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L’Italia è fuori dalla lista nera degli Stati in Eurolandia che rischiano il declassamento di rating da

parte di Standard & Poor’s dopo la recente raffica di azioni negative dell’agenzia. S&p’s,
estendendo ieri il credit watch negativo al Portogallo dopo quelli già annunciati su Grecia e Spagna
e dopo l’outlook negativo sull’Irlanda, ha confermato la "A+" con prospettive "stabili" della
Repubblica italiana. Sostenendo che il rating del rischio-Italia “è appropriato»: incorpora già
carenze strutturali come la scarsa competitività e il basso tasso di crescita, e sconta già il
peggioramento di debito/l’il e deficit/PiI, proiettati nel 2009 dalle stime S&p’s rispettivamente al
109% (a causa della ricapitalizzazione delle banche) e al 4 per cento. Un terremoto ha scosso ieri gli
spread tra i rendimenti dei titoli di Stato tedeschi e degli Stati "periferici", colpendo però molto
duramente i bond greci, portoghesi e spagnoli mentre i BTp hanno lasciato sul terreno una manciata
di centesimi (si veda articolo a fianco).

L’Italia è entrata così nella rosa prestigiosa degli Stati - quasi tutti con rating "AAA" - che non sono
minacciati dalla mannaia della retrocessione tra i quali Germania, Francia, Olanda, Regno Unito,
Giappone e Stati Uniti: S&P boccia senza mezzi termini il rischio che l’Italia possa uscire
dall’Unione monetaria. E come hanno spiegato ieri in conferenza stampa David Beers (Global Head
of Sovereign Ratings) e Frank Gill (director del rischio sovrano in Europa), l’Italia non presenta gli
stessi squilibri rilevati invece in Spagna, Grecia e Portogallo: il deficit della bilancia commerciale
inteso come la differenza tra importazioni ed esportazioni di beni e servizi (current account deficit)
dell’Italia è attorno al 2% contro il 10% e più di Portogallo e Spagna e i14% della Grecia. Le
famiglie italiane non sono indebitate tanto quanto quelle spagnole e portoghesi e quindi il processo
di "deleveraging" in Italia non danneggerà più di tanto l’economia.

Il rating "A+" italiano inoltre, come messo in chiaro nel comunicato stampa diramato ieri, riflette
“una economia relativamente prosperosa e diversificata”, con un Pil pro-capite in linea con i valori
medi della categoria "AA" e due volte quelli della categoria di rating "A".
“L’Italia trae beneficio notevole dall’appartenenza all’Ue, proteggendola da potenziali rischi di
cambio”, è la tesi di S&P’s, sebbene nel caso di Portogallo, Grecia e Spagna il cambio “rigido” e
l’impossibilità di svalutare la moneta per recuperare competitività abbia contribuito al credit watch
negativo. In quanto alle prospettive per l’Italia, Standard&Poor’s ritiene che il peggioramento
dell’economia renderà difficile il perseguimento da parte del Governo Berlusconi della parità di
bilancio entro il 2012, tramite tagli alla spesa pubblica e incremento di tasse. Ma i disavanzi di
bilancio, attorno al 4 % “al meno fino al 2011”, potrebbero offrire al Governo “un’opportunità per
superare gli ostacoli strutturali se la spesa fosse direttamente rivolta al migliora mento delle
infrastrutture, al superamento delle rigidità strutturali del mercato del lavoro”: impostazione questa,
incentrata sulle infrastrutture e sul miglioramento strutturale della produttività e del coste del
lavoro, che S&P’s non ha rilevato a sufficienza nei piani di stimolo all’economia di Portogallo,
Grecia e Spagna. Le prospettive stabili sull’Italia riflettono il bilanciamento tra i limiti imposti
dall’elevate livello di debito pubblico (con una spesa per interessi al 12% delle entrate tributarie per
quest’anno) e il moderato deficit estero. Ma il Governo Berlusconi rimane un sorvegliate speciale:
“la politica dell’Esecutivo è monitorata da vicino”.

IL MESSAGGERO

BRUXELLES (19 gennaio) - L'Italia «è entrata in recessione nel 2008», chiudendo l'anno con un
pil in calo dello 0,6%. Per il 2009 si prevede invece una contrazione del 2%, la stessa stima diffusa
la scorsa settimana dalla Banca d'Italia. Prevista poi una leggera ripresa nel 2010, con una crescita
dello 0,3%. Sono queste le nuove stime diffuse dalla Commissione europea.
Conti pubblici. Il deficit italiano, sempre secondo la Ue, tornerà quest'anno «ben al di sopra del
3%». Dopo aver chiuso il 2008 al 2,8%, nel 2009 schizzerà al 3,8%, con un «miglioramento
minimo» nel 2010 al 3,7%. Il debito pubblico italiano è destinato a balzare nuovamente sopra il
110%. Dopo aver chiuso il 2008 al 105,7%, nel 2009 si tornerà al 109,3% e nel 2010 al 110,3%.
Nel 2009 «la posizione competitiva dell'Italia non migliorerà», e «la perdita di posti di lavoro è
attesa in aumento, con un significativo incremento del tasso di disoccupazione»: lo afferma la
Commissione Ue.

Più disoccupati. Nel 2009 inoltre «la posizione competitiva dell'Italia non migliorerà», e «la
perdita di posti di lavoro è attesa in aumento, con un significativo incremento del tasso di
disoccupazione», afferma ancora la Ue. La disoccupazione italiana: dopo il 6,7% stimato per lo
scorso anno, salirà all'8,2% quest'anno e all'8,7% nel 2010. Va male anche la zona euro, dove la
disoccupazione balzerà al 9,3% quest'anno e al 10,2% il prossimo.

La Ue rivede poi drasticamente al ribasso le sue precedenti stime di crescita dell'economia


europea e prevede per il 2009 un crollo del pil a quota -1,9%. Bruxelles, comunque, spera che la
ripresa possa manifestarsi già entro la fine dell'anno, e prevede che il 2010 si chiuderà con un
+0,4%. Tra i principali paesi della zona euro, la Germania chiuderà il 2009 a quota -2,3%, la
Francia -1,8% e la Spagna, come l'Italia, a -2%.

Nell'insieme dei 27 Paesi Ue quest'anno si registrerà una flessione della crescita economica
dell'1,8% e una ripresa dello 0,5% nel 2010. La recessione, secondo le stime della Commissione
europea, avrebbe avuto un impatto ancora più negativo se già a partire dallo scorso agosto vari paesi
non avessero cominciato ad adottare misure di bilancio finalizzate al sostegno dell'economia. Senza
questi interventi, per Bruxelles la flessione della crescita nel 2009 sarebbe stata più marcata in
misura pari a circa tre quarti di punto percentuale, ovvero si sarebbe attestata su un valore superiore
al 2,5% rispetto all'1,8% indicato nelle stime rese note oggi. In ogni caso, avverte ancora Bruxelles,
la gravità della recessione avrà un «impatto significativo» sull'occupazione e sulle condizioni di
salute delle finanze pubbliche dei paesi partner.

«Non siamo esposti ad alcun rischio di deflazione, è un'ipotesi che non prendiamo nemmeno in
considerazione», ha detto oggi il commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin
Almunia. Almunia ha spiegato che l'inflazione, nell'area euro, scenderà dal 3,3% del 2008 all' 1%
del 2009, «per tornare su valori normali nel 2010», all' 1,8%. L'attuale calo, ha aggiunto, «dipende
dall'andamento dei prezzi del petrolio e rappresenta una boccata d'ossigeno soprattutto per le
famiglie a basso reddito».

In Italia giusto mix tra incentivi e prudenza. «Nelle misure anticrisi finora adottate dal governo
italiano c'e la giusta combinazione tra gli stimoli fiscali necessari e la dovuta prudenza» sul fronte
dei conti pubblici, ha detto ancora il commissario Ue. Almunia non ha risposto a chi gli chiedeva se
l'Italia rischia una nuova procedura d'infrazione per deficit eccessivo, visto che nel 2009 il
disavanzo tornerà al 3,8%. «Il prossimo 18 febbraio - si è limitato a dire il commissario -
valuteremo i programmi di stabilità inviati dai vari Paesi e sapremo cosa fare».

A chi infine gli chiedeva che cosa secondo lui dovesse fare l'Italia in questa fase, Almunia ha
risposto: «Tremonti non ha bisogno dei miei suggerimenti. Sa benissimo quello che bisogna fare, e
sa benissimo che, vista la situazione economica e quella delle finanze pubbliche, in Italia serve una
combinazione adeguata fra la prudenza e gli incentivi di stimolo fiscale. Questo per non avere altri
problemi».

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