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LA CAFFETTIERA DEL MASOCHISTA – Donald A.

Norman
Il libro è un processo al cattivo design degli oggetti di uso comune, condotto da
Norman che descrive i frequentissimi errori che ciascuno di noi commette nell’usarli.
L’autore sostiene che la causa del rapporto a volte difficoltoso tra l’uomo e gli
oggetti, molto spesso, non è un’incapacità dell’utilizzatore, ma una progettazione
poco coerente con il funzionamento della mente umana.
Quindi, tutta l’interazione uomo-macchina deve essere considerata come una
procedura cooperativa delle due parti, dove gli equivoci possono nascere da entrambi.

CAP. 1 - LA PSICOPATOLOGIA DEGLI OGGETTI QUOTIDIANI


L’utente deve essere aiutato: bisogna che ci sia innanzi tutto una buona
VISIBILITA’: le parti giuste devono essere visibili e trasmettere il messaggio giusto,
devono suggerire inviti ed essere compatibili con ciò a cui servono. Se non si possono
rendere visibili, gli elementi possono allora essere dotati di suono.
Già esiste l’avvio di una psicologia dei materiali e delle cose, lo studio della
cosiddetta AFFORDANCE degli oggetti (“autorizzazione”, l’insieme di operazioni
permesse, cioè le proprietà reali e percepite delle cose materiali, in primo luogo
quelle che determinano come si potrebbe verosimilmente usare un oggetto).
L’affordance dà molti suggerimenti su come si potrebbe usare una cosa, ma quando
essa non basta e servono spiegazioni anche se l’oggetto è semplice, c’ è un cattivo
design.
Quando vediamo un modello di un oggetto disegnato, ci formiamo un MODELLO
CONCETTUALE e ci immaginiamo come esso possa funzionare, simulandone
mentalmente le operazioni (es. l’anello che invita a metterci il dito), poiché noi tutti
abbiamo la tendenza a dare spiegazioni ai fenomeni. Altri indizi del funzionamento
degli oggetti ci arrivano dai vincoli e dagli inviti d’uso e dalle correlazioni spaziali.
Dunque per progettare un buon oggetto occorre:
1- fornire un buon modello concettuale che ci permette di prevedere dunque gli
effetti delle nostre azioni
2- rendere visibili le cose in modo tale da facilitare la comprensione per l’utente
Spesso però il progettista rende giustizia solamente al modello che aveva in mente in
prima persona (modello progettuale) non rendendosi conto che l’utente (che
possiede il suo modello dell’utente) non ha le stesse capacita di chi l’oggetto l’ha
progettato. L’immagine del sistema che ne risulta è la parte visibile del dispositivo.
Quando non vi è una buona informazione di ritorno è come se la visibilità non
servisse: es. del telefono e delle sue mille funzioni che non sono immediatamente
comprensibili dall’utente. La visibilità funge da efficace richiamo mnemonico di ciò
che si può fare.
MAPPING è il termine tecnico per indicare il rapporto fra i comandi ed il loro
azionamento ed i risultati che ne derivano nel mondo esterno. Un mapping naturale,
col che intendiamo lo sfruttare analogie fisiche e modelli culturali, porta alla
comprensione immediata: es. comando verso l’alto per alzare il volume (analogia
spaziale). Riduce la necessita di conservare l’informazione nella memoria.
Il FEEDBACK è l’informazione di ritorno che dice all’utente quale azione ha
effettivamente eseguito, quale risultato si è realizzato.
Ogni qualvolta il numero delle funzioni ed operazioni richieste eccede il numero dei
comandi, il progetto diventa arbitrario, innaturale e complicato. Il problema è proprio
questo, e cioè che i sistemi hanno più funzioni e meno feedback. La stessa tecnologia
che semplifica la vita diventa un impedimento: questo è il paradosso della tecnologia;
maggiore complessità e difficoltà sono inevitabili quando si aumenta il numero delle
funzioni, ma con un abile design è possibile ridurle al minimo.

CAP. 2 - LA PSICOLOGIA DELLE AZIONI QUOTIDIANE


La psicologia dell’attribuzione di colpa deriva dalla nozione di impotenza appresa
(che serve a spiegare la tendenza ad incolpare se stessi), cioè quella situazione di cui
la persona fa esperienza più volte allo stesso modo e che dimostra l’insuccesso
ripetuto; di conseguenza, la persona decide che il compito non può essere ripetuto, e
di impotenza insegnata, cioè quella che ci deriva dalla fobia della tecnologia odierna
(applicazione dell’impotenza a tutte le tecnologie). Le persone si sentono colpevoli
quando non sanno usare un oggetto, in realtà il più delle volte è colpa del cattivo
design.
Cosa succede quando facciamo una cosa? Esaminiamo la struttura di un’azione:
1- Capire lo scopo da realizzare trasformarlo in un’intenzione ben precisa,
un’azione intrapresa per raggiungere lo scopo;
2- Fare qualcosa al mondo esterno, l’esecuzione che implica il fare qualcosa
3- Controllare e quindi valutare se si è raggiunto uno scopo (VALUTAZIONE)
Questi sette stadi d’azione (1- formare lo scopo 2- formare l’intenzione 3-
specificare un’azione 4- eseguire l’azione 5- percepire lo stato del mondo 6-
interpretare lo stato del mondo 7- valutare il risultato dell’azione) costituiscono un
modello approssimativo, non sono sempre distinti e separati, ma c’ è un continuo
anello di retroazione, in cui i risultati di un’attività sono utilizzati per indirizzarne
altre.
La differenza fra le intenzioni e le azioni possibili è detta GOLFO
DELL’ESECUZIONE, che separa uno stato mentale (rappresentazioni mentali del
soggetto) da uno stato fisico (componenti e stati fisici dell’ambiente). Mentre, il
GOLFO DELLA VALUTAZIONE riflette la quantità di sforzo necessario per
interpretare lo stato fisico del sistema e determinare fino a che punto corrisponda alle
aspettative ed intenzioni: è piccolo quando il sistema offre informazioni circa il suo
stato in una forma semplice e corrispondente all’idea che la persona si era fatta.
PRINCIPI DEL BUON DESIGN:
1- visibilità: guardando, l’utente può conoscere lo stato dell’apparecchio e le
alternative d’azione
2- buon modello concettuale: il progettista fornisce all’utente un valido modello
concettuale, con un’immagine di sistema coerente
2- buon mapping: è possibile determinare i rapporti fra azioni e risultati, fra i
comandi e i loro effetti, fra lo stato del sistema e ciò che è visibile
3- feedback: l’utente riceve una completa e continua informazione di ritorno circa
i risultati delle sue azioni

CAP. 3 - LA CONOSCENZA NELLA NOSTRA TESTA E NEL


MONDO
Spesso anche gli esperti di una qualche disciplina non hanno una conoscenza
perfetta di tutto ciò che la disciplina stessa comprende (es. le dattilografe che non
sanno ricostruire una tastiera): questo perché nelle situazioni di ogni giorno, il
comportamento è determinato dalla combinazione di conoscenza interna e vincoli
esterni, naturali e culturali.
Vi è una differenza fra conoscenza di e conoscenza del come: la prima, anche
detta conoscenza dichiarativa, è fatta di regole e fatti (“Fermarsi al semaforo”),
ed è facile da insegnare; la seconda, anche detta conoscenza procedurale, è la
conoscenza che permette ad una persona di sapere qualcosa che è condiviso da
tutti ma non è fissato da regole, è per questo che si può apprendere solo con la
pratica e dopo la dimostrazione di uso.
Molta informazione sulle cose ci proviene dal mondo esterno: ciò facilita lo
svolgimento del compito e richiede meno sforzo per la memoria dell’utente.
La memoria umana sembra avere una capacità che si aggira intorno ai 100 milioni
di voci diverse, ma la cosa difficile è la sua organizzazione. Si divide in memoria
a breve ed a lungo termine, l’una ricorda le cose successe da poco, l’altra è la
memoria del passato. Inoltre abbiamo 3 tipi di memoria:
1- memoria di cose arbitrarie: il fatto puro di ricordare qualcosa, senza capirne
il perché (ad es. imparare l’alfabeto). Non si capisce lo sbaglio perché non si
hanno abbastanza informazioni. (es. apprendimento meccanico, anche se molti
psicologi dicono che l’uomo tende comunque a dare al tutto una connotazione
razionale.)
2- memoria di relazioni significative: gli elementi da ricordare hanno una
logica, si dà un senso alle cose.
3- memoria tramite spiegazione: il materiale non va ricordato, ma va dedotto da
qualche meccanismo esplicativo attraverso l’uso di modelli mentali che devono
essere forniti adeguatamente dal progettista.
La conoscenza del mondo ci deriva o da noi stessi (conoscenza nella testa) o dal
mondo (conoscenza nel mondo), sta a noi scegliere quale usare in ogni situazione
che ci capita.
Uno degli aspetti più importanti e interessanti della memoria esterna è il suo ruolo
di promemoria. Un buon metodo di promemoria è affidare il compito all’oggetto
esterno. Ci sono due diversi aspetti in un promemoria: 1- il segnale: ti dice che ti
devi ricordare qualcosa ma non cosa 2- il messaggio: ti dice l’oggetto ma non te lo
ricorda

CAP. 4 - SAPERE CHE COSA FARE


Vi sono molti tipi di vincoli presenti nel mondo, che ci aiutano nell’uso quotidiano
delle cose:
1 - VINCOLI FISICI: sono limitazioni fisiche visibili che circoscrivono il
numero delle azioni possibili. Le funzioni obbliganti sono un vincolo fisico:
situazioni in cui le azioni sono vincolate in modo tale che la mancata esecuzione
di un passaggio ne impedisca il successivo (es. inserire la chiave in macchina per
partire). Nel campo dei sistemi di sicurezza le funzioni obbliganti sono dette
interlock, lockin e lockout. L’interlock è l’obbligo ad eseguire le operazioni nella
giusta sequenza. Il lockin è il mantenimento dell’apparecchio in funzione per
evitare che qualcuno lo spenga prematuramente. Il lockout è l’impedimento ad
entrare in un locale pericoloso.
2 - VINCOLI SEMANTICI: si affidano al significato della situazione per
circoscrivere l’insieme delle azioni possibili. Si basano sulla conoscenza della
situazione e del mondo.
3 - VINCOLI CULTURALI: fanno capo a convenzioni culturali accettate (es.
veicolo della polizia sormontata da una luce azzurra lampeggiante).
4 - VINCOLI LOGICI: non potrebbe essere altrimenti. Vi è un rapporto logico
tra la disposizione spaziale o funzionale dei componenti e le cose da questi
controllate.
Il progettista deve tenere conto dei vincoli e fare in modo che essi siano utili
all’utente nella comprensione dell’uso dell’oggetto. Le porte delle automobili
(esterne) sono un esempio di ottimo design poiché invitano l’utente all’azione
corretta.
Per facilitare la vita all’utente il progettista dovrebbe seguire il MAPPING
NATURALE: far corrispondere il comando all’oggetto. Ad es. gli interruttori
delle luci sono speculari alla disposizione delle stesse.
Si devono avere VISIBILITA’ e FEEDBACK immediato. Si deve cercare di
dare maggiore visibilità possibile, ma a volte non si può e si ricorre al suono che
deve però essere intelligente e deve stabilirsi quindi un rapporto naturale con
l’informazione trasmessa.

CAP. 5 - ERRARE E’ UMANO


Gli errori si presentano in varie forme. Due categorie fondamentali sono i lapsus e
gli errori di pensiero. I lapsus nascono da un comportamento automatico, quando
azioni subconscie che dovrebbero soddisfare i nostri scopi si bloccano a metà
strada. Gli errori di pensiero nascono da decisioni consapevoli.
LAPSUS: si vuol fare una cosa e ci si trova a farne un’altra. Freud li considerava
“psicopatologia della vita quotidiana”, in realtà non tutti i lapsus hanno secondi
significati nascosti, alcuni derivano da somiglianze fra le azioni, oppure da
reazioni incontrollate. Si possono classificare 6 categorie di lapsus che derivano in
parte da disattenzione e si verificano spesso in azioni familiari e conosciute:
1- ERRORI DI CATTURA: un’attività eseguita di frequente prende
improvvisamente la meglio su quella voluta, magari perché entrambe hanno lo
stesso input, hanno in comune gli stadi iniziali (es. suonare un pezzo simile a
un altro che conosciamo meglio e all’improvviso ci troviamo a suonare il
pezzo più familiare)
2- ERRORI DI DESCRIZIONE: l’azione che si intende fare ha molto a che fare
con altre che sono anch’esse possibili. Di solito sono azioni corrette fatte su
oggetti sbagliati. (es. mettere la maglietta sporca nel wc anziché nel cesto dei
panni sporchi: sono entrambi contenitori aperti)
3- ERRORI INDOTTI DAI DATI: le azioni automatiche sono suggerite dai dati
sensoriali, ma talvolta un’attività suggerita dai dati può interferire in una
sequenza in corso, producendo un comportamento che non era nelle nostre
intenzioni.
4- ERRORI DI ATTIVAZIONE ASSOCIATIVA: (es. squilla il telefono e dico
“Avanti!”): si pensa qualcosa che non si dovrebbe dire poi la si dice. Sono i
lapsus studiati da Freud.
5- ERRORI PER CESSATA ATTIVAZIONE: semplicemente dimenticare di
fare qualcosa.
6- ERRORI DI MODALITA’: quando gli apparecchi hanno diverse modalità di
funzionamento e l’azione appropriata per una ha significati diversi per le altre
modalità. E’ l’errore più importante per i progettisti. (es. apparecchio non
rende visibile la modalità in uso obbligandoci a ricordarla noi)
Il lapsus si riconosce tramite il feedback.
Gli sbagli propriamente detti nascono dalla scelta di scopi inadeguati: sono errori
di pensiero. Pensiero e memoria sono strettamente collegati, poiché il pensiero si
basa ampiamente sulle esperienze di vita.
Ci sono state molte teorie sulla memoria umana.
La teoria che si basa sul modello dello schedario, e parte da tre assunti
fondamentali:
a) che ci sia ordine e logica nelle singole strutture della memoria
b) che la memoria umana sia associativa, dunque collegata da vari schemi
c) che molta della nostra potenza di pensiero deduttivo derivi dall’usare
l’informazione contenuta in uno schema per dedurre le proprietà di un
altro.
La concezione tradizionale considera il pensiero un processo razionale, logico e
ordinato: è il modello connessionista. Questo modello segue le regole della
termodinamica più che quelle della logica: il cervello consiste in miliardi di
cellule nervose, i neuroni, connesse ciascuna a migliaia di altre cellule. Ogni
neurone dà informazioni agli altri in un processo di attivazione reciproca: il
connessionismo dice che anche la memoria umana funziona così.
Molta parte del comportamento umano è eseguita a livello subconscio, priva di
consapevolezza cosciente, e inaccessibile a un esame introspettivo. Il pensiero
subconscio stabilisce corrispondenze fra configurazioni diverse, che però possono
essere sbagliate. Opera, quindi, trovando la migliore corrispondenza possibile tra
l’esperienza passata e l’attuale. Procede rapidamente e automaticamente, senza
sforzo. Il pensiero conscio è invece lento e laborioso e tende a trovare spiegazioni
alle azioni. E’ inoltre seriamente limitato dalla ristretta capacità della memoria a
breve termine.

CAP. 7 - LA SFIDA DEL DESIGN

Il buon design ha un’evoluzione durante la quale viene continuamente messo alla


prova. Spesso capita che ottenuto un modello soddisfacente ulteriori cambiamenti
possono essere controproducenti: la tastiera “qwerty” (la tastiera standard
inventata da Sholes negli anni 70 del secolo scorso) fu un vero successo perché fu
la prima tastiera di tipo non alfabetico (cioè i tasti delle lettere non erano sistemati
in ordine alfabetico). Oggi si usa sostituirla con la tastiera Dvorak, che permette
un aumento della velocità rispetto alla “qwerty”, evitando quindi uno sforzo in più
all’utente.
Oggi si tende a mettere l’estetica al primo posto, in realtà si creano solo pessimi
oggetti sotto il punto di vista della facilità d’uso. Questo perché sempre più spesso
i progettisti non sono in grado di prevedere del tutto le esigenze ed i problemi
degli utenti, ma si impegnano solamente a costruire l’oggetto più bello e più
nuovo rispetto alla concorrenza. Inoltre, provvedono sempre più spesso a
rinnovare i propri prodotti, cosicché ogni anno c’ è il “modello nuovo” rivisto e
migliorato. Divengono, così, esperti del prodotto che non si rendono più conto che
magari è impossibile da usare, sono tentati dalla proliferazione strisciante delle
funzioni e dall’adorazione di falsi idoli.
Tentazioni per il progettista:
1- Proliferazione strisciante delle funzioni: aumenta le prestazioni
dell’apparecchio ma complica il suo utilizzo da parte dell’utente.
1- Adorazione di falsi idoli: in quest’ultimo caso corrisponde all’apparenza di
sofisticazione tecnologica.
Il computer è il mezzo più ergonomico, con infinite potenzialità di aiuto
all’attività dell’individuo ma anch’esso deve seguire delle regole di progettazione
che rendono semplice l’utilizzo. Quindi devono seguire soprattutto visibilità e
feedback.
Un metodo per rendere i sistemi più facili da imparare a usare è renderli
esplorabili ma affinché ciò possa avvenire è necessaria visibilità, feedback e le
azioni non devono comportare costi.
CAP. 7 - DESIGN CENTRATO SULL’UTENTE
Un sistema progettato con un buon design deve garantire che l’utente possa
indovinare il da farsi e capire cosa sta succedendo.
Il progettista deve fornire all’utente un buon modello concettuale che può essere:
1- Il modello progettuale: é la concettualizzazione del dispositivo che ha in
mente il progettista
2- Il modello dell’utente: è quello che l’utente sviluppa per spiegare il
funzionamento del sistema
3- L’ immagine del sistema: il progettista deve assicurarsi che tutto nel suo
prodotto sia coerente con il modello concettuale giusto e ne esemplifichi il
funzionamento (es. i manuali di istruzione)
Il compito dei manuali è quello di aiutare nella comprensione del funzionamento
del sistema. Per facilitare i compiti si può:
1- mantenere il compito invariato, ma offrire sussidi mentali
2- usare la tecnologia per rendere visibile ciò che altrimenti sarebbe invisibile,
migliorando così l’informazione di ritorno e la capacita di mantenere il
controllo delle operazioni
3- automatizzare, mantenendo il compito sostanzialmente invariato
4- cambiare la natura del compito
5- non eliminare i comandi manuali in modo da mantenere sempre il controllo del
mezzo utilizzato
La visibilità è il modo per superare i golfi, sul piano esecutivo in modo che la
gente sappia cosa può fare e come, e sul piano della valutazione per conoscere
l’effetto. E’ necessario rendere chiari e evidenti i risultati di un’azione.
Bisogna, inoltre, sfruttare il mapping naturale e fornire all’utente un feedback che
gli dia un’informazione coerente con le sue aspettative e che si presenti in forma
facilmente comprensibile. Si deve inoltre cercare di sostenere e non di contrastare
le risposte dell’utente. Permettergli di rimediare gli errori e di rettificare
qualunque risultato non voluto.
Quando infine una cosa non può essere progettata senza arbitrarietà nel mapping e
altre difficoltà, rimane un’unica strada: standardizzare. E’ importante
standardizzare le azioni, i risultati, la disposizione dei comandi e i quadri di
controllo il più presto possibile ma abbastanza tardi da poter tenere conto dei
progressi tecnici e procedurali.
I compiti quotidiani non sono difficili per la loro intrinseca complessità. Sono
difficili solo perché richiedono l’apprendimento di relazioni e correlazioni
arbitrarie e perché talvolta esigono precisione esecutiva. Le difficoltà si possono
evitare mediante un design che renda evidenti e chiare le operazioni necessarie.

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