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TRATTATO DI SEMIOTICA GENERALE

U.Eco
di Fabrizio Monaco

• LIMITI di teoria semiotica:


- POLITICI (3): I- ‘accademici’= diverse discipline su temi che la semiotica incorpora
(che dovra’ studiare)
II- ‘cooperativi’= diverse discipline hanno gia’ elaborato teorie utili ad
una semiotica generale
III- ‘empirici’= quei fenomeni non ancora analizzati a sufficienza
- NATURALI: dove la semiotica non c’entra (dove non vi sono processi di
significazione)

• Distinzione tra processi di COMUNICAZIONE (presuppone un processo di


significazione; possibile anche tra macchine) e SIGNIFICAZIONE (indipendente da ogni atto
di comunicazione; possibile tra due persone o tra macchine e persone come destinatarie. Con un
codice)
• CODICE= sistema di significazione che accoppia entita’ presenti ad entita’ assenti

• DEFINIZIONE DI SEMIOTICA DI:


-SAUSSURE 1916: prima def. in assoluto: scienza che studia la vita dei segni nel quadro della
vita sociale => presupposizione di attivita’ mentale di individui in societa’
=> SEGNO= artificio comunicativo per comunicare qualcosa tra esseri
umani.
-PEIRCE 1931: dottrina che studia la natura essenziale e le varieta’ fondamentali di ogni
possibile SEMIOSI= azione coinvolgente 3 soggetti (segno+suo
interpretante+suo oggetto). SEGNO=> qualcosa che sta, per qualcuno, al
posto di qualcos’altro sotto certi aspetti => in piu’ di Saussure che il segno
non e’ necessariamente intenzionale e artificiale. +MORRIS 1938:
SEGNO= tale solo perche’ interpretato come segno di qualcosa da
qualcuno => piu’ esatto: interpretazione possibile da parte di un interprete
possibile.

• Non tutte le INFERENZE sono considerabili atti semiotici ma solo quando questa e’
culturalmente riconosciuta e sistematicamente codificata (convenzione semiotica) + eventi
provenienti –da una fonte naturale possono essere segni se sia la causa che l’effetto non sono di
fatto percepibili -segni artificiali. Gestualita’ inconscia o il ’far finta’=> possibili combinazioni
di fraintendimenti/intendimenti recepimenti/no
• Gli STIMOLI non rispondono alla nozione di segno come convenzione di qualcosa che sta
per qualcos’altro, quindi non sono segni; pero’…p34
• Def. di CULTURA in senso antropologico: per presenza di 4 elementi: a)prodozione di
strumenti d’uso b)scambio di beni c)relazioni parentali d)linguaggio verbale articolato.
-Per dimostrare che l’intera cultura e’ un fenomeno di comunicazione e significazione: 2 teorie:
RADICALE (l’intera cultura deve essere studiata come fenomeno semiotico) e MODERATA
(l’intera cult. puo’ essere…)
RADICALE: (divisa in I-solo su processi di comunicazione II-solo su significazione.
Comunque fondata su processi di significazione)
Punto a)una volta che l’uso dello strumento e’ stato concettualizzato lo strumento stesso
(oggetto) diventa il segno concreto (significante) della sua funzione (significato) e viceversa
b)nello scambio il valore d’uso di una merce e’ trasformato in valore di scambio
(simbolizzazione) ulteriormente perfezionato col denaro.
c)es. si sceglie una moglie in un sistema dove il valore simbolico della donna la rende in
opposizione (in quanto moglie) con le altre donne => segno di un sistema di obblighi sociali.
MODERATA: i sistemi di significati sono org. in strutture con stesse regole semiotiche di
sitemi di significanti => l’oggetto in quanto tale ha gia’ funzione significante => ogni fenomeno
culturale puo’ essere studiato nel suo funzionamento di artificio significante.

Cap.1 SIGNIFICAZIONE E COMUNICAZIONE

• SISTEMA (S-CODICE): codici in quanto sistema, come a)sistema sintattico (segnali


non rivestiti di alcun significato, come la semplice accensione delle lampadine nell’es.)
b)sistema semantico (contenuti, nell’es. gli stati dell’acqua) c)le risposte
comportamentali del destinatario (indipendenti da b) e suscettibili a diversi sistemi a)).
Si tende a chiamare ‘codice’ il sistema-codice intendendo pero’ il codice ‘vero’ (con
funzioni significanti).
• CODICE: regola che associa alcuni elementi del s-codice a), (sistema sintattico), ad
alcuni del s-cod. b) e c), (semantico e comportamentale) es. del modello idraulico.
• I sistemi, la loro struttura in quanto simile, rendono comprensibili alcuni stati e li
rendono comparabili per mezzo di esclusioni binarie => predisposizione ad una possibile
correlazione segnica (codice). …la matematica dell’informazione studia la grammatica
interna di un s-codice e permette un calcolo circa il modo migliore di trasmettere info. in
una situazione data.

• INFORMAZIONE: due sensi di questo termine: 1-proprieta’ statistiche della fonte


(quantita’ di info. che puo’ essere trasmessa) 2-quantita precisa di info. selezionata che
e’ stata di fatto trasmessa e ricevuta.
1 si divide in 1.1-info. disponibile ad una fonte 1.2-info disponib. Dopo che un s-cod. e’
intervenuto
2 si divide in 2.1-semplice passaggio di segnali senza alcuna funzione comunicativa (puri
stimoli) attraverso un canale 2.2-passaggio di segnali rivestiti di significato
4 tipi di studio (p.62/63) interesse semiotico solo su 1.2 e 2.2:
-1.1: tutte le possibili combinazioni a disposizione di una fonte => studio di num. di alternative
necessarie per definire senza ambiguita’ un evento => poi diventa un problema di
trasmissione dei segnali.
-1.2: s-cod. come griglia selettiva che rende ‘pertinenti’ solamente alcune combinazioni del
campo 1.1 (l’applicazione, e nascita, di un s-cod. e’ dovuto alla volonta’ di trasmettere
info., di comunicare => cosi’ l’ s-cod. diviene a sua volta una fonte con proprieta’
competenti a 1.2)
-2.1: applicazione di un s-cod. ad un canale di trasmissione (ulteriore riduzione delle possibilita’
secondo 1.2)
-2.2: uso contemporaneo di diversi s-cod. in modo da produrre un sistema di funzioni segniche
(codice).

Cap. 2 TEORIA DEI CODICI


• FUNZIONE SEGNICA: quando una espressione (sistema veicolante) e’ correlata ad
un contenuto (sist. veicolato), ed entrambi gli elem. diventano FUNTIVI della
correlazione, (basata su un codice).
• Distinzione tra SEGNALE e SEGNO(usato come antecedente riconosciuto per un
conseguente previsto) + sempre costituito da 1 (o +) elem. del piano dell’espressione
correlati per convenzione ad 1 (o +) elem. del piano del contenuto.
PIANO DEL CONTENUTO: segno non fisso (Hjelmslev 1943) perche’ uno stesso funtivo puo’
correlarsi a diverse cose.(…da qui’ Eco vs. teoria dei segni e pro teoria dei produzione segnica
+ p.73)
 Il codice non organizza i segni ma detta le regole generali per la loro costruzione.
 Un codice stabilisce la correlazione di un piano dell’espressione con il piano del
contenuto
 Una funzione segnica ne stabilisce la correlazione tra elementi astratti (sia
dell’espress. che del conten.)
 Un codice stabilisce tipi generali producendo la regola per la costruzione di
TOKENS (occorrenze)
 I ‘continua’ sono gli elementi che precedono la correlazione semiotica.

• SEMIOTICA CONNOTATIVA di HJELMSLEV: semiotica in cui il


piano dell’espressione e’ costituito da un’altra semiotica (il piano
dell’espress. e’ un altro codice). => questo tramite la
SUPERELEVAZIONE di codice. Questa non e’ illimitata!
Es. AB denota ‘pericolo’ e connota ‘evacuazione’ + altre diverse connotazioni…pero’
connotazioni accessorie oltre un certo limite sono oggetto della PRAGMATICA vedi p.84
• CONNOTAZIONE: istituita parassitariamente su un precedente codice => non puo’
essere veicolata prima che il contenuto primario sia stato denotato, (per questo puo’
essere definita un sottocodice) + la sua stabilita’ dipende dalla forza della convenzione
codificante.
• Messaggio = TESTO => date le connotazioni un solo significante veicola diversi
contenuti interlacciati + il contenuto del testo (messaggio) e’ un discorso a piu’ livelli.
• REFERENTE di un segno: e’ diverso da qualcosa di concreto. E’ un CONTENUTO
CULTURALE verificato solo attraverso altre espressioni (segni) => PEIRCE
Questo per evitare la fallacia referenziale = assumere sempre l’esistenza di un referente reale.
(condizioni di significazione –semantica intenzionale- vs. condizioni di verita’ –semantica
estensionale- => fallacia estensionale = quando una teoria dei codici considera il valore
estensionale di proposizioni eterne => teoria dei codici, data la natura convenzionale dei segni
su segni come forze sociali).
Significato come unita’ culturale = qualcosa definito in una particolare soc.ed ogni tentativo di
spiegazione si avvarra’ di approssimazioni successive (potenzialmente infinite, visto che ognuna
ha altrettante approssimazioni che la spiegano) per definizione del significato di un significante.
CATENA DEGLI INTERPRETANTI di PEIRCE.
 INTERPRETANTE: un’altra rappresentazione riferita allo stesso ‘oggetto’
p.101
Da intendersi come: 1- significato del significante, indipendente dal primo significante
2- analisi che segmenta un’unita’ culturale in unita’ minori
3- ciascuna marca che compone il semema + p.107
 SEMIOSI ILLIMITATA: la catena infinita degli interpretanti.
 Interpretante finale: ‘abito’, oggetto assoluto come limite della serie di rappr.
Peirce, comunque, non si sofferma su questo concetto perche’ e’ a favore
della seriosi illim.
 Unita’ culturali ‘materializzate’ nel loro significante (unita’ culturali =
proprieta’ di Carnap)
 Carattere oppositivo delle unita’ culturali paragonabili ai ‘valori’ di Saussure
• FORMA: modo in cui e’ diviso lo ‘spazio’ del contenuto. Lo studio della
forma e’ di competenza della semantica strutturale;
SOSTANZA: unita’ che riempiono lo spazio
 I campi semantici sono segmentati attraverso un processo di pertinentizzazione
che cosi’rende pertinenti alcune unita’ intendendo varianti le altre; ma, dato che
e’ tutto determinato dalla cultura, sono possibili in una stessa persona dei
mutamenti di codice (aumento di competenza per revisione critica o quando non
si accetta l’interazione tra mondo descritto da unita’ e proprie unita’ semantiche)
- possono esistere campi semantici complementari o contraddittori
- una stessa unita’ culturale puo’ far parte di campi semantici diversi
- un campo semantico puo’ disfarsi o ristrutturarsi, in una cultura

• MARCHE SEMANTICHE: sono proprieta’ semantiche del semema (sue


componenti semantiche). Per spiegare a quale sistema si riferisce
l’opposizione dei significanti; l’opposizione e’ data in uno stesso campo
semantico e all’interno di diversi campi semantici => con marche semantiche
distinte in DENOTATIVE (denotazione di prima istanza) e CONNOTATIVE
(denotazioni basate su denotazioni precedenti)
+ le marche denotative sono quelle non mediate da denotazioni precedenti MA hanno come
marche precedenti quelle che implicano nella cultura in esame…
+ i nomi propri non hanno denotatum e quindi nemmeno connotazioni? FALSO, es. di nomi
storici: cambiano le connotazioni ma la denotazione semantica rimane ben precisa e condivisa
da diverse culture, e’, cioe’, descritto da precise marche.
+ la musica e’ un caso di articolazione esclusivamente semantica, senza valore sintattico? NO,
perche’ una stessa nota puo’ essere suonata da diversi strumenti (ha diversi interpretanti).
+ p.128 su considerazioni di Hjelmslev su monoplanarita’/biplanarita’ dei segni, su coincidenza,
nei segni iconici, tra rappresentante e rappresentato (isomorfismo) => per H. un segno e’ dato
dal fatto che il contenuto non sia conforme all’espressione: FALSO.

• Codici possibili solo grazie a diverse regole combinatorie: doppia entita’ del
cod.: 1-stabilisce correlazioni semantiche 2-stabilisce regole di cobinabilita’
sintattica:
 Il significante ha marche sintattiche che permettono la sua combinabilita’ o
meno a livello grammaticale (indipendentemente dalla sua accettabilita’
semantica)
 Il significato e’ formato da marche semantiche che possono o meno
accordarsi a quelle sintattiche
 La funz. segnica e’ assolta dall’insieme inscindibile di marche sintattiche e
semantiche.
• Problemi su componenti semantiche (marche): -sono identificabili?
-costituiscono un insieme finito di universali semantici?
-sono costrutti teorici o empirici?
-la loro interconnessione basta a definire un semema?
…da qui’ modelli semantici:

 IL MODELLO KF (KATZ/FODOR 1963) p.140/141


• Il senso e’ una scelta binaria tra le possibili componenti dei lessemi
• Le marche semantiche non hanno bisogno, per poter essere interpretate,. Di
riferirsi al contesto
• La teoria spiega se e perche’ una frase ha molti sensi. Non spiega quali e in
quali circostanze e per quali motivi.
• RIFORMOLAZIONE DEL MOD. PER 6 PUNTI:
1. dizionario vs. enciclopedia: una teoria semantica deve considerare le
credenze effettive non i ‘costrutti eterni’ (Wilson ’67) vs. pericolo di totale inutilita’ del
modello
2. secondo KF le marche semantiche sono entita’ eterne (platoniche); MA Katz
stesso parla di regole di ridondanza studiabili da una successiva analisi semantica =>
problema della interpretazione degli interpretanti: potenzialmente infinita: dove ci si
ferma?
3. KF non considera le connotazioni, si spaccia per rappresentazione denotativa
MA tutti gli interpretanti di un termine lo compongono
4. KF non considera il contesto (setting)
5. ‘distinguishers’ (distintivi) sono impuri estensionalmente: correggono
l’insufficienza delle marche con definizioni ad hoc (che non dovrebbero esistere in un
lavore intensionalista = con marche ‘eterne’). I ‘disting.’ Dovrebbero essere intenzionali
ma non lo sono. Cosa sono? Katz dice che sono ‘distinzioni percettive’ tra referenti
concettualmente uguali nel senso, ma il referente in se non ha senso: e’ uno stato del
mondo, puo’ essere il senso di un segno! => KF manca di una chiara nozione di
interpretante => i ‘dist.’ non sono chiari.
6. il modello non considera marca cio’ che non e’ verbalmente traducibile in
sinonimi o parafrasi (fallacia verbocentrica) => inapplicabilita’ ad artifici non verbali =>
KF non serve ad una teoria generale dei codici.

 IL MODELLO MSR (MOD. SEMANTICO RIFORMULATO)


• Inserisce tutte le connotazioni codificate dipendenti dalle denotazioni +
selezioni circostanziali e contestuali
• 6 conseguenze:
1. la marche sintattiche appartengono all’espressione, non al contenuto
2. il semema puo’ avere marche denotative che rimangono immutate ai diversi
contesti/circostanze; oppure diverse denotazioni (e quindi connotazione) a
seconda del contesto/circostanze
3. il contesto associa diversi sememi al semema; la circostanza diversi
significanti al rappresentante di un semema
4. non piu’ selezioni restrittive ma circostanziali/contestuali; non piu’
distinguishers dissolti in una somma di marche semantiche
5. in analisi dei verbi…presupposizioni semantiche, inclusioni semiotiche
p.154/155
6. si puo’ semplificare la rappresentazione componendola in piu’ alberi piu’
piccoli, ma meglio di no!
• KF vs. idea di poter rappresentare ‘tutto’ (il setting) per paura di infinito MA
p.158
• E’ possibile costruire alberi che comprendano tutti i contesti e tutte le
circostanze? Inutile, perche’ non esiste un Sistema Semantico Globale => ci vogliono alberi
per tutte le circ./contesti codificati da una cultura
• Semema inteso come enciclopedia => con spettro sincronico/diacronico nei
diversi contesti + applicabile a segni non verbali e a segni sincategorematici, perche’ si
assume che le marche semantiche possono essere artifici non-verbali (non e’ detto che
l’interpretante di un segno sia un segno dello stesso tipo => la denotazione di una parola
puo’ non essere una marca traducibile con un’altra parola => mentre per le espressioni
verbali le marche sintattiche erano totalmente indipendenti da quelle semantiche, cosi’ non
e’ per espressioni come le frecce indicative dove la presenza/assenza di una det. marca
sintattica muta quelle semantiche)

 IL MODELLO Q (ROSS QUILLIAN 1968)


• Cosa fare contro la ricorsivita’ infinita dei segni usata da MSR per spiegare
altri segni?
• Memoria semantica: per ogni significato di lessema esiste nella memoria un
nodo che parte questo type
• Mod. Q basato sul concetto di semiosi illimitata => irrappresentabile
• Mod. Q descrive una porzione di universo semantico in cui il codice ha
istituito attiramenti e repulsioni.

 Ridefinizione dell’idea di CODICE: complesso reticolo di sottocodici che


riuniscono diversi sistemi, alcuni stabili, altri transitori perche’ non ‘naturali’ ma
culturali.
 E’ possibile definire un codice e delineare campi semantici solamente in
relazione ad un det. messaggio
 Ogni teoria dei codici sara’ sempre parziale e rivedibile (in quanto det.
culturalmente)

• Determinanti non codificate dell’interpretazione: fattori extrasemiotici


(circostanze e contesti) non codificati che rendono impossibile una chiara
interpretazione => interpretazione NON E’ una decodifica.
• Inferenza: (uguale all’ABDUZIONE di Peirce) attribuire senso sulla base di
decodifiche parziali (p.185) => si inventa o si suppone una regola semiotica generale (si
tratta di produzione segnica). Abduzione usata anche per trovare il giusto codice di fronte ad
un messaggio impreciso => IPO e IPERCODIFICA
• IPERCODIFICA: produce un sottocodice che puo’ poi entrare nell’accettazione
sociale. Da espressioni minime regola un senso piu’ grande + da certe unita’ gia’ codificate
estrae unita’ minori con nuove funzioni segniche
• IPOCODIFICA: in assenza di regole conosciute si attribuisce a porzioni
macroscopiche di testo una funzione supposta (vaga)
• EXTRACODIFICA: iper/ipocodifica nei casi in cui e’ difficile individuare una o
l’altra
• Logica delle presupposizioni: dipende dall’extracodifica: e’ la capacita’ di intuire,
supporre; facilita la comprensione + p.194
• L’incrocio di codici/sottocodici rendono il messaggio una forma vuota riempibile di
senso in maniera diversa, scelta dal destinatario.
• Isotopie di Greimas: diversi livelli di senso di un messaggio.

Cap. 3 TEORIA DELLA PRODUZIONE SEGNICA

• Su produzione segnica (che soppianta una tipologia dei segni per vacuita’ di nozione di
segno) come risultato di diversi tipi di operazione produttiva:
1. lavoro sul continuum espressivo per produrre fisicamente i segni
2. lavoro per articolare unita’ d’espressione:
3. per articolare per la prima volta funtivi (invenzione di codice)
4. per applicare un cod. preesistente, sia per mitt. che per destinatario (adeguamento)
5. per mutare un cod. esistente (mutazione di cod.)
6. lavoro di discorsi retoriciper coprire la loro contraddittorieta’ (commutazione di
cod.)
7. interpretare tramite inferenza
8. produrre ed interpretare asserti ed enunciati indicali + giudizi semiotici e
fattuali p.207
9. per verificare se un’espressione si riferisce alle proprieta’ reali della cosa
10. utilizzare nell’interpretazione circostanze gia’ codificate
11. attirare l’attenzione del destinatario per sollecitare risposte comportamentali p.208
• nella produzione segnica si ha un triplice processo: 1. manipolazione del
continuum espressivo 2.correlazione di espressione a contenuto
3.connessione segni/eventi reali
• produzione come combinazione di questi tre processi => segno non piu’
caratterizzato in se stesso ma dal differente modo di produrlo.

•Cassirer su distinzione tra giudizi analitici(predica cio’ che il sogg. gia’


implica) e sintetici(attribuisce al sogg. un nuovo attributo da sintesi dei dati
dell’esperienza) p.212
• Giudizio SEMIOTICO: predica marche semantiche gia’ attribuite da un
codice al contenuto
Giudizio FATTUALE: predica marche semantiche non ancora attribuite da un codice al
contenuto prima.
• Asserto SEMIOTICO: che esprime una relazione significante codificata
Asserto METASEMIOTICO: che fissa la validita’ dei successivi asserti (che diventano
SEMIOTICI) finche’ non verra’ un altro asserto metasemiotico a contraddirlo (eventualmente)
Asserto FATTUALE: che esprime una relazione significante non ancora codificata.

• Segni INDICALI: usati per indicare e nominare. A volte indipendenti dalla loro
possibilita’ di verifica.
 Strawson (1950) dice che il menzionare non e’ una funzione di un’espressione ma
l’uso che di questa fa qualcuno (l’enunciato ha funzione di ‘significare’)
• l‘atto di riferimento collega un enunciato ad una circostanza per mezzo di una
indicazione (puntatore)
 Peirce: di fronte all’esperienza noi elaboriamo idee per conoscerla => queste idee
sono gli interpretanti dei segni che le suggeriscono. Il segno non e’ rappresentativo in se’ ma
lo e’ per un’idea (un pensiero). + per Locke le idee sono un prodotto semiotico: IDEA =
UNITA’ CULTURALE.
• INICANDO (nel caso di giudizi indicali SEMIOTICI):
1. riconosco la cosa per quella che e’ applicando uno schema culturale (idea)
2. interpreto l’occorrenza della cosa come significante del tipo (corrispondente
idea) basandomi sulle proprieta’ culturali che la cosa ha
3. dalle proprieta’ della cosa seleziono quelle che riconosco appartenenti alle
proprieta’ semantiche del suo significante
paragono 2 oggetti semiotici : - contenuto di una espressione linguistica - contenuto di una
percezione. Nel caso di giudizi indicali FATTUALI l’enunciato puo’ essere semanticamente
accettabile o no.

• Linguaggio verbale inteso in 3 modi: 1. sistema modellizzante primario di cui tutti gli
altri sono derivazioni 2. modo piu’ appropriato che l’uomo usa per tradurre le proprie
idee => linguistica come modello di ogni attivita’ semiotica 3. solo la lingua ha la
capacita’ di esprimere ogni esperienza umana e ogni contenuto esprimibile con altri
artifici semiotici (fallacia verbocentrica) => vedi Garroni p.234
• Per una semiotica generale bisogna dimostrare che: I- esistono diversi segni e diversi
modi per produrli II- il rapporto che c’e’ tra segni e loro contenuto non e’ sempre uguale
a quello che esiste nei segni verbali III- la teoria segnica deve avere un unico apparato
categoriale per tutti questi diversi segni.
• Struttura: quando un continuum e’ graduato in unita’ pertinenti che assumono precisi
limiti.
- Segni anzitutto distinguibili per canale che li veicola (continuum dell’espressione) p.
236
- Distinguibili per loro fonte (naturale o umana)
- Per loro specificita’ semiotica , ossia in segni con specifica funzione di significare o
prodotti per funzioni pratiche e poi considerati segni per altro: a) per classe di oggetti; b)
riconosciuti come forme che stimolano una funzione perche’ quella forma suggerisce
quella funzione.
• TRICOTOMIA DI PEIRCE: segni distinti in SIMBOLI (arbitrariamente connessi col
proprio oggetto); ICONE (simili al proprio oggetto); INDICI (fisicamente connessi al
proprio oggetto)
+ distinguibili per loro riproducibilita’:
1. occorrenze del segno replicabili su modello del tipo proprio (SINSEGNO)
2. occorrenze replicabili ma con alcune ‘unicita’ materiali’ (SINSEGNO e anche
QUALISEGNO)
3. occorrenza e tipo coincidono (SINSEGNI e anche LEGISEGNI).

• DOPPI: occorrenza che possiede tutte le proprieta’ fisiche di un’altra (es.


due FIAT uguali) => per fare questo bisogna conoscere le regole che
generano il modello => riprodurre con procedimenti e condizioni uguali
• SEGNALE DENSO: dove ogni suo tratto e’ pertinente (anche le minime
variazioni sono da considerare) + p.254
• REPLICHE: non perfettamente uguali (tipo diverso da occorrenza, emic
diverso da etic)

• Rapporto tra tipo e occorrenza puo’ essere di 2 tipi:


• RATIO FACILIS: occorrenza accordata al tipo espressivo quale
istituzionalizzato in un codice + p.310
• RATIO DIFFICILIS: occorrenza direttamente accordata al suo
contenuto perche’: 1. non esiste il tipo preformato 2. il tipo e’ uguale all’occorrenza, ossia la
natura dell’espressione e’ motivata dal contenuto. + p.310
Dipende da 2 diverse situazioni di produzione segnica:
1. la produzione fisica dell’espressione dipende dall’organizzazione
del semema corrispondente (es. indici gestuali) + p.249 e nota p.251
2. l’espressione e’ una galassia testuale, una nebulosa di contenuto:
I. asserti fattuali di eventi inediti (semplice organizzazione di unita’ culturali
preesistenti) II.nebulose non analizzabili in unita’ piu’ piccole (es. quadri dove il pittore
inventa un nuovo modo d’espressione, un nuovo codice)

• CRITICA DELL’ICONISMO: segni iconici sono


culturalmente codificati ma non necessariamente
arbitrariamente correlati al loro contenuto + non e’ detto
che la loro espressione sia analizzabile in modo discreto.
 Morris 1946: il segno e’ iconico quando ha esso
stesso le proprieta’ dei suoi denotata => un segno completamente iconico sarebbe lui stesso
un denotatum (un doppio)
• I segni iconici stimolano una struttura
percettiva simile a quella stimolata
dall’oggetto rappresentato (che e’ fissata da
convenzioni culturali, che devono essere
apprese)
• Riflessioni speculari (specchio) sono una
forma di uguaglianza perche’ e’
un’equivalenza che stabilisce una relazione
biunivoca fondata sulle proprieta’ di
riflessivita’ PERO’ questo non e’ ‘al posto
di’ ma ‘a causa di’ (differenza con foto) +
caso in cui le riflessioni sono segni, ma per
‘protesi’ non per significazione: es. quando
vedo qualcuno allo specchio => ma questo
non e’ un segno perche’ non puo’ essere
usato per mentire. + p.268
• Segni espressivi (dove il segnale sembra
indurre un det. sentimento con una
emozione) sono ‘stimolazioni’ studiabili da
diverse scienze PERO’ quando l’effetto e’
culturalmente registrato o e’ una
associazione culturalizzata sono
stimolazioni programmate, segni ma non
icone!
• Produzione iconica: trascrivere le
proprieta’ culturali attribuite all’oggetto da
una cultura, per mezzo di codici di
riconoscimento (codice di rappresentaz.
Iconica p.272/274) che comprendono
entita’ ottiche, convenzionali e ontologiche.
- Rapp. Iconica costituita non solo da
proprieta’ di questo codice iconico, ma anche da relazioni di diversa categoria e quindi
difficilmente individuabili => e’ difficile definire un segno iconico
• Si puo’ parlare di
articolazione iconica? Di
unita’ indivisibili che
compongono un’icona? NO.
+ p.280/281 (spesso un testo
iconico istituisce un codice
piu’ che dipenderne)

 PRODUZIONE SEGNICA classificata per 4 parametri:


1. lavoro fisico impiegato (RICONOSCIMENTO, OSTENSIONE, REPLICA,
INVENZIONE)
2. rapporto tipo/occorrenza (RATIO FACILIS/DIFFICILIS)
3. continuum da formare (OMO o ETEROMATERICO)
4. modo e complessita’ dell’articolazione p.288

1. RICONOSCIMENTO: un dato oggetto/evento riconosciuto dal destinatario come espressione


di un contenuto. Si riconosce come: impronta, sintomo, indizio.
Impronta: espressione preformata. Contenuto = classe dei possibili impressori. Rapp.
Tipo/occorrenza ratio difficilis. + richiamano sia una metafora che una metonimia + le impronte
sono codificate per essere riconosciute (basate su sistemi di opposizione) + non sono segni ma
oggetti inseribili in funzione segnica + e’ solitamente un testo.
Sintomi: espressione preformata. Contenuto = possibili cause. Ratio facilis (+ p.291), quando
non preformati danno vita a istituzione di codice.
Indizi: sono traccie (tutti tranne le impronte) dalle quali si inferisce la presenza passata
dell’agente nel luogo. Raramente codificati => piu’ che decodifica di funzioni segniche si tratta
di inferenza. Funzionano solo in assenza dell’agente.
2. OSTENSIONE: un dato oggetto/evento viene selezionato e mostrato come espressione della
classe di oggetti/eventi. Gli oggetti mostrati sono omomaterici rispetto al referente => rette da
espressioni preformate (ratio facilis) PERO’: come oggetti non presentano il problema della
ratio ma come funzione segnica sono a ½ tra facilis e difficilis). Unico caso dove un doppio
puo’ essere segno (quindi diventa un rapporto occorrenza/occorrenza => coincidenza tra retio
facilis e difficilis). Diversi modi di ostensione: esempio, campione, campione fittizio.
Esempio: sineddoche ‘membro per classe’
Campione: sineddoche ‘pars pro toto’
Campione fittizio: sono repliche, non doppi, + sia ostensioni che repliche (es. pugno finto =
replica imperfetta e ‘parte per il tutto’).
3. REPLICA: totalmente differente dal referente, es. lingua verbale. La ratio e’ facilis. Si possono
replicare: a) elementi combinabili nel loro stesso sistema (es. lingua verbale); b) elem.
bassamente strutturati non necessariamente combinabili (es. stilizzazioni); c) elem. di uno o piu’
diversi sistemi per comporre un funtivo (vettori).
Stilizzazioni (b): risultato di convenzioni per cui divengono riconoscibili per loro accordo ad un
tipo espressivo (p.302); difficile distinguere stilizzazioni da invenzioni.
Vettori (c): sono tratti , elementi sintatticiche veicolano una porzione di contenuto (+ p.305).
Stimoli programmati: disposizione di elementi non semiotici per sollecitare una risposta del
destinatario (l’emittente ne ha una conoscenza semiotica => effetto previst = contenuto), pero’
visto che non e’ detto che ci sia quella reazione il mittente e’ a ½ tra stimolazione regolata e
proposta di nuovi elementi => a ½ tra replica e invenzione + a ½ tra ratio facilis e difficilis.
Pseudo unita’ combinatorie: esiste chiaramente un piano dell’espressione ma non e’ chiaro
quello del contenuto (es. quadro astratto) + difficilmente replicabili pero’ rette da ratio facilis
p.308
4. INVENZIONE: produzione attraverso una nuova segmentazione di un continuum materiale.
Ratio difficilis. Eterometerica. 2 tipi di invenzione:
a) Moderata: da stimoli a percezione, trasformazione e poi modello semantico. Il mittente
possiede la conoscenza del codice che lo ha portato a quella espressione; il destinatario
no: deve allora inferire attraverso similitudini, stilizzazioni, ecc. allora si stabilisce
convenzione. Se funziona si istituisce un nuovo piano del contenuto.
b) Radicale: Il mittente non considera il modello percettivo: stimoli, trasformazione,
modello percettivo e poi (eventualmente) quello semantico. E’ un’istituzione di codice.
(pero’ non puo’ esserci invenzione pura visto che tutte si basano su codici preesistenti!)
Comprende al suo interno anche le trasformazioni semiotiche = corrispondenza biunivoca di 2
‘punti’. Improntate sia a ratio facilis che difficilis. Esistono vari livelli di trasformazione (3),
tutti producono testi e non segni:
congruenze (calchi): punti nello spazio fisico dell’espressione che corrispondono a quelli
dell’oggetto reale (es. maschera mortuaria). Essendo retti da similitudine guardando un calco si
trasforma all’indietro . Sono segni in quanto falsificabili e eteromaterici (altrimenti potrebbero
essere doppi)
proiezioni: e’ il risultato di convenzioni trasformative basate su similitudine dove punti
dell’occorrenza espressiva corrispondono solo ad alcuni punti di un modello toposensitivo (es.
ritratto)
grafi: dove i punti dello spazio dell’espressione corrispondono a punti in un modello di rapporti
non toposensitivo (es. grafici di gerarchie = ‘grafi esistenziali’ di Peirce).
• TESTO ESTETICO come invenzione. Caratteri di testo estetico:
I. Manipolazione dell’espressione
II. Riassestamento del contenuto
III. Provoca un mutamento di codice
IV. Produce una nuova visione del mondo
V. Mittente teso a stimolare reazioni nel destinatario
Jakobson definisce il testo estetico come a) AMBIGUO (che viola le regole del codice), e b)
AUTORIFLESSIVO. a): non tutti i tipi di ambiguita’ danno testo estetico: solo quando una
deviazione sul piano dell’espressione corrisponde ad una qualche alterazione su quello del
contenuto => da qui’ b): il fatto di giocare su espressione e contenuto porta l’attenzione
sull’organizzazione semiotica del testo che e’ quindi autoriflessivo.
+ lavoro del testo estetico anche su MICROSTRUTTURE inferiori ai piani dell’
espressione/contenuto (nota p.332)
+ importanza della materia del significante perche’ segmentata = ogni differenza e’ formale nel
testo estetico
+ si possono avere casi di testi estetici privi di significazione (puri stimoli) …p.334
+ l’esperienza estetica suggerisce che i codici dai quali parte possono essere ulteriormente
segmentati (ipercodifica estetica). Hjelmslev: la materia rimane sostanza per una nuova forma
=> l’ulteriore segmentazione e’ancora di pertinenza semiotica)
+ anche il contenuto e’ soggetto a revisione (=> autoriflessivita’) cosi’ il testo diviene un’opera
aperta soggetta a diverse attribuzioni di senso:
- Molti messaggi su diversi piani di discorso sono organizzati ambiguamente
- Queste ambiguita’ seguono un disegno identificabile (‘stile’, sistema di sistemi)
- Si crea una ‘pressione contestuale’ tra i diversi messaggi
- Il modo di violare le regole del sistema di un messaggio e’ lo stesso per gli alti
messaggi/sistemi
 testo estetico come superfunzione segnica ,
ipersistema.
• Quando le mutazioni di codice sono state attuate dal solo mittente si parla di
idioletto estetico, applicabile dallo stesso autore a piu’ opere, e si ha idioletto di
corpus o ‘stile personale’. Quando si hanno imitazioni e influenze si parla di
idioletto di corrente o di periodo storico. Questo idioletto puo’ funzionare da
giudizio metasemiotico dando vita a mutamento di codice.
• Il testo estetico da vita ad una ‘fuga semiosica’ per ogni suo elemento, ad un
incremento di conoscenza concettuale, tiene ‘in allenamento’ la seriosi.
• E’ un atto comunicativo imprevedibile dove abduzioni, deduzioni e induzioni
lavorano insieme p.342

• RETORICA: si occupa di ipercodifica e di commutazione di codice p.345 + p.354


• 3 livelli di retorica: inventio, dispositivo, elocutio.
• 2 modi di intendere la retorica: a) come schemi generativi; b) come espressioni gia’
generate (tipo frasi fatte ecc.).
a): qui’ le fig. retoriche contribuiscono a delineare un diverso contenuto; fondamentalmente
attraverso la METAFORA = similarita’ (comunanza di alcune marche) => identita’ semica; e la
METONIMIA = ipercodifica, interdipendenza semica tra marche di un semema (2 tipi di
interdipendenza: 1 marcha per 1 semema o 1 semema per 1 marcha); (Jakobson p.347).
L’identita’ semica si basa sulla struttura del sistema semantico come presupposto dal modello
Q.
• IDEOLOGIA: inventio ideologica: serie di asserti semiotici basati su punti di vista
precedenti o su selezioni di circostanza che attribuiscono proprieta’ ad un semema
contemporaneamente ignorando o celando altre proprieta’ contraddittorie del semema
(asserto non ideologico = asserto metasemiotico)
Dispositivo ideologica: argomentazione che occulta le contraddittorieta’.
Sia inventio che dispositivo tramite COMMUTAZIONE DI CODICE. + p.377

FINE

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