subsistentias, seu duas to concilio di Galcedqma, sostenendo che esso ha usato l’espressione “una
δύο πρόσωπα, καί των παρ’ αύτου personas, et duarum personarum sola sussistenza” in questo empio significato, e non confessa.pìuttosto che.il
είσαγομένων δύο προσώπων έν. πρό- quas introducit, unam personam Verbo di D io si è unito alla carne secondo Tipostasi e che, quindi, egli ha una
σωπον λέγει κατά άξίαν καί τιμήν καί dicit secundum dignitatem et h o sola ipostasi, cioè una sola persona e che è in questo senso che il santo conci
ίο προσκύνησιν, καθάπερ Θεόδωρος καί norem et adorationem, sicut T heo lio di Calcedonia ha confessato una sola ipostasi del signore nostro Gesù
Νεστόριος μαινόμενοι συνεγράψαντο, dorus et Nestorius insanientes con Cristo, costui sia anatema.
καί συκοφαντεί τήν αγίαν εν Καλχη- scripserunt et calumniantur sanctam La santa Trinità, infatti, non ha ricevuto Taggiunta di una persona o ipo
δόνι σύνοδον, ώς κατά ταύτην τήν Chalcedonensem synodum tanquam stasi in seguito alTincarnazione di Dio Verbo, una delle persone della santa
ασεβή έννοιαν χρησαμένην τω της μιαςsecundum istum impium intellec Trinità.
ίο ύποστάσεως £ήματΐ’ άλλά μή όμο- tum , unius subsistentiae utentem
λογεΐ τόν του θεού λόγον σαρκΐ καθ’ vocabulo, sed n o n confitetur D ei . VI ■ '
ύπόστασιν ένωθήναι, καί διά τούτο V erbum carni secundum subsisten
μίαν αότοΰ τήν ύπόστασιν, ήτοι έν tiam unitum esse et propter hoc Se qualcuno afferma che la santa gloriosa e sempre vergine Maria solo in
πρόσωπον* ούτως τε καί τήν αγίαν un senso improprio e non veritiero è madre di Dio, o che ella lo è secondo la
.unam eius subsistentiam seu unam
relazione, come se fosse nato da lei un semplice uomo, e non il Verbo dì Dio
20 έν Καλχηδόνι σύνοδον μίαν ύπόστασιν personam , et sic et sanctum Chalce- Ì
che si è incarnato in lei, perché, secondo fóro, la nascita di questo uomo si
του κυρίου ήμών ’Ιησού Χριστού όμο- donense concilium unam subsisten deve riferire al Verbo Dio in quanto unito alTuomo al momento della sua na
λογήσαι, ό τοιουτος άνάθεμα έστω. tiam dom ini nostri lesu Christi con scita; e se egli accusa il santo sinodo di Calcedonia di chiamare madre di Dio
fessum esse, talis a. s. la Vergine nel senso empio immaginato da Teodoro; ο V'
Ούτε γάρ προσθήκην προσώπου, N ec enim adiectionem personae
so ήγουν ύποστάσεως, επεδέξατο ή άγία vel subsistentiae suscepit sancta .
τριάς, καί σαρκωθέντος τού ενός της T rinitas ex incarnato uno de sancta
αγίας τριάδος θεού λόγου. T rinitate D eo Verbo.
VI
Ei' τις καταχρηστικώς, άλλ’ ούκ Si quis abusive et non vere D ei geni
άληθώς Θεοτόκον λέγει τήν αγίαν tricem dicit sanctam gloriosam sem
30 ένδοξον άειπάρθενον Μαρίαν, ή κατά p er virginem Mariam, vel secundum l
άναφοράν, ώς άνθρώπου ψιλού γεν- relationem , quasi hom ine puro I
νηθέντος, άλλ’ ούχΐ τού θεού λόγου nato, sed non D eo V erbo incarnato |
σαρκωθέντος καί της έξ. αύτης, et n ato ex ipsa, referenda autem, I
άναφερομένης δέ κατ’ έκείνους της“ sicut illi dicunt, hominis nativitate |
35 τού άνθρώπου γεννήσεως επί τόν θεόν ad D eum V erbum , eo quod cum S
λόγον, ώς συνάντα τω άνθρώπω hom ine erat nascente, et calumai- §
γενομένιρ' καί συκοφαντεί τήν άγίαν atu r sanctam Chalcedonensem syn- 1
έν Καλχηδόνι σύνοδον, ώς κατά ταύ odum , tanquam secundum istum im- |
την τήν ασεβή έπινοηθεϊσαν παρά pium intellectum, quem Theodorus Ji
4 ο Θεοδώρου έννοιαν, Θεοτόκον τήν παρ exsecrandus adinvenit, D ei genitri- |
θένον είποϋσαν* ή εϊ τις άνθρωποτόκον cem V irginem dicentem, vel qui j§
αύτήν καλεΐ ή χριστοτόκον, ώς του hom inis genitricem vocat, au t Chri- p
« omitte ιτής
116
Concilium ConstaniiwpoUtamm I I — 553 Condanne contro i “tre Capitoli” V II ~ V ili
Χρίστου μή οντος θεού' άλλά μή κυ sto to co n , id est Christi genitricem , se qualcuno la chiama madre dell’uomo b madre di Cristo, come se Cristo
ρίως καί κατά άλήθεικν Θεοτόκον tan q u am si Christus Deus n o n esset, non fosse D io, e non la proclama in senso proprio e secondo verità madre di
αυτήν ομολογεί, διά τό τόν πρό αιώ et n o n proprie et vere Dei genitri Dio, dal m omento che il Verbo D io, generato dal Padre prima dei secoli, si è
νων έκ του πατρός γεννηθέντα θεόν cem ipsam confitetur, eo quod ipse incarnato in essa in questi ultimi tempi, e non riconosce che è con questo
5 λόγον επ’ εσχάτων τών ή μερών Ιξ qui ante saecula ex Patre natus est sentimento di venerazione che il santo sinodo di Calcedonia l’ha proclamata
αύτης σαρκώθήναι, ο0 τω τε εόσεβώς D eus V erbum , in ultim is diebus ex madre di Dio, costui sia anatema.
καί τήν άγίαν έν Καλχηδόνι σύνοδον ipsa incarnatus et natus est, et sic
Θεοτόκον αύτήν όμολογησαι, ό τοιοΰ- pie et sanctam Chalcedonensem V II
τος άνάθεμα έστω. synodum D ei genitricem eam esse
confessam , talis a. s. Se qualcuno, dicendo “in due nature”, non confessa che nella divinità e
ίο
nella umanità si deve riconoscere il solo signore nostro Gesù Cristo, così che
V II con questa espressione si indica la diversità delle nature, nella quale si è rea
ζ'
lizzata l’ineffabile unità senza confusioni, senza che il Verbo passasse nella
EÌÌ τις έν δύο φύσεσι λέγων, μή ως έν Si quis in duabus naturis dicens, natura della carne e senza che la carne si trasformasse nella natura del Verbo
θεότητι καί άνθρωπότητι τόν ένα n o n u t in deitate et hum anitate (l’uno e l’altra, infatti, rimangono ciò che sono per natura anche dopo che si
κύριον ήμών Ίησοΰν Χριστόν γνωρί- u n u m dom inum no stru m Iesum è realizzata l’unione secondo l’ipostasi),' ma se costui intende tale espressione
ζεσθαι ομολογεί, Ενα διά τούτου C hristum cognosci confitetur, u t come una divisione in parti nel mistero di Cristo ; o se, pur ammettendo nello
is σημαίνη τήν διαφοράν των φύσεων,, p er h o c significet differentiam n atu stesso ed unico signore nostro Gesù Cristo, Verbo dì D io incarnato, la plu
έξ ών άσυγχύτως ή όίφραστος ένωσις raru m , in quibus inconfuse ineffa ralità delle nature, non accetta solo in teoria la differenza dei principi da cui è
γέγονεν,. ούτε του. λόγου είς τήν της bilis u n itio facta estj n eque · D eo costituito, che l’unione non sopprime (perché uno è da due, e due in uno),
σαρκός μεταποιηθέντος φύσιν, ούτε V e rb o in carnis naturam transm u ma si serve della pluralità delle nature per sostenere che esse sono separate e
της σαρκός πρδς τήν του λόγου φύσιν ta to , neq u e carne in V erbi naturam con una propria ipostasi, costui sia anatema.
2ο μεταχωρησάσης, (μένει γάρ έκάτερον .transducta, (m anet enim utru m q u e
όπερ.έστί τη φύσει καί γενομένης της h o c q u o d est natura, etiam facta V ili
ενώσεως καθ’ ύπόστασιν) άλλ’ επί u n ita te secundum subsistentiam )
διαιρέσει τη άνά μέρος τήν τοιαύτην sed p ro divisione p e r partem , talem Se uno confessa che è avvenuta l’unione delle due nature, divina e umana,
λαμβάνει φωνήν έπί τού κατά Χριστόν excipit vocem in m ysterio Christi, o paria di una sola natura incarnata del Verbo di D io, m a non intende queste
25 μυστηρίου’ ή τον Αριθμόν των φύσεων vel n u m eru m natu raru m confitendo espressioni secondo il senso dell’insegnamento dei santi padri, cioè che, av
όμολογών έπί του αύτοΰ ένύς κυρίου in eodem dom ino n o stro Xesu Chri venuta l’unione secondo l’ipostasi della natura divina e della natura umana,
ήμών ’Ιησού Χρίστου του θεού λόγου sto D eo V erbo incarnato, n o n in ne è risultato un solo C risto; V
σαρκωθέντος, μή τη θεωρίοι μόνη τήν tellectu tan tu m m o d o differentiam
διαφοράν τούτων λαμβάνει, έξ <5ν καί excipit earum ex quibus e t com po
30 συνετέθη, ούκ άναιρουμέυην διά τήν situs est, n o n interem ptam propter
ένωσιν, (είς γάρ έξ άμφοΐν καί δι’ unitatem , (unus enim ex u tro q u e et
ενός ' άμφότερα) άλλ’ έπί τούτίρ κέ- p e r u n u m utraque) sed in h o c nu
χρηται τ φ άριθμω, ώ ς κεχωρισμένας m ero u titu r, u t sep aiatk n unaqua- ■
καί ,ίδιοθποστάτους έχει τάς φύσεις, que n a tu ra suam habente subsisten
35 6 τοιουτος άνάθεμα έστω. tiam , talis a, s.
V III
ΕΕ τις έκ δύο φύσεων, θεότητος καί Si q uis ex duabus naturis deitatis et
άνθρωπότητος όμολογών τήν ένωσιν h u m an itatis confitens unitatem , fac- :
γεγενήσθοα, ή μίαν φύσιν του θεού ta m esse, v el unam n atu ram Dei
λόγου σεσαρκωμένην λέγων, μή ούτως V e rb i incarnatam dicens, n o n sic ea ·
40 αύτά .λαμβάνη, καθάπερ καί οί άγιοι· excipit, sicut patres docuerunt,
πατέρες έδίδαξαν, ότι έκ τη ς θείας q u o d ex d ivina n atu ra e t humana,
φύσεως καί της άνθρωπίνης της u n itio n e secundum subsistentiam
ένώσεως καθ’ ύπόστασιν γενομένης, facta, u n u s C hristus effectus est,
Concilium ConstanìmopoUtanum I I — 553 Condanne contro, i “tre Capitolia I X - X
εΐς Χριστός- άπετελέσθη" άλλ’ έκ των sed ex talibus vocibus unam natu e anzi con questa espressione tenta di introdurre una sola natura o sostanza
τοιούτων φωνών μίαν φύσιν, ήτοι ram sive substantiam deitatis et car della divinità e della carne di Cristo, costui sia anatema.
ούσίαν, θεότητος καί σαρκός του Dicendo, infatti* che il Verbo unigenito sì è unito alla carne secondo rip o
nis Christi introducere conatur, ta
Χριστοΰ είσάγειν έπιχεϊρεΐ, ό τοιοϋ- stasi, iioi non affermiamo che si sia operata una recìproca confusione delle
lis a. s.
nature, ma piuttosto che il Verbo si è unito alla carne pur rimanendo Puna e
5 τος άνάθεμα έστω.
Paltra natura ciò che sono. Di conseguenza, uno è anche il Cristo Dio e uo
Καθ’ ύπόστασιν γάρ λέγοντες τόν Secundum subsistentiam enim di mo, consostanziale al Padre secondo la divinità, consostanziale a n oi secon
μονογενή λόγον ήνώσθαι, ούκ άνάχυ- centes unigenitum D eum Verbum do Pumanità. Per questo la chiesa di D io rigetta e condanna sia coloro che in
σίν τινα τήν είς άλλήλουςατών φύσεων carni unitum esse, n o n confusio troducono ima separazione o una divisione in partì, sia coloro che provoca
πεπράχθαί. φαμεν, μενούσης δέ μάλ- nem aliquam naturarum in se invi no cojifusione.nei mistero della divina incarnazione di Cristo.
ιο λον έκατέρας 6 περ έστίν, ήνώσθαι cem factam esse dicimus, sed magis
σαρκί νοοΰμεν τόν λόγον* διό καί εΐς perm anente utraque hoc quod est, lr'·· ix .
έστιν ό Χριστός, θεός καί άνθρωπος, u n itu m esse carni D eum Verbum
è αύτός όμοούσιος τώ πατρί κατά τήν intelligimus. P ropter quod et unus Se qualcuno dice, che Cristo è adorato in due nature, introducendo con ciò
θεότητα, καί όμοούσιος ήμΐν ό αύτός est Christus, D eus et hom o, idem due adorazioni, una particolare al Verbo Dio, e una particolare all’uomo ; o se
μ κατά τήν ανθρωπότητα. Ε π ίσ η ς γάρ ipse consubstantialis Patri secun qualcuno, mirando alla soppressione della carne, o alla confusione della divi
καί τούς άνά μέρος διαιροΰντας, ήτοι dum deitatem, et consubstantialis nità e dell’umanità, va cianciando di una sola natura o sostanza degli elementi
τέμνοντας, καί τούς συγχέοντας τό nobis idem ipse secundum hum a uniti, e così adora il Cristo, ma senza venerare con una soia adorazione il
τής θείας οικονομίας μυστήριον του nitatem . Aequaliter enim et eos qui Dio Verbo incarnato insieme con la sua carne, come alla chiesa di Dio è stato
Χρίστου, άποστρέφεται καί άναθεμα- p er partem dividunt vel incidunt, trasmesso dalPinizio, costui sia anatema.
20 τίζει -ή'τοΰ θεού έκκλησία. et eos qui confundunt divinae dis
pensationis mysterium Christi; reii- ,.;V :V ' . v - iV . ·. ' " · X ■ ■
cit e t anathematizat Dei ecclesia.
Se qualcuno non confessa che il signore nostro Gesù Cristo, crocifisso
θ' IX nella sua carne* è vero Dio, signore .della gloria e uno della santa Trinità, co
stui sia anatema.
Ε ΐ τις προσκυνεΐσθαι èv δυσί φύσεσι Si quis in duabus naturis adorari di- f
λέγει τον Χριστόν, έξ οδ δύο προσκυ- cit Christum, ex quo duas adoratio- 1
25 νήσεις είσάγονται, ίδια τω θεφ λόγω n e s . introducunt, separatim Deo J
καί ιδία τφ άνθρώπιρ* ή εΐ τις έπί V erbo et separatim hom ini; vel si I
άναιρέσει τής σαρκός ή έπί συγ quis ad interem ptionem carnisa vel l
χύσει τής θεότητος καί τής άνθρω- ad confusionem deitatis et humani- |
πότητος, ή μίαν φύσιν, ήγουν ούσίαν, tatis unam naturam sive substanti- |
30 των συνελθόντων τερατευόμενος, οΰ- am eorum quae convenerunt intro- |
τω προσκυνεΐ τον Χριστόν* άλλ* ούχί ducens, sic Christum adorat, sed |
μιμ ϊΐροσκυνήσει τόν θεόν λόγον σαρ- n o n una adoratione D eum Verbum I
κωθέντα μετά τής Ιδίας αΰτου σαρκός incarnatum cum propria ipsius carne &
προσκυνεΐ, καθάπερ ή του θεού έκ- adorat, sicut ab initio D ei ecclesiae |
35 κλησία παρέλαβεν έξ άρχής, ό τοιου- traditum est, talis a, s.
τος άνάθεμα έστω.
ι'
Ε ΐ τις οόχ ομολογεί τόν έσταυρωμέ- Si quis n o n confitetur dominum : t
νον σαρκί κύριον ημών Ίησοΰν Χρι n o stru m lesum Christum, qui cruci- i
στόν είναι θεόν άληθινόν καί κύριον fixus est carne, D eum esse verum, ί
4ο τής δόξης καί ένα τής άγιας τριάδος, et D om inum gloriae, et unum de : I
ό τοιουτος άνάθεμα έστω. sancta T rinitate, talis a. s. '
li f t
Condanne contro i “tre Capitoli” X I - X I I
Concilium Comiantimpolitanmn I I — 553
XI
Ε ΐ τις μή άναθεματίζει. Ά ρειον, Si quis n o n anathematizat A lium , j . Chi non scomunica Ario, Eunomio, Macedonio, Apollinare, Nestorio,
Εύνόμιον, Μακεδόνιον, Ά πολλινά- B unom ium , .Macedonium, Apolli- !; Eutiche, e Origene, insieme ai loro empi scritti e tutti gli altri eretici, con
ριον, Νεστόριον, Εύτϋχέα καί Ώ ρ ι- natium , N estotium , E utydien. O ri- [i dannati e scomunicati dalla santa chiesa cattolica e apostolica e dai quattro
γένην, μετά των άσεβών αύτών συγ- genem cum im piis eorum conscrip- L predetti concili, e chi ha professato o professa dottrine simili a quelle degli
s γραμμάτων, καί τούς άλλους πάντάς tis,-e t alios omnes haereticos, qui | eretici che abbiamo, nominato e persiste nellapropria empietà fino alla mor
αίρετικούς, τούς κατακριθέντας καί còndem nati et anathematizati sunt | te, sia anatema.
άναθεματι,σθέντας ύπύ της άγίας κα- a sancta catholica et apostolica eccle-
6 ολικής καί. άποστολικής Ικκλησίας, sìa et a praedictis sanctis quatuor XII
καί, των προειρημένων άγιων τεσ- conciliis, et eos qui similia prae-
lo σάρων συνόδων, καί τούς τά δμοια dictis haereticis sapuerunt, vel sa- Se qualcuno difende l'empio Teodoro di Mopsuestia che dice: altro è il
των προειρημένων αιρετικών φρονή- piunt, et usque ad m ortem in sua Verbo di Dio e altro il Cristo che, sottoposto alle passioni dell’anima e ai de
σαντας ή φρονοΰντας, καί μέχρι τέ- im pietate perm anserunt vel per- ì sideri della carne, si è liberato a poco a poco dai sentimenti inferiori; che, di
λους τή οικεία άσεβεία έμμείναντας, m anent, talìs a. s. i venuto migliore col progredire delle opere e perfetto nella vita, è stato bat
ό τοιοΰτος άνάθεμα δστω. ■ μ tezzato come semplice nomo, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
santo, e, attraverso il battesimo, ha ricevuto la grazia dello Spirito santo ed è
Ψ' X II stato stimato degno dell’adozione [divina]; che, a somiglianza di una imma
gine dell’imperatore, viene adorato nella persona del Dio Verbo, e dopo la
ιέ Ε Ϊ τις άντιποιεϊται Θεοδώρου του Si quis defendit im pium Theodo resurrezione è divenuto immutabile nei suoi pensieri e del tutto impeccabile
άσεβοΰς του Μοψουεστίας, του είπόν- rum M opsuestenum , qui dixit [sia anatema]. L’empio Teodoro ha anche detto che l’unione del Verbo di
τος άλλον εΐναι τον Θεόν λόγον καί alium esse D eum Verbum , et alium Dio con il Cristo è simile all’unione dell’uomo e della donna di cui parla l’A
άλλον τον Χριστόν, ύπύ παθών ψυχής C hristum a passionibus animae et postolo: I due form eranno una carne sola.1
καί των τής σαρκός έπιθυμιών ένο- desideriis carnis molestias patien :\ Tra altre innumerevoli bestemmie, egli ha osato dire che dopo la resurre
20 χλούμενον καί των χειρόνων κατά tem , et a deterioribus paulatim re zione quando il Signore soffiò V
μικρόν χωριζόμενον, καί οΰτως έκ cedentem et sic ex profectu operum
προκοπής δργων βελτιωθέντα καί m elioratum et a conversatione im
έκ πολιτείας όίμωμον καταστάντα, m aculatum factum et tanquam pu
ώς ψιλόν άνθρωπον βαπτισθήναι είς rum hom inem baptizatum esse in
26 δνομα πατρύς καί, υίοΰ καί άγίου nom ine Patris et Filii et Spiritus
πνεύματος, καί διά του βαπτίσματος sancti, et per baptism a sancti Spiri
τήν χώριν του άγίου πνεύματος λαβεΐν tus gratiam accepisse et filiationem,
καί υιοθεσίας άξιωθήναι, καί κατ’ Ισό m etuisse et ad similitudinem impe
τητα βασιλικής είκόνος είς πρόσωπον rialis im aginis in persona D ei Verbi
3ο του θεοΰ λόγου προσκυνεΐσθαι, καί adorari, et p o st resurrectionem im
μετά τήν άνάστασιν άτρεπτον ταΐς m utabilem cogitationibus et im
έννοίαις καί άναμάρτητον παντελώς peccabilem om nino factum fuisse,
γενέσθαι. Καί πάλιν είρηκότος του E t iterum dixit impius Theodorus, le
αύτοΰ άσεβοΰς Θεοδώρου τήν δνωσιν talem factam esse unitionem Dei |>
35 του θεοΰ λόγου πρύς τόν Χριστόν V erbi ad Christum, qualem dixit |W
τοιαύτην γεγενήσθαι, οίαν ό άπήστο- A postolus de viro et muliere : Erunt fe
λος επί άνδρός καί γυναικός ‘δσονται duo in carne una1. [;/ ;
οί δύο είς σάρκα μίαν’1.
Καί πρύς ταΐς όίλλαΐς άναριθμήτοις E t super alias innumerabiles bias- _i·
40 αύτοΰ βλασφημίαις τολμήσαντος εί- phemias ausus est dicere, quos post
. πεΐν οτι μετά τήν άνάστασιν, εμφυσή- resurrectionem , cum insufflasset Do- ;
te
Concilium Constantìmpotìtamm I I — 553 Condanne contro i “tre CapitoliwX I I
I
I-: spi suoi discepoli dicendo : Ricevete lo Spirito santo ,1non diede ad essi lo Spi-
σας δ κύριος τοΐς μαθηταΐς καί minus discipulis et dixisset: Accipite
1 rito santo, m a soffiò solo simbolicamente. Egli ha detto anche che la confes-
είπών ( λάβετε πνεύμα άγιον’1, ού Spiritum sanctumχ, n o n dedit eis ! sione di Tommaso, quando, palpate le mani e il costato del Signore dopo la
δέδωκεν αύτοις πνεύμα άγιον, αλλά Spiritum sanctum , sed figuratim j resurrezione, esclamò: Mio Signore e mio D io,1 non è stata pronunciata da
σχήματι μόνον' ένεφύσησε* οΰτος δέ tantum m odo insufflavit. Iste enim i Tommaso nei riguardi di Cristo, ma che, nel suo stupore per il miracolo del-
e καί τήν δμολογίαν Θωμά, την επί. et confessionem,<juam fecit Thomas j la resurrezione, Tommaso ha glorificato Dio che aveva risuscitato Cristo. E,
τη ψηλαφήσει των χειρών καί της cum palpasset mainus et latus D otni- ί ciò che è peggio, nel suo commento agli Atti degli apostoli, lo stesso Teodo-
πλευράς του κυρίου μετά τήν άνάστα- ni p o st resurrectionem , dicens : i so, ’paragonando 11 Cristo a Platone, a Mani, ad Epicuro, a Marcione, affer-
σιν, τδ * δ,κύριός μου καί 6 θεός μου ’2, Dominus meus ei Deus m e u s inquit i ma che, come ciascuno di questi, trovata una propria dottrina, fece sì che i
εΐπε μή εϊρήσθαι περί του Χρίστου n o n esse dictam a Thom a de Christo, I suoi discepoli si chiamassero platonici, manichei, epicurei, marcioniti, allo
io παρά του Θωμά, άλλ’ επί του (nec enim dicit Theodorus D eum [ stesso m odo avendo trovato 2 Cristo una dottrina, è da lui che i cristiani
παραδόξου της άναστάσεως έκπλα- esse Christum) sed ad miraculum I hanno preso il loro nome.
γέντα τόν Θωμάν, ύμνήσαι τδν θεόν resurrectionis stupefactum Tho- Se dunque cjualcuno difende l’empio Teodoro citato più sopra e i suoi
τδν εγείραντα τδν Χριστόν * τδ Se m am glorificasse D eum qui Chrì- scritti sacrileghi nei quali ha riversato le bestemmie già ricordate e altre innu
χεΐρον, καί έν τη των πράξεων των stum resuscitavit. E t, quod peìus est, merevoli contro 2 grande Dio e salvatore Gesù Cristo e se non condanna lui
is Αποστόλων γενομένη παρ’ αύταΰ etiam in interpretatione, quam in e i, suoi malvagi scritti, e quelli che lo accettano ó lo scagionano, o affermano
, ερμηνεία, συγκρίνων δ αύτδς Θεόδω- actus apostolorum scripsit Theo- che ha. esposto rettamente la dottrina, o quelli che hanno scritto a favore suo
ρος τδν Χριστόν Πλάτωνι καί Μανι» dorus, similem fecit Christum Pla- e dei suoi empi scritti, quelli ancora che la pensano o la pensavano un tempo
χαίιρ καί Ε πικού pep καί Μαρκίωνι, toni et M anìchaeo et E picuro et cqme lui e perseverarono in tale eresia fino alla morte, sia anatema.
λέγει δτι* ώσπερ έκείνων έκαστος, M ardoni, dicens: Q uod sicut ilio
so εύράμενος οίκεΐον δόγμα, τούς αύτφ rum unusquisque ex dogm ate quod
μαθητεύσαντας πεποίηκε καλεΐσθαι invenit suos discipulos fecit vocari
πλατωνικούς καί μανιχάίους καί platonicos et manichaeos et epi-
επικουρείους καί μαρκιωνιστάς, τύν cureos et m ardonìstas, simili m odo
δμοιον τρόπον καί τού Χρίστου et cum Christus dogm a invenisset,
2 B εύ ραμένου δόγμα, έξ αύτου χρ ιστία- ex ipso christianos vocafi.
νούς καλεΐσθαι.
E? τις τοίνυν άντιποιεΐται του είρη- Si quis igitur defendit praedictum
μένου ασεβέστατου Θεοδώρου καί im pium T heodorum et impia eius
των άσεβών αύτου συγγραμμάτων, έν conscripta, in quibus tam praedìc-
3» οΐς τάς τε είρημένας καί άλλας άναριθ- tas, quam alias innumerabiles blas-
μήτους βλασφημίας έξέχεε κατά του phemìas effudit contra magnum
μεγάλου θεόν καί σωτηρος ήμών D eum et salvatorem Iesum Chri-
5Ιησού Χριστού' άλλά μή άναθεματί- stum , et n o n anathem atizat eum et
ζει αύτδν καί τά άσεβή αύτου im pia eius conscripta, et omnes qui
se συγγράμματα, καί πάντας τούς δεχο- suscipiunt vel defendunt eum et
μένους ή καί έκδικούντας αύτόν, % dicunt orthodoxe eum exposuisse,
λέγοντας όρθοδόξως αύτδν εκθέσθαι, et qui scripserunt pro eo et eadem
καί τούς γράψαντας ύπέρ αύτου καί illi sapuerunt, vel scribunt pro eo
των άσεβών αύτου συγγραμμάτων, vel impiis eius conscriptis, vel eos
40 καί τούς τά όμοια φρονοΰντας ή qui similia illi sapiunt vel aliquando
φρονήσαντας πώποτε καί μέχρι τέλους sapuerunt et usque ad m ortem per-
εμμείναντας τή τοιαύτη αίρέσει, m anserunt vel perm anent in tali im-
άνάθεμα έστω. pietate, talis a. s.
1 Io 20,22. a Io 20,28.
■ton
Gentilium Constmtinopolitamm I I — 553 Condanne contro ì “tre Capitoli” X I I I - X IV
X III
Ε ΐ τις άντιποιεΐται των άσεβών συγ Si quis defendit im pia Theodoriti
Se qualcuno difende gli empi scritti di Teodoreto contro la vera fede, con
γραμμάτων Θεαδωρήτου, των κατά conscripta, quae contra rectam fi
tro il primo santo concilio dì Efeso, contro s. Cirillo e i suoi dodici anatema-
της άληθοΰς πίστεως καί 'της 4ν dem et contra prim am Ephesinam
tismi, e tutto ciò che lo stesso Teodoreto compose in difesa degli empi Teo
Έ φ έσφ πρώτης καί .άγιας συνόδου synodum et sanctum Cyrillum et doro e Nestorio e degli altri che professano le loro idee e seguono loro e la
e καί του έν άγίοις Κυρίλλου καί των duodecim eius capitula exposuit, loro .empietà; e se, per causa loro, definisce empi i. dottori della chiesa che
δώδεκα αύτοΰ κεφαλαίων, καί πάν et om nia quae conscripsit pro Theo professano Punione secondo l’ipostasi del Verbo di D io; se, dunque, costui
των, ών συνεγράψατο ύπερ Θεοδώρου doro et N estorio impiis, et pro aliis non condanna gli empi scritti suddetti e coloro che hanno o hanno avuto
καί Νέστορίου' των δυσσεβών καί qui eadem praedictis Theodoro et princìpi simili a questi e quanti hanno scritto contro la fede ortodossa e con
ύπερ άλλων των τά αύτά τοΐς .προ- N estorio sapuerunt, defendens eos tro Cirillo, uomo santo, e i suoi dodici ariatematismi e coloro che sono morti
ιο ειρημένοις Θεοδώρφ καί Νεστορίφ et eorum im pietatem , et propter hoc in'tale empietà, costui sia anatema.
φρονούντων καί δεχόμενων αύτούς καί im pios vocans doctores ecclesiae,
τήν αύτών άσέβειαν, καί δι’ αυτών qui unitatem secundum subsisten XIV
άσεβεΐς ; καλει τούς της έκκλησίας tiam D ei V erbi ad carnem confiten
διδασκάλους, τούς καθ’ ύπόστασιν tu r, et n o n anathematizat ea et eos ■ Se qualcuno difende la lettera che si dice essere stata scritta da Iba al per
is τήν όνωσιν του θεού λόγου φρονουν- qui similia sapuerunt vel sapiunt, siano Mari, dove si nega che il Dio Verbo, incarnatosi nella santa madre di
τας* καί ε’ίπερ ούκ άναθεματίζει τά insuper autem et omnes qui scrip Dio e sempre vergine Maria, si sia fatto uom o; dove si afferma che da essa è
είρημένα άσεβή συγγράμματα καί serunt contra rectam fidem et sanc nato un semplice uomo, che viene chiamato tempio, in modo che altro sìa il
τούς τά όμοια τούτοις φρονήσαντας ή tu m Cyrillum et duodecim eius ca Dio Verbo, altro l’uomo; dove si accusa s. Cirillo, il quale ha predicato la ve
φρονοΰντας, καί πάντας δέ τούς pitula, et usque ad m ortem in tali ra fede cristiana, di essere eretico e dì avere scritto come l’empio Apollinare;
2ο γράψαντας κατά της ορθής πίστεως, im pietate perm anserunt, talis a. s. dove si rimprovera al primo santo-concìlio di Efeso di avere, senza sufficien
ή του έν άγίοις Κυρίλλου καί των te esame e discussione, condannato Nestorio [sìa anatema]; questa stessa em
pia lettera definisce i dodici anatematismi di s. Cirillo empi e contrari alla ret
δώδεκα αύτου κεφαλαίων, καί έν τη
ta fede V . . .
τοιαύτη άσεβείφ τελευτή σαν τας, 6
τοιοΰτος ανάθεμα 'έστω,
ΐδ' X IV
25 Ε ΐ τις άντιποιεΐται της επιστολής Si quis defendit epistolam, quam
της λεγομένης παρά "Ιβα γε- dicitur Ibas ad M arin Persam haere
γράφθαι πρός Μάρην τόν Πέρσην, ticum scripsisse, quae abnegat qui
τής άρνουμένης μέν τόν θεόν λόγον dem D eum V erbum de sancta geni
έκ της άγιας Θεοτόκου καί άειπαρ- trice sem per virgine M aria in
30 θένου Μαρίας σαρκωθέντα, άνθρωπον carnatum , hom inem factum esse,
γεγενήσθαι* λεγούσης δέ ψιλόν άν dicit autem purum hom inem ex ipsa
θρωπον εξ αύτής γεννηθήναι, 6 ν ναόν natum esse, quem tem plum vocat,
άποκαλεΐ, ώς άλλον εΐναι τον θεόν u t alius sit Deus Verbum et alius
λόγον καί άλλον τόν άνθρωπον* καί ho m o ; et sanctum Cyrillum, qui
35 τόν εν άγίοις Κύριλλον τήν ορθήν των rectam fidem christianorum prae
χριστιανών πίστιν κηρύξαντα δια- dicavit, tanquam haereticum et si
βαλλούσης ώς αιρετικόν καί ομοίως m iliter A pollinario haeretico scrip
Άπολλιναρίιρ τω δυ ασεβεί γράψαντα' sisse crim inatur; et inculpat primam
καί μεμφομένης τήν έν Έ φέσω πρώ- Ephesinam sanctam synodum tan
« την άγίαν σύνοδον, ώς χωρίς κρίσεως quam sine examinatione et quaesti
καί ζητήσεως Νεστόριον καθελοΰ- one N estorium condem nantem ; et
σαν* καί τά δώδεκα κεφάλαια του duodecim capitula sancti Cytilli im
έν άγίοις Κυρίλλου άσεβή καί εναν- pia et contraria rectae fidei vocat
191 121
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Consilium Constantimpolitanum I I ·— 55$ i Condanne contro i atre Capitoli” X IV
χία τη ορθή- πίστει άποκαλεΐ ή eadem impia epistola, et defendit i e prende le difese di Teodoro e di Nestorio come dei loro scritti e dottrine sa-
αύτή άσεβής έπιστολή, καί έκδικει Theodorum et Nestorium et impia ί crileghe.
Θεόδωρον καί Νεστόριον καί τ ά eorum dogmatà et conscripta. I Se, quindi, qualcuno difende questa lettera empia e non condanna né la
άσεβή'αύτώυ δόγματα καί συγγράμ-· [ stessa, né quanti la difendono dicendo che almeno in parte è ortodossa; e non
ματα. 5 condanna né quelli che hanno scritto, e scrivono in suo favore o a favore delle
Ε ϊ τις τοίνυν τής είρημένης επι Si quis igitur memoratam impiam ! empietà che essa contiene, né quelli che tentano di giustificarla con tutte le
στολής άυτιποιεΐται, καί μή άναθε- epistolam defendit et non anathema f sue empietà in nome dei santi padri e del santo concilio di Calcedonia, riraa-
j nendo fermi in queste idee fino alla morte, costui sia anatema,
ματίζει αότήν καί τούς άντιποιου- tizat eam et defensores eius èt eos
f Dopo aver fatto questa professione di fede circa le verità che abbiamo rice
μένους αύτής καί λέγοντας αύτήν qui dicunt eam rectam esse vel vuto dalla sacra scrittura, dall'insegnamento dei santi padri e dalle definizioni
ορθήν είναι ή μέρος αύτής, καΓγρά- partem eius, et eos qui scripserunt I intorno all’unica e vera fede formulate dai predetti quattro santi concili; do
ψαντας καί γράφοντας ύπέρ αύτής ή vel scribunt p ro . ea vel prò impie ji po aver pronunciata la condanna contro gli eretici e la loro empietà e contro
των περιεχομένων αύτή άσεβειών, tate quae in ea continetur, et prae I quelli che o hanno giustificato o tentano di giustificare ì “tre capitoli" dì cui
καί τολμώντας ταύτην έκδικεΐν ή sumunt eam defendere, vel insertam i abbiamo parlato, e che hanno perseverato e continuano a perseverare nel
τάς περιεχομένας αύτή άσεβείας ei impietatem nomine sanctorum I proprio errore; se [dopo tutto questo] qualcuno tentasse di trasmettere, inse-
ονόματι των άγίων πατέρων ή τής patrum, vel sancti Chalcedonensis f: gnare, o scrivere alcunché in opposizione con quanto noi abbiamo definito,
άγιας έν Καλχηδόνι συνόδου, καί concilii, et in his usque ad mortem i se questi è vescovo o chierico, poiché agisce in modo difforme da quello prq-
τούτοις μέχρι τέλους έμμείναντας, permanent, talis a. s. I prio dello stato ecclesiastico, sarà spogliato della sua dignità vescovile o cìeri-
ό τοιοΰτος άνάθεμα έστω. ! cale; se poi fosse monaco o semplice laico, sarà scomunicato.
Τούτων τοίνυν ούτως όμολογη-. Cum igitur haec ita recte confessi
θέντων, ■& καί παρελάβομεν ·έκ τής sumus, quae tradita nobis sunt tam
Θείας γραφής καί τής των άγίων a divinis scripturis, quam a sancto
πατέρων διδασκαλίας καί των όρισθέν- rum patrum doctrina, et ab his quae
των περί τής μιας καί τής αύτής πί- definita sunt de una eademque fide a
στεως παρά των προειρημένων άγίων praedictis sanctis quattuor conciliis,
τεσσάρων συνόδων γενομένης δέ καί facta autem a nobis et condemna
παρ’ ήμών τής επί τοΐς αίρετικοίς tione contra haereticos et eorum
καί τής αύτών άσεβείας, πρός γε καί impietatem, nec non etiam contra
τής των έκδικησάντων ή Ικδικούντων eos qui defenderunt vel defendunt
τά εϊρημένα τρία κεφάλαια, καί έν- praedicta impia tria capitula, et per
απομεινάντωνή άπομενόντων τη obtztq. manserunt in suo errore vel qui
πλάνη, κατακρίσεως* εϊ τις έπιχειρή- permanent: si quis conatus fuerit
σοι εναντία τοΐς παρ' ήμών διατυπω- contra haec quae pie disposuimus,
Θεΐσι παραδοϋναι ή διδάξαι ή γράψαι, vel tradere vel docere vel scribere,
εί μέν έπίσκοπος είη ή έν κλήρο» si quidem episcopus vel clericus sit,
άναφερόμενος, ό ταιοΟτος, άλλότρια iste tanquam aliena a sacerdotibus
Ιερέων καί τής εκκλησιαστικής κατα- et statu ecclesiastico faciens, denu
στάσεως πράττων, γυμνωθήσεται dabitur episcopatu vel clericatu; si
τής επισκοπής ή του κλήρου* εί δέ autem monachus vel laicüs sit, ana
μοναχός ή λαϊκός, άναθεματισθήσεται. thematizabitur.
ΛΊΟ
C O N C ILIO COSTANTINOPOLITANO III BIBLIOGRAFIA: H -L 3,472-538; D ThC 3(1908) 1259-1273; 7(1922) 93-
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Yannopoulos].
1 Msi 11,286-315. Su Onorio e sul problema della sua condanna v. CSP app. Il c,
V 25.
2 II tes to greco e la versione latina di questo decreto qui edite sono riprese da
Labbe 6,1023-1028.
3 Le questioni di disciplina ecclesiastica che il II e il III concìlio Costantinopolita
no non trattarono, le affrontò il concilio Trullano (da altri detto Quinisesto),
convocato nel 692 da Giustiniano II. Questo concilio formulò 102 canoni che dal
diritto canonico bizantino sono stati annoverati tra i decreti dei concili ecumenici.
Si discute tuttóra circa la loro approvazione da parte del vescovo di Roma. L’edi
zione critica di questi canoni è in CCO 98-241.
1 Od 123
Concilium ConstantimpoUimtmi I I I — 680-68Ì ì- Definizione
1 ϊο 8,12. . a Io 14,27.
Λ*Λλ IO*
Conditimi Conskmtìmpolìtamm I I I — 680-681 Definizione.
Θεοδώρου του Μοψουεστίας, Ώ ριγέ- tae synodo, quae hic congregata santo concilio, radunato proprio qui contro Teodoro di Mopsuestia, Orige
νους, Διδύμου τε.κ αί Εύαγρίου, καί est adversus Theodorum M opsu- ne, Didimo ed Evagrio, e contro le opere scrìtte da Teodoreto in opposizio
τών συγγραμμάτων Θεοδωρήτου τώ ί estenum , Origenem , D idym um et ne alle dodici proposizioni del celebre Cirillo, e contro la lettera che si dice
κατά των δώδεκα κεφαλαίων του ·E vagrium , et scripta Theodoreti ad- scrìtta da Iba a Mari.il persiano. Esso inoltre riconferma in tutto i decreti re-
5 αοιδίμου Κυρίλλου, καί της λεγομένης versus duodecim capitula laudabilis Jativi all’ortodossia senza alcuna modificazione e ripudia le profane dottrine
’Ίβ α επιστολής πρός Μάρην γεγράφ- Cy'rillì, et epistolam quae dicitur dell’empietà. Inoltre questo santo e universale concìlio ispirato da Dio sotto
θαι τον Πέρσην. Άκαινοτόμητα μέν Ibae ad M arìm Persam scriptam, scrìve il sìmbolo proclamato dai trecentodiciotto padri e poi confermato dai
έν πάσι τά τής εύσεβείας άνανεωσα- immutilatas quidem in om nibus
centocinquanta padri divinamente ispirati, simbolo che anche gli altri santi
concili accolsero con gioia e confermarono per estinguere ogni pestifera ere
μένη Θεσπίσματα, τά βέβηλα δε της pietatis renovans sanctiones, p ro sia.
io δυσσεβείας έκδιώξασα δόγματα, καί fanas vero impietatis expellens doc- Crediamo in un solo Dio ...,1
τό παρά των τριακοσίων δέκα καί trinas: et id quod est a trecentis ’ Il santo e universale concìlio disse:
οκτώ πατέρων εκτεθέν, και αδθις decem et octo patribus editum , et Questo simbolo ortodosso della grazia di Dio basterebbe per una perfetta
παρά των εκατόν πεντήκοντα θεοφρό- dehinc a centum et quinquaginta conoscenza e conferma della fede ortodossa. Ma, come fin dall’inizio dei
νως βεβαιωθέν, δπερ καί αί λοιπαΐ D eo instituente confirmatum est, tempi l’inventore della malizia non restò inattivo e, trovando aiutò nel ser
i& άγιαι σύνοδοι έπ’ άναιρέσει πάσης q u o d etiam ceterae sanctae synodi pente,, per.-mezzo suo introdusse il veleno della morte nella natura umana,
ψυχοφΘόρου αίρέσεως άσπασίως έδέ- ad extinguendam omnem pestiferam cosi anche ora .ha trovato gli strumenti adatti al suo disegno: alludiamo a
ξαντό καί έπεκύρωσαν σύμβολον, καί haeresim. alacriter susceperunt et Teodoro, un tempo vescovo di Fara, a Sergio, Pirro, Paolo, Pietro, che furo
ή καθ' ή μάς άγια καί οίκουμενική confirm averunt symbolum, et hoc no vescovi di questa città imperiale, e anche a Onorio, papa dell’antica Ro
Οεοπνεύστως έπεσφράγισε σύνοδος. nostru m sanctum et universale à D eo ma,3a Ciro,, che fu vescovo di Alessandria;, e a Macario, recentemente vesco
20 inspiratum consignavit concilium. vo :tji Antiochia e a Stefano, suo .discepolo. Cosicché grazie a loro non ha
Πιστεύομεν είς ενα θεόν . . -1 Credimus in unum D eum . . d cessato V
Ή αγία καί οίκουμενική σύνοδος Sanctum et universale concilium
ε ΐπ εν dixit:
Ή ρ κ ε ι μεν είς έντελή της όρθο- Sufficiebat quidem ad perfectam
as δόξου πίστεως έπίγνωσίν τε καί orthodoxae fidei cognitionem atque
βεβαίωσιν το ευσεβές καί ορθόδοξον confirm ationem pium atque ortho-
τουτο της θείας χάριτος σύμβολον- doxum hoc divinae gratiae symbo-
άλλ’ έπεί ούκ επαύσατο άρχήθεν της lum . Sed quoniam n o n destitit ab
κακίας ó εφευρέτης, συνεργόν τόν exordio adinventor malitiae coope-
3o δφιν εύράμενος καί δι* αύτου τόν ratorem sibi serpentem inveniens.
Ιοβόλον τή άνθρωπεία φύσει προσαγό- et p e r eum venenosam humanae na-
μενος θάνατον, οΰτω καί νυν όργανα turae deferens m ortem , ita et nunc
πρός τήν οίκείαν αύτοΰ βούλησιν organa-ad propriam sui voluntatem
εύρηκώς επιτήδεια, Θεόδωρόν φαμεν apta reperiens, T heodorum dicimus
35 τόν γενόμενον τής Φαράν επίσκοπον, qui fuerat episcopus Pharan, Sergi-
Σέργιον, Πύρρον, Παύλον, Πέτρον, um , Pyrrhum , Paulum , Petrum , qui
τούς γενομένους προέδρους τής βασι- fuerunt huius regiae urbis antistites,
λευούσης ταύτης πόλεως, έτι δέ καί insuper et H onorium qui fuit papa
Όνώριον τόν γενόμενον πάπαν τής antiquae Romae12, et Cyrum qui
do πρεσβυτέρας 'Ρ ώ μης2, Κυρον τόν Alexandriae tenuit episcopatum,
’Αλεξανδρείας έπισκοπήσαντα, Μακά- M acarium quoque qui nuper fuerat
ριόν ·τε τόν ‘Αντιόχειας προσεχώς A ntiochiae praesul, et Stephanum
γενόμενον πρόεδρον καί Στέφανον τόν eius discipulum , n o n cessavit per
di suscitare nel corpo della chiesa scandalosi errori e con espressioni mai udi
τούτου μαθητήν, οόκ ήργησε δι’ eos plenitudini ecclesiae erroris
te ha diffuso in mezzo al popolo fedele l’eresia di una sola volontà e dì una
αύτών τ φ της Ικκλησίας πληρώ- scandala suscitate, unius voluntatis
sola attività in relazione con le due nature di una persona della.santa Trinità,
ματι τής πλάνης έπεγείρειν τά σκάν et unius operationis in duabus na il Cristo, nostro vero Dio, in accordo con la folle e perversa dottrina degli
δαλα, ενός θελήματος καί μιας turis unius de sancta Trinitate, Chri empi Apollinare, Severo e Temistìo. Questa eresia ha tentato di toglier di
Β ένεργείας επί των δύο φύσεων τοϋ sti veri D ei nostri, orthodoxae plebi mezzo con invenzioni fraudolente la perfezione delPincarnazione dello stes
ενός της αγίας τριάδος Χρίστου τοΰ novisone disseminando haeresim, so ed unico signore Gesù Cristo, nostro Dio, introducendo, quindi, in mo
άληθινου θεού ήμών τφ δρθοδύξφ consentaneam insanae ac m alitio do insensato l’idea che la sua carne fosse senza volontà e senza attività pro
λαφ καινοφώνως Ινσπείρας τήν αϊρ'ε- sae sectae im piorum Apollinaris, pria, benché fornita di vita intellettuale.
σιν, τή Άπολλιναρίου, Σεβήρου καί Severi atque Them istii; quae et p er Allora Cristo, ■nostro Dìo, ha suscitato un fedele imperatore, uri nuovo
ίο Θεμιστίου των δυσσεβών φρενο- fectionem hum anitatis unius eius- Davide, avendo scoperto un uomo secondo il suo cuore,1il quale, come dice
βλαβεϊ κακοδοξίοι συνάδουσαν, καί dem que . dom ini lesu Christi D ei I la Scrittura, non concede sonno ai suoi occhi, né riposo alle sue palpebre,1 fino
το τέλειον τής ένανθρωπήσεως τοΰ nostri, m olita est per quandatn do- ì a che non avrà trovato, per mezzo di questa nostra sacra adunanza voluta da
αότοΰ ενός κυρίου Ίησοΰ Χρίστου, losam adinventionem perimere, per j Dio, una proclamazione perfetta della vera fede, secondo la parola del Signo
του θεού ήμών άναιρεϊν διά τίνος hoc involuntariam et inoperatricem j re: dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in m ezzo a loro*
ΐδ δολερας έπινοίας σπουδάσασαν, άθέ- carnem eius, quae intellectualiter j Il presente santo concilio ecumenico accoglie con fede e riceve a braccia
.aperte la relazione del santissimo e beatissimo papa dell’antica Roma, Agato
λητον εντεύθεν καί άνενέργητον τήν anim ata est, insaniter introducens. i
νοερώς εψυχωμένην αότοΰ σάρκα ί ne, indirizzata al nostro piissimo e fedelissimo imperatore Costantino [IV],
δυσφήμως είσάγουσαν. che ha condannato, indicandoli per nome, quelli che hanno predicato o ìnse-
;nato, come è stato mostrato sopra, una sola volontà e una sola attività nel-
Έ ξήγειρε τοίνυν Χριστός ό θεός E xcitavit igitur Christus Deus
20 ήμών τον πιστόν βασιλέα, τον νέον n o ster fidelissimum im peratorem
{ ’economia dell’incarnazione di Cristo, nostro vero Dio; ha accolto, simil
mente, V
Δαυίδ, ‘άνδρα κατά τήν έαυτοΰ novum D avid, virum secundum cor
καρδίαν’1 εύρηκώς* δς ούκ έδωκε, suum1 inveniens qui non dedit, iuxta
κατά τό γεγραμμένον, ‘ύπνον τοΐς q u o d scriptum est, somnum oculis suis
όφθαλμοΐς αότοΰ, καί τοις βλέφάροις et palpebris suis dormitationem2, donec
25 αότοΰ νυσταγμόν5*, έως δτου διά τής per h unc nostrum a D eo congrega
καθ’ ή μάς θεοσυλλέκτου ταύτης καί tu m sacrum que conventum ipsam [
ίεράς όμηγύρεως τό τής ορθοδοξίας rectae fidei reperii perfectam prae
ηΰρε τέλειον κήρυγμα 1 κατά γάρ dicationem ; secundum enìm a D o
τήν θεόλεκτον φωνήν, ‘δπου είσΐ δύο m ino editam vocem , ubi duo vel ires
30 ή τρεις έπί τφ έμφ όνόματι συνηγ- fuerint congregati in nomine ' meo, ibi
μένοι, εκεί είμι έν μέσω αύτών’3. sum in medio eorum3. '
'Ή τις παροΰσα αγία καί οικουμε Quae praesens sancta et univer- !
νική σύνοδος πιστώς δεξαμένη καί salis synodus fideliter suscipiens et ;
ύπτίαις χερσίν άσπασαμένη τήν τε τοΰ expansis m anibus amplectens, tam \\
36 άγιωτάτου καί μακαριωτάτου πάπα suggestionem quae a sanctissimo ac J
τής πρεσβυτέρας ‘Ρώ μης Ά γάθω - beatissim o A gathone papa antiquae (
νος γενομένην άναφοράν πρός τόν R om ae facta est ad Constantinum
εύσεβέστατον καί πίστότατον ήμών piissim um atque fidelissimum no- i
βασιλέα Κωνσταντίνον, τήν άποβα- strum im peratorem , quae nomina-
40 λομένην. ονομαστί τούς κηρύξαντας tim abiecit eos, qui docuerunt vel |
καί διδάξαντας, ώς προδεδήλωται, praedicaverunt, sicut superius dic- |
έν θέλημα καί μίαν ενέργειαν έπί tu m est, unam voluntatem et unam g
τής ένσάρκου οικονομίας Χρίστου τοΰ operationem in incarnationis dis- |
άληθινου θεοΰ ήμών* ώσαύτως δε pensatione dom ini nostri Xesu Chri- |
45 προσηκαμένη καί τήν έκ τής όπό τόν s tl veri D ei nostri; adaeque amplexa |
126
C oncilium C o m ta n tìm p o liia m m I I I — 680-681 Defìnìzione ·.
αύτόν άγιώτατον πάπαν Ιερας συν- est et alteram synodalem suggestio- anche l’altra relazione sinodale, mandata alla sua serenità [l’imperatore], di
όδου των εκατόν είκοσι πέντε θεοφι- nem , quae missa est a sacro con- vinamente ispirata, dal santo sinodo dei centoventicinque vescovi, cari a
λών επισκόπων έτέραν συνοδικήν cilio q u o d est sub eodem sanctìssi- Dio, svoltosi sotto lo stesso santissimo papa. Il concilio le accoglie perché
άναφοράν πρός τήν αύτου θεόσοφον m o papa centum viginti quinque sono in armonìa sìa, col santo concìlio di Calcedonia, sia col Tomo del santis
& γαληνότατα, οΐώ τε συμφωνούσας τη D eo am abilium episcoporum , ad simo e beatissimo papa di questa stessa antica Roma, Leone, mandato a Fla
viano, uomo santo, che da quel smodo fu definito colonna dell’ortodossia.
τε άγίφ έν Καλχηδόνι συνόδφ καί τω eius a D eo instructam tranquilü-
Tali relazioni sono anche conformi alle lettere sinodali scritte dai beato Ciril
τόμφ του πανιέρου καί μακαριωτάτου tatem , utpote consonantes sancto lo contro l’empio Nestorio e indirizzate ai vescovi dell’Oriente.
πάπα τής αύτής πρεσβυτέρας ’Ρώμης Chalcedonensi concilio et tom o Seguendo dunque i cinque santi concili ecumenici e i santi e eminenti pa
Αέοντος, τφ σταλέντι προς Φλαβιανόν sanctissimi ac beatissimi papae dri, quésto sinodo in accordo con essi definisce e confessa il signore nostro
ίο τον έν άγίοις, δν καί στήλην όρθοδο- eiusdem antiquae Romae Leonis, Gesù Cristo, nostro vero D ìo, uno della santa, consostanziale e vivificante
ξίας ή τοιαύτη σύνοδος άπεκάλεσεν’ qui directus est ad sanctum .Flavia- Trinità, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità; veramente
I ti μήν καί ταΐς συνοδικαΐς έπιστο- num , quem et columnam rectae fidei Dio è veramente uomo, composto di anima razionale e di corpo, consostan
λαις ταΐς γραφείσαις παρά τουμ ακα- huiusm odi synodus appellavit; ad ziale al Padre secondo la divinità e consostanziale a noi nella sua umanità; si
ρίου Κυρίλλου κατά Νεστορίου του haec et synodicis epistolis, quae mile a noi in tutto, meno che nel peccato , 1 generato dal Padre, prima dei se
ìe δυσσεβοΰς καί πρός τούς της άνατολής scriptae sunt a beato Cyrìllo adver- coli, secondo la divinità e generato in questi ultimi tempi per noi e per la no
επισκόπους. sus im pium N estorium , èt ad orien stra salvezza dallo Spirito santo e da Maria vergine, che è nel senso più pieno
tales episcopos* ' ■ del termine madre cu Dìo secondo l’umanità; un solo e medesimo Cristo, fi
Επομένη τε ταΐς τε άγίαις καί Assecuti quoque sancta quinque glio unigenito di Dio, da riconoscersi in due nature senza confusione, muta
οίκουμενΐκαΐς πέντε συνόδοις, καί universalia concilia et sanctos atque mento, separazione, divisione, senza che in nessun modo, a causa dell’unio
ao τοΐς άγίοις καί έκκρίτοις πατράσι, probabiles patres, consonanterque ne, venga soppressa la differenza delle nature, ma al contrario V
καί συμφώνως όρίζουσα ομολογεί definiens confitetur, dom inum no-
τόν κύριον ημών Ίησουν Χριστόν τόν strum Xesum Christum verum D eum
αληθινόν θεόν ήμών, τόν ένα της nostrum , unum de sancta et consub-
άγίας, όμοουσίου καί ζωαρχικής stantiali et vitae originem praebente
25 τριάδος τέλειον έν Θεότητι καί τέλειον T rinitate, perfectum in deitate et
τόν αύτόν εν άνθρωπότητι* θεόν perfectum eundem in hum anitate,
άληθώς καί άνθρωπον άληθώς τόν D eum vere et hom inem vere, eun-
αύτόν έκ ψυχής λογικής καί σώματος’ dem ex anima rationali et corpo-
δμοούσιον τ φ πατρί κ&τά τήν θεότητα re; consubstantialem P atri secun-
30 καί όμοούσιον ήμΐν τόν αύτόν κατά d um deitatem , et consubstantialem
τήν ανθρωπότητα* κατά πάντα δμοιον nobis secundum hum anitatem , per
ήμΐν χωρίς άμαρτίας1’ τόν πρό om nia similem nobis absque pecca-
αΐώνων μεν έκ του πατρός γεννηθέντα to 1, ante saecula quidem ex Patre ge-
κατά τήν θεότητα,, επ’ εσχάτων δέ n itu m secundum deitatem , in ultt-
35 τών ήμερων τόν αύτόν δι’ ήμάς καί mis diebus autem eundem propter
διά τήν ήμετέραν σωτηρίαν εκ πνεύ- nos et propter nostram salutem de
ματος άγιου καί Μαρίας τής παρ- S piritu sancto et M aria virgine pro-
θένου, της κυρίως καί κατά άλήθειαν prie et veraciter D e r genitrice se-
θεοτόκου, κατά τήν άνθρωπότητα* eundum hum anitatem , unum eun
do ένα καί τόν αύτόν Χριστόν, υιόν, dem que Christum Filium D ei uni-
κύριον, μονογενή, έν δύο φύσεσιν genitum , in duabus naturis ìncon-
άσυγχύτως, άτρέπτως, άχωρίστως, fuse, ìnconvertibiliter, ìnseparabi-
άδιαιρέτως γνωριζόμενον’ ούδαμου liter, indivise cognoscendum , nus-
τής τών φύσεων διαφοράς άνηρημένης quam extiiicta harum naturarum
4 & διά τήν ένωσιν, σωζομένης δέ μάλλον differentia propter unitionem , salva-
127
ComiUtm ConstantmpolUamm TIT — 680-681 Definizione
της 18ιότητος έκκτέρας φύσεως, καί taque m agis proprietate utriusque salvaguardando la proprietà dell’ima e dell’altra e concorrendo entrambe a
εις Sv πρόσωπον καί μίαν ύπόστασίν naturae, et in unam personam et in formare una sola persona e sussistenza; non diviso e scomposto in due perso
συντρεχούσης' ούκ είς δύο πρόσωπα unam subsistentiam concurrente, ne, ma un solo e medesimo figlio unigenito, Verbo di Dio, signore Gesù Cri
μεριζόμενόν ή διαιρούμενον, άλλ’ n o n in duas personas partitum vel sto, come un· tempo ì profeti ci rivelarono di lui, lo stesso Gesù Cristo ci in
segnò e il simbolo dei santi padri ci ha trasmesso.
5 iva καί τόν αύτόν υιόν μονογενή, divisum , sed unum eundemque
Nello stesso modo proclamiamo in luì, secondo l’Insegnamento dei santi
θεοΰ λόγον, κύριον Ίησουν Χριστόν, unigenitum Filium D eum V erbum padri, due volontà naturali e due operazioni naturali, senza divisione, senza
καθάπερ άνωθεν οί προφήται περί dom inum lesum Christum , iuxta mutamenti, senza separazione o confusione. Le due volontà naturali non so
αύτοΰ, καί αυτός ήμας Ίησοΰς ό q u o d olim prophetae de eo et ipse no in contrasto fra loro (non sia mai detto!), come affermano gli empi eretici,
Χριστός έξεπαίδευσε, καί τό των nos dom inus Iesus Christus erudi- ma la suà volontà umana segue, senza ojpposizione o riluttanza, o meglio, è
ίο άγιων πατέρων ήμιν παραδέδωκε vit, et sanctorum patrum nóbis tra- sottoposta alla sua volontà divina e onnipotente. Era necessario, infatti, che
σύμβολον, didit symbolum. la volontà della carne fosse guidata e sottomessa al volere divino, secondo il
Καί δύο φυσικάς θελήσεις ήτοι E t duas naturales voluntates in sapientissimo Atanasio . 1 Come, infatti, la sua carne è detta la carne del Ver
θελήματα έν αύτφ, καί δύο φυσικάς eo, et duas naturales operationes bo di Dìo, e lo è realmente, così la volontà naturale della sua carne è detta ed
ένεργείας άδιαιρέτως, ά.τρ.έπτως, indivise* inconvertibiüter, insepara- è volontà propria del Verbo di D io, secondo quanto egli stesso afferma: Sono
i& άμερίστως, άσυγχύτως κατά τήν των bilìter, inconfuse secundum sane- disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che m i ha
άγίων πατέρων διδασκαλίαν ωσαύτως to ru m patrum doctrinam adaeque mandatoλ. Egli afferma essere sua la volontà della sua carne, poiché anche la
κηρύττομεν. Καί δύο μέν φυσικά praedicam us; et duas naturales vo- carne è diventata sua. Come, infatti, la sua carne tutta santa, immacolata e
θελήματα ούχ ύπεναντία, μή γένοιτο, luntates n o n contrarias, absit, iuxta animata, sebbene deificata, non è stata cancellata, ma è rimasta nel proprio
καθώς οί άσε βεις άφησαν αιρετικοί, quod im pü asseruerunt haeretici, stato e nel proprio modo d’essere, così la sua volontà umana, anche se deifi
20 άλλ’ . έπόμενον τό άνθρώπινον αύτου sed ’sequentem eius hum anam vo- cata, non fu annullata, ma piuttosto salvata, secondo quanto dice Gregorio il
θέλημα καί μή άντιπίπτον ή άντιπα- luntatem , et n o n resistentem vel re- “teologo” : “Perché il suo volere - quello del Salvatore - non è contrario a
λαϊον, μάλλον μέν οδν καί ύποτασ- luctantem , sed potius subiectam Dio, V
σόμενον τφ θείω αύτοΰ καί πανσθε- divinae eius atque om nipotenti
νεΐ θελήματι* δδει γάρ τό της σαρκός voluntati. O portebat enim camis
as θέλημα κινηθήναι, ύποταγήναι δέ τ φ voluntatem m overi, subìici vero
θελήματι τφ θεϊκω, κατά τόν πάνσο- voluntati divinae, iuxta sapientìssi-
φον ‘Αθανάσιον1, ώσπερ γάρ ή αύτοΰ m um A thanasium 1 ; sicut enim eius
σαρξ σάρξ του θεού λόγου λέγεται καί caro, caro D ei V erbi dicitur et est,
δστιν, οΰτω καί τό φυσικόν τής ita et naturalis cäm is eius voluntas
30 σαρκός αύτοΰ θέλημα ίδιον του θεοΰ p ropria D ei V erbi dicitur et est,
λόγου λέγεται καί . &ση, καθά sicut ipse ait: Quia descendi de caelo,
φησιν αύτός* οτι ‘καταβέβηκα έκ του non ut faciam voluntatem meam, sed
ούρανοΰ, ούχ ίνα ποιώ τό θέλημα τό eins qui misti me Patris2} suam pro-
έμόν, άλλά τό θέλημα του πέμψαντός prìam dicens voluntatem , quae erat
35 με πατρός’2, ’ίδιον λέγων θέλημα carnis eius. Q uem adm odum enim
αύτοΰ τό της σαρκός, έπεί καί ή σάρξ sanctissima atque im maculata ani-
ίδία αύτου γέγονεν &ν γάρ τρόπον ή m ata eius caro deificata n o n est
παναγία καί αμωμος εψυχωμένη perem pta, sed in proprio sui statu et
αύτοΰ σάρξ θεωθεΐσα ούκ άνηρέθη, ratione perm ansit, ita et hum ana eius
do άλλ5 έν τ φ ' Ιδίφ αύτης δρφ τε καί voluntas deificata, n o n est perempta,
λόγφ διέμεινεν, οΰτω καί τό άνθρώ- salvata est autem magis secundum
πινον αύτου θέλημα θεωθέν ούκ deiloquum G regorium dicentem:
άνηρέθη, σέσωσται δέ μάλλον,· κατά „N am illius velle, quod in Salvatore
τόν θεολόγον Γρηγόριον λέγοντα* intelligitur, n o n est contrarium Deo
1 Athanasius, in illud „N unc anima mea turbata est“ (tractatus deperditus) cf. PG 25,
X X m * Io 6,38.
af\r% 198
Conetlìum ConsieniimpolUanumIII — 630-681 Definizione·
* τό γάρ εκείνου θέλειν του κατά τον deificatomi to tu m . “ 1 Duas vero na- ί dal momento che è totalmente divinizzato " . 1 N oi riconosciamo nello stesso
signore nostro Gesù Cristo, nostro vero Dio, due attività naturali, senza di
σωτηρα νοούμενου ούδέ όπεναντίον tufales operationes indivise, incon-
visioni di sorta, senza mutazioni, separazioni e confusioni; cioè un’operazio
θεφ, θεωθέν ολον/ 1 Δύο δέ φυσιχάς vertibìlìter, inconfuse, inseparabi- i
ne divina e un’operazione umana, secondo quanto afferma molto chiaramen
ένεργείας άδιαιρέτως, άτρέπτως, liter in eodem dom ino nostro lesu ! te Leone, l’ispirato dà D io: "Ciascuna natura agisce in comunione con l ’altra
5 ά μ ερίστ ως, άσυγχύτως έν αύτφ τφ Christo vero D éo nostro asserimus, | secondo ciò che le è proprio; il Verbo opera ciò che è proprio del Verbo, il
κυρίω ήμών Ίησου Χριστφ τφ h oc est divinam opeiationem et hu- ί corpo compie ciò che è proprio del corpo " . 3 N o n attribuiremo, certamente,
άληθινφ θεώ ήμών δοξάζομεν, του- m anam operationem , secundum di- \ una sola naturale attività a Dio e alla creatura, per evitare di elevare la creatu
τέστι θ?ίαν ένέργειαν καί άνθρωπίνην vinum praedicatorem Leonem, aper- μ ra fino àll’èssenza divina o di abbassare la sublimità della natura divina al li
ένέργειαν, κατά τόν θεηγόρον Λέοντα tissìm e asserentem : „A git enim utra- μ vello proprio delle creature. Riconosciamo che i miracoli come le sofferenze
ίο τρανέστατα φάσκοντα* ( ένεργεί γάρ que form a cum alterius com m unio- / sono dèlio stesso e medesimo Cristo secondo le differenti nature di cui è
εκατέρα μορφή μετά της θατέρου ne quod proprium est, V erbo scili- j composto e Ìli cui ha il suo essere, come disse l’eminentissimo Cirillo. In
κοινωνίας 6 περ ίδιον έσχηκε, του μέν cet operante quod Verbi est et carne j somnia, restando fermo il concetto dì inconfuso e di indiviso, riassumiamo
λόγου κατεργαζομενού τοϋτο, όπερ exsequente quod carnis est . “ 8 N ec [ tutto in quest’unica espressione: poiché crediamo che una delle persone della
έστί του λόγου, του δε σώματος enim profecto unam dabimus na- μ santa Trinità, divenuta dopo l’incarnazione il.signore nostro Gesù Cristo, è
is έκτελοΰντος άπερ έστί του σώματος / 2 turalem operationem D ei et crea- p il nostro vero Dìo, affermiamo che due sono le sue nature che risplendono
nella sua unica ipostasi nella quale, durante tutta l’economia della sua vita in
Ού γάρ δήπου μίαν δώσομεν φυσικήν turae, u t neque quod creatum est
τήν ενέργειαν Θεού καί ποιήματος, in divinam educamus essentiam, j: carnata, operò prodigi e soffrì dolori non in apparenza ma realmente. La dif
ίνα μήτε το ποιηθέν εϊς τήν θείαν neque q uod eximium est divinae | ferenza delle nature in questa unica ipostasi si riconosce dal fatto che ciascu
na natura, senza divisione o confusione, voleva e operava conformemente al
άναγάγωμεν οόσίαν, μήτε μήν τής naturae ad com petentem creaturae ί-
rio essere in comunione con l’altra. In questo modo, noi proclamiamo
ao θείας φύσεως τό έξαίρετον είς τόν locum deliciamus. Unius enim eius-
τοΐς γεννητοΐς πρέποντα καταγάγώ- dem que tam miracula, quamque
p
3 e due volontà e attività naturali, V
μεν τό π ο ν ένός γάρ καί του. αύτοΰ passiones cognoscimus secundum L
τά τε θαύματα καί τά πάθη γινώ- aliud et aliud earum ex quibus est μ,
σκομεν κατ’ άλλο καί άλλο των έξ ών naturarum et in quibus habet esse, ·
as Ιστι φύσεων καί έν αίς τό είναι έχει, sicut admirabilis inquit Cyrillus, j/
ώς ό θεσπέσιος έφησε Κύριλλος. Πάν- U ndique ig itu r inconfusum atque ■
τοθεν γουν τό άσύγχυτον καί άδιαίρε- indivisum conservantes, brevi voce '
τον φυλάττοντες, συντόμω φωνή τό cuncta proferim us: unum sanctae [μ
πάν έξαγγέλλομεν ένα της άγίας T rinitatis, et post incarnationem j/
30 τριώδος καί μετά τήν σάρκωσιν τόν dom inum nostrum lesum Christum ;
κύριον ήμών Ίησοΰν Χριστόν τόν verum D eum nostrum esse creden-
αληθινόν θεόν ήμών είναι πιστεύοντες, tes, asserimus duas eius esse naturas ;
φαμέν δύο αύτοΰ τάς φύσεις έν τή in una eius radiantes subsistentia, in L
μιφ αύτοΰ διαλαμπούσας ύποστάσει, qua tam m iracula quamque passio- μ
35 εν ή τά τε θαύματα καί τά παθήματα nes p er om nem sui dispensativam |>
δι’ όλης αύτοΰ της οίκονομικής conversationem , non per phanta- ρ
άναστροφής ού κατά φαντασίαν, siam, sed veraciter demonstravit, é ·
άλλά άληθώς έπεδείξατο, τής'φυσικής ob naturalem differentiam in eadem .
έν αύτή τή μια ύποστάσει διαφοράς u n a . subsistentia cognoscendam, j>;
40 γνωριζόμενης τ φ μετά τής θατέρου dum cum alterius communione p; ■
κοινωνίας έκατέραν φύσιν θέλειν τε utraque natura indivise et inconfuse
καί ένεργεΐν τά ίδια* καθ’ fiv δή λόγον pro p ria vellet atque operaretùr; ί..:
καί δύο φυσικά θελήματά τε καί iuxta quam rationem et duas, natu- [v;,
ένεργείας δοξάζομεν πρός σωτηρίαν rales voluntates et operationes con-
129
Conciima ConstantimpoUtamm III — 680-681 Definizione
του ανθρωπίνου γένους καταλλήλως fitem ur, ad salutem humani genens che concorrono insieme alla salvezza del genere umano.
συντρέχοντα,. convenienter in eo concurrentes. Stabilito tutto ciò con ogni possibile prudenza e diligenza, deliberiamo
Τούτων τοίνυν μετά πώσης παν- H is igitur cum omni undique cau che non è lecito ad alcuno esprimere o scrivere, comporre o credere una di
versa formula di fede e tanto meno insegnarla ad altri. Quelli poi che osasse
ταχόθεν άκριβείας τε καί έμμελείας tela atque diligentia a nobis forma
ro comporre una diversa formula, o insegnare e trasmettere un altro simbolo
e παρ’ ήμών διατυπωθέντων, όρίζομεν tis, definimus aliam fidem nulli licere
a coloro che desiderano convertirsi alla verità dal paganesimo, dal giudai
έτέραν πίστιν μηδενί έξεΐναι προφέ- proferre aut conscribere, compone- smo, o da qualsiasi altra eresia; o tentassero di introdurre nuove espressioni
ρειν, ήγουν συγγράφειν ή συντιθέναι reve aut sapere, vel etiam aliter do per sconvolgere quanto da noi è stato definito, queste persone, se vescovi o
ή φρονεΐν ή διδάσκειν ετέρους* τούς cere. Q u iv ero praesum pserint fidem chierici, decadano dalfepiscopato o dallo stato clericale; se poi si tratta di
δε τολμώντας ή συντιθέναι. ' πίστιν alteram com ponere vel proferre vel monaci o di laici, siano colpiti da anatema.
ίο έτέραν ή προκομίζειν ή διδάσκειν ή docere vel tradere aliud symbolum
ϊΐαραδιδόναι έτερον σύμβολον τοϊς volentibus converti ad agnitionem
έθέλουσιν επιστρέφειν εις έπίγνωσιν veritatis ex gentilitate vel Iudaism o
της αλήθειας εξ έλληνισμοΰ η εξ au t ex qualibet haeresi; aut qui no
ίουδαΐσμου ή γοΰν έξ αίρέσεως vitatem vocis vel dictionis adinven
is οίασοΰν, ή καινοφωνίαν, ήτοι λέξεως tionem ad subversionem eorum
έφεύρεσίν πρύς άνατροπήν εϊσάγειν quae n unc a nobis determinata sunt
των νυνί παρ’ ήμων διορισθέντων* introducere; hos sì quidem episcopi
τούτους, εί μέν επίσκοποι ε ϊ ε ν ή fuerint aut clerici, alienos esse, epi
.κληρικοί, άλλοτρίους εΐναι τούς έπι- scopos quidem ab episcopatu, cleri
ao σκόπούς τής έπισκοπής καί τούς κλη cos vero a clero; sin autem monachi
ρικούς του κλήρου* εϊ δέ μονάζοντες fuerint, vel laici, etiam anathemati
εΐεν ή λαϊκοί, άναθεματίζεσθαι αυτούς. zari eos.
la n 130
C O N C ILIO N IC E N O II I legati papali presiedettero il concilio e sottoscrissero per primi gli atti; in
realtà diresse i lavori Tarasio, che, per disposizione del concìlio, ne riferì a
Adriano I: «dopo la lettura delle tue lettere fraterne, tutti le hanno accolte»6.
Adriano non inviò alcun rescritto, ma durante il 794 difese il concilio nei
787 confronti di Carlo Magno7: dimostrò cioè di accettare le decisioni del conci
lio, ancorché non inviasse risposta, dato che non aveva ottenuto quanto ave
va chiesto agli imperatori nella lettera del 26 ott. 785, in particolare la reinte
gratone del patrimonio della sede apostolica nelle condizioni in cui era pri
ma del 731, avanti che Leone Isaurico confiscasse l’Illirico8.
L’imperatore Costantino e sua madre Irene sottoscrissero gli atti;, non è
tuttavia chiaro se li abbiano promulgati con un editto o meno.
Paolo IV, patriarca di Costantinopoli (778-784), che si era pentito dell’e BIBLIOGRAFIA: H -L 3,741-798; DThC 11(1931) 417-441; EC 8(1952)
resia iconoclasta, prima di abdicare alla sede patriarcale, e Tarasio, che gli 1832-1838; RGG 4(T960) 1453-1454; LThK 7(T962) 964-965; L. Bréhier, La
successe, avevano esortato Irene - che regnava in luogo del figlio Costantino querelle des images, Paris 21924; G. Ostrogorsky, Rom u. Bysanz im Kamp
VI (780-797) ancora soggetto a tutela - ad indire un concilio ecumenico che fe um die Bilderverehrung, Seminarium ICondakovìanum 6(1933) 73-87; E.
riportasse gli iconoclasti a maggiore moderazione1, ricostituisse l’unità della Hammerschmidt, Eine Definition von «Hypostasis» u. «Öusia» während des
chiesa e condannasse ciò che aveva deciso il conciliabolo dei 338 vescovi2, che VII. allg. Konzils, Ostkirchliche Studien 5 (1956) 52-55; P. van den Ven, La
si era svolto dal 10 febbr. all’ 8 ag. 754 a H ieria, e dall’ 8 al 27 ag. in s. Maria patristique et Phagiographie au conc. de N . de 787, Byzantion 25-27
Blacherna. (1955/57) 325-362; Bilderstreit u. Arabersturm in Bysanz, ex Theophani
Tale convocazione fu comunicata al vescovo di Roma il 29 ag. 784 con una chronographia ed. L. Breyer (Byzantinische Geschichtsschreiber 6 ), Graz
«sacra» di Costantino e Irene, con l’esortazione a intervenire personalmente 1957; G. Dumeige, Nicée II , Paris 1978; W. De Vries, Orient et Occident.
o a mandare legati1; Tarasio stesso inviò l’annuncio al vescovo di Roma e ai Les structures ecclésiales vues dans Vhistoire des sept premiers conciles oecu-
tre patriarchi orientali con lettere sinodali4. Adriano I sì mostrò, a certe con méniques, Paris 1974, 221-244; Ch. von Schönborn, Vicone du Christ, fo n -
dizioni, favorevole al concilio e mandò come suoi legati l’arciprete Pietro e dements thélogiques élaborés entre le P et le I I e conàie de Nicée (325-787), Pa
l’abate Pietro del monastero greco di s, Saba di Roma. ris ?1986; Nicée I I 787-1987, edd. P. Boesflug-N. Lossky, Paris 1987; La le
Il concilio, convocato con u n editto dell’imperatore nell’estate del 786, gittimità del culto delle icone. Oriente e Occidente riaffermano insieme la fede
ebbe inizio il primo agosto dello stesso anno davanti a Costantino e a sua cristiana, Bari 1988; 1200Jahre Zweites Nicaenum, Annuarium Hist. Conci
madre; ma fu interrotto per l’irruzione nella sala del concìlio dei soldati fede liorum 20(1988); Streit um das Bild. Das zweite Konzil von N izäa (787) in
li alla memoria di Costantino Coprom m o e rinviato a un giorno successivo ökumenischer Perspektive, hrsg. J.'W ohlmmh, Bonn 1989; A. Giakalis, Im a
sino all’arrivo dell’esercito fedele guidato da Staurachios. Fu mfine riaperto a ges o f the Divine. The Theology o f Icons at the Seventh Ecumenical Council,
N ìcea il 24 sett. 787 e furono richiamati dalla Sicilia i legati romani. Leiden 1994; Sto. Com'Ec. 145-151 e 152-154 [P.A. Yannopoulos].
D opo l’ammissione dei vescovi sospetti di eresia, 263 padri accettarono la
dottrina sul culto delle immagini sacre esposta nelle lettere, lette nella II ses
sione, dì Adriano I. Nella IV sessione fu discusso della intercessione dei santi
e tutto ciò fu approvato e infine definito come dogma nella VII sessione5.
N ell’V III e ultima sessione che, per desiderio sovrano, fu celebrata a Costan
tinopoli nel palazzo della Magnaura, fu reiterata la proclamazione del dogma
e furono letti i 2 2 canoni.
Ι'Όρος] [Terminus]
[Definizione]
Ή αγία μεγάλη καί οικουμενική Sancta m agna ac universalis syno
σύνοδος, ή κατά θεού χάριν καί dus, quae per D ei gratiam et sanc Il santo e grande concilio ecumenico per grazia di Dio e per decreto dei pii
θέσπισμα των εύσεβών καί φίλοχρί- to ru m piorum et Christianorum im e cristiani nostri imperatori Costantino ed Irene, sua madre, riunito per la
6 στων ήμων βασιλέων Κωνσταντίνου p eratorum Constantini et Irenae ma seconda volta a Nicea, famosa sede metropolitana della Bitinia, nella chiesa
καί ΕΙρήνης της αύτοΰ μητρός συν- tris eius congregata est secundo in di santa Sofia, seguendo la tradizione della chiesa cattolica, definisce quanto
αθροισθεΐσα τύ δεύτερον έν τη Νίκα-, N icaenorum clara m etropoli Bithy- segue.
έων λαμπροί μητροπόλει της Βιθυνών liensium provinciae in sancta D ei Colui che ci ha fatto dono della luce della sua conoscenza e ci ha liberati
επαρχίας, έν τη άγίφ του θεού έκκλη- ecclesia, quae cognom inatur Sophia, dalle tenebre e dalla stoltezza degli idoli, il Cristo nostro Dio, dopo aver fat
ίο σίφ τη έπονομαζομένη Σοφίφ, άκολου- sectata traditionem catholicae écclè- ta sua sposa la sua santa chiesa cattolica senza macchia né ruga, 1 promise dì
θήσασα τη παραδόσει της καθολικής siae, definivit inferius ordinata. conservarla così. Confermò questa promessa dicendo ai suoi discepoli; io so
έκκλησίας, ώρισε τά ύποτεταγμένα, no con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.3. Ma questa promessa egli
Ό τό φως τής αύτοΰ έπιγνώσεως Q ui lucem agnitionis suae nobis non la fece solò a loro ma anche a noi, che attraverso lóro abbiamo creduto
ήμΐν .χαρισάμενος, καί του σκότους donav it .et a tenebris idolorum et nel suo nome , 3 Ma vi sono alcuni uomini che, incuranti di questo dono, stre
iß τής εϊδωλικής μανίας ήμας λυτρωσά- insania nos redemit, Christus scili gati dagli inganni del nemico, hanno deviato dalla retta ragione e nella loro
μενος, Χριστός δ θεός ήμων, νυμφευ- cet D eus noster, desponsata sibi ribellione alla tradizione della chiesa cattolica non hanno più raggiunto la co
noscenza della verità. Come dice il proverbio, sono andati errando per i viot
σάμενος τήν άγίαν αύτοΰ καθολικήν sancta sua catholica ecclesia non
toli del proprio campo e hanno riempito le loro mani di sterilità perché han
εκκλησίαν ‘ μή έχουσαν σπίλον ή habente maculam sett rugant, hanc se no tentato-di screditare le sacre immagini convenienti al culto ai Dio. Essi
ρυτίδα η , ταύτην επηγγείλατο διαφύ- conservaturum prom isit; sanctisque pretendono di essere sacerdoti ma non lo sono, come dice il Signore per boc
2ο λάττεσθαι, τοΐς τε. άγίοις αύτοΰ discipulis suis asseverabat dicens: ca del profeta: M olti pastori hanno devastato la mia vigna, hanno calpestato
μαθηταΐς διεβεβαιοΰτο λέγων* ‘ μεθ 5 mbiscum sum omnibus diebus usque ad Ü mio. campo.4 Al seguito di uomini che ascoltano solo le proprie passioni,
ύμών είμι πάσας τάς ημέρας έως consummationem saeculi2. Porro hanc hanno accusato la santa chiesa, sposa del Cristo nostro Dio, V
τής συντελείας του αίώνος ταύτην reprom issionem non solum illis do
δέ τήν Ιπαγγελίαν ού μόνον αύτοΐς navit, sed et nobis qui per eos cre
2 Β έχαρίσατο, άλλά καί ή μΐν τοΐς Si* didim us . in nom ine ipsius3. E rgo
■αύτών πιστεύσασιν είς τό όνομα αύ donum hoc quidam n o n cogitantes,
τοΰ3, Τής οδν δωρεάς ταύτης άλογή- a versuto inimico volatici quodam
σαντές τινες,· ώς όπδ τοΰ άπατεώνος m odo facti, a recta ratione cecide
εχθρ.οΰ άναπτερούμενοι έξέστησαντοΰ ru n t; traditioni etiam catholicae
30 όρθοΰ λόγου, καί τή παραδόσει τής ecclesiae resultantes intellectu veri
καθολικής έκκλησίας άντιταξάμενοι, tatis frustrati sunt; et, u t ait pro
προς τήν σύνεσιν τής άληθείας διή- verbialis sermo, in axe agricola
μαρτον καί ώς φησιν δ παροιμιακός tionis suae erraverunt et college- .
λόγος, τούς άξονας τοΰ Ιδίου γεωργίου ru n t m anibus suis sterilitatem, quia
35 πεπλάνηνται καί συνήξαν χερσίν Ακαρ sacrorum m onum entorum D eo de
πίαν* 6 τι των ιερών άναθημάτων τήν cibili ornam ento detrahere prae
θεοπρεπή εύκοσμίαν διαβάλλειν τετολ- sum pserunt, cum sacerdotes qui
μήκασιν, ίερεΐς μέν λεγόμενοι, μή dem dicerentur, non essent autem;
ΐίντες δέ 1 περί ών ό θεός διά τής προ- de quibus Deus per prophetam
4ο φητείας βοα* ‘Ποιμένες πολλοί δΐ- clamat : Pastores multi corruperunt vi
έφθειραν τον άμπελώνα μου, έμόλυναν neam meam, 'contaminaverunt portionem
τήν μερίδα μου’4, άνιέροις γάρ έπα- meam*. Sceleratos quippe secuti viros
κολουθήσαντες άνδράσι, ταΐς Ιδίαις sensibus suis pellectos, calumniati
φρεσί πειθομένοις, κατηγόρησαν τής su n t sanctam Christi .D ei nostri
άρμοσθείσης Χριστώ τφ Θεψ άγίας ecclesiam, quae ipsi est desponsata, [ e non hanno distinto tra il sacro e il profano,1 mettendo sullo stesso piano le
αύτοΰ εκκλησίας, καί ‘άνά μέσον et inter sanctum et profanum non dl· ! immagini di D io e dei suoi santi e le statue. degli idoli diabolici.
αγίου καί βεβήλου ού διέστειλαν’1,, stinxerunt1, im aginem D om ìni et ; Per questo il signore D io, non potendo più sopportare che i suoi fedeli ve
nissero contagiati da una tale peste, ha convocato da ogni parte secondo la
τήν εικόνα του κυρίου καί τω ν αγίων sancto ru m eius sim iliter u t statuas !
sua divina volontà noi vescovi mediante lo zelo fervente e l’invito di Costan
5 αύτοΰ δμοίως τοϊς ξοάνοίς τώ ν σατα diabolicorum idolorum nom inantes. ί
' ί tino e di Irene, nostri fedelissimi imperatori, allo scopo di rafforzare con un
νικών ειδώλων δνομάσαντες.
voto comune la divina tradizione della chiesa cattolica. D opo ricerche e di
A lò μή φέρων ύπύ τοιαύτης λύμης P ro p te r q u o ti dom inus D eus n o n scussioni approfondite, con Punico scopo di seguire la verità, noi né toglia
διαφθειρόμενον τύ υπήκοον ό δεσπό ferens in tu eri ab huiusm odi peste j mo né aggiungiamo alcunché, ma conserviamo intatto il patrim onio dottri
της θεός, ήμάς τούς άπανταχοΰ της co rru m p i subditos suos, nos sacer- I nale della chiesa cattolica, nel solco dei sei santi concili ecumenici, e special
ίο - ίερωσύνης άρχηγούς τη αύτοΰ εύδοκίφ d o tii principes beneplacito suo u n - j mente di quello riunito nella splendida sede m etropolitana di N icea e aeìPal-
συνεκάλεσε, θείω ζήλω καί επινεύσει diq u e co nvocavit divino Zelo fer tro celebrato più tardi nella città imperiale, che D io protegge:
Κωνσταντίνου καί Εϊρήνης τώ ν πιστο v entes et n u tu C onstantini et Irenae f Crediam o.in un solo D io . . . 2
τήτω ν ήμών βασιλέων, 3πως ή ένθεος im p e ra to ru m n o stro ru m ad d u cto s; Detestiamo e condanniamo Ario, i suoi seguaci e quelli che condividono
παράδοσις' τής καθολικής εκκλησίας quatenus deifica catholicae ecclesiae j la sua insana dottrina; cosi p ure M acedonio e i suoi, ben a ragione chiamati
is κοινή ψήφφ απολάβη το κυρο'ς, Μ ετά tra d itio com m uni decreto recipiat > "pneumatomachi” [cioè avversari dello Spirito]. Confessiamo anche la si
πώσης τοίνύν άκριβείας έρευνήσαντές firm itatem ; Ig itu r c u m , o m n i dili- [ gnora nostra santa Maria, come vera e propria m adre di D io: essa, infatti, ha
τε καί διασκεψάμενοι, καί τ φ σκοπφ g entia p erscrutantes e t discutientes ! partorito nella sua carne uno della Trinità, il Cristo nostro D io, come ha in
τή ς άληΘείας άκολουθήσαντες, ούδεν et in te n tio n em veritatis sectantes, \ segnato anche il prim o concilio di Efeso, che scacciò dalla chiesa l’empio N e-
άφαιρουμεν, ούδέν προστίθεμεν, άλλά n ih il adim im us, n ih il addim us, sed storio e i suoi discepoli perché introducevano un dualismo di persone [in
2ο πάντα τ ά τής καθολικής εκκλησίας o m n ia quae catholicae s u n t eccle Cristo]. C on questi concili n oi confessiamo le due nature di colui che si è in
carnato per n o i V
άμείωτα·διαφυλάττομεν· καί επόμενοι siae im m aculata servam us; e t se
τα ΐς άγίαις οίκουμενικαΐς έξ συνό- q u en tes sancta sex universalia co n
δοις, πρώ τα μέν τή έν τή λαμπρή cilia, in prim is q u o d in splendida
Νικαέοον μητροπόλει συναθ ροισθείση, N icaen a m etro p o li co n v en it, a d h u c
26 έτι γε μήν καί τή μετ* αύτήν έν τή e tia m et q u o d p o st in div in itu s con- j
θεοφυλάκτω βασιλίδι πόλει* serv an d a reg ia u rb e collectum est. |
ΙΙιστεύομεν είς ένα θεόν , . .2 C redim us in u n u m D e u m . . .2
Βδελυσσόμεθα δε καί άναθεματί- A b o m in am u r autem et an ath em a
ζομεν ’Ά ρειον καί τούς αύτφ σύμ- tizam u s A riu m et consen tan eo s et
30 φρονας καί κοινωνούς τής μανιώδους co m m u n icato res vesanae opinionis
αύτοΰ κακοδοξίας* Μακεδόνιόν τε καί e iu s; M aced o n iu m q u e e t eos qui
τούς περί αύτύν καλώ ς δνομασθέντας iu x ta ip su m b e n e pn eu m ato m ach i
πνευματομάχους· ομολογοΰμεν δε καί n o m in a ti su n t. C o n fitem u r autem j
τήν δέσποιναν ήμών τήν αγίαν Μ α- e t d o m in am n o stra m san ctam M ari- j
36 ρίαν κυρίω ς κ α ί άληθώς Θεοτόκον, ώς a m ‘p ro p rie ac veraciter D e i geni- }
τεκοΰσαν σαρκί τόν ένα τή ς τριάδος tric e m , q u o n ia m p e p e rit carn e u num j
Χριστόν τόν θεόν ήμών, καθά καί ή ex sa n c ta T rin ita te , C h ristu m vide- ί
έν Έ φ έ σ φ τό πρότερον έδογμάτισε. lic e t D e u m n o s tru m , secundum
σύνοδος, κ α ί τόν ασεβή Νεστόριον q u o d e t E p h e sin u m p riu s dogm ati
40 κ α ί τούς άμφ* αύτόν, ώ ς προσω πικήν z a v it co n ciliu m q u o d im p iu m Ne- !
δυάδα είσάγοντας, τή ς έκκλησίας s to riu m cu m collegis su is, tanquam \
εξώθησε. Σύν τούτοις δέ καί τά ς δύο p e rso n a le m d u a lita te m in tr o d u c e s j
φύσεις όμολογοΰμεν του σαρκωθέντος te m , a b ecclesia p e p u lit. C u m his j
δ ΐ ήμ ας έκ τ ή ς άχράντου Θεοτόκου a u te m e t duas n a tu ra s confitem ur j
46 κ α ί άειπαρθένου Μ αρίας, τέλειον αύ- eius q u i in c a rn a tu s e st p ro p te r nos |
τον θεόν καί τέλειον άνθρωπον γινώσ- ex intem erata D ei genitrice semper dall’immacolata sempre vergine madre di Dio, Maria, riconoscendo che egli
è perfetto D io e perfetto uomo, come ha proclamato anche il concilio di Cal-
κοντές, ώ ς κ α ί ή έν Καλχηδόνι σύνο-virgine M aria, perfectum eum D eum
cedonia, scacciando dalla chiesa Eutiche e Dioscoro come blasfemi. Acco
δος έξεφώνησεν, Εύτνχή καί Διόσκο- et perfectum hom inem cognoscen-
muniamo ad essi Severo, Pietro e gli altri legati tra loro da una catena di be
ρον δυσφημήσαντας της θείας αύλής tesa quem adm odum et Chalcedo- stemmie. Con essi condanniamo le fole di Origene, di Evagrio e di Didimo,
5 έξελάσασα* συνυπαβώλλοντες, αύτοις donensis synodus prom ulgavit, Eu- come fece anche il quinto concilio riunito a Costantinopoli. Predichiamo,
Σεβήρον, Πέτρον καί τήν πολυβλά- tychetem et D ioscbfum blasphe- inoltre, in Cristo due volontà e due attività, secondo la proprietà delle due
σφημον αύτών άλληλόπλοκον σειράν, m antes a divino atrio abigens ; con- nature, come solennemente dichiarò il sesto concilio a Costantinopoli, scon
μεθ’ ών καί τά Ώριγένους, Εύ αγρίου ferentes cum illis pariter Severum, fessando Sergio, Onorio, Ciro, Pirro, Macario, tutti avversari della retta fe
τε καί Διδύμου μυθεύματα άναθεματί- P etrum et eorum multifarie blas- de, e i loro seguaci. In poche parole, noi intendiamo custodire gelosamente
m ζομεν, ώς καί ή έν Κωνσταντινουπόλει phem antem alterutris perplexioni- intatte tutte le tradizioni della chiesa, sia scritte che orali. Una ai queste ri
συγκροτηθεΐσα πέμπτη σύνοδος. Εΐτά- bus restim contextam ; cum quibus guarda la raffigurazione del modello mediante una immagine, in quanto si
τε καί δύο θελήματακαίένεργείας κατά et O rigenis et; E vagrü ac Didymi accordi con la lettera del messaggio evangelico* in quanto serva a confermare
τε τήν των φύσεων ιδιότητα επί Χρι- fabulas anathematizamus; sicuri et la vera e non fantomatica incarnazione del Verbo di Dio e procuri a noi ana
στοΰ κηρύτχομεν, καθ’ όν τρόπον καί C onstantinopoli congregatum quin logo vantaggio, perché le cose rinviano l’una all’altra in ciò che raffigurano
isή έν Κωνσταντινουπόλει έκτη σύνοδος tum concilium egisse dignoscitur, come in ciò che senza ambiguità esse significano.
έξεβόησεν, άποκηρύξασα Σέργιον, D einde quoque et duas voluntates In .tal modo, procedendo sulla via regia, seguendo la dottrina divinamente
‘Ονώριον, Κΰρον, Πύρρον, Μακάριον, et operationes secundum naturarum ispirata dei nostri santi padri e la tradizione della chiesa cattolica - ricono
τούς άθελήτους τής εύσεβείας, καί τούς proprietatem in Christo praedica- sciamo, infatti, che lo Spirito santo abita in essa —noi definiamo con ogni ri
τούτων όμόφρονας. Καί συνελόντες m us; quem adm odum et Constaiiti- gore e cura che, a somiglianza della raffigurazione delia croce preziosa e vivi
ao φαμέν άπάσας,‘τάς έκκλησιαστικάς n opoli sexta synodus exclamavit, ficante, così V
έγγράφως ή άγράφως τεθεσπισμένας abiiciens3 Sergium, H onorium , Cy-
ήμΐν παραδόσεις άκαινοτομήτους φυ- rum , Pyrrhum , Macarium et eos qui
λάττομεν. ΤΩν μία έστί καί ή της sine voluntate sunt pietatis, atque
είκονικής άναζωγραφήσεως έκτύπω- illis similia sentientes. E t u t com
as σις, ώς τή ίστορίφ του εύαγγελικοΰ pendiose fateamur, om nes eccle-
κηρύγματος συνφδουσα, προς πίστω- siasticas sive scripto, sive sine
σιν τής άληθείας. καί ού κατά φαν- scripto sancitas nobis traditiones
τασίαν τής θεού λόγου ένανθρωπή- illibate servam us; quarum una est
σεως, καί είς όμοίαν λυσιτέλειαν ήμΐν etiam imaginalis picturae formatio,
»°χρησιμεύουσα* τά γάρ άλλήλων δηλω- quae historiae evangelìcae praedi-
τικά άναμφιβόλως καί τάς άλλήλων cationis concinit, ad certitudinem
έχουσιν εμφάσεις. verae et n o n secundum phantasiam
D ei V erbi inhum anationis effectae,
et ad similem nobis utilitatem com m ode proficiens. Quae namque se
35 m utuo indicant, indubitanter etiam m utuas habent significationes..
Τούτων οϋτως έχόντων, τήν βασι- His itaque se habentibus, regiae
λικήν ώσπερ έρχόμενοι τρίβον, επα- quasi continuati semitae, sequentes-
κολουθοΰντες τή θεηγόρψ διδασκαλία que divinitus inspiratum sanctorum
των άγιων πατέρων ήμών, καί τή patrum nostrorum magisterium et
40 παραδόσει τής καθολικής εκκλησίας, catholicae traditionem ecclesiae —
του γάρ έν αύτή οίκήσαντος άγίου nam Spiritus sancti hanc esse novì-
πνεύματος είναι ταύτην γινώσκομεν, m us, qui nim irum in ipsa inhabi-
όρίζομεν σύν άκριβεία πάση καί tat — , definimus in om ni certitudine
εμμελείφ παραπλησίως τ φ τόπιρ του ac diligentia, sicut figuram predo-
45 τιμίου καί ζωοποιού σταυρού άνατί- sae ac vivificae crucis, ita venera-
1 Cf. Basilius Caes., D e Spiritu #. 18, 45 (PG 32,149; SC 17,194). a Cf. 2 Th 2,15.
Concilium Nicaenum I I — 787 · Definizione - Anatemi I - U I
που καί εύφραίνου έξ όλης της καρδίας , A bstulit Dominus a te iniustitias ad - il Signore ha tolto d i m ezzo a te le iniquità dei tuoi avversari, sei stata libera
σου1περιειλε κύριος έκ .σοΰ τά αδική versantium tibi; redemit te de manu ta dalle m a n i d ei tuoi nemici. D io , il tuo re, è in m e zzo a te; non sarai p iù op -
ματα των αντικειμένων σοι, λελύτρω- inimicorum tuorum, Dominus rex: in pressa dal m ale ,1 e la pace dimori con te per sempre.
σαι έκ χειρύς εχθρών σου* κύριος medio tui; non videbis mala ultra1, et Chi oserà pensare o insegnare diversamente, o, seguendo gli eretici empi,
5 βασιλεύς έν μέσφ σου* ούκ 6ψει κακά pax in te in tem pus aeternum.
violerà le tradizioni della chiesa o inventerà delle novità o rifiuterà qualche
ούκέτι’1 καί ειρήνη έπΐ σοΙ είς τον
cosa di ciò che è stato affidato alla chiesa, come il Vangelo, la raffigurazione
della croce, immagini dipinte o le sante reliquie dei martiri; chi immaginerà
αΙώνα χρόνον.. con astuti raggiri di sovvertire qualcuna delie legittime tradizioni della chiesa
Τούς οΰν τολμώντας έτέρως φρο- E os ergo qui audent aliter sapete universale; o chi userà per scopi profani i vasi sacri o i venerandi monasteri,
νεΐν ή διδάσκειν ή κατά τούς εναγείς au t docere, au t secundum scelestos noi decretiamo che, se vescovo o chierico, sia deposto, se monaco o laico
ίο αιρετικούς τάς έκκλησιαστικάς παρα haereticos ecclesiasticas traditiones venga escluso dalla comunione.
δόσεις άθετεΐν καΓ καινοτομίαν τινά spernere, e t novitatem quam libet
έπινοεΐν, ή άποβάλλεσθαί τ ι έκ τών excogitare, vel piroiicere aliquid ex A n a te m i riguardo alle sacre im m a g in i
άνατεθειμένων τη εκκλησία, εύαγ- his quae sunt ecclesiae deputata,
γέλιον ή τύπον του σταυρού ή είκονι- sive evangelium, sive figuram cru I
ΐ5. κήν άναζωγράφησιν ή άγιον λείψανον cis, sive imaginalem picturam, sive
μάρτυρος* ή έπινοεΐν σκολιώς καί sanctas reliquias martyris ; aut ‘ex Se qualcuno non ammette che Cristo, nostro Dio, è limitato secondo l'u
πανού'ργως προς τύ άνατρέψαι έν τι cogitare prave aut astute ad sub manità, sia anatema.
τών ένθέσμων ■παραδόσεων της κα vertendum quidquam ex legitimis
θολικής εκκλησίας* έτι μήν ώς κοινοΐς traditionibus ecclesiae catholicae ; Π
ao χρήσθαι 'τοις· ίεροις κειμηλίοις ή τοϊς vel etiam quasi 'communibus u ti
εύαγέσι μοναστή ρίοις- έπισκόπους μέν sacris vasìs, aut venerabilibus m o V Se qualcuno non ammette che i racconti evangelici siano tradotti in imma
όντας ή κληρικούς, καθαιρεΐσθαι nasteriis; si quidem episcopi 'aut gini, sia anatema.
προστάσσομεν, μονάζοντας δέ ή λαϊ clerici fuerint, deponi praecipimus,
κούς, της κοινωνίας άφορίζεσθαι. m onachos autem vel laicos a com Ili
25 m unione segregari.
. Se. qualcuno non onora queste immagini, [fatte] nel nome del Signore e dei
suoi santi, sia anatema.
1Αναθεματισμοί περί τών άγίων De sacris imaginibus amtbenmtimi
εικόνων
α' I
Β ϊ τις Χριστόν τύν θεόν ήμών περι- Si quis Christum D eum nostrum
γραπτύν ούχ ομολογεί κατά τύ άν- circum scriptum n o n confitetur se
30 θρώπινον, άνώθεμα έστω. cundum hum anitatem , a. s.
r II
Β ϊ τις τάς εύαγγελικάς εξηγήσεις τάς Si quis evangelicas historias ima
στηλογραφ ικώς γινομένας ού προσίε- ginibus expressas n o n adm ittit, a. s.
ται, άνάθεμα έστω.
ϊ\ III
Μ τις ούκ άσπάζεται ταύτας, εις Si quis eas n o n salutat, cum sint in
35 όνομα του κυρίου ου σας καί τών άγίων nom ine D om ini et sanctorum eius,
αύτοΰ, άνάθεμα έστω. a. s.
iV t 137
Comilim Nicaenum Ή 787 Anatema IV - Canone I
δ' IV IV ■'
Ε ϊ τις πάσαν παράδοσιν έκκλησιαστι- Si quis om nem ecclesiasticam tra-
κήν έγγραφον ή άγραφον άθετει, ditionem, sive scriptam, sive non Se qualcuno rigetta ogni tradizione ecclesiastica scritta o non scritta, sia
ανάθεμα έστω. scriptam reiicit, a. s. anatema.
CANONI
ΚΑΝΟΝΕΣ CANONES ; I . ·
' ‘ B isogna osservare in tu tto i sacri canoni 1
A I
'Ό τ ι δει τούς θείους κανόνας Quod oparht sacros canonesper emina "Per quelli che hanno ricevuto la dignità sacerdotale la regola è costituita
5 κατά πάντα φυλάττειν1 conservare1 dalle testimonianze e dalle indicazioni delle prescrizioni canoniche. Sono
queste che anche noi accettiamo con gioia; mentre cantiamo a Dio con il pro-
Τοΐς τήν ιερατικήν λαχοΰσιν άξίαν His qui sacram sortiti sunt dignita letasDavide, dicendo: N e l seguire i tuoi ordini è la m ia gioia 'più che in ogni
μαρτύριά τε καί κατορθώματα αί των tem , testim onia et directiones cano altro bene.2 E ancora: Con giustizia bai-ordinato, le-tue leggi e con fedeltà
κανονικών διατάξεών είσιν ύποτυπώ- nicarum praeceptionum form ae con grande; fa m m i comprendere e avrò la vita .3 Se la voce del profeta ci comanda
σεις* άς δεχόμενοι άσμένως, μετά του sistunt. Quas libenter suscipientes, di osservare, in eterno i com andam enti di D io, e dì vivere in essi,11è chiaro che
ίο θεοφάντορος Δαβίδ $δομεν πρός τόν cum deiloquo D avid canimus ad devono rimanere intatti e stabilì. Anche Mosè, colui che vide Dio, afferma:
N on v i aggiungerai nulla e nulla ne toglierai.5 E il divino apostolo [Pietro]
δεσπότην θεόν., λέγοντες* * ’Εν τή dom inum D eum dicentes: In via
gloriandosi in essi, proclama: Cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo
άδφ των μαρτυρίων σου ετέρφθην, ώς. testimoniorum tuorum ■delectatus sum, sguardo? e [Pàolo]: Se un angelo v i annunzia un vangelo diverso da quello
έπί παντί πλούτφ ’ 2· ,καί·. ‘ Έ νετεί- sicut in omnibus divitiis2. E t mandasti che avete ,; ricevuto , sia anatem a.7
λω δικαιοσύνην, τά μαρτύριά σου είς iustiiiam testimonia tua in aeternum. Di fronte a queste esortazioni che ci sono state rivolte, mentre ce ne ralle
is τόν αιώνα* συνέτισαν με καί ζήσον. Intellectum da inibì, et vivifica m e\ griamo come uno si rallegra di un abbondante bottino,8 gioiosamente acco
με. *3 Καί εΐ ‘ είς τόν αιώνα’ ή π ρ ο -. E t si in aeternum prophetica vox gliamo nel nostro cuore i divini canoni e conserviamo integre le loro disposi
φητική φωνή έντέλλεται ήμΐν *φυ- m andat nobis custodire testimonia Dei, zioni, sia quelle emanate dai gloriosissimi V
λάττειν τά μαρτύρια του θεού κοϊί .ζην et vivere in illis*, im m utilata profecto
έν αύτοϊς’4, δήλον άκράδαντα καί et im m ota perm anent. E t quia Dei
80 άσάλευτα διαμένουσιν, 6τι καί ό inspector Moyses ita dixit: In illis
θεόπτης Μωυσής οΰτω φησίν* ‘ ’Εν non est addendum, et ab eis non est
αύτοϊς ούκ εστι προσθεΐναι, καί άπ’ auferendum5. E t divinus apostolus in
αότών ούκ έστιν άφαιρεΐν. ’5 Καί eis gloriatus clamat: In quem desi
ό θειος άπόστολος έν αύτοϊς έγκαυ- derant angeli prospicere*. E t, Si angelus
as χώμενος βοώ" ‘ Εί ς όί έπιθυμουσιν evangeli^averit vobis praeter quod acce
άγγελοι παρακύψαι ’β* καί* * E l άγ pistis, anathema s i f .
γελος ευαγγελίζεται ύμϊν παρ’ δ πα-
ρελάβετε, άνάθεμα έστω*’7
Τούτων ούτως έχόντων καί διαμαρ- H is ita se habentibus et p ro te sta i
30 τυρομένων ήμΐν, άγαλλιώμενοι έπ’ tibus, exultantes in eis sicut qui in
αύτοϊς, ώς εϊ τις ευροι σκύλα πολλά8, v en it spolia m ulta8, divinos cano
άσπασίως τούς θείους κανόνας έν- nes am plectabiliter in pectore te-
στερνιζόμεθα καί ολόκληρον τήν αυ condìm us, et integram illorum prae
τών διαταγήν καί άσάλευτον κρα- ceptionem ac immobilem tenemus:
35 τύνομεν, των έκτεθέντων ύπύ των tam scilicet Illorum qui ab almis et
1 Cf. cone. Ghalc. c. 1 (v. supra p. 87) ; cone . Quinisext, (692), c. 2 (CCO 120-125).
a Rs 118,14. 3 Ps 118,138 et 144. * Ps 118, 88.
B D t 12, 32. 6 1 P t 1.12. 7 Gal 1. 9. « Cf. Ps 118.162.
138
Concilium Nicaenum I I — 787 Canone I I
σαλπίγγων του ' πνεύματος, των laudabilissimis apostolis sancti Spi- apostoli, trombe dello Spirito santo, che quelle promulgate dai sei concili
πανευφήμων άποστόλων, των τε ritus tubis editi sunt, quam eorum universali e dai concili locali; nonché quelle formulate dai nostri santi padri.
εξ αγίων οίκουμενικών συνόδων, qui a sex sanctis et universalibus Illuminati, infatti, da un solo e medesimo Spirito, stabilirono quanto era
καί των τοπικως συν'αθροισθεισων synodis, atque bis conciliis quae vantaggioso per noi. E tutti quelli che sono stati colpiti dall’anatema, anche
5 έπΐ έκδόσει τοιούτων διαταγμά localiter collecta sunt, in expositio noi li anatematizziamo; quelli deposti anche noi li deponiatrio; quelli giudi
των, καί των άγιων πατέρων ήμων* nem huiusm odi decretorum pro·* ? cati degni di scomunica, anche noi li scomunichiamo; quelli sottoposti a pe
έξ ένός γάρ άπαντες καί του αύ- m uigati su nt : nec n o n e t eòrum qui j ne canoniche, lo sono anche per noi allo stesso modo. La vostra condotta sia
senza avarizia; accontentatevi d i quello che avete:1 così esclama con chiara
τοΰ πνεύματος αύγασθέντες ώρι- a sanctis patribus nostris prolati i
voce il divino apostolo Paolo, colui che è salito al terzo cielo e ha ascoltato
σαν τά συμφέροντα. Καί οδς μέν fuisse probantur. A b urio enim j parole ineffabili.2
ίο τω άναθέματι παραπέμπουσι, καί eodemqup Spiritu illustrati defini- |
ήμεΐς άναθεματίζομεν* οδς Si τη eru n t quae expediunt. E t quidem j II
καθαιρέσει, καί ήμεΐς . καθαιροΰ- quos anathem ati transm ittunt, et nos j
C h i sta p e r essere consacrato vescovo p ro m e tta fe r m a m e n te
μ εν οδς Si ;τ φ άφορισμφ, καί ήμεΐς anathematizamus : quos vero depo d i osservare i sacri canoni, a ltrim e n ti n o n sìa consacrato
άφορίζομεν* οδς Si Ιπ ιτ ιμ ίφ π α ρ α - sitioni, et n o s’ deponimus : . quos
1 S διδόασι, καί ήμεΐς ώσαύτως ύπο.- autem segregationi,, et nos segre
βάλλομεν. * Άφιλάργυρος γάρ ό τρό gam us. P o rro quos epitimio (id est Poiché cantando i salmi promettiamo a Dio: M editerò i tu o i comanda-
πος, άρκούμενοι τοΐς παροΰσιν 51, ό poenae) tradunt, et nos quoque nienti; non dim enticherò le tue parole,3 è salutare che tutti i cristiani e in par
βεβήκώς είς τρίτον ουρανόν καί simili m odo submittitons.· Sinè ava ticolare coloro che hanno ricevuto la dignità sacerdotale osservino questa
άκούσας .άρρητα ρήματα Παύλος ό ritia namque sint mores, contenti prae- promessa. Stabiliamo, perciò, che tutti i candidati all’episcopato, debbano
20 θέΐος απόστολος διαρρήδην βοα2. ■sentibus*> Paulus aperte, clamat divi conoscere tutto il salterio, per poter così istruire e formare il loro clero. Il
nus. apostolus, qui in tertium caed metropolita indaghi diligentemente se il candidato è in grado di conoscere se
ium ascendit',· e t . audivit iriefeäbiHa riamente, e non solo per una lettura rapida e superficiale, i sacri canoni, il
verba2. santo Vangelo, V
Β .11
"Οτι δει τον χειροτονούμενον έπίσκο· Quod oporteat consecrandum episcopum caute
*8 ,πον άσφαλως συντάττεσθαι τούς κανό polliceri canones servare; sin.'autem, minime
νας φυλάττειν,.εί δέ μή γε μή χειρο· consecrari
τονεΐσθαι
Ε π ειδ ή ' περ ψάλλοντες συντασσό- . Q uoniam psallentes repromittimus
μέθα τω θεω' ‘ Έ ν τοΐς δικαιώμασί D eo : In ìustìficationibus tuis meditabor,
l'i t
so σου μελετήσω, ο.ύκ έπιλήσομαι των non obliviscar sermones tuos3 omnes
λόγων σου’8, πάντας μεν χριστιανούς qüidem cbristìanos hoc servate sa-
ταυτα φυλάττειν σωτήριον, κατ’ luberrim urii est; sed praecipue hos i
έξαίρετον δέ τούς την Ιερατικήν άμ- qui hierarchicam consecuti fuerint
πεχομένους άξίαν. *Όθεν όρίζομεν, dignitatem . U nde 'definimus, om-
30 πάντα τύν προάγεσθαι μέλλοντα είς nem qui ad episcopatus provehen-
τύν της επισκοπής βαθμόν πάντως dus est gradum , modis omnibus
τύν ψαλτήρα γινώσκειν, ΐνα ώς έκ psalterium nosse; u t ex hoc edam
τούτου καί πάντα τύν κατ’ αύτύν om nis clericus qui sub eo fuerit, ita
κλήρον οΰτω νουθετη μυεΐσθαι’ m oneatur et im buatur. Inquiratur
40 άνακρίνεσθαι δε άσφαλως ύπύ του autem diligenter a metropolita, si
μητροπολίτου, εί προθύμώς έχει άνα- in p ro m p tu habeat legere scruta-
γινώσκειν έρευνητικώς καί. ού πα- bilìter et n o n transitorie tain sacros
ροδευτικώς τούς τε Ιερούς κανό- canones et sanctum evangelium,
139
Condlium Nicaenum I I — 787 Canone I I I
νας, τό άγιον εύαγγέλιον, τήν τε quam divini Apostoli librum et om- fi libro delle epistole dei divino Apostolo, e tutta la sacra Scrittura; se si com
του Θείου άποστόλου βίβλον, καί πα- nem divinarti scripturam : atque se- porta secondo i divini precetti, e istruisce cosl.il suo popolo. “Le parole divi
σαν τήν θείαν γραφήν, καί κατά τά cunduin D ei m andata conversari et ne - ossìa la vera conoscenza delle sacre Scritture - sono la sostanza del no
θεία εντάλματα άναστρέφεσθαι καί docere 'populum sibi commissum. stro sommo sacerdozio”, come afferma il grande Dionigi.1 Chi esita e non
accetta con gioia di comportarsi e .insegnare così, non sia consacrato, perché
6 διδάσκειν τόν κατ’ αυτόν λαόν. ‘ Ού- „S ubstantia enim summi sacerdotii
Dio ha detto per mezzo del suo profeta: Poiché tu rifiuti la conoscenza, rifiu
σία γάρ της καθ’ ή μας. ιεραρχίας nostri su n t eloquia divinitus tra-
terò te come m io 'sacerdote.2
έστί τά θεοπαράδοτα λόγια’1, ήγουν d ita"1, id est vera scripturarum divi-
ή των θείων γραφών άληθινή έπι- narum disciplina, quem adm odum
Ili
στήμη, καθώς ό μέγας, άπεφήνατο m agnus perhibet Dionysius. Q uod
I signori secolari non devono eleggere il vescovo
ίο Διονύσιος. Ε ί δέ άμφισβητοίη καί si disceptaverit, nullatenus conse-
μή άσμενίζοι οΰτω ποιεΐν τε καί cretur. A it enim prophetice D eus: Ogni elezione di un vescovo, dì un presbitero, di un diacono, fatta dai si
διδάσκειν, μή χείροτονείσθω’ εφη Tu scientiam repulisti, et ego repellam gnori secolari è invalida, secondo il canone che dice: “Se un vescovo, forte
γάρ προφητικώς ό θεός· *Σ ύ έπί- te, ne sacerdotio fungaris mihP. dell’appoggio dell’autorità secolare, ottiene, grazie ad essa; un vescovado,
γνωσιν άπώσω, κάγώ άπώσομαί σε che egli sia deposto e siano scomunicati tutti coloro che sono in comunione
is του μή ϊερατεύειν μοι. ’2 con lui”.3Bisogna, infatti, che il futuro candidato all’episcopato sia eletto da
coloro che sono vescovi, com’è stato stabilito dai santi padri di Nicea: “Si
Γ III abbia la massima cura che il vescovo sia consacrato da tutti i vescovi della
'Ό τ ι ού δει άρχοντας ψηφίζεσθαι ■1Quod non oporieat principes eligere episcopum- provincia. Ma se ciò fosse difficile o per motivi d’urgenza o per la distanza,
έπίσκοπον almeno tre, radunandosi nello stésso luogo, e con il consenso scritto degli as
Πάσαν ψήφον γινομένην παρά άρ- Om nis electio a principibus facta senti, celebrino la consacrazione. La conferma di quanto è stato compiuto
χόντων, επισκόπου ή πρεσβυτέρου episcopi a u t‘presbyteri aut diaconi, spetta in ciascuna provincia al vescovo metropolita”,4 V
20 ή διακόνου, ακυρον μένειν κατά τον irrita m aneat secundum regulam
κανόνα τον λέγοντα· * Ε ί τις επί- quae dicit: „Si quis episcopus sae-
σκαπος κοσμικοΐς άρχουσι χρησά- cularibus potestatibus usus, eccle-
μενος, δι’ αύτών εγκρατής έκκλησίας siam p er ipsos obtineat, deponatur:
γένηται, καθαιρείσθω καί άφοριζέ- et segregentur om nes qui illi com-
25 σθωσαν οί κοινωνοΰντες αύτω πάν- m unicant . " *8 O p ortet enim u t qui
τες . ’3 Δ ει γάρ τόν μέλλοντα προβι- provehendus est in episcopum, ab
βάζεσθαι εις έπισκοπήν υπό επισκό- episcopis eligatur; quemadmodum
πών ψηφίζεσθαι, καθώς παρά των a sanctis patribus qui apud Nicaeam
άγίων πατέρων των έν Νικαία ώρι- convenerunt, in regula definitum
so σται έν τω κανόνι τω λέγοντι* ‘ Έ π ί- est,, quae dicit: „E piscopum con-
σκοπον προσήκει, μάλιστα μέν υπό venit maxime quidem ab omnibus,
πάντων των έν τή έπαρχίφ καθίστα- qui su n t in provincia, episcopis or-
σθαι- εί δέ δυσχερές εϊη τό τοιου- dinari. Si autem h oc difficile fuerit
το, ή διά κατεπείγουσαν άνάγκην, ή au t p ro p ter instantem necessitatem,
35 διά μήκος όδοϋ, εξάπαντος τρεις aut p ro p ter itineris longitudinem,
επί τό αύτό συναγομένους, συμψή- tribus tam en om nim odis in idipsum
φων γινομένων καί των άπόντων convenientibus, et aliis per literas
καί ‘συντιθέμενων διά γραμμάτων, consentientibus, - tunc consecratio
-καί τότε τήν χειροτονίαν ποιεΐσθαι- fiat. Firm itas autem eorum quae
4o τό δέ κύρος των γινομένων δίδοσθαι geru n tu r, per- unam quam que pro-
καθ’ έκάστην επαρχίαν τ φ μητρο- vinciam m etropolitano tribuatur an-
πολίτη .’ 4 tistitl . " 4
140
Comilim Nicaenum. I I — 787 Canone IV
A' IV
Περί, τού άπέχδσθαι τούς επισκόπους Quod abstinendum sit episcopis ab osmi dati IV
πάσης δοσοληψίας acceptione I. vescovi sì devono astenere da ogni baratto
Ό κήρυξ της άληθείας Παύλος ό Praedicator ecclesiae Paulus divi- L’araldo della verità, il divino apostolo Paolo, come se stabilisse una n or
θείος άπόστολος, oiovet κανόνα τι- nus apostolus ac si canonem ponens ma per i sacerdoti di Efeso, o meglio, per tutto il clero, dice con estrema
5 θείς τοΐς Έφεσίων πρεσβυτέροις, E p h esio ru m presbyteris, im o vero franchezza: N o n ho desiderato né Vargento , né Poro, n é la veste d i nessuno.
μάλλον δέ καί παντί ίερατικφ πλη- e t om tù sacratae m ultitudini, ita In tutte le maniere v i ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i
ρώματι, ούτως επαρρησιάσθη el- fiducialiter perhibuit dicens : Argen- deboli,1 stimando che vi sia più gioia nel dare .2
πών* ‘ ‘Αργυρίου ή χρυσίου ή ίμα- tum, aut aurum, aut vestem nullius con- ■Perciò anche noi, da lui istruiti, stabiliamo che mai un vescovo possa pen
τισμού ούδενός έπεθύμησα* πάντα cupivi; omnia ostendi vobis, quoniam sic sare a causa di un guadagno disonesto dì addurre scuse ai peccatifi né possa
10 υπέδειξα ύμιν, βτι ούτω κοπιωντάς laborantes oportet suscipere infirmosx, chiedere oro, argento o altri beni, ai vescovi, ai chierici, o ai monaci a lui sot
δει άντιλαμβάνεσθαι των άσθενούν- beatius existimans dare®. toposti. Ci avverte, infatti, l’Apostolo: G li ingiusti non erediteranno il regno
τω ν ’ 1 μακάριον ήγούμενοςτύ διδόναι2. di Dio 4e: In fa tti non spetta a i fig li m ettere da parte p er i genitori , m a ai geni-
tori per i fig li.5
Διό καί ήμεις μαθητευθέντές παρ’ P ro p te r quod e t nos edocti ab eo
■Se un vescovo avido di estorcere denaro o qualche cosa di simile, o spinto
αύτού, όρίζομεν, μηδόλως αίσχρο- definim us, nullatenus episcopum
da qualche altra passione personale arrivasse a sospendere uno dei suoi chie
is κερδώς επινοείσθαι επίσκοπον, * προ- turpis lucri gratia excogitare ad ex- rici dal ministero, o a scomunicarli o a chiudere una chiesa veneranda, così
φασιζόμενον προφάσεις έν άμαρ- cusandas excusationes in peccatis*, et die non si potesse più celebrarvi il divino servizio, spingendo la sua pazzia a
τίαις ’3, άπαιτεΐν χρυσίον ή άργύριον expetere aurum vel argentum aut cose insensate, si mostra davvero privo di ragione; e per questo subirà analo
ή έτερον είδος τούς ύπ 1 αύτύν τε- aliam speciem ab episcopis, vel cle- ga pena e la sua pena ricadrà sul suo stesso capo6 come trasgressore di un pre
λοΰντας επισκόπους, ή κληρικούς ή ricis, au t monachis , qui sub ipso cetto di Dio e delle prescrizioni apostoliche. Infatti, anche Pietro, il principe
20 μοναχούς’ φησί γάρ. δ άπόστολος* sunt. A it enim A postolus: Iniqui degli apostoli, comanda: Pascete il gregge d i D io che v i è affidato , sorveglian
* Ά δ ικ ο ι βασιλείαν θεού οό κλήρο- regnum Dei non possidebunt4: E t, non dolo, non p er fo rza , m a volentieri secondo D io ; non p er vile interesse, m a V
νομήσουσιH: καί’ ‘ Ούκ οφείλει τά debent filii parentibus thesaurizare, sed
τέκνα τοΐς γονεΰσι θησαυρίζειν, άλλ* parentes filiis*.
οί γονείς τοΐς τέκνοις .’5
25 Ε ΐ τις ούν δι’ άπαίτησιν χρυσίου ή Q uisquis ergo propter exactionem
ετέρου τινός είδους, εΐτε διά τινα auri vel alterius cuiuslibet speciei
Ιδίαν εμπάθειαν εύρεθείη άπείργων aut pro p ter proprium vitium inven-
της λειτουργίας καί άφορίζων τινά tus fu erit coercens a ministerio, vel
των ύπ’ αότύν κληρικών, ή σε- sequestrans aliquem clericorum qui
30 πτόν ναόν κλείων, μή γίνεσθαι έν sub se degunt, aut venerabile tem-
αύτφ τάς του θεού λειτουργίας, plum claudens, ne in eo D ei ministe-
είς άναίσθητα την έαυτοΰ μανίαν ria celebrentur, ad insensata suam
έπιπέμπων, άναίσθητος όντως έστί, transm ittens insaniam, insensatus
καί τη ταύτοπαθεί^ όποκείσεται, veraciter est; ac per hoc, simili
35 καί * έπιστρέψει ό πόνος αύτοΰ είς poenae eo sublecto, convertatur do-
τήν κεφαλήν αύτοΰ’®, ώς παραβά- lor eius in caput.eius*, u t in transgres-
της έντολής θεού καί των άπο- sorem m andati D ei et mandatorum
στολικών διατάξεων παραγγέλλει apostolicorum . Praecipit enim et
γάρ καί ΙΙέτρος, ή κορυφαία των P etrus principalis apostolorum sum-
40 άπο στόλων άκρατης* *ΙΙοιμαίνετε τύ m itas: Pascite qui in vobis est gregem
έν ύμΐν ποίμνιον τού θεού μή άναγ- D ei non coacte, sed spontanee, seem-
καστως, άλλ1 εκουσίως κατά θεόν, dum Deum, non turpis lucri gratia, sed
1 1 P t 5,2-4. * Cf 1 Io 5,16-17.
8 Cf. Nm 16,3. * Ps 33,19.
142
Concilium Nicaenum I I — 787 ■Canone V I
S VI
Π ερί τοΰ γίνεσθαι τοπικήν σύνοδον Ut efficiatur localis synodusper annum
40 κατά χρόνον
Ε π ειδ ή περ κανών εστιν, ό λέγων* Q uoniam , quidem regula est, quae .<
‘ Δίς τοΰ έτους καθ’ έκάστην επαρ- dicit: „Bis in anno per singulas f
1 Can. ap. 29 (CSP 21). a Conc. Chalc. c. 2 (v. supta pp. 87-88).
Concilium N im m » Π — 787 Canone V II
χίαν χρή γίνεσθαι διά συναθροίσεως provincias oportet fieri per conven- provìncia si celebri un sinodo di modo che le questioni siano discusse da tutti
έπισκόπων τάς κανονικάς ζητήσεις ,:L, tu m episcoporum regulares inqui- i vescovi“ . 1 1 santi padri del sesto concilio hanno stabilito, per evitare troppo
διά οδν τήν συντριβήν καί τό ένδεως siti ones “ 1 : propter fatigationem et disagio e perché .coloro che si devono riunire abbiano ogni opportunità per il
έχειν πρός Οδοιπορίαν τούς συνα- u t opportune habeantur ad iter viaggio, che, eliminata ogni scusa, queste assemblee "abbiano luogo assoluta-
B θροιζομένους, ώρισαν οί της έκτης agendum hi qui congregandi sunt* mente una volta all’anno, per la correzione degli abusi“ .2 Questo canone lo
riconfermiamo anche noi; se qualche signore secolare impedirà la sua esecu
συνόδου« οσιοι πατέρες, * εξ άπαντος definierunt sextae synodi sancti
zione sia scomunicato. Se un metropolita, senza necessità, né impedimenti,
τρόπου καί προφάσεως άπαξ του patres, om ni excusatione rem ota, né plausibili motivi, trascurerà dì osservare questa prescrizione, sia colpito
ενιαυτού γίνεσθαι καί τά έσφαλμέ- : „m ódis om nibus semel in anno dalle pene canoniche.
να διορΟοΰσθαι.’3 Τούτον οδν τον κα,- fieri, et depravata corrigi“2. H unc Dal momento che il sinodo tratta le questioni riguardanti i sacri canoni e
ίο νόνά καί ήμεΐς άνανεοΰμεν- καί ε ϊ ergo canonem et nos renovam us: gli evangeli, i vescovi ivi riuniti devono avere la massima cura di osservare i
τις εύρεθή όίρχων τούτο κωλύων, et si quisquam princeps inventus divini comandamenti del Signore che portano la vita: Per chi li osserva è
άφοριζέσθω* εί δέ τις εκ των μη- fu erit hoc prohibere, com m unione grande il profitto? poiché il comando è una lampada e Pinsegnamento una lu
τροπολιτών άμελήσοι τούτο γίνεσθαι, privetur. Si quìs vero m etropolita- ce e un sentiero di vita la correzione della disciplina? i comandi del Signore
εκτός άνάγκης καί βίας καί τίνος n o ru m hoc neglexerit agere, absque sono limpidi, danno luce agli occhi.5 Il metropolita non ha il diritto di esigere
is εύλογου προφάσεως, τοις κανονικοΐς necessitate vel vi seu aliqua ratiofia- alcunché di quanto un vescovo ha portato con sé, né il giumento, né altro. Se
έπίτιμίοις ύποκείσθω. bili occasione, canonicis poenis sarà provato che l’ha fatto, restituirà quattro volte tanto.
subiaceat.
Τής δέ συνόδου γινομένης περί κα- D um autem synodus agitur super Y . V II ...
νονικών καί εύαγγελικων πραγμά- canonicis .et evangeücis negotiis, Bisogna completare la consacrazione delle nuove chiese
so των, δει τοΐς συναθροισθεΐσιν επι- o p o rtet congregatos episcopos in dove non erano state deposte le reliquie dei santi6
σκόποις έν μελέτη καί φροντίδι m editatione et solìcitudine fieri, cu-
γίνεσθαι τάς θείας καί ζωοποιούς stodiendorum divinorum et vivili*-, Dice il divino apostolo Paolo: Ipeccati di alcuni uomini si manifestano pri
έντολάς του θεοϋ. *Έ ν γάρ τω φϋ- corum D om ini m andatorum : in cu- ma, quelli di altri dopo.7 V
λάττεσθαι αύτάς άνταπόδοσις πολλή’3, stodimdis enim illis retributio multa*;
25 ‘ότι καί λύχνος εντολή, νόμος δε φως, quia et lucerna mandatum; lex autem
καί οδός ζωής έλεγχος καί παιδεία’4* lux, et via vitae aratio et disciplina
καί ‘ ή εντολή κυρίου τηλαυγής φω- est4; et mandatum Domini lucidum
τίζουσα όφθαλμούς.’ 5 Μή έχειν δέ illuminans oculos5. Porro n o n habeat
άδειαν τόν μητροπολίτην, έξ ών m e tro p o lita n s licentiam ex his quae
30 επιφέρεται ό επίσκοπος μετ’ αύτοϋ, defert episcopus secum, sìve iumén-
ή κτήνος ή έτερον είδος άπαιτείν* tum , sive aliam speciem expetendi,
εί δέ τούτο έλεγχθή, άποτίσει τε- Q u o d sì hoc egisse convictus fuerit,
τραπλάσιον. solvat quadruplum .
2 V II
'Ό τ ι τούς εγκαινισθέντας ναούς εκτός Qtmd templa msiter sine reconditis sanctorum
as καταθέσεως άγίων λειψάνων δέον reliquiis dedicata oporteat suppleri8
άναπληρωθήναι8
Έ φ η Παύλος ό θειος άπόστολος* A it Paulus divinus apostolus : Quo-
‘ Τινών άνθρώπων al άμαρτίαι πρό- rumàam peccata manifesta sunt; quo-
δηλοί είσι, τισί δέ καί επακολου- rtmdam autem et subsequuntur7. Pec-
1 Cf. cone. Nie. I c. 5; cone. Chalc. c. 19 (v, supra pp. '8,9®); Can, ap, 37 (CSP 26).
8 Cone. Quinisext. (692), c. 8 (CCO 135-136) 3 Ps 18,12. 4 Pro 6,23 (Septuaginta).
6 Ps 18,9. 8 Cf. cone. Carth, (419), c. 83 (CSP 323). 7 1 Tm 5,24.
144
Concili]!?» Nicaeam I I — 787 Canone V III
1 1 Tm 5,24.
145
Concilium Nicaenum Π — 787 Canoni I X - X
καί άσφαλίζεσθαι άποστηναι των bus, definimus: alias autetti nullate- altrimenti non siano ammessi.
έβρα'ίκών επιτηδευμάτων· εί δε μή nus adm ittendos,
οΰτως £χοιεν, μηδαμώς αύτούς προσ- IX
δέχεσθαι. N o n si nasconda nessun libro
d i coloro che accusano i cristiani dì eresìa
© IX
5 Περί του μή κρύπτειν τινά της De non abscondendo libro q u o lib et baereseos
Tutti quei giuochi puerili o folli sproloqui die sono gli pseudotrattati con-
χρισηανοκατηγορικής αίρέσεως C hristianas accusantium tro le sacre immagini devono essere consegnati all’episcopio di Costantino
βιβλίον poli, perché siano sequestrati con gli altri libri eretici. Se si scoprirà qualcuno
che li conserva idi nascosto, se véscovo, presbitero o diacono, sia deposto; se
Πάντα τά μειρακιώδη αθύρματα καί. O m nia puerilitia ludibria, insanas- laico o monaco, sia scomunicato.
μανιώδη βακχεύματα, τά ψευδοσυγ- que debacchationes atque conscrip-
i» γράμματα τά κατά των σεπτών εί~ ta, quae falso contea venerabiles X
κόνων γενόμενα, δέον δοθήναι έν imagines facta sunt, dari oportet Un chierico non deve lasciare la propria diocesi per u n ’altra,
τώ έπισκοπείω Κωνσταντινουπόλε- in episcopio Gonstantinopoleos, u t <all’insaputa del vescovo1
ως, ϊνα άποτεθώσι μετά των λοιπών recondantur cum ceterorum haere-
αίρετικών βιβλίων. E t δέ τις εύρε- ticorum libris. Si vero quis inventus Poiché alcuni chierici, eludendo le disposizioni canoniche, lasciano la loro
μ θείη ταυτα κρύπτων, εΕ μέν έπίσκο- fuerit haec occultare, siquidem epi- diocesi per passare ad altre, e soprattutto ìn questa imperiale città cara a Dio,
πος ή πρεσβύτερος ή διάκονος εϊη, scopus au t presbyter, vel diaconus e si alloggiano presso i grandi personaggi per celebrare la messa nelle loro
καθαιρείσθω, ei δέ' λαϊκός ή μον- fuerit, deponatur: si vero monachus cappelle, per l’avvenire senza il permesso del loro vescovo e di quello di C o
αχός, άφοριζέσθω. aut laicus, anathematizetur. stantinopoli, non dovranno essere accolti in nessuna casa o chiesa. Se qualcu
no persistesse in questo comportamento, sia depostó.
11 Tutti quelli che col consenso dei suddetti vescovi accettano V
I X
'Ό τ ι ού δει κληρικόν άπολιπεΐν τήν Quod non oporteat eierìmn relinquere parochiam
ao έαυτοΰ παροικίαν καί èv έτέρι? άφι- suam ei aliam transire absque notitia epìscopi1
κέσθαι χωρίς είδήσεως του έπισκό-
που 1
Ε π ειδ ή τινες των κληρικών, παρα- Q uoniam quidam clericorum parvì-
λογιζόμενοι τήν κανονικήν διάταξιν, pendentes canonicam constitutio
ns άπολιπόντες τήν έαυτών παροικίαν nem , relinquunt parochiam, p to -
είς έτέρας παροικίας έκτρέχουσι, κα- priam , et ad alias parochias convo-
τά πλεΐστον δέ έν ταύτη τη θεοφυ- lant, et maxime in hac D eo servanda
λάκτηι και βασιλίδι πόλει, καί είς regia urbe sese apud principes lo-
άρχοντας προσεδρεύουσιν, εν τοΐς cant, ìn eorum oratoriis missas fa-
3 o αότών εύκτηρίοις τάς λειτουργίας cientes : hos absque proprio episco-
ποιοΐίντες, τούτους οδν χωρίς του ρο e t C onstantinopolitano antìstite
ίδιου επισκόπου καί του Κωνσταν- n o n licet suscipere in qualibet domo
τινουπόλεως ούκ εξεστι δεχθήναι έν vel ecclesia: quod si hoc fecerit, et
οίφδήποτε οϊκω ή έκκλησή ’ εί δέ ita perseveraverit, deponatur.
35 τούτο ποιήσει, έπιμένων καθαι-
ρείσθω.
’Ό σοι δε μετ’ είδήσεως των προ- Q u o tq u o t autem cum conscientia
λεχθέντων ιερέων τούτο ποιουσιν, praedictorum hoc fecerint sacerdo-
1 Cf, conc, Nie. I, ce. 15-16 (τ, supta ρ. 13); cone.Chalc., cc,5,10,23 (v.supra pp. 90,9#,#7);
cone. Quinisext. (692), cc. 17-18 (CCO 148-150); Can. ap.6,15,81, 83 (CSP 11,15,49-50);
cone. Antioch. (341), c. 3 (CSP106-107); cone. Sard. (342/343), cc. 15,16,17 (CSP182484).
146
Concilium Nicaenum I I — 787 Cationi X I - X I I
ούκ έξεστιν αύτοΐς κοσμικάς καί tum , n o n licet eis mundanas et sae- un tale ufficio non possono però occuparsi di affari mondani o secolari, poi
βιωηκάς φροντίδας άναλαμβάνεσθαι, culares curas suscipere, praesertim ché lo proibiscono i sacri canoni. E se qualcuno avesse accettato le funzioni
ώς κεκωλύσθαι τοΰτο ποιεΐν παρά cum hoc agéré prohibeantur a di.maggiordomo egli dovrà dimettersi o sarà deposto. Molto meglio sarebbe
che costui istruisse i fanciulli e i.domestici, leggendo loro le sacre scritture:
των θείων κανόνων' εί δέ τις φω- sacris canonibus. Quisquis autem
per questo, infatti, ha ricevuto il sacerdozio,
ö ραθείη των λεγομένων μειζοτέρων apparuit eorum , qui dicuntur ma-
τήν φροντίδα έπέχων, ή παυσάσθω iores, curam tenere, aut desinat, aut
ή καθαιρείσθω. Μάλλον μέν οδν, εί deponatur: potius autem maneat ad . . ^ . XI
N e g li episcòpi e n e i m o n a steri deb b o n o esservi d eg li am m inistratori i1
πρός διδασκαλίαν των τε πάίδων m agisterium tam puerorum quam
καί των οίκετων, έπαναγινώσκων fam ulorum , relegens eis divinas
Obbligati ad osservare tutti i sacri canoni, dobbiamo conservare immutato
ίο αύτοΐς τάς θείας γραφάς’ είς τοΰτο scripturas : ad hoc enim edam sacer- anche quello per cui vi deve essere in ogni chiesa un amministratore. Se il
γάρ καί τήν ϊερωσύνην έκληρώσατο. dotium consecutus est. metropolita costituisce un economo nella sua chiesa, bene, altrimenti il ve
scovo di Costantinopoli ha il potere di imporre d’autorità a tale chiesa l’eco
IA XI nomo. Lo stesso possono fare i metropoliti nei riguardi dei vescovi loro suf
'Ό τ ι δεΐ οικονόμους είναι έν τοΐς Quad oporteat omnomos esse in episcopiis fragane! che non avessero provveduto a ciò. La stessa norma deve essere os
έπισκοπείοις καί τοΐς μοναστηρίοις1 ac monasteriis1 servata anche nei monasteri.
Υπόχρεοι οντες πάντας τούς θείους Cum simus debitores omnes sanctas X II
15 κανόνας φυλάττειν, καί τόν λέγοντα, litteras.custodire, et eam quae dicit, I l vescovo o V abate n o n d evo n o alienare i fo n d i della chiesa!
οίκονόμ,ους είναι έν έκάστη έκκλη- in unaquaque, ecclesia oeconomos
σίφ, παντί τρόπω άπαράτρωτον δια- esse, m odis om nibus inviolabilem Se un vescovo o un abate dà una parte dei-beni del vescovado o del mona
τηρεΐν όφείλομεν. Καί εί . μέν &ta- conservare debemus. E t si quidem stero alle autorità V
στος μητροπολίτης έν τη έκκλησίφ unusquisque m etropolitanus in sua
20 αότοΰ καθιστά οίκονόμον, καλώς άν ecclesia constituerit oeconom um ,
έχοι* εί δέ μή γε, έξ αύθεντίας bene u tiq u e: sin autem, ex aucto-
ίδίας τω Κωνσταντινουπόλεως έπι- ritate propria Constantìnopoleos
σκόπω άδειά έστι προχειρίζεσθαι οι- episcopo licentia est praeponendi
κονόμον έν νή αύτοΰ έκκλη σίφ' ώσ- .oeconom um in eius ecclesia: sìmi-
25 αύτως καί τοΐς μητροπολίταις, εί liter e t m etropolitanis, si episcopi
oE ΰπ’ αύτούς επίσκοποι ού προαι- qui su b ipsis sunt, n o n sategerint
ροΰνται οίκονόμους έγκαταστησαι έν oeconom os statuere in suis ecclesiis,
ταΐς εαυτών έκκλησίαις. Τύ αύτό Idipsum autem servandum est etiam
δέ φυλάττεσθαι καί επί τών μο- in monasteriis.
3» ναστηρίων.
.IB X II
■Ότι ού δεΐ έκποΐεΐσθαι έπίσκοπον ή Quod non oporteat episcopum n i abbatem alienare
ήγούμενον έκ τών προαστείων της ffldd deproastns ecclesiae* ■
εκκλησίας2
ΕΪ τις επίσκοπος εόρεθείη ή ήγού- Q uisquis episcopus inventus fuerit
35 μένος, έκ των αότουργιών του έπι- vel abbas de salariis episcopii sive
σκοπείου ή του μοναστηριού έκποι- m onasterii transferre quidquam in
1 Cf, conc. d ia le ., c. 26 (v. supta p . 99); Can. ap. 38 (CSP 26-27); cótic. Ancyr. (314),
c. 15 (CSP 66); conc. Gange, (ca 340)·, p. 7 (CSP 92); cone. Antioch. (341), cc. 24, 25
(CSP 123-126); .conc. Caith, (419), cc. 26,33 (CSP 242, 248); Theophilus A l., c. 10 (CPG
270); Cyrillus A l., c. 2 (CPG 279 sq.),
8 Vide adnotatìoncm ad can. praec.
147
Concilium Nicaenum I I — 787 Canone X I I I
ούμενος είς Αρχοντικήν χεΐρα, ή principum m anus, vel etiam alii civili o a qualche altra persona, la donazione è nulla, secondo il canone dei
έτέρφ προσώπω έκδιδούς, άκυρον personae conferre, irritum sit quod santi apostoli, che dice: “Il vescovo abbia cura di tutti i beni ecclesiastici, e li
amministri come se Dio lo vedesse. N on gli è permesso sottrarne o donare ai
είναι τήν έκδοσιν, κατά τόν κανόνα datum esse constiterit, secundum
propri parenti le cose di Dio. Se essi sono poveri, provveda àd essi come po
των άγιων άπο στόλων, τόν λέγον- canònem sanctorum apostolorum
veri; ma non avvenga che a causa loro siano defraudati ì beni della chiesa”. Se
5 τα* ‘ Πάντων των εκκλησιαστικών qui dicit: „O m nium ecclesiastica-^ per vendere adducesse la scusa che la proprietà non dà alcun frutto,- neppure
πραγμάτων ό επίσκοπος έχέτω τήν ru m rerum episcopus solicitudinem in questo caso può darla ai signori temporali, ma solo a dei chierici o à dei
φροντίδα, καί διοικήτω αύτά ώς habeat, et dispenset eas tamquam contadini. Se poi venisse usata delPastuzia, e il signore comprasse la proprietà
Οεοΰ'έφαρώντος* μή έξεϊναι δέ αύτφ D eo contem plante ; non Jiceat atitem dal contadino o dal chierico, la vendita sarà nulla e il prezzo dovrà essere re
σφετερίζεσθαί τι έξ αύτών,· ή συγ- ei fraudare quidquam ex illis, vel co stituito-ai vescovado o al monastero. Il vescovo ο Γabate che hanno operato
ιο γενέσιν ίδίοις τά του θεοΰ χαρίζε- gnatis propriis donare quae D ei in questo modo siano cacciati come quelli che hanno dissipato quanto non
σθαι* el δε πένητες εΐεν, έπιχορη- sunt. Q u o d si pauperes fuerint, u t avevano raccolto.
γείτω ώς πένησιν, άλλά μή προφά- pauperibus largiatur: sed n o n sub
σει τούτων τά της έκκλησίας άπεμ- eorum occasione quae suht eccle xrn
πολείτω .’ 1 E i δέ προφασίζοιτο ζη- siae defraudentur . “ 1 Q uod et excu L a grande condanna che m erita n o
15 μίαν έμποιειν καί μηδέν πρός ονησίν sationem si praetenderint, damnum q u elli che riducono i m o n a steri a a b ita zio n i p ro fa n e 2
τυγχάνειν τόν άγρόν, μη 8 ’ ούτως facere, e t nihil ad profectum agrum
τοίς κατά τόπον άρχουσιν Ικδιδόναι exsistere; nec sic principibus qui Durante la calamità che ha colpito le nostre chiese a causa dei nostri pecca
τον τόπον, άλλά κληρικοϊς, ή γεωρ- per loca illa sunt, tribuatur ager ti, alcuni episcòpi e monasteri sono stati ridotti a comuni abitazioni di pro
γοϊς. Ε ί δέ πανουργία πονηρή χρή- vel locus, sed clericis vel agricul prietà privata, Se i possessori credono di restituirle, perché siano riportate al
20 σοιντο καί έκ του γεωργού ή του toribus. Q uod si calliditate usus la loro destinazione originaria, questa sarà un'ottim a soluzione; in caso V
κληρικού ώνήσηται άρχων τόν fuerit, et a colono vel clerico emerit
άγρόν, καί ούτως άκυρον είναι τήν princeps agrum ; etiam sic irrita sit
ΐΐράσιν, καί άποκαθίστασθαι έν τφ venditio, et restituatur episcopio
επισκοπείφ ή έν τφ μοναστηρίΐρ, καί vel m onasterio: et episcopus vel
25 έιιίσκοπος ή ήγούμενος τούτο ποιων, abbas h oc faciens abjiciatur, episco
έκδιωχθήτω, ό μέν επίσκοπος του pus quidem ab episcopio, abbas au
έπισκοπείου, ό δέ ήγούμενος του tem a m onasterio, tam quam qui dis
μοναστηρίου, ώς διασκορπίζοντες pergit male quae n o n collegit.
κακώς ά ού συνήγαγον.
ΧΓ Χ ΙΠ i
3β [Ό τ ι μεγάλης κατακρίσεως άξιοί Qiwd in magna damnatione sint hi, qui motta- j?
είσιν οί τά μοναστήρια κοινοΰντες8 storia communia faciunt habitacula2 ή
Ε π ειδ ή διά τήν γενομενην κατά τάς Q uoniam p ro p ter calamitatem, quae .|
άμαρτίας ημών συμφοράν εν ταΐς έκ- pro peccatis nostris in ecclesiis facta f<:
κλησ,ίαις καθηρπάγησάν τινες εύαγεΐς est, subreptae sunt a quibusdam ^
35 οίκοι όπό τινων άνδρών, έπισκοπεΐα viris quaedam venerabiles domus,
τε καί μοναστήρια, καί έγένοντο κοι tam videlicet episcopia, quam mo
νά καταγώγια* εί μέν οί διακρατουν- nasteria, et facta sunt communia
τες ταυτα προαιρούνται άποδιδόναι, diversoria: si quidem voluerint ii
ίνα κατά τό άρχαίον άποκαταστα- qui 'haec retinent, reddere ea, ut
40 θώσιν, εδ καί καλώς έχει* εί δέ μή secundum antiquitatem instauren- ώ
γε, sì μέν του καταλόγου του ίερα- tur,, bene et optim e: alioquin, sì de k
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Concilium Nicaenum I l — 787 Canone X IV
τικοΰ είσ ι, τούτους καθαιρεΐσθαι sactato catalogo fuerint, iios deponi contrario, se essi appartengono al clero, siano deposti; se sono monaci o lai
ci, siano scomunicati: già condannati dal Padre, dal Piglio e dallo Spirito san
προστάσσομεν, εϊ 3è μοναχοί ή praecipimus : sì vero monachi vel to siano destinati là dove il verm e non muore, e il fuoco non si estingue ,1per
λαϊκοί, άφορίζεσθαι, ώς όντας κατα- laici, excommunicari : quos nimirum ché si oppongono alla voce del Signore che dice: N o n fa te della casa del Pa
κρίτους άπό του πατρός καί του constat condemnatos esse a Patte dre mio uri luogo di mercato.2
5 υίου καί του άγίου πνεύματος, καί et Filip et Spiritu sancto: et depu-
τετάχθωσαν *ί>που 6 σκώληξ οό τε- tentar, ubi vermis non moritur, et ignis XIV
λευτφ καί τό πυρ οό σβέννυται’1, οτι non exstinguitur1: quìa voci Domini S e n z a a v e r ric e v u to l’im p o sizio n e d elle m a n i.
τη του κυρίου φωνή έναντιουνται, τη adversantur, quae dicit ‘. Non faciatis i n o n si p u ò leg g ere d a ll’a m b o n e d u ra n te le litu rg ie
λεγούση· *Μή ποιείτε τόν οίκον του domum Patris mei domum negotiatio-
lo πατρός μου οίκον έμπορίου.*2 ms2. È chiaro a tutti che l’ordine deve regnare nelle cose sacre ed è gradito a
Dio che si osservino con diligenza i vari gradi del sacerdozio. Dato che alcu
ΙΔ XIV ni, avendo ricevuto fin da bambini la tonsura clericale, senza altra ordinazio
ne da parte del vescovo, leggono dall’ambone durante la liturgia eucaristica,
'Ό τι οό χρή εκτός χειροθεσίας άνα- Quod mit oporteat sim manus impositione iegere contrariamente alle disposizioni dei sacri canoni, ordiniamo che da questo
γινώσκειν έν τη συνάξει έπΐ άμβωνος3 ** celkcta saper ambomi/P momento ciò non sia più consentito. La stessa disposizione sìa osservata an
"Οτι τάξις έμπολιτεύεται έν ίερω- Quia ordo debet in sacratione custo che presso i monaci. .
. Tuttavia ciascun abate potrà conferire ai suoi monaci l’ordinazione al let
σύνη, πάσιν άρίδηλον, καί άκρι- diri, omnibus liquet: et cum diligen
torato, ma soltanto nell’ambito del proprio monastero e se egli stesso ha riper
15 βεία διατηρεΐν τάς της ίερωσύνης tia conservare sacerdotii promotio tutò l’imposizione delle inani dal vescovo ed è sicuramente prete. Ugual
εγχειρίσεις θεφ εδάρεστον. ' Καί nes, Deo est prorsus acceptum. E t mente1bisogna che i corepiscopi, secondo l’antica consuetudine, conferisca
επειδή όρώμεν εκτός χειροθεσίας νη quoniam videmus sine manus im no il lettorato solo con l’autorizzazione del vescovo.
πιόθεν τήν κουράν του κλήρου λαμ- positione a parvula aetate tonsu
βάνοντάς τινας, μήπω δέ παρ’ έπι- ram clerici quosdam accipientes,
ao οκόπου χειροθεσίαν λαβόντας, καί nondum ab episcopo manus impo
άναγινώσκοντας έν τή συνάξει έπ’ sitione percepta super ambonem
έίμβωνος, άκανονίστώς τούτο ποιοϋν- irregulariter in collecta legentes,
τας, έπιτρέπομεν άπό του παρόντος praecipimus, amodo id minime
τούτο μή γίνεσθαι* τό αότό Sè φυ- fieri: idipsum quoque conservan
25 λάττεσθαι καί έπί μοναχών. dum est etiam in te r monachos.
’Αναγνώστου δέ χειροθεσίαν άδειά Lectoris autem manus impositio
έστίν έν ίδίω μοναστηρίφ καί μόνφ nem licentia est unicuique abbati in
έκάστρ ήγουμένιρ ποιειν, εΐ αότφ τφ proprio monasterio solummodo fa
ήγουμένω έπετέθη χειροθεσία παρά ciendi, si dumtaxat abbati manus
30 έπισκοπόυ πρός προεδρίαν ήγουμέ- impositio facta noscatur ab epi
νου, δήλον δντος αύτοΰ πρεσβυτέρου. scopo secundum morem praeficien
‘Ωσαύτως καί κατά τό άρχαΐον έθος dorum abbatum , dum constet illum
τούς χώρεπισκόπους κατ’ επιτροπήν esse presbyterum . Simili m odo se
του επισκόπου δει προχειρίζεσθαι cundum antiquam consuetudinem
35 άναγνώστας* chorepiscopos praeceptione episco
pi oportet prom overe lectores.
1 M t 9,47. 2 Io 2,16.
8 Cf. conc. Catti:. (419), c, 16; (CSP 230);conc. Quiuisext. (692), c. 33 (CCÓ 166-167},,.
4 ΛΛ
Concilmm Nimmt» Ι ϊ — ■ 7&J Canoni XV.~ X V I
IB XV XV ^ ■'
'Ό τ ι ού δει κληρικόν έν δυσίν έκκλη- ' Qnod non oporteat cimami duabus j U n chierico n o n p u ò essere ascritto ■
σίαις κατατάττεσθάι1 ecclesiis connumerarti j , co n tem poraneam ente a l clero d i d u e chiese 1
Κληρικός άπό του παρόντος μή κα- Clericus ab instanti tem pore, non |‘: .·■ D ’ora in poi un chierico non potrà essere ascritto al clero di due chiese.
ταταττέσθω εν δυσίν έκκλησίαις* connum eretur in duabus ecclesiis. s; Ciò è segno di una sordida avidità e totalmente estraneo alle consuetudini ec
5 ‘εμπορίας γάρ καί αίσχροκερδείας N egotiationis enim est hoc ét turpis i clesiastiche. Abbiamo ascoltato, infatti, dalla stessa voce del Signore che nes
τούτο Ιδιον καί άλλότριον εκκλησία- com m odi proprium , et ab ecclesi- [ suno può servire a d m padroni; o odierà Puno e am erà Paltro,.o preferirà Pu
στικής συνήθειας* ήκούσαμεν γάρ astica consuetudine penitus alienum. i no e disprezzerà Poltro } Quindi ognuno, conforme alla voce dell’Apostolo
έξ αύτής τής κυριακής φωνής, δτι A udivim us enim ex ipsa dominica rìmanga nella condizione in cui era. quando f u chiamato 3 e ,serva una sola
* ού δύναταί τις δυσΐ κυρίοις δουλεύ- voce: Quìa nomo potest duobus dominis i chiesa. Q uanto infatti nelle cose ecclesiastiche viene fatto per turpe guadagno
ίο ειν, ή γάρ τόν ένα μισήσει καί τόν servire, aut enim mum odio habebit, et ; non ha rapporto con Dio. Per fare frónte alle necessità della vita, vi sono
έτερον άγαπήσει, ή του ενός άνθέ- alterum diliget: aut mum sustinebit et moke occupazioni mediante le quali, se uno vuole, può procurarsi il necessa
ξεται καί του. ετέρου καταφρονήσει. 12 alterum contemnet*. Unusquisque ergo rio. Dice, infatti, l’Apostolo: A lle m ie necessità e a i quelli che erano con me,
‘ "Εκαστος1 οδν κατά τήν άποστολι- secundum apostolicam vocem , in hanno pro vved u to queste m ie m a n i * Quéste disposizioni valgono per questa
κήν φωνήν, * èy φ έκλήθη, εν τούτφ quo vocatus est, in hoc debet manere*, et : città custodita da Dio. Quanto alle piccole località, considerata la scarsa po
is δφείλει μένειν καί προσεδρεύειν έν in u n a locari ecclesia. Quae enim ' polazione, si sia più indulgenti.
μιφ έκκλησίφ* τά γάρ δι* αίσχροκέρ- p e r tu rp e lucrum in ecclesiasticis
- X V I·
δειαν γινόμενα, επί των εκκλησία- rebus efficiuntur, aliena consistunt
στικών πραγμάτων, άλλότρια του a D eo. A d vitae vero huius necessi- : U n sacerdote n o n d eve indossare v e sti p rezio se5
6 εοΰ καθεστήκασι. Ιίρύς δέ την του tatem studia sunt diversa: ex his
20 βίου τούτου χρείαν έπιτηδεύματά et- vero qui voluerit, acquirat corporis
Ogni ostentazione e i raffinati ornamenti del corpo sono estrànei allo stato
σι διάφορα* εξ αύτών, εΐ τις βού- opportuna. A it enim A postolus: sacerdotale, perciò i vescovi e i chierici che si ornano con vesti lussuose e ap
λοιτο, τά χρειώδη του σώματος πο- j f d ea quae mihi opus erant, et his pariscenti, V
ριζέσθω* εφη γάρ δ άπόστολος*" qui mecum sunt, ministraverunt manus
* Τ αΐς -χρείαις μου καί τοΐς ουσι μετ’ istae*. E t haec quidem in hac a Deo
25 εμού ύπηρέτησαν al χεΐρες αδται .’ 4 conservanda urbe. Ceterum in villis
Καί ταϋτα μέν έν ταύτη τή θεοφυ- quae foris sunt, propter inopiam H
λάκτφ πόλει* έν δέ τοΐς έξω χω- hom inum indulgeatur.
ρίοις διά τήν έλλειψιν των άνθρώ-
πων παραχωρείσΟω.
1*0 XVI γ
ao "Οτι ού δει Ιερατικόν άνδρα ιματίοις Quod non oporteat sacratum vinm vestimentis ^
πολυτελέσιν άμφιέννυσΟαι6 pretiosis indui* ,;
1 Cf. conc. Nie. 1, cc, 15-10 (v. supta p. 13); conc. Chalc., cc, 10,20 (v. supra pp. 92% ); .
Can. ap. 15 (CSP 15); cone. Antioch. (341)„c. 3 (CSP 106); cone, Sard. (342/343), cc. 15-16 : £
(CSP 182-183); conc. Carth. (419), cc. 54,90 (CSP 277-279, 334); cono. Qnimsext. (692), '
cc. 10,15 (CCO 137,144).
2 M t 6,24., 321 1 Cor 7,20. 4 Ac 20,34.
6 CF. conc, Gangr. (ca340), cc.12, 21 (CSP 94,98); conc. Quinieext. (691), c.27 (CCO
158).
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i:··
E
Concilium Nicaenum I I — 787 Canone X V II
έσθήτων λαμπρών καί περιφανών, em endari oportet. Q uod si in hoc j devono correggersi, altrimenti siano puniti. Ugualmente si dica di quelli che
τούτους διορθουσθαΐ χρή' εί δε perm anserint, epitimio tradantur. I usano profumi. Come radice velenosa1si è moltiplicata contagiosamente nel-
έπιμένοιεν, έπιτιμίιρ παραδίδοσθαι* Similiter eos qui unguentis inungun ì la chiesa cattolica l’eresia di quelli che diffamano i cristiani e x suoi seguaci
ωσαύτως καί τούς τά μύρα χριομέ- tur, Q uoniam vero, radice am aritu non. solo provano orrore di fronte alle immagini dipinte, ma hanno rinunzia
5 νους. Ε π ειδ ή δέ £ίζα πικρίας άνω dinis exorta1, contaminatio facta èst
to ad ogni segno di pietà e detestano quelli che vogliono vìvere religiosamen
φύουσα1 μίασμα γέγονεν έν τη κα
te e piamente: si avvera in essi ciò che è scritto: Per il peccatore la pietà è un
in catholica ecclesia chiistianos ca abominio ;2dunque, quelli che deridono chi indossa vesti semplici e religiose,
θολική εκκλησία ή των χριστιανο- lum niandum haeresis, etiam h i qui I siano puniti. Fin dai tempi antichi i preti usarono vesti modeste e umili, per-
κατηγόρων αϊρεσις,' καί- οΐ 1ναύτην hanc receperunt, n o n solum im agi che tutto ciò che si usa non per necessità, ma per eleganza, non sfugge aiPac-
δεξάμενοι ού μόνον τάς είκονικάς narias picturas abom inati sunt, sed I cusa di “frivolezza”, come afferma Basilio Magno.3Allora non si usavano né
ίο άναζώγραφήσεις έβδελύξαντο, αλλά et om nem reverentiam repulerunt, E vesti di seta variopinta, né bordi di vario colore, attenti a ciò che Dio stesso
καί πασαν εύλάβειαν άπώσαντο, τούς eos qui religiose ac pie vivunt, I aveva detto: Coloro che portano morbide vesti stanno nei p a la zzi dei re.4
σεμνώς καί εύσεβώς βιόΰντας προσ- offendentes: ac per hoc com pletur
οχθίζοντες, καί πεπλήρωται έπ *89 αύ- in eis q uod scriptum est : Abominatio XVII
τοις τύ γεγραμμενον 1 Βδέλυγμα est peccatori D ei cultufi. Ig itu r si in N o n d e v e com inciare a costruire u n a cappella
is άμαρτωλφ θεοσέβεια *92 εί εύρεθώσι venti fuerint deridentes eos qui vili chi n o n avesse i m e z z i p e r condurla a term in e
τοίνυν Ιγγελώντες τοΐς τήν εύτελή bus et religiosis vestimentis amicti
καί σεμνήν άμφίασιν περικειμένοις, sun't, per epitimium corrigantur. r Alcuni monaci, smaniosi di comandare e stanchi di obbedire, lasciano i lo
δι9 επιτιμίου διορθούσθωσαν* έκ P risd s enim tem poribus omnis sa ro monasteri e cominciano a costruire delle cappelle, senza avere i mezzi per
γάρ των άνωθεν χρόνων πας ίερα- cratus v ir cum m ediocri ac vili veste condurle a termine. Se qualcuno V
ao τικύς άνήρ μετά μετρίας καί σεμνής conversabatur. O m ne quippe quod
άμφιάσεως Ιπολιτεύετο'. παν γάρ δ n o n p ro p ter necessitatem suam, sed
μή διά χρείαν, άλλά διά καλλωπι propter' venustatem accipitur „ela
σμόν παραλαμβάνεται, ‘ περπερείας * tionis“ habet calumniam, quem ad
έχει κατηγορίαν, ώς ό μέγας 2 φη m o d u m m agnus ait Basilius®. Sed
35 Βασίλειος.® 9Αλλ 9 ούδέ έκ σηρικών neque ex sericis texturis vestem quis ß ;
. ύφασμάτων πεποικιλμένην έσθήτα variatam induebat, neque appone
ενδέδυτό τις, ούδέ προσετίθεσαν b at variorum colorum ornam enta in
έτερόχροα έπιβλήματα έν τοΐς· ίίκροις sum m itatibus vestim entorum . A u
τών ίματιών* ήκουσαν γάρ. έκ της dierant autem ex deifona lingua,
so θεοφθόγγου γλώσσης, δτι ‘ οι τά μα •ι·. ·
quia qui mollibus vestiuntur, in domi
λακά φοροΰντες έν τοΐς οΐκοις τών bus regum sunt.*
βασιλέων είσίν .94
IZ X V II
"Οτι μή έχων τις τά προς άπαρτισμύν Ut qui non habet ea qtm ad consummationem
^ μή έπιχειρεΐν κτίζειν εύκτήριον οίκον sufficiant, minime oratoriam aedificare domum
incipiat
έπιχειρήσοι ποιεΐν, κωλυέσθω ύπό hoc visus fuerit agere, prohibeatur tentasse di fare ciò, gii sia impedito dal vescovo del luogo. Se però ha il ne
του κατά τδν τόπον έπισκόπου 1 εΐ a loci episcopo. At vero si sumptus cessario per terminare la costruzione proceda pure. La stessa norma vale per
δε τά πρός άπαρτισμόν £χοι, τά βε- sufficientes ad perfectionem ha i Jaici e per i chierici.
βουλευμένα αύτφ είς πέρας άγέ- buerit, quae ab ipso desiderantur,
5 σθωσαν. Τό αυτό' δε ·φυλάττεσθαι ad terminum perducantur. Idipsum ; XVIII·: .
καί έπί λαϊκών καί κληρικών. autem servandum est etiam super : L e d o nne n o n d im orino n eg li episcòpi o n e i m o n a steri m aschili1
laicis et clericis.
Siate irreprensibili, anche con gli estranei, dice il divino Apostolo . 2 Ora
che le donne dimorino negli episcòpi o nei monasteri è causa tu scandalo. Se
IH X V III qualcuno è colpevole di avere una donna, serva o libera, per un qualsiasi ser
'Ό τ ι ού 8 εΐ γυναίκας ένδιαιτασθαι έν jQuod non oportet feminas habitare in episcopiis, vizio nell'episcopio o nel monastero, questi sia censurato; se persiste, sia de
έπισκοπείοις, ή έν άνδρείοις μοναστη- vel »irarum monasteriis1
posto. Se poi le donne sx trovassero nelle proprietà di campagna dove il ve
ιο ρίοις1 scovo e l’abate vogliono recarsi, nessuna di esse presti il suo servizio durante
Άπρόσκοποι γίνεσθε καί τοΐς έξω Sine offensione estote his etiam qui il soggiórno del vescovo o dell'abate, raa se ne stiano in luogo appartato fino
θεν12, φησίν δ Θείος άπόστολος* τδ foris sunt2, divinus dicit Apostolus. alla loro partenza, perché non si possa insinuare nulla.
δέ γυναίκας ένδιαιτασθαι έν έπισκο Feminas autem commorari in epi
πείοις, ή καί μοναστηρίοις, παντός scopiis, vel etiam monasteriis, om / ' . ‘ ' ' xrx
is προσκόμματος αίτιον. EX τις οδν nis est offensionis materia. Quisquis L ’am m issione d e i sacerdoti, m o n a ci e m onache
δούλην ή έλευθέραν έν τ φ έπισκο- ergo ancillam vel liberam in episco ' ' d eve a v v e n ire sen za don?
πείφ κτώμενος φωραθείη ή έν τφ pio possidere claruerit, vel in mo
μοναστηρίφ, πρός Ιγχείρησιν διακο nasterio ad opus ministerii alicuius, L’avarizia si è così diffusa tra gli alti gradi ecclesiastici che anche V
νίας τινός, έπιτιμάσθω- έπιμένων increpetur: si autem permanserit,
20 δέ, καθαιρείσθω. Ε ί δε καί τύχοι deponatur. Porro si contigerit in
έν προαστείοις γυναίκας είναι, καί. proastiis feminas esse, et voluerit
θελήσρι δ έπίσκοπος ή δ ήγούμενος episcopus vel abbas iter ad eas fa
τήν πορείαν έν τοΐς έκεΐσε ποιήσα- cere, praesente episcopo vel abbate
σθαι, παρόντος έπισκόπου; ή ήγου- nullatenus monasterii opus facere
25 μένου, μηδόλως έγχείρησιν διακο eo tempore mulieri liceat, sed seor
νίας ποιεΐσθαι κατ’ έκεΐνον τον και sum moretur in alio loco, donec
ρόν γυναικί, ■άλλ’ ίδιαζέτω έν έτέρφ episcopus vel abbas recedat, propter
τόπ φ , έως. äv τήν άπαναχώρησιν irreprehensibilitatem.
ποιήσηται δ έπίσκοπος«, διά τό άν-
30 επίληπτον.
ΙΘ X IX
Περί του εκτός δοσίων τάς καταταγάς Ut sim dationibus sponsiones sacrorum virorum,
των Ιερατικών, μοναχών τε καί μονα- monachorum quoque ac monacharum fiant3
στριών γίνεσθαι3
Τοσουτον κατενεμήθη τής φιλαργυ- In tantum inolevit avaritiae facinus
»5 ρ(ας το μΰσος είς τούς ηγήτορας in rectores ecclesiarum, ut etiam
1 Cf. eoae. Nie. I, c. 3 (v. supta p. 7); conc, A ncyt. (314), c. 19 (CSP 70); BaslUue Caes.,
c. 88 (CPG 169-172).
2 Cf. 1 Cor 10,32; Col 4, 5; 1 T h 4,11.
8 Cf. conc. Chalc., c. 2 (v, supra p. 87); eoo Quinisext. (692), cc. 22-23 (CCO 153-154);
Can. ap. 29 (CSP 21); Basilius Caes.·} c. 90 (C PG 175-178).
Concilium Nicaeum» U — 787 Canone X X
τών έκκλησιών, ώστε καί τινας τών quidam eorum qui dicuntur reÜ^i'psi alcuni degli uomini o delle donne ritenuti pii, dimenticando i comandamenti
λεγομένων εύλαβών άνδρών τε καί viri atque muHeres, obfiviscentes di Dio, sono accecati, dall’avidità al punto da pretendere del denaro per am
m andatorum D om ini, decipiantur,
mettere al sacerdozio o allo stato monastico. Così sì avvera l’espressione del
γυναικών, έπιλαθομένους τάς έντο-
grande Basilio1 che “un inizio viziato corrompe tutto il resto”. Non si può,
λάς τοΰ κυρίου, έξαπατηθήναι, καί et p er aurum introitus accedentium
infatti, servire Dìo per mezzo di mammona.2Perciò se un vescovo o un abate
5 διά χρυσίου τάς είσδοχάς των προσ- tam ad sacratum ordinem , quam ad p qualsiasi altro de! clero agisce così égli dovrà smettere ò sarà deposto, in
ερχομένων τ φ τε ίεραχικφ τάγματι ■monasticam vitam efficiant. U nde conformità del secóndo canone del sacro concilio di Calcedonia. Se sì tratta
καί τω μονήρει βίο) ποιεισθαι. Καί fit, u t „q uorufti initium im probabile di ima badessa sia cacciata dal monastero e relegata in un altro monastero,
γίνεται, *ών ή άρχή αδόκιμος, καί est, om nia sin t proficienda“ 1, u t ma sottoposta ad altri; ugualmente venga trattato l’abate che non è prete.
τό παν άπόβλητον ώς φησιν ό μέ- gnus ait Basilius, neque enim D eo : Quanto a ciò che i genitori danno come dote ai figli che entrano in mona
ιο γας Βασίλειος* ουδέ γάρ θεφ διά p er m am m ona servire licet2. Si quis stero o quanto essi stessi portano, dichiarando di consacrarlo a Dio, stabilia
μαμωνά δουλεύειν £ξεστιν2. Ε ϊ τις ergo inventus fuerit hoc faciens, si mo che tali beni restino ai proprietà del monastero, secondo la promessa del
οδν εόρεθείη τούτο π ο ιω ν ,. εί μέν quidem episcopus vel abbas exstite candidato, sia che egli rimanga sia che se ne vada, a condizione che il superio
έπίσκοπος εΐη ήήγούμενος ή τις τοΰ rit, vel quilibet de sacrato collegio, re non abbia nulla da rimproverarsi in proposito.
Εεράτικοΰ, ή παυσάσθω ή καθαιρεί- a u t desinat a u t deponatur, iuxta
15 σθω, κατά τόν δεύτερον κανόνα secundam regulam sancti Chalce-· . XX
της έν Καλχηδόνι άγίας συνόδου· donensis concilii; abbatissa vero Non devono piu essere fondati monasteri misti:
εί δέ ήγουμένη, έκδιωχθήτω έκ του eliciatur de m onasterio, et tradatur dei monasteri misti esìstenti1
μοναστηριού καί παραδοθήτω έν in alio m onasterio ad sublectionem ;
έτΙρφ μοναστηρίί») πρδς ύποταγήν* sim iliter et abbas qui n o n habuerit Stabiliamo che d’ora in poi non possano più fondarsi monasteri misti; ciò,
20 ώσαύτως καί ήγούμενος, μή £χων m anus im positionem p re s b y te ri.. infatti, sì risolve per molti in scandalo e disorientamento. Se vi sono dei co-
χειροτονίαν πρεσβυτέρου. niugiche intendono rinunziare insieme al mondo per la vita monastica, gli
Έ π ί δέ των παρά γονέων διδομένων P o rro quae filiis a parentibus dan-. uomini devono andare in un monastero maschile, le donne V
δίκην προικώων τοΐς τέκνοις, ή ιδιο tu r m o re d otis, vel si q ua ex propriis
κτήτω ν αύτών πραγμάτων προσαγο- rebus acquisita offeruntur, profiten-
. 25 μένων, όμολογούντων τω ν προσαγόν- tib u s his qui ea offerunt D e o dican
τω ν ταΰτα εΐναι άφιερωμένα τ φ θεφ, da, definim us, sive perseveraverint,
ώρίσαμεν, κάν τ ε μείνη, κάν τε έξέλ- sive exierint, m anere fila in m ona
0η, μένειν αύτά έν τ φ μοναστηρίω, sterio secundum reprom issionem
κατά τήν ύπόσχεσιν αύτοΰ, εί μή ip so ru m , n isi fuerit culpa praelati.
9ο εΐη αιτία του προεστώτος.
K XX
'Ό τ ι ού δει άπό του παρόντος γίνεσθαι Qßtod tm oporteat amodo duplex monasterium'
διπλουν μοναστήριον καί περί τω ν st do dtiplh monasteriis*
διπλών μοναστηρίων3
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Concilium Nicaenum I I — 787 Canone X X L
ιέναι είς άνδρεΐον μοναστήριον καί τάς v eto m ulierum ingredi monasteri- in uno femminile, perché così piace a Dio.
γυναΐκας είσιέναι έν γυναικεία μο- um : in hoc enim placatur Deus, . I monasteri misti già esistenti sì attengano fedelmente alla regola del no
ναστηρίω' έπί τούτω γάρ εύαρε- stro santo padre Basilio,1 e si conformino alle.site disposizioni. Non vivano
στεΐται ό θεός. in uno stesso monastero monaci e monache, perché l’adulterio suole accom
pagnare la coabitazione. Il monaco e la monaca non abbiano possibilità dì
e Τ ά δέ 8 ντα έως τόυ νυν δίπλα Quae autem hactenus sunt dupla
parlarsi a tu per tu. Un monaco non donna presso il monastero delle mona
κρατείτωσαν κατά τόν κανόνα teneant secundum tegulam sancti che, e non si trattenga a mangiare da solo con una monaca. E quando le
του άγιου πατρός ήμων Βασιλείου1, patris nostri Basilii1, et secundum provviste necessarie sono trasportate dal monastero maschile a quello fem
καί κατά τήν διαταγήν . αύτοΰ praeceptionem eius ita form entur, minile, queste siano prese in consegna dalla badessa fuori dalla porta, alla
οΰτω δίατυπούσθωσαν. Μή διαι- N o n habitent in uno m onasterio presenza di una monaca anziana. Anche nel caso che un monaco volesse ve
io τάσθωσαν èv svi μοναστηρίφ μο- m onachi et m onachae: adulterium dere una monaca sua parente, parli con lei brevemente alla presenza della ba
ναχοί καί μονώστριαι, μοιχεία γάρ enim intercipit cohabitationetn. N o n dessa e subito si ritiri.
μεσολαβεί τη συνδιαιτήσει. Μή habeat aditum m onachus ad m ona-
έχέτω παρρησίαν μοναχός προς μο- cham, vel m onacha ad m onachum , XXI
νάστριαν, ή μονάστρια πρός μοναχόν, secreto ad collocutionem. N o n cu? I m o n a d n o n d evo n o lasciare i p ro p ri m o n a steri é passare a d a ltri1
is iste*, προσομιλεΐν. Μή κοιταζέσθω b e t m onachus in muliebri mona-
μοναχός έν γυναικείφ μοναστηρίφ, sterio, neque singulariter cum m o- Un monaco o una monaca non devono lasciare il proprio monastero per
μηδέ συνεσθιέτω μόναστρί<$ κατά nacha convivetur. E t quando ne- passare ad un altro. Se lo fanno si deve ospitarli, ma non accoglierli stabil
μόνας. Καί οτε τά άναγκαΐα του cessarla vitae a virorum parte ad mente, senza il consenso del loro abate.
βίου παρά του άνδρείου μέρους προς regulares deferuntur, extra portam
so τάς κανονικάς Αποκομίζονται, έξω- haec suscipiat abbatissa, m onasterii
θεν της πύλης ταΰτα λαμβανέτω ή fem inarum cum quadam vetulam o-
ήγουμένη του γυναικείου μοναστή- nacha. P orro si contigerit, ü t ali-
ρίου μετά γραός τίνος μοναστρίας. quam propinquam suam videre
Ε ί δέ συμβή καί συγγενή τινα θέλει voluerit monachus, in praesentia
2B θεάσασθαι ό μοναχός, έπί παρουσία abbatissae huic confabuletur per
της ήγουμένης ταύτη προσομιλείτω m odica et compendiosa verba, et in
διά μικρών καί βραχέων λόγων, καί brevi ab ea discedat,
συντόμως έξ αότης άπαναχωρείτω.
ΚΑ XXX
"Οτι ού δει καταλιμπάνειν τούς μονά- Qpod non oporteat monachos deserere propria
3» χούς τά οΙκεΐα μοναστήρια καί εν monasteria et transire in olid*
έτέροις μεταβαίνειν2
Μή δειν μοναχόν, ή μονάστριαν, κα- N o n oportere m onachum , vel mo-
τάλιμπάνειν τήν οίκείαν μονήν καί έν nacham, m onasterium proprium re-
έτέρ(£ άπέρχεσθαι. E i δέ τούτο συμ- linquere et ad alia proficisci. Q uod
35 βή, ξενοδοχεΐσθαι αύτόν άναγκαΐον* si contigerit hoc, recipi hunc höspi-
προσλαμβάνεσθαι δε Ανέυ γνώμης tiom ecesse est: assumi autem eum.
του ήγουμένου αύτου ού προσήκει. sine voluntate abbatis eius non
convenit.
1 Cf. Basilius Caes., Reg.fin . 33 (PG.31, 997); Reg. hm . 108-111,220 (ibid. 1156sq., 1228).
a Cf. conc. Chalc., c. 4 (v. supra p . 89).
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Concilium Nicaenum I I — 787 Canone X X I I
KB X X II X X II
’Ό τ ι δει μετ’ εύχαριστίας καί πάσης Quod oporteat eum gratiarum actione et omni Se i m o n a d m a ngiano con delle donne,
φείδοϋς καί εύλαβείας μοναχούς, εί parcitate ac reverentia monachos, st contigerit, lo fa c d a n o con m o d era zio n e e p ietà , ren d en d o g ra zie 1 :
συμβή, μετά γυναικών έσθίειν1 cum feminismanducare1
, E gran cosa offrire tutto a Dio e non servire ai propri desideri. Sia dunque
Θεφ μέν το παν άνάτίθεσθαι, καί ου D eo quidem totum committere, et che mangiate, sia che beviate, dice il divino Apostolo, fate tutto per la gloria
ο τοϊς ϊδίοις θελήμασι δουλοΰσθαι, μέ- n o n propriis voluntatibus deservire, di Dio.2 Cristo, nostro Dio, ci ha comandato nei suoi evangeli di recidere Pi-
γα χρήμα τυγχάνει* ‘Ε ίτε γάρ m agna res est. Sive enim manducatis, nizio stesso del peccato: non solo ha proibito l’adulterio, ma ha condannato
έσθίετε, εΐτε πίνετε/ 6 θείος από sive bibitis, divinus Apostolus dicit, anche il pensiero che tende all’adulterio.. Dice infatti il Signore: Chiunque
στολός φησι,' ‘πάντα είς δόξαν θεοϋ omnia in gloriam D ei facite2. Christus per desiderarla guarda una donna ha già commesso adulterio con lei nel suo
ποιείτε.’^ Χριστός οδν ό θεός ήμών ergo D eus noster in evangeliis suis cuore? '
ίο έν τοϊς εύαγγελίοις αότοΰ τάς άρ- initia peccatorum recidere praece . Ammaestrati da ciò, dobbiamo purificare i nostri pensieri:poiché se tutto
χάς των αμαρτημάτων έκκόπτειν p it; n o n enim moechia ab eo tantum mi è lecito, come insegna l’Apostolo, non tutto giova.1 È necessario che
προστέταχεν* ού γάρ ή μοιχεία μό inhibetur, sed et m otio cogitationis ognuno mangi per vivere. Per quelli che hanno scelto il matrimonio e la fa
νον παρ’ αύτοϋ κολάζεται, άλλά καί ad moechiae commissum damnatur* miglia, il fatto di mangiare insiemè, uomini e donne, non dà luogo ad alcuna
ή κίνησις του λογισμού προς την riprovazione purché ringrazino chi dà loro il cibo e evitino spettacoli teatrali,
dicente eo: Q ui viderit mulierem ad
canzoni sataniche, musiche e danze impure, perché su queste.cose ricadrà la
is της μοιχείας έγχείρησιν κατακέκρι- concupiscendum eam, iam moechatus est maledizione del profeta che dice: Guai a quelli che bevono il vino con suoni e
ται, λέγοντος αότοΰ* ‘ ' 0 έμβλέψας eam in corde suo3. cantil e non badano all3azione del Signore, non vedono l’opera delle sue ma
γυναικί πρός τό έπιθυμήσαι ήδη ni? Se tra i cristiani vi è chi si comporta così, si corregga, altrimenti V
έμοίχευσεν αύτήν έν τη καρδία αό
τοΰ .’3
20 ’Ένθεν οδν μαθητευθέντες, λογι H inc ergo edocti, cogitationes de
σμούς όφείλομεν καθαίρειν* ‘ Ε ϊ γάρ bem us m undare: N am etsi omnia
καί πάντα έξεστιν, άλλ’ ού πάντα licent, sed non omnia expediunt*, u t ex
συμφέρει ’4, ώς έξ άποστολικής φω apostolica voce docemur. Neces
νής διδασκόμεθα, Έ πάναγκες οδν εστι sarium ergo est omni hom ini man
25 παντί άνδρί διά τό ζην έσθίειν καί ducare, u t vivat. E t quidem inter
οΐς μέν βίος έστί γάμου καί τέκνων eos, quibus vita est nuptiarum et
καί λαϊκής διαθέσεως, άναμίξ έσθίειν n ato ru m atque laicalis affectus, man
άνδρας καί γυναίκας των άδιαβλή- ducare viros et mulieres simul, nulli
των εστί, μόνον τω διδόντι τροφήν detractioni patet; tantum u t ei qui
30 τήν εόχαριστίαν προσάγοντας* καί dat escam, gratias agant: et non ab
μή διά τινων θυμελικών έπιτηδευμά- eis p e r quasdam thymelicas volup
των, εϊτουν σατανικών ασμάτων, κι tates satanae im ago cantantibus
θαρών τε καί πορνικών λυγισμάτων, citharisque atque meretriciis con
οΐς έπέρχεται προφητική άρά, ού- tortionibus coli videatur. Quibus
35 τωσί λέγουσα* * ΟύαΙ οί μετά κιθά superveniet prophetica maledictio,
ρας καί ψαλτηρίου τον οίνον πίνον- quae ita dicit: Vae qui cum cithara
τες, τά δε έργα κυρίου οόκ έμβλέ- et psalterio vinum bibunt, opera autem
πουσι, καί τά έργα τών χειρών αυ Domini non intuentur, et opera manu
τού ού κατανόοΰσι. 55 Καί εΐ πώποτε um eius non intelligunfi. E t si usquam
40 εΐεν τοιοΰτοι έν τοϊς χριστίανοΐς, fu erin t in ter christianos huiusmodi,
διορθούσθωσαν* εί δέ μή γε, κρα- co rrig an tu r; sin autem, obtineant
1 Cf. Can, ap. 42-43 (CSP 29-30); cone. Laod. (325/381), c. 24 (CSP 144); conc. Quinieext,
(692), cc. 5, 46, 47 (CCO 130-131, 184-186); Baeilius Caes., c. 08 (C PG 169-172):
a 1 Cor 10, 31. ° M t 5, 28. 4 1 Cor 6 ,1 2 ; 10, 23. 6 Is 5,12.
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l'
Conciliti!» Nicaenam I I — 787 !
Canone X X I I
τείτωσαν επ’ αύτοΐς τά παρά τών super eis quae sunt ante nos regula ! gli siano applicate le antiche norme canoniche.
πρό ήμών κανονικές έκδοθέντα.. riter edita. L Quelli invece che conducono una vita silenziosa e solitaria, perché hanno
ΟΙς δέ ό βίος έστίν ήσύχιος καί μο Q uibus autem vita est solitaria et promesso al Signore di prendere su di sé il giogo della vita solitaria, questi se
νότροπος, ώς συνταξαμένοις κυρΐιρ τφ unius m oris, u t eis videlicet qui ne stiano quieti e in silenzio . 1 Ma neppure a coloro che hanno scelto la vita
Β βεω ζυγόν μονήρη, άραι, καθίσαι τε D om ini iugum se singulare tollere ecclesiastica, è lecito mangiare da soli con delle donne, ma soltanto in com
καί -σιωπησαι1. ’Αλλά μήν καί τοις pagnia di altri uomini e donne, timorati di Dio e degni di rispetto, di modo
spondent, sedere et tacere convenit1.
che questo pasto in comune giovi al progresso spirituale. Identica norma si
Ιερατικόν έκλεξαμένοις βίον ούδό- Sed e t his qui sacratam elegere vi osservi con i parenti.
λως· £ξεστι κατ' Εδίαν γυναιξί συν- tam , nullo m odo licet secreto cum Se però capita che in viaggio un monaco o un chierico non abbiano porta
εσθίειν, eì μήπω μετά τινων θεοφό- m ulieribus convivari ; nisi forte cum to il necessario e quindi debbano alloggiare in un albergo o in casa di qualcu
10 βων καί εόλαβων άνδρών καί γυναι quibusdam D eum tim entibus e t re no, sono liberi di farlo, perché costretti dalla necessità.
κών, Ενα καί αύτη ή συνεστΕασις verendis viris, vel etiam m ulieribus;
πρός κατόρθωσιν πνευματικήν άπ- quatenus et ipsa convivatio ad di
άγη. Καί έπί συγγενών δέ το αυτό lectionem spiritualem proficiat. E t
ποιείτωΙ in te r consanguineos quoque id-
15 ipsum- efficiatur.
BE δέ καί αΰθις έν οδοιπορώ συμ- R ursusque si contigerit in itinere
βή τά της Αναγκαίας χρείας μή m onachum vel sacratum virum non
έπιφέρεσθαι μοναχόν ή καί ιερα circum ferre quae victui opportuna
τικόν άνδρα, καί διά τό άναγκαΐον su n t,.et p ropter necessitatem diver
20 καταλδσαι βούλεται είτε έν πανδο- tere sive in xenodochium , sive in
χείφ ή καί έν οΕκφ τινός, άδειαν dom um alicuius, licentiam habebit
£χειν αύτόν τοΰτο ποιεΐν, ώς της hoc faciendi, tam quam urgente ne
χρείας κατεπειγούσης. cessita te.
1 Cf. Lm 3,27-28.
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