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MANUALE PRATICO

DEL

CONDOMINIO
PRESENTAZIONE

Lo scopo di questo manuale pratico, è quello di dare un agile strumento di consultazione per
tutti coloro che hanno a che fare con il condominio, sia condòmini che amministratori, ma può
essere un valido aiuto per chi, professionalmente ( Avvocati, Commercialisti, Architetti,
Geometri, Agenzie di mediazione immobiliare, Amministratori di condominio ecc.) opera in
questo campo.

L’opera si compone di una parte strettamente giuridica con l’esplicazione, attraverso le


decisioni, aggiornate al 1999 della Corte di Cassazione, delle norme che regolano il
condominio e la comunione in generale.

Una parte pratica composta da un questionario con le relative risposte, riguardante molte
situazioni pratiche.

La stesura è fatta articolo per articolo con relativa giurisprudenza.

L’ampio sommario, redatto in maniera semplicissima, riportante tutte le sentenze e tutti gli
articoli, permette, a chi desidera consultarlo, un’immediata ricerca di ciò che interessa.

La completezza e la semplicità della stesura, rende quest’opera accessibile anche al semplice


condòmino privo di preparazione giuridica.

Il volume è corredato con un Floppy Disk che permette, oltre ad una consultazione rapida,
Vostre annotazioni e aggiornamenti. Esso può essere usato direttamente o caricandolo su
disco fisso.

Nella speranza di essere riuscito nell’intento di dare uno strumento utile e pratico, ringrazio
anticipatamente tutti coloro che si serviranno di questa opera.

Foiano della Chiana, 1 Aprile 1998

Salvatore Aurilio

Questo manuale commentato con la giurisprudenza, leggi collegate, una sezione


dedicata alle LOCAZIONI + libro

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SOMMARIO

PRESENTAZIONE *

IL CONDOMINIO DEGLI EDIFICI *

CHE COS’E’ IL CONDOMINIO *

DELLA COMUNIONE *

Della comunione in generale *

1100. Norme regolatrici. *

1101. Quote dei partecipanti. *

1102. Uso della cosa comune. *

1103. Disposizione della quota. *

(2825 c.c.). Ipoteca su beni indivisi. *

1104. Obblighi dei partecipanti. *

1105. Amministrazione. *

1106. Regolamento della comunione e nomina di amministratore. *

1107. Impugnazione del regolamento. *

1108. Innovazioni e altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione. *

1109. Impugnazione delle deliberazioni. *

1110. Rimborso di spese. *

1111. Scioglimento della comunione. *

1112. Cose non soggette a divisione. *

1113. Intervento nella divisione e opposizioni. *

1114. Divisione in natura. *

1115. Obbligazioni solidali dei partecipanti. *

1116. Applicabilità delle norme sulla divisione ereditaria. *

PARTI COMUNI *

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DIRITTI SULLE COSE COMUNI *

INDIVISIBILITÀ DELLE PARTI COMUNI *

INNOVAZIONI *

INNOVAZIONI GRAVOSE O VOLUTTUARIE *

VIETATO ARRECARE DANNO *

RIPARTIZIONE DELLE SPESE *

DISTINZIONE TRA SPESE DI MANUTENZIONE E SPESE DI INSTALLAZIONE


*

MANUTENZIONE E RICOSTRUZIONE DELLE SCALE *

SPESE PER LA MANUTENZIONE DEI SOFFITTI, DELLE VOLTE E DEI SOLAI


*

LASTRICI SOLARI IN USO ESCLUSIVO *

SOPRAELEVAZIONE *

Art. 1127 c.c.. Costruzione sopra l'ultimo piano dell'edificio. *

DISTRUZIONE DELL’EDIFICIO *

Art. 1128 c.c.. Perimento totale o parziale dell'edificio. *

L’AMMINISTRATORE *

1129. Nomina e revoca dell'amministratore. *

5. Nomina, revoca e attività dell'amministratore *

6. Mancata nomina dell’amministratore *

7. Cessazione dalla carica *

8. Effetti dopo la cessazione *

9. Prorogatio *

10. Revoca dell’amministratore *

11. Risarcimento dei danni proposta dall'amministratore *

12. Spese pluriennali *

POTERI ED OBBLIGHI DELL’AMMINISTRATORE *

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RAPPRESENTANZA *

1131. Rappresentanza . *

DISSENSO DEI SINGOLI CONDOMINI RIGUARDANTE LE LITI GIUDIZIARIE


*

PROVVEDIMENTI PRESI DALL’AMMINISTRATORE *

Art. 1133 c.c. Provvedimenti presi dall'amministratore. *

SPESE FATTE DA UN CONDOMINO *

Art. 1134 c.c. *

POTERI DELL’ASSEMBLEA DEI CONDOMINI *

Art.1135 c.c.. Attribuzioni dell'assemblea dei condomini. *

CONVOCAZIONE DI ASSEMBLEA *

Art. 66 disposizioni di attuazione del codice civile *

Art. 67 disposizioni di attuazione del codice civile *

COSTITUZIONE A VALIDITÀ DELL’ASSEMBLEA E DELLE RELATIVE


DELIBERAZIONI *

1136. Costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazioni. *

*Art. 6 comma 2, L. 9/1/1991, n. 10. *

( Per gli interventi in parti comuni di edifici, volti al contenimento del consumo energetico degli edifici stessi
ed all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'articolo 1, ivi compresi quelli di cui all'articolo 8, sono valide
le relative decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali.) *

Art. 10 L.27.07.1978 n.392: Partecipazione dell’inquilino *

EDIFICIO APPARTENENTE AD UN UNICO PROPRIETARIO *

IMPUGNAZIONI *

1137. Impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea. *

Art 23 c.c.. Annullamento e sospensione delle deliberazioni. *

REGOLAMENTO DI CONDOMINIO *

1138. Regolamento di condominio. *

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REGOLAMENTO CONVENZIONALE E REGOLAMENTO CONTRATTUALE *

Art.1139 c.c.. Rinvio alle norme sulla comunione. *

QUESTIONARIO PRATICO *

Le scritte in neretto si riferiscono alle risposte *

IL CONDOMINIO DEGLI EDIFICI

Il condominio degli edifici è regolato da appena 22 articoli del codice civile ai quali si aggiungono i
14 delle disposizioni di attuazione dello stesso codice del 1942.

Pur essendo, la normativa, abbastanza semplice, il condominio degli edifici è fonte di un’enorme
conflittualità sia a livello giudiziario sia a livello personale. Questo perché da una società
prevalentemente agricola, dove la proprietà era quasi sempre distinta da quella del vicino si è
passati ad un regime per cui alla proprietà esclusiva di un bene si aggiunge la comproprietà di altri,
e quindi si è costretti a dividere con altri il nostro diritto, facendo sì che persone di diversa cultura o
estrazione sociale o etnica abbiano qualcosa in comune.

Un altro elemento, causa di conflittualità, è che pur avendo avuto, il condominio degli edifici, un
enorme sviluppo, non ha a sostegno una normativa adeguata. Una normativa cioè più dettagliata e
articolata, volta a prevedere più casi possibili.

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CHE COS’E’ IL CONDOMINIO

Il condominio degli edifici trae origine dalla comunione, regolata dagli articoli 1100 e segg. del
codice civile.

La comunione è un diritto di proprietà spettante a più persone per cui ogni partecipante ad essa, ha
il diritto di servirsi della cosa comune come meglio crede. Sempre però che anche gli altri possano
fare altrettanto.

Caratteristica essenziale della comunione è che ogni partecipante ha pieno diritto di godere di tutta
la cosa comune e non soltanto in ragione della sua percentuale di proprietà.

In altre parole se tre comunisti ( termine giuridico dato ai comproprietari ) sono comproprietari di
un bene come ad esempio un cortile, dove uno ha il 50% di proprietà e per quanto riguarda gli altri,
uno ha il 30% e l’altro ha il 20%, ognuno di loro può servirsi pienamente del cortile e non solo del
20 o del 30 o 50% dell’intero cortile.

La divisione in quote che viene operata serve esclusivamente per stabilire le percentuali di spese
gravanti su ognuno e le percentuali di vantaggi economici derivanti.

Nel condominio degli edifici avviene la stessa cosa. Se si deve rifare la facciata o riparare
l’ascensore o pavimentare un terrazzo condominiale, ognuno paga la sua quota in base alla
percentuale stabilita dalle tabelle millesimali. Dove assistiamo che chi è proprietario di un
appartamento più grande degli altri e di conseguenza la sua quota di millesimi è più elevata,
pagherà più degli altri pur non avendo il diritto di usufruire della cosa comune in misura superiore
agli altri condomini.

DELLA COMUNIONE

Capo I

Della comunione in generale

1100. Norme regolatrici.

Quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone se il titolo o la legge non
dispone diversamente si applicano le norme seguenti. Per quanto riguarda il diritto di autore vedi gli
artt. 10, 115, 116, 117, L. 22 aprile 1941, n. 633 ed il relativo regolamento di esecuzione approvato
con R.D. 18 maggio 1942, n. 1369.

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1101. Quote dei partecipanti.

Le quote dei partecipanti alla comunione si presumono eguali .

Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione
delle rispettive quote.

1102. Uso della cosa comune.

Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non
impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della
cosa.

Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se
non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso .

1103. Disposizione della quota.

Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti
della sua quota.

Per le ipoteche costituite da uno dei partecipanti, si osservano le disposizioni contenute nel capo IV
del Titolo III del libro VI (artt. 2808, 2825.c.c.).

(2825 c.c.). Ipoteca su beni indivisi.

L’ipoteca (c.c. 2808) costituita sulla propria quota da uno dei partecipanti alla comunione produce
effetto rispetto a quei beni o a quella porzione di beni che a lui verranno assegnati nella divisione.

Se nella divisione sono assegnati a un partecipante beni diversi da quello da lui ipotecato, l'ipoteca
si trasferisce su questi altri beni, col grado derivante dall'originaria iscrizione e nei limiti del
valore del bene in precedenza ipotecato, quale risulta dalla divisione, purché l'ipoteca sia
nuovamente iscritta con l'indicazione di detto valore entro novanta giorni dalla trascrizione della
divisione medesima .

Il trasferimento però non pregiudica le ipoteche iscritte contro tutti i partecipanti, né l'ipoteca
legale spettante ai condividenti per i conguagli .

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I creditori ipotecari e i cessionari di un partecipante, al quale siano stati assegnati beni diversi da
quelli ipotecati o ceduti, possono far valere le loro ragioni anche sulle somme a lui dovute per
conguagli o, qualora sia stata attribuita una somma di danaro in luogo di beni in natura, possono
far valere le loro ragioni su tale somma, con prelazione determinata dalla data di iscrizione o di
trascrizione dei titoli rispettivi, nel limite però del valore dei beni precedentemente ipotecati o
ceduti.

I debitori delle somme sono tuttavia liberati quando le abbiano pagate al condividente dopo trenta
giorni da che la divisione è stata notificata ai creditori ipotecari o ai cessionari senza che da
costoro sia stata fatta opposizione ).

1104. Obblighi dei partecipanti.

Ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento
della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranza a norma delle disposizioni seguenti,
salva la facoltà di liberarsene con la rinunzia al suo diritto.

La rinunzia non giova al partecipante che abbia anche tacitamente approvato la spesa.

Il cessionario del partecipante è tenuto in solido con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti
e non versati.

1105. Amministrazione.

Tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere nell'amministrazione della cosa comune .

Per gli atti di ordinaria amministrazione le deliberazioni della maggioranza dei partecipanti,
calcolata secondo il valore delle loro quote, sono obbligatorie per la minoranza dissenziente.

Per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati
preventivamente informati dell’oggetto della deliberazione.

Se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si
forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun
partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può
anche nominare un amministratore.

1106. Regolamento della comunione e nomina di amministratore.

Con la maggioranza calcolata nel modo indicato dall'articolo precedente, può essere formato un
regolamento per l'ordinaria amministrazione e per il miglior godimento della cosa comune. Nello
stesso modo l'amministrazione può essere delegata ad uno o più partecipanti, o anche a un estraneo,
determinandosi i poteri e gli obblighi dell'amministratore.

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1107. Impugnazione del regolamento.

Ciascuno dei partecipanti dissenzienti può impugnare davanti all'autorità giudiziaria il regolamento
della comunione entro trenta giorni dalla deliberazione che lo ha approvato. Per gli assenti il
termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione. L'autorità giudiziaria
decide con unica sentenza sulle opposizioni proposte.

Decorso il termine indicato dal comma precedente senza che il regolamento sia stato impugnato,
questo ha effetto anche per gli eredi e gli aventi causa dai singoli partecipanti.

1108. Innovazioni e altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione.

Con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore
complessivo della cosa comune, si possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento
della cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino il
godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa .

Nello stesso modo si possono compiere gli altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, sempre
che non risultino pregiudizievoli all'interesse di alcuno dei partecipanti.

E' necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti
reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni .

L'ipoteca può essere tuttavia consentita dalla maggioranza indicata dal primo comma, qualora abbia
lo scopo di garantire la restituzione delle somme mutuate per la ricostruzione o per il miglioramento
della cosa comune.

1109. Impugnazione delle deliberazioni.

Ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente può impugnare davanti all'autorità giudiziaria
le deliberazioni della maggioranza :

1) nel caso previsto dal secondo comma dell'articolo 1105, se la deliberazione è gravemente
pregiudizievole alla cosa comune;

2) se non è stata osservata la disposizione del terzo comma dell’art 1105;

3) se la deliberazione relativa a innovazioni o ad altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione è in


contrasto con le norme del primo e del secondo comma dell’art 1108.

L’impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza, entro 30 giorni dalla deliberazione.
Per gli assenti, il termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione. In
pendenza del giudizio, l’autorità giudiziaria può ordinare la sospensione del provvedimento
deliberato.

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1110. Rimborso di spese.

Il partecipante che, in caso di trascuratezza degli altri partecipanti o dell'amministratore, ha


sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso.

1111. Scioglimento della comunione.

Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione; l'autorità
giudiziaria può stabilire una congrua dilazione, in ogni caso non superiore a cinque anni, se
l'immediato scioglimento può pregiudicare gli interessi degli altri. Il patto di rimanere in comunione
per un tempo non maggiore di dieci anni è valido e ha effetto anche per gli aventi causa dai
partecipanti. Se è stato stipulato per un termine maggiore, questo si riduce a dieci anni .

Se gravi circostanze lo richiedono, l'autorità giudiziaria può ordinare lo scioglimento della


comunione prima del tempo convenuto .

1112. Cose non soggette a divisione.

Lo scioglimento della comunione non può essere chiesto quando si tratta di cose che, se divise,
cesserebbero di servire all'uso a cui sono destinate.

1113. Intervento nella divisione e opposizioni.

I creditori e gli aventi causa da un partecipante possono intervenire nella divisione a proprie spese,
ma non possono impugnare la divisione già eseguita, a meno che abbiano notificato un'opposizione
anteriormente alla divisione stessa e salvo sempre ad essi l'esperimento dell'azione revocatoria o
dell'azione surrogatoria .

Nella divisione che ha per oggetto beni immobili, l'opposizione per l'effetto indicato dal comma
precedente, deve essere trascritta prima della trascrizione dell'atto di divisione e, se si tratta di
divisione giudiziale, prima della trascrizione della relativa domanda .

Devono essere chiamati a intervenire, perché la divisione abbia effetto nei loro confronti, i creditori
iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull'immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e
trascritti prima della trascrizione dell'atto di divisione o della trascrizione della domanda di
divisione giudiziale.

Nessuna ragione di prelevamento in natura per crediti nascenti dalla comunione può opporsi contro
le persone indicate dal comma precedente, eccetto le ragioni di prelevamento nascenti da titolo
anteriore alla comunione medesima, ovvero da collazione.

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1114. Divisione in natura.

La divisione ha luogo in natura, se la cosa può essere comodamente divisa in parti corrispondenti
alle quote dei partecipanti.

1115. Obbligazioni solidali dei partecipanti.

Ciascun partecipante può esigere che siano estinte le obbligazioni in solido contratte per la cosa
comune, le quali siano scadute o scadano entro l'anno dalla domanda di divisione.

La somma per estinguere le obbligazioni si preleva dal prezzo di vendita della cosa comune, e, se la
divisione ha luogo in natura, si procede alla vendita di una congrua frazione della cosa, salvo
diverso accordo tra i condividenti.

Il partecipante che ha pagato il debito in solido e non ha ottenuto il rimborso concorre nella
divisione per una maggiore quota corrispondente al suo diritto verso gli altri condividenti.

1116. Applicabilità delle norme sulla divisione ereditaria.

Alla divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla divisione dell'eredità, in quanto non
siano in contrasto con quelle sopra stabilite.

PARTI COMUNI

A differenza della comunione pura, il condominio degli edifici è costituito da un sistema misto
composto da proprietà esclusiva e comunione e cioè dai singoli appartamenti di proprietà esclusiva
e dalle parti comuni che servono a tutto l’edificio e che vanno a formare il condominio vero e
proprio.

Proprio dalla comproprietà, dalle modalità d’uso, dalla contribuzione alle spese delle parti comuni
nascono i più disparati motivi di contrasto.

Vediamo in dettaglio quali sono le parti comuni dell’edificio.

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Secondo quanto è disposto dal codice civile ( art. 1117 ) per parti comuni si devono intendere: in
generale, tutte le parti che servono all’uso comune, in particolare, il suolo dove sorge l’edificio, le
fondamenta, i muri portanti o maestri, i muri perimetrali, i tetti, le scale, i portoni d’ingresso, i
vestiboli, i portici, i cortili, i locali per la portineria, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale,
le opere di qualunque genere che servono all’uso comune come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli
acquedotti, le fognature, i canali di scarico e tutti gli impianti, gas, luce, acqua fino al punto in cui si
diramano nei vari appartamenti e quindi diventano di proprietà esclusiva dei singoli proprietari.
Anche i lastrici solari, qualora non sono di uso esclusivo risultante dal titolo di acquisto, sono da
considerare parti comuni.

Il lastrico solare in quanto parte terminale dell’edificio avendo funzione di copertura e protezione
dello stesso, anche se in uso esclusivo ad un solo condomino, in mancanza di un titolo da cui
risulta l’esclusiva proprietà di questi, è da considerare proprietà comune.

I balconi non sono da considerarsi parti comuni, mentre lo sono il rivestimento dei frontalini, per
la loro funzione ornamentale del balcone e decorativi per l’intero edificio.

Giurisprudenza

1. Lastrici solari

• Il lastrico solare quale superficie terminale dell'edificio esercita l'indefettibile funzione


primaria di protezione dell'edificio medesimo, pur potendo essere utilizzato in altri usi
accessori, come quello del terrazzo. L'anzidetta funzione accessoria del lastrico solare a
terrazza in uso esclusivo di un solo condomino, come non fa venir meno la sua
destinazione primaria all'uso comune, così in mancanza di un titolo contrario lascia
inalterata la presunzione di proprietà comune di cui all'art. 1117 cod. civ.

Sez. II, sent. n. 5162 del 01-06-1990,

2. Balconi

• I balconi sono elementi accidentali e non portanti della struttura del fabbricato, non
costituiscono parti comuni dell'edificio e appartengono ai proprietari delle unità
immobiliari corrispondenti, che sono gli unici responsabili dei danni cagionati dalla
caduta di frammenti di intonaco o muratura, che si siano da essi staccati, mentre i fregi
ornamentali e gli elementi decorativi, che ad essi ineriscano (quali i rivestimenti della
fronte o della parte sottostante della soletta, i frontalini e i pilastrini), sono condominiali,
se adempiono prevalentemente alla funzione ornamentale dell'intero edificio e non

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solamente al decoro delle porzioni immobiliari ad essi corrispondenti, con la conseguenza
che è onere di chi vi ha interesse (il proprietario del balcone, da cui si sono distaccati i
frammenti, citato per il risarcimento), al fine di esimersi da responsabilità, provare che il
danno fu causato dal distacco di elementi decorativi, che per la loro funzione
ornamentale dell'intero edificio appartenevano alle parti comuni di esso.

Sez. II, sent. n. 8159 del 07-09-1996.

3. Autorimessa comune

• Nel condominio degli edifici la disciplina delle parti comuni, o presuntivamente


dichiarate tali dall'art. 1117 cod. civ. è informata ai principi dell'indivisibilità e della loro
inseparabilità, in ragione della loro destinazione al relativo servizio, da quelle di
pertinenza esclusiva dei condomini, sicché, non potendo il singolo condomino, senza il
consenso degli altri condomini, unilateralmente disporre delle parti comuni in modo
autonomo ed indipendente da quelle di sua proprietà esclusiva, il cedente di una porzione
di piano di sua esclusiva proprietà, non può riservare a sé il diritto di comproprietà e
quindi l'uso di parti comuni destinate al complesso condominiale (nella specie, diritto al
parcheggio nell'autorimessa comune), con la conseguenza che, essendo inopponibile al
condominio l'anzidetta riserva di proprietà, egli ormai terzo rispetto al condominio, non è
più legittimato a partecipare alle assemblee né ad impugnarne le deliberazioni.

Sez. II, sent. n. 9 del 10-01-1990

4. Area di parcheggio

• La mera circostanza che il costruttore di un fabbricato condominiale, il quale, prima di


vendere i singoli alloggi, nel destinare delle aree a parcheggio ai sensi e nel vigore
dell'art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765, se ne sia riservato la proprietà, come il fatto
che i successivi atti di vendita non contengano espressa menzione del trasferimento anche
della comproprietà delle aree medesime, non è sufficiente a superare la presunzione di
inclusione delle dette aree fra i beni comuni, posta dall'art. 1117 cod. civ.

Sez. II, sent. n. 6472 del 26-06-1990,

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DIRITTI SULLE COSE COMUNI

Il diritto, sulle cose comuni, di ogni condomino, è proporzionato al valore del piano o porzione di
piano che gli appartiene a meno che il titolo non disponga diversamente. In altre parole, la legge dà
una indicazione generale sulla suddivisione del diritto di ogni partecipante alla comunione, ma dà
anche la facoltà di determinazione dei criteri di valutazione. Solitamente si considera 1000 il valore
dell’intero edificio e si procede alla suddivisione, tenendo conto della superficie, in millesimi dei
singoli appartamenti, dei box, dei garagi, dei negozi ecc. Nulla vieta però, nella suddivisione in
millesimi di competenza di ognuno, di adottare un criterio di valutazione che tenga conto di altri
fattori quali, la cubatura, l’esposizione al sole, il piano o altri vantaggi esclusivi.

La legge dispone che, anche rinunciando al diritto sulle parti comuni, il condomino è tenuto a
partecipare, lo stesso, alle spese di manutenzione e conservazione delle suddette.

Ad esempio, un condomino che non possiede la macchina e quindi non usufruisce dell’eventuale
area destinata al parcheggio delle auto, pur rinunciando ai suoi diritti su detta area, è tenuto
ugualmente a partecipare alle spese. Naturalmente se tutti i condomini sono d’accordo, chi rinuncia
al diritto può essere esonerato alla contribuzione alle spese.

I diritti sulle cose comuni non vanno confusi con l’uso che ognuno può farne secondo la regola
generale sulla comunione (art. 1102). Non vi può essere nessuna limitazione al godimento di una
parte comune derivante dalla misura della quota condominiale.

INDIVISIBILITÀ DELLE PARTI COMUNI

Le parti comuni dell’edificio sono indivisibili a meno che la divisione non renda più agevole il
godimento della cosa a tutti i condomini.

L’assemblea dei condomini può deliberare la suddivisione di parti comuni ( Sulla validità delle
sedute e relative delibere, rimandiamo al capitolo riguardante l’assemblea )

Un terrazzo sopra il tetto, ad esempio, può essere diviso se tutti i condomini ricevono vantaggi dalla
suddivisione. Se uno solo di loro ne riceve uno svantaggio ed è stato dissenziente o assente alla
riunione che ha deciso la suddivisione, la delibera assembleare può essere impugnata per
l’annullamento.

Giurisprudenza

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1. Obbligo di concorrere alle spese

• In tema di condomino degli edifici, il principio stabilito dall'art. 1118 cod. civ., secondo
cui il condominio non può, rinunciando al suo diritto sulle cose comuni, sottrarsi
all'obbligo di concorrere nelle spese necessarie per la loro conservazione, con aggravio a
carico degli altri condomini, non trova applicazione con riguardo quegli impianti
condominiali da considerarsi superflui in relazione alle condizioni obiettive ed alle
esigenze delle moderne concezioni di vita, ovvero illegali, perché vietati da norme
imperative. Ricorrendo tali condizioni deve riconoscersi al condominio la facoltà di
rinunciare alla cosa comune, senza essere tenuto a sostenere le spese necessarie per la
sua conservazione, quando gli altri condomini intendano persistere nella conservazione
degli impianti preesistenti, pur in presenza di nuove tecniche o servizi predisposti dalla
Pubblica Amministrazione, poiché in tali casi l'esistenza degli impianti trova ragione
esclusivamente nella determinazione dei condomini che intendono conservarli. (Nella
specie un condòmino, adducendo l'esistenza d'impianti pubblici idrici e fognari
perfettamente efficienti, aveva dichiarato di rinunciare al suo diritto sull'impianto
condominiale di autoclave perché ritenuto superfluo, e sul pozzo nero perché in contrasto
con le prescrizioni di legge).

Sez. II, sent. n. 4652 del 27-04-1991,

INNOVAZIONI

Per innovazione (art 1120), si deve intendere una radicale e completa trasformazione della cosa
comune, altrimenti si deve parlare di migliorie o modifiche, ricadenti sotto la disciplina dell’art
1102 c.c.

Giurisprudenza

1. Apertura nel muro perimetrale

• A differenza dalle innovazioni - configurate dalle nuove opere, le quali non mutano la
sostanza o alterano la destinazione delle parti comuni, in quanto rendono impossibile

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l'utilizzazione secondo la funzione originaria, e che debbono essere deliberate
dall'assemblea ( art. 1120, comma primo, cod. civ.), nell'interesse di tutti i partecipanti -
le modifiche alle parti comuni dell'edificio, contemplate dall'art. 1102 cod. civ., possono
essere apportate dal singolo condomino, nel proprio interesse ed a proprie spese, al fine di
conseguire un uso più intenso, sempre che non alterino la destinazione e non
impediscano l'altrui pari uso. Pertanto, è legittima l'apertura di vetrine da esposizione nel
muro perimetrale comune, che per sua ordinaria funzione è destinato anche all'apertura
di porte e di finestre, realizzata dal singolo condomino mediante la demolizione della
parte di muro corrispondente alla sua proprietà esclusiva. Alla eventuale autorizzazione
ad apportare tale modifica concessa dall'assemblea può attribuirsi il valore di mero
riconoscimento dell'inesistenza di interesse e di concrete pretese degli altri condomini a
questo tipo di utilizzazione del muro comune.

Sez. II, sent. n. 1554 del 20-02-1997.

L'art. 1102, primo comma, cod. civ. assoggetta l'uso della cosa comune da parte di ciascun
condomino al duplice limite di non alterarne la destinazione e di non impedire agli altri partecipanti
di farne parimenti uso secondo il loro diritto; e tale principio vale, ovviamente, anche per le
modificazioni che il condominio, ai sensi della stessa norma, voglia apportare a proprie spese per il
miglior godimento della cosa comune.

Secondo il codice civile (art 1120), l’assemblea condominiale, con un numero di voti che
rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio, può
approvare tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior
rendimento delle cose comuni.

Si parla di maggioranza di condomini e non dei presenti all’assemblea.

Ad esempio se il condominio è costituito da 20 condomini, la delibera è valida se erano presenti e


favorevoli almeno 11 che rappresentano i due terzi del valore dell’edificio, cioè 667 millesimi.
Viceversa se la delibera l’hanno votata 19 condomini a favore ed uno contrario che rappresenta più
del terzo del valore dell’edificio, la delibera non è valida. Se all’assemblea partecipano 9 condomini
che rappresentano oltre i due terzi dei millesimi, la delibera non è valida perché non era presente la
maggioranza dei condomini.

Sono vietate le innovazioni che arrechino pregiudizio alla stabilità e alla sicurezza dell’immobile o
che ne alterino il decoro architettonico. Per le innovazioni che rendano parti comuni inservibili
all’uso o al godimento, anche di un solo condomino, occorre l’unanimità dei partecipanti al
condominio.

L’'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino impone di non alterarne la destinazione e
fare in modo che anche gli altri partecipanti posano goderne, secondo il loro diritto; tale principio
vale, ovviamente, anche per le modificazioni che il condominio, ai sensi della stessa norma, voglia
apportare a proprie spese per il miglior godimento della cosa comune.

E’ vietata la costruzione nel cortile comune di uno scivolo per accedere ad un'unità immobiliare sita
ad un livello più alto, attraverso una finestra trasformata in accesso carrabile, in quanto
determinante modificazione della struttura e della destinazione del cortile, adibito al servizio di

16
passo carrabile e di area di parcheggio del traffico veicolare a servizio dell'unità immobiliare
utilizzata non più ad uso abitativo, bensì commerciale.

Le modificazioni della cosa comune o di sue parti (muri perimetrali, cortili ecc.), eseguite dal
singolo condòmino ai fini di un suo uso particolare, diretto ad un migliore e più intenso godimento
della cosa medesima, costituiscono una consentita esplicazione del diritto di comproprietà ex art.
1102 cod. civ., ove non implichino alterazioni della consistenza e della destinazione del bene e non
pregiudichino i diritti di uso e di godimento degli altri condomini. Diversamente, si risolvono in una
innovazione vietata ai sensi dell'art. 1120 cod. civ., e nel caso di costruzione, nel cortile comune, di
una autoclave per il servizio di una singola unità abitativa - seppure consentita con deliberazione
dell'assemblea dei condomini a norma del quinto comma dell'art. 1136 cod. civ. - comporta
sottrazione di una parte del suolo comune alla sua naturale destinazione ed all'uso e godimento degli
altri condomini.

Per l’art 30, secondo comma, della legge 5 agosto 1978 n. 457, gli interventi per il recupero di un
immobile diviso in più unità immobiliari in condominio, possono essere disposti dall’assemblea
condominiale formata dalla maggioranza dei condomini che rappresentino almeno la metà del
valore dell’edificio (500 millesimi)

Per le innovazioni riguardanti l’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione dei


singoli consumi, l’assemblea del condominio decide a maggioranza degli intervenuti all’assemblea
e che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio.

INNOVAZIONI GRAVOSE O VOLUTTUARIE

Un discorso a parte meritano le innovazioni voluttuarie e quelle che necessitano di una spesa molto
gravosa.

Secondo il codice civile (art 1121) qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia
carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio, e consista in
opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono
trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.

Se l'utilizzazione separata non è possibile, l'innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza
dei condomini che l'ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa.

Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in
qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e
di manutenzione dell'opera.

Vediamo quali possono essere le innovazioni voluttuarie; l’installazione di un impianto di aria


condizionata, un impianto di citofoni con video, un’antenna televisiva parabolica e centralizzata,
sono da considerarsi voluttuarie e utilizzabili separatamente. In questi casi il condomino,
dissenziente, può non usufruire della maggiore comodità e quindi può rinunciarvi, dichiarandolo in
assemblea e fare inserire nel relativo verbale il dissenso, se presente, oppure entro 30 gg dalla

17
notifica della delibera, significando all’amministratore il suo dissenso. Il condomino dissenziente
non è tenuto a partecipare a nessuna spesa, fermo restando il diritto, imprescrittibile, di parteciparvi
ed usufruirne in qualsiasi momento previo pagamento della sua quota, per la spesa fatta, al
momento dell’installazione, rapportata al valore della moneta corrente. Oltre alle eventuali spese
fatte per la manutenzione. Fino a quando il condomino rinunciatario o i suoi eredi o il subentrante
nei suoi diritti, non esercita la facoltà di parteciparvi, egli non ha nessun diritto di comproprietà
sulle suddette opere. Viceversa, se si tratta di spese voluttuarie (come abbellire la facciata, cambiare
la pavimentazione di un cortile al solo scopo di renderlo più lussuoso), pur non avendo contribuito
alle spese necessarie, egli è comproprietario delle dette opere. Il problema, però, è quello di stabilire
se le opere siano o no voluttuarie o/e gravose. Non vi è dubbio che queste valutazioni sono fonti di
contrasto fra i condomini che, molto spesso, per la soggettività delle interpretazioni, vengono
lasciate alle decisioni del giudice. Per stabilire se le opere siano eccessivamente gravose o
voluttuarie o tutte due i fattori insieme, si deve tener conto della spesa rapportata al valore e
all’importanza dell’edificio. Naturalmente la gravosità può anche essere stabilita tenendo conto
della situazione economica e finanziaria dei singoli condomini. Ciò ad evitare che qualche
condomino più facoltoso possa imporre la propria volontà agli altri condomini, di più modeste
condizioni economiche e quindi non in grado di sopportare l’eccessiva spesa per un miglioramento
non necessario ( gravoso e voluttuario) Però è anche vero che, essendo impossibile indagare sulle
effettive capacità economiche dei singoli partecipanti alla comunione, il riguardo alle condizioni
economiche dei partecipanti, si può avere senza tralasciare di considerare gli altri elementi che
caratterizzano un’innovazione non indispensabile quali: tipo dell’edificio, il rapporto del costo con
l’utilità che i partecipanti ne ricavino ecc.

Comunque, visti che sono svariati i fattori da tener presente, la cosa migliore sarebbe di interpellare
prima, con un’assemblea esplorativa, tutti i condomini e poi decidere se eseguire o no un’opera
innovativa non necessaria alla conservazione dell’edificio.

Giurisprudenza

1. Innovazioni Gravose o voluttuarie

• In tema di condominio di edifici, l'art. 1121 cod. civ. riconosce ai condomini dissenzienti
(e ai loro eredi e aventi causa), in caso di innovazioni gravose o voluttuarie, il diritto
potestativo di partecipare successivamente ai vantaggi delle innovazioni stesse,
contribuendo "pro quota" nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera
ragguagliate al valore attuale della moneta, onde evitare arricchimenti in danno dei
condomini che hanno assunto l'iniziativa dell'opera. (Fattispecie riguardante un
impianto di ascensore installato nell'edificio condominiale non all'atto della sua
costruzione, ma successivamente per iniziativa e a spese di parte dei condomini).

Sez. II, sent. n. 8746 del 18-08-1993

VIETATO ARRECARE DANNO

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Per il principio secondo il quale, tutti i partecipanti alla comunione possono servirsi delle cose
comuni come meglio credono purché non impediscono agli altri di fare altrettanto, ogni condomino
può apportare, a sue spese, modifiche o migliorie alle cose comuni purché esse non vengano
danneggiate e che le stesse migliorie vadano a vantaggio di tutti.

Quindi se un condomino o un gruppo di condomini a proprie spese, decidono di sostituire la vecchia


serratura elettrica di un cancello esterno, con una elettronica che si comandi a distanza, possono
farlo dando però la facoltà a tutti di usufruire del vantaggio. Viceversa se gli stessi vogliono mettere
le verande ai propri balconi, gli è vietato, sia perché la miglioria, se di miglioria si tratta, non va a
vantaggio di tutti e sia perché il decoro dell’edificio ne può venire danneggiato oltre alla riduzione
del godimento di coloro che si vedono ridurre la visuale e la luce.

Giurisprudenza

1. Doppia finestra

• In materia di condominio negli edifici, l'autonomia privata consente alle parti di stipulare
convenzioni che pongano limitazioni nell'interesse comune ai diritti dei condomini, anche
relativamente al contenuto del diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprietà,
così costituendo degli oneri reali. (Nella specie, si controverteva in ordine alla legittimità
della realizzazione da parte di un condomino di una doppia finestra, mediante
installazione di un secondo telaio a vetri sul lato esterno di una finestra del suo
appartamento; la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso con cui si censurava la sentenza
impugnata per avere ritenuto legittima l'opera in base ai criteri di cui agli artt. 1102 e
1122 cod. civ., in assenza, in concreto, di un pregiudizio al decoro architettonico
dell'edificio, ma ha annullato la medesima sentenza per difetto di motivazione perché,
nell'interpretare la clausola del regolamento condominiale contrattuale richiedente il
consenso preventivo dell'assemblea condominiale per qualsiasi opera compiuta dai
singoli condomini che potesse modificare la stabilità e lo stato di decoro dell'edificio, non
aveva preso in esame l'ipotesi, prospettata dal condominio, che la stessa clausola,
prevedendo l'obbligo del ripristino dello stato di fatto come sanzione per l'esecuzione delle
modifiche in difetto di autorizzazione, stabilisse il principio dell'immodificabilità del
fabbricato senza il consenso dell'assemblea).

Sez. II, sent. n. 4509 del 21-05-1997

RIPARTIZIONE DELLE SPESE

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Al pari dei diritti che ciascun condomino ha sulle parti comuni dell'edificio, vi è un obbligo per
ciascun condomino di contribuire alle spese necessarie per la conservazione delle parti comuni e per
l'esercizio dei servizi condominiali. Infatti l’art 1123 del c.c. dispone che le spese necessarie per la
conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio per la prestazione dei servizi
nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai
condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.
Come si vede il codice civile dà ampia libertà contrattuale ai condòmini che possono, con le
appropriate procedure e modalità, stabilire un diverso criterio di ripartire le spese.

Giurisprudenza

1. Esonero

• L'obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese
per la conservazione e manutenzione delle parti comuni dell'edificio è "propter rem",
essendo strettamente connessa alla contitolarità del diritto di proprietà che i partecipanti
alla comunione hanno su di esse, con la conseguenza che deve presumersi l'efficacia
reale anche della clausola del regolamento di condominio, di natura contrattuale, con cui
la singola unità immobiliare venga esonerata, in tutto o in parte, dal contributo nelle
spese stesse - salvo che dalla clausola non risulti la inequivoca volontà di concedere
l'esenzione solo a colui che, in un determinato momento, sia proprietario del bene - e
deve quindi ritenersi che detta clausola sia operante anche a favore dei successori, a titolo
universale o particolare, del condomino in favore del quale l'esenzione era stata prevista.

Sez. II, sent. n. 6844 del 16-12-1988.

2. Locali commerciali

• Per espressa previsione dell'art. 1123 del codice civile, il criterio, ivi fissato, di
ripartizione delle spese condominiali tra tutti i condomini, in proporzione al possibile uso
o alla concreta utilità delle cose o dei servizi cui le spese stesse si riferiscono, è
liberamente derogabile per convenzione, pertanto è legittima la deroga al criterio di
ripartizione suindicato contenuta in una disposizione del regolamento di condominio
contrattuale che esclude i condomini "proprietari dei locali commerciali" dalla
partecipazione alle spese relative ai beni e servizi comuni non goduti.

Sez. II, sent. n. 898 del 06-02-1984.

Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in
proporzione dell'uso che ciascuno può farne. (art 1123 2° comma)

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3. Parti comuni in esclusiva

• Il secondo comma dell'art. 1123 cod. civ., a norma del quale le spese di conservazione e
godimento delle cose destinate a servire i condomini in misura diversa sono ripartite in
proporzione dell'uso che ciascuno può farne, essendo inspirata ad un'esigenza di
disciplina che meglio si adatta alle specifiche caratteristiche del condominio negli edifici,
ove le parti comuni hanno una precisa funzione strumentale rispetto alle parti in
proprietà esclusiva dei singoli condomini, delle quali esse sono a servizio consentendone
l'esistenza e l'uso, costituisce una disposizione speciale rispetto al principio generale
dell'art. 1100 cod. civ., in base al quale le spese debbono gravare su tutti i partecipanti in
proporzione del valore delle quote di ciascuno di essi, che si presume eguale quando non
risulti diversamente.

Sez. II, sent. n. 6359 del 13-07-1996.

Per uso diverso lo si deve intendere, non in termini di quantità in base ad una situazione soggettiva
cioè rapportata ai gusti, al numero delle persone che compongono il nucleo familiare ecc. bensì
all’uso oggettivo che se ne può fare della cosa comune.

Se solo una parte dei condomini, per l’ubicazione dei propri appartamenti, usufruisce di una scala
per andare in giardino o in garage, è naturale che la ripartizione delle spese di manutenzione della
stessa sono a carico di chi potenzialmente se ne può servire.

4. Impianto di riscaldamento

• Il proprietario di appartamenti o locali di un edificio condominiale, ancorché questi non


usufruiscano del servizio prodotto dall'impianto di riscaldamento centrale, che sia, però,
potenzialmente idoneo a riscaldarli, è comproprietario di tale impianto, a norma dell'art.
1117, n. 3, cod. civ., qualora tale impianto sia già stato installato nell'immobile prima
della formazione del condominio, ed è quindi obbligato a contribuire al pagamento delle
spese necessarie per la sua manutenzione se il contrario non risulta da un titolo idoneo,
senza che osti il riferimento, nell'art. 1117, n. 3, cod. civ., alla comproprietà dell'impianto
per il riscaldamento "fino al punto di diramazione di quest'ultimo ai locali di proprietà
esclusiva dei singoli condomini", che non comporta la esclusione dalla comproprietà dei
titolari delle unità immobiliari per le quali non siano state contemplate delle diramazioni,
avendo il solo scopo d'individuare il punto terminale della comunione e, quindi di
stabilire quali siano le parti dell'impianto per le quali le spese di riparazione debbono
essere ripartite fra i condomini e non porsi a carico dei proprietari dei singoli locali.

Sez. II, sent. n. 4653 del 23-05-1990.

Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari , opere o impianti destinati a servire una
parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di
condòmini che ne trae utilità.

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5. Deliberazione dell’assemblea in data anteriore alla vendita

• L'obbligo del condominio di pagare i contributi per le spese di manutenzione delle parti
comuni dell'edificio deriva non dalla preventiva approvazione della spesa e dalla
ripartizione della stessa, ma dalla concreta attuazione dell'attività di manutenzione e
sorge quindi per effetto dell'attività gestionale concretamente compiuta e non per effetto
dell'autorizzazione accordata all'Amministrazione per il compimento di una determinata
attività di gestione. (Nell'applicare il principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la
sentenza di merito che aveva posto a carico dell'acquirente di un appartamento la quota
della spesa per la manutenzione di una parte comune dell'edificio, considerando
irrilevante la circostanza che la deliberazione dell'assemblea di approvazione della spesa
fosse stata assunta in data anteriore alla vendita).

Sez. II, sent. n. 4393 del 17-05-1997

Da queste due sentenze, si evince, in maniera inequivocabile, che il momento che fa nascere
l’obbligo di contribuire è quello in cui viene deliberato dall’assemblea e non quello in cui vengono
iniziati e effettuati i lavori.

Infatti:

6. Obbligato al pagamento

• L'obbligo dei condomini di contribuire al pagamento delle spese condominiali sorge per
effetto della delibera dell'assemblea che approva le spese stesse e non a seguito della
successiva delibera di ripartizione volta soltanto a rendere liquido un debito preesistente e
che può anche mancare ove esistano tabelle millesimali, per cui l'individuazione delle
somme concretamente dovute dai singoli condomini è il frutto di una semplice operazione
matematica. Pertanto, nel caso di alienazione di un appartamento, obbligato al
pagamento dei tributi è il proprietario nel momento in cui la spesa viene deliberata.

Sez. II, sent. n. 9366 del 26-10-1996.

7. Diritti sulle parti comuni

• L'unità sistematica tra la disposizione dell'art. 1118, primo comma, cod. civ., a norma del
quale il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni dell'edificio è proporzionato al
valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, e la disposizione dell'art. 1123,
primo comma, cod. civ., per il quale le spese necessarie per la conservazione ed il
godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse
comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini
in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, non impedisce, trattandosi
di norme derogabili, che siano convenzionalmente previste discipline diverse e

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differenziate tra loro dei diritti di ciascun condomino sulle parti comuni (che possono
essere attribuiti in proporzione diversa - maggiore o minore - rispetto a quella della sua
quota individuale di piano o porzione di piano) e degli oneri di gestione del condominio,
che possono farsi gravare sui singoli condomini indipendentemente dalla rispettiva quota
di proprietà delle cose comuni o dall'uso. (Nella specie, è stata riconosciuta la validità
dell'accordo che attribuiva ai condomini, proprietari di unità abitative di diverso valore,
un uguale diritto dominicale sulle parti comuni prevedendo la formazione di tabelle
millesimali solo ai fini della ripartizione delle spese di manutenzione e pulizia delle
stesse).

Sez. II, sent. n. 7546 del 08-07-1995.

DISTINZIONE TRA SPESE DI MANUTENZIONE E SPESE DI INSTALLAZIONE

Una distinzione tra questi due tipi di spese si impone per il semplice fatto che una cosa è l’uso e
un’altra il diritto di proprietà.

In altre parole, se si decide di eseguire un’innovazione come ad esempio l’installazione di un


ascensore o di impianto di aria condizionata o altro, le spese relative vanno suddivise in base ai
criteri già accennati e cioè ognuno è tenuto a concorrere in base al valore della sua quota di
proprietà. Questo perché quando si eseguono opere che incidono sul valore totale dell’edificio, tutti
i condomini, diventandone comproprietari, ne trovano vantaggio.

Viceversa, prendiamo il caso dell’ascensore, non tutti usufruiscono del servizio in ugual misura o
addirittura non ne usufruiscono affatto. In questi casi le spese di manutenzione vanno ripartite
secondo l’uso più o meno intenso che ognuno può farne

La giurisprudenza ha consolidato sempre più il sistema secondo il quale metà della spesa va a carico
di tutti i condomini in base ai rispettivi millesimi di proprietà e l’altra metà proporzionale al piano.

MANUTENZIONE E RICOSTRUZIONE
DELLE SCALE

Le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani a cui servono. La spesa
relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per
l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo.

Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano
come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano
di proprietà comune.

23
Giurisprudenza

1.Conservazione della cosa comune

• In tema di condominio di edifici, la disposizione dell'art. 1124 cod. civ. concernente la


ripartizione fra i condomini delle spese di manutenzione delle scale, come la norma di
regolamento condominiale che vi si conformi, riguarda le spese relative alla
conservazione della cosa comune e che si rendono necessarie a causa della naturale
deteriorabilità della stessa per consentirne l'uso ed il godimento e che attengono a lavori
periodici indispensabili per mantenere la cosa in efficienza. La disposizione non
riguarda, pertanto, le spese di pulizia delle scale, alle quali i condomini sono tenuti a
contribuire in ragione dell'utilità che la cosa comune è destinata a dare a ciascuno e che
l'assemblea può legittimamente ripartire in virtù delle attribuzioni riconosciutele dall'art.
1135 cod. civ., anche modificando i precedenti criteri con la maggioranza prescritta
dall'art. 1136 cod. civ. trattandosi di criteri aventi natura solo regolamentare.

Sez. II, sent. n. 2018 del 19-02-1993.

2. Spese per l'illuminazione e la pulizia delle scale

• In tema di ripartizione di oneri condominiali, le spese per l'illuminazione e la pulizia delle


scale non configurano spese per la conservazione delle parti comuni, tendenti cioè a
preservare l'integrità e a mantenere il valore capitale delle cose (art. 1123, comma primo,
e art. 1124, comma primo, cod. civ.), bensì spese utili a permettere ai condomini un più
confortevole uso o godimento delle cose comuni e di quelle proprie; con la conseguenza
che ad esse i condomini sono tenuti a contribuire, non già in base ai valori millesimali di
comproprietà, ma in base all'uso che ciascuno di essi può fare delle parti comuni (scale)
in questione, secondo il criterio fissato dall'art. 1123, comma secondo, cod. civ.

Sez. II, sent. n. 8657 del 03-10-1996.

SPESE PER LA MANUTENZIONE DEI SOFFITTI,


DELLE VOLTE E DEI SOLAI

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Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in
parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario
del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore
l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto. (art 1125 c.c.)

Giurisprudenza

1. Solai, confine tra due proprietà

• Il solaio che separa il piano sottostante da quello sovrastante di un edificio appartenenti a


diversi proprietari deve ritenersi, salvo prova del contrario, di proprietà comune dei
proprietari dei due piani costituendo l'inscindibile struttura divisoria tra le due proprietà
con utilità ed uso uguale e inseparabile per le medesime e correlativa inutilità per gli altri
condomini. Ne consegue che il confine fra le due proprietà esclusive sovrapposte è
costituito non dalla linea mediana del solaio ma dell'intera struttura di cui esso consta.
Pertanto la sostituzione del solaio non può essere effettuata in modo da restringere o
limitare i beni immobili sovrapposti di proprietà esclusiva ove non sia indispensabile o
manchi il consenso di entrambi i detti proprietari, derivandone, anche nel caso di
sussistenza di esigenze tecniche, il diritto del risarcimento del danno che uno di essi abbia
a subire per il conseguente restringimento della cubatura dell'appartamento di proprietà
esclusiva.

Sez. II, sent. n. 3178 del 23-03-1991.

2.Copertura

• Dal solaio che divide due unità abitatative, l’una all’altra sovrapposta, formando una
struttura comune che i proprietari delle due unità possono modificare solo alla
condizione che non venga alterata la destinazione della cosa e che non sia impedito
all'altro di farne parimenti uso secondo il suo diritto, deve essere distinta la copertura (o
pavimento) del solaio, che appartiene esclusivamente al proprietario dell'abitazione
sovrastante e che può essere, quindi, da questo liberamente rimossa o sostituita secondo
la sua utilità e convenienza.

Sez. II, sent. n. 7464 del 22-08-1994,

3. Sostituzione del solaio

• La sostituzione del solaio esistente fra due piani sovrapposti di un edificio deve
realizzarsi, trattandosi di bene in comproprietà, senza menomazioni del godimento di
entrambi i proprietari sulla cosa o sulla proprietà esclusiva di ciascuno di essi, senza che
rilevi il vantaggio che ne sia derivato alle proprietà. Il diritto in questione ha infatti per
oggetto ai sensi dell'art. 1125 cod. civ. il solaio in se stesso considerato e non anche lo
spazio pieno o vuoto che esso occupa e rimane inalterato nel suo oggetto, nonostante la
sostituzione di un solaio meno voluminoso di quello preesistente.

Sez. II, sent. n. 3386 del 23-03-1995

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4. Presunzione assoluta di comunione

• La presunzione assoluta di comunione (ex art. 1125 cod. civ.) del solaio divisorio di due
piani di edificio condominiale tra i proprietari dei medesimi vale pure per la piattaforma o
soletta del balcone dell'appartamento del piano superiore, la quale, avendo gli stessi
caratteri, per struttura e funzione (separazione in senso orizzontale, sostegno, copertura),
del solaio, di cui costituisce prolungamento, è attratta nel regime giuridico dello stesso.
Consegue che per tale piattaforma o soletta si configura un compossesso degli indicati
proprietari, esercitato dal proprietario del piano superiore anche e soprattutto in termini
di calpestio ed estrinsecantesi per l'altro proprietario, oltre che nella fruizione del
"commodum" proveniente dalla copertura, nell'acquisizione di ogni ulteriore attingibile
utilità, cui non ostino ragioni di statica e di estetica, sicché quest'ultimo può ancorare a
detta soletta le strutture di chiusura necessarie per la realizzazione una veranda ed altresì
utilizzarne la faccia inferiore (prolungamento del proprio soffitto) per installarvi
apparecchi d'illuminazione, per farvi vegetare piante rampicanti, ecc.

Sez. II, sent. n. 4821 del 14-07-1983.

5. Non considerazione dello spazio pieno o vuoto

• La sostituzione del solaio esistente fra due piani sovrapposti di un edificio deve
realizzarsi, trattandosi di bene in comproprietà, senza menomazioni del godimento di
entrambi i proprietari sulla cosa o sulla proprietà esclusiva di ciascuno di essi, senza che
rilevi il vantaggio che ne sia derivato alle proprietà. Il diritto in questione ha infatti per
oggetto ai sensi dell'art. 1125 cod. civ. il solaio in se stesso considerato e non anche lo
spazio pieno o vuoto che esso occupa e rimane inalterato nel suo oggetto, nonostante la
sostituzione di un solaio meno voluminoso di quello preesistente.

Sez. II, sent. n. 3386 del 23-03-1995

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LASTRICI SOLARI IN USO ESCLUSIVO

Quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne
hanno l'uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o
ricostruzioni del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio o della
parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di
piano di ciascuno ( art 1126 c. c.)

Questo articolo dispone per i lastrici solari in uso esclusivo ( se l’uso è di tutti, vale, la regola
dettata dall’art 1123 in tema di ripartizione delle spese condominiali).

Per gli effetti indicati dagli articoli 1123, 1124, 1126 e 1136 del codice, il regolamento di
condominio deve precisare il valore proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di
piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini (c.c. 1101).

I valori dei piani o delle porzioni di piano, ragguagliati a quello dell'intero edificio, devono
essere espressi in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio .

Nell'accertamento dei valori medesimi non si tiene conto del canone locatizio, dei
miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano.

Già nel codice civile del 1865 esisteva la stessa regola di ripartizione differenziata, in misura
diversa però.

Infatti il vecchio codice poneva a carico, di quei condòmini che avevano l’uso esclusivo del lastrico
solare, un quarto della spesa. Il legislatore del nuovo codice civile ha ritenuto troppo esigua in
relazione al maggior vantaggio per chi aveva l’uso esclusivo e l’ha elevata ad un terzo della spesa
totale.

Naturalmente sono tenuti a contribuire tutti quei condòmini che traggono utilità dal lastrico solare
che fa da copertura ai loro appartamenti e non tutti i condòmini dell’intero complesso.

Ad esempio se un condominio è composto da tre edifici distinti l’uno dall’altro : edifici A,B,C, se
da riparare è il lastrico dell’edificio A, solo coloro che appartengono a questo edificio devono
concorrere alle spese, secondo il criterio dell’art 1126, e non anche quelli degli altri edifici.

Giurisprudenza

1. Lastrici solari esclusivi

27
• In base al criterio di ripartizione delle spese stabilito dall'art. 1126 cod. civ. il proprietario
esclusivo del lastrico solare (cui va equiparata la terrazza a livello) deve contribuire nelle
spese di riparazione soltanto nella misura di un terzo, senza dover concorrere nella
ripartizione degli altri due terzi della spesa stessa che restano a carico dei soli proprietari
dei piani sottostanti ai quali il lastrico (o la terrazza) serve da copertura.

Sez. II, sent. n. 5125 del 03-05-1993.

2. Spesa per la riparazione o ricostruzione del lastrico o della terrazza

• La spesa per la riparazione o ricostruzione del lastrico o della terrazza a livello deve
essere sostenuta per un terzo da coloro che ne hanno l'uso esclusivo e per due terzi dai
condomini dell'edificio o delle parti di edificio a cui il lastrico serve come copertura;
pertanto, individuati i condomini che hanno l'uso esclusivo del lastrico e posto a loro
carico un terzo delle spese di ricostruzione o riparazione, la rimanente parte di dette spese
deve essere imputata esclusivamente ai proprietari degli appartamenti situati nella zona
dell'edificio coperta dal lastrico.

Sez. II, sent. n. 3542 del 15-04-1994.

3. Rinunzia all’uso esclusivo

• Il condomino che, essendo titolare del diritto di uso esclusivo sul lastrico solare, vi rinunzi
è esonerato dalla contribuzione nelle spese di riparazione e ricostruzione del lastrico
secondo il criterio dell'art. 1126 cod. civ. e deve parteciparvi in base alla quota
millesimale di proprietà, non potendo estendersi analogicamente alla rinunzia ad un
particolare diritto di uso sulla cosa comune la norma dell'art. 1118, secondo comma, cod.
civ., in base alla quale la rinunzia al diritto di proprietà sulle cose comuni non esonera il
rinunziante dalle spese per la loro conservazione, dal momento che tale norma, oltre a
costituire deroga all'opposto principio generale stabilito dal primo comma dell'art. 1104
cod. civ., trova la sua "ratio" nell'inscindibile collegamento tra la fruizione della
proprietà comune e la fruizione di quella individuale e nella conseguente esigenza di non
consentire al condomino di sottrarsi alla contribuzione nelle spese per la conservazione di
beni dei quali egli continuerebbe necessariamente a godere pur dopo avervi rinunziato,
che non sussiste invece nel caso di un bene il cui godimento, puramente eventuale, è
rimesso alla libera determinazione del suo titolare e con la rinunzia di questi si trasferisce
alla collettività dei condomini.

Sez. II, sent. n. 3294 del 10-04-1996.

4. Funzione di copertura

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• Il lastrico solare, anche se attribuito in uso esclusivo a uno dei condomini - ovvero in
proprietà esclusiva dello stesso - svolge funzione di copertura del fabbricato e perciò, ai
sensi dell'art. 1126 cod. civ., le spese per la sua riparazione o ricostruzione sono poste per
due terzi a carico del condominio. Di conseguenza, anche i danni cagionati dalla
mancata manutenzione del lastrico o del manto impermeabile che protegge l'ultimo piano
dell'edificio non possono essere messi interamente a carico del proprietario o usuario del
lastrico stesso, ma debbono essere risarciti col concorso del condominio nella proporzione
prevista dalla citata norma.

Sez. II, sent. n. 1618 del 14-02-1987.

5. Tetto

• Allorquando il tetto di un edificio in condominio è di proprietà esclusiva di uno dei


partecipanti alla comunione, le spese di manutenzione del tetto stesso vanno ripartite tra
tutti i condomini con i criteri di cui all'art. 1126 cod. civ., come stabilito per i lastrici
solari di uso esclusivo, salvo il caso in cui le dette spese siano poste a carico del
proprietario esclusivo del tetto in base a una specifica ed espressa pattuizione, non
potendosi altrimenti presumere che quest'ultimo, per il solo fatto di essersi riservata la
proprietà esclusiva, abbia inteso assicurare la copertura ai proprietari delle unità
immobiliari sottostanti, con esonero dei medesimi da ogni concorso nelle spese di
manutenzione del tetto.

Sez. II, sent. n. 532 del 30-01-1985.

6. Riparazioni dovute a vetustà

• La disposizione dell'art. 1126 cod. civ., il quale regola la ripartizione fra i condomini delle
spese di riparazione del lastrico solare di uso esclusivo di uno di essi, si riferisce alle
riparazioni dovute a vetustà e non a quelle riconducibili a difetti originari di
progettazione o di esecuzione dell'opera, indebitamente tollerati dal singolo proprietario.
In tale ultima ipotesi, ove trattasi di difetti suscettibili di recare danno a terzi (nella specie,
imperfetta impermeabilizzazione e difetti nei canali di scarico delle acque piovane che
avevano invaso le proprietà sottostanti) la responsabilità relativa, sia in ordine alla
mancata eliminazione delle cause del danno che al risarcimento, fa carico in via esclusiva
al proprietario del lastrico solare, ex art. 2051 cod. civ (Ciascuno è responsabile del
danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito), e non
anche - sia pure in via concorrenziale - al condominio.

Sez. II, sent. n. 8669 del 24-08-1990.

29
7. Uso esclusivo e facoltà d’uso. Differenza

• La norma dell'art. 1126 cod. civ., prevedendo testualmente che la contribuzione per un
terzo delle spese di rifacimento del lastrico solare deve far carico ai condomini "che ne
hanno l'uso esclusivo" anziché a quelli che ne "fanno" uso esclusivo, attribuisce
all'espressione "uso esclusivo" il significato di mera potenzialità o facoltà dell'uso, quale
che sia il concreto modo, anche di semplice inerzia, del suo estrinsecarsi, confermandosi
dal tenore della stessa norma, come dalla sua "ratio", la volontà del legislatore di
prescindere da una effettiva utilizzazione del bene ed il riferimento alla "utilitas"
ricavabile all'infuori od in più di quella insita nella generale funzione di copertura sui cui
soli fruitori non far gravare le relative spese.

Sez. II, sent. n. 2988 del 12-03-1993.

8. Responsabilità per danni

• Il presupposto della responsabilità per il danno provocato dalla cosa in custodia può
consistere anche nella comproprietà della cosa e in tale ipotesi danneggiato può essere
anche uno dei comproprietari, come nel caso di danni da infiltrazioni di acqua da un
terrazzo a livello con funzione anche di copertura degli appartamenti sottostanti, che
forma oggetto di una comunione particolare tra il proprietario dell'appartamento a livello
che ne ha la custodia e i proprietari degli appartamenti sottostanti, nella quale non sono
coinvolti il condominio come tale e l'amministratore di esso.

Sez. II, sent. n. 255 del 19-01-1989.

9. Danni a terzi

• In caso di danni a terzi, cagionati dall'omessa esecuzione di lavori di manutenzione


straordinaria su lastrico solare in edificio condominiale, ed a carico del condominio, i
singoli condomini sono tenuti, nei rapporti interni tra loro, a concorrere al risarcimento
dei danni secondo i criteri di cui all'art. 1126 cod. civ.

Sez. III, sent. n. 12606 del 07-12-1995.

10. Riparazione

• Poiché il lastrico solare dell'edificio (soggetto al regime del condominio) svolge la


funzione di copertura del fabbricato anche se appartiene in proprietà superficiaria o se è
attribuito in uso esclusivo ad uno dei condomini, all'obbligo di provvedere alla sua
riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini, in concorso con il
proprietario superficiario o con il titolare del diritto di uso esclusivo. Pertanto, dei danni
cagionati all'appartamento sottostante per le infiltrazioni d'acqua provenienti dal lastrico,
deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati inadempienti alla
funzione di conservazione, secondo le proporzioni stabilite dall'art. 1126 cod. civ., vale a

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dire, i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, ed il
titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo, in ragione delle altre utilità,
nella misura del terzo residuo.

Sez. U., sent. n. 3672 del 29-04-1997.

SOPRAELEVAZIONE

Art. 1127 c.c.. Costruzione sopra l'ultimo piano dell'edificio.

Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che
risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare.

La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell'edificio non la consentono.

I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l'aspetto


architettonico dell'edificio ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti.

Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un'indennità pari al valore attuale
dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da
edificare, e detratto l'importo della quota a lui spettante. Egli è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico
solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare.

Giurisprudenza

1. Sopraelevazione

• Ai fini dell'art. 1127 cod. civ., la sopraelevazione di edificio condominiale è costituita


soltanto dalla realizzazione di nuove opere (nuovi piani o nuove fabbriche) nell'area
sovrastante il fabbricato, per cui l'originaria altezza dell'edificio è superata con la
copertura dei nuovi piani o con la superficie superiore terminale delimitante le nuove
fabbriche, sicché non v'è sopraelevazione in ipotesi di modificazione solo interna,
contenuta negli originari limiti strutturali, delle parti dell'edificio sottostanti alla sua
copertura (nella specie: trasformazione in unità abitabile di locali sottotetto), nel qual
caso non possono per sé venire in rilievo nei rapporti tra i condomini, nell'ambito della

31
disciplina civilistica della sopraelevazione in questione, in difetto di specifiche pattuizioni
al riguardo, la modificazione tra i "volumi tecnici" od i vincoli di destinazione gravanti in
virtù del progetto approvato e dell'autorizzazione di relativa attuazione, riguardando la
nozione di "volume tecnico" e tali vincoli esclusivamente la regolamentazione
pubblicistica dell'attività edilizia.

Sez. II, sent. n. 680 del 24-01-1983.

2. Costruzione oltre l'altezza

• Ai fini dell'art. 1127 cod. civ., la sopraelevazione di edificio condominiale deve intendersi
non nel senso di costruzione oltre l'altezza precedente di questo, ma come costruzione di
uno o più nuovi piani o di una o più nuove fabbriche sopra l'ultimo piano dell'edificio,
quale che sia il rapporto con l'altezza precedente del medesimo; ciò perché tale norma
trova giustificazione nell'occupazione, da parte di chi sopraeleva, dell'area comune su cui
sorge il fabbricato, ossia della maggiore utilizzazione, mediante sfruttamento della
colonna d'aria sovrastante l'edificio, di detta area. Ne consegue che anche la costruzione
realizzata su terrazza di proprietà esclusiva del proprietario dell'adiacente appartamento,
quando la terrazza sia quella dell'ultimo piano o piano attico dell'edificio condominiale,
ed assolve perciò come lastrico solare alla funzione di copertura della parte sottostante
detto edificio, va considerata come sopraelevazione, ed è soggetta al relativo regime
legale, perché comporta le stesse conseguenze in termini di occupazione e di utilizzazione
della colonna d'aria sovrastante il fabbricato di qualsiasi altra ipotesi di sopraelevazione,
costituente espressione del diritto di proprietà esclusiva dell'ultimo piano del lastrico
solare.

Sez. II, sent. n. 12173 del 14-11-1991.

3. Struttura in alluminio

• Costituisce sopraelevazione, ai sensi dell'art. 1127 cod. civ., l'occupazione dell'area


comune sovrastante l'ultimo piano, sia con un altro piano, sia con una nuova fabbrica,
che può consistere anche in materiale diverso da cemento o laterizi, purché sia stabile e
compatta - come nel caso di struttura in alluminio, immobilizzata solidamente su un
terrazzo di copertura, di proprietà esclusiva - mentre è irrilevante che possa esser stata
considerata dal giudice penale, per escludere il reato previsto dall'art. 17, lett. b), della
legge 10 gennaio 1977 n. 28, pertinenza dell'appartamento.

Sez. II, sent. n. 5839 del 01-07-1997.

4. Condizione statica

• L' art. 1127 cod. civ. sottopone il diritto del proprietario dell'ultimo piano alla
sopraelevazione a tre limiti, dei quali il primo (condizione statica) introduce un divieto
assoluto, cui è possibile ovviare se, con il consenso unanime dei condomini, il

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proprietario sia autorizzato all'esecuzione delle opere di rafforzamento e di
consolidamento necessarie a rendere idoneo l'edificio a sopportare il peso della nuova
costruzione, mentre gli altri due limiti (turbamento delle linee architettoniche,
diminuzione di aria e di luce) presuppongono l'opposizione facoltativa dei singoli
condomini contro - interessati. Pertanto, l'art. 1127 cod. civ. ha carattere innovativo
rispetto al corrispondente art. 12 del R.D.L. 15 gennaio 1934 n. 56, in quanto inibisce al
proprietario dell'ultimo piano di sopraelevare se le condizioni statiche in atto dell'edificio
siano sfavorevoli e la sopraelevazione richieda opere di rafforzamento e di
consolidamento delle strutture essenziali.

Sez. II, sent. n. 2708 del 27-03-1996.

6. Derogabilità all’art 1127

• L'art. 1127 del codice civile, disciplinante il regime legale delle sopraelevazioni, è
derogabile, come emerge dall'espressa riserva contenuta nel primo comma, da una
convenzione preesistente o coeva alla costituzione del condominio. Ne consegue che il
divieto assoluto di sopraelevazione - nella specie, stabilito dal regolamento di condominio
(costituente parte integrante del contratto di acquisto dei singoli cespiti) a carico
dell'ultimo piano dell'edificio ed a favore tanto delle parti di proprietà comune, quanto
delle unità immobiliari in proprietà esclusiva dell'edificio - avendo sostanzialmente
natura di servitù "altius non tollendi", può essere fatto valere sia dai singoli condomini
che dal condominio.

Sez. II, sent. n. 10397 del 03-12-1994.

7. Aspetto architettonico

• Il codice civile, in materia di condominio di edifici, nel riferirsi quanto alle


sopraelevazioni, all'aspetto architettonico dell'edificio e, quanto alle innovazioni, al
decoro architettonico dello stesso, adotta nozioni di diversa portata, intendendo per
aspetto architettonico la caratteristica principale insita nello stile architettonico
dell'edificio, sicché l'adozione, nella parte sopraelevata, di uno stile diverso da quello
della parte preesistente dell'edificio comporta normalmente un mutamento peggiorativo
dell'aspetto architettonico complessivo (percepibile da qualunque osservatore), e
denotando per decoro architettonico una qualità positiva dell'edificio derivante dal
complesso delle caratteristiche architettoniche principali e secondarie, onde una modifica
strutturale di una parte anche di modesta consistenza dello edificio o un'aggiunta
quantitativa diversa dalla sopraelevazione, pur non incidendo normalmente sull'aspetto
architettonico, può comportare il venir meno di altre caratteristiche influenti sulla
estetica dell'edificio e così sul detto decoro architettonico incorrendo nel divieto ex art.
1120 cod. civ.Sez. II, sent. n. 8861 del 28-11-1987.

8. Indennità di sopraelevazione

33
• L'indennità di sopraelevazione di cui all'art. 1127 cod. civ., che costituisce un debito di
valore (soggetto alla rivalutazione monetaria), deve essere calcolata assumendo come
base unicamente il valore attuale del suolo nella parte di esso corrispondente al piano di
sopraelevazione, supposto come completamente libero, senza cioè che possa operarsi
alcuna diminuzione di esso in considerazione delle strutture del fabbricato e dei limiti che
ne derivano, né della sua maggiore o minore vetustà.

Sez. II, sent. n. 9032 del 05-12-1987.

DISTRUZIONE DELL’EDIFICIO

Art. 1128 c.c.. Perimento totale o parziale dell'edificio.

Se l'edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti i tre quarti del suo valore, ciascuno
dei condomini può richiedere la vendita all'asta del suolo e dei materiali, salvo che sia stato
diversamente convenuto.

Nel caso di perimento di una parte minore, l'assemblea dei condomini delibera circa la ricostruzione
delle parti comuni dell'edificio, e ciascuno è tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle
parti stesse .

L'indennità corrisposta per l'assicurazione relativa alle parti comuni è destinata alla ricostruzione di
queste. Il condomino che non intende partecipare alla ricostruzione dell'edificio è tenuto a cedere
agli altri condomini i suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la stima che
ne sarà fatta, salvo che non preferisca cedere i diritti stessi ad alcuno dei condomini.

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L’AMMINISTRATORE

1129. Nomina e revoca dell'amministratore.

Quando i condomini sono più di quattro, l'assemblea nomina un amministratore. Se l'assemblea non
provvede, la nomina è fatta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini.

L'amministratore dura in carica un anno e può essere revocato in ogni tempo dall'assemblea.

Può altresì essere revocato dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel
caso previsto dall'ultimo comma dell'articolo 1131, se per due anni non ha reso il conto della sua
gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità .

La nomina e la cessazione per qualunque causa dell'amministratore dall'ufficio sono annotate in


apposito registro.

Il primo comma del presente articolo, impone la nomina dell’amministratore quando i


compartecipanti sono in numero superiore a quattro.

Il proprietario del solo box per auto è condomino?

• Ebbene, prendiamo il caso di un edificio composto da quattro appartamenti e quattro


box per auto di cui solo tre di questi sono di proprietà dei proprietari degli
appartamenti, ed un box è di proprietà di un’altra persona estranea. E’ obbligatoria la
nomina di un amministratore? La risposta è affermativa perché secondo l’art. 1117 il
quale nell’elencare le parti comuni, dispone che esse sono oggetto di proprietà comune
dei proprietari dei piani o porzioni di piano. Non si parla di appartamenti. I box che si
trovano nel piano seminterrato, ognuno di essi è una porzione di piano e di
conseguenza il proprietario di un box è proprietario di una porzione di piano essendo il
piano seminterrato un piano a tutti gli effetti e quindi i compartecipanti al condominio
sono cinque.

Giurisprudenza

1. Nomina amministratore
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• Per la nomina dell'amministratore del condominio di un edificio è applicabile l'art. 1392
cod. civ., in base al quale, salvo che siano prescritte forme particolari e solenni per il
contratto che il rappresentante deve concludere, la procura che conferisce il potere di
rappresentanza può essere verbale o anche tacita. Detta nomina, pertanto, può risultare,
indipendentemente da una formale investitura da parte dell'assemblea e dall'annotazione
nello speciale registro di cui all' art. 1129 cod. civ., dal comportamento concludente dei
condomini, che abbiano considerato l'amministratore tale a tutti gli effetti, rivolgendosi a
lui abitualmente in tale veste. Sez. II, sent. n. 1791 del 12-02-1993.

2. Potere di rappresentanza

• Alla nomina dell'amministratore del condominio di un edificio è applicabile la


disposizione dell'art. 1392 cod. civ., secondo cui, salvo che siano prescritte forme
particolari e solenni per il contratto che il rappresentante deve concludere, la procura che
conferisce il potere di rappresentanza può essere verbale o anche tacita, di talché essa
può risultare, indipendentemente da una formale investitura da parte dell'assemblea e
dall'annotazione nello speciale registro di cui all'art. 1129 cod. civ., dal comportamento
concludente dei condomini che abbiano considerato l'amministratore tale a tutti gli
effetti, pur in assenza di una regolare nomina assembleare, rivolgendosi abitualmente a
lui in detta veste, senza metterne in discussione i poteri di gestione e di rappresentanza del
condominio.

Sez. II, sent. n. 3296 del 10-04-1996.

3. Nomina di un nuovo amministratore

• La nomina di un nuovo amministratore di condominio in sostituzione del precedente


dimissionario per spiegare efficacia nei confronti dei terzi deve avvenire con una
deliberazione dell'assemblea nelle forme di cui all'art. 1129 cod. civ.

Sez. II, sent. n. 5083 del 25-05-1994,

4. Nuovo amministratore, non necessità di revoca di quello precedente.

• La nomina di un nuovo amministratore del condominio di edificio non richiede la previa


formale revoca dell'amministratore in carica, atteso che dando luogo ad un rapporto di
mandato, comporta, ai sensi dell'art. 1724 cod. civ., la revoca di quello precedente.

Sez. II, sent. n. 5608 del 09-06-1994,

5. Nomina, revoca e attività dell'amministratore

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• Le norme del codice civile sulla nomina, la revoca e l'attività dell'amministratore del
condominio negli edifici ( art. 1129 cod. civ., artt. 64 e 65 disp. att. c.c.) non escludendo la
possibilità che l'amministrazione del condominio sia affidata ad una pluralità di
amministratori dato che, per un verso, la carenza di una specifica disposizione per
l'individuazione tra i diversi amministratori di quello tenuto a rappresentare il
condominio nei rapporti con i terzi comporta solo, ai sensi dell'art. 1131 cod. civ.,
l'attribuzione a tutti del potere di rappresentanza anche nei confronti di terzi e, per altro
verso, grazie al rinvio alle norme sulla comunione, operato dall'art. 1139 cod. civ., deve
ritenersi applicabile al condominio negli edifici l'art. 1106 cod. civ., che, per una esigenza
di tutela degli interessi dei comproprietari e di razionalizzazione delle amministrazioni
particolarmente complesse, comune anche al condominio negli edifici, espressamente
consente la delega per l'amministrazione della cosa comune ad uno o più partecipanti o
anche ad un estraneo. Ne consegue la possibilità che l'amministrazione del condominio
sia affidata anche ad una società di fatto in cui la disciplina del potere di
amministrazione come derivante da un rapporto di mandato fra la collettività dei soci
amministratori ( art. 2260 cod. civ.) e l'attribuzione, nei rapporti esterni, della
rappresentanza del socio amministratore ( art. 2266 cod. civ.) presenta un notevole
parallelismo con quella dell'art. 1131 cod. civ., alla quale aggiunge la predisposizione di
regole legali per la risoluzione del conflitto tra gli amministratori ( art. 2257 cod. civ.),
dovendosi escludere che la possibilità di inserimento di nuovi soci, nelle società di
persone, si rilevi incompatibile con il carattere personale del mandato conferito
all'amministratore dall'assemblea dei condomini, dato che, come nel caso di nomina
dell'amministratore unico, che è dotato della facoltà di delega dei suoi poteri ad un
sostituto, l'"intuitus personae" risiede nell'originaria scelta del mandatario e che
l'ingresso di nuovi soci non riduce, ma semmai accresce, la garanzia per i condomini.

Sez. II, sent. n. 11155 del 24-12-1994.

6. Mancata nomina dell’amministratore

• Il conduttore di un'unità immobiliare di un edificio in condominio, ancorché abbia diritto


a norma dell'art. 10 della legge n. 392 del 1978 a partecipare all'assemblea dei
condomini, non è legittimato - in caso di mancata nomina dell'amministratore - a
proporre il ricorso all'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 1129, primo comma, cod. civ.,
diretto ad ottenere la nomina dell'amministratore, configurandosi una "negotiorum
gestio" di carattere processuale non consentita (anche in materia di volontaria
giurisdizione) dall'ordinamento, con conseguente inesistenza di un suo diritto al rimborso
delle spese sostenute.

Sez. II, sent. n. 6843 del 17-06-1991.

7. Cessazione dalla carica

• L'amministratore di un condominio, anche dopo la cessazione dalla carica per scadenza


del termine di cui all'art. 1129 cod. civ., conserva "ad interim" i poteri conferitegli dalla

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legge, dall'assemblea o dal regolamento, e può continuare pertanto ad esercitarli, fino a
che non sia sostituito con altro amministratore.

Sez. II, sent. n. 7256 del 06-12-1986.

8. Effetti dopo la cessazione

• Il principio secondo cui l'amministratore di un condominio, anche dopo la cessazione


della carica per scadenza del termine di cui all'art. 1129 cod. civ. o per dimissioni,
conserva "ad interim" i suoi poteri e può continuare ad esercitarli fino a che non sia
stato sostituito da altro amministratore, fondandosi su una presunzione di conformità di
una siffatta "perpetuatio" di poteri all'interesse ed alla volontà dei condomini, non può
trovare applicazione quando risulti, viceversa, una volontà di questi ultimi, espressa con
delibera dell'assemblea condominiale, contraria alla conservazione dei poteri di gestione
da parte dell'amministratore cessato dall'incarico.

Sez. I, sent. n. 1445 del 05-02-1993.

9. Prorogatio

• In virtù dell'istituto della "prorogatio" l'amministratore di un condominio di un edificio,


cessato dalla carica per scadenza del termine previsto dall'art. 1129 cod. civ. o per
dimissioni, continua ad esercitare tutti i poteri previsti dall'art. 1130 cod. civ., attinenti
alla vita normale ed ordinaria del condominio, fino a quando non sia stato sostituito con
la nomina di altro amministratore. Pertanto, l'amministratore deve continuare a
provvedere, durante la gestione interinale, all'adempimento delle incombenze ed
attribuzioni previste dall'art. 1130 cod. civ., e così a riscuotere i contributi condominiali e
ad erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni
dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni, compreso quello di portierato, con la
conseguenza che, in caso di ritardata presentazione delle denunce contributive e di
ritardato pagamento dei contributi previdenziali dovuti per il portiere, l'amministratore è
tenuto a rivalere il condominio delle somme da questo versate all'I.N.P.S. a titolo di
sanzioni amministrative.

Sez. II, sent. n. 3588 del 25-03-1993.

10. Revoca dell’amministratore

• La revoca dell'amministratore di un condominio, che può avvenire in qualsiasi tempo,


non richiede la sussistenza di una giusta causa, in considerazione della natura fiduciaria
del rapporto fra amministratore e condominio, con la conseguenza che a seguito
dell'adozione della delibera di revoca l'amministratore è tenuto, tra l'altro, a restituire
ogni cosa di pertinenza del condominio, senza che per l'inottemperanza a tale obbligo si
debba fare ricorso al tribunale a norma dell'ultimo comma dell'art. 1105 cod. civ.,

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potendosi legittimamente richiedere l'adozione di un provvedimento di urgenza a norma
dell'art. 700 cod. proc. civ.

Sez. II, sent. n. 11472 del 28-10-1991.

11. Risarcimento dei danni proposta dall'amministratore

• Il condominio non è legittimato passivo nei confronti della domanda di risarcimento dei
danni proposta dall'amministratore per la revoca dall'incarico disposta dall'autorità
giudiziaria, atteso che i condomini che chiedono la revoca, ai sensi dell'art. 1129 cod. civ.,
esercitano un diritto proprio e non agiscono in virtù di un mandato reciproco esistente tra
tutti i condomini.

Sez. II, sent. n. 12636 del 09-12-1995.

12. Spese pluriennali

• Il disposto dell'art. 1129 cod. civ. (nomina annuale dell'amministratore), e dell'art. 1135,
n. 2, cod. civ. (preventivo annuale di spesa), dell'art. 1135, n. 3, cod. civ. (rendiconto
annuale delle spese e delle entrate) configura una dimensione annuale della gestione
condominiale, sicché è nulla la deliberazione condominiale che, nell'assenza di
un'unanime determinazione, vincoli il patrimonio dei singoli condomini ad una
previsione pluriennale di spese, oltre quella annuale, ed alla quale si commisuri l'obbligo
della contribuzione (nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio di
diritto, ha confermato la sentenza del merito che aveva dichiarato la nullità della
deliberazione condominiale con la quale era stato così approvato a maggioranza:
"continuare a versare le quote relative al fondo di riserva per l'anno 1988 e per i prossimi
cinque anni, pari ad una quota condominiale trimestrale per ogni anno, che dovrà essere
versata entro il 30 maggio di ogni anno.

Sez. II sent. n. 7706/96

POTERI ED OBBLIGHI DELL’AMMINISTRATORE

L'amministratore deve :

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1) eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini e curare l'osservanza del regolamento di
condominio.

2) disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse comune, in modo
che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini;

3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti
comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni;

4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio.

Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione.

Giurisprudenza

1. Poteri dell’amministratore

• In tema di condominio degli edifici, l'azione contro il singolo partecipante, rivolta a


conseguire, in via cautelare o definitiva, la rimozione di opere abusivamente realizzate sul
lastrico solare, di proprietà comune, configura atto di conservazione dei diritti inerenti a
detta porzione comune, e, pertanto, può essere proposta dall'amministratore senza
necessità di autorizzazione assembleare, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1130 e
1131 cod. civ., mentre resta a tal fine irrilevante la natura reale o personale dell'azione
medesima, così come la circostanza che quelle opere abusive ledano anche diritti
individuali dei singoli condomini, e che questi possano a loro volta agire a tutela delle
cose di proprietà comune od individuale.

Sez. II, sent. n. 5160 del 27-07-1983.

2. Azioni possessorie

• L'amministratore del condominio ha, tra gli altri, anche il compito di compiere gli atti
conservativi - tra i quali rientrano anche le azioni possessorie - dei diritti inerenti alle
parti comuni dell'edificio e, nell'ambito di detta attribuzione, ha la rappresentanza dei
partecipanti e può agire in giudizio, sia contro i condomini che contro i terzi, con la
conseguenza che, allorché si verta in tema di conservazione dei diritti condominiali
attinenti alle parti comuni dell'edificio - ed anche se la controversia riguardi l'uso o il
godimento della cosa comune - l'amministratore può agire in giudizio anche in difetto di
una deliberazione assembleare in tal senso, poiché tale potere inerisce alla sua qualità,
restando irrilevante accertare se l'assemblea con la quale egli sia stato eventualmente
autorizzato a promuovere l'azione sia stata o meno validamente costituita.

Sez. II, sent. n. 4117 del 14-05-1990.

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3. Atti conservativi

• L' art. 1130, n. 4, cod. civ. che attribuisce all'amministratore del condominio il potere di
compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio deve
interpretarsi estensivamente nel senso che oltre agli atti conservativi necessari ad evitare
pregiudizi a questa od a quella parte comune, l'amministratore ha il potere - dovere di
compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l'edificio condominiale
unitariamente considerato. Rientra, pertanto, nel novero degli atti conservativi di cui
all'art. 1130, n. 4, cod. civ. l'azione dell'art. 1669 cod. civ. intesa a rimuovere i gravi
difetti di costruzione, nel caso in cui questi riguardino l'intero edificio condominiale e i
singoli appartamenti, vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno che abilita
alternativamente l'amministratore del condominio ed i singoli condomini ad agire per il
risarcimento, senza che possa farsi distinzione fra parti comuni e singoli appartamenti o
parte di essi soltanto.

Sez. II, sent. n. 3366 del 23-03-1995.

4. Gravi difetti di costruzione

• L' art. 1130, primo comma, n. 4, cod. civ., menzionando gli atti conservativi dei diritti
inerenti alle parti comuni dell'edificio, non si riferisce soltanto alle misure cautelari, ma
anche a tutti gli atti diretti a conservare l'esistenza delle parti comuni dell'edificio
condominiale. Quindi l'amministratore del condominio è legittimato a proporre l'azione
di cui all'art. 1669 cod. civ., relativa ai gravi difetti di costruzione che possano porre in
pericolo la sicurezza dell'edificio condominiale, anche se privo della preventiva
autorizzazione da parte dell'assemblea condominiale.

Sez. II, sent. n. 2775 del 28-03-1997.

5. Contabilità tenuta dall’amministratore

• In tema di condominio degli edifici, la validità dell'approvazione da parte dell'assemblea


dei condomini del rendiconto di un determinato esercizio e del bilancio preventivo
dell'esercizio successivo non postula che la relativa contabilità sia tenuta
dall'amministratore con rigorose forme analoghe a quelle previste per il bilancio delle
società, essendo invece sufficiente che essa sia idonea a rendere intellegibile ai condomini
le voci di entrata e di uscita, con le quote di ripartizione; né si richiede che queste voci
siano trascritte nel verbale assembleare, ovvero siano oggetto di analitico dibattito ed
esame alla stregua della documentazione giustificativa, in quanto rientra nei poteri
dell'organo deliberativo la facoltà di procedere sinteticamente all'approvazione stessa,
prestando fede ai dati forniti dall'amministratore. Sono, pertanto, valide le deliberazioni
assembleari con le quali si stabilisce che il bilancio preventivo per il nuovo esercizio sia
conforme al preventivo o al consuntivo dell'esercizio precedente, eventualmente

41
aumentato di una certa percentuale, in tal modo risultando determinate, per riferimento
alle spese dell'anno precedente, sia la somma complessivamente stanziata, sia quella
destinata alle singole voci, mentre la ripartizione fra i singoli condomini deriva
automaticamente dall'applicazione delle tabelle millesimali.

Sez. II, sent. n. 3231 del 25-05-1984

6. Obblighi dell’amministratore

• In tema di condominio di edifici l'approvazione assembleare dell'operato


dell'amministratore e la mancata impugnativa delle relative delibere preclude l'azione di
responsabilità al singolo condomino leso dall'attività e dalle iniziative arbitrarie dello
stesso soltanto per le attività di gestione dei beni e dei servizi condominiali, per le quali il
potere di approvazione compete esclusivamente all'assemblea a norma dell'art. 1135, n. 3,
cod. civ. La delibera assembleare di approvazione non esclude invece l'anzidetta
responsabilità nel caso di mancata tempestiva informazione da parte dell'amministratore
di atti che hanno incidenza diretta sul patrimonio del singolo condomino, come nel caso
di mancato riferimento di perizie relative a controversie con altri soggetti.

Sez. II, sent. n. 10838 del 02-10-1992.

7. Responsabilità per negligenza dell’amministratore

• L'amministratore del condominio, che è responsabile dei danni cagionati dalla sua
negligenza, dal cattivo uso dei poteri e in genere di qualsiasi inadempimento degli
obblighi legali o regolamentari, non può essere ritenuto responsabile, ancorché sia tenuto
a far osservare il regolamento condominiale, dei danni cagionati dall'abuso dei
condomini nell'uso della cosa comune, non essendo dotato di poteri coercitivi e
disciplinari nei confronti dei singoli condomini - salvo che il regolamento di condominio,
ai sensi dell'art. 70 disp. trans. c.c., preveda la possibilità di applicazione di sanzioni nei
confronti dei condomini che violano le norme da esso stabilite sull'uso delle cose comuni
- né obbligato a promuovere azione giudiziaria contro i detti condomini in mancanza di
una espressa disposizione condominiale o di una delibera assembleare.

Sez. II, sent. n. 8804 del 20-08-1993.

8. Rimborso per spese anticipate dall’amministratore

• L'amministratore cessato dall'incarico può chiedere il rimborso delle somme da lui


anticipate per la gestione condominiale sia nei confronti del condominio legalmente
rappresentato dal nuovo amministratore (dovendosi considerare attinente alle cose, ai
servizi ed agli impianti comuni anche ogni azione nascente dall'espletamento del
mandato, che, appunto, riflette la gestione e la conservazione di quelle cose, servizi o
impianti) sia, cumulativamente, nei confronti di ogni singolo condomino, la cui
obbligazione di rimborsare all'amministratore, mandatario, le anticipazioni da questo

42
fatte nell'esecuzione dell'incarico deve considerarsi sorta nel momento stesso in cui
avviene l'anticipazione e per effetto di essa e non può considerarsi estinta dalla nomina
del nuovo amministratore, che amplia la legittimazione processuale passiva senza
eliminare quelle originali, sostanziali e processuali.

Sez. II, sent. n. 3231 del 25-05-1984

9. Responsabilità dell’amministratore

• L'amministratore del condominio, non può essere ritenuto responsabile, ancorché sia
tenuto a far osservare il regolamento condominiale, dei danni cagionati dall'abuso dei
condomini nell'uso della cosa comune, non essendo dotato di poteri coercitivi e
disciplinari nei confronti dei singoli condomini - salvo che il regolamento di condominio,
ai sensi dell'art. 70 disp. trans. c.c., preveda la possibilità di applicazione di sanzioni nei
confronti dei condomini che violano le norme da esso stabilite sull'uso delle cose comuni
- né obbligato a promuovere azione giudiziaria contro i detti condomini in mancanza di
una espressa disposizione condominiale o di una delibera assembleare.

Sez. II, sent. n. 8804 del 20-08-1993.

10. Spese anticipate dall’amministratore

• L'amministratore cessato dall'incarico può chiedere il rimborso delle somme da lui


anticipate per la gestione condominiale sia nei confronti del condominio legalmente
rappresentato dal nuovo amministratore (dovendosi considerare attinente alle cose, ai
servizi ed agli impianti comuni anche ogni azione nascente dall'espletamento del
mandato, che, appunto, riflette la gestione e la conservazione di quelle cose, servizi o
impianti) sia, cumulativamente, nei confronti di ogni singolo condomino, la cui
obbligazione di rimborsare all'amministratore, mandatario, le anticipazioni da questo
fatte nell'esecuzione dell'incarico deve considerarsi sorta nel momento stesso in cui
avviene l'anticipazione e per effetto di essa e non può considerarsi estinta dalla nomina
del nuovo amministratore, che amplia la legittimazione processuale passiva senza
eliminare quelle originali, sostanziali e processuali.

Sez. II, sent. n. 8530 del 27-09-1996

11.Diritto di richiedere il rimborso

• L'amministratore del condominio ha diritto di richiedere ai singoli condomini il rimborso


delle somme da lui anticipate per la gestione condominiale solo nei limiti delle rispettive
quote dovendosi ritenere applicabile anche nei rapporti esterni la disposizione dell'art.
1123 cod. civ., a norma della quale le spese necessarie per la conservazione ed il
godimento delle parti comuni dell'edificio, per le prestazioni dei servizi nell'interesse

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comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini
in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno. Sez. II, sent. n. 8530 del 27-
09-1996.

12. Anticipazione spese da parte dell’amministratore

• L'amministratore di condominio - nel quale non è ravvisabile un ente fornito di


autonomia patrimoniale, bensì la gestione collegiale di interessi individuali, con
sottrazione o comprensione dell'autonomia individuale - configura un ufficio di diritto
privato oggettivamente orientato alla tutela del complesso di interessi suindicati e
realizzante una cooperazione, in regime di autonomia, con i condomini, singolarmente
considerati, che è assimilabile, pur con tratti distintivi in ordine alle modalità di
costituzione ed al contenuto "sociale" della gestione, al mandato con rappresentanza, con
la conseguente applicabilità, nei rapporti tra amministratore ed ognuno dei condomini,
dell'art. 1720, primo comma, cod. civ., secondo cui il mandante deve rimborsare al
mandatario le anticipazioni fatte nell'esecuzione dell'incarico diretta ad ottenere il
rimborso di somme anticipate nell'interesse della gestione condominio legalmente
rappresentato dal nuovo amministratore, anche contro il singolo condomino
inadempiente all'obbligo di pagare la propria quota.

Sez. II, sent. n. 1286 del 12-02-1997.

13. Legittimazione dell’amministratore cessato

• L'amministratore di condominio cessato dall'incarico è attivamente legittimato a proporre


l'azione per il recupero delle somme da lui anticipate nell'interesse del condominio nel
corso della sua gestione, non soltanto nei confronti di quest'ultimo, bensì anche nei
confronti dei singoli condomini, per le quote rispettivamente a loro carico; tale
legittimazione attiva trova il suo fondamento, nella disciplina del rapporto di mandato,
quale è quello configurabile tra i condomini e l'amministratore ( art. 1720 cod. civ.).
(Nella specie, il convenuto aveva eccepito il difetto di legittimazione attiva, affermando
che l'attore, non essendo più amministratore del condominio, non poteva pretendere dai
condomini il pagamento di quanto essi dovevano per spese condominiali).

Sez. II, sent. n. 1286 del 12-02-1997.

14. Distacco dell’impianto comune centralizzato

• L’amministratore del condominio è legittimato, senza necessità della partecipazione al


giudizio dei condomini, a resistere alla domanda concernente la legittimità dei distacchi
dall’impianto comune centralizzato di riscaldamento effettuati dai singoli condomini a
seguito di delibera assembleare autorizativa.

Sez. II sent.n. 01302 del 07/02/1998

44
RAPPRESENTANZA

1131. Rappresentanza .

Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo precedente o dei maggiori poteri conferitogli dal
regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti
e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi.

Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio ; a
lui sono notificati i provvedimenti dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.

Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni


dell'amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini.

L'amministratore che non adempie a quest'obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento
dei danni.

Giurisprudenza

1. Potere rappresentativo dell’amministratore

• Essendo il condominio ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella


dei suoi partecipanti, l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario, e cioè
dell'amministratore, non priva i singoli condomini del potere di agire a difesa dei diritti,
sia esclusivi che comuni, né, quindi, del potere d'intervenire nel giudizio in cui tale difesa
sia stata assunta dall'amministratore.

Sez. II, sent. n. 5101 del 20-08-1986.

2. Distinzione tra singoli condomini e condominio

• Il condominio si configura come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica


distinta da quella dei singoli condomini, cosicché l'esistenza di un organo rappresentativo
unitario, qual è l'amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a
difesa dei diritti, esclusivi e comuni, inerenti all'edificio condominiale. Costoro, pertanto,

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possono sia intervenire nei giudizi in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta
dall'amministratore, sia proporre i mezzi d'impugnazione ammissibili per evitare gli
effetti, a loro sfavorevoli, di sentenze pronunciate nei confronti del condominio
rappresentato dall'amministratore.

Sez. II, sent. n. 6881 del 22-11-1986,

3. Costruzione eretta abusivamente

• La facoltà riconosciuta all'amministratore del condominio dall'art. 1130, n. 4, cod. civ. di


agire in giudizio per compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni
dell'edificio non esclude che ciascun condomino possa provvedervi direttamente. Il diritto
dell'amministratore si aggiunge infatti a quello dei naturali e diretti interessati ad agire
per il fine indicato a tutela dei beni dei quali sono comproprietari insidiati da azioni
illegittime di altri condomini o di terzi. Pertanto, nel caso di una costruzione eretta
abusivamente da un condomino su una parte comune dell'edificio, la controversia è
regolarmente promossa nei confronti del solo autore dell'illecito anche da parte di uno
solo dei condomini, atteso che ciascuno di essi ha il diritto di esigere indipendentemente
dall'opinione degli altri la rimozione dell'opera abusiva.

Sez. II, sent. n. 9629 del 16-09-1991.

4. Difesa dei diritti esclusivi

• Configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica


distinta da quella dei singoli condomini, l'esistenza di un organo rappresentativo unitario,
quale l'amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei
diritti esclusivi e comuni inerenti all'edificio condominiale, né, di conseguenza, di
intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata assunta dall'amministratore, nonché di
avvalersi dei mezzi di impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza
pronunciata nei confronti del condominio rappresentato dall'amministratore.

Sez. II, sent. n. 5084 del 29-04-1993,

5. Diritti autonomi di ciascun condomino

• Il condominio non è un soggetto giuridico dotato di propria personalità distinta da quella


di coloro che ne fanno parte, bensì un semplice ente di gestione, il quale opera in
rappresentanza e nell'interesse comune dei partecipanti, limitatamente
all'amministrazione e al buon uso della cosa comune, senza interferire nei diritti
autonomi di ciascun condomino. Ne deriva che l'amministratore, per effetto della nomina
ex art. 1129 cod. civ., ha soltanto una rappresentanza "ex mandato" dei vari condomini e
che la sua presenza non priva questi ultimi del potere di agire personalmente a difesa dei
propri diritti sia esclusivi che comuni.

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Sez. II, sent. n. 12304 del 14-12-1993.

6. Potere del singolo condomino d'intervenire nel giudizio

• Il principio per cui, essendo il condominio un ente di gestione sfornito di personalità


distinta da quella dei suoi partecipanti, l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario
non priva i singoli condomini del potere di agire a difesa di diritti connessi alla detta
partecipazione, né quindi del potere d'intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata
legittimamente assunta dall'amministratore del condominio e di avvalersi dei mezzi
d'impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunziata nei confronti
dell'amministratore stesso, che vi abbia fatto acquiescenza, non trova applicazione con
riguardo alle controversie aventi ad oggetto l'impugnazione di deliberazioni
dell'assemblea condominiale che, come quelle relative alla gestione di un servizio comune
(nella specie, l'ascensore), tendono a soddisfare esigenze soltanto collettive della gestione
stessa, senza attinenza diretta all'interesse esclusivo di uno o più partecipanti, con la
conseguenza che, in tali controversie, la legittimazione ad agire - e, quindi, anche ad
impugnare - spetta in via esclusiva all'amministratore, la cui acquiescenza alla sentenza
esclude la possibilità d'impugnazione proposta dal singolo condomino.

Sez. II, sent. n. 2393 del 12-03-1994.

7. Legittimazione dei condomini

• I condomini, i quali non hanno personalmente partecipato al giudizio di primo grado


siccome rappresentati nel processo dall'amministratore del condominio, possono proporre
impugnazione in luogo dell'amministratore, presente nel giudizio di primo grado, ma non
appellante. Non sussistono, infatti, impedimenti a che i singoli condomini, i quali in
primo grado hanno partecipato al giudizio siccome rappresentati dall'amministratore,
propongano personalmente l'impugnazione, se l'amministratore non impugna.

Sez. II, sent. n. 2392 del 12-03-1994.

8. Accertamento del diritto condominiale

• Ogni partecipante al condominio è titolare della facoltà di agire anche da solo e


individualmente a difesa dei diritti comuni inerenti al fabbricato condominiale ed alle sue
componenti. Pertanto, sussiste la legittimazione del singolo condomino ad agire, in base
all'art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765, per l'accertamento del diritto condominiale di
uso degli spazi di parcheggio inerenti al fabbricato.

Sez. II, sent. n. 4465 del 20-04-1995.

9. Tutela di un proprio diritto esclusivo

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• In tema di condominio, l'attribuzione, in determinate materie, all'amministratore della
legittimazione ad agire in nome del condominio non priva i singoli condomini del potere
di agire a difesa dei propri diritti esclusivi o dei diritti comuni. Tuttavia, la legittimazione
del singolo condomino ad agire per la tutela di un proprio diritto esclusivo non comporta
la legittimazione ad agire per la tutela di analoghi diritti esclusivi degli altri condomini.
(Nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha cassato la sentenza del
giudice di merito il quale aveva accolto la domanda di un condomino tendente ad ottenere
da un terzo la restituzione sia della propria quota, sia delle quote gravanti sugli altri
condomini per un contratto stipulato dall'amministratore con il terzo stesso, non
ratificato dall'assemblea condominiale).

Sez. II, sent. n. 4468 del 20-04-1995.

10. Potere per il condomino di agire personalmente

• La peculiare natura del condominio, ente di gestione sfornito di personalità distinta da


quella dei suoi componenti, i quali devono intendersi rappresentati ex mandato
dall'amministratore, comporta che l'iniziativa giudiziaria di quest'ultimo a tutela di un
diritto comune dei condomini non priva i medesimi del potere di agire personalmente a
difesa di quel diritto nell'esercizio di una forma di rappresentanza reciproca atta ad
attribuire a ciascuno una legittimazione sostituiva scaturente dal fatto che ogni singolo
condomino non può tutelare il proprio diritto senza necessariamente e
contemporaneamente difendere i diritti degli altri condomini. Pertanto, il condomino che
interviene personalmente nel processo promosso dall'amministratore per far valere diritti
della collettività condominiale non è un terzo che si intromette in una vertenza fra
estranei ma è una delle parti originarie determinatasi a far valere direttamente le proprie
ragioni, sicché, ove tale intervento sia stato spiegato in grado di appello, non possono
trovare applicazione i principi propri dell'intervento dei terzi in quel grado fissati nell'art.
344 cod. proc. civ.

Sez. II, sent. n. 826 del 27-01-1997.

11. Responsabilità solidale dei condomini

• Le obbligazioni contratte verso i terzi dall'amministratore del condominio (o da chi altri


sia stato delegato dai condomini a contrarle) per conto del condominio e nei limiti delle
sue attribuzioni o eseguendo deliberazioni dell'assemblea, sono direttamente riferibili ai
singoli condomini che, in base all'art. 1284 cod. civ., sono, quindi, solidalmente
responsabili, nei confronti del terzo, dell'adempimento delle predette obbligazioni, salvo il
diritto di chi ha pagato di esercitare verso i condomini condebitori il diritto di regresso e
di dividere il debito nei rapporti interni; pertanto, il terzo creditore del condominio può
agire per la tutela del suo diritto sia contro l'amministratore o di chi altri abbia contratto
l'obbligazione per delega o in rappresentanza dei condomini, sia nei confronti dei singoli
condomini, direttamente obbligati nei suoi confronti.

Sez. II, sent. n. 4558 del 17-04-1993.

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12. Potere dell’amministratore

• L'amministratore del condominio è legittimato a fare valere in giudizio, a norma dell'art.


1130, n. 1, cod. civ., e dell'art. 1131 cod. civ., le norme del regolamento condominiale,
anche se si tratta di clausole che disciplinano l'uso delle parti del fabbricato di proprietà
individuale, purché siano rivolte a tutelare l'interesse generale al decoro, alla tranquillità
ed all'abitabilità dell'intero edificio. (Nella specie, un condomino aveva destinato a
discoteca e sala da ballo i locali seminterrati di sua proprietà esclusiva che, a termini di
regolamento, dovevano essere adibiti a magazzino).

Sez. II, sent. n. 397 del 23-01-1989.

13. Autonomia di rappresentanza dell’amministratore

• L'amministratore del condominio ha il potere autonomo di rappresentanza processuale


dell'insieme dei condomini quando sia necessario far osservare, da parte dei singoli
partecipanti, le norme contenute nel regolamento di condominio che, anche se
disciplinano l'uso di parti di proprietà esclusiva, sono dettate nell'interesse comune, come
quelle che, vietando di adibire gli appartamenti e le loro pertinenze ad usi diversi da quelli
specificamente previsti, tendono a tutelare l'interesse generale al decoro, alla tranquillità
ed all'abitabilità dell'intero edificio.

Sez. II, sent. n. 10288 del 23-10-1990.

14. Legittimazione ad agire in giudizio

• Per il disposto degli artt. 1130 e 1131 cod. civ., l'amministratore del condominio ha la
legittimazione ad agire in giudizio, nei confronti del condomino moroso per la riscossione
dei contributi, senza necessità di autorizzazione da parte dell'assemblea, rilevando
l'esistenza o meno di uno stato di ripartizione delle spese approvato dall'assemblea
soltanto in ordine alla fondatezza della domanda, con riferimento all'onere probatorio a
suo carico.

Sez. II, sent. n. 2452 del 15-03-1994.

15. Legittimazione processuale attiva dell'amministratore

• In base agli artt. 1130 e 1131 cod. civ. la legittimazione processuale attiva
dell'amministratore di un condominio è delimitata dai poteri sostanziali spettantigli per
legge o ampliati, nell'ambito della realizzazione dell'interesse comune, dal regolamento
condominiale o da valida delibera dell'assemblea. Pertanto, le delibere che
l'amministratore, ai sensi dell'art. 1130, n. 1, cod. civ., è legittimato ad eseguire, agendo a

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tal fine anche in giudizio, sono soltanto quelle che rientrano nei poteri deliberativi
dell'assemblea e perciò non incidono sui diritti esclusivi dei singoli condomini.

Sez. II, sent. n. 278 del 14-01-1997.

16. Legittimazione passiva dell’amministratore

• La rappresentanza processuale dell'amministratore del condominio dal lato passivo ai


sensi del secondo comma dell'art. 1131 cod. civ., non incontra limiti quando le domande
proposte contro il condominio riguardano le parti comuni dell'edificio, con la
conseguenza che l'amministratore non necessita di alcuna autorizzazione della assemblea
per resistere in giudizio e per proporre le impugnazioni che si rendessero necessarie,
compreso il ricorso per Cassazione, in relazione al quale è legittimato a conferire la
procura speciale all'avvocato iscritto nell'apposito albo a norma dell'art. 365 cod. proc.
civ.

Sez. II, sent. n. 5203 del 26-08-1986.

17. Lite avente ad oggetto interessi comuni

• Il secondo comma dell'art. 1131 cod. civ., nel prevedere la legittimazione passiva
dell'amministratore in ordine ad ogni lite avente ad oggetto interessi comuni dei
condomini (senza distinguere tra azioni di accertamento ed azioni costitutive o di
condanna), deroga alla disciplina valida per le altre ipotesi di pluralità di soggetti passivi,
soccorrendo, così, all'esigenza di rendere più agevole ai terzi la chiamata in giudizio del
condominio, senza la necessità di promuovere il litisconsorzio passivo nei confronti dei
condomini. Pertanto, riguardo ad azioni negatorie e confessorie di servitù, la
legittimazione passiva dell'amministratore del condominio sussiste anche nel caso in cui
l'azione sia diretta ad ottenere la rimozione di opere comuni (nella specie, un condomino
aveva chiesto la rimozione della centrale termica condominiale dal luogo in cui era stata
installata, in quanto essa, tra l'altro, causava intollerabili immissioni di rumore nel suo
appartamento. La S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha escluso che
sussistesse il litisconsorzio passivo necessario dei condomini).

Sez. II, sent. n. 1485 del 26-02-1996.

18. Giudizi relativi alla ripartizione delle spese

• L'amministratore del condominio è legittimato passivamente a stare in causa nei giudizi


relativi alla ripartizione delle spese per le cose ed i servizi comuni promossi dal
condomino dissenziente dalla relativa deliberazione assembleare, in quanto la
controversia ha per oggetto un interesse comune dei condomini, ancorché in opposizione
all'interesse particolare di uno di essi.

Sez. II, sent. n. 8198 del 11-08-1990.

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19. Amministratore avvocato

• L'amministratore di un condominio che sia anche abilitato all'esercizio della professione


forense può agire direttamente in giudizio ai sensi dell'art. 86 cod. proc. civ. Per
l'esercizio delle facoltà conferitegli dagli artt. 1130 e 1131 cod. civ. nell'esplicazione delle
attribuzioni inerenti alla specificata sua qualità (nella specie, per la riscossione dei
contributi condominiali), senza necessità di ulteriore procura.

Sez. II, sent. n. 6947 del 05-06-1992.

20. Dimissioni dell’amministratore

• Nel corso del giudizio, di cui sia parte costituita un condominio legalmente rappresentato
dall'amministratore, la cessazione del rapporto di rappresentanza per dimissioni
comporta l'interruzione del processo, a norma dell'art. 300 cod. proc. civ., soltanto se e
quando l'evento sia stato dichiarato in udienza, ovvero sia notificato alle altre parti dal
procuratore costituito; altrimenti, il rapporto processuale prosegue senza soluzione di
continuità e senza dar luogo a successione nel processo quando si costituisca in giudizio
il nuovo amministratore, ed è perciò valida l'impugnazione proposta dall'amministratore
dimissionario il cui potere perdura fino alla sua sostituzione.

Sez. II, sent. n. 3159 del 17-03-1993.

21. Legittimazioni dei terzi.

• Poiché i limiti al potere rappresentativo dell'amministratore, desumibili dagli artt. 1130 e


1131 cod. civ., sono posti nell'esclusivo interesse del condominio, il terzo non è legittimato
a far valere il superamento di essi nel negozio concluso con detto amministratore (nella
specie, un appaltatore aveva impugnato la clausola compromissoria, accedente al relativo
contratto concluso con l'amministratore, perché atto di straordinaria amministrazione ex
art. 807, ultimo comma, cod. proc. civ.).

Sez. II, sent. n. 1559 del 20-02-1997.

22. Difetto di legittimazione

• Il difetto di legittimazione processuale (nella specie, dell'amministratore di un


condominio), attenendo alla legittimità del contraddittorio, nonché alla validità della sua
costituzione, determina la nullità degli atti processuali compiuti ed è rilevabile d'ufficio in
ogni stato e grado del procedimento, con l'unico limite del giudicato formatosi sul punto,
se la relativa eccezione è stata disattesa dal primo giudice e non riproposta in appello.

Sez. II, sent. n. 1926 del 04-03-1997.

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23. Incapacità di testimoniare per i condomini parti in causa

• La controversia promossa dall'amministratore di condominio, al quale spetta, come


mandatario dei condomini, la rappresentanza degli stessi, per la riscossione dei contributi
dovuti da ciascun condomino per l'utilizzazione delle cose o dei servizi comuni, configura
una lite fra condomini, nella quale questi, in quanto parti, sono incapaci di testimoniare.

Sez. II, sent. n. 6483 del 16-07-1997.

24. Rappresentanza in mancanza dell’amministratore.

• In ipotesi di mancata nomina dell'amministratore in un edificio in condominio, la


domanda giudiziaria contro il condominio va proposta nei confronti della totalità dei
condomini, con la conseguenza che ove si accerti, in grado d'appello, il difetto di integrità
del contraddittorio, per essere stati convenuti in giudizio solo alcuni di essi, il giudice
d'appello, a norma dell'art. 354 cod. proc. civ., deve dichiarare la nullità della sentenza
impugnata, e rimettere la causa al giudice di primo grado per l'integrazione del
contraddittorio e la trattazione della causa con la partecipazione di tutti i condomini.

Sez. II, sent. n. 255 del 13-01-1983,

25. Difetto di integrità del contraddittorio

• Nell'ipotesi di mancata nomina dell'amministratore di condominio, la domanda


giudiziaria riguardante beni comuni deve essere proposta nei confronti di tutti i
condomini, con la conseguenza che, ove si accerti in grado di appello il difetto di integrità
del contraddittorio, per essere stati convenuti in giudizio soltanto alcuni di essi, il giudice
di appello, a norma dell'art. 354 cod. proc. civ., deve dichiarare la nullità della sentenza
impugnata e rimettere la causa al giudice di primo grado per l'integrazione del
contraddittorio e la trattazione della causa con la partecipazione di tutti condomini.

Sez. II, sent. n. 3805 del 22-04-1996.

26. L’amministratore non è legittimato a rappresentare i singoli condomini.

• L'amministratore del condominio - salvo che ne abbia ricevuto specifico mandato - non è
legittimato a promuovere un giudizio quando, sia pure in correlazione alle parti comuni
dell'edificio, si controverta sull'adempimento di obbligazioni derivanti dai singoli
contratti stipulati con i venditori e che impegnano i singoli condomini ed i loro diretti
contraenti. (Nella specie, era stata esercitata dall'amministratore l'azione contrattuale di
garanzia per i vizi della cosa venduta di cui all'art. 1490 cod. civ. e segg., con riferimento
a vizi attinenti ad elementi accessori della costruzione: rivestimenti, piastrellature,
pitturazioni, pavimentazioni).

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Sez. II, sent. n. 7527 del 20-12-1983.

27. Domanda di servitù coattiva

• La domanda diretta ad ottenere la costituzione coattiva di una servitù su un fondo di


proprietà dei condomini di un edificio, ma non rientrante tra le parti comuni dello stesso,
va proposta nei confronti di ciascuno dei condomini, che soli possono disporre del diritto
in questione, e non nei confronti dell'amministratore del condominio che, carente del
relativo potere di disporne, non è litisconsorte necessario dei singoli condomini ed è
perciò sfornito di "legitimatio ad causam", oltre che di "legitimatio ad processum" per
difetto del potere di rappresentanza dei singoli condomini, esulando la controversia dalle
attribuzioni conferitegli dall'art. 1130 cod. civ. Ne consegue che, ove sia stato
erroneamente evocato in giudizio il solo amministratore del condominio, la domanda deve
essere dichiarata inammissibile non ricorrendo le ipotesi dell'art. 102 cod. proc. civ.,
concernente la necessità di integrazione del contraddittorio in primo grado, né dell'art.
354 cod. proc. civ., riguardante la rimessione della causa da parte del giudice d'appello al
primo giudice, ove questi non abbia provveduto alla detta integrazione, che si riferiscono
all'ipotesi di litisconsorzio necessario di natura sostanziale e postulano che almeno uno
dei soggetti legittimati sia stato evocato in giudizio.

Sez. II, sent. n. 4840 del 14-11-1989.

28. Legittimazione dell’amministratore

• La legittimazione dell'amministratore, quale è prevista dall'art. 1130 cod. civ. per gli atti
conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, non si estende oltre i limiti
delle domande dirette al ripristino delle parti comuni nel loro normale stato e non
comprende, quindi, la domanda di risarcimento dei danni conseguenti al deprezzamento
delle parti comuni, dell'immobile che, non essendo diretta alla conservazione
dell'immobile, resta nell'esclusiva disponibilità dei singoli condomini.

Sez. II, sent. n. 4679 del 16-04-1992.

29. Diritti dei condomini. Necessità di autorizzazione

• Le azioni reali nei confronti dei terzi, a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni
di un edificio (nella specie, azione di rivendica), tendono a statuizioni relative alla
titolarità ed al contenuto dei diritti medesimi ed, esulando, pertanto, dall'ambito degli atti
meramente conservativi ( art. 1130, n. 4, cod. civ.), possono essere proposte
dall'amministratore del condominio solo se regolarmente autorizzato dall'assemblea, ai

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sensi dell'art. 1131 cod. civ., con la maggioranza indicata dal secondo comma dell'art.
1136 cod. civ.

Sez. II, sent. n. 4856 del 24-04-1993.

30. Difesa dei diritti dei condomini

• Le azioni reali nei confronti dei terzi a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni
di un edificio tendono a statuizioni relative alla titolarità ed al contenuto dei diritti
medesimi che, esulando dall'ambito degli atti meramente conservativi ( art. 1130, n. 4,
cod. civ.), possono essere proposte dall'amministratore del condominio solo se autorizzato
dall'assemblea a norma dell'art. 1131, comma primo, cod. civ.

Sez. II, sent. n. 8531 del 19-10-1994,

31. Azioni contro terzi

• Le azioni reali contro terzi, a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di un
edificio, quali quelle volte a denunziare la violazione delle distanze legali tra costruzioni,
essendo dirette a ottenere statuizioni relative alla titolarità e al contenuto dei diritti
medesimi, non rientrano tra gli atti meramente conservativi e possono, quindi,
promuoversi dall'amministratore del condominio solo se sia autorizzato dall'assemblea a
norma dell'art. 1131, comma primo, cod. civ.

Sez. U., sent. n. 10615 del 28-11-1996.

32. Actio confessoria servitutis

• Per il disposto degli artt. 1130 e 1131, primo comma, cod. civ., l'esperimento da parte
dell'amministratore del condominio di un edificio dell'"actio confessoria servitutis" nei
confronti di un singolo condomino o di un terzo richiede l'autorizzazione dell'assemblea o
il mandato espresso dei singoli partecipanti vertendosi in tema di azione reale con finalità
non meramente conservative, la quale esula dai limiti delle normali attribuzioni
dell'amministratore.

Sez. II, sent. n. 6119 del 25-06-1994.

33. Carenza di legittimazione

• L'obbligo di comunicazione imposto all'amministratore del condominio dal terzo comma


dell'art. 1131 cod. civ., rilevante solo all'interno del rapporto fra la collettività dei

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condomini e l'amministratore stesso, come non incide sulla deducibilità e rilevabilità
d'ufficio della carenza di legittimazione passiva del condominio convenuto in persona
dell'amministratore con citazione il cui contenuto esorbita dalle funzioni di quest'ultimo,
così non rileva ai fini della legittimazione attiva dell'amministratore, la quale, ai sensi
dell'art. 1130 cod. civ. e del primo comma dell'art. 1131 cod. civ., va verificata in base
all'inclusione della tutela giurisdizionale richiesta nei limiti delle normali attribuzioni
dell'amministratore quali stabilite dalla legge o dal regolamento di condominio, o alla sua
eccedenza dai detti limiti, nel quale caso è necessaria l'autorizzazione dell'assemblea o il
mandato espresso dei condomini. (Nella specie, è stato ritenuto che, in difetto di delibera
autorizzativa dell'assemblea, l'amministratore del condominio fosse carente di
legittimazione a proporre un'azione reale a difesa di un diritto parziario su un fondo
contiguo di proprietà di terzi, trattandosi di azione a finalità non meramente conservativa
ed esulante dalle normali attribuzioni dell'amministratore).

Sez. II, sent. n. 1460 del 09-02-1995.

34. Contratto di assicurazione

• Nel caso in cui un condominio stipuli un contratto di assicurazione per la responsabilità


civile verso terzi, il condomino che abbia sofferto danni per infiltrazioni da tubature
condominiali non è legittimato ad agire in proprio nei confronti della compagnia
assicuratrice.

Sez. I, sent. n. 2678 del 26-03-1996.

35. Lavori di spesa rilevante

• A differenza dei contratti conclusi dall'amministratore nell'esercizio delle sue funzioni ed


inerenti alla manutenzione dell'edificio condominiale o all'uso normale delle cose
comuni, che sono vincolanti per tutti i condomini ai sensi dell'art. 1131 cod. civ., quando
invece si tratti di lavori che, seppure diretti alla migliore utilizzazione di cose comuni od
imposti da una nuova normativa, comportino per la loro particolarità e consistenza un
onere di spesa rilevante, superiore a quello normalmente inerente alla manutenzione
dell'edificio e che eccede per di più i limiti imposti dagli stessi condomini ai poteri
dell'amministratore, l'iniziativa del medesimo amministratore senza la preventiva
deliberazione dell'assemblea è consentita solo se tali lavori presentino il carattere
dell'urgenza. Difettando tale presupposto le iniziative assunte dall'amministratore stesso
in riguardo ai lavori straordinari non creano obbligazioni per i condomini. (Nella
fattispecie, le opere commissionate dall'amministratore in difetto di deliberazione
dell'assemblea riguardavano la trasformazione dell'impianto termico condominiale per
conformarlo alle prescrizioni della legge 30 aprile 1976 n. 373).

Sez. II, sent. n. 4232 del 07-05-1987.

36. Amministratore di società e amministratore di condominio, differenza

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• Il principio secondo cui l'atto compiuto benché irregolarmente dall'amministratore (di
società) resta valido nei confronti dei terzi che hanno ragionevolmente fatto affidamento
sull'operato e sui poteri dell'amministratore medesimo non può trovare applicazione in
materia di condominio di edifici con riguardo a lavori od opere di manutenzione
straordinari eseguiti da terzi su disposizione dell'amministratore senza previa delibera
della assemblea di condomini, atteso che i rispettivi poteri dell'amministratore e
dell'assemblea sono delineati con precisione dalle disposizioni del codice civile ( art. 1130,
1135 cod. civ.), limitando le attribuzioni dell'amministratore all'ordinaria
amministrazione e riservando all'assemblea dei condomini le decisioni in materia di
amministrazione straordinaria (salvo i lavori di carattere urgente).

Sez. II, sent. n. 4232 del 07-05-1987.

37. Contrazione di mutui

• L'amministratore del condominio non può, senza espressa autorizzazione dell'assemblea


dello stesso, contrarre mutui in nome di quest'ultimo ancorché per il pagamento delle
spese di gestione, atteso che il potere di rappresentanza del predetto amministratore può
essere esercitato nei limiti delle facoltà conferitegli ( artt. 1131 e 1388 cod. civ.) e quindi
nell'ambito delle attribuzioni indicate dall'art. 1130 cod. civ., con la conseguenza che il
contratto con il quale il condominio abbia concesso un mutuo all'amministratore (a tanto
non autorizzato dall'assemblea) per provvedere alle spese occorrenti alla manutenzione
delle parti comuni non è efficace nei confronti del condominio.

Sez. II, sent. n. 1734 del 05-03-1990.

38. Adempimento del debito contratto dall’amministratore

• Se l'amministratore di un condominio è autorizzato dall'assemblea dei condomini, senza


riserva di approvazione di talune clausole, alla stipula di un contratto di appalto per
provvedere alla manutenzione di parti comuni dell'edificio, validamente può pattuire, per
il caso di ritardo nel pagamento del corrispettivo all'appaltatore, interessi moratori
superiori al tasso legale; conseguentemente il condominio è obbligato all'adempimento
del debito derivante da tale clausola.

Sez. II, sent. n. 1640 del 22-02-1997.

39. Promozione di giudizi

• Il verbale con cui l'assemblea condominiale attribuisce all'amministratore l'incarico di


promuovere un giudizio per far valere una pretesa assegnata ai singoli condomini dai
rispettivi atti di acquisto, integra gli estremi dell'atto scritto richiesto dall'art. 77 cod.
proc. civ. Per il valido conferimento della rappresentanza processuale, senza che sia
necessario che la sottoscrizione del verbale stesso sia autenticata da notaio. I poteri
conferiti all'amministratore del condominio con detta delibera concernono la posizione di

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tutti i condomini, non essendo consentito discriminare, quanto agli effetti conseguiti, la
posizione di coloro che non abbiano partecipato all'assemblea o non abbiano espresso
voto conforme alla volontà della maggioranza.

Sez. II, sent. n. 2401 del 11-03-1988.

40. Licenziamento del portiere

• Il licenziamento del portiere di un edificio condominiale disposto dall'amministratore, ai


sensi dell'art. 1130, n. 2, cod. civ., non esclude il potere dell'assemblea dei condomini - la
quale sia intervenuta sul medesimo oggetto su richiesta dell'amministratore per
ratificarne l'operato - di "revocare" il licenziamento stesso.

Sez. II, sent. n. 4437 del 13-08-1985.

41. Ratifica dell’assemblea

• In tema di condominio negli edifici, l'attività dell'amministratore, nell'esercizio del suo


potere-dovere ( art. 1130 cod. civ.) di curare l'osservanza delle norme del regolamento di
condominio concernenti l'uso delle parti comuni, che sia stata successivamente approvata
dall'assemblea dei condomini, deve ritenersi dalla stessa ratificata con efficacia
retroattiva, a norma dell'art. 1399 cod. civ., senza pregiudizio per il diritto dei condomini
assenti o dissenzienti di impugnare la delibera assembleare di ratifica, né del regime
giuridico relativo alle forme ed ai termini di esercizio del diritto medesimo, quali previste
dall'art. 1137 cod. civ., con la conseguenza che, allorquando, a seguito delle contestazioni
mosse da un condomino in ordine all'operato dell'amministratore (nella specie, in tema di
utilizzazione dell'area di parcheggio condominiale ed ai criteri, nel regolamento dettati,
concernenti la assegnazione per sorteggio dei posti auto disponibili), tale operato,
sottoposto all'assemblea dei condomini, sia dalla stessa approvato, è dalla data della
relativa deliberazione (o, per gli assenti, da quella della comunicazione del verbale della
decisione) che decorre il termine per impugnare di trenta giorni stabilito, a pena di
decadenza, dall'art. 1137, terzo comma, cod. civ.

Sez. II, sent. n. 5620 del 09-06-1990.

42. Attività processuale dell’amministratore

• L'attività processuale svolta dall'amministratore di un condominio non investito di potere


di esercitarla è sanata per effetto della ratifica costituita dall'appello proposto da tutti i
condomini contro la sentenza sfavorevole pronunciata nei confronti dell'amministratore,
ancorché lo stesso abbia agito come rappresentante del condominio e non dei singoli
condomini, posto che l'amministratore del condominio è il rappresentante di una
collettività di persone fisiche individuate dal loro rapporto di proprietà con un
determinato edificio sicché sussiste la "contemplatio domini" nei loro riguardi quali
condomini ancorché non indicati.

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Sez. II, sent. n. 8195 del 11-08-1990.

DISSENSO DEI SINGOLI CONDOMINI RIGUARDANTE


LE LITI GIUDIZIARIE

Dissenso dei condomini

L’art. 1132 del c.c. dispone: "Qualora l'assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere
una lite o di resistere a una domanda il condomino dissenziente, con atto notificato
all'amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per
il caso di soccombenza. L'atto deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui il
condomino ha avuto notizia della deliberazione.

Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte
vittoriosa.

Se l'esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto
vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese di giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla
parte soccombente.

Quando si parla di liti giudiziarie, si devono intendere quelle liti che riguardano parti comuni
dell’edificio. Il diritto che permette al condomino dissenziente di separare la propria responsabilità
per le eventuali conseguenze negative della lite, si fonda su due elementi; primo, la lite deve
riguardare le parti comuni dell’edificio, secondo, la proposizione della lite deve essere deliberata
dall’assemblea.

Naturalmente ciò riguarda le responsabilità di matrice civilistiche. Per quanto riguarda la


responsabilità penale, la situazione cambia; il condomino non può chiedere di essere esonerato
perché, essendo la responsabilità penale una conseguenza di un atto o di un comportamento non
negoziale, egli deve risponderne al pari di tutti. Anche la eventuale relativa assemblea per decidere
sulla nomina di un difensore per l’amministratore, imputato per fatti inerenti la sua carica, con
relativa spesa a carico del condominio, è un atto puramente formale che non ha nessuna incidenza
decisoria in quanto l’amministratore con o senza il parere positivo dell’assemblea, è obbligato a
difendersi.

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Sta poi, a seguito di condanna penale, stabilire di chi è la responsabilità civile se
dell’amministratore in prima persona o del condominio.

1. Esonero del condomino dissenziente

• L'esonero del condomino dissenziente dalle spese, a seguito della separazione della
propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite, trova il suo fondamento
giuridico nella norma di cui all'art. 1132, comma primo, cod. civ., sul duplice presupposto
che la lite riguardi le parti comuni dell'edificio e che la proposizione della controversia in
sede civile sia stata deliberata dall'assemblea. Detto esonero non riguarda, pertanto, i
processi penali, così che l'eventuale decisione di autorizzare l'amministratore a nominarsi
un difensore nel procedimento penale che lo vede imputato in relazione a comportamenti
afferenti il suo incarico (con relativa spesa a carico del condominio) non può formare
legittimo oggetto di delibere assembleari (per il perfezionamento delle quali è prevista
l'applicazione del principio maggioritario), bensì essere adottata dai singoli condomini
(anche in costanza di una riunione assembleare, che costituisca, peraltro, una mera
"occasio negotii") con una decisione con la quale venga manifestata l'espressa volontà di
stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti.

Sez. II, sent. n. 5163 del 10-06-1997.

Il condomino presente all’assemblea e che abbia dato voto contrario all’instaurazione di una lite
civile o il condomino assente, che intende separare la sua responsabilità dalle relative conseguenze,
deve notificare all’amministratore, entro trenta giorni dal ricevimento della delibera, un atto di
significazione redatto in duplice copia in carta bollata da far notificare tramite ufficiale giudiziario
della pretura o del tribunale, a seconda della competenza della instauranda controversia giudiziaria.

Attenzione: da tener presente che comunicazione verbali o assembleari o raccomandate, non hanno
valore.

2. Termine perentorio

• In termine di giorni 30, previsto dall'art. 1132 cod. civ., per l'atto di estraniazione del
condomino dissenziente è di decadenza, com'è fatto palese dalle parole usate e dalla
"ratio legis" correlata all'esigenza di provvedere in tempi brevi all'amministrazione e di
dare certezza ai rapporti condominiali caratterizzati da dinamismo e rapidità: ne
consegue che la decadenza per la relativa inosservanza non può essere rilevata dal
giudice d'ufficio.

Sez. II, sent. n. 2453 del 15-03-1994.

Bollo

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FAX SIMILE DI ATTO DI SIGNIFICAZIONE

DI DISSENSO

ATTO DI SIGNIFICAZIONE

Roma li 30 marzo 1998

All’Amministratore del condominio di Via Caracalla 32 Roma, Rag. Fantoni


Fabrizio domiciliato in Via Napoli 20, Roma

Il sottoscritto Mario Rossi, domiciliato in Roma, Via Caracalla 32, in qualità di


condomino del complesso sito in allo stesso indirizzo

PREMESSO

che in data 12 marzo 1998, l’assemblea del suddetto condominio di via Caracalla
32, ha deliberato (il sottoscritto è stato dissenziente) di promuovere una causa civile
nei confronti dell’appaltatore, Ditta "IMBIANCHINI RIUNITI", che ha rifatto la
facciata,

SIGNIFICA

alla S.V. che intende escludere la propria responsabilità da quelle del condominio,
per le conseguenze, ai fini delle spese giudiziarie, in caso di soccombenza.

Firmato

Mario Rossi

La separazione di responsabilità ha effetto solo nei rapporti interni e non opera all’esterno. Quindi
in caso di vittoria a vantaggio del condominio, della lite, i condomini che hanno pagato e non è
possibile ripetere dalla parte soccombente, le spese di giudizio, ( può accadere che il giudice
compensi le spese, per cui ognuno si paga le proprie), hanno diritto di rivalsa su quei condomini
che, se pur dissenzienti, ne traggano vantaggio.

Non sarebbe giusto che il vantaggio realizzato a favore di tutto il condominio, fosse posto a
esclusivo carico di quei condomini che hanno partecipato finanziariamente alla lite.

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3. Non necessarietà della sottoscrizione

• La dichiarazione del condomino soccombente di non voler avvalersi dell'impugnazione


avverso la sentenza emessa nei confronti suoi, del condominio e di altri condomini, è
validamente resa, con effetti preclusivi della proponibilità del gravame, nel corso di
un'assemblea condominiale, senza necessità che il verbale nel quale essa viene riportata
sia sottoscritto dal condomino, giacché la dichiarazione di voler prestare acquiescenza ad
una sentenza, potendo essere resa anche tacitamente, non è soggetta al requisito della
forma scritta, mentre la sottoscrizione del verbale assembleare da parte dei condomini è
necessaria solo quando la delibera abbia il contenuto di un contratto per il quale sia
richiesto "ad substantiam" il suddetto requisito.

Sez. II, sent. n. 8079 del 24-07-1995.

PROVVEDIMENTI PRESI DALL’AMMINISTRATORE

Art. 1133 c.c. Provvedimenti presi dall'amministratore.

I provvedimenti presi dall'amministratore nell'ambito dei suoi poteri sono obbligatori per i
condomini. Contro i provvedimenti dell'amministratore è ammesso ricorso all'assemblea, senza
pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'articolo 1137.

L’amministratore di un condominio ha come compito primario quello di conciliare i diritti esclusivi


dei singoli condomini con quelli riguardanti le parti comuni e con i diritti che anche gli altri
appartenenti alla comunione hanno. Egli ha la funzione di eseguire le decisioni prese dall’assemblea
ma, ha anche il potere, in piena autonomia, di decidere in merito alla manutenzione e ai servizi.

Esplicando queste mansioni può accadere che ecceda, travalicando i limiti imposti dalla legge o
dall’assemblea o dal regolamento condominiale.

Atteso che tutti i condomini sono vincolati dai provvedimenti dell’amministratore, cosa può fare il
condomino contro quegli abusi posti in essere dall’amministratore?

Può ricorrere all’assemblea che può invalidare o ratificare quegli atti che hanno ecceduti i limiti dei
poteri concessi all’amministratore. Sempre che l’eccesso non riguardi violazioni di legge o di
regolamento condominiale, perché in questi casi l’assemblea non è abilitata a decidere in merito.

In altre parole, se l’amministratore ha adottato un provvedimento ritenuto inopportuno da uno o più


condomini, come ad esempio una spesa non necessaria, è ammesso il ricorso all’assemblea.

61
Viceversa, se si tratta di decisioni prese in contrasto con la legge o con il regolamento, è ammesso
solo il ricorso all’autorità giudiziaria, che va espletato secondo le norme che regolano le
impugnazioni delle delibere assembleari.

Comunque il ricorso all’assemblea, in caso di non soddisfazione per il ricorrente, non pregiudica il
ricorso anche all’autorità giudiziaria.

Giurisprudenza

1. Legittimazione del condomino

• Il condòmino è legittimato ad impugnare con l'azione di nullità ex art. 1421 cod. civ. una
deliberazione assembleare come esorbitante i poteri che competono all'assemblea purché
deduca e dimostri di avere interesse all'accertamento della nullità, e cioè che la
deliberazione impugnata gli arreca un apprezzabile pregiudizio. (Nella specie, un
condòmino avente l'uso esclusivo di una parte del lastrico solare aveva fatto valere la
nullità della deliberazione assembleare che aveva deciso il rifacimento della
pavimentazione per tutta la superficie del lastrico medesimo sostituendo altro tipo di
mattonato a quello preesistente, senza indicare quale concreto pregiudizio era a lui
derivato dall'anzidetta sostituzione).

Sez. II, sent. n. 10602 del 05-11-1990.

Il ricorso all’autorità giudiziaria deve essere proposto, sotto pena di decadenza , entro trenta giorni,
che decorrono dalla data del provvedimento o dalla data di ricezione per gli assenti.

Molti regolamenti condominiali contemplano, con la cosiddetta clausola compromissoria, la


risoluzione di controversie, in materia di condominio, mediante ricorso ad arbitri privati
precedentemente costituiti o nominati allo scopo.

2. Non esclusione del ricorso ad arbitri

• Il secondo comma dell'art. 1137 cod. civ. - per il quale ogni condomino dissenziente può
fare ricorso all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni assunte dall'assemblea del
condominio - non esclude la compromettibilità ad arbitri delle relative controversie, le
quali non rientrano in alcuno dei divieti previsti dagli artt. 806 e 808 cod. proc. civ., con
la conseguenza che è legittima la norma del regolamento condominiale che preveda una
clausola compromissoria con il conseguente obbligo di chiedere la tutela all'organo
designato come competente.

Sez. II, sent. n. 4218 del 20-06-1983.

3. Condomino dissenziente

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• L' art. 1137, secondo comma, cod. civ., nel riconoscere ad ogni condomino dissenziente la
facoltà di ricorrere all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni dell'assemblea del
condominio, non pone una riserva di competenza assoluta ed esclusiva del giudice
ordinario e, quindi, non esclude la compromettibilità in arbitri di tali controversie, le
quali, d'altronde, non rientrano in alcuno dei divieti sanciti dagli artt. 806 e 808 cod.
proc. civ. Conseguentemente, è valida la norma del regolamento condominiale relativa al
deferimento ad arbitri del ricorso contro le deliberazioni assembleari viziate da nullità o
annullabilità, senza che rilevi in contrario, in relazione alla tutela assicurata dall'art.
1137 cod. civ., l'impossibilità per gli arbitri di sospendere l’esecuzione della delibera
impugnata, sempre invocabile dinanzi al giudice ordinario ai sensi dell'art. 700 cod. proc.
civ., né la prevista rimessione della nomina di uno degli arbitri al condominio, la cui
inerzia è superabile con ricorso al presidente del tribunale competente.

Sez. II, sent. n. 3406 del 05-06-1984.

4. Affidamento ad arbitri la soluzione di controversie condominiali

• Il secondo comma dell'art. 1137 cod. civ. - a termini del quale ogni condomino
dissenziente può fare ricorso all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni assunte
dall'assemblea del condominio o dall’amministratore - configurando il diritto soggettivo
del condomino quale "facultas agendi" a tutela di interessi direttamente protetti
dall'ordinamento giuridico - non esclude lo affidamento ad arbitri delle relative
controversie, con la conseguenza che deve considerarsi legittima la norma del
regolamento condominiale che preveda una clausola compromissoria con il correlativo
obbligo di chiedere la tutela all'organo designato competente.

Sez. I, sent. n. 73 del 10-01-1986.

5. Spese senza autorizzazioni

• Con riguardo alle spese di manutenzione ordinaria o straordinaria delle cose comuni, che
l'amministratore del condominio abbia effettuato senza preventiva approvazione del
relativo progetto, deve ritenersi consentito all'assemblea di approvare successivamente le
spese medesime, disponendone il rimborso, trattandosi di delibera riconducibile fra le
attribuzioni conferitele dall'art. 1135 cod. civ.

Sez. II, sent. n. 6896 del 04-06-1992.

6. Ricorso all’autorità giudiziaria

• Il secondo comma dell'art. 1137 cod. civ. - a termini del quale ogni condomino
dissenziente può fare ricorso all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni assunte
dall'assemblea del condominio o dall’amministratore - configurando il diritto soggettivo

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del condomino quale "facultas agendi" a tutela di interessi direttamente protetti
dall'ordinamento giuridico - non esclude l’affidamento ad arbitri delle relative
controversie, con la conseguenza che deve considerarsi legittima la norma del
regolamento condominiale che preveda una clausola compromissoria con il correlativo
obbligo di chiedere la tutela all'organo designato competente.

Sez. I, sent. n. 73 del 10-01-1986.

7. Preventiva autorizzazione di spesa

• Con riguardo alle spese di manutenzione ordinaria o straordinaria delle cose comuni, che
l'amministratore del condominio abbia effettuato senza preventiva approvazione del
relativo progetto, deve ritenersi consentito all'assemblea di approvare successivamente le
spese medesime, disponendone il rimborso, trattandosi di delibera riconducibile fra le
attribuzioni conferitele dall'art. 1135 cod. civ.

Sez. II, sent. n. 6896 del 04-06-1992.

SPESE FATTE DA UN CONDOMINO

Art. 1134 c.c.

Il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell'amministratore o
dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente.

1. Spese di iniziativa del singolo condomino

• In tema di condominio, il divieto per i singoli condomini di eseguire di propria iniziativa


opere relative alle cose comuni, cessa - ai sensi dell'art. 1134 cod. civ. - quando si tratti di
opere urgenti, intendendosi per tali quelle che, secondo il criterio del "bonus pater
familias", appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo,
nocumento alla cosa comune.

Sez. II, sent. n. 6400 del 06-12-1988.

2. Spese fatte nel proprio appartamento

• L' art. 1134 cod. civ., secondo cui il condomino non ha diritto al rimborso di spese fatte
senza autorizzazione dell'amministratore e dell'assemblea, trova applicazione solo nel
caso in cui le spese si riferiscono alla riparazione di cose comuni e non pure allorché
afferiscono ad opere dallo stesso effettuate nell'ambito della sua proprietà singola al fine

64
di accertare le cause del danno verificatosi (nella specie infiltrazioni d'acqua) e la sua
derivazione o meno dalla rottura di un impianto condominiale (nella specie, condotta
fognaria).

Sez. II, sent. n. 5264 del 05-08-1983.

3. Arricchimento senza causa

• L'esperibilità dell'azione generale di arricchimento senza causa ex art. 2041 cod. civ.
postula, per il disposto dell'art. 2042 cod. civ., la non esperibilità di altra azione per
conseguire l'indennizzo del pregiudizio subito. Ne consegue che il giudice in presenza di
una pluralità di domande - oltre quella ex art. 2041 cod. civ. - fondate su titoli diversi,
deve preliminarmente decidere sulla fondatezza di queste ultime e solo ove decida di non
accoglierle potrà esaminare l'azione sussidiaria di arricchimento, sempreché
l'impossibilità di proporre quest'ultima non derivi da un divieto stabilito dalla legge.
(Nella specie, un condomino aveva chiesto il rimborso della spesa sostenuta per la
manutenzione della cosa comune, in base ad un triplice titolo: l'accordo di tutti i
condomini, l'urgenza della spesa ex art. 1134 cod. civ. e l'arricchimento senza causa. La
S.C. nel formulare il principio di cui in massima ha precisato che al condomino non
compete l'azione di arricchimento in caso di spesa non urgente, stante il divieto di
rimborso stabilito dall'art. 1134 cod. civ. al di fuori delle ipotesi ivi previste).

Sez. II, sent. n. 9629 del 15-11-1994

4. Riparazione del tetto da parte di un condomino

• Tra la domanda proposta dal condomino, nei confronti degli altri partecipanti al
condominio, tendente ad ottenere il rimborso delle spese effettuate per le cose comuni
(nella specie, di riparazione del tetto dell'edificio condominiale), in considerazione della
loro urgenza, e la medesima domanda, fondata sulla prova dell'esistenza del consenso
manifestato dagli altri partecipanti, sussiste diversità di "causa petendi", in quanto la
prima è diretta a provare un'attività gestoria del condomino, la seconda l'esistenza di
un'autorizzazione o di una delega da parte dell'assemblea condominiale. Ne consegue,
che, a norma dell'art. 345 cod. proc. civ., nel caso in cui in primo grado sia stata proposta
la prima domanda, è inammissibile, in quanto nuova, la seconda domanda proposta in
grado d'appello.

Sez. II, sent. n. 11197 del 27-10-1995.

POTERI DELL’ASSEMBLEA DEI CONDOMINI

65
Art.1135 c.c.. Attribuzioni dell'assemblea dei condomini.

Oltre quanto è stabilito dagli articoli precedenti, l'assemblea dei condomini provvede:

1) alla conferma dell'amministratore e all'eventuale sua retribuzione

2) all'approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l'anno e alla relativa ripartizione
tra i condomini;

3) all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore e all'impiego del residuo attivo della
gestione;

4) alle opere di manutenzione straordinaria, costituendo, se occorre, un fondo speciale.

L'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano
carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea.

Giuisprudenza

1. Esclusione della retribuzione per l’amministratore condomino

• Con riguardo ai rapporti fra amministratore e condominio, che sono regolati dalle norme
del mandato, la presunzione di onerosità del mandato stesso, prevista dall'art. 1709 cod.
civ., va considerata in correlazione con il disposto dell'art. 1135, n. 1, cod. civ. che
prevede come "eventuale" la retribuzione dell'amministratore, inteso nel senso che
l'assemblea può espressamente determinarsi per la gratuità dell'incarico. (Nella specie, la
Corte ha confermato la decisione del giudice del merito che aveva interpretato la
disposizione del regolamento di condominio che prevedeva la retribuzione per il solo
amministratore professionista, nel senso dell'esclusione di ogni compenso per il
condomino cui fosse stato affidato l'incarico di amministratore).

Sez. II, sent. n. 3774 del 16-04-1987.

2. Azioni contro i condomini morosi

• L'approvazione con le prescritte maggioranze, da parte dell'assemblea del condominio


dell'edificio, del bilancio consuntivo, legittima l'amministratore ad agire per ottenere il
pagamento delle somme risultanti dal bilancio stesso, senza essere ulteriormente tenuto a
sottoporre all'esame dei singoli condomini morosi i documenti giustificativi delle spese
adottate, espletandosi il relativo controllo in sede di approvazione del bilancio stesso.

Sez. II, sent. n. 4751 del 23-07-1988.

66
3. Approvazione del preventivo di spesa

• In tema di condominio, l'approvazione del preventivo delle spese e della ripartizione delle
stesse, nonché l'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore rientrano tra le
attribuzioni dell'assemblea dei condomini, le cui deliberazioni se non impugnate
tempestivamente, con riguardo a pretesi vizi che ne causino l'annullabilità, sono
obbligatorie per tutti i condomini, con la conseguenza che il condomino dissenziente non
può, in mancanza di formale impugnazione a termini dell'art. 1137 cod. civ. - alla quale
non può essere equiparata una contestazione scritta - sottrarsi al pagamento di quanto da
lui dovuto in base alla ripartizione approvata.

Sez. II, sent. n. 3291 del 14-07-1989.

4. Divieto di aumento di contributi senza autorizzazione

• Nel condominio degli edifici anche le spese di manutenzione ordinaria e quelle fisse
relative ai servizi comuni essenziali richiedono la preventiva approvazione dell'assemblea
dei condomini essendo questa espressamente richiesta dall'art. 1135, n. 2, cod. civ. per
tutte le spese occorrenti durante l'anno e non solo per le spese di straordinaria
manutenzione alle quali si riferisce il citato art. 1135, n. 5, cod. civ. E' pertanto
annullabile la delibera dell'assemblea che autorizza l'amministratore ad aumentare i
contributi previsti dal preventivo di spese approvato.

Sez. II, sent. n. 4831 del 18-05-1994.

5. Ripartizione delle spese

• Con riguardo alle delibere dell'assemblea di condominio aventi ad oggetto la ripartizione


delle spese comuni, occorre distinguere quelle con le quali sono stabiliti i criteri di
ripartizione, ai sensi dell'art. 1123 cod. civ., ovvero sono modificati i criteri fissati in
precedenza, per le quali è necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei
condomini, da quelle con le quali, nell'esercizio delle attribuzioni assembleari previste
dall'art. 1135 cod. civ., n. 2 e n. 3, vengono in concreto ripartite le spese medesime, atteso
che soltanto queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, devono
considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza
(trenta giorni) previsto dall'art. 1137, ultimo comma, cod. civ.

Sez. II, sent. n. 4851 del 05-08-1988.

6. Criteri di ripartizioni

• Riguardo alle delibere dell'assemblea di condominio aventi ad oggetto la ripartizione


delle spese comuni, occorre distinguere quelle con le quali sono stabiliti i criteri di

67
ripartizione ai sensi dell'art. 1123 cod. civ. ovvero sono modificati i criteri fissati in
precedenza, per le quali è necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei
condomini, da quelle con le quali, nell'esercizio delle attribuzioni assembleari previste
dall'art. 1135 cod. civ., n. 2 e n. 3, vengono in concreto ripartite le spese medesime, atteso
che soltanto queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, devono
considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza,
di trenta giorni previsto dall'art. 1137, ultimo comma, cod. civ.

Sez. II, sent. n. 1213 del 01-02-1993.

7. Ripartizioni contrari ai criteri stabiliti in precedenza

• Riguardo alle delibere dell'assemblea di condominio aventi ad oggetto la ripartizione


delle spese comuni, occorre distinguere quelle con le quali sono stabiliti i criteri di
ripartizione ai sensi dell'art. 1123 cod. civ. ovvero sono modificati i criteri fissati in
precedenza, per le quali è necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei
condòmini, da quelle con le quali, nell'esercizio della attribuzioni assembleari previste
dall'art. 1135 cod. civ., n. 2 e n. 3, vengono in concreto ripartite le spese medesime, atteso
che soltanto queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, devono
considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza,
di trenta giorni previsto dall'art. 1137, ultimo comma, cod. civ.

Sez. II, sent. n. 1455 del 09-02-1995.

8. Potere di introdurre deroghe ai criteri di suddivisione di spesa

• In tema di ripartizione delle spese condominiali, le attribuzioni dell'assemblea ex art.


1135, n. 2, cod. civ., sono circoscritte alla verificazione e all'applicazione in concreto dei
criteri stabiliti dalla legge, e non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri
medesimi, atteso che tali deroghe, venendo indirettamente ad incidere sui diritti
individuali del singolo condomino, possono conseguire soltanto ad una convenzione cui
egli aderisca. Pertanto la delibera condominiale che modifichi i suddetti criteri di spesa
(nella specie, spese di manutenzione delle scale) è inefficace nei confronti del condomino
dissenziente per nullità assoluta, deducibile senza limitazione di tempo, e non meramente
annullabile con impugnazione da proporsi entro 30 giorni ex art. 1137 cod. civ., secondo
e terzo comma.

Sez. II, sent. n. 4627 del 21-05-1987.

68
9. Annullabilità della delibera che modifica i criteri di ripartizione

• In tema di condominio degli edifici ed in ordine alla ripartizione delle spese comuni, le
attribuzioni dell'assemblea, ai sensi dell'art. 1135, n. 2, cod. civ., sono circoscritte alla
verificazione ed applicazione in concreto dei criteri fissati dalla legge e non comprendono
il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe venendo
direttamente ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un
mutamento del valore della parte dell'edificio di sua esclusiva proprietà, possono
scaturire soltanto da una convenzione a cui egli aderisca. Pertanto la deliberazione
assembleare che non tenga conto dei detti criteri è inefficace nei confronti del condomino
dissenziente, per nullità radicale deducibile senza limitazioni di tempo e non meramente
annullabile su impugnazione da proporsi entro trenta giorni, ai sensi dell'art. 1137,
secondo e terzo comma, cod. civ.

Sez. II, sent. n. 12375 del 19-11-1992.

10. Nullità

• In tema di condominio degli edifici ed in ordine alla ripartizione delle spese comuni, le
attribuzioni dell'assemblea, ai sensi dell'art. 1135, n. 2, cod. civ., sono circoscritte alla
verificazione ed applicazione in concreto dei criteri fissati dalla legge, e non
comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe,
venendo direttamente ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino, attraverso
un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono
conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca. Pertanto, la deliberazione
assembleare, che modifichi detti criteri, è inefficace, nei confronti del condomino
dissenziente, per nullità radicale deducibile senza limitazioni di tempo, e non meramente
annullabile su impugnazione da proporsi entro trenta giorni, ai sensi dell'art. 1137 cod.
civ., secondo e terzo comma.

Sez. II, sent. n. 3042 del 15-03-1995.

11. Spese di riscaldamento in base alla superficie radiante

• All'assemblea dei condomini, nell'ambito delle attribuzioni concernenti la gestione delle


cose, degli impianti e dei servizi comuni previste dall'art. 1135, n. 2, cod. civ., deve
riconoscersi la competenza a modificare, in via provvisoria, tabelle millesimali
concernenti il servizio di riscaldamento e di riscuotere i relativi contributi a titolo di
acconto e salvo conguaglio, qualora, in seguito alle modifiche apportate da un
condomino all'impianto di riscaldamento all'interno del proprio appartamento, quelle
originarie non corrispondono alla nuova estensione degli elementi radianti.

Sez. II, sent. n. 8657 del 03-10-1996.

69
12. Divieto di invadere la sfera privata

• In tema di condominio di edifici, i poteri dell'assemblea, i quali sono fissati


tassativamente dal codice ( art. 1135 cod. civ.), non possono invadere la sfera di proprietà
dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive, tranne che
una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o nei singoli atti
d'acquisto o mediante approvazione del regolamento di condominio che la preveda.
Pertanto non è consentito alla maggioranza dei condomini deliberare una diversa
collocazione delle tubazioni comuni dell'impianto di riscaldamento in un locale di
proprietà esclusiva, con pregiudizio di tale proprietà, senza il consenso del proprietario
del locale stesso.

Sez. II, sent. n. 9157 del 27-08-1991.

13. Servizio di vigilanza

• In tema di condominio degli edifici, la delibera istitutiva di un servizio di vigilanza


armata, per la tutela dell'incolumità dei partecipanti, è rivolta a perseguire finalità
estranee alla conservazione e gestione delle cose comuni, e, quindi, non è riconducibile
nelle attribuzioni dell'assemblea ( art. 1135 cod. civ.). Ne deriva che tale delibera,
ancorché presa a maggioranza, non opera nei confronti dei condomini assenti
all'assemblea e non può essere fatta valere per una ripartizione della relativa spesa anche
a loro carico.

Sez. II, sent. n. 4631 del 20-04-1993.

14. Balconi decorativi

• L'assemblea condominiale non può assumere decisioni che riguardino i singoli


condomini nell'ambito dei beni di loro proprietà esclusiva, salvo che non si riflettano
sull'adeguato uso delle cose comuni; ne consegue che nel caso in cui i balconi, che
appartengono in modo esclusivo al proprietario dell'appartamento di cui fanno parte,
presentino nella facciata esterna elementi decorativi, o anche semplicemente cromatici,
che si armonizzano con la facciata del fabbricato dal quale sporgono, per i lavori di
restauro o di manutenzione straordinaria della facciata, decisi con la prescritta
maggioranza, legittimamente viene incluso nei lavori comuni il contemporaneo
rifacimento della facciata esterna dei detti balconi, essendo il decoro estetico dell'edificio
condominiale un bene comune, della cui tutela è competente l'assemblea.

Sez. II, sent. n. 7603 del 30-08-1994.

15. Condomino dissenziente

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• L'esonero del condomino dissenziente dalle spese, a seguito della separazione della
propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite, trova il suo fondamento
giuridico nella norma di cui all'art. 1132, comma primo, cod. civ., sul duplice presupposto
che la lite riguardi le parti comuni dell'edificio e che la proposizione della controversia in
sede civile sia stata deliberata dall'assemblea. Detto esonero non riguarda, pertanto, i
processi penali, così che l'eventuale decisione di autorizzare l'amministratore a nominarsi
un difensore nel procedimento penale che lo vede imputato in relazione a comportamenti
afferenti il suo incarico (con relativa spesa a carico del condominio) non può formare
legittimo oggetto di delibere assembleari (per il perfezionamento delle quali è prevista
l'applicazione del principio maggioritario), bensì essere adottata dai singoli condomini
(anche in costanza di una riunione assembleare, che costituisca, peraltro, una mera
"occasio negotii") con una decisione con la quale venga manifestata l'espressa volontà di
stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti.

Sez. II, sent. n. 5163 del 10-06-1997.

16. Amministratore coinvolto in procedimento penale

• Non può essere legittimamente ricompresa, tra le attribuzioni dell'assemblea


condominiale, la autorizzazione concessa all'amministratore a nominarsi un difensore
che lo assista in un processo penale (sia pur scaturente da vicende riguardanti le parti
comuni dell'edificio), ovvero la assunzione delle relative spese da parte dei condomini,
pur con esonero di quelli dissenzienti, dovendosi tale delibera (che esorbita dalle
attribuzioni che definiscono la competenza dell'organo collegiale) ritenersi affetta da
nullità assoluta, per impossibilità dell'oggetto, e risultando estranea alla rappresentanza
del condominio ogni vicenda di responsabilità penale, attesane la natura personale, ai
sensi dell'art. 27, comma primo, Cost.

Sez. II, sent. n. 5163 del 10-06-1997.

17. Divieto di spese pluriennali

• Il disposto dell'art. 1129 cod. civ. (nomina annuale dell'amministratore), e dell'art. 1135,
n. 2, cod. civ. (preventivo annuale di spesa), dell'art. 1135, n. 3, cod. civ. (rendiconto
annuale delle spese e delle entrate) configura una dimensione annuale della gestione
condominiale, sicché è nulla la deliberazione condominiale che, nell'assenza di
un'unanime determinazione, vincoli il patrimonio dei singoli condomini ad una
previsione pluriennale di spese, oltre quella annuale, ed alla quale si commisuri l'obbligo
della contribuzione (nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio di
diritto, ha confermato la sentenza del merito che aveva dichiarato la nullità della
deliberazione condominiale con la quale era stato così approvato a maggioranza:
"continuare a versare le quote relative al fondo di riserva per l'anno 1988 e per i prossimi
cinque anni, pari ad una quota condominiale trimestrale per ogni anno, che dovrà essere
versata entro il 30 maggio di ogni anno").

Sez. II, sent. n. 7706 del 21-08-1996.

71
Da questa decisione della Corte di Cassazione, a conferma di altre emanate da Magistrature
inferiori, appare chiaro ed inequivocabile che il costume, di molti amministratori di fare
programmazioni di spesa pluriennali è illegittimo, in quanto, anche se si tratta di norma derogabile
dalla volontà delle parti, essa impone la gestione annuale del condominio e solo l’unanimità può
deviare dalla norma e approvare una spesa pluriennale. Quindi anche se si oppone un solo
condomino, la delibera assembleare relativa ad un preventivo di spesa pluriennale, è nulla.

18. Invalidità di delibere assembleari riguardanti i singoli condomini

• I diritti spettanti a ciascun condomino (in base agli atti di acquisto, ovvero al regolamento
condominiale in essi richiamato) sulle parti comuni dell'edificio non possono essere
oggetto di delibere assembleari approvate a maggioranza che ne ledano il contenuto,
essendo necessaria, a tal fine, una manifestazione unanime di volontà da parte di tutti i
condomini, senza che, su tale principio, possa legittimamente incidere il disposto dell'art.
9, commi primo e terzo, della legge n. 122 del 1989, che stabilisce le maggioranze
richieste per la validità delle deliberazioni assembleari aventi ad oggetto le opere e gli
interventi per la realizzazione dei parcheggi, ma non prevede alcuna deroga al principio
generale che esclude il potere della maggioranza dei condomini di menomare diritti
validamente acquisiti da ciascuno di essi (fattispecie in tema di delibera condominiale,
adottata a maggioranza, autorizzativa del parcheggio di autoveicoli in spazi comuni
dell'edificio - costruito anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 765 del 1967 -
nonostante una espressa previsione in senso contrario contenuta nel regolamento di
condominio contrattuale). Sez. II, n. 5369 del 14-06-1997

CONVOCAZIONE DI ASSEMBLEA

Art. 66 disposizioni di attuazione del codice civile

L'assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall'articolo 1135
del codice, può essere convocata in via straordinaria dall'amministratore quando questi lo ritiene
necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del
valore dell'edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono
provvedere direttamente alla convocazione.

In mancanza dell'amministratore, l'assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria può essere


convocata a iniziativa di ciascun condomino.

72
L'avviso di convocazione deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della
data fissata per l'adunanza.

Giurisprudenza

1. Avviso di convocazione

• L'indicazione, nell'avviso di convocazione dell'assemblea dei soci, dell'elenco delle


materie da trattare ( art. 2366 cod. civ.) ha la duplice funzione di rendere edotti i soci
circa gli argomenti sui quali essi dovranno deliberare, per consentire la loro
partecipazione all'assemblea con la necessaria preparazione ed informazione, e di evitare
che sia sorpresa la buona fede degli assenti a seguito di deliberazione su materie non
incluse nell'ordine del giorno. A tal fine, pertanto, non è necessaria un'indicazione
particolareggiata dell'elenco delle materie da trattare, ma è sufficiente un'indicazione
sintetica, purché chiara e non ambigua, specifica e non generica, ed altresì è irrilevante
che l'argomento indicato nell'ordine del giorno possa essere interpretato in senso più
ampio rispetto alle proposte da sottoporre all'assemblea.

Sez. I, sent. n. 2198 del 16-03-1990.

2. Necessità di indicare tutti gli argomenti da trattare

• Affinché la delibera di un organo collegiale (nella specie, assemblea di condominio) sia


valida, è necessario che l'avviso di convocazione elenchi, sia pure in modo non analitico e
minuzioso, specificatamente gli argomenti da trattare, in modo da far comprendere i
termini essenziali di essi e consentire agli aventi diritto le conseguenti determinazioni
anche relativamente alla partecipazione, diretta o indiretta, alla deliberazione.

Sez. II, sent. n. 1511 del 19-02-1997.

3. Avviso di convocazione con consegna alla moglie del portiere

• Al fine della valida costituzione dell'assemblea dei condomini di un edificio, la prova che
l'avviso di convocazione sia stato effettivamente consegnato al singolo condomino può
essere acquisita anche con presunzioni, aventi i requisiti di gravità, precisione e
concordanza stabiliti dall'art. 2729 cod. civ. (Nella specie, il giudice del merito aveva
considerato raggiunta detta prova, rilevando che l'avviso di convocazione era stato da
questi consegnato alla moglie del portiere, con funzioni di sostituta, presso lo stabile in
cui si trovava il destinatario. La S.C., premesso il principio di cui sopra, ha ritenuto
corretta la statuizione).

Sez. II, sent. n. 140 del 19-01-1985.

73
4. Comunicazione dell’avviso.

• La comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea dei condomini può essere


data con qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo e può essere provata
anche da univoci elementi dai quali risulti che il condomino ha, in concreto, ricevuta la
notizia. (Nella specie, si è ritenuta sufficiente la prova desumibile da un foglio nel quale
risultava apposta la firma dei condomini per "ricevuta convocazione assemblea
condominiale del 25-26 febbraio 1988").

Sez. II, sent. n. 1033 del 28-01-1995.

5. Avviso comunicato al locatore

• L'art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392 che, ribadendo sostanzialmente la disciplina
già introdotta dall'art. 6 della legge 22 dicembre 1973 n. 841, prevede con norma
eccezionale un'ipotesi di sostituzione legale del conduttore al proprietario nelle assemblee
dei condomini convocate per deliberare sulle spese e modalità di gestione dei servizi di
riscaldamento e di condizionamento d'aria, non ha comportato modificazioni al disposto
dell'art. 66 disp. attuaz. del cod. civ., che disciplina la comunicazione dell'avviso di
convocazione dell'assemblea dei condomini, con la conseguenza che tale avviso deve
essere comunicato al proprietario e non anche al conduttore dell'appartamento, restando
solo lo stesso proprietario tenuto ad informare il conduttore dell'avviso di convocazione
ricevuto dall'amministratore, senza che le conseguenze della mancata convocazione del
conduttore possano farsi ricadere sul condominio, che rimane estraneo al rapporto di
locazione.

Sez. II, sent. n. 4802 del 22-04-1992.

6. Obbligo di avvisare tutti

• Nella causa promossa da un condomino contro il condominio, ai sensi dell'art. 1136,


comma sesto, cod. civ., l'assemblea del condominio, chiamata a dichiarare se debba
costituirsi e resistere, non può deliberare, se non consta che sono stati invitati tutti i
condomini, ivi compreso il condomino che ha promosso la causa.

Sez. II, sent. n. 1980 del 22-02-1995.

7. Ininfluenza dell’esiguità del valore della quota millesimale

• Nel caso in cui l'avviso di convocazione dell'adunanza condominiale non sia stato
comunicato anche ad uno solo dei condomini, ancorché detto condomino sia titolare di

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una quota millesimale ininfluente ai fini del raggiungimento della maggioranza prescritta
dalla legge, la deliberazione adottata è affetta da nullità assoluta, che può essere fatta
valere da qualsiasi condomino anche presente in assemblea.

Sez. II, sent. n. 1780 del 12-02-1993.

8. Onere della prova

• La mancata comunicazione anche ad uno solo dei condomini dell'avviso di convocazione


dell'assemblea condominiale comporta la nullità radicale e non l'annullabilità della
deliberazione. L'onere di provare che tutti i condomini sono stati tempestivamente avvisati
incombe sul condominio convenuto con l'azione di nullità.

Sez. II, sent. n. 5267 del 12-06-1997.

Art. 67 disposizioni di attuazione del codice civile

Ogni condomino può intervenire all'assemblea anche a mezzo di rappresentante

Qualora un piano o porzione di piano dell'edificio appartenga in proprietà indivisa a più persone,
queste hanno diritto a un solo rappresentante nell'assemblea che è designato dai comproprietari
interessati; in mancanza provvede per sorteggio il presidente

L'usufruttuario di un piano o porzione di piano dell'edificio esercita il diritto di voto negli affari che
attengono all'ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni.

Nelle deliberazioni che riguardano innovazioni, ricostruzioni od opere di manutenzione


straordinaria delle parti comuni dell'edificio il diritto di voto spetta invece al proprietario.

Giurisprudenza

1. Convocazione di tutti i proprietari di un appartamento

• In tema di assemblea di condominio, l'art. 67 disp. trans. c.c. - il quale dispone che
qualora un piano o porzione di piano dell'edificio appartenga in proprietà indivisa a più
persone, queste hanno diritto ad un solo rappresentante - non autorizza a ritenere che per
la valida costituzione dell'assemblea sia sufficiente la convocazione di uno solo dei
comproprietari "pro indiviso", essendo invece necessario che essi siano tutti avvertiti al
fine d'indicare quale di essi li rappresenterà nell'assemblea; la prova della valida
convocazione di uno dei proprietari "pro indiviso" - in considerazione del fatto che ai
sensi dell'art. 1136, sesto comma, cod. civ. l'invito a partecipare all'assemblea non
richiede l'atto scritto ma può essere effettuato con qualsiasi forma o modalità idonea a
portarlo a conoscenza del destinatario - può evincersi anche dall'avviso dato ad uno degli

75
altri comproprietari, qualora ricorrano circostanze presuntive, affidate alla valutazione
del giudice del merito, tali da far ritenere che quest'ultimo abbia reso edotto l'altro (o gli
altri) comproprietari della convocazione medesima, specie quando trattasi di coniugi
conviventi non in contrasto d'interessi tra di loro.

Sez. II, sent. n. 7630 del 28-07-1990.

76
COSTITUZIONE A VALIDITÀ DELL’ASSEMBLEA
E DELLE RELATIVE DELIBERAZIONI

1136. Costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazioni.

L'assemblea è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due
terzi del valore dell'intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio .

Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli
intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.

77
Se l'assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l'assemblea di seconda convocazione
delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla
medesima; la deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei
partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio.

Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell'amministratore o le liti attive e passive


relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore medesimo, nonché le
deliberazioni che concernono la ricostruzione dell'edificio o riparazioni straordinarie di notevole
entità devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma.

Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell'articolo 1120
devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei
partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio .

L'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione.

Delle deliberazioni dell'assemblea si redige processo verbale da trascriversi in un registro tenuto


dall'amministratore

Giurisprudenza

1. Invito all’assemblea, non è obbligatorio l’atto scritto

• Al fine della valida costituzione dell'assemblea del condominio di edificio, la norma


dell'art. 1136, sesto comma, cod. civ., secondo la quale l'invito alla riunione dei
condomini non richiede l'atto scritto od altre particolari formalità, ma può essere
effettuato con qualsiasi forma o modalità idonea a portarlo a conoscenza del destinatario,
comporta che la valida convocazione di uno dei comproprietari "pro indiviso" di piano o
porzione di piano può evincersi anche dall'avviso dato all'altro comproprietario, qualora
ricorrano circostanze presuntive, affidate alla valutazione del giudice del merito, tali da
far ritenere che il secondo comproprietario abbia reso edotto il primo della convocazione
medesima (nella specie, trattavasi di coniugi conviventi e non in contrasto di interessi).
Questo principio manifestamente non pone la citata norma in contrasto con gli artt. 3 e
24 della Costituzione, in quanto essa, in un sistema di libertà di mezzi per la notizia della
convocazione dell'assemblea, non introduce alcuna discriminazione in danno dei
comproprietari della stessa unità immobiliare.

Sez. II, sent. n. 3231 del 25-05-1984.

2. Controllo del quorum di validità assembleare

• Ai fini della validità della delibera di assemblea condominiale, il quorum richiesto deve
esistere al momento della costituzione dell'assemblea, e nel verbale ad essa relativo
devono essere indicati gli elementi indispensabili per il riscontro della validità della
costituzione assembleare senza che sia altresì necessaria la dichiarazione di regolarità
dell'assemblea in relazione al totale dei millesimi rappresentati dagli intervenuti.

78
Sez. II, sent. n. 5073 del 23-07-1983.

3. Riguardo ai muri perimetrali

• I muri perimetrali di un edificio, anche se relativi a chiostrine o cortili su cui affaccino


solo una parte dei condomini, sono comuni a tutti i proprietari di unità immobiliari dello
stabile, in quanto, costituendo l'ossatura della costruzione, svolgono una funzione di
utilità comune, anche se, ovviamente, più intensa per coloro che hanno appartamenti
prospicienti su dette chiostrine o cortili. Pertanto, alle assemblee condominiali che
devono deliberare su argomenti interessanti i muri perimetrali hanno diritto di
partecipare tutti i condomini dello stabile e non solo quelli che, per la particolare
posizione delle loro unità immobiliari, traggono da detti muri un vantaggio particolare
rispetto al vantaggio generale e comune derivante dalla naturale funzione degli stessi.

Sez. II, sent. n. 7402 del 12-12-1986.

4. Nuovo proprietario

• Nell'ipotesi di vendita di una porzione di edificio condominiale ad un nuovo soggetto,


affinché questi si legittimi di fronte al condominio quale nuovo titolare interessato a
partecipare alle assemblee, occorre almeno, pur nel silenzio della legge al riguardo, una
qualche iniziativa, esclusiva dell'acquirente o concorrente con quella del venditore, che,
in forma adeguata, renda noto al condominio detto mutamento di titolarità, senza di che,
e fin quando ciò non avvenga, resta legittimato a partecipare alle delibere assembleari il
venditore. Pertanto è legittima la disposizione del regolamento del condominio che
prevede a tal fine a carico del venditore l'onere di comunicare all'amministratore del
condominio gli estremi di trasferimento e i dati personali dell'acquirente, con la
conseguenza che, in caso d'inosservanza, ritualmente l'avviso di convocazione
dell'assemblea dei condomini viene indirizzata al venditore.

Sez. II, sent. n. 2658 del 14-03-1987.

5. Obbligo dell’acquirente e del vendittore

• In tema di condominio di edificio, in caso di alienazione di un piano o di porzione di un


piano, dal momento in cui il trasferimento venga reso noto al condominio, lo "status" di
condomino appartiene all'acquirente, e pertanto soltanto quest'ultimo è legittimato a
partecipare alle assemblee e ad impugnarne le deliberazioni, mentre il venditore, che non
è più legittimato a partecipare direttamente alle assemblee condominiali, può far valere le
sue ragioni connesse al pagamento dei contributi (relativi all'anno in corso e a quello
precedente, ai sensi dell'art. 63 disp. trans. c.c.) attraverso l'acquirente che gli è
subentrato, e per il quale, anche in relazione al vincolo di solidarietà, si configura una
gestione di affari non rappresentativa che importa obbligazioni analoghe a quelle
derivanti da un mandato, e fra queste quella di partecipare alle assemblee condominiali e
far valere in merito anche le ragioni del suo "dante causa".

79
Sez. II, sent. n. 9 del 10-01-1990.

6. Proprietario e usufruttuario

• Nel caso in cui faccia parte del condominio un piano o appartamento oggetto di
usufrutto, il nudo proprietario deve essere chiamato a partecipare alle assemblee
condominiali indette per deliberare sulle innovazioni o sulle opere di manutenzione
straordinaria. Se invece si tratta di affari di ordinaria amministrazione deve esserne dato
avviso all'usufruttuario il quale non può dare il suo voto nelle materie riservate al nudo
proprietario.

Sez. II, sent. n. 10611 del 05-11-1990.

7. Diritto di manifestare la propria volontà

• A ciascun partecipante all'assemblea di un condominio di edificio deve riconoscersi il


diritto di manifestare la propria volontà non soltanto mediante l'espressione conclusiva
del voto, con assenso o dissenso sulla proposta contenuta nell'ordine del giorno, ma
anche mediante l'intervento nella discussione, al fine di portare a conoscenza degli altri
presenti le ragioni del proprio voto. Peraltro, la lesione di tale diritto spiega effetti
invalidanti non sulla costituzione dell'assemblea, non essendo equiparabile al mancato
invito di quel partecipante all'assemblea medesima, ma sulla deliberazione adottata, la
quale resta impugnabile a norma dell'art. 1137 cod. civ

Sez. II, sent. n. 2893 del 11-05-1984.

8. Proprietario di più unità immobiliari

• In tema di condominio degli edifici, l'art. 1136 cod. civ., facendo riferimento, per
l'approvazione delle deliberazioni assembleari, ad un determinato numero di partecipanti
al condominio ed ad un determinato valore dell'edificio rappresentato dalle rispettive
quote, comporta che ogni condomino intervenuto possa esprimere un solo voto (ed
analogamente va considerata la posizione degli astenuti e degli assenti), qualunque sia
l'entità della quota che rappresenta ed indipendentemente dal fatto che questa sia
costituita da una sola o da più unità immobiliari, stante l'autonoma rilevanza attribuita al
voto personale rispetto al valore, sia pure minimo, della quota rappresentata dal singolo
condomino.

Sez. II, sent. n. 6671 del 09-12-1988.

9. Vizi di delega

80
• In difetto di norme particolari, i rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea ed
il condomino rappresentato sono disciplinati dalle regole sul mandato con la conseguenza
che solo il condomino delegante è legittimato a far valere gli eventuali vizi della delega.

Sez. II, sent. n. 3952 del 26-04-1994.

10. Assemblea ordinaria e straordinaria

• Ai fini della validità di una deliberazione di assemblea condominiale, è privo di


qualunque rilievo il fatto che la delibera impugnata sia stata adottata in un'assemblea
straordinaria piuttosto che in un'assemblea ordinaria, o viceversa, giacché non esistono,
tra le competenze di questi due tipi di assemblee, differenze di sorta, né sono previsti
differenti quorum per la legale costituzione delle assemblee medesime, l'assemblea
straordinaria essendo menzionata, in opposizione a quella ordinaria, dall'art. 66 disp. att.
c.c., soltanto per disporre che l'assemblea ordinaria deve essere convocata annualmente,
a differenza di quella straordinaria, che è convocata in qualsiasi momento in caso di
necessità.

Sez. II, sent. n. 3456 del 08-06-1984.

11. Assemblea, costituzione irregolare

• In tema di condominio di edifici l'irregolare costituzione dell'assemblea dei partecipanti


alla comunione non può essere provata in base a una generica annotazione fatta
dall'amministratore del condominio in calce alla copia del verbale dell'assemblea inviata
ai condomini assenti, richiedendosi al detto fine l'acquisizione particolareggiata e precisa
di tutti gli elementi comprovanti la esistenza del vizio denunziato.

Sez. II, sent. n. 140 del 19-01-1985.

Per le innovazioni relative alla adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del


calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente
registrato. L'art. 26, quinto comma, L. 9 gennaio 1991, n. 10*, dispone che l'assemblea di
condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile.

*Art. 6 comma 2, L. 9/1/1991, n. 10.

( Per gli interventi in parti comuni di edifici, volti al contenimento del consumo energetico degli
edifici stessi ed all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'articolo 1, ivi compresi quelli di cui
all'articolo 8, sono valide le relative decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali.)

Art. 10 L.27.07.1978 n.392: Partecipazione dell’inquilino

81
Il conduttore ha diritto di voto, in luogo del proprietario dell'appartamento locatogli, nelle delibere
dell'assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di
riscaldamento e di condizionamento d'aria.

Egli ha inoltre diritto di intervenire, senza diritto di voto, sulle delibere relative alla modificazione
degli altri servizi comuni.

La disciplina di cui al primo comma si applica anche qualora si tratti di edificio non in condominio.

In tale ipotesi i conduttori si riuniscono in apposita assemblea convocati dal proprietario


dell'edificio o da almeno tre conduttori.

Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del codice civile sull'assemblea dei condomini.

Giurisprudenza

1. Inquilino, legittimazione a chiedere la nomina dell’amministratore

• Il conduttore di un'unità immobiliare di un edificio in condominio, ancorché abbia diritto


a norma dell'art. 10 della legge n. 392 del 1978 a partecipare all'assemblea dei
condomini, non è legittimato - in caso di mancata nomina dell'amministratore - a
proporre il ricorso all'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 1129, primo comma, del cod.
civ. diretto ad ottenere la nomina dell'amministratore, configurandosi una"negotiorum
gestio" di carattere processuale non consentita (anche in materia di volontaria
giurisdizione) dall'ordinamento, con conseguente inesistenza di un suo diritto al rimborso
delle spese sostenute.

Sez. II, sent. n. 6843 del 17-06-1991.

2. Affidamento a un condomino la gestione delle spese di riscaldamento

• La deliberazione con la quale l'assemblea dei condomini, convocata con l'intervento di


coloro che usufruiscono del riscaldamento (proprietari e conduttori delle singole unità
immobiliari), affida, nell'esercizio del suo generale potere di disporre in merito alle spese
ed alle modalità di gestione del servizio comune, ad un condomino o ad un terzo la
gestione del servizio, attribuisce al soggetto incaricato, per la parte relativa al servizio
affidatogli, il potere di compiere atti che impegnano non i singoli partecipanti
all'assemblea ma il condominio, del quale l'assemblea è organo anche quando, ai sensi
dell'art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392, vi partecipino i conduttori per far valere le
loro specifiche esigenze, ed in relazione ai quali persiste, pertanto, dal lato passivo, la
rappresentanza in giudizio dell'amministratore.

Sez. II, sent. n. 10474 del 22-10-1993.

3. Diritto di voto del conduttore

82
• L'art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392, il quale attribuisce al conduttore il diritto di
votare in luogo del proprietario nelle assemblee condominiali aventi ad oggetto
l'approvazione delle spese e delle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di
condizionamento d'aria e di intervenire senza diritto di voto sulle delibere relative alla
modificazione di servizi comuni, riconosce implicitamente, con il rinvio alle disposizioni
del codice civile concernenti l'assemblea dei condomini, il diritto dell'inquilino di
impugnare le deliberazioni viziate, sempreché abbiano ad oggetto le spese e le modalità di
gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria. Al di fuori delle
situazioni richiamate, la norma in esame non attribuisce all'inquilino il potere generale
di sostituirsi al proprietario nella gestione dei servizi condominiali, sicché deve escludersi
la legittimazione del conduttore ad impugnare la deliberazione dell'assemblea
condominiale di nomina dell'amministratore e di approvazione del regolamento di
condominio e del bilancio preventivo.

Sez. II, sent. n. 8755 del 18-08-1993.

4. Condomino locatore

• In tema di condominio negli edifici, dal combinato disposto dell'art. 1137 cod. civ., e degli
artt. 9 e 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392 si desume che il conduttore, il quale abbia
partecipato all'assemblea condominiale avente ad oggetto le spese e le modalità di
gestione dei servizi di riscaldamento e condizionamento d'aria o sia stato posto in
condizione di parteciparvi, contribuendo alla relativa deliberazione, non può, nel caso che
abbia omesso d'impugnare la deliberazione stessa, sottrarsi dal rimborsare al condomino-
locatore le menzionate spese, a meno che non provi, nel caso che lamenti la mancanza o
l'insufficienza della relativa fornitura, che esse derivino da difetti o guasti della parte
dell'impianto di esclusiva proprietà del condomino-locatore stesso (art. 1117 cod. civ.), la
cui riparazione sia posta dalla legge a carico di quest'ultimo (artt. 1575 e 1576 cod. civ.).

Sez. III, sent. n. 4588 del 22-04-1995.

La disciplina di cui al primo comma (art 1136) si applica anche qualora si tratti di edificio non in
condominio.

In tale ipotesi i conduttori si riuniscono in apposita assemblea convocati dal proprietario


dell'edificio o da almeno tre conduttori.

Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del codice civile sull'assemblea dei condomini.
Questa disposizione, dettata per i conduttori di immobili adibiti ad uso di abitazione, è estesa ai
conduttori di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione per effetto dell'art. 41 della
stessa legge.

83
EDIFICIO APPARTENENTE AD UN UNICO
PROPRIETARIO

Quando l’edificio appartiene ad un unico proprietario, per la gestione dei servizi, lo stesso non è
obbligato a convocare l'assemblea dei fruitori dei servizi e quindi può, di sua iniziativa, regolare i
medesimi e le relative spese. Sta ai conduttori, eventualmente, se vogliono far valere le proprie
ragioni, a rinurisi in assemblea mediante la convocazione della stessa da parte di almeno tre
conduttori e quindi partecipare al regolamento del servizio e all’impegno della relativa spesa.

Giurisprudenza

1. Il conduttore non può sostituirsi al locatore

• L'art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392 non ha previsto che i conduttori possano
sostituirsi al locatore nella gestione dei servizi condominiali ed in particolare in quello di
fornitura del riscaldamento, bensì ha introdotto un meccanismo volto a consentire la
partecipazione dei conduttori stessi alle assemblee condominiali con riguardo alle
decisioni dei proprietari locatori, senza che, nel caso di edifici non in condominio, ne
derivi un obbligo del proprietario dell'edificio di convocare in assemblea i conduttori,
potendo gli stessi, in mancanza della facoltativa iniziativa attribuita al proprietario,
convocarsi su iniziativa di almeno tre di loro per far valere in confronto del proprietario i
propri interessi in relazione al funzionamento del servizio. Ne consegue che non è
configurabile in capo al proprietario locatore né un inadempimento né un obbligo di
conseguente risarcimento dei danni in confronto dei conduttori per non averne convocato
l'assemblea.

Sez. III, sent. n. 2762 del 03-04-1990.

2. Unico proprietario e unico inquilino

• Dalla normativa sulle locazioni (art. 1575 cod. civ., artt. 5, 9 e 10 della legge 27 luglio
1978 n. 392) può desumersi che la gestione degli impianti e servizi concernenti gli
immobili, in quanto attinente al godimento ed alla manutenzione del bene, appartiene di
regola al locatore e che il conduttore può eccezionalmente incidere sulla gestione del solo
servizio di riscaldamento e di condizionamento d'aria unicamente nell'ambito di
assemblee di condomini o, nel caso di unico proprietario dell'edificio, di inquilini. Ne
consegue che in ipotesi di unico proprietario ed unico inquilino dell'immobile, in
mancanza di un'assemblea, non è possibile ipotizzare un diritto partecipativo del
conduttore alla questione del servizio di riscaldamento o condizionamento d'aria, la
quale, proprio in virtù di detta mancanza, fa capo direttamente al proprietario-locatore
(nella specie, la S.C., ritenendo quelli enunciati principi regolatori della materia dei
rapporti tra locatore e conduttore e che in assenza di un inadempimento imputabile non
può sussistere un danno risarcibile, ha cassato la sentenza del giudice conciliatore che

84
aveva condannato l'unico proprietario a risarcire il danno procurato all'unico conduttore
dell'edificio, per avere il primo omesso di convocare il secondo ai fini delle deliberazioni
relative alla gestione del servizio di riscaldamento).

Sez. III, sent. n. 6078 del 30-05-1995.

3. Nessuna formalità per l’avviso di convocazione

• Al fine di assicurare la convocazione di tutti i condomini, presupposto indispensabile per


la validità dell'assemblea condominiale, gli artt. 1135 e 1136 cod. civ. non prescrivono
particolari modalità di notifica, sicché l'esigenza che tutti i condomini siano stati
preventivamente informati deve ritenersi soddisfatta quando risulti, secondo
l'incensurabile accertamento del giudice del merito, che i condomini ne abbiano avuto
notizia.

Sez. II, sent. n. 4846 del 05-08-1988.

4. Comproprietari " pro indiviso "

• In tema di assemblea di condominio, l'art. 67 disp. trans. c.c. - il quale dispone che
qualora un piano o porzione di piano dell'edificio appartenga in proprietà indivisa a più
persone, queste hanno diritto ad un solo rappresentante - non autorizza a ritenere che per
la valida costituzione dell'assemblea sia sufficiente la convocazione di uno solo dei
comproprietari "pro indiviso", essendo invece necessario che essi siano tutti avvertiti al
fine d'indicare quale di essi li rappresenterà nell'assemblea; la prova della valida
convocazione di uno dei proprietari "pro indiviso" - in considerazione del fatto che ai
sensi dell'art. 1136, sesto comma, cod. civ. l'invito a partecipare all'assemblea non
richiede l'atto scritto ma può essere effettuato con qualsiasi forma o modalità idonea a
portarlo a conoscenza del destinatario - può evincersi anche dall'avviso dato ad uno degli
altri comproprietari, qualora ricorrano circostanze presuntive, affidate alla valutazione
del giudice del merito, tali da far ritenere che quest'ultimo abbia reso edotto l'altro (o gli
altri) comproprietari della convocazione medesima, specie quando trattasi di coniugi
conviventi non in contrasto d'interessi tra di loro.

Sez. II, sent. n. 7630 del 28-07-1990.

5. Invito a proprietari " pro indiviso "

• Al fine della valida costituzione dell'assemblea del condominio di edificio, la norma


dell'art. 1136, sesto comma, cod. civ., secondo la quale l'invito alla riunione dei
condomini non richiede l'atto scritto o altre particolari formalità, ma può essere
effettuata con qualsiasi forma o modalità idonea a portarlo a conoscenza del destinatario,
comporta che la valida convocazione di uno dei comproprietari "pro indiviso" di piani o
porzioni di piano può evincersi anche dall'avviso dato all'altro comproprietario, qualora

85
ricorrano circostanze presuntive, affidate alla valutazione del giudice del merito, tali da
far ritenere che il secondo comproprietario abbia reso edotto il primo della convocazione.

Sez. II, sent. n. 10611 del 05-11-1990.

6. Irregolarità nelle convocazioni

• La sanzione della nullità della delibera dell'assemblea condominiale presidia


esclusivamente l'esigenza che tutti i condomini siano preventivamente informati della
convocazione della assemblea, così da poter essere partecipi del procedimento di
formazione della delibera medesima. Pertanto, salvaguardata tale esigenza, le lacune e le
irregolarità del procedimento di convocazione e di informazione dei condomini, compresa
la stessa eventuale convocazione dell'assemblea ad opera di persona non qualificata, non
possono che dar luogo a deliberazioni contrarie alla legge, espressamente soggette, come
tali, all'impugnazione per annullamento, da proporsi nel termine di cui all'art. 1137 cod.
civ.

Sez. II, sent. n. 2148 del 28-02-1987.

7. Preventiva convocazione: requisito essenziale

• Costituisce requisito essenziale per la validità di qualsiasi deliberazione assembleare la


preventiva convocazione di tutti i condomini di un edificio all'adunanza; onde la mancata
prova della avvenuta comunicazione o della certa conoscenza, per altra via, dell'avviso di
convocazione da parte degli aventi diritto a partecipare all'adunanza comporta la nullità
assoluta ed insanabile della deliberazione.

Sez. II, sent. n. 9109 del 09-12-1987.

8. Mancata comunicazione

• La mancata comunicazione, agli aventi diritto, dell'avviso di convocazione dell'assemblea


dei condomini prescritto dall'art. 1136, sesto comma, cod. civ., comporta la nullità
assoluta ed insanabile della deliberazione, opponibile anche dai condomini che hanno
ricevuto la comunicazione e partecipato all'assemblea.

Sez. II, sent. n. 8074 del 27-06-1992.

9. Raggiungimento della maggioranza

86
• Nel caso in cui l'avviso di convocazione dell'adunanza condominiale non sia stato
comunicato anche ad uno solo dei condomini, ancorché detto condomino sia titolare di
una quota millesimale ininfluente ai fini del raggiungimento della maggioranza prescritta
dalla legge, la deliberazione adottata è affetta da nullità assoluta, che può essere fatta
valere da qualsiasi condomino anche presente in assemblea.

Sez. II, sent. n. 1780 del 12-02-1993.

All’assemblea deve essere convocato il proprietario e non anche il conduttore. Sta al primo
preoccuparsi di avvisare il suo inquilino.

10. Il locatore è tenuto ad avvisare il conduttore

• L'art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392 che, ribadendo sostanzialmente la disciplina
già introdotta dall'art. 6 della legge 22 dicembre 1973 n. 841, prevede con norma
eccezionale un'ipotesi di sostituzione legale del conduttore al proprietario nelle assemblee
dei condomini convocate per deliberare sulle spese e modalità di gestione dei servizi di
riscaldamento e di condizionamento d'aria, non ha comportato modificazioni al disposto
dell'art. 66 disp. att. c.c., che disciplina la comunicazione dell'avviso di convocazione
dell'assemblea dei condomini, con la conseguenza che tale avviso deve essere comunicato
al locatore, restando solo lo stesso proprietario tenuto ad informare il conduttore
dell'avviso di convocazione ricevuto dall'amministratore, senza che le conseguenze della
mancata convocazione del conduttore possano farsi ricadere sul condominio, che rimane
estraneo al rapporto di locazione.

Sez. II, sent. n. 4802 del 22-04-1992.

IMPUGNAZIONI

1137. Impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea.

Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i
condomini.

Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino


dissenziente può fare ricorso all'autorità giudiziaria , ma il ricorso non sospende l'esecuzione del
provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità stessa .

Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza , entro trenta giorni, che decorrono dalla
data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti.

87
Art 23 c.c.. Annullamento e sospensione delle deliberazioni.

Le deliberazioni dell'assemblea contrarie alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto possono essere
annullate, su istanza degli organi dell'ente, di qualunque associato o del pubblico ministero.
L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base
ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima .

Il presidente del tribunale o il giudice istruttore, sentiti gli amministratori dell'associazione, può
sospendere, su istanza di colui che ha proposto l'impugnazione, l'esecuzione della delibera
impugnata, quando sussistono gravi motivi. Il decreto di sospensione deve essere motivato ed è
notificato agli amministratori.

L'esecuzione delle deliberazioni contrarie all'ordine pubblico o al buon costume può essere sospesa
anche dall'autorità.

Giurisprudenza

1. Facoltà di impugnare le delibere assembleari

• In tema di condominio degli edifici, tutti i condomini che non hanno votato in maniera
conforme alla deliberazione assembleare sono legittimati ad impugnarla, siano stati
presenti alla seduta ovvero assenti (l'unica differenza consistendo nel "dies a quo" per
proporre l'opposizione, che decorre dalla data della deliberazione per i primi e dalla data
della comunicazione per gli altri), ivi compresi, pertanto, gli astenuti - i quali
sostanzialmente non hanno approvato la delibera - a nulla rilevando che questi, al
momento del voto, abbiano formulato riserva da sciogliere dopo la seduta.

Sez. II, sent. n. 6671 del 09-12-1988.

2. Diritto di votare per il conduttore

• L'art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392 il quale attribuisce al conduttore il diritto di
votare in luogo del proprietario nelle assemblee condominiali aventi ad oggetto
l'approvazione delle spese e delle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di
condizionamento d'aria e di intervenire senza diritto di voto sulle delibere relative alla
modificazione di servizi comuni, riconosce implicitamente con il rinvio alle disposizioni
del codice civile concernenti l'assemblea dei condomini, il diritto dell'inquilino di
impugnare le deliberazioni viziate, sempreché abbiano ad oggetto le spese e le modalità di
gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria. Al di fuori delle
situazioni richiamate, la norma in esame non attribuisce all'inquilino il potere generale
di sostituirsi al proprietario nella gestione dei servizi condominiali, sicché deve escludersi
la legittimazione del conduttore ad impugnare la deliberazione dell'assemblea
condominiale di nomina dell'amministratore e di approvazione del regolamento di
condominio e del bilancio preventivo.

88
Sez. II, sent. n. 8755 del 18-08-1993.

3. Nullità della delibera

• La nullità di una delibera condominiale è disciplinata dall'art. 1421 cod. civ., a norma del
quale chiunque vi ha interesse può farla valere e quindi anche il condomino che abbia
partecipato, con il suo voto favorevole, alla formazione di detta delibera, salvo che con
tale voto egli si sia assunto o abbia riconosciuto una sua personale obbligazione.

Sez. II, sent. n. 1511 del 19-02-1997.

4. Interesse ad agire

• L'interesse ad agire previsto dall'art. 100 cod. proc. civ., concretandosi in una situazione
di vantaggio sostanziale da tutelare, non è escluso dalla possibilità di azioni alternative di
tutela della medesima situazione giuridica contro lo stesso o altro soggetto; pertanto, la
possibilità di azione diretta contro il condomino che utilizza la cosa comune invadendo la
sfera di proprietà individuale del singolo condomino non esclude l'interesse di
quest'ultimo all'azione di accertamento della nullità della delibera condominiale che ha
autorizzato quell'utilizzazione.

Sez. II, sent. n. 5008 del 28-04-1993.

5. Impugnazione con ricorso o atto di citazione

• L'impugnazione delle delibere condominiali può essere proposta oltre che con ricorso,
come richiesto dall'art. 1137 cod. civ., anche con atto di citazione purché lo stesso venga
notificato al condominio nel termine indicato dal terzo comma dell'art. 1137 cod. civ.,
dall'adozione o comunicazione della delibera, restando in potere dello amministratore del
condominio, in tale caso, chiedere l'abbreviazione del termine a comparire di cui all'art.
163 cod. proc. civ., nel caso in cui sia stato fissato un termine eccessivo.

Sez. II, sent. n. 1662 del 16-02-1988.

6. Forma dell’atto di impugnazione

• L' art. 1137 cod. civ., nel disciplinare tra l'altro la forma dell'atto d'impugnazione, in via
contenziosa, delle delibere condominiali, usa delibere collegiali adottate dagli organi della
comunione in genere (artt. 1107 - 1109 cod. civ.), di risolvere sollecitamente le questioni
concernenti la gestione del condominio.

Sez. II, sent. n. 6205 del 09-07-1997.

89
7. Obbligo del ricorrente di fornire la prova

• Il condomino che deduca l'invalidità di una delibera assembleare deve fornire la prova
che le condizioni previste per la regolare formazione della volontà dell'assemblea non
sono state rispettate.

Sez. II, sent. n. 4691 del 08-11-1989.

8. Riscontro della legittimità

• Sulle delibere delle assemblee di condominio degli edifici il sindacato dell'autorità


giudiziaria non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della
discrezionalità di cui dispone l'assemblea quale organo sovrano della volontà dei
condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità che, oltre ad avere riguardo alle
norme di legge o del regolamento condominiale, si estende anche all'eccesso di potere,
ravvisabile quando la causa della deliberazione sia falsamente deviata dal suo modo di
essere, in quanto anche in tal caso il giudice non controlla l'opportunità o convenienza
della soluzione adottata dall'impugnata delibera, ma deve solo stabilire se la delibera sia o
meno il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell'assemblea. (Nella
specie, in applicazione del principio surriportato, la S.C. ha confermato la decisione di
giudici di merito che avevano respinto un'impugnativa con la quale si contestava
l'opportunità della scelta operata dall'assemblea condominiale per aver approvato un
preventivo di spesa per lavori straordinari in luogo di altro preventivo asseritamente più
vantaggioso).

Sez. II, sent. n. 3938 del 26-04-1994.

Casi di nullità e annullabilità

Ricordiamo al lettore che la differenza tra i due effetti è che la nullità non è soggetta a decadenza e
quindi la relativa richiesta può essere fatta in ogni tempo.

Viceversa l’annullabilità deve essere invocata entro i termini previsti dalla legge.

9. Impugnazione del condomino che ha votato a favore

• L' art. 1137 cod. civ., che riconosce ad ogni condomino dissenziente il diritto d'impugnare
le deliberazioni dell'assemblea, si riferisce alle deliberazioni annullabili, mentre per
quelle nulle provvede l'art. 1421 cod. civ., secondo cui la nullità può essere fatta valere da
chiunque vi ha interesse. Pertanto il condomino che abbia partecipato all'assemblea e
abbia espresso voto conforme alla deliberazione che si assume nulla non è escluso dal
diritto di far valere tale nullità solo che alleghi e dimostri di avervi interesse. (Nella
specie, la Suprema Corte ha confermato la decisione del merito che con riguardo alla
richiesta dichiarazione di nullità della deliberazione, presa non all'unanimità ma a
maggioranza, concernente la ripartizione delle spese di installazione di una nuova caldaia

90
dell'impianto di riscaldamento in parti uguali anziché in misura proporzionale ai valori
della proprietà di ciascun condomino - art. 1123 cod. civ. - aveva ravvisato l'interesse ad
agire nella violazione del diritto del condomino di concorrere nelle spese per le cose
comuni dell'edificio condominiale in misura non superiore a quelle dovute per legge).

Sez. II, sent. n. 4197 del 06-05-1987.

10. Ripartizione delle spese

• In tema di condominio degli edifici, la deliberazione assembleare, la quale, con riguardo


alla ripartizione delle spese di portierato, le estenda anche ai proprietari dei vani terranei
senza ingresso dall'androne, deve ritenersi affetta da nullità, non mera annullabilità, con
conseguente proponibilità della relativa impugnazione in ogni tempo, anche dopo il
termine di decadenza fissato dall'art. 1137 cod. civ., qualora, adottata a maggioranza,
risulti integrare un riparto di dette spese difforme da quello fissato con regolamento
condominiale di natura contrattuale, quale quello predisposto dall'unico originario
proprietario dell'edificio e poi di volta in volta accettato dagli acquirenti delle singole
porzioni, atteso che le disposizioni di tale regolamento sono modificabili solo attraverso
una nuova convenzione conclusa dalla totalità dei condomini.

Sez. II, sent. n. 5793 del 05-10-1983.

11. Corresponsione al proprietario di un contributo per la trasformazione

• La norma dell'art. 6 della legge 22 dicembre 1973 n. 841, nella parte in cui attribuisce al
conduttore, contrattualmente obbligato al pagamento delle spese di gestione del servizio di
riscaldamento, il diritto di partecipare, in luogo del locatore, alle assemblee dei
condomini convocate per deliberare su tali spese e sulla modalità di gestione del servizio
stesso, ha carattere eccezionale rispetto alla disciplina del condominio degli edifici e non
è, quindi, suscettibile d'interpretazione estensiva. Pertanto, il diritto dei conduttori di
partecipare alle assemblee in sostituzione dei locatori e di adottare le deliberazioni
relative trova un preciso limite nell'indicato oggetto, con la conseguenza che la delibera
dell'assemblea dei conduttori riguardante materia diversa (nella specie, corresponsione ai
proprietari di un contributo sulla spesa sostenuta per la trasformazione dell'impianto di
riscaldamento) è affetta da nullità assoluta, e, come tale, può essere impugnata anche
oltre il termine di decadenza stilito dall'art. 1137 cod. civ. (richiamato dall'art. 6 della
legge n. 841 del 1973) per le sole delibere di competenza dell'assemblea.

Sez. II, sent. n. 5238 del 27-08-1986.

12. Numero di deleghe superiore al regolamento

• La partecipazione all'assemblea condominiale di un condomino fornito di un numero di


deleghe superiore a quello consentito dal regolamento di condominio, comportando un
vizio nel procedimento di formazione della relativa delibera, non dà luogo a un'ipotesi di

91
nullità assoluta della delibera stessa, rilevabile d'ufficio ai sensi dell'art. 1421 cod. civ.,
bensì a un'ipotesi di annullabilità ex art. 1137 cod. civ.

Sez. II, sent. n. 7402 del 12-12-1986.

13. Pregiudizio di diritti singoli

• Le disposizioni del regolamento condominiale e la relativa delibera assembleare, adottate


non all'unanimità ma a maggioranza, le quali pregiudichino i diritti di un condominio
risultanti dall'atto originario del suo acquisto sono radicalmente nulle e l'azione
giudiziaria per far valere tale nullità non è soggetta al termine di decadenza di cui
all'ultimo comma dell'art. 1137 cod. civ. (Nella specie, alla stregua della citata nullità di
una delibera dell'assemblea dei condomini che a maggioranza aveva consentito la sosta
dei veicoli su uno spazio condominiale destinato, per una clausola del contratto di
acquisto, al libero accesso del pubblico).

Sez. II, sent. n. 4851 del 05-08-1988,

14. Delibera dopo lo scioglimento dell’assemblea

• In tema di condominio di edifici è nulla la deliberazione assembleare che sia stata


adottata dopo lo scioglimento dell'assemblea stessa e l'allontanamento di alcuni
condomini, a seguito di riapertura del verbale non preceduta da una nuova rituale
convocazione a norma dell'art. 66 disp. trans. c.c., risultando violate sia le disposizioni
sulla convocazione dell'assemblea sia il principio della collegialità della deliberazione.

Sez. II, sent. n. 6366 del 05-06-1991.

15. Lesione dei diritti dei condomini

• In tema di condominio di edifici, gli atti, con i quali l'amministratore disponga opere
sulla cosa comune, in eccesso ai propri poteri e con lesione dei diritti dei condomini, sono
affetti da nullità assoluta, la cui deducibilità non è soggetta ai termini di decadenza degli
artt. 1133 e 1137 cod. civ.

Sez. II, sent. n. 12851 del 29-11-1991.

16. Incompletezza dell’ordine del giorno

• In tema di condominio degli edifici, e con riguardo all'assemblea dei condomini,


l'incompletezza dell'ordine del giorno contenuto nell'atto di convocazione della assemblea
determina non la nullità assoluta ma l'annullabilità della deliberazione dell'assemblea dei
condomini, con la conseguenza che la stessa deve essere impugnata nel termine di trenta
giorni di cui all'art. 1137 cod. civ.

92
Sez. II, sent. n. 6212 del 23-05-1992.

17. Approvazione della ripartizione delle spese

• La deliberazione con cui l'assemblea dei condomini approvi la ripartizione delle spese del
servizio di riscaldamento centralizzato senza avere prima accertato il volume dei singoli
cespiti, in violazione della disposizione del regolamento di condominio che prevede il
riparto volumetrico della spesa, non è affetta da nullità bensì soltanto annullabile, ove
denunciata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine di decadenza di cui all'art.
1137 cod. civ., non incidendo sui criteri generali da adottare nel rispetto dell'art. 1123
cod. civ.Sez. II, sent. n. 6403 del 08-06-1993,

18. Impugnazione della delibera sul rendiconto annuale

• Per il disposto degli artt. 1135 e 1137 cod. civ., la deliberazione dell'assemblea
condominiale che approva il rendiconto annuale dell'amministratore può essere
impugnata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine stabilito dall'art. 1137, terzo
comma, cod. civ. non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di mera legittimità,
restando esclusa una diversa forma d'invalidazione ex art. 1418 cod. civ., non essendo
consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla
maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera.

Sez. II, sent. n. 3747 del 20-04-1994.

19. Nullità

• E' affetta da nullità e non da mera annullabilità, ed è quindi impugnabile in ogni tempo
da chiunque vi abbia interesse la delibera dell'assemblea condominiale che ponga le
spese di lite in proporzione della sua quota, a carico del condomino pur avendo questi
ritualmente manifestato il proprio dissenso rispetto alla lite medesima deliberata
dall'assemblea.

Sez. II, sent. n. 5334 del 08-06-1996.

20. Attribuzioni dell’assemblea

• Non può essere legittimamente ricompresa, tra le attribuzioni dell'assemblea


condominiale, la autorizzazione concessa all'amministratore a nominarsi un difensore
che lo assista in un processo penale (sia pur scaturente da vicende riguardanti le parti
comuni dell'edificio), ovvero la assunzione delle relative spese da parte dei condomini,
pur con esonero di quelli dissenzienti, dovendosi tale delibera (che esorbita dalle
attribuzioni che definiscono la competenza dell'organo collegiale) ritenersi affetta da
nullità assoluta, per impossibilità dell'oggetto, e risultando estranea alla rappresentanza

93
del condominio ogni vicenda di responsabilità penale, attesane la natura personale, ai
sensi dell'art. 27, comma primo, Cost.

Sez. II, sent. n. 5163 del 10-06-1997.

21. Consenso unanime dei condomini per modificare i criteri di ripartizione

• Con riguardo alle delibere dell'assemblea di condominio aventi ad oggetto la ripartizione


delle spese comuni, occorre distinguere quelle con le quali sono stabiliti i criteri di
ripartizione, ai sensi dell'art. 1123 cod. civ., ovvero sono modificati i criteri fissati in
precedenza, per le quali è necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei
condomini, da quelle con le quali, nell'esercizio delle attribuzioni assembleari previste
dall'art. 1135 cod. civ., n. 2 e n. 3, vengono in concreto ripartite le spese medesime, atteso
che soltanto queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, devono
considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza
(trenta giorni) previsto dall'art. 1137, ultimo comma, cod. civ.

Sez. II, sent. n. 4851 del 05-08-1988.

22. Consenso unanime

• Riguardo alle delibere dell'assemblea di condominio aventi ad oggetto la ripartizione


delle spese comuni, occorre distinguere quelle con le quali sono stabiliti i criteri di
ripartizione ai sensi dell'art. 1123 cod. civ. ovvero sono modificati i criteri fissati in
precedenza, per le quali è necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei
condomini, da quelle con le quali, nell'esercizio delle attribuzioni assembleari previste
dall'art. 1135 cod. civ., n. 2 e n. 3, vengono in concreto ripartite le spese medesime, atteso
che soltanto queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, devono
considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza,
di trenta giorni previsto dall'art. 1137, ultimo comma, cod. civ.

Sez. II, sent. n. 1213 del 01-02-1993.

23. Violazione dei criteri già stabiliti

• Riguardo alle delibere dell'assemblea di condominio aventi ad oggetto la ripartizione


delle spese comuni, occorre distinguere quelle con le quali sono stabiliti i criteri di
ripartizione ai sensi dell'art. 1123 cod. civ. ovvero sono modificati i criteri fissati in
precedenza, per le quali è necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei
condòmini, da quelle con le quali, nell'esercizio della attribuzioni assembleari previste
dall'art. 1135 cod. civ., n. 2 e n. 3, vengono in concreto ripartite le spese medesime, atteso
che soltanto queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, devono
considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta per nullità di una delibera
dell'assemblea dei condomini che a maggioranza aveva consentito la sosta dei veicoli su

94
uno spazio condominiale destinato, per una clausola del contratto di acquisto, al libero
accesso del pubblico).

Sez. II, sent. n. 4851 del 05-08-1988.

24. Allontanamento di alcuni condomini dall’assemblea

• In tema di condominio di edifici è nulla la deliberazione assembleare che sia stata


adottata dopo lo scioglimento dell'assemblea stessa e l'allontanamento di alcuni
condomini, a seguito di riapertura del verbale non preceduta da una nuova rituale
convocazione a norma dell'art. 66 disp. trans. c.c., risultando violate sia le disposizioni
sulla convocazione dell'assemblea sia il principio della collegialità della deliberazione.

Sez. II, sent. n. 6366 del 05-06-1991.

25. Eccesso di potere dell’amministratore

• In tema di condominio di edifici, gli atti, con i quali l'amministratore disponga opere
sulla cosa comune, in eccesso ai propri poteri e con lesione dei diritti dei condomini, sono
affetti da nullità assoluta, la cui deducibilità non è soggetta ai termini di decadenza degli
artt. 1133 e 1137 cod. civ.

Sez. II, sent. n. 12851 del 29-11-1991.

26. Incompletezza dell’ordine del giorno

• In tema di condominio degli edifici, e con riguardo all'assemblea dei condomini,


l'incompletezza dell'ordine del giorno contenuto nell'atto di convocazione della assemblea
determina non la nullità assoluta ma l'annullabilità della deliberazione dell'assemblea dei
condomini, con la conseguenza che la stessa deve essere impugnata nel termine di trenta
giorni di cui all'art. 1137 cod. civ.

Sez. II, sent. n. 6212 del 23-05-1992.

27. Riparto volumetrico della spesa di riscaldamento

• La deliberazione con cui l'assemblea dei condomini approvi la ripartizione delle spese del
servizio di riscaldamento centralizzato senza avere prima accertato il volume dei singoli
cespiti, in violazione della disposizione del regolamento di condominio che prevede il
riparto volumetrico della spesa, non è affetta da nullità bensì soltanto annullabile, ove
denunciata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine di decadenza di cui all'art.
1137 cod. civ., non incidendo sui criteri generali da adottare nel rispetto dell'art. 1123
cod. civ.Sez. II, sent. n. 6403 del 08-06-1993.

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28. Impugnazione per legittimità

• Per il disposto degli artt. 1135 e 1137 cod. civ., la deliberazione dell'assemblea
condominiale che approva il rendiconto annuale dell'amministratore può essere
impugnata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine stabilito dall'art. 1137, terzo
comma, cod. civ. non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di mera legittimità,
restando esclusa una diversa forma d'invalidazione ex art. 1418 cod. civ., non essendo
consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla
maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera.

Sez. II, sent. n. 3747 del 20-04-1994.

29. Nullità e non annullabilità

• E' affetta da nullità e non da mera annullabilità, ed è quindi impugnabile in ogni tempo
da chiunque vi abbia interesse la delibera dell'assemblea condominiale che ponga le
spese di lite in proporzione della sua quota, a carico del condomino pur avendo questi
ritualmente manifestato il proprio dissenso rispetto alla lite medesima deliberata
dall'assemblea.

Sez. II, sent. n. 5334 del 08-06-1996.

30. Concessione all’amministratore di nominarsi un difensore

• Non può essere legittimamente ricompresa, tra le attribuzioni dell'assemblea


condominiale, la autorizzazione concessa all'amministratore a nominarsi un difensore
che lo assista in un processo penale (sia pur scaturente da vicende riguardanti le parti
comuni dell'edificio), ovvero la assunzione delle relative spese da parte dei condomini,
pur con esonero di quelli dissenzienti, dovendosi tale delibera (che esorbita dalle
attribuzioni che definiscono la competenza dell'organo collegiale) ritenersi affetta da
nullità assoluta, per impossibilità dell'oggetto, e risultando estranea alla rappresentanza
del condominio ogni vicenda di responsabilità penale, attesane la natura personale, ai
sensi dell'art. 27, comma primo, Cost.

Sez. II, sent. n. 5163 del 10-06-1997.

31. Criteri fissati in precedenza

• Riguardo alle delibere dell'assemblea di condominio aventi ad oggetto la ripartizione


delle spese comuni, occorre distinguere quelle con le quali sono stabiliti i criteri di
ripartizione ai sensi dell'art. 1123 cod. civ. ovvero sono modificati i criteri fissati in
precedenza, per le quali è necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei
condomini, da quelle con le quali, nell'esercizio delle attribuzioni assembleari previste
dall'art. 1135 cod. civ., n. 2 e n. 3, vengono in concreto ripartite le spese medesime, atteso
che soltanto queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, devono

96
considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza,
di trenta giorni previsto dall'art. 1137, ultimo comma, cod. civ.

Sez. II, sent. n. 1213 del 01-02-1993.

32. Criteri di ripartizione delle spese

• Riguardo alle delibere dell'assemblea di condominio aventi ad oggetto la ripartizione


delle spese comuni, occorre distinguere quelle con le quali sono stabiliti i criteri di
ripartizione ai sensi dell'art. 1123 cod. civ. ovvero sono modificati i criteri fissati in
precedenza, per le quali è necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei
condòmini, da quelle con le quali, nell'esercizio della attribuzioni assembleari previste
dall'art. 1135 cod. civ., n. 2 e n. 3, vengono in concreto ripartite le spese medesime, atteso
che soltanto queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, devono
considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza,
di trenta giorni previsto dall'art. 1137, ultimo comma, cod. civ.

Sez. II, sent. n. 7569 del 29-08-1994.

REGOLAMENTO DI CONDOMINIO

1138. Regolamento di condominio.

Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un
regolamento , il quale contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese,
secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del
decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione .

Ciascun condomino può prendere l'iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o
per la revisione di quello esistente.

Il regolamento deve essere approvato dall'assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo
comma dell'articolo 1136 e trascritto nel registro indicato dall'ultimo comma dell'art. 1129. Esso
può essere impugnato a norma dell'articolo 1107.

Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino,
quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle
disposizioni degli articoli 1118, secondo comma 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137.

REGOLAMENTO CONVENZIONALE E
REGOLAMENTO CONTRATTUALE

97
La differenza tra i due tipi di regolamento condominiale, sta nel fatto che quello contrattuale deriva
da un’accettazione di esso da parte degli acquirenti delle varie porzioni di immobili, al momento
dell’acquisto.

Quello convenzionale deriva da una delibera assembleare approvata con la maggioranza degli
intervenuti all’assemblea che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio.

Giurisprudenza

1. Trasformazione del sottotetto a mansarda

• Qualora un condomino, proprietario del sottotetto da lui adibito a mansarda, voglia


praticare un’ apertura di luce sul tetto comune dell’edificio e il regolamento
condominiale, di natura contrattuale, prevede che occorra il consenso dell’assemblea dei
condomini per qualsiasi intervento sulle parti comuni, senza il consenso di quest’ultima il
condòmino non può aprire luci sul tetto. Questo anche in deroga all’art. 1102. I vari
permessi ottenuti dall’autorità amministrativa non godono di nessun pregio.

Sentenza arbitrale del Giudice Santi Licheri del 2 marzo 1998.

2. Richiesta di nullità del regolamento

• Il regolamento di condominio, quali ne siano l'origine ed il procedimento di formazione


(accettazione da parte dei singoli acquirenti delle unità immobiliari condominiali del
regolamento predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio;
deliberazione dell'assemblea dei condomini votata con la maggioranza di cui all'art.
1136, secondo comma, cod. civ.) si configura, in relazione alla sua specifica funzione di
costituire una sorta di statuto convenzionale dal condominio, che ne disciplina la vita e
l'attività come ente di gestione (ferma l'inderogabilità di alcune norme concernenti
specifici aspetti della disciplina legislativa), come atto volto ad incidere su di un rapporto
plurisoggettivo concettualmente unico con un complesso di regole giuridicamente
vincolanti per tutti i condomini con la conseguenza che l'azione promossa da uno o più
condomini per ottenere la declaratoria di nullità del regolamento medesimo, per vizi
attinenti al suo processo di formazione, deve avere come necessari contraddittori tutti gli
altri condomini, non potendo altrimenti l'eventuale sentenza di accoglimento ritenersi
"utiliter data".

Sez. II, sent. n. 2590 del 30-03-1990.

3. Regolamento contrattuale e convenzionale

• Il regolamento di condominio, quali ne siano l'origine ed il procedimento di formazione


e, quindi, anche quando abbia natura contrattuale, si configura, in relazione alla sua

98
specifica funzione di costituire una sorta di statuto della collettività condominiale, come
atto volto ad incidere con un complesso di norme giuridicamente vincolanti per tutti i
componenti di detta collettività, su un rapporto plurisoggettivo concettualmente unico ed
a porsi come fonte di obblighi e diritti non tanto per la collettività come tale quanto,
soprattutto, per i singoli condomini; consegue da ciò che l'azione promossa per ottenere
declaratoria della nullità, totale o parziale, del regolamento medesimo è esperibile non da
e nei confronti del condominio, carente di legittimazione in ordine ad una siffatta
domanda ma da uno o più condomini nei confronti di tutti gli altri, in situazione di
litisconsorzio necessario, non potendo, altrimenti, risultare "utiliter data" l'eventuale
sentenza di accoglimento.

Sez. II, sent. n. 12342 del 29-11-1995.

4. Regolamento incidente sulla sfera del singolo

• Ancorché contenute in regolamento cosiddetto contrattuale hanno natura regolamentare


e sono modificabili dall'assemblea con la maggioranza prevista dall'art. 1136 cod. civ. le
sole clausole del regolamento condominiale che coinvolgono interessi impersonali della
collettività dei condomini, mentre hanno natura contrattuale e sono modificabili soltanto
con il consenso unanime dei condomini quelle clausole che incidono direttamente sulla
sfera soggettiva dei medesimi, rientrano fra queste ultime le clausole che stabiliscono i
criteri di ripartizione delle spese (nella specie, spese di riscaldamento) costituendo la
relativa contribuzione, nella misura legale e convenzionale ( art. 1123 cod. civ.), un
obbligo dei condomini.

Sez. II, sent. n. 3733 del 15-04-1987.

5. Regolamento richiamato nei singoli atti di acquisto

• Nell'ipotesi di regolamento condominiale richiamato nei singoli atti di acquisto degli


appartamenti dell'edificio condominiale, hanno natura contrattuale soltanto le
disposizioni che incidono nella sfera dei diritti soggettivi e degli obblighi di ciascun
condominio, mentre hanno natura tipicamente regolamentare le norme riguardanti le
modalità di uso della cosa comune e in genere le modalità di uso e di funzionamento dei
servizi condominiali, senza che sulla diversa natura dei due gruppi di disposizioni e sul
diverso loro regime di modificabilità (con il consenso di tutti i condomini manifestato in
forma scritta per quelle contrattuali; con deliberazione dell'assemblea adottata con la
maggioranza prevista dall'art. 1136 cod. civ., per quelle regolamentari) possano incidere
la loro comune inclusione nel regolamento e neppure l'eventuale esistenza nel medesimo
di una clausola che stabilisca che le norme in esso contenuto siano, senza distinzioni,
suscettibili di modifiche deliberate dall'assemblea con la maggioranza di cui all'art. 1136
cod. civ.

Sez. II, sent. n. 12173 del 14-11-1991.

99
6. Regolamento convenzionale

• Il regolamento convenzionale di condominio, anche se non materialmente inserito nel


testo del contratto di compravendita dei singoli appartamenti compresi nell'edificio
condominiale, fa corpo con essi purché espressamente richiamato ed approvato, di guisa
che le sue clausole rientrano "per relationem" nel contenuto dei singoli contratti di
acquisto; e poiché il richiamo "per relationem" del contenuto del regolamento è opera di
entrambi i contraenti, ne deriva che le singole clausole restano fuori dalla previsione
legislativa del secondo comma dell'art. 1341 cod. civ. che nel sancire la necessità della
specifica approvazione fa riferimento alle sole clausole cosiddette "vessatorie" che
risultano predisposte da una soltanto delle parti contraenti.

Sez. II, sent. n. 49 del 07-01-1992.

7. Obbligo assunto nei contratti di vendita

• In tema di condominio di edifici, l'obbligo genericamente assunto nei contratti di vendita


delle singole unità immobiliari di rispettare il regolamento di condominio che
contestualmente si incarica il costruttore di predisporre, come non vale a conferire a
quest'ultimo il potere di redigere un qualsiasi regolamento, così non può valere come
approvazione di un regolamento allo stato inesistente, in quanto è solo il concreto
richiamo nei singoli atti di acquisto ad un determinato regolamento già esistente che
consente di ritenere quest'ultimo come facente parte per "relationem" di ogni singolo
atto.

Sez. II, sent. n. 7359 del 16-06-1992.

8. Regolamento contrattuale

• Il regolamento contrattuale di condominio, anche se non materialmente inserito nel testo


del contratto di compravendita delle singole unità immobiliari, fa corpo con esso allorché
sia espressamente richiamato ed approvato, di modo che le sue clausole rientrano "per
relationem" nel contenuto dei singoli contratti di acquisto e vincolano i singoli acquirenti
indipendentemente dalla trascrizione. Sez. II, sent. n. 1886 del 21-02-1995.

9. Ambulatorio medico

• Il divieto, a carico del condomino di edificio, di dare una determinata destinazione alla
porzione di sua proprietà esclusiva, traducendosi in una limitazione delle facoltà inerenti
al diritto dominicale, non può derivare da una deliberazione assembleare, adottata con le
maggioranze previste per la regolamentazione dell'uso e del godimento dei beni comuni
( art. 1138, terzo comma, cod. civ.), ma presuppone un titolo convenzionale, con
l'accettazione del vincolo da parte del condomino stesso (in sede di acquisto della
proprietà esclusiva, ove si tratti di vincolo predisposto dal costruttore od originario unico
proprietario dell'edificio, o con separato atto successivo, ovvero anche con adesione alla

100
decisione assembleare che introduca il vincolo medesimo). In difetto di tale accettazione,
pertanto, deve escludersi che una certa utilizzazione dell'alloggio di proprietà esclusiva
(nella specie, ad ambulatorio medico) possa di per sé costituire fatto illecito, avverso il
quale sia dato al condominio od agli altri condomini facoltà dinale e, se predisposte
dall'originario proprietario dello stabile, debbono essere, pertanto, accettate dai
condomini nei rispettivi atti di acquisto o con atti separati; se deliberate, invece
dall'assemblea, debbono essere approvate all'unanimità, dovendo, in mancanza,
considerarsi nulle, perché eccedenti i limiti dei poteri dell'assemblea.

Sez. II, sent. n. 4632 del 12-05-1994.

10. Limite al diritto di godimento

• Il limite al diritto di godimento spettante a ciascun condomino "iure proprietatis" sulle


parti comuni - nella specie, divieto di sosta, anche per il carico e discarico di masserizie,
in tutti gli spazi comuni dell'edificio - disposto dal regolamento condominiale
nell'interesse comune e accettato nei singoli atti d'acquisto, ha natura negoziale e perciò
può essere modificato soltanto per iscritto e con il consenso unanime dei condomini.

Sez. II, sent. n. 854 del 28-01-1997.

11. Servitù

• Non è possibile configurare una servitù nel senso che lo stesso fondo si trovi a rivestire,
contemporaneamente, in ordine alla medesima utilità oggettiva, la qualità di dominante e
di servente, essendo caratteristica delle servitù quella di essere "iura in re aliena".
Tuttavia, non può escludersi che due fondi siano reciprocamente gravati da analoga
servitù, perché il rapporto che in tal caso si costituisce non è quello di corrispettività tra i
due fondi, bensì quello relativo a due distinte e autonome servitù, in cui il fondo che
nell'una è considerato come servo delle parti comuni di un edificio condominiale, può
conseguire, oltre che da una norma del regolamento condominiale adottato ad unanimità,
anche da una clausola inserita in tutti i contratti con i quali ciascun partecipante ha
acquistato dall'originario unico proprietario-costruttore, poiché, anche in tale ipotesi,
sussiste la formazione del consenso di tutti i condomini alla creazione del vincolo, come
nell'analogo caso del regolamento condominiale precostituito da detto costruttore-
venditore. (Nella specie, il proprietario e costruttore di un edificio, proprietario altresì di
un'adiacente area destinata alla realizzazione di autorimesse, aveva inserito, negli atti di
vendita dei singoli appartamenti, una clausola che conteplava, su passo carraio
condominiale, il transito in favore di dette autorimesse. La S.C., alla stregua del principio
di cui sopra, ha ritenuto idonei detti atti di vendita a costituire una servitù a vantaggio
dell'acquirente di quell'area, che aveva realizzato i "garage").

Sez.II n 2465/85

12. Regolamento predisposto dall’originario unico proprietario

101
• Il regolamento di condominio edilizio predisposto dall'originario unico proprietario
dell'edificio è vincolante, purché richiamato ed approvato nei singoli atti di acquisto, sì da
far parte "per relationem" del loro contenuto, solo per coloro che successivamente
acquistano le singole unità immobiliari, ma non per coloro che abbiano acquistato le
unità immobiliari prima della predisposizione del regolamento stesso, ancorché nell'atto
di acquisto sia posto a loro carico l'obbligo di rispettare il regolamento da redigersi in
futuro, mancando uno schema definitivo, suscettibile di essere compreso per comune
volontà delle parti nell'oggetto del negozio; pertanto, in questa ultima ipotesi, il
regolamento può vincolare l'acquirente solo se, successivamente alla sua redazione,
quest'ultimo vi presti adesione. Tale adesione - e quindi la volontà del condominio di
accettare le disposizioni del regolamento condominiale limitative del diritto di proprietà
sulle parti esclusive del suo immobile - deve risultare per iscritto, in modo chiaro ed
inequivocabile e non per fatti concludenti, non potendo pertanto costituire adesione, con i
conseguenti effetti vincolanti, l'"applicazione" e la "presa di cognizione" del
regolamento stesso.

Sez. II, sent. n. 9591 del 13-09-1991.

13. Regolamento trascritto

• Il regolamento di condominio predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero


edificio, ove sia accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente
trascritto nei registri immobiliari assume carattere convenzionale e vincola tutti i
successivi acquirenti, non solo per le clausole che disciplinano l'uso o il godimento dei
servizi o delle parti comuni, ma anche per quelle che restringono i poteri e le facoltà dei
singoli condomini sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una
servitù reciproca. Ne consegue che qualora il regolamento di condominio faccia divieto di
svolgere determinate attività (nella specie, divieto di adibire i locali del fabbricato
condominiale ad esercizio di ristorante) non occorre accertare, al fine di ritenere l'attività
stessa illegittima, se questa costituisca oppur non, immissione vietata a norma dell'art.
844 cod. civ., con le limitazioni ed i temperamenti in tale norma indicati, in quanto le
norme regolamentari di natura contrattuale possono legittimamente imporre limitazioni
al godimento della proprietà esclusiva anche diverse o maggiori di quelle stabilite dalla
citata norma, e l'obbligo del condominio di adeguarsi alla norma regolamentare discende
in via immediata e diretta "ex contractu" per il generale principio espresso dall'art. 1372
c.c.

Sez. II, sent. n. 49 del 07-01-1992.

14. Costruttore venditore

• Il regolamento di condominio predisposto dal costruttore-venditore che contenga vincoli


afferenti all'intero edificio - e, quindi, a tutte le unità immobiliari comprese nel fabbricato
- quando sia stato da questi trascritto nei registri immobiliari, è opponibile non soltanto a
coloro che acquistano le unità immobiliari da proprietari che abbiano accettato
esplicitamente o implicitamente il regolamento stesso, ma anche a coloro che, in epoca
successiva alla trascrizione, per la prima volta acquistino piani dell'edificio o loro

102
porzioni direttamente dal costruttore, anche in assenza di espressa previsione in talsenso
nei singoli atti di acquisto, atteso che tutti costoro, non avendo partecipato
all'approvazione del regolamento o alla stipulazione degli atti, devono ricomprendersi,
prima della conclusione del loro acquisto, come terzi rispetto ai quali opera, ai fini
dell'opponibilità dei vincoli suddetti, siffatta forma di pubblicità.

Sez. II, sent. n. 2546 del 17-03-1994.

15. Ipoteca

• Diversamente rispetto all'ipoteca, un vincolo al diritto di proprietà (nella specie, la


clausola del regolamento condominiale che prevedeva il divieto di realizzare opere sulle
terrazze a livello delle proprietà esclusive), una volta che sia reso pubblico con la
trascrizione, è opponibile a tutti i successivi aventi causa senza limiti di tempo.

Sez. II, sent. n. 4439 del 11-05-1996.

16. Violazione di divieto contenuto nel regolamento

• Nel caso di violazione del divieto contenuto in un regolamento condominiale contrattuale


di destinare i singoli locali di proprietà esclusiva dell'edificio condominiale a determinati
usi (nella specie, divieto di esercitare attività commerciale) il condominio può richiedere
anche nei diretti confronti del conduttore del locale di proprietà esclusiva la cessazione
della destinazione abusiva, con la conseguente esistenza di una situazione di
litisconsorzio necessario con il proprietario del detto locale, che sia stato con esso
convenuto in giudizio, riguardando la validità della clausola del regolamento tanto il
proprietario quanto il conduttore. Ne deriva che il giudice d'appello il quale accerti la
nullità di notifica della citazione introduttiva del giudizio nei confronti del primo di detti
soggetti deve rimettere l'intera causa al giudice di primo grado ai sensi dell'art. 354 cod.
proc. civ., restando esclusa la possibilità di decisione separate nei confronti,
rispettivamente, del proprietario e del conduttore, in ordine alla legittimità dell'uso
dell'unità immobiliare, attesa anche l'opportunità di evitare giudicati contraddittori.

Sez. II, sent. n. 2683 del 21-03-1994.

17. Gabinetto odontotecnico

• La clausola del regolamento di condominio di un edificio che impone il divieto di


destinare i locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini a determinate attività,
ritenute incompatibili con l'interesse comune (nella specie, divieto di destinare gli
appartamenti a gabinetto odontotecnico), traducendosi in una limitazione delle facoltà
inerenti al diritto di proprietà dei singoli condomini, deve essere approvata all'unanimità
e per avere efficacia nei confronti degli aventi causa a titolo particolare dei condomini

103
deve essere trascritta nei registri immobiliari oppure essere menzionata ed accettata
espressamente nei singoli atti d'acquisto.

Sez. II sent. n. 6100 del 01/06/1993

18. Animali domestici

• In tema di condominio di edifici il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali


domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati
dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti apportare limitazioni
delle facoltà del diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato
appartenenti ad essi individualmente in esclusiva. Sicché in difetto di un'approvazione
unanime le disposizioni anzidette sono inefficaci anche con riguardo a quei condomini
che abbiano concorso con il loro voto favorevole alla relativa approvazione, giacché le
manifestazioni di voto in esame, non essendo confluite in un atto collettivo valido ed
efficace, costituiscono atti unilaterali atipici, di per sé inidonei ai sensi dell'art. 1987 cod.
civ. a vincolare i loro autori, nella mancanza di una specifica disposizione legislativa che
ne preveda l'obbligatorietà.

Sez. II, sent. n. 12028 del 04-12-1993.

19. Limitazioni di destinazione

• I divieti e le limitazioni di destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei


singoli condomini, come i vincoli di una determinata destinazione ed il divieto di mutare
l'originaria destinazione, posti con il regolamento condominiale predisposto
dall'originario proprietario ed accettati con l'atto d'acquisto, devono risultare da una
volontà chiaramente ed espressamente manifestata nell'atto o da una volontà desumibile,
comunque, in modo non equivoco dall'atto stesso, e non è certamente sufficiente, a tal
fine, la semplice indicazione di una determinata attuale destinazione delle unità
immobiliari medesime, trattandosi di una volontà diretta a restringere facoltà
normalmente inerenti alla proprietà esclusiva da parte dei singoli condomini. I divieti e le
limitazioni di cui sopra possono essere formulati nel regolamento sia mediante
l'elencazione delle attività vietate (in tal caso, al fine di stabilire se una determinata
destinazione sia vietata o limitata, basterà verificare se la destinazione stessa sia inclusa
nell'elenco) sia mediante riferimento ai pregiudizi che si ha intenzione di evitare (in
questo secondo caso, naturalmente, al fine suddetto, è necessario accertare l'idoneità in
concreto della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti che si vollero evitare).

Sez. II, sent. n. 1560 del 13-02-1995.

20. Divieto di destinazione a determinati usi

• Nel caso di violazione di disposizioni legittimamente contenute nel regolamento


condominiale che stabiliscano il divieto di destinare i singoli locali dell'edificio a

104
determinati usi, il condominio può chiedere nei diretti confronti del conduttore di un
appartamento del fabbricato condominiale la cessazione della destinazione abusiva e
l'osservanza in forma specifica delle istituite limitazioni, in quanto il conduttore non può
trovarsi, rispetto al condominio, in posizione diversa da quella del condomino suo
locatore, e ciò alla unica condizione che sia approvata l'operatività della clausola
limitativa, o, in altri termini, la sua opponibilità al condomino locatore.

Sez. II, sent. n. 825 del 27-01-1997.

21. Norme concernenti il funzionamento dell’assemblea

• Poiché non sono derogabili dal regolamento di condominio, anche se di natura


contrattuale, le norme concernenti la composizione ed il funzionamento dell'assemblea, è
nulla per contrarietà a norme imperative ( artt. 1136, 1138 cod. civ.) la clausola del
regolamento contrattuale che prevede che l'assemblea di un cosiddetto
"supercondominio" sia composta dagli amministratori dei singoli condomini, anziché da
tutti i comproprietari degli edifici che lo compongono.

Sez. II, sent. n. 7894 del 28-09-1994.

22. Interpretazione del regolamento

• L'interpretazione del regolamento contrattuale di condominio da parte del giudice del


merito è insindacabile in sede di legittimità, quando non riveli violazione dei canoni di
ermeneutica, oppure vizi logici.

Sez. II, sent. n. 11278 del 28-10-1995.

23. Antenne televisive

• Con riguardo ad un edificio in condominio ancorché dotato di antenna televisiva


centralizzata né l'assemblea dei condomini, né il regolamento da questa approvato
possono vietare l'installazione di singole antenne ricetrasmittenti sul tetto comune da
parte dei condomini, in quanto in tal modo non vengono disciplinate le modalità di uso
della cosa comune, ma viene ad essere menomato il diritto di ciascun condominio all'uso
della copertura comune, incidendo sul diritto di proprietà dello stesso.

Sez. II, sent. n. 7825 del 03-08-1990.

24. Spese straordinarie

• La partecipazione con il voto favorevole alle reiterate delibere adottate dall'assemblea dei
condomini di un edificio per ripartire le spese straordinarie secondo un valore delle quote

105
dei singoli condomini diverso da quello espresso nelle tabelle millesimali, o
l'acquiescenza alla concreta applicazione di queste delibere, può assumere il valore di
unico comportamento rivelatore della volontà di parziale modifica delle tabelle
millesimali da parte dei condomini che hanno partecipato alle votazioni o che hanno
aderito o accettato la differente suddivisione e può dar luogo, quindi, per "facta
concludentia", ad una convenzione modificatrice della disciplina sulla ripartizione delle
spese condominiali che, avendo natura contrattuale e non incidendo su diritti reali, non
richiede la forma scritta ma solo il consenso, anche tacito o per "facta concludentia",
purché inequivoco, di tutti i condomini.

Sez. II, sent. n. 4814 del 17-05-1994.

25. Mancata trascrizione del regolamento condominiale

• La trascrizione, prevista dall’art 1138, comma terzo, c.c. , del regolamento di condominio,
nel registro ( peraltro non istituito) di cui all’art. 1129. c.c. , integra mero onere di
pubblicità dichiarativa, la cui inosservanza non comporta la nullità o l’inefficacia del
regolamento approvato dall’assemblea dei condomini o predisposto dall’originario
costruttore dell’edificio condominiale . L’omessa trascrizione nei Registri Immobiliari
determina invece l’inopponibilità ai successivi acquirenti delle singole unità immobiliari
comprese nell’edificio condominiale delle eventuali clausole limitative di diritti esclusivi
di proprietà spettanti a ciscun condomino, senza influire anch’essa sulla validità ed
efficacia del regolamento.

Sez.II Sent. n. 00714 del 26/01/1998

Art.1139 c.c.. Rinvio alle norme sulla comunione.

Per quanto non è espressamente previsto da questo capo si osservano le norme sulla comunione in
generale.

106
QUESTIONARIO PRATICO

Le scritte in neretto si riferiscono alle risposte

1) L'assemblea condominiale può prendere decisioni anche, per quanto riguarda i singoli appartamenti, nel loro interno?

No.

2) Se un condòmino deve coprire la propria terrazza (sua proprietà esclusiva) deve chiedere l'autorizzazione
all'assemblea?

No. A meno che il regolamento contrattuale non lo richieda.

3) Chi ha il potere di stabilire le tabelle millesimali?

L'assemblea.

4) Quali criteri deve seguire?

Quelli fissati dal codice civile.

5) Può derogarvi?

Solo con l’unanimità dei condòmini

6) Se nell'avviso di convocazione non è ben precisato il luogo di riunione assembleare, l'assemblea è invalidà ?

107
Si

7) Che cosa occorre per la validità della costituzione di un assemblea di seconda convocazione?

La presenza minima dei condòmini che, votando unanimi, darebbero la maggioranza voluta dall'art. 1136 c.c.

8) E' possibile una valida costituzione dell'assemblea, se non sono formate le tabelle millesimali?

No

9) In mancanza delle tabelle, la delibera è invalida?

No purchè si sia seguito un criterio equo per tutti di ripartizione delle spese.

10) Che cosa occorre perchè sia valida una delibera in seconda convocazione?

La deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e
almeno un terzo del valore dell'edificio.

11) Qual è la maggioranza richiesta per delibere che non riguardano tutti i condòmini, ma solo parte di essi?

Le maggioranze, in tal caso, si calcolano sul solo "gruppo" interessato.

12) Se nel verbale assembleare si rileva un errore nella somma dei votanti a favore o contro può la stessa assemblea, in
seconda convocazione e a maggioranza semplice, correggere l'errore materiale?

Si

13) L'eliminazione del portiere, sostituendolo con l'impianto automatico, richiede l'unanimità?

No, basta la maggioranza. Ma se era previsto dal regolamento occorre la maggioranza di cui al quinto comma
dell’art. 1136.

14) Il giudice può sindacare se si è fuoriusciti dall'ordine del giorno, e interpretare a suo giudizio il contenuto della
delibera?

Si

15) In un condominio gravato di servitù passiva, è legittima la delibera che eroga spese per renderne possibile
l'esercizio?

No, perché le spese spettano a chi usufruisce della servitù

16) L’assemblea può deliberare se consta che un solo condòmino non è stato avvisato?

No. Tutti devono essere avvisati

17) Se il proprietario di un appartamento è minorenne, chi lo rappresenta in assemblea?

Per l’ordinaria amministrazione, uno dei genitori o chi ne fa le veci.

18) Le delibere assembleari sono sempre impugnabili solo entro 30 giorni?

108
No, il termine di 30 giorni vale solo per le irregolarità procedurali. Se la delibera è nulla il termine non scade
mai.

19) La mancanza del "quorum" (minimo) per la costituzione dell'assemblea può essere fatta valere solo entro 30 giorni?

In questo caso la delibera è nulla e quindi no.

20) Che differenza c’è tra delibera nulla e delibera annullabile?

L’annullabilità è sottoposta a decadenza, la nullità no, può sempre essere fatta valere.

21) Se viene impugnata una delibera, e successivamente l'assemblea la revoca, la causa può proseguire?

No.

22) Il giudice può sostituirsi all'assemblea, modificando la delibera impugnata?

No.

23) Se la delibera non viene verbalizzata, è invalida?

No.

24) Il verbale può essere steso ad assemblea chiusa?

Si.

25) Come può impugnarsi il verbale ?

Con querela di falso.

26) Per la tutela delle cose comuni, può agire solo l'amministratore?

No, puo farlo anche ogni condòmino, isolatamente.

27) Come si giustifica la risposta al quesito 26 ?

Col fatto che ogni condòmino è conproprietario totalmente di tutte le parti in comune, e non solo di una quota di
esse.

28) Nella causa promossa dal condòminio (quesiti 26 e 27), il giudice deve far intervenire anche gli altri?

No

29) Valgono le risposte 26 - 28 anche se chiamato in giudizio (cioè violatore) è un altro condòmino, anziche un terzo?

Si

30) Quale azione può esperire il condominio in caso di abusiva costruzione sul luogo comune?

Quella di denuncia di nuova opera (art. 1171 c.c)

31)Valgono le risposte 26 -28 quando vi è pericolo di crollo delle parti comuni?

Si.

109
32) Se il condominio perde una causa in persona dell’amministratore e questi non impugna la sentenza, può farlo
ciascun condòmino?

Si

33) E' possibile una causa solo contro il condominio in persona dell'amministratore?

Si

34) Il regime condominiale per le parti comuni presuppone necessariamente un regolamento di condominio e l'inizio del
funzionamento dell'assemblea?

No, solo se i condomini sono più di dieci.

35) Se più costruzioni sono collegate ma del tutto autonome l'una dall'altra, si ha condominio?

Non necessariamente.

36) La divisione del condominio in più condomini può sempre essere richiesta?

No. Solo se ricorrono determinate cndizioni.

37) I dirittti dei condòmini sulle cose comuni possono definirsi servitù.

No.

38) Le distanze legali per pozzi, cisterne, fossi e tubi (art. 889 c.c.) vanno osservate anche nei rapporti fra condòmini?

La norma non è applicabile nell'ipotesi di installazione degli impianti che sono indispensabili per un'effettiva
abitabilità dell'appartamento secondo l'evoluzione delle esigenze generali dei cittadini e le moderne concezioni in
tema di igiene, considerando che la coesistenza di più appartamenti in un unico edificio implica di per sé il
contemperamento dei vari interessi al fine dell'ordinato svolgersi della convivenza che è propria dei rapporti
condominiali. Cassazione sez II sent. n. 6885 del 18/06/1991

39) Il valore dei piani e porzioni di piano va deciso all'unanimità?

Si

40) Quando si possono revisionare le tabelle millesimali?

Quando c'è errore di calcolo o errore essenziale e riconoscibile

41) I criteri di stima possono condurre alla revisione?

No, se non ci sono errori

42) La revoca dell'amministratore può essere decisa solo dall'assemblea?

No, anche dal Tribunale, con decreto.

43) Tale decreto è impugnabile?

110
Si

44) E' possibile il ricorso in Cassazione?

No.

45) Emesso un decreto, se ne può chiedere un altro difforme?

Si.

46) Se l'amministratore si disinteressa del condominio, che cosa è possibile fare?

Ogni condòmino può fare nominare dal Tribunale, in sua vece, un amministratore giudiziale.

47) I provvedimenti dell'amministratore giudiziale sono vincolanti per i condòmini?

Si, se legittimi e non oltre l'ordinaria amministrazione.

48) Per i diritti di proprietà sulle parti comuni l'amministratore può iniziare una causa?

No, devono iniziarla i condòmini.

49) Il regolamento o l'assemblea possono aumentare i poteri dell'amministratore, anche ai fini delle cause?

Si.

50) Il mandato dell'amministratore di rappresentare il condominio può essere ampio e generico?

Si

51) Nelle cause contro il condominio (per le parti in comune) L'amministratore è sempre legittimato passivo al
processo?

Si

52) Deve essere autorizzato dall’assemblea?.

No però ha l’obbligo di avvisare tutti i condomini in modo che ognuno decida se partecipare o no alla causa ai
sensi dell’art 1132 c.c.

53) Quali sono le conseguenze del mancato avviso?

Revoca dell'amministratore e risarcimento dei danni.

54) L'amministratore di un nuovo condominio può iniziare la causa contro il venditore degli appartamenti, per difetti
costruttivi?

No.

55) Può, nel caso precedente, bastare una delibera assembleare che autorizza l'amministratore a fare la causa?

111
No. Occorre una procura speciale

56) Se l'amministratore cessa ed è sostituito, è valida la procura da lui rilasciata al legale a nome del condominio?

No. La procura serve a rappresentare una persona.

57) Viene impugnata la delibera di nomina dell'amministratore. Il condominio si costituisce in causa in persona dello
stesso. Il giudice istruttore sospende la delibera. L’amministratore può continuare a rappresentare in giudizio il
condominio?

Si.

58) C'è una sentenza di condanna nei confronti del condominio in persona dell'amministratore . Il creditore può agire
direttamente contro i singoli condòmini?

Si

59) Il regolamento redatto dall'unico originario proprietario dell'edificio, e allegato ai singoli atti di vendita, equivale a
un contratto?

Si

60) In quali limiti può modificarsi un tale regolamento?

Con l’unanimità dei condomini che hanno accettato tale regolamento.

61) Se il regolamento di cui ai quesiti 59 - 60 stabilisce limitazioni e divieti a carico di tutti gli appartamenti
(impedimento di certe destinazioni), si tratta di servitù ?

Si

62) Il regolamento, se richiamato negli atti di acquisto è trascritto, vincola anche i compratori e gli eredi di proprietari ?

Si.

63) Il regolamento di cui ai quesiti 59 - 60 determina le parti comuni. Successivamente l'assemblea condominiale
approva un nuovo regolamento, che riduce tali parti.

Un condòmino non è d'accordo. Che cosa deve fare?

Deve impugnare la delibera per farla annullare.

64) La riduzione di cui al quesito 63 è valida?

No, è nulla .

65) Nella causa di cui al quesito 63, è nulla la citazione se diretta a un solo condòmino?

No, occorrerà solo chiamare successivamente in causa anche tutti gli altri.

66) Quali sono le due possibili origini del regolamento?

Contrattuale o assembleare.

67) Nel primo caso, basta un richiamo al regolamento negli atti di acquisto?

112
Si.

68) Il regolamento contrattuale può prevedere anche clausole non indicate dall'art. 1138 c.c.?

Si.

69) E quello assembleare?

No.

70) Come può modificarsi un regolamento contrattuale?

Col consenso di tutti i contraenti

71) Al regolamento contrattuale si applica l'art. 1341 c.c.:

No. Perché non si tratta di contratto di adesione.

72) Vi sono clausole di regolamento contrattuale modificabili dall'assemblea, a maggioranza?

Si, quelle concernenti l'amministrazione del condominio.

73) Un regolamento contrattuale prevede un numero massimo di auto che possono stare nel cortile. L'assemblea, a
maggioranza, aumenta tale limite. La delibera è valida?

No.

74) Stessa domanda, ma con riferimento a una modifica nel servizio di portierato. La delibera è valida?

Si, se si rispetta il disposto dell’art 1136

75) Il Giudice è arbitro d'interpretare le norme del regolamento di condominio?

Si

76) Nel condominio, a chi spetta lo spazio sovrastante al suolo?

A tuttti i condòmini, in comune.

77) Quindi, tutti i condòmini hanno il diritto di aggiungere nuovi piani, divenendo comproprietari degli stessi?

No, il diritto di sopralzo spetta solo al proprietario dell'ultimo piano o del lastrico solare.

78) E' possibile "vendere" separatamente (anche a un non condòmino)" la colonna d'aria", e, quindi, il diritto di
sopralzo?

Si.

79) In che modo può avvenire questa vendita?

In due modi: o senza garanzia, o con la garanzia che tutti i condòmini in grado di fare opposizione consentono
alla sopraelevazione.

113
80) E' possibile vendere l'ultimo piano, riservandosi il diritto di sopralzo?

Si.

81) Come può definirsi tale diritto?

Diritto di superfice (art. 952 c.c.)

82) Quanto può durare, come massimo tale diritto?

Vent'anni, entro i quali l'avente diritto deve costruire, se non vuole perderlo.

83) Un condòmino sopraeleva. Ha anche il diritto di prolungare, in altezza, la scala comune?

Si

84) A chi apparterrà il nuovo tratto di scala?

A tutti i condòmini.

85) Chi contribuirà alle relative spese?

Solo chi ha effettuato il sopralzo.

86) I condòmini non hanno alcun diritto sulla sopraelevazione.

No, a loro spetta un'indennità detta di sopraelevazione.

87) Come si calcola l'indennità?

Dividendo il valore del terreno condominiale (postochè il sopralzo lo comprenda tutto), per il numero di piani
(compresi quelli nuovi). Si detrae la quota che spetterebbe a chi sopralza, e il resto si divide fra gli altri
condòmini.

88) Un edificio condominiale era alto metri 50, ma alcuni piani sono andati perduti, e ora è alto metri 30. Il condòminio
dell'ultimo piano ne aggiunge un altro, sopralzando a metri 35. Deve corrispondere l'indennità agli altri condòmini?

Sì.

89) Se il sopraelevante è proprietario esclusivo della "colonna d'aria", deve l'indennità agli altri condomini?

No.

90) I crediti dei terzi verso il condominio sono crediti solidali verso i singoli condòmini ?

Le obbligazioni contratte verso i terzi dall'amministratore del condominio (o da chi altri sia stato delegato dai
condomini a contrarle) per conto del condominio e nei limiti delle sue attribuzioni o eseguendo deliberazioni
dell'assemblea, sono direttamente riferibili ai singoli condomini che, in base all'art. 1294 cod. civ., sono, quindi,
solidalmente responsabili, nei confronti del terzo, dell'adempimento delle predette obbligazioni, salvo il diritto di
chi ha pagato di esercitare verso i condomini condebitori il diritto di regresso e di dividere il debito nei rapporti
interni; pertanto, il terzo creditore del condominio può agire per la tutela del suo diritto sia contro
l'amministratore o di chi altri abbia contratto l'obbligazione per delega o in

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rappresentanza dei condomini, sia nei confronti dei singoli condomini, direttamente obbligati nei suoi confronti.
Cass. Sez. II, sent. n. 4558 del 17-04-1993.

91) Le riparazioni delle parti comuni sono a carico di tutti i condòmini anche se dovute a danni provocati da uno solo di
essi?

No, solo il danneggiante deve, in tal caso, sopportare ogni onere.

92) Un condòmino subisce danni per mancati lavori di riparazione al tetto-terrazza, di proprietà esclusiva di un altro
condòmino. Contro chi deve agire il danneggiato?

Contro tutti i condomini e contro il proprietario esclusivo, gli uni e gli altri obbligati in solido

93) L'assemblea delibera dei lavori che sono eseguiti da una ditta. Questa non viene pagata. Contro chi può agire?

Contro il condominio (in persona dell'amministratore) o contro i condomini.

94) E se la spesa non fu deliberata dall'assemblea?

Contro il condominio (in persona dell'amministratore) o contro i condòmini da cui proviene l'incarico diretto.

95) Nel caso 94, i condòmini estranei all'incarico rispondono verso gli altri della spesa?

Si, se traggono vantaggi dai lavori eseguiti.

96) Perchè si esclude - di regola - la solidarietà fra condòmini ?

Perchè le tabelle millesimali indicano già per quale quota ciascuno è tenuto a rispondere.

97) Il terzo creditore può chiedere un decreto ingiuntivo contro il condominio?

Si, ma non a norma dell'art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

98) Se l’amministrazione del condominio viene tenuta, a turno, da ciascun condòmino. Uno di essi al suo turno può
delegare un’altra persona come amministatore?

No

99) Tizio acquista un appartamento in condominio, e pretende di essere considerato condòmino a ogni effetto, esibendo
il rogito d'acquisto, ma non la relativa nota di trascrizione immobiliare. E' sufficiente?

Si.

100) Nel caso 99, c'è già la vendita, ma figura ancora, per il condominio, il venditore, che agisce in assemblea, ecc.
Quali norme regolano i rapporti fra compratore e venditore?

Quelle sul mandato o sulla gestione d'affari.

101) Nel proprio appartamento ciascun condòmino può fare ciò che vuole?

Si, purchè rispetti eventuali patti, non incida sul godimento delle parti comuni a opera degli altri condòmini e
garantisca l'armonia architettonica e la stabilità dell'edificio.

102) Quali parti si presumono comuni?

Quelle descritte dall’art. 1117 e quelle destinate all'uso o godimento comune.

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103) La presunzione cessa se le cose sono, di fatto, usate solo da uno o più condomini ?

No.

104) Cessa se le cose appaiono destinate all'uso esclusivo di uno o più appartamenti determinati?

Si.

105) Cessa se le cose appaiono più accentuatamente godibili da uno o più condòmini?

No.

106) La presunzione di comunione vale anche per le parti poste fra due costruzioni autonome (ad esempio, due distinti
condomini)?

Si.

107) Che cosa occorre per vincere la presunzione di comunione?

Qualsiasi atto scritto impegnativo e vincolante che disponga il contrario.

108) La mancanza di una parte comune tipica, come l'androne d'ingresso, può far presumere che non siano comuni
neppure il suolo, il tetto, i muri maestri, ecc?

No.

109) Nell'ipotesi di cui al quesito 105, si applicano tutte le norme sul condominio?

Si.

110). Se si rompe un tubo dell’acqua dentro un appartamento, chi deve pagare?

Il proprietario dell’appartamento perché i tubi sono di proprietà esclusiva dal punto in cui entrano nei singoli
appartamenti.

111) Gli spazi vuoti (vani, ecc.) sotto le rampe di scale si presumono comuni?

No.

112) La conduttura della fogna danneggia un appartamento. Il condominio ne risponde?

Si, a meno che la conduttura sia esterna ai muri mestri.

113) Se la conduttura è difettosa, ne risponde il costruttore (unico proprietario da cui ha origine il condominio)?

Si.

114) Per cortile s'intende quello circondato da ogni parte da mura ?

No, può essere anche un’area scoperta.

115) E' comune anche la "colonna d'aria" che sovrasta il cortile ?

116
Si.

116) L'uso del cortile comune è dovuto a un diritto di proprietà o di servitù ?

Di proprietà

(117) Quali sono le funzioni del cortile?

Accesso, aria e luce.

118) Il cortile si presume di proprietà comune di tutti i condòmini i cui appartamenti vi sono collegati?

Si.

119) Il cortile di un condominio è proprietà esclusiva di una sola persona. Questa deve mantenerlo come cortile?

Si.

120) Da quali norme, in tal caso, sono regolati i rapporti fra i condòmini e il cortile?

Da quelle sui rapporti di vicinato, sulle distanze legali e sulle servitù se esistono.

121) Può un condòmino aprire una finestra che dà sul cortile comune?

Si, se il regolamento non lo vieta.

122) Nel caso di cui al quesito 120, si ha una servitù?

No.

123) Possono costruirsi opere sul cortile comune?

La cosa non è vietata in linea di principio, ma occorre non violare alcuna delle norme di legge o regolamentari.

124) Un regolamento di condominio impone che del cortile ci si possa servire solo per accedere (anche con auto) ai
singoli appartamenti. Tizio, proprietario di un negozio al pianoterra, apre un accesso dal retrobottega al cortile, per uso
del suo commercio. Può farlo?

No.

125) Si può proibire,con una assemblea maggioritaria, qualsiasi ingresso di auto nel cortile?

No.

126) Il condòmino A fa una costruzione nel cortile. Il condòmino B gli fa causa. La controversia riguarda una servitù?

Si, a meno che addirittura B rivendichi la sua proprietà esclusiva del suolo.

127) Qualsiasi modifica alle cose comuni è una innovazione?

No.

128) Che cosa occorre perchè lo sia?

Che vi sia alterazione, mutamento di destinazione o funzione, trasformazione, ecc.

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129) Le semplici modifiche sono permesse senza bisogno di alcuna autorizzazione?

Si, purchè rispettino le solite norme.

130) Quale soprattutto?

Il rispetto dell'uguale diritto degli altri condòmini.

131) E' ammessa un'autorizzazione verbale per un innovazione?

No.

132) Quali delibere assembleari sono nulle?

Quelle con oggetto impossibile o illecito o che eccedono i poteri dell'assemblea.

133) Quali delibere sono annullabili?

Quelle contrarie alla legge, ma con oggetto di competenza dell'assemblea.

134) Le delibere annullabili devono impugnarsi nei 30 giorni ?

Si.

135) Se l'assemblea ripartisce le spese condominiali violando le norme di legge, la delibera è nulla o annulllabile?

Annullabile.

136) I proprietari di soli negozi partecipano alle spese condominiali che riguardano solo il complesso degli
appartamenti a uso abitazioni?

No.

137) L'autorizzazione scritta per poter eseguire innovazioni deve essere indirizzata al condòmino che vuole operare le
innovazioni stesse?

Si.

138) Se un condòmino aveva dimostrato di consentire le innovazioni, e poi non le autorizza, risponde dei danni?

Solo se è in dolo o in colpa.

139) E' lecita una tettoia sotto la finestra (sul cortile) di un condòmino?

No.

140) Si discute se il lastrico solare della portineria è di proprietà comune o esclusiva di un solo condòmino: un
condòmino può iniziare la relativa causa?

Si.

141) La cassazione può sindacare se una modifica costituisca innovazione?

Si

142) Qualsiasi innovazione, purchè non deturpi l'edificio, è consentita?

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No, non deve nemmeno alterarlo architettonicamente.

143) Si può parlare di alterazione architettonica anche per un edificio popolare e modestissimo?

Si.

144) Quando può consentirsi anche l'alterazione architettonica?

Quando risponda a esigenze moderne, non danneggi gli appartamenti e valorizzi l'edificio.

145) Può un assemblea, a maggioranza, deliberare che si installi un ascensore, trasformando le finestre sulle scale in
porte di entrata nella cabina?

Si.

146) E' consentito trasformare una terrazza in baracca adibita a latrina?

No, perché se ne cambia la destinazione.

147) Applicare diramazione agli impianti di scarico è un innovazione?

No.

148) L'istallazione di un antenna TV è innovazione?

Si, ma non gravosa nè voluttaria.

149) Il tetto dell'edificio condominiale può essere di proprietà esclusiva di un condòmino?

Si.

150) Le terrazze " di copertura" si presumono comuni?

Si.

151) In caso di più corpi di fabbrica, la comunione del tetto è limitata ai condòmini di ciascun corpo?

Si.

152) Che differenza c'è fra la terrazza e il lastrico solare?

Il lastrico serve solo come copertura.

153) Chi è il proprietario del lastrico lo è anche della "soletta" sottostante?

Si.

154) La funzione di copertura può essere svolta solo da terrazze comuni?

No.

155) La terrazza-tetto appartiene metà a un condòmino e metà a un altro: è divisa da un muro, e uno dei due vi pratica
un foro per il deflusso dell'acqua piovana, si costituisce una servitù?

No.

119
156) Il proprietario dell'ultimo piano può mutare il tetto in terrazza?

Si, a meno che non abbia rinunciato al diritto nell’atto di acquisto.

157) Il muro perimetrale comune segue senz'altro la destinazione obbligatoria degli appartamenti (abitazioni, uffici,
ecc.)?

No.

158) Un edificio condominiale viene diviso. I muri maestri resteranno ugualmente comuni?

Si

159) Può un condòmino aprire nel muro comune una scala per il proprio appartamento?

Si, coi limiti dell'art. 1122 c.c.

160) Un condòmino apporta una modifica nelle parti comuni, per goderne meglio. Non pregiudica il godimento degli
altri, ma un secondo condòmino sostiene che la modifica è illecita perchè non accresce anche per lui il godimento della
cosa comune. Ha ragione?

No.

161) Si può, nel muro comune, trasformare finestre in porte?

Si, con i soliti limiti.

162) La soppressione del portierato è un innovazione?

Si.

163) L'impianto di riscaldamento non raggiunge un appartamento: il suo proprietario può allacciarvisi?

Si.

164) Può un condòmino rifiutarsi di contribuire alle spese di riscaldamento, rinunciando al relativo servizio?

No.

165) Le scale sono proprietà comune anche se taluni condòmini non le utilizzano?

Si.

166) Il diritto dei condòmini che non lo utilizzano è una servitù?

No.

167) In un condominio con più fabbricati, le scale di ciascun fabbricato sono in comproprietà di tutti i condòmini?

No, solo di quelli del fabbricato in questione.

168) Un condòmino estraneo alla suddetta comproprietà può aprirsi un accesso sulla scala?

No.

169) Il sottotetto è proprietà comune?

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No, appartiene al proprietario dell’ultimo piano.

170) Il proprietario del solaio può aprirvi abbaini?

Si, a norma dell'art. 1102 c.c., sempre che il regolamento non lo vieti.

171) Le norme sull'accessione (artt. 936 e 938 c.c.) si applicano nell'ambito del condominio?

No, prevalgono quelle sulla comunione.

172) L'assemblea può, nella ripartizione delle spese per le scale, seguire criteri diversi da quelli previsti nell'art . 1124
c.c.?

No.

173) L'ultimo comma dell'art. 1138 c.c. si divide in due parti: sono entrambe inderogabili da parte dei regolamenti
"contrattuali"?

No, è inderogabile solo quello contrattuale, la cui modifica esige il consenso unanime dei condòmini

174) Si può mantenere lo stesso amministratore, esonerandolo però da ogni funzione?

No.

175) Può un regolamento stabilire maggioranze superiori a quelle previste dall'art.1136 c.c?

No.

176) I divieti stabiliti nel regolamento sono estendibili per analogia?

No

177) E' possibile istituire una servitù (anche "per destinazione del padre di famiflia") nell'ambito del condominio?

Si

178) A chi tocca pagare l’assicurazione dell’edificio: al condomino locatore o all’inquilino?

Al proprietario

179) Se il regolamento non è trascritto nell’apposito registro è nullo?

No, e solo inopponibile ai terzi. ( Cass. Sez.II n. 00714 del 26/01/1998)

180) Se l’assemblea deve discutere di spese per il riscaldamento, chi ha diritto a partecipare, l’inquilino o il locatore-
condòmino?

L’inquilino.

Composizione e impaginazione: "L’ALTRA ETRURIA"

Stampa: Editrice Grafica " L’ETRURIA"- Cortona ( Ar )

Finito di stampare Aprile 1998

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