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ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE

GOVERNANCE E MANAGEMENT IN ORGANIZZ. COMPLESSE


La trasformazione degli input in output non avviene in modo spontaneo o automatico, bensì deve
essere oggetto di studiata amministrazione che si svolge attraverso operazioni di Governance e
Management (consapevoli e guidate).
Governance: è l’area dove è insediata la proprietà dell’impresa, cioè chi ha portato all’impresa il
capitale di rischio (singolo imprenditore o gruppo di soci). I proprietari, in quanto rischiano il
proprio capitale, hanno il diritto e il potere di definire gli indirizzi strategici. (nelle società la non
equa distribuzione del capitale fa si che sia distribuita la sfera dei poteri tra capitale di comando e
capitale controllato). I soggetti che formano la G. si dividono in 3 organi volitivi: assemblea dei
soci, CdA e collegio sindacale. Il concetto di G. può essere visto in due modi: 1) senso stretto (si
riferisce ai soli organi volitivi non prendendo in considerazione i manager o i capi che sono soggetti
stipendiati); 2) in senso ampio (prende in considerazione non solo gli shareholders ma anche tutti
gli altri soggetti che hanno un interesse verso la società come gli stakeholders e lo Stato).
Management: è l’area del processo amministrativo aziendale (attività interne di M. che consentono
la realizzazione di ciò che è stato pianificato dalla G.). Questo processo consta di 4 momenti:
a) gestione (svolgimento delle operazioni aziendali necessarie e utili al perseguimento del
fine aziendale come il marketing, la ricerca e sviluppo ecc.)
b) organizzazione (razionale strutturazione delle operazioni di gestione con relativa
allocazione a queste del personale e delle risorse necessarie (costruzione della struttura
organizzativa)
c) rilevazione (comprende tutte le operazioni relative alla contabilità utili a misurare e
valutare le operazioni di gestione e organizzazione)
d) direzione (attività tipica dei manager che devono implementare le scelte e le decisioni
della G. tramite attività di supervisione, coordinamento e controllo)
Anche il concetto di M. può essere analizzato sotto due punti di vista: senso stretto (coincide con la
sola attività di direzione) senso ampio (riguarda l’intero processo amministrativo e coinvolge sia il
capo che chi realizza le operazioni aziendali).

DECISIONI OVUNQUE MA GERARCHIZZATE


In entrambe le aree di G. e M. vengono prese decisioni, ma nell’area di governo le decisioni si
traducono in delibere, mentre nell’area del management le decisioni sono implementazioni delle
delibere degli organi volitivi.
Le deliberazioni del M. sono decisioni relative all’ambiente interno (destinatario primo è il
subordinato gerarchico) ma possono anche influenzare la G. le cui decisioni sono invece dirette in
primis al rapporto che l’impresa ha con l’ambiente esterno e anche con il M.
Quindi le decisioni hanno fondamentalmente due direzioni: top-down (dagli organi volitivi verso i
manager e dai manager verso il livello operativo) e bottom-up (dai manager al governo).
Quindi le decisioni hanno natura e collocazione gerarchica differenziate nella struttura
organizzativa. Hanno contenuto strategico (finalità e indirizzi dell’attività az. dato dalla G.), tattico
(implementazione, supervisione, controllo e coordinamento date dalla direzione manageriale) ed
esecutivo (mera esecuzione routinaria).
Il circuito decisionale ha un impatto sull’ambiente esterno che determina una retroazione
informativa (feedback) sia a livello manageriale che a livello di governo.

RELAZIONI TRA CAPITALE DI COMANDO E CAPITALE CONTROLLATO


Soggetto Economico è la persona fisica che controlla il capitale del soggetto giuridico (ente a cui si
riferiscono i diritti di proprietà e si imputano le obbligazioni) ed è in grado di determinare
l’indirizzo attraverso gli organi di Governance.
È quindi il soggetto economico che esercita il potere di G. il quale ha 3 caratteristiche: controllo
pieno del capitale di rischio (che gli conferisce appunto al nomina i sogg econ.); dominio
sull’amministrazione generale (attraverso i suoi maggiori voti da esprimere); influenza della
composizione degli organi volitivi.
Individuare il soggetto economico può risultare semplice (chi esprime la maggioranza dei voti in
assemblea) ma non sempre visto che è possibile trovare una situazione in cui è un insieme di soci a
detenere la maggioranza utile di voti in assemblea. In questo caso il soggetto economico (che non
può essere una pluralità di persone) è colui che riesce ad esprimere la propria volontà e a diventare
punto di riferimento.
Può inoltre accadere che la maggioranza dei voti non sia ne in mano ad una persona e ne ad una
coalizione, bensì da una persona giuridica (una società che controlla altre società) ed in questo caso
si parla di soggetto economico societario.
Si distingue tra capitale di comando (quota parte del capitale sociale che conferisce al detentore al
maggioranza dei voti e quindi la nomina di soggetto economico) e capitale controllato (quota
residuale del capitale sociale detenuta dagli altri soci non interessati all’amministrazione e
interessati ma di fatto esclusi).

MANAGEMENT E MANAGER
I manager si trovano al livello intermedio della gerarchia (direzione) e sono impiegati, per delega
degli organi volitivi, in un lavoro di supervisione, controllo e coordinamento dell’operato svolto nel
livello operativo.
In quanto presiedono alla supervisone, controllo e coordinamento delle operazioni del processo
amministrativo, i manager hanno una responsabilità verso gli amministratori e un’autonomia
decisionale di origine contrattuale.
È un livello gerarchico che si crea solo in alcune imprese, cioè in quelle che decidono di aumentare
le proprie dimensioni (in base alle pressioni competitive) e separare necessariamente le funzioni
della proprietà da quelle del management attraverso una serie di deleghe di potere (nelle piccole
imprese, soprattutto quelle a gestione familiare c’è la figura del proprietario-imprenditore). La
separazione comporta comunque dei costi che non sono solo dei costi economici ma anche costi
organizzativi (costi di coordinamento tra soggetto economico e l’organo amministrativo che
implementa la strategia del sogg. econ. sviluppandola in operazioni sempre meno complesse).
Teoria dell’agenzia: il contesto interno dove vengono prese le decisioni è carico di incertezza che
rende difficile l’interpretazione i rapporti infra-organizzativie interpersonali. Ci sono due tipi di
soggetti: il principale (proprietari) e l’agente (manager). L’agente si obbliga ad agire in pieno
accordo con il principale sotto pattuita remunerazione secondo quanto espresso nel contratto di
lavoro. Questa teoria si limita a sottolineare che il rapporto tra principal e agent è sempre un
rapporto definito da un contratto e quindi l’armonia che si crea è procurata materialmente, ma
l’incertezza ambientale può creare divergenze e disarmonie che sfociano in conflitti d’interesse e
concentrazioni di potere.

CONFLITTI D’IMPRESA: CASI E PROBLEMI


Si ipotizza un’impresa che al suo interno abbia uno schema di interessi perfettamente armonico:
capitale di comando fa governante; cap. controllato percepisce dividendi e influenza minimamente;
tutti i soci votano nell’interesse della società; amministratori deliberano senza avere interessi
personali; dirigenti rispettano il contratto; livello operativo riconosce obiettivi ed è motivato a
raggiungerli.
Una situazione diversa da questa può determinare la creazione di crisi aziendali, in primis conflitti
d’interessi. Quelli più comuni sono quelli che si creano all’interno della proprietà (modo di
esercitare il voto se presenti interessi extrasociali e la determinazione dei dividendi e della loro
entità in sede di consuntivo di bilancio) e dell’amministrazione (amministratore che fa concorrenza
alla società o ha interesse in qualche operazione societaria non dandone notizia agli organi volitivi
prima della partecipazione al voto).
Altre tipologie di conflitto:
- tra società controllante e controllata in una holding dove quest’ultima vanta una
performance positiva ed ispira all’autonomia strategica anche se dipendente nel capitale
- tra maggioranza e minoranza azionaria in una società controllata per la determinazione dei
prezzi di trasferimento alla controllante
- tra proprietà e direzione per il fatto che i manager (non interessati ai dividendi) preferiscono
reinvestire tutto l’autofinanziamento mentre i soci premono per i dividendi
- tra proprietà e le altre forze dei lavoro soprattutto per quanto riguarda i contratti.

CONDIZIONI DI SISTEMICITA’
L’impresa non nasce come sistema, ma ci diventa se consegue tutte le condizioni necessarie.
L’impresa-sistema è strutturata in un insieme non dissociato di parti e partecipanti integrate al
raggiungimento di un preciso fine economico.
Condizioni:
1) Differenziazione razionale: è la divisione del lavoro che deve essere svolta in modo
razionale, cioè con calcolo economico e un progetto ben definito che tenga conto della
dimensione dell’impresa, delle caratteristiche dell’ambiente e delle previsioni sul futuro
andamento (criterio di differenziazione è l’economicità). In un primo momento la
differenziazione è soprattutto di carattere statico (mera divisione fisica del lavoro), ma con il
tempo si sposta sul piano dinamico (creazione di relazioni nei reparti unidirezionali e
bidirezionali).
2) Strutturazione: significa organizzare e ordinare ogni attività economico-aziendale che è stata
precedentemente differenziata. Significa, quindi, creare quella che si chiama struttura
organizzativa cioè l’insieme di regole, procedure e regolamenti interni per le relazioni
interne tra parti e partecipanti dopo aver scelto il modello di assetto organizzativo
(funzionale, divisionale ecc.). la struttura organizzativa si esplica poi visivamente
nell’organigramma il quale mostra tutte le relazioni gerarchiche tra le varie parti della
struttura (anche la direzione del flusso informativo). Oltre all’organigramma si trovano
anche il funziongramma (mostra il contenuto delle funzioni aziendali e dei compiti interni
ad esse) e il mansiongramma (indica cosa il singolo individuo deve fare nell’ambito di una
precisa operazione – job description).
3) Integrazione: con l’integrazione si mira a riportare a coesione tutto ciò che è stato
differenziato e strutturato, cioè trovare quei punti di collegamento tra parti e partecipanti che
garantiscono l’unità. Il bisogno di integrazione nasce nel momento della soddisfazione dei
bisogni di differenziazione e di strutturazione: ogni sotto-sistema e ogni fattore produttivo,
comunque differenziato e strutturato, deve infatti essere mobilitato, tenuto coeso e
indirizzato verso l’unico fine della produzione e del reddito. L’integrazione può generarsi
spontaneamente (armonia tra parti e partecipanti, inesistenza di intoppi nella comunicazione,
chiarezza delle procedure e degli obiettivi da raggiunger – soprattutto nelle piccole imprese
a gestione familiare – si parla di integrazione organica) oppure è necessario procurarsela
(integrazione di tipo meccanico – soprattutto nelle grandi imprese). L’integrazione che non
si autogenera bisogna crearla ed è un lavoro necessario e costoso sia che la si procuri
dall’interno (grazie al lavoro svolto dal manager) che la si acquisti dall’interno (tramite
consulenti). È sicuramente più resistente ed elastica (velocità di risposta alle disfunzioni)
l’integrazione procurata tramite il lavoro del manager che più mostra capacità di leadership
(manifestazione della capacità manageriale di comunicare, trascinare, motivare e gestire le
risorse). Quindi, in sintesi, integrare significa: coordinare mento tra parti e partecipanti,
controllare il raggiungimento degli obiettivi e mostrare leadership. Ci sono tre teorie sulla
leadership: teoria x (Taylor e Fayol – leadership e direzione non differiscono, in quanto
l’integrazone è garantita da regole e procedure standardizzate, il manager non deve avere
capacità particolari), teoria y (Homans e Barnard – la leadership è la direzione a cui però si
aggiunge la capacità del dirigente di motivare e trascinare) e teoria z (la leadership si esplica
nella capacità di stimolare e far emergere innovazione). Stili di leadership: cognitivo
(enfatizza la crescita e la circolazione della conoscenza con l’obiettivo di renderla
endogena); a distanza (creare coesioni di parti e partecipanti territorialmente separati).
4) Finalizzazione: l’impresa che si crea non può esistere senza uno scopo preciso chiaro (la
chiarezza vale sia all’esterno attraverso lo statuto che è reso pubblico che all’interno poiché
il fine si dichiara come premessa fondamentale per unificare parti e partecipanti) e condiviso
(la condivisione-identificazione si rivolge soprattutto all’interno verso i collaboratori del
soggetto economico; quanto più è condiviso il fine, più è facilitata la realizzazione di esso,
ed il metodo per fidelizzare il collaboratore è quello della leadership). La finalità generale
(che si può leggere nell’atto costitutivo o nello statuto) dell’impresa è l’attività produttiva
affianco alla quale si stagliano una serie di altre finalità particolari che completano la finalità
generale. Tra queste ci sono: la creazione di reddito da distribuire, la creazione di reddito da
reinvestire o la creazione di un valore sociale. il reddito quindi è uno dei fini che l’impresa
può raggiungere a non quello primario (si trova all’interno di una scala gerarchica al cui
apice c’è la produzione). Abbiamo però posto solo l’attenzione a quelle imprese che sono
state create per diventare sistema e durare nel tempo in mercati competitivi, in questo caso la
creazione del reddito e la produzione sono due fini congiunti. Ma esistono altre tipologie di
imprese come quella speculativa (il sogg. econ. speculatore non è intenzionato a durare nel
tempo, bensì ad aggredire il mercato nel momento favorevole e fuggire nel brevissimo
periodo liquidando il guadagno maturato) e l’impresa sociale (che ha come obiettivo la
creazione di un valore sociale).
5) Equilibrio: oltre alle altre condizioni, l’impresa che vuole durare nel tempo deve anche
verificare lo stato di equilibrio economico, finanziario ed organizzativo:
- Equilibrio Economico: è una zona di valori relativi a rapporti costi/ricavi ritenuti
soddisfacenti dal soggetto economico. Coincide con la formazione della redditività la quale
si raggiunge attraverso un operare economico basato sull’economicità (efficienza produttiva
nel massimizzare rapporto costi/ricavi ed efficacia nel raggiungere l’obiettivo preposto).
L’eq. economico nel presente è uno stato che assume significato solo se proiettato nel futuro
on una logica di lungo periodo. Equazione dell’eq. economico:
ricavi = costi + reddito minimo di equilibrio
per reddito minimo di eq. si intende il minimo indispensabile (soddisfatti tutti gli altri fattori
utilizzati nel periodo) per remunerare il capitale di rischio (è sempre considerabile come
migliorabile nel tempo). Questo reddito è un residuo (ciò che resta di un processo
amministrativo nel quale il totale dei ricavi integra tutti i costi) e consente di soddisfare le
pretese dei proprietari attraverso i dividendi. Se il reddito è positivo (RD>0; RD=D+L+I)
esso sarà uguale alla somma dei dividendi (utile da distribuire) del compenso aziendale
(presente solo nelle piccole imprese dove l’imprenditore svolge anche attività di
management mentre nelle grandi imprese questa attività è svolta da personale stipendiato) e
dell’utile destinato a riserva (autofinanziamento). Se il reddito è uguale a zero (RD=0;
RD=CS) i ricavi sono solo sufficienti a coprire i costi (questa è una situazione che non è
critica se relativa ad un breve periodo ma può diventarla nel lungo). Se il reddito è negativo
(RD<0) ci si trova in una situazione di squilibrio in cui i ricavi non coprono i costi creando
una perdita che porta ad una diminuzione del capitale netto (è una situazione che deve essere
risanata se l’impresa non vuole fallire).
- Equilibrio Finanziario: l’impresa non solo non può durare nel tempo, ma nemmeno può
esistere se non trova le fonti di finanziamento per coprire i propri investimenti. La
condizione di eq. finanziario fa riferimento a due concetti: solidità patrimoniale (che porta
all’equilibrio patrimoniale) e solvibilità aziendale (che porta all’equilibrio di cassa).
Equilibrio patrimoniale → KI=CPR+CRD+FDI → il capitale investito deve essere uguale
alla somma tra capitale netto (cap. soc. più riserve), capitale di credito (attinto a varie fonti e
in vari modi) e fondi (amm.to e acc.to). La nozione di solidità patrimoniale si riferisce alla
combinazione degli elementi dell’eq. patrimoniale (è solida l’impresa che presenta un
sostenibile rapporto tra capitale proprio e capitale di credito avendo riguardo al rischio
dell’attività d’impresa che si compie) la quale dipende sia dalle scelte di copertura del
fabbisogno finanziario (credito o cap. di rischio?) che dall’ambiente generale.
Equilibrio di cassa → F1+E=U+F2 → la dotazione iniziale finanziaria aumentate delle
entrate deve necessariamente essere uguale alla dotazione finale finanziaria diminuita delle
uscire. Se invece si ha una situazione in cui F1+E<U+F2 l’impresa si trova in squilibrio di
cassa per cui non riesce a sopperire alle risorse finanziarie necessarie allo svolgimento della
normale attività. Le soluzioni possono essere: se lo squilibrio è temporaneo (chiedere prestiti
a soci e/o terzi o chiedere il pagamento anticipato di crediti e fatture) mentre se lo squilibrio
è destinato a durare (accendere mutui bancari a scadenza protratta). Invece la situazione
F1+E>U+F2 mostra l’incapacità dell’imprenditore di impiegare le eccedenze monetarie (che
non devono restare ferme ma devono essere reinvestite). Il concetto di solvibilità aziendale
si riferisce alla capacità di saper coordinare il flusso delle entrate con quello delle uscite.
- Equilibrio organizzativo: si riferisce all’armonia interpersonale e interfunzionale necessaria
(sia che spontanea che procurata) per evitare la nascita di conflitti organizzativi onerosi sotto
tutti i punti di vista. La creazione di un equilibrio organizzativo comporta la determinazione
di un ambiente psicologico motivante in cui è fondamentale la figura del leader.
BB=CC1+CC2 → i benefici delle politiche manageriali volte a perseguire l’eq. organizzativo
devono essere almeno uguali ai costi sostenuti per ottenerli. Per benefici si intendono
maggiori ricavi, minori costi, meno ore di lavoro sprecate, un aumento di redditività. Mentre
i costi si distinguono in costi di progettazione e realizzazione di strutture organizzative (costi
ex-ante) e costi di integrazione manageriale per sanare disfunzioni e ristabilire l’armonia
(costi ex-post).

CICLO DI VITA DELL’IMPRESA


1) Nascita: singolo imprenditore o gruppo di persone investono in una nuova attività e creano,
dopo un periodo i progettazione e analisi del settore in cui vogliono entrare, un’impresa da
inserire nel mercato.
2) Selezione naturale: è un periodo che dura per circa 3-4 anni dopo la nascita ed è il periodo in
cui l’impresa lotta per la sopravvivenza nel settore contro le pressioni che tendono ad
escluderla. L’impresa neonata inizia ad interagire con il settore e ne subisce le pressioni. Ci
sono i primi contatti con i fornitori e clienti per raggiungere gli accordi necessari al
proseguimento dell’attività. Le variabili ambientali sono per la neonata tutte date e non
possono essere modificate da questa. La sopravvivenza infatti si gioca tutta sull’unica
variabile modificabile: il prezzo. L’impresa ha la necessità di basare la propria strategia sulla
price competition e deve riuscire a sopportare squilibri economico-finanziari nel breve
periodo. Al suo interno l’impresa neonata inizia a costruire tutte le condizioni di sistemicità
(tranne l’equilibrio). Sopravvivono a questa fase le imprese create con calcolo economico e
guidate da imprenditori esperti, razionali e innovativi.
3) Selezione competitiva: le imprese sopravvissute alla selecting out della selezione naturale
vanno alla ricerca della completa sistemicità ed hanno per questo 2 strategie possibili:
crescere o non crescere. Le imprese entrate in questa fase del ciclo di vita hanno raggiunto
un successo competitivo cioè sono riuscite a ritagliarsi una quota di mercato che gli permette
di coprire i costi tramite i ricavi (assicurandosi il reddito minimo di equilibrio). È il periodo
che si prospetta duri all’infinito nel quale l’impresa spera di migliorare la propria posizione
e per farlo deve spostare la competitività su altri fattori diversi dal prezzo: non-price
competition (qualità del prodotto, servizi aggiuntivi offerti, innovazione del prodotto e della
produzione, relazione con fornitori-clienti-distributori, comunicazione e know-how).

BARRIERE ALL’ENTRATA
Il settore in cui operano le imprese può essere più o meno attraente per le altre imprese. Se il settore
risulta essere attraente le imprese neonate (o quelle che operano in altri settori) cercano di sfruttare
l’opportunità ed entrarvi. Questi concorrenti potenziali sono certo altri concorrenti che si
aggiungeranno nel mercato e quindi le imprese già esistenti devono cercare di cautelarsi da questi.
La prima strategia possibile è quella del prezzo, le imprese in reddito mantengono basso il livello
dei prezzi per scoraggiare le neoentrate che punterebbero la loro sopravvivenza sull’applicazione di
prezzi competitivi (ma prezzi troppo bassi non le permetterebbero di resistere). Oltre alla strategia
di prezzo esistono una serie di altre barriere all’entrata:
- capitale: risorse economiche richieste dal settore per intraprendere una nuova attività sono
troppo onerose
- economie di scala: le imprese esistenti hanno raggiunto ec. di scala riuscendo a mantenere
basso il livello dei prezzi (essendo basso il costo medio di produzione)
- economie di esperienza: imprese esistenti possiedono
- differenziazione del prodotto: produttori esistenti possono differenziare il prodotto per
offrire più soluzioni al consumatore e renderlo fedele (tramite la marca)
- distributori e fornitori: difficoltà di trovare subito e convenientemente le due figure
necessarie alla sopravvivenza
- barriere legali: autorizzazioni e concessioni per avviare l’attività rendono lenta e difficoltosa
l’entrata nel settore.

CAPACITA’ COMPETITIVE
Le imprese hanno una serie di Risorse/Competenze che la rendono capace di competere nel
mercato. Per risorse si intendono tutti i fattori produttivi, le attrezzature, le materie prime ecc.;
mentre per competenze si intende l’insieme di conoscenze, know-how, informazioni,
comunicazioni, immagine, relazioni ecc.
Tipologie:
1) Funzionali: sono R/C di base senza le quali l’impresa non potrebbe operare in modo
efficiente e sono quelle che danno una generale capacità di competere.
2) Core: sono R/C di importanza critica e sono centrali per la competitività dell’impresa nel
settore della sua attività economica.
3) Distintive: sono R/C che permettono di distinguere l’impresa dalle altre. Sono altamente
specifiche nella loro natura ma soprattutto nella loro capacità di utilizzarle. Se queste
capacità competitive vengono sviluppate dall’impresa, essa raggiunge un vantaggio
competitivo il quale si concretizza in quote di mercato sempre più ampie e una redditività
maggiore.
4) Eccellenti: sono R/C distintive che si mantengono nel tempo. Le imprese che raggiungono
queste capacità diventano imprese esemplari e punti di riferimento per le altre imprese.
Le R/C devono essere osservate da diversi punti di vista: acquisibilità, durevolezza (rispetto
all’obsolescenza), trasferibilità e riproducibilità.

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