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I fascisti al governo.
Con i fascisti al governo si ebbe una ripresa economica che caratterizzò la prima metà degli anni venti, la produzione manifatturiera crebbe e furono
introdotti i primi provvedimenti:
• Furono abolite le leggi fiscali volte a tassare i sovrapprofitti di guerra, si defiscalizzarono i redditi azionari, si sottoposero i salari operai e i redditi
dei contadini alle imposte sul reddito, si incrementarono le imposte indirette.
• Inoltre si ridusse la spesa pubblica con lo scopo di tenere sotto controllo il debito pubblico.
Nonostante il regime desse forti restrizioni sul piano politico e istituzionale, sul piano economico concedeva ogni libertà di iniziativa agli imprenditori.
Inoltre dopo il '24 ci fu un boom delle esportazioni che durò un paio d'anni, per quanto riguarda le importazioni invece il governo cercava di ridurle, e per far
questo promosse alcune iniziative abilmente pubblicizzate:
– La battaglia del grano: si cercò di far aumentare la produzione di grano e cereali.
– La bonifica integrale: con cui si cercò di aumentare la superficie coltivabile.
Tali opere pubbliche richiedevano un gran numero di manodopera e ciò aiuto la diminuzione di disoccupati, comunque si può dire che in linea di massima la
politica economica fascista fino al '26 fu di stampo liberista.
Il delitto Matteotti: il carattere illiberale del fascismo.
Il governo Mussolini stava progressivamente alterando il carattere liberale dello stato:
• Il parlamento venne sostituito dal Gran consiglio del fascismo, formato dai maggiori esponenti del partito e del governo, il quale aveva varie
funzioni attribuite prima al parlamento.
• Nacque la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, incaricata di difendere il regime.
Nel '24 poi il listone (fascisti e conservatori) vinse le elezioni anche grazie ai brogli e alle intimidazioni durante la campagna elettorale; a questo proposito il
deputato socialista e segretario del Psu Giacomo Matteotti denunciò quanto accaduto. Fu rapito a Roma da emissari fascisti e ucciso. Il delitto provocò una
grande indignazione nell'opinione pubblica, ma a poco servì poiché il re Vittorio Emanuele III continuò ad appoggiare Mussolini, ed il governo non crollò.
Il regime fascista aveva però anche un altro appoggio → papa Pio XI, che rappresentava l'ala più conservatrice della chiesa, e infatti l'antifascista don
Sturzo si dissociò. Nonostante il rapporto fra chiesa e regime, quest ultimo smantellò alcune associazioni cattoliche per sostituirle con quelle di regime.
Il 1926, l'anno si svolta: la costruzione del regime fascista.
Nel 1926 Mussolini, che prima aveva rispettato formalmente le regole costituzionali, iniziò la costruzione del regime fascista:
• Vennero promulgati una serie di decreti governativi (codice Rocco) con cui l'opposizione fu ammutolita tramite la forte riduzione della
libertà di stampa e di associazione.
◦ La situazione peggiorò poi quando tutti i partiti e movimenti politici fuori da quello fascista vennero considerati illegali. Fu creato anche un
tribunale speciale per la difesa dello stato dall'opposizione. → Nasce il fuoruscitismo: gli esponenti dell'opposizione preferiscono andar via
dall'Italia e agire dall'esterno.
• L'organizzazione statale mutò profondamente: il parlamento perse la sua principale funzione legislativa, e fu ridotto a organo di controllo. Lo
statuto albertino subì sostanziali modificazioni e la maggior parte dei poteri fu concentrata nelle mani del duce, che, oltre a essere capo di governo,
divenne anche titolare di numerosi ministeri.
• Si cercò di allargare il consenso del regime fra i vari ceti sociali grazie all'utilizzo di nuovi mezzi di comunicazione.
• I sindaci e i presidenti vennero sostituiti dai podestà e i presidi, nominati direttamente dal governo. Anche il controllo locale da parte dei
prefetti si andava a intensificare.
Le leggi sindacali.
Nel '26 furono emanate anche le leggi sindacali con cui gli scioperi furono resi illegali e l'autorità dei sindacati eliminata, già l'anno prima la Confindustria
aveva trattato solo con i sindacati nazionali fascisti. Ora gli organismi sindacali erano inquadrati nello stato e la loro tutela era affidata alla magistratura del
lavoro. In questo modo i lavoratori erano considerati solo una forza lavoro funzionale agli interessi industriali. Con queste leggi si disegnava il progetto di
uno stato totalitario che propagandava la centralità del lavoro sulle macerie dei diritti dei lavoratori, venne inoltre emanata la Carta del lavoro che
promuoveva la collaborazione fra le classi.
La svolta in politica economica: la rivalutazione della lira.
La situazione economica era critica a causa dell'inflazione e della svalutazione della lira. Quest'ultimo problema rischiava di far perdere consensi al regime
fra i ceti medi, e sebbene agevolasse le esportazioni, d'altra parte ostacolava le importazioni e favoriva l'inflazione. Ecco che il duce e il ministro delle
finanze promossero la rivalutazione della lira, in modo che 1 sterlina valesse 90 lire (da qui l'espressione “quota 90”). Quindi iniziò una nuova politica
economica:
➢ Ci si avviò ad un rigido protezionismo poiché era necessario controllare i prezzi, difendere i piccoli risparmiatori e anche le grandi industrie.
Tramite questa politica Mussolini intendeva sottolineare che l'unica volontà politica doveva essere quella del duce, e che egli sarebbe stato un buon
mediatore per quanto riguarda gli interessi delle varie classi, a patto che queste dessero la completa adesione al regime.
Gli effetti sociali della rivalutazione: il consenso della piccola borghesia.
“Quota 90” ebbe anche degli effetti molto negativi che colpirono diversi settori industriali, i quali traevano profitto dalle esportazioni. Ecco che aumentò la
disoccupazione e diminuirono i salari, portando così forti tensioni sociali. Il regime decise di tutelare gli interessi delle grandi industrie e ignorare i
lavoratori, che non erano più tutelati dai sindacati. Nonostante la crisi il regime si rafforzò ulteriormente, perché “quota 90” fu accettata di buon grado
dalla piccola borghesia, che si sentiva protetta, e costituiva quindi una larga base di sostegno anche perché distribuita omogeneamente fra città e
campagne. In più il consenso della chiesa aiutò il Partito nazionale fascista ad espandersi ulteriormente.