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(1540 - 1611)
Le fortificazioni
( 1609)
Dialogo tra un Conte e l'Autore
(Il "Conte" è probabilmente Nestore Martinengo di Barco)
Palmanova, Abraham Saur: Theatrum Urbium. Warhafftige Contrafeytung/ und Summarische Beschreibung/
fast aller vornemen und namhafftigen Stätten/ Schlössern und Klöster ..., Frankfurt : Richter, 1610
Delle Fortificationi di Bonaiuto Lorini, libri cinque. Ne' quali si mostra con le più facili regole la Scienza con la Pratica, di fortificare
le città, & altri luoghi sopra diversi siti; con tutti gli avvertimenti che per tale intelligenza possano occorrere. Nuovamente dati in
luce [ristampate con aggiunta. [dedicato ai principi italiani]. In Vinegia, appresso Gio. Antonio Rampanzetto, 1596, in-folio,
tavv. [BNCF - Palatino 11. 3 .7. 37] 1597. [. Secondo Ayala, p. 104, la prima edizione, rarissima, è del 1592]. Trad. tedesca,
Francoforte, Theodor de Brys, 1607.
Le fortificazioni nuovamente ristampate, corrette & ampliate con tutto quello che mancava per la loro compita perfettione con
l'aggiunta del sesto libro [dedicato al granduca Cosimo I]. In Venetia, presso Francesco Rampazetto, 1609, in-folio, ritr., ill., in
due versioni, una dedicata "alli Serenissimi Principi d'Italia", l'altra "alla Illustrissima Signoria di Venezia". [Catalogo Floncel I,
p. 119, N. 1413. BNCF - Magl. 1. 4. 157]. Trad. tedesca a Oppenheim 1616 e 1620.
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G. Doti
Esempi di ridotte e fortini quadrilateri a bastioni, mezzi bastioni e a tenaglia: Lorini B., Le fortificationi di Bonaiuto Lorini,
nobile fiorentino, Venezia 1609.
da Roberto Sconfienza, FORTIFICAZIONI CAMPALI NEL XVIII SECOLO. CONTESTI CULTURALI
E CONFRONTI PER I TRINCERAMENTI DELL’ASSIETTA in «Armi Antiche. Bollettino
dell’Accademia di San Marciano - Torino», 1996 (1999), pp. 93-123
http://www.archeofortificazioni.org/FigTRINC.htm
Martinengo, Nestore
Dizionario Biografico degli Italiani - G. Benzoni
MARTINENGO, Nestore. – Nacque con tutta probabilità a Brescia intorno al 1547-48, ultimogenito di Alessandro di Gianmaria, del
ramo dei conti Martinengo di Barco, e di Laura di Graziolo Gavardo, la cui dote era consistita nello stabile di Villanova.
Il padre, già capitano in Fiandra e cultore del mondo classico, utilizzato per l’onomastica della prole, fece testamento il 13 marzo
1550 e morì prima del 6 agosto. Dal matrimonio con Laura erano nati, prima del M., Ortensia (sposa, nel 1561, di Ercole Salis Soglia,
colonnello dell’esercito imperiale a Rastadt); Ulisse (1545 - circa 1570), che fu esule per motivi di fede, abbracciò il calvinismo
insieme con la madre e divenne pastore in Valtellina, esercitando soprattutto a Morbegno (A. Olivieri, Ulisse Martinengo, Brescia e la
«religio Helvetica» (1572-1574), in Riformatori bresciani del ’500. Indagini, a cura di R.A. Lorenzi, Brescia 2006, pp. 169-187);
Aiace; Achille; Ascanio, nato nel 1541, da distinguere dall’omonimo del ramo Cesaresco (1555-83), che ospitò B. Arnigio, fu
rappresentato da costui nella terza delle Veglie (Brescia 1577), fu abate di Leno nel 1567 e fondatore, nel 1573, a Padova
dell’Accademia degli Animosi. Invece, l’Ascanio fratello del M. indossò, nel 1557, l’abito dei canonici lateranensi in S. Afra di
Brescia e si distinse come religioso colto, predicatore elogiato dal futuro vescovo di Chioggia Gabriele Fiamma, autore di Praeludia
in Sacram Scripturam, rimasti inediti, di Glossae… in Genesim (Padova 1597), accreditato agiografo locale con le Vite
de’ ss. Faustino e Giovita, di s. Affra e d’altri santi bresciani… (Brescia 1602). Nel 1585 fu nominato visitatore della sua
Congregazione e, nel 1591, fu eletto generale. Morì non, come si riporta, nel 1600, ma dopo il 1° giugno 1602.
Quanto al M., optò per la milizia. Nel 1567-69 fu a Creta, al seguito di Girolamo Martinengo di Padernello, cooperando con lui a
lavori di fortificazione. Rimpatriato, il 15 marzo 1570 salpò, sempre al seguito del congiunto, alla volta di Cipro, dove sbarcò il 2
maggio con un contingente ridotto dalle vicissitudini del viaggio e dalla febbre, di cui anche Girolamo era stato vittima durante la
navigazione.
Tra i difensori di Famagosta (tra i quali si distinse Ercole Martinengo da Barco, già architetto militare proprio a Cipro e in particolare
a Famagosta), sempre più attanagliata, dopo la caduta di Nicosia, dall’assedio ottomano, nell’aprile 1571 il M. passò al comando della
sua compagnia. Diresse, altresì, lo scavo d’una galleria per intercettare quella fatta dal Turco per far saltare le mura. Ferito due volte,
il 29 giugno e il 9 luglio, non desistette dal battersi. Il 5 agosto fu latore della lettera di Marcantonio Bragadin a Mustafà Lalà, pascià
di Damasco, dove – dopo 11 mesi d’assedio costati agli Ottomani 50.000 uomini – i Veneziani chiedevano una resa con garanzie. Il
comandante turco rispose con toni tranquillizzanti, sicché in serata Bragadin gli si consegnò fiducioso, ma il vincitore reagì con un
brusco voltafaccia per vendicare una cinquantina di prigionieri turchi che Bragadin, il giorno prima della resa, aveva fatto trucidare.
La fine del patrizio veneziano fu atroce e con lui perirono pure Astorre Baglioni e Luigi Martinengo delle Palle; i circa 700 superstiti
del sanguinoso assedio furono destinati a spietata schiavitù e poi inviati a Costantinopoli il 22 settembre. Per cinque giorni il M. si
nascose in una casa di famagostani; quindi, raccomandato da «un greco suo amico», si consegnò come schiavo personale riscattabile
con 500 zecchini a un sangiacco del Bei. A Costantinopoli – anche grazie ai denari fatti avere al sangiacco da un medico bresciano
(forse un rinnegato colà esercitante) – il M. godette d’una certa libertà di movimento, grazie alla quale, in modo ingegnoso, poté
veleggiare fino a Tripoli di Siria. Qui con l’aiuto del console francese s’imbarcò per Creta, dove lo accolse calorosamente il
comandante delle milizie Latino Orsini, e il 3 dic. 1571 sbarcò a Venezia, come racconta il nunzio G.A. Facchinetti (futuro Innocenzo
IX), esponendo le traversie del M. più chiaramente di quanto egli stesso avrebbe fatto.
Dell’assedio di Famagosta, il M. rese una lunghissima Relatione, che sia nel 1571 sia nel corso dell’anno seguente fu stampata più
volte in più luoghi (Brescia, Milano, Fano, poi Verona, Venezia) ed ebbe traduzioni in tedesco (Augusta 1572) e in francese (Parigi
1572, opera questa di François de Belleforest), divenendo uno dei testi di più intensa circolazione sulla guerra contro il Turco ancora
in corso. Sempre del M. una breve Agionta – rimasta manoscritta – alla Relatione, ove rapidamente rifletteva sulle caratteristiche
dell’esercito del Turco, connotato da obbedienza, parsimonia, capacità di sopportare disagi e privazioni e assenza del timore della
morte, in quanto quella ottenuta in battaglia era ritenuta meritoria. A fronteggiare un tanto esercito così motivato era necessaria, da
parte della Cristianità, una milizia non mercenaria, strutturata senza i vincoli che limitassero i comandi e l’azione del principe
ereditario, pronta a obbedire a un principe «nuovo».
Il M. era assente da Brescia quando, il 13 ott. 1572, il fratello Achille vendette anche a suo nome dei beni, a Villanova, al conte
Leopardo Martinengo; risulta, invece, essere in città il 15 nov. 1578 e, ancora, il 6 maggio 1591 e il 16 apr. 1592, in concomitanza con
la stipula di alcuni accordi patrimoniali. Comunque – a parte qualche puntata intermittente – il grosso del suo tempo l’impiegò, non
senza discapito dei suoi interessi privati (quali la lite per un possesso d’acqua, nella quale prevaricò il conte Ettore Martinengo), al
servizio della Serenissima. Per tre anni fu governatore a Sebenico, dove le condizioni della milizia e delle dotazioni d’armi erano
lamentevoli, come riferì al termine del mandato. Nel 1582 ebbe il governo di Legnago, a capo di 35 fanti. Dal 1592 fu a Corfù,
governatore della fortezza vecchia. Il 18 maggio 1594 sottoscrisse a Zara una emptio, trovandosi lì di passaggio, forse trattenuto dal
maltempo e pure dall’attesa di galere per Venezia. È pertanto ragionevole l’ipotesi che ne Il dialogo dove si descrive il ragionamento
fatto da un conte con l’autore (in B. Lorini, Delle fortificationi…, Venetia 1597, pp. 52-104 e di nuovo, ibid. 1609, pp. 56-110 e
parzialmente in Arte militare di varii autori, a cura di L. Carrer, ibid. 1840, pp. 117-163) Lorini rappresenti nel «conte», suo
interlocutore in quel di Zara per cinque giornate (stando alla prima edizione) o per sei (stando alla seconda), proprio il M., sia perché
il conte ricorda la diretta esperienza dell’assedio di Famagosta, l’avervi «visto patire e miserabilmente morire», l’esservi «stato fatto
schiavo», sia per il riferimento a un antecedente colloquio avvenuto a Corfù, nel quale i due s’erano, appunto, ripromessi di avere, con
l’occasione, «un commodo e lungo ragionamento sopra il modo di fortificare».
Il M. morì a Corfù nel 1598. È pertanto errata la persistente notizia che ne ritarda la fine al 1630: forse questa data vale per l’omonimo
conte Nestore Martinengo che al testamento del 23 giugno 1627 aggiunse, il 29 giugno 1629, un codicillo.
La nobile romana Livia degli Amici figurava vedova del M. e tutrice dei figli già in una locatio del 15 ott. 1599. Dall’unione era nata
numerosa prole: una sola femmina, Orizia, dotata dalla madre il 24 ott. 1601 per entrare nel convento bresciano di S. Giulia; e ben
dieci maschi: Bernardo, Leonardo, Sforza, Achille, dei quali resta solo il nome; Alessandro, volontario in Fiandra, morto nel 1601
all’assedio di Ostenda; Gianbattista (1588-89 - 1630 circa) che, entrato a 14 anni nella Compagnia di Gesù, morì prodigandosi per gli
appestati a Bologna, autore d’una Cynosaura devotis Deiparae… dedicata al fratello Marcantonio; Cesare, governatore in varie città
venete; Gianfrancesco (1595-1647) che sposò la friulana Camilla Porcia e fu al seguito d’ambasciatori veneti a Costantinopoli,
Vienna, Roma; Ottaviano che, nato nel 1594, dopo le armi divenne camaldolese, con il nome di Anselmo, nell’eremo di Rua nel
Padovano per poi fondare nel 1639 quello di S. Bernardo a Gussago.
Quello che più si distingue tra i figli del M. è Marcantonio (1592-1673), il quale fu canonico nel duomo di Padova e dedicò al capitolo
un ponderoso Trattato pio e necessario… alla vera divotione… di Maria (Venezia 1629). Amico e benefattore dei teatini, fu vescovo
di Torcello dal 1643 e fece stampare il Ritus admittendi vergines saeculares ad habitum et recipiendi novitias… (ibid. 1654), già
fissato con decreto sinodale del 1648; frutto del medesimo sinodo fu la stampa delle Constitutioni… per la retta disciplina monacale
che, stabilite da un precedente vescovo, Antonio Grimani, sono da lui confermate… con aggiunta d’alcuni de suoi decreti… a buona
direttione de’ monasteri… (ibid. 1666). A lui si devono il calendario torcellano; l’intransigenza severissima contro le zazzere e i
capelli lunghi del clero; la sostituzione con la Dottrina cristiana di Roberto Bellarmino di quella – già vigente nella diocesi – del
patriarca di Venezia Lorenzo Priuli; la proclamazione di s. Eliodoro vescovo a santo protettore della diocesi con la fissazione a festa
di precetto del 3 luglio. Affezionato alle memorie della sua gens, Marcantonio Martinengo fece pubblicare – nella versione latina di
Ottavio Ferrari che uscì col titolo di Origo et stemma gentis Martinenghae (Padova 1671) – una dissertazione di Francesco Leopardo
Martinengo sull’Antichissima origine della famiglia Martinengo.
In precedenza aveva pubblicato i Ricordi…a’ suoi figliuoli (Padova 1650) del M., che ai figli aveva raccomandato la virtù e
l’applicazione allo studio senza peraltro esortarli alla vita militare, nella quale lui s’era impegnato.
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Correr, P.D. C., 1234 (inventari di scritture da cui si ricavano operazioni e interessi del M. e suoi famigliari); 1188 (affittanze del M. e
dei suoi discendenti e alberi genealogici del suo ramo); 1255/1: Arbori… dei Martinengo e privilegii; 1184: Repertorio docc. relativi
ai… Martinengo; 2299/XV/4; Codd. Cicogna, 2854, cc. 127-128 (relazione del M. al rientro da Sebenico); 2525/XLIV: Agionta
all’historia dell’assedio di Famagosta scritta dall’ill.mo… conte N. M.; 1615: [Francesco Leonardo Martinengo], Raccolta di
memorie… della famiglia Martinenga…, cc. 364, 419-420, 506, 547; R. Benedetti, Narratio de capta Famagusta…, Lipsiae 1571;
E.M. Manolesso, Historia nova, nella quale si contengono tutti i successi della guerra turchesca…, Padova 1572, cc. 51r, 59r; G.P.
Contarini, Historia delle cose successe dal principio della guerra… fino al dì della gran giornata vittoriosa contra Turchi…, Venetia
1572, cc. 24, 25v, 26v, 31r, 32r; F. Sansovino, Della origine et de’ fatti delle famiglie illustri d’Italia, Vinegia 1582, c. 305v; A.
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1977, ad ind.; O. Rossi, Elogi historici di bresciani illustri…, Brescia 1620, ad ind.; O. Ferrari, Origo et stemma gentis Martinenghae,
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L'assedio e presa di Famagosta, dove s'intende minutiosamente tutte le scaramucce, battaglie, mine et assalti dati ad essa fortezza, et
quanto valore abbiano dimostrato que' signori capitani, soldati, popolo et infino le donne. Brescia, 1571. [Cad. Vat. Ottoboni
2604. Altre ed. a Brescia, Milano, Fano e poi a Venezia e Verona, pure datate 1571 ma certo stampate nel 1572,
contemporaneamente alle traduzioni tedesca (ad Augusta) e francese (di François de Belleforest, a Parigi). Ayala, p. 107]. In
appendice a Gigi Monello, Accadde a Famagosta, Scepsi & Mattana, 2007..
Carta di Famagosta di Giacomo Franco (1550-1620), Viaggio da Venetia a Constantinopoli per Mare (1597). Wikipedia
[Edito da Luigi Arminio Carrer]