Professional Documents
Culture Documents
Integrali
La teoria dell’integrazione in R2 si costruisce a partire dalla nozione geometrica di area di un rettangolo.
Def. 1. La misura (o area) del rettangolo R
R = (x, y) ∈ R2 | a ≤ x < b, c ≤ y < d = [a, b[ ×[c, d[
a < b, c < d
è definita come
m(R) = (b − a)(d − c).
La nozione di integrale per funzioni costanti a tratti su una famiglia di rettangoli è altrettanto
naturale.
Def. 2. Sia f : R2 → R una funzione per cui esiste una famiglia finita R1 , . . . , Rn di rettangoli
disgiunti tale che
c (x, y) ∈ R1
1
... ... Ri ∩ Rj = ∅ i 6= j
(1) f (x, y) = dove .
cn (x, y) ∈ R n c1 , . . . , cn ∈ R
0 (x, y) 6∈ (R1 ∪ . . . ∪ Rn )
n n 2 2n
Rn = [x0 − n , x0 + n [ ×[− , [ m(Rn ) = n = n ∀n ≥ 1,
n2 n2 4 4 n2 4 2
S P∞ P∞
allora E ⊂ n≥1 Rn e n=1 m(Rn ) = n=1 2n = .
Più in generale si può dimostrare che se
x = x(t)
γ: t∈I I intervallo
y = y(t)
è una curva di classe C 1 , allora la sua traccia A = {(x(t), y(t)) | t ∈ I} è un insieme trascurabile.
1
2
x0 ∈Q
è trascurabile poiché è unione numerabile di insiemi trascurabili.
Siamo ora in grado di dare la definizione di funzione integrabile.
Def. 4. Una funzione f : R2 → R si dice (Lebesgue) integrabile se esiste una successione (fn )n≥1 di
funzioni semplici che soddisfa le seguenti due condizioni
(3) f (x, y) = lim fn (x, y) per ogni (x, y) 6∈ E dove E ⊂ R2 è un insieme trascurabile,
n→+∞
e
Z
(4) per ogni > 0 esiste n ∈ N tale che |fm (x, y) − fn (x, y)| dxdy ≤ ∀m ≥ n ≥ n.
R2
In tal caso si definisce integrale di f il limite, necessariamente finito,
Z Z
(5) f (x, y) dxdy = lim fn (x, y) dxdy.
R2 n→+∞ R2
La condizione (6) non è necessaria (benché facile da verificare). Infatti, la monotonia delle successione
e la (7) implicano che esiste finito
lim fn (x, y) ∀(x, y) ∈ A e x 6∈ E dove E ⊂ A è un insieme trascurabile
n→+∞
e si definisce f : A → R
(
lim fn (x, y) (x, y) ∈ A \ E
f (x, y) = n→+∞ .
0 (x, y) ∈ E
Teo 2 (Teorema della convergenza dominata). Sia (fn )n≥1 una successione di funzioni che converge
puntualmente ad f in A ⊂ R2 ,
f (x, y) = lim fn (x, y) ∀(x, y) ∈ A.
n→+∞
Se le funzioni fn sono integrabili su A ed esiste una funzione g positiva ed integrabile tale che
|fn (x, y)| ≤ g(x, y) ∀(x, y) ∈ A,
allora f è integrabile su A e vale
Z Z
f (x, y) dxdy = lim fn (x, y) dxdy(x, y).
A n→+∞ A
Dato n ≥ 1, sia fn : R2 → R
1 ≤ x < 23 = 1 + 21 , 0 ≤ y < 1
1
2 ≤ x < 94 = 2 + 212 , 0 ≤ y < 12
2
fn (x, y) = ... ... .
1 1
n n ≤ x < n + 2n , 0 ≤ y < n
0 altrove
(−1)n
Benché limn→+∞ R2 fn (x, y) dxdy = ∞
R P
n=1 n sia finito, la funzione f non è integrabile. Supponia-
mo per assurdo che f sia integrabile. Questo implica che |f | è integrabile e, essendo |fn (x, y)| ≤ |f (x, y)|
per ogni (x, y) ∈ R2 , il teorema della convergenza dominata assicura che esiste finito
Z Z ∞
X 1
|f (x, y)| dxdy = lim |fn (x, y)| dxdy = ,
R2 n→+∞ R2 n
n=1
Gli insiemi della forma data dalla (8) sono detti insiemi normali rispetto all’asse x, mentre il
secondo membro della (9) si chiama integrale iterato. Per costruzione A è chiuso e limitato, da cui
segue l’integrabilità di f .
Nell’equazione (9), fissato x ∈ [a, b], fx (y) = f (x, y) è una funzione continua della variabile y, quindi
per il teorema fondamentale del calcolo integrale
Z ψ(x)
f (x, y) dy = F (x, ψ(x)) − F (x, ϕ(x)),
ϕ(x)
Il seguente esempio mostra come l’esistenza degli integrali iterati non garantisca l’integrabilità della
funzione
x2 −y 2
Esempio 7. Sia f (x, y) = (x2 +y 2 )2
con (x, y) 6= (0, 0) e f (0, 0) = 0.
Poiché
∂ −x ∂ y
f (x, y) = = (x, y) 6= (0, 0),
∂x (x2 + y 2 ) ∂y (x2 + y 2 )
7
allora Z 1 Z 1 Z 1
y y=1 1 π
f (x, y)dy dx = dx = arctan x = ,
(x 2 + y 2 ) y=0
0 4
0 0 0
ma Z 1 Z 1 Z 1
−x x=1 1 π
f (x, y)dx dy = dy = − arctan y =− .
2 2
0 (x + y ) x=0 4
0 0 0
La funzione f non è continua in (0, 0) e non è limitata in un intorno di (0, 0) poiché
1
lim f (x, 0) = lim 2 = +∞.
x→0 x→0 x
Il seguente teorema mostra come cambia l’integrale tramite una trasformazione regolare di coordi-
nate.
Teo 4 (Cambiamento di variabili). Sia Φ : A b ⊂ R2 → R2 una trasformazione regolare di coordinate
tra gli aperti A
b e A = Φ(A)b
x = x(b x, yb)
Φ: x, yb) ∈ A.
(b b
y = x(b x, yb)
Se f : A → R vale
Z Z
f (x, y) dxdy = f (x(b x, yb)) |det JΦ (b
x, yb), y(b x, yb)| dbxdb y
A A
b
purché uno dei due integrali esista.
Il seguente esempio mostra il significato geometrico del fattore |det JΦ (b
x, yb)|.
Esempio 8. Sia Φ : R2 → R2 la trasformazione di coordinate lineare
x = abx + bb
y
Φ:
y = cbx + db
y
dove a, b, c, d ∈ R tali che ad − bc 6= 0. Sia Ab = ]0, 1[ × ]0, 1[ il quadrato di vertice l’origine e lato 1,
allora A = Φ(A) b è il parallelogramma con vertice l’origine e lati i vettori (a, c) e (b, d). L’area di tale
parallelogramma è
Z Z Z
m(A) = 1 dxdy = |det JΦ (b
x, yb)| db
xdb
y= |ad − bc| db y = |ad − bc|,
xdb
Φ(A)
b A
b A
b
Posto fn : R2 → R 2 2
e−(x +y ) (x, y) ∈ Bn
fn (x, y) =
0 (x, y) 6∈ Bn
la successione (fn )n≥1 è crescente e converge puntualmente ad f . La (10) implica che le funzioni fn
sono integrabili su R2 e
Z Z
2 2 2
lim fn (x, y) = lim e−(x +y ) dxdy = lim π(1 − e−n ) = π.
n→+∞ R2 n→+∞ B n→+∞
n
L’insieme Az ⊂ R2 è detto strato di quota c. Nei due teoremi, l’insieme A risulta chiuso e limitato,
per cui f è integrabile e, nella formula di integrazione per strati, Az è chiuso e limitato. Entrambe le
formule (11) e (12) riducono l’integrale triplo ad un integrale iterato, un integrale unidimensionale in dz
ed un integrale doppio in dxdy, che a sua volto può essere ridotto. La differenza consiste nell’ordine
in cui vengono calcolati i due integrali e nel dominio di integrazione. Per entrambe le tecniche di
riduzione, valgono analoghe formule permutando tra di loro le variabili x, y e z.
9