Professional Documents
Culture Documents
Lesioni cariose localizzate nel terzo gengivale della superficie vestibolare o più raramente linguale e palatale di tutti gli
elementi dentari.
Ci sono 2 grandi famiglie delle lesioni di V classe: le lesioni cariose e le lesioni non cariose; quest’ultime comprendono
le erosioni, le abrasioni e le abfraction.
Premesse anatomiche: a livello cervicale, cioè della giunzione amelocementizia, i tessuti dentali duri che possono
essere interessati dalla lesione sono smalto, cemento e dentina, possono essere colpiti tutti contemporaneamente o
separatamente; questa premessa è importante perchè l’adesione dei compositi sui diversi tessuti dentali cambia
determinando delle variabili difficoltà terapeutiche: risulta più semplice il trattamento delle lesioni sullo smalto, essendo
più forte l’adesione del composito, più complesso quello a livello del cemento ( carie della radice, essendo
notevolmente ridotta l’adesione).
Rapporto con il tessuto pulpare: la porzione di smalto a livello cervicale è molto sottile determinando un maggiore
rapporto con i tessuti pulpari, di conseguenza le lesioni di V classe potranno facilmente interessare la polpa, evenienza
da tenere in considerazione anche nel trattamento di queste lesioni, infatti la preparazione cavitaria dovrà tenere conto
della forma della polpa ( a 8 ), quindi il fondo della cavità, cioè la parete pulpare della stessa, non dovrà essere piatto,
per il rischio di determinare una perforazione; inoltre i tubuli dentinali a questo livello presentano un andamento ad S
italica, determinando la necessità di proteggere e isolare il gradino cervicale, evitando l’evenienza di ipersensibilità
postrestaurativa. ( concetto importante nelle discromie, è infatti importante, negli sbiancamenti intrapulpari
approfondirsi molto nella polpa, tenendo in considerazione l’andamento dei tubuli dentinali a livello del colletto)
Le lesioni di V classe sono molto comuni ( colpiscono un terzo della popolazione con età superiore ai 45 anni)
Aumentano con l’età per una serie di fattori, quali sofferenza parodontale, stress occlusali, riduzione flusso salivare.
Erosioni ed abrasioni spesso coesistono; ad esempio in pz che soffrono di erosioni la predisposizione all’abrasione da
spazzolamento aumenta notevolmente, aggravando la lesione.
La prevalenza di erosioni cervicali è difficilmente quantificabile ( dal 5 all’85%).
L’erosioni presentano anche una certa difficoltà diagnostica, infatti vari studi hanno dimostrato che mentre le lesioni
cariose vengono identificate dagli odontoiatri nel 99% dei casi, le erosioni venivano riconosciute solo nel 45% dei casi).
Nella pratica clinica risulta quasi impossibile distinguere fra erosioni determinate da fattori intrinseci od estrinseci
perché possono essere concomitanti.
Classificazione gravità erosioni:
0) non c’è erosione ( sintomatologia è dovuta ad anatomia giunzione amelocementizia con assenza di
giustapposizione fra smalto e cemento, dentina esposta)
1) perdita minima di smalto cervicale senza coinvolgimento della dentina
2) coinvolgimento della metà superficiale della dentina
3) superamento della metà superficiale della dentina
Abrasioni
È un difetto del terzo cervicale conseguente alla frizione sugli elementi dentali da parte di un agente esogeno;
si presentano con margini netti, hanno una forma a v, o a colpo d’ascia, differentemente dall’erosioni che presentano
invece dei margini più sfumati e sono più ampie.
Causa eziologia più frequente è un’errata tecnica di spazzolamento che oltre a provocare l’insorgenza di abrasione può
determinare anche recessione gengivale, causando anche la concomitante patologia parodontale.
Nel 65% dei casi si localizzano prevalentemente nell’arcata superiore colpendo in ordine decrescente primo premolare,
secondo premolare, canino e primo molare.
Sono primariamente causate da meccanismi abrasivi e solo successivamente possono essere colpite da attaco acido di
differenti sostanze.
In presenza di una lesione assistiamo ad un processo di ipermineralizzazione della dentina intertubulare e al deposito di
sostanze inorganiche all’interno dei tubuli.
Generalmente abrasioni, erosioni ed abfraction si sviluppano contestualmente, sebbene una delle tre tipologie di lesione
può essere predominante sulle altre.
Abfraction
Lesioni indotte da traumi occlusali a causa del diverso modulo di elasticità dello smalto e della dentina; lo scarso
spessore di smalto a livello del colletto determina un’insufficiente capacità dello stesso di resistere alle pressioni
applicate durante i movimenti eccentrici della mandibola, causando il distacco dei prismi dello smalto.
Gli stress occlusali determinano lesioni da attrito e sono anche la principale causa di fallimento dei restauri perché un
substrato dentinale con elevato grado di sclerosi risulta difficilmente condizionabile dai sistemi adesivi; stress occlusali
agiscono sia sui tessuti duri che sul restauro determinandone l’eventuale distacco ( necessità di effettuare preventiva
terapia gnatologica).
Lesioni cariose
L’eziologia delle lesioni cariose di V classe è differente dalle altre classi, comprendendo oltre allo streptococcus
mutans, anche altri tipi di ceppi batterici e microrganismi patogeni reperibili a livello del solco gengivale.
L’attività di streptococcus mutans si blocca al di sotto di un ph di 4,2 mentre cibi e bevande acide hanno ph inferiore a 3
e i succhi gastrici inferiore ad 1, determinando difficoltà nello sviluppo di carie, con maggiore facilità di comparsa
lesioni non cariose.
La lesione cariosa è un processo dinamico perchè la dentina è un tessuto dinamico, si assiste quindi a successive fasi di
demineralizzazione e remineralizzazione; durante l’attacco acido si ha la perdita di cristalli di apatite, soprattutto
intertubulare, che precipitano occludendo i tubuli dentinali e riducendo la sensibilità; azione opposta svolge la dentina
provocando remineralizzazione.
Negli strati più profondi dei processi cariosi si evidenzia dentina sclerotica caratteristica di abrasioni, erosioni e processi
cariosi a lenta evoluzione; i fasci di fibre collagene all’interno dei tubuli subiscono processi di ipermineralizzazione con
successiva produzione e mineralizzazione della dentina peritubulare; nella dentina sclerotica vi è un maggior grado di
mineralizzazione.
Un tessuto ipermineralizzato è acido resistente, risultando quindi resistente agli acidi utilizzati per condizionare la
dentina rispetto a quella normale, dovuta ad una scarsa esposizione delle fibre collagene all’acido nei normali tempi di
mordenzatura della dentina; la dentina sclerotica apparirà più scura e vetrosa richiedendo dei tempi più lunghi di
esposizione agli acidi.
Materiali da restauro
Cementi vetroionomerici:
1) liberano fluoro con effetto cariostatico, molto importante nei pz anziani che hanno una riduzione del flusso
salivare
2) assenza di contrazione durante la fase di presa differentemente dai compositi che si contraggono durante la
polimerizzazione.
3) Modulo di elasticità simile a quello della dentina ( importante nei pz con parafunzioni)
Svantaggi:
1) scarsa levigabilità
2) scarsa resistenza all’usura
3) sensibili all’umidità
4) sensibili alla disidratazione nella reazione di presa ( dopo aver posizionato il cemento si cosparge con un
leggero strato di bond non polimerizzato la porzione superficiale per 5 min, si lava, si asciuga, ecc
Forza di legame
7 MPa a livello dentinale e da 4,7 a 9,8 MPa a livello dello smalto; l’adesione alla dentina per i cementi è inferiore ai
compositi di ultima generazione, ma accettabile, insufficiente è invece l’adesione a livello dello smalto.
In linea di massima di conseguenza i cementi vetroionomerici vanno usati come sostituti della dentina, i compositi
come sostituti dello smalto; ciò ha portato allo sviluppo di tecniche cosiddette sandwich ( non so come cazzo si scrive),
in cui si alternano strati di cementivetroionomerici e di compositi che fra l’altro aderiscono bene fra loro.
Quando si utilizzano i cementi, la dentina viene condizionata con ac poliacrilico al 25% per 10 sec prima di sciacquare
ed asciugare.
COMPOSITI
Forze occlusali determinano graduale distacco del restauro in composito, si forma prima un gap con infiltrazione
batterica fino ad arrivare al distacco.
Lo smalto è formato da idrossiapatite (95%), da acqua (4%) e da sostanza organica interprismatica (1%).
L’adesione allo smalto è meccanica con una forza che va dai 2-3 MPa nei compositi di vecchia generazione ai 15-20
MPa in quelli di ultima generazione, quindi nettamente superiore alla forza di adesione dei cementi vetroionomerici.
Per aumentare la resistenza dei compositi allo stress occlusale, si può interporre un cuscinetto elastico che può
aumentare la capacità ammortizzante del composito e che si interporrà fra tessuto dentale e composito; si è quindi
sviluppata una tecnica sandwitch composito-composito in cui si utilizzano dei compositi fluidi scarsamente caricati
come sottofondo che vengono posizionati sui tessuti dentali e successivamente si posiziona il composito normale.
La dentina è formata da sostanza inorganica ( 70%) e per un 30 % da sostanza organica a sua volta composta per il 18%
da fibre collagene e per il 12% da acqua; quando si utilizzano le frese si produce fango dentinale che differentemente
dai materiali in amalgama diventa limitante nei restauri in composito opponendosi all’adesione chimica, in quanto le
fibre collagene risultano nascoste; la mordenzatura della dentina rimuove il fango dentinale e demineralizza la dentina
inter e peritubulare esponendo le fibre collagene che però potrebbero collassate perché prive di un supporto di
idrossiapatite, da cui la necessità di utilizzare un primer.
I primer sono molecole bifunzionali costituite da un gruppo idrofilo che forma legami covalenti con il collagene e una
porzione idrofoba che si lega al bond impedendone il collasso; la forza di adesione aumenta ulteriormente perché il
primer penetra anche nei tubuli, arrivando ad un legame alla dentina per gli adesivi di quarta generazione che raggiunge
i 18 MPa.
Con lo sviluppo degli adesivi si è ridotto l’utilizzo dei cementi vetroionomerici, ovviando al problema del possibile
distacco in seguito a stress occlusali con l’utilizzo dei compositi fluidi.
Utilizzo matrice a nastro
Si taglia l’apice assumendo una forma particolare posizionandola intorno all’elemento dentario polimerizzando uno
strato di bond per isolare dai fluidi biologici i compositi.