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FACOLTA DI ARCHITETTURA
Dipartimento di Progettazione di Architettura
A.A.2003-2004
MODULO
“TEORIE DELLA RICERCA ARCHITETTONICA
CONTEMPORANEA”
a cura di
1
Sul tema dello spazio come oggetto della composizione architettonica rinvio ai testi di Leoncilli Massi, e in
particolare a La leggenda del comporre, Alinea, Firenze 2003
2
Semir Zeki, La visione dall’interno. Arte e cervello, Bollati Boringhieri, Torino 2003,
3
Bettini, S., Lo spazio architettonico da Roma a Bisanzio, Dedalo, Bari 1978
Jammer, M., Storia del concetto di spazio, con una premessa di Albert Einstein, Feltrinelli, Milano
1966
Panofsky, E., La prospettiva come "forma simbolica" e altri scritti, Feltrinelli, Milano 1993
- , Idea. Contributo alla storia dell’estetica, La Nuova Italia, Scandicci 1952
Wittkower, R., Idea e immagine. Studi sul Rinascimento italiano, tr. it. Giulio Einaudi, Torino 1992
Contiene, rivisto ed ampliato, il famoso saggio The changing concept of proportion pubblicato con il
titolo di Il mutevole concetto di proporzione,
- , Principii architettonici nell'età dell'Umanesimo, Einaudi, Torino 1994
• Il rilievo in Brunelleschi.
Se è vero che l’architetto è un muratore che sa il latino, beh, il latino arriva
nell’architettura con Brunelleschi. Latino ovviamente nel senso di cultura
alta, di classicità. Come ho detto in apertura intendo qui Brunelleschi come
la punta di diamante di una schiera di pensatori ed artisti eccezionali: Giotto,
Masaccio, Donatello, Alberti, Petrarca.
Voi sapete che negli anni a ridosso del 1400 Brunelleschi e Donatello vanno
a Roma. Ma perché? A fare che?
a) A recuperare le grandi idee architettoniche, il senso delle idee
architettoniche, il tema, il soggetto principale: lo spazio.
b) A recuperare la capacità e la genialità costruttiva e tecnologica.
Per quanto ne so, Brunelleschi è il primo ad andare a Roma e il primo a fare
del rilievo dell’antico uno strumento di conoscenza. E’ il primo a porsi
davanti al monumento con delle domande. Con lui credo possa dirsi nasca il
rilievo critico, selettivo.
Uso qui rilievo architettonico in un’accezione diversa che di solito si usa a
scuola. Di solito il rilievo che impariamo a scuola è rilievo architettonico sì,
ma solo nel senso che si applica alla materia architettonica. Ma è un rilievo
passivo, ri-produttivo, replicante, anestetico. Anestetico nel senso che non
pone domande: è un rilievo addormentato. E’ un rilievo dove si mettono in
mostra le capacità grafiche dell’allievo nel riprodurre un soggetto
architettonico. Il rilievo si trasforma insomma in disegno dal vero: una
natura morta. Con la sola differenza che il soggetto non è un vaso di frutta
ma un edificio. Anch’io ho fatto parte della schiera di studenti che si
esercita sul tema, che sta seduta sui gradini di Piazza SS. Annunziata e
conosco il fascino e l’insidia del disegno ben fatto. Confesso di essere stato
un cattivo disegnatore, pochissimo affezionato a quell’esercizio.
Per rilievo architettonico vorrei invece intendere qui un’altra cosa: il rilievo
dell’architetto che va incontro al monumento con delle domande da porre. E
generalmente queste domande nascono quando si deve costruire realmente
un edificio: allora si guarda agli altri edifici con altri occhi (almeno così è
successo a me). In quel momento lo studio, la visita e il rilievo assumono
significati molto più intensi. Il rilievo architettonico compositivo obbliga a
ri-progettare l’opera: a smontarla e rimontarla. Per sapere come è stata fatta,
la devo anche ri-fare. Io lo chiamo rilievo poietico. Sia perché è veramente
un rilievo diverso dal rilievo anestetico, sia perché è nel senso greco del
4
James S. Ackerman, Architettura e disegno. La rappresentazione da Vitruvio a Gehry, Electa,
Milano 2003, pp. 29 e seguenti
5
Cfr., per esempio, il paragrafo “Imitazione poetica” a p. 85 in: Leoncilli Massi, La leggenda del
comporre, Alinea, Firenze 2003
6
Si confronti anche con quanto affermato da Kanisza: «Un risultato regolare continuerà ad essere più
soddisfacente, almeno sul piano estetico, di un risultato meno regolare; e opportune ricerche
sperimentali potrebbero forse dimostrare che esso è più stabile e più resistente alla deformazione e
che possiede uno status privilegiato per quanto riguarda l'attenzione, la memoria e il pensiero.» in
Gaetano Kamizsa, Grammatica del vedere. Saggi su percezione e gestalt, Bologna - c1980
7
Erwin Panofsky, La prospettiva come “forma simbolica”e altri scritti, a cura di Guido D. Neri, con
una nota di Marisa Dalai, Feltrinelli, Milano 1993, p. 71
8
Si veda, oltre a tutti gli autori già citati, Michael Baxandall, Pittura ed esperienze sociali nell’Italia
del Quattrocento, a cura di Maria Pia e Piergiorgio Dragone, Giulio Einaudi, Torino 2001, p. 91
9
Si confronti il passo citato con questo: “Io chiamo «geometriche» le figure che son tracce dei moti
che possiamo esprimere con poche parole”, in Paul Valéry, Eupalino o l’architetto, Edizione
Biblioteca dell’Immagine, Pordenone 1988, p.39
• Le proporzioni in Brunelleschi.
Di Brunelleschi non abbiamo materiale di prima mano (disegni, testi, ecc.).
Tutte le analisi proporzionali che facciamo, per quanto corrette ed
intellettualmente oneste sono fatte, ovviamente, a posteriori. Occorre quindi
la cautela che abbiamo raccomandato la volta precedente.
I tracciati geometrici, le proporzioni, se ci sono, hanno un senso. In
Brunelleschi il tracciato è regolatore o costruttivo: non si danno altre
possibilità. Brunelleschi introduce nel cantiere un modulo unico, valido per
la struttura, per la forma e per i dettagli. Questa è una grande innovazione
tecnologica, rispetto al cantiere medievale. Quindi possiamo scartare quei
tracciati che non soddisfano né un criterio né l’altro. Ecco una serie di lucidi
con tracciati proporzionali applicati su San Lorenzo e sulla sagrestia
Vecchia. Come vedete, molti non hanno senso: non ci raccontano nulla. Non
sono d’accordo con la griglia di p. 51, molto imprecisa. I quadrati della
griglia non sono quadrati e non servono ad impaginare nulla (finestre,
paraste). Stesso discorso per p. 58.
10
Giovanni Fanelli, Firenze architettura e città, Mandragora, Firenze 2002, p. 166
11
Elena Capretti, Brunelleschi, Giunti Editore, Firenze – Milano 2003
Gabriele Morolli, Pietro Ruschi (a cura di), San Lorenzo. 393 – 1993. L’architettura. Le vicende
della fabbrica, Alinea, Firenze 1993
Umberto Baldini, Bruno nardini (a cura di), San Lorenzo. La basilica, la sagrestia, le cappelle, la
biblioteca, Nardini editore, Firenze 1984 (Edizione speciale fuori commercio)
15
Rimando tra gli altri, a Jean Clair, Critica della modernità, Allemandi, Milano 1994
16
Sia consentito il rinvio alle pagg. 58-59 e alle note ivi presenti, in La leggenda del comporre, di
Leoncilli Massi, dove ancora di più è chiarita la grandezza di Severini rispetto a molti epigoni del
moderno.
17
Pontiggia, E. (a cura di), Gino Severini. Dal cubismo al classicismo. Estetica del compasso e del
numero, SE, Milano 1997
18
Pacini, P. (a cura di), Gino Severini. Dal cubismo al classicismo e altri saggi sulla divina
proporzione e sul numero d’oro, Marchi & Bertolli, Firenze 1972
19
Semir Zeki, La visione dall’interno. Arte e cervello, Bollati Boringhieri, Torino 2003, p. 117
20
Alan Sokal, Jean Bricmont, Imposture intellettuali, Milano 1999