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Noi siamo gli scrittori. . . cioè VOI siete gli scrittori, i bardi
e i trovatelli che hanno il compito di CREARE UN MONDO
che è invisibile ed impalpabile agli occhi del lettore, un mondo
dove la storia che raccontiamo nasce, prende forma, si model-
la e vive. . . e VOI siete anche quelli che ci DEVONO parlare
del CUORE e della MENTE di quelli che vivono nel MONDO
che abbiamo costruito: noi lettori siamo come fantasmi anelanti
nient'altro che un'ombra della nostra antica vestigia d'umanità,
esseri che non possono ricordare le emozioni. . .
SIETE VOI a DOVERCI parlare delle EMOZIONI del MON-
DO.
Evitate il compromesso, siate creativi, non abbiate paura di
sperimentare, non continuate a rimestare il fondo del calderone,
ma non alzate neanche troppo gli occhi del dritto sentiero.
Abbiate cuore, vivete le emozioni, vivete ogni istante di quel-
lo che scrivete (per non parlare di quello che vivete) e solo così
potrete davvero raccontare una storia che diventa reale agli occhi
del lettore!

Albus di HP8.

I
II
Capitolo 1

RITORNO AD

HOGWARTS

Harry si svegliò disteso a faccia in giù, il punto in cui l'anate-


ma che uccide lo aveva colpito gli faceva un gran male. Rimase
qualche istante in ascolto, immobile e con gli occhi serrati, aspet-
tando di sentire le urla di trionfo dei Mangiamorte per la sua
ne.

Tese le orecchie, ma l'unico rumore che riuscì a distinguere


era un orrendo suono a metà tra un risucchio e un gemito.

Aprì gli occhi di un millimetro, per vedere da dove venisse


quel rumore, ma impiegò qualche secondo a capire che non si
trovava disteso nella Foresta, circondato da Voldemort e i suoi
Mangiamorte.

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Sbatté gli occhi, aggrediti da una violenta luce arancione, poi
nalmente riuscì a distinguere sette persone che lo salutavano
animatamente, tutti con indosso sgargianti abiti arancioni, e
muniti di manici di scopa. Erano i giocatori dei Cannoni di
Chudley che lo salutavano dai poster appesi nella stanza di
Ron.

Si tirò a sedere in mezzo al letto e si voltò, sbadigliando,


verso quello dell'amico.

Ron era completamente rannicchiato sotto il copriletto, an-


ch'esso arancione e guarnito con due `C' gigantesche e una palla
di cannone.

Quel rumore innaturale, a metà tra un risucchio e un gemito,


ancora udibile, sembrava essere il respiro dell'amico. Ron con-
tinuava a respirare in quella maniera disgustosa e innaturale, e
ad ogni suo respiro sembrava arrivare anche uno sgradevole e
penetrante puzzo di fogna.

Ron? lo chiamò Harry, con la voce ancora impastata dal


sonno.

Ma Ron non si mosse. Harry lo chiamò altre volte, a voce


sempre più alta, ma l'amico non dava il minimo segno di averlo
sentito.

Harry scese dal letto preoccupato. Era impossibile che Ron


non lo sentisse gridare il suo nome tanto erano vicini i letti.

Prese i suoi occhiali dal comodino, ma senza perdere mai di


vista una ciocca sparuta dei capelli di Ron che spuntava da sotto
le coperte. In due passi fu al suo capezzale, e, mentre con una
mano niva di sistemarsi gli occhiali sul naso, con l'altra tirò un
lembo della coperta scoprendo il volto di Ron.

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Harry urlò e cadde all'indietro scivolando su una ciabat-
ta, tirandosi addosso la coperta e perdendone tra le pieghe gli
occhiali.
Ron a quel punto si alzò a sedere in mezzo al letto, urlando
e gemendo a sua volta, in maniera decisamente innaturale e non
umana. Quello non era Ron. Gli assomigliava per forma e taglia,
aveva cespugliosi capelli rossi sulla testa e indossava quello che
sembrava essere un suo vecchio pigiama, ma non era Ron. Era
deforme, coperto di enormi e rivoltanti pustole e continuava a
ululare e a divincolarsi come una bestia ferita.
Harry arrancò sul pavimento come uno scalmanato, avvin-
ghiandosi sempre più nella coperta che si era trascinato dietro
cadendo. Cercando di arrivare carponi a prendere la bacchetta
che aveva lasciato sotto il suo cuscino, sentì rompersi sotto il
ginocchio i suoi occhiali.
In quel momento si aprì la porta della stanza, e sulla soglia,
pur senza occhiali, riconobbe la gura e la voce del vero Ron.
Harry cosa diavolo. . .  disse Ron ssandolo esterrefatto.
Harry era a terra, sconvolto, i capelli ancor più spettinati del
solito e arrotolato per metà tra le coperte.
RON! Grazie al cielo! Nel tuo letto c'è. . .  disse Harry
mettendo entrambe le mani sotto al cuscino e tirandone fuori
due bacchette.
Harry ma sei impazzito? Quello è il nostro demone! Harry
ssò Ron a bocca aperta, e poi tornò a guardare la gura che
continuava a ululare imperterrita nel letto.
Solo allora ricordò che la sera prima erano tornati per la
prima volta alla Tana da quando c'era stata la battaglia ad
Hogwarts. Era tardi e non c'era stato tempo per rimandare il

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demone, che si era nto Ron con la spruzzolosi per tutto l'anno
precedente, su nella sua sotta.
Così Harry, stanco morto, aveva accettato di dormire con il
demone, e Ron era andato a dormire in camera con Ginny.
Avevo. . . avevo dimenticato disse Harry con un lo di voce
e arrossendo velocemente.
Ron scoppiò a ridere, una risata a pieni polmoni, esagerata,
liberatoria. La morte di Fred aveva sconvolto tutti, come quella
di Lupin e Tonks. Nessuno rideva più da giorni, la loro assenza
pesava tra loro come un macigno. Harry si unì a malincuore alla
risata di Ron, solo per non rovinare quel momento, solo per la
gioia di sentir ridere l'amico.
Ron prese la coperta da terra e la stese sulla testa del demo-
ne, che, tornato nuovamente invisibile, parve calmarsi e riprese
a ronfare in quel suo modo disgustoso.
Vieni, scendi a fare colazione, hai proprio bisogno di met-
tere qualcosa nello stomaco. Ginny e George sono già in cucina.
Sbrigati prima che arrivi anche Percy disse chiudendo la porta,
e continuando a ridere nel corridoio.
Harry prese da terra i resti degli occhiali, vi puntò la sua
bacchetta e disse Reparo . Gli occhiali tornarono come nuovi.
Harry se li inlò e cominciò a vestirsi. Nascose la bacchetta di
sambuco sotto al materasso e mise la sua nella tasca dei pan-
taloni. Uscì dalla stanza massaggiandosi delicatamente il pun-
to in cui l'anatema che uccide l'aveva colpito ormai tanti gior-
ni addietro, anche se in certi momenti sembrava fosse appena
successo.
Scese lentamente, attraverso una scala zigzagante, i tre piani
che lo separavano dalla cucina della Tana.

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La piccola cucina era come al solito piuttosto ingombra. La
signora Weasley si muoveva per la stanza rumorosamente. Men-
tre un mestolo girava i fagioli e un coltello imburrava il pane a
mezz'aria, lei continuava a lanciare salsicce in una padella enor-
me, gettando occhiate malinconiche al tavolo della cucina dove
i suoi gli mangiavano in silenzio.
La vecchia radio vicino al lavandino aveva appena annuncia-
to L'ora della magia, ospite Rita Skeeter con interessanti novi-
tà sull'epico scontro tra Colui-che-nondeve-essere-nominato e il
Prescelto. Harry scosse il capo. Erano passati dieci giorni da
quando lui e Voldemort si erano battuti, la notizia era rimbal-
zata per tutto il mondo magico come un boccino d'oro. Persino
lui, che aveva evitato in tutti i modi di parlare con chicchessia,
era stato costretto a narrare l'accaduto più volte. Era naturale
che la gente volesse sapere, che volesse essere tranquillizzata,
che volesse essere sicura che Voldemort fosse morto per sempre.
A questo punto dell'epico scontro era stato detto veramente
tutto, che Rita Skeeter avesse interessanti novità era pazzesco,
lei non c'era quel giorno! Forse Harry avrebbe dovuto mentire
e dire che anche lei era una Mangiamorte e farla chiudere ad
Azkaban, pensò mentre si sedeva tra George e Ginny al tavolo
della cucina.
Tutti lo salutarono, improvvisamente sorridenti, contenti di
poter ridere ancora al racconto di Ron e del demone in pigiama,
grati di aver qualcosa di cui ridere. Appena il suo sedere aveva
toccato la supercie della sedia la signora Weasley gli aveva già
riempito il piatto.
Adesso arrivano altre salsicce Harry caro, inizia pure a
mangiare disse mentre spegneva la radio.

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Ginny gli carezzò la mano mentre gli versava del succo d'a-
rancia, intanto che Ron continuava a mimare a George come
Harry fosse stato sopraatto dal demone e dalla sua perda
coperta.
Non vedo l'ora che torni Hermione per raccontarglielo con-
cluse Ron addentando una salsiccia. Hermione era andata in
Australia a recuperare i suoi genitori a cui aveva modicato i
ricordi. Sarebbe stata via alcuni giorni per reintrodurli ad una
vita normale e per stare un po' con loro.
Tutti ripresero a mangiare smarriti nei propri pensieri.
Harry pensò a quanto dolce sarebbe potuto essere quel mo-
mento se Sirius, Silente, Fred, Lupin, Tonks e perno Piton
non fossero morti e avessero trascorso quel periodo di pace tutti
insieme.
Harry non sapeva cosa avrebbe fatto ora. In quei dieci giorni
che erano stati lontani dalla Tana si erano occupati di seppellire
i loro cari e di dare una mano dove necessitava, non aveva avuto
tempo per pensare a nulla. Voleva lasciare tranquilla per un po'
la famiglia Weasley, e trascorrere un periodo a riettere su cosa
sarebbe stato ora della sua vita. Forse sarebbe stato meglio
partire oggi stesso per Grimmauld Place, lì ci sarebbe stato
almeno Kreacker a fargli compagnia. Ma la signora Weasley
dicilmente l'avrebbe lasciato andar via così. Aveva anche una
mezza idea di scrivere una lettera a suo cugino Dudley. Voleva
dirgli che ora potevano stare tranquilli, e cominciare, per la
gioia di zio Vernon e zia Petunia, una vita veramente normale,
lontano da lui e dal suo mondo.
Appena tutto si fosse tranquillizzato sarebbe dovuto anche
tornare ad Hogwarts, per nascondere la bacchetta di sambuco.

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Ne avevano discusso con il quadro di Silente nell'ucio dei Pre-
sidi e avevano deciso così, seppure tra le mille proteste di Ron,
che pensava fosse uno spreco che una bacchetta così potente gia-
cesse inutilizzata per sempre. Solo che Hogwarts in quei giorni
era un via vai di maghi venuti da ogni parte del mondo per
dare una mano nella ricostruzione della scuola, e non era stato
possibile nasconderla senza dare troppo nell'occhio.
Mentre terminava quel pensiero dalla nestra aperta preci-
pitarono dentro quattro allocchi che planarono sul tavolo della
cucina scombinando piatti e bicchieri ancora in parte pieni. Tut-
ti e quattro i gu sollevarono una zampa dove era legata una
grossa busta quadrata. Le buste recavano l'intestazione di Hog-
warts ed erano indirizzate a Ginny, come era naturale che fosse,
ma anche a Harry, Ron e George, che si ssarono in silenzio.
Ognuno cominciò ad armeggiare con il laccio che legava la
propria busta alla zampa del gufo. Harry riuscì a slegarla per
primo, aprì la busta, estrasse il foglio di pergamena e lesse:

Caro signor Potter,


ci pregiamo di informarla che, in base al nuovo statuto sco-
lastico, tutti gli studenti che per causa di forza maggiore non
abbiano potuto frequentare l'anno accademico appena trascor-
so avranno la possibilità di tornare a scuola. Essendo, come da
noi appurato, intervenuta nel suo caso causa di forza maggiore
siamo lieti di darle l'opportunità di completare i suoi studi.
Le ricordiamo che il nuovo anno scolastico comincerà il pri-
mo settembre. L'espresso per Hogwarts partirà dalla stazione di
King's Cross, binario nove e tre quarti, alle undici in punto.
Allego la lista dei libri di testo per gli studenti del settimo anno.

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Cordialmente,

Professoressa M. McGranitt
Preside
P.S. Il professor Albus Silente, dall'interno del suo ritratto, si
unisce a me nel richiedere la sua gradita presenza.

cRon. . .  chiamò Harry l'amico che non si era ancora voltato


e continuava leggere e rileggere quel pezzo di pergamena.
Anche tu? chiese piano.
Io. . . mi chiedono di tornare a scuola, un altro anno di
scuola! disse Ron incantato.
Hey non vi montate la testa, l'hanno chiesto anche a me
disse George dando un pugno sulla spalla sia a Ron che a Harry.
E cosa pensate di fare? chiese Ginny, che solo ora aveva
aerrato il contenuto della lettera.
Ci vanno tutti e tre! tuonò la signora Weasley in un tono
che non ammetteva repliche, sbattendo la padella con le salsicce
sul tavolo e facendo volare via tutti e quattro i gu.
Per quanto avesse passato abbastanza guai per una vita
intera, più guai e dolori di qualsiasi mago adulto, per la prima
volta da un anno a questa parte, si sentì contento di essere
nuovamente solo uno studente.

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Capitolo 2

IL PIÙ OSCURO DEI

LIBRI

Era arrivato troppo presto, il piccolo negozio di libri non era


ancora aperto. Non gli rimase che aspettare, non poteva per-
mettersi di dare nell'occhio.

Si sedette su una panchina dall'altro lato della strada. Era


stanco, ormai era passato quasi un mese da quando era partito
per la missione. La prima parte, la più pericolosa, era compiuta.
Ma anche ora, il semplice fatto di trovarsi in città, era un rischio.

Proprio per questo era ricorso alla Pozione Polisucco. L'a-


veva bevuta poco prima di materializzarsi ai margini del paese.
Aveva utilizzato i capelli di un grasso babbano ubriaco che aveva
incontrato la sera prima. Si sentiva impacciato e disgustato da

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quel nuovo aspetto, ma era necessario, doveva restare nascosto.
Ripensò a quel che era accaduto qualche giorno prima, quan-
do aveva nalmente trovato il castello che gli era stato descritto
una fortezza, nera come la notte. Secondo quello che aveva
appreso, Grindelwald aveva passato gli ultimi anni della sua vi-
ta rinchiuso in una cella nella più alta delle torri. E proprio lì
era stato trovato misteriosamente morto. Solo in seguito aveva
scoperto che era
stato proprio Voldemort a ucciderlo nella sua ricerca della
Bacchetta di Sambuco.
Ma lui cercava qualcos'altro in quella fortezza. Aveva fati-
cato per riuscire a superare tutti gli incantesimi di protezione
disseminati nel castello, ma alla ne ce l'aveva fatta. Aveva
inne scovato ciò che solo nei suoi sogni sperava di trovare.
Si ridestò dai suoi pensieri. Tirò fuori un giornale malcon-
cio dalla tasca interna della stretta giacca. Non capiva proprio
come i babbani potessero portare abiti così scomodi! Il giornale
era La Gazzetta del Profeta di qualche giorno prima. L'articolo
principale gli fece torcere le budella:

SIGLATO ACCORDO CON LE CREATURE


MAGICHE
È stato nalmente istituito il CIOcCoCreMa (Centro Intermi-
nisteriale di Oculata Collaborazione con le Creature Magiche).
Lo ha reso noto ieri il Ministro della Magia in persona. Il
Ministro Kingsley ha raccontato in anteprima al nostro giornale
che Dopo i recenti accadimenti che ci hanno visto uniti nella

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lotta alle forze Oscure, per confermare il rapporto di collabora-
zione che deve esistere tra i Maghi e le Streghe e tutte le altre
creature magiche è stato creato questo nuovo organo.
Sarà composto per metà da membri del ministero e per metà
da rappresentanti delle altre creature magiche di tutto il mondo.
Gli El domestici e i Centauri hanno già aderito e presto si
aggiungeranno i rappresentanti di altri gruppi.
Per sovrintendere alla sigla di questo importante accordo si
è recato in visita uciale al Ministero il Presidente dei Maghi
d'America con una nutrita delegazione di maghi americani È
un passo importante, ha detto il Presidente John Waynegan,
Noi maghi degli Stati Uniti ci impegneremo per far sì che que-
sto patto sia stipulato nel migliore dei modi e rappresenti un
vantaggio per tutti noi.

Smise di leggere. Era atterrito, maghi ridotti allo stesso livello


degli el domestici.

Non solo si era ritornati allo stato delle cose precedente al


ritorno di Voldemort, ma si era andati oltre. L'entusiasmo per
la morte del Signore Oscuro, così a lungo repressa, aveva con-
tagiato tutta la popolazione magica, e una voglia di rispetto e
collaborazione era entrata nel cuore di ognuno.

Anche se lui, naturalmente, non la pensava così. Il suo


sangue puro ribolliva nelle vene.

Riprese a leggere. Un traletto sul fondo della pagina ri-


cordava che erano in corso i preparativi per l'inizio del nuovo
anno ad Hogwarts. Grazie al contributo dei maghi americani
sono nalmente terminate le opere di ricostruzione della nostra

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amata Hogwarts - a pag. 4 intervista alla Preside McGranitt e
indiscrezioni sul rinnovato corpo insegnanti .
Sentì un rumore provenire dall'altro lato della strada. Le
pesanti imposte di legno del negozio che stava tenendo d'occhio
si aprirono lentamente. Sulla soglia apparve la sagoma curva di
un uomo molto vecchio. Canuto, con la pelle bianca e venata
come una pergamena, non sembrava più neanche un mago, dopo
tanti anni vissuti in mezzo ai babbani.
Il vecchio fece un paio di passi, guardò a destra e a sinistra
e poi rientrò.
è arrivato il momento mormorò tra sé, mettendo via il
giornale e dirigendosi verso la libreria.
All'interno c'erano libri ovunque, alcuni disposti ordinata-
mente sugli scaali, ma la maggior parte impilati in modo in-
stabile in ogni angolo della stanza.
Buongiorno, buongiorno, posso esserle utile? lo accolse il
vecchio da dietro il bancone.
Certo. Mi sarai molto utile rispose il mago, con un lo di
malignità mal celato nella voce.
Cinereus, non mi riconosci?.
Il vecchio parve barcollare dietro il bancone. La Pozione
Polisucco gli aveva cambiato il viso e la corporatura, ma la sua
voce, profonda e rauca, era inconfondibile.
Cosa fai qui. . . non dovresti farti vedere in giro. Io. . . io non
voglio aver più nulla a che fare con voi!.
Abbiamo bisogno di te Cinereus.
Non pronunciare quel nome, non mi appartiene più. . . voi
ancora non vi siete rassegnati! Ormai è nita, non abbiamo più

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nessuna speranza. Siamo fortunati a non essere niti tutti ad
Azkaban e se qualcuno sapesse che sei. . . .

Basta Cinereus! Ci occorrono le tue conoscenze. Prendi le


tue cose e vieni con me.

Lasciatemi stare! A cosa posso servirvi, sono solo un po-


vero vecchio. Quello in cui credevo non mi interessa più, voglio
solo passare in pace gli ultimi anni che mi rimangono disse
lamentoso.

Cinereus non abbiamo tempo da perdere. Non farmi arrab-


biare o io. . . .

Il vecchio non gli diede tempo di terminare la frase, con un


movimento sorprendentemente rapido, estrasse la bacchetta da
sotto il bancone. Ma prima di poter formulare un incantesimo
l'altro gridò Expelliarmus .

La bacchetta di Cinereus volò contro un'alta pila di libri


facendola crollare.

Cominciamo male Cinereus, cominciamo molto male disse


il mago digrignando i denti.

Si sentirono dei passi arrivare dal retro del negozio e una pic-
cola donna anziana, ancora avvolta in una sgargiante vestaglia
bordò, si aacciò da una porta nascosta dietro una tenda.

Chi ha gridato? Cosa mai. . .  quando vide un uomo pun-


tare una bacchetta contro suo marito soocò a stento un grido,
portandosi sconvolta le mani alla bocca.

Il mago la degnò appena di uno sguardo. Va tutto bene


vero Cinereus? continuò tornando a ssare il vecchio Ora suo
marito verrà via con me signora. A lei il compito di far credere
a tutti che è costretto a letto da una grave malattia. Siamo

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in pochi e dobbiamo restare nascosti, ma non credere che non
siamo in grado di uccidere una vecchia strega come tua moglie!.
Rimasero per alcuni istanti tutti immobili e in silenzio.
Hai capito Cinereus? disse il mago rompendo il silenzio.
Si ho capito si arrese il vecchio.
Il mago raccolse la bacchetta di Cinereus da terra e la fece
sparire nell'interno della giacca, prese per un braccio il vecchio
e si smaterializzarono.
La moglie si lasciò cadere su una sedia. Aveva sperato che
tutto fosse nito. Finalmente anche suo marito sembrava deciso
a vivere la vecchiaia in serenità. Ora era tutto cambiato, di
nuovo.
Si rimaterializzarono all'interno di un bosco.
Muoviti, ora dobbiamo raggiungere gli altri disse con voce
rauca iniziando a camminare. I due uomini camminavano a sten-
to all'interno della tta boscaglia. Quei luoghi probabilmente
non venivano frequentati da tempi immemorabili.
Il freddo entrava nelle ossa. Nonostante fosse pieno giorno,
una nebbia tta avvolgeva tutto. Nemmeno le bacchette riusci-
vano a illuminare più di qualche passo avanti. Altre persone non
avrebbero resistito in quell'ambiente, sarebbero state sopraat-
te da un senso di oppressione, private di ogni scintilla di vitalità.
Ma su loro due i dissennatori non avevano alcun eetto, la lo-
ro anima era malvagia, non c'era niente di cui potevano essere
privati.
L'allegria e il buon umore che erano calati su tutta la terra
dopo l'epica battaglia di Hogwarts, aveva decimato i dissennato-
ri. Si erano ritirati in questa regione dove la miseria e la povertà
già toglievano ogni speranza nel futuro. Con il loro arrivo tutto

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era anche peggiorato, nessun mago con un po' di sale in zucca
avrebbe messo piede in questa zona. Ma per loro era diverso,
quello era diventato il luogo più adatto per nascondersi.
Ecco ci siamo disse il mago. Davanti a loro c'era un masso
su cui erano incisi due segni incrociati. Allungò la sua bacchetta
sopra il masso e bisbigliò alcune formule.
Ora possiamo passare, ma in fretta, gli incantesimi di pro-
tezione si riattiveranno subito.
Chi vuoi che ci trovi in questo posto dimenticato. . . e chi
dovrebbe cercarci? si lamentò Cinereus ansimando.
Taci vecchio! Pensi che non abbiamo considerato ogni eve-
nienza? rispose il mago adirato.
Proprio in quell'istante cessò l'eetto della Pozione Polisuc-
co. Erano anni che Cinereus, dal suo nascondiglio babbano,
non assisteva a questa magia. Quel corpo grasso e gioviale si
contrasse sino a tornare, sotto i suoi occhi disperati, la scarna
sagoma del mago con cui un tempo aveva condiviso tanti ideali.
Oramai erano arrivati, ma intravidero la sagoma del rudere
solo all'ultimo istante, quasi invisibile tra la tta vegetazione.
Gli anni di abbandono e la natura avevano preso il soprav-
vento. Rampicanti, solidi come manici di scopa, sembravano
voler stritolare la casa. Molti rami avevano sfondato le nestre
ed erano usciti dal tetto, facendo saltare la maggior parte delle
tegole.
Salirono tre gradini e si fermarono sulla soglia. Alla porta
era attaccato un antico batacchio in ottone, ragurante la testa
di una piccola snge.
Il mago bussò deciso tre volte, e, quando l'eco del batacchio
cessò, gli occhi d'ottone della snge si animarono.

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Si mossero vispi, ssando dapprima Cinereus per poi fermar-
si sul mago che aveva bussato.

Quando si è spento il sacro fuoco? disse la snge in un


sussurro.

Sempre arde il sacro fuoco mormorò reverente il mago.

E mentre gli occhi della snge tornarono a chiudersi, la porta


si aprì piano.

Entrarono, il salone che li accolse era enorme, troppo grande


rispetto alle dimensioni esterne della casa. Delle nestre visibili
dall'esterno non c'era traccia, le pareti erano prive di apertu-
re. La scarsa luce proveniva da poche candele che bruciavano
sospese a mezz'aria, in prossimità delle pareti tutt'attorno al-
la stanza. A terra, sotto di ognuna, si era accumulata molta
cera, ma le candele erano ancora intatte, non davano l'idea di
consumarsi.

Al centro della sala un tavolo di legno scuro occupava buona


parte della stanza, i tre maghi che vi erano seduti si voltarono
verso di loro con aria impaziente.

Vedo che sei riuscito a scovare il nostro caro amico. Hai


dunque trovato anche ciò che cercavamo? esordì uno dei tre
maghi in uno strano accento.

Ne dubitavi forse? disse il mago dirigendosi verso di loro


e spingendo malamente Cinereus avanti.

Non è stato semplice ma ce l'ho fatta.

Estrasse da sotto il mantello un sacchetto di stoa legato


con un cordino. Si avvicinò al tavolo adagiandocelo sopra. Lo
toccò con la bacchetta e il sacchetto scomparve, mostrando un
vecchio libro frusto.

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Negli occhi di Cinereus si accese un bagliore. Dal suo sguardo
traspariva stupore e reverenza. Non avrebbe mai pensato di
poter vedere quel libro prima di morire. Nel corso della sua
vita era incappato in alcuni riferimenti alla sua esistenza, ma si
pensava fosse sparito da secoli.
Ad Hogwarts ne esisteva una copia. Era però una ben misera
copia, trascritta secoli dopo in maniera incompleta. Nonostan-
te ciò Silente aveva voluto nasconderla ugualmente, togliendola
dalla sezione dei libri proibiti. Quello che aveva davanti era
il volume originale, apparentemente integro. Pur essendo alla
vista solo un insieme di vecchie pergamene rilegate, era tangibi-
le l'enorme potere che queste sprigionavano. La paura che era
cresciuta dentro di lui stava velocemente lasciando il posto al
richiamo di quel potere.
Vedo che hai riconosciuto il libro Cinereus. Spero per te
che sarai capace di tradurlo disse il mago nella sua strana
pronuncia.
Cinereus si avvicinò ssando la copertina. Con reverenza
girò alcune pagine, toccandole solo con la punta delle dita.
Allora ne sei capace? gli mise fretta un altro mago.
Piano, piano, dovete capire che questo libro è vecchio di
secoli, e la scrittura utilizzata forse è ancora più antica, non
posso sapere. . . .
Ma l'altro lo interruppe gridando e puntandogli contro la
bacchetta. Cinereus sì o no?.
Certo, certo. . .  continuò Cinereus tremando Non pen-
savo esistesse ancora, sapevo che una trascrizione successiva
era conservata nella biblioteca di Hogwarts, ma non avrei mai
pensato di avere tra le mani l'originale.

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Rimase in silenzio alcuni secondi, tornando ad osservare la
copertina logora.
Segreti dell'Arte Più Oscura, è un libro molto pericolo-
so. . . .
Di nuovo l'altro non lo lasciò parlare Questo lo sappia-
mo! Tu occupati solo di tradurlo, siete in pochi ormai capaci di
farlo.
Ma cosa volete farne, questo libro è. . . .
Ogni cosa a suo tempo Cinereus, ogni cosa a suo tempo.

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Capitolo 3

VITA ALLA TANA

Nei giorni seguenti, alla Tana tutti cercarono di riprendere la


vita di sempre, ma era come chiedere ad un uomo senza una
gamba di non zoppicare. La signora Weasley coinvolgeva chiun-
que le capitasse a tiro nel vortice delle pulizie casalinghe. Qual-
siasi attività fosse servita a tenere lontani i pensieri era gradita
a tutti.
George, anche se a malincuore, tornò ad occuparsi del ne-
gozio di scherzi. Sapeva che Fred non avrebbe voluto che fosse
rimasto chiuso troppo a lungo. Ora che stava per iniziare l'anno
scolastico erano praticamente invasi dai gu, tutti avevano un
bisogno urgente di ordinare qualche Tiro Vispo Weasley da
portare ad Hogwarts.
Harry e Ron si dedicavano prevalentemente alla pulizia del
giardino, che era grande e pieno di erbacce e aveva continua-

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mente bisogno di una sistemata.
Anche la disinfestazione dagli gnomi era diventata una spe-
cie di rito giornaliero. Ogni giorno ne allontanavano decine, ma
quelli continuavano a tornare. Quando cominciava la disinfesta-
zione, invece di nascondersi, correvano come pazzi per il giardino
urtandosi uno con l'altro, non erano dicili da acciuare.
Harry ne aerrò uno per le orecchie. Era piuttosto grosso,
con la testa completamente calva ed esageratamente bitorzoluta.
Aveva imparato anni prima a non darsi degli gnomi, quando
uno di questi lo aveva morso ad una mano. Lo gnomo scalciava
e si dimenava come una furia, ma Harry con un movimento
collaudato lo mise a testa in giù e lo aerrò per le caviglie.
Cominciò a farlo roteare sempre più velocemente girando su se
stesso. Improvvisamente mollò la presa e quello volò molti metri
oltre la siepe che delimitava il loro giardino, atterrando con un
tonfo.
Non capisco come facciano a non farsi male disse Har-
ry appoggiandosi allo steccato, far girare gli gnomi alla lunga
poteva diventare faticoso.
Sono tanto coriacei quanto stupidi disse Ron mollando il
suo.
Lo gnomo lanciato da Ron schizzò alto, ma a metà del suo
volo si scontrò imprevedibilmente con qualcosa nel cielo, preci-
pitando poco prima della siepe.
Harry e Ron corsero a vedere cosa fosse caduto. Lo gnomo
si era rialzato e aveva ripreso a correre senza una meta insieme
agli altri, a terra era rimasta invece una piccola palla di piume.
Complimenti Ron, hai appena abbattuto Leotordo. disse
Harry, che aveva riconosciuto il gufo dell'amico.

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Ron si chinò sulle ginocchia preoccupato. Prese Leotordo
tra le braccia lisciandogli piano le piume tutte scompigliate.
Leo, Leotordo. . . ti prego rispondimi disse con un lo di
voce.
Leotordo aprì piano gli occhi e bubbolò debolmente in segno
di risposta, poi alzò la zampa mostrando una pergamena. Ron
sospirò sollevato continuando ad accarezzare le piume del suo
piccolo gufo.
Harry allungò la mano per prendere la pergamena dalla zam-
pa di Leotordo, ma Ron si voltò velocemente di schiena.
 per me disse. Prese la pergamena dalla zampa e passò il
gufo a Harry, girandosi nuovamente per leggere.
Leotordo e Harry si ssarono perplessi.
Dopo pochi istanti Ron, tese la pergamena ad Harry. è di
Hermione. . .  iniziò deluso ma è per tutti e due disse pao-
nazzo in viso, praticamente la faccia e i capelli avevano lo stesso
colore.
Si scambiarono nuovamente Leotordo che sembrava ancora
un po' intontito ed Harry incominciò a leggere.

Cari Ron e Harry,


spero tanto che stiate tutti bene. Io e i miei genitori siamo
nalmente tornati dall'Australia. Mio padre aveva quasi messo
in piedi un allevamento di canguri, e una volta restituitagli la
memoria, gli è quasi dispiaciuto tornare alla sua vecchia vita.
Al contrario mia madre è stata entusiasta, in più di un'occasione
ha rischiato di essere divorata dagli alligatori!
A questo punto immagino che anche voi avrete ricevuto posta
da Hogwarts. . . non è meraviglioso? Certo così all'improvviso,

21
non ci hanno dato molto tempo per ripassare, ma ho ideato un
piano giornaliero di studio abbastanza tto da permettermi di
ripercorrere tutto il programma degli scorsi anni, non si sa mai,
sempre meglio essere previdenti!
L'ho inviato anche a voi, mi raccomando di seguirlo alla let-
tera altrimenti non farete in tempo a fare un ripasso veramente
completo.
Ho comunque previsto una piccola pausa nel programma per
il compleanno di Harry!

Ci vediamo il 31 luglio.
A presto,

vostra Hermione.

Tipico di Hermione. . . a me non era neanche passata per la


mente l'idea di ripassare! disse Harry divertito, mentre dava
un'occhiata incredulo a quello che doveva essere il programma,
una seconda pergamena scritta in maniera incredibilmente tta.
Già, tipico . . .  rispose malinconico Ron, assestando un
gran calcio allo gnomo più vicino.
Praticamente secondo questo programma ora dovremmo es-
sere a studiare Storia della Magia e nel caso avessimo nito
prima, dovremmo essere a studiare Incantesimi. Non ci cre-
do. . . Hermione ha ideato un programma di studio aggiuntivo ad
uno già impossibile da attuare! Lei sicuramente corre il rischio
di nire di ripassare in anticipo. . . e anche noi, vero Ron? chiese
Harry divertito.
Già rispose Ron, che però non sembrò cogliere l'ironia Ha
avuto così tanto da fare con questo programma da non potermi

22
scrivere neanche . . .  si interruppe arrossendo improvvisamente
come un semaforo babbano.
Harry lo ssò divertito in attesa che completasse la frase, ma
Ron in tutta risposta riprese ad inseguire gnomi con maggior
foga.
A Harry capitò tra i piedi uno degli gnomi più piccoli che
avesse mai visto, sembrava una vecchia patata con le gambe,
alta non più di quindici centimetri. Cominciò a rotearla mec-
canicamente, riettendo su come sarebbe stato triste in questi
giorni senza la presenza costante di Ginny.
Certo la signora Weasley la teneva impegnata con le pulizie
e anche Ginny aveva molto da ripassare, ma il semplice fatto di
saperla nella stanza accanto lo faceva stare bene. Anche se in
quell'istante stava girando su se stesso come una trottola impaz-
zita, con uno gnomo tra le mani, poteva mollarlo in qualunque
istante e correre da lei anche solo per salutarla, per sorarla.
Ogni volta che si incontravano per casa trovavano una scusa per
toccarsi, una piccola carezza, uno sguardo, un occhiolino, un
bacio rubato in giardino.
Capiva l'amico, non solo era lontano dalla sua Hermione, ma
evidentemente aspettava una missiva romantica che non era arri-
vata. Ron doveva avergli scritto una lettera inviandola con Leo-
tordo, ma il piccolo gufo era tornato indietro con una risposta
di tutt'altro genere.
Probabilmente ne avranno da litigare quei due, già era dif-
cile gestirli prima, guriamoci ora. . . pensò Harry un po'
preoccupato. L'esperienza gli aveva insegnato che ogni volta
che i suoi amici litigavano ne pagava puntualmente anche lui le
conseguenze.

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Verso le sette gli gnomi erano ormai tutti volati. Harry e
Ron andarono a prepararsi per la cena, consapevoli del fatto
che l'indomani ne avrebbero trovati altrettanti.
Ginny li chiamò per la cena poco dopo. La tavola era come
al solito carica della generosa e succulenta cucina della signo-
ra Weasley: pasticcio di pollo, prosciutto farcito e abbondanti
porzioni di patate al forno con pancetta.
Ron si sedette al suo posto e addentò un pezzo di prosciutto
farcito.
Ron, non puoi aspettare un momento che arrivi tuo pa-
dre? Devi essere sempre il primo ad ingozzarsi? disse la signora
Weasley seccata, mentre controllava una crostata di zucca nel
forno.
Prima che Ron potesse giusticarsi, si udirono due schiocchi,
e il signor Weasley comparve dal nulla insieme a Percy. Harry
non li aveva mai visti così accigliati.
Sono degli insolenti, ecco cosa sono! disse Percy stizzito,
raddrizzando sul naso i suoi occhiali di corno.
Hai ragione Percy, hai ragione. . .  rispose il signor Weasley
stancamente, mentre abbracciava la moglie, è tutto il giorno
che me lo ripeti. . . .
Si sedettero a mangiare tutti con molto appetito. Solo Percy
sembrava più interessato a continuare la discussione iniziata in
ucio con il padre.
Quel loro presidente mezzo cowboy John Waynegan chi si
crede di essere! Il Ministro Shacklebolt è troppo permissivo
disse in tono pomposo.
Non piace neanche a me Waynegan, ma Kingsley come poli-
ticante è piuttosto ingenuo, è stato sempre un Auror. Waynegan

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lo ha convinto che è ora di dare una rinfrescata, di fare piazza
pulita dei vecchi metodi. Tecnicamente poi le sue proposte sono
sempre lodevoli disse il signor Weasley in tono stanco. Si è
intrufolato con questa storia del CIOcCoCreMa, e ora Kingsley
gli chiede consiglio praticamente su tutto. . . .
Ma come ha potuto farsi convincere a nominare ACQua
quel Donald Troom! riprese Percy, più inviperito che mai.
Soprattutto se quel posto lo volevi tu, eh? disse il signor
Weasley sorridendo con la bocca piena di patate.
Che cosa è un ACQua, caro? domandò la signora Weasley,
versando della burro birra a Percy che era diventato paonazzo.
ACQua: Addetto Controllore Qualità. una carica che han-
no in America. Questo controllore stabilisce delle direttive per
mantenere alto lo standard qualitativo. Ti faccio un esempio: da
oggi in poi le pergamene ministeriali per uso interno dovranno
essere scritte solo con inchiostro ibiscus porpora, quelle spedite
all'esterno in inchiostro verde sangue di drago anticontraazio-
ne. Le pratiche dovranno essere raggruppate solo con mollettine
parlanti, così ogni volta che si riprenderà in mano la pratica la
mollettina ricorderà chi l'ha fatta e a chi appartiene. . . .
Beh mi sembrano cose ben fatte, ti sei sempre lamentato del
disordine che regnava al ministero nella gestione delle pratiche
. . .  rispose la signora Weasley.
Il problema è che il signor Troom, del tutto in buona fede,
ha convinto il ministero ad usare questi due inchiostri, appunto
sangue di drago e ibiscus porpora che producono solo in due
fabbriche che si trovano negli Stati Uniti. Idem per le mollettine
incantate, le fanno solo in una piccola fabbrica in California. E
questi sono solo alcuni esempi. Il vero problema è che ora con

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la scusa di riordinare, catalogare e uniformare, hanno accesso a
tutti i nostri documenti, anche a quelli top-secret, in poche pa-
role ci stanno spiando, solo che sono spie designate da noi stes-
si! Kingsley non se ne rende conto, e anche volendo ora sarebbe
dicoltoso allontanarli senza creare un incidente internazionale.
Quando gliene ho parlato ha minimizzato, ha detto che stiamo
collaborando e che la loro presenza è solo provvisoria.
Tu che ne pensi Harry, di questa invasione americana?
domandò Percy imprevedibilmente ad Harry, che stava raccon-
tando sottovoce a Ginny dell'arrivo di Leotordo e della reazione
di Ron.
Oh, non ho un'opinione in proposito, voglio tenermi il più
lontano possibile dagli aari del ministero quest'anno. . . .
Beh dovranno interessarti per forza questi americani, per-
ché ad Hogwarts te ne troverai un bel po' !.
Cosa? disse Ron, che per la prima volta alzava la testa dal
piatto, ssando il padre.
Sì rispose stanco il signor Weasley, Sono molti i diplo-
matici, gli assistenti e le guardie del corpo che sono qui con le
rispettive famiglie. Quindi i loro gli verranno a studiare con
voi. Nella ricostruzione di Hogwarts hanno ampliato un'ala del
castello e ne è uscito un piccolo dormitorio. Hanno aiutato co-
sì tanto nella ricostruzione della scuola che né Kingsley né la
McGranitt hanno potuto opporsi. . . .
Ron alzò gli occhi al cielo e borbottò qualcosa, come non
si può mai stare tranquilli, ma prima che qualcuno potesse
domandargli cosa avesse detto, si alzò e salì diritto in camera.
Harry rimase un altro po' in cucina, tentando di spiegare
al signor Weasley come facessero navi grosse come quelle da

26
crociera o le petroliere, a galleggiare sull'acqua senza l'uso della
magia.
Dopo essersi dati tutti la buonanotte, scambiando con Gin-
ny un bacio frettoloso sul pianerottolo buio, raggiunse Ron in
camera.
Ron indossava già il pigiama. Sdraiato sul suo letto conti-
nuava a lanciare verso il sotto, una riproduzione di pezza di
un boccino d'oro.
Harry si sedette sul suo letto e attese.
Ron non lo degnò di uno sguardo. Continuava a lanciare e a
riacciuare il boccino. Harry contò 75 lanci e altrettante prese
prima di rivolgergli la parola.
Allora Ron? Che ne pensi di questi americani? Ron mancò
la presa e il boccino rotolò a terra.
Niente rispose seccato raccogliendo la pallina di pezza.
Harry si sdraiò a sua volta sul proprio letto. Ron aveva
ripreso a lanciare il boccino, evidentemente non aveva voglia di
parlare.
 una rottura bella e buona, ecco cos'è! riprese inaspetta-
tamente, stupendo Harry.
E perché dovrebbe scocciarci?. . . Non credo che la tua sia
solidarietà con Percy! disse Harry divertito.
Hai mai visto i maghi americani? disse Ron serio.
Veramente no. . . sono diversi da noi?.
Sono sempre dei bestioni muscolosi ssati con lo sport.
Tutti biondi e abbronzati con le loro tavole da surf magiche.
Giocano un Quidditch da urlo che è molto più spettacolare del
nostro. . . sono praticamente bravi in tutto! disse ormai prati-

27
camente infuriato, scagliando il boccino di pezza in un angolo
della stanza.
Buon per loro! E allora? A noi cosa importa? rispose
Harry sull'orlo della disperazione.
E allora, e allora. . . niente! Lascia stare, notte. rispose
Ron girandosi dall'altra parte e ccandosi sotto il lenzuolo.
Non era decisamente la giornata adatta per parlare con l'a-
mico, Harry decise di lasciar perdere.
Spense la luce e si mise anche lui a letto. Sistemò la bac-
chetta di Sambuco sotto il cuscino e la sua sul comodino vicino
agli occhiali.
Dopo pochi istanti Ron iniziò a russare. L'arrivo di questi
maghi statunitensi, in n dei conti, non gli aveva tolto il sonno.
Harry sentì la bacchetta di Sambuco premere attraverso il
cuscino. La sistemò un po' meglio, cominciando a riettere su
come e quando l'avrebbe nascosta. Già la scuola di per sé sa-
rebbe stata piuttosto gremita, rimetterla nella tomba di Silente,
con la presenza di questi maghi stranieri, poteva diventare una
seccatura.
Rimase disteso a ssare il buio per molto tempo, cercando
una soluzione.
Si addormentò, cullato dall'incessante russare di Ron, fan-
tasticando sull'eventualità di creare un diversivo dinamitardo
usando alcuni Tiri Vispi Weasley, con buona pace di Gazza e
della McGranitt.

28
Capitolo 4

COMPLEANNO A

GODRIC'S HOLLOW

I giorni seguenti continuarono a susseguirsi tutti uguali. Harry


e Ron avevano sostituito l'abituale caccia agli gnomi da giardino
con lunghe sedute, seppur non ai livelli consigliati da Hermione,
dedicate allo studio. Restare un anno lontani dalla scuola aveva
svuotato quasi completamente le loro menti da qualsiasi nozione
scolastica.

Quando Harry iniziava a leggere in Storia della magia, della


guerra dei giganti, il suo pensiero si perdeva sempre amaramen-
te tra i ricordi della battaglia di Hogwarts, in cui aveva potuto
vedere con i propri occhi la loro furia distruttiva. Ron passava
molto tempo con il libro aperto e lo sguardo a scrutare il cie-

29
lo, come in attesa di qualcosa. Dicilmente Hermione sarebbe
stata contenta di loro.
Il signor Weasley e Percy passavano sempre più tempo al
lavoro. Adeguare il loro ucio a tutte le direttive qualitative
di Donald Troom stava diventando di per sé un lavoro a tempo
pieno per tutti gli impiegati del ministero. La sera, persino
Percy era sempre troppo stanco, anche solo per lamentarsi.
La signora Weasley continuava a sfornare prelibatezze a tut-
te le ore e a seguire le pulizie della casa e del giardino senza
sosta. Faceva in modo di non far mai trovare per casa copie del-
la Gazzetta del Profeta, e siccome l'unica radio di casa Weasley
si era rotta, non avevano nessuna notizia dal mondo magico.
Arrivò inne il 31 luglio. Quella notte Harry non aveva dor-
mito molto. L'agitazione per il viaggio che aveva in programma
per quel mattino, aveva tenuto quasi completamente lontano il
sonno. Nonostante ciò, non vedeva l'ora di alzarsi.
Guardò la sveglia sul comodino. È ora, pensò tra sé scen-
dendo dal letto. Si vestì cercando di non svegliare Ron, inlò
entrambe le bacchette nella tasca dei jeans e uscì dalla stanza
senza fare il minimo rumore.
Harry non aveva mai sentito la casa così silenziosa. Arri-
vato in cucina aerrò un paio di merendine alla melassa dalla
credenza e uscì in giardino. Percorse il vialetto e, giunto oltre
il cancello, si smaterializzò. Ricomparve ai margini della via
principale di un piccolo villaggio.
Era da tanto che voleva tornare in quel posto, ma aveva
voluto attendere una data particolare. Aveva atteso che fosse il
giorno del suo diciottesimo compleanno. Si era regalato quella
visita solitaria per festeggiare in un modo tutto suo.

30
Cominciò a camminare, lungo una strada costeggiata da vil-
lette, come mesi prima aveva fatto insieme ad Hermione. Anche
adesso, come allora, si domandò se vera
mente volesse vedere, se veramente volesse liberarsi di quel
peso dal cuore.
Improvvisamente avvertì un formicolio dietro la testa, la
sgradevole sensazione di essere ssato. Si voltò di scatto ma
vide solo alcune signore uscire da un negozio con delle borse
delle spesa in mano. Un anno vissuto in clandestinità aveva la-
sciato nel suo animo più di una traccia. Si sentiva, nonostante
tutto, teso e sospettoso.
Si voltò e continuò a camminare lungo la piazza, diretto al
monumento ai caduti. A metà della piazza, poco prima che
l'obelisco si trasformasse, vide un ragazzo che lo ssava insi-
stentemente. Stava con la schiena appoggiata al monumento, le
braccia incrociate, e ssava Harry mentre si avvicinava. Porta-
va calcato sulla testa un berretto da baseball, da cui uscivano
disordinatamente lunghi capelli biondi. Era piuttosto robusto,
e continuava a ssarlo da sotto il cappello con uno sguardo che
a Harry non piacque; sembrava lo stesse aspettando. Harry con-
tinuò a camminare, ssandolo con la coda dell'occhio. Invece di
continuare dritto verso il monumento, piegò a destra, dirigendosi
invece alla chiesa. Non capiva perché quel ragazzo continuasse a
guardarlo con tanta insistenza. Anche ora che gli dava le spalle,
sentiva di nuovo la sgradevole sensazione di essere osservato.
Dopo pochi minuti arrivò davanti alla chiesetta. Si voltò in-
dietro più volte ma nessuno lo stava seguendo. Entrò dal cancel-
lo, lasciando fuori tutti i pensieri, sicuramente si era sbagliato,
probabilmente quel ragazzo stava guardando i suoi capelli spet-

31
tinati o la sua maglietta troppo larga. Girò attorno all'edicio
e raggiunse il cimitero.

Facendo attenzione che non ci fosse nessuno, levò la sua


bacchetta e fece apparire un grande mazzo di ori.

Il cimitero che ricordava era tutto bianco. L'unica volta


che l'aveva visto, l'anno prima, uno spesso strato di neve copri-
va tutto. Ora, invece, le lapidi risaltavano tra il verde intenso
dell'erba e i colori dei ori freschi.

Fu colpito da una tomba dall'aspetto più recente delle altre.


Si avvicinò. Era quella di Bathilda Bath, il cui corpo era stato
trovato solo qualche mese prima.

Proseguì attraverso il cimitero e raggiunse la tomba di Ken-


dra Silente e della glia Ariana. Non le aveva conosciute, come
non aveva conosciuto Bathilda, ma avevano fatto parte come lui
di quella lunga, triste storia che era nalmente giunta all'epilo-
go. Tolse alcuni ori dal mazzo e li sistemò come meglio poté
sulle tombe.

Due le più in la scorse il marmo bianco della lapide dei suoi
genitori. La raggiunse, con il cuore gono.

Si chinò piegando le ginocchia in modo da avere i nomi di


suo padre e di sua madre all'altezza degli occhi.

Non riuscì a trattenere le lacrime, aveva sempre dovuto esse-


re forte, ora nalmente poteva sfogarsi. Il suo non era un pianto
di dolore ma di liberazione.

L'ultimo nemico che sarà scontto è la morte. Pensò alle


parole incise sul marmo. Adesso quella frase aveva un signi-
cato. L'anno prima era ritornato dalla morte, aveva deciso di
vivere con tutto il dolore e le conseguenze che

32
questo comportava. Aveva rimandato la sua battaglia con la
morte ad un futuro il più possibile lontano.

Per un momento gli parve di vedere i suoi genitori abbracciati


che lo salutavano. Sorrise, stava piangendo e sorridendo allo
stesso tempo. Spostò gli occhiali e si asciugò il viso. Alzandosi
in piedi li salutò anche lui. Gettò alla tomba un ultimo sguardo
carico di amore e voltandosi si diresse verso l'uscita.

Attraversò la piazza fermandosi davanti al monumento ai


caduti. Quel ragazzo col berretto non c'era più. Come Harry
sapeva, il monumento al centro della piazza di Godric's Hol-
low era molto speciale. Per i babbani era il simbolo della loro
gratitudine verso i caduti in guerra. Per i maghi, invece, rap-
presentava il ricordo dei Potter e del giorno in cui Voldemort
era scomparso la prima volta.

Si avvicinò, con gli occhi ancora lucidi. Il marmo scomparve,


al suo posto apparvero tre gure di pietra. Suo padre e sua
madre con in braccio il piccolo Harry. Finalmente la pace e la
serenità che vedeva in quel bambino erano anche le sue.

Riprese a camminare nella direzione opposta a quella da cui


era arrivato. Quasi alla ne della la di villette, nalmente, vide
la sua vecchia casa. La siepe ribelle attorno al giardino, l'erba
alta e parte del secondo piano esplosa. Tutto era come se lo
ricordava.

La ssò. Chissà, forse un giorno avrebbe trovato il coraggio


per entrare. Si immaginò la casa ristrutturata,

l'erba tagliata e lui che tornava a vivere lì. Magari con Ginny.

Il futuro era lontano. Ora doveva pensare ai suoi amici e ai


festeggiamenti che lo attendevano quella sera.

33
La via era deserta, ma un attimo prima di smaterializzarsi,
si accorse che qualcuno lo stava ssando. Appoggiato al muro
della villetta di fronte, il ragazzo che aveva visto nella piazza lo
guardava sorridendo.

Harry riapparve con uno schiocco fuori dal giardino della


Tana. Era scosso, il cuore gli batteva talmente forte che pensò
gli avrebbe sfondato il petto. Come era potuto accadere?

Aveva controllato con attenzione che la strada fosse deserta


prima di smaterializzarsi; era assolutamente certo che non ci
fosse nessuno. A quel punto era evidente che quel ragazzo lo
aveva seguito n dall'inizio. Non c'era altra spiegazione.

Si incamminò lentamente lungo il vialetto, guardandosi in-


torno preoccupato. Cosa devo fare? pensò frastornato. Se quel
ragazzo era un babbano, da un momento all'altro avrebbe avuto
un richiamo dal Ministero. Ma era pronto a giurare che fosse un
mago, chi altri sarebbe potuto apparire così improvvisamente
dal nulla?

Nonostante nell'anno appena trascorso avesse imparato a fa-


re adamento solo sulle proprie forze, inconsciamente provò il
disperato desiderio di poterne parlare con Sirius o con Silente.

Aprì la porta della cucina, completamente assorto nei suoi


pensieri, ed entrò.

TANTI AUGURI, HARRY! lo sorprese Molly Weasley fa-


cendolo sobbalzare. Aveva completamente dimenticato che fosse
il suo compleanno. La signora Weasley gli corse incontro e lo
schiacciò tra le sue forti braccia. Sei tornato nalmente!.

Sì. . . grazie mille! riuscì a rispondere Harry, quasi senza


ato, stretto nel suo abbraccio.

34
Siediti caro, ho appena preparato la colazione gli disse
tornando ai fornelli, con gli occhi un po' lucidi. La signora
Weasley continuava a commuoversi per lui in continuazione.
Ron era già seduto a tavola, intento a rimpinzarsi. Lo accolse
con una sonora pacca sulla spalla. Gnon `mpleagno. . .  riuscì
a dirgli sputacchiandogli addosso pezzi di pancetta e uova che
saltavano fuori dalla bocca piena.
Mentre Harry tentava di pulirsi con un tovagliolo dai rima-
sugli del pasto di Ron, vide poggiata su una sedia una borsa che
stava letteralmente per esplodere tanto era piena di libri.
Ron, ma è arrivata Hermione? domandò Harry, che sapeva
che quella borsa non poteva appartenere che a lei.
è di sopra con Ginny rispose Ron con noncuranza, spal-
mando su una fetta di pane tostato una dose sconsiderata di
burro.
E cosa aspettavi a dirmelo? lo rimproverò Harry alzandosi.
Ron si inlò per intero la fetta di pane in bocca, rispondendo
all'amico con un'alzata di spalle.
Harry portò gli occhi al cielo, e scuotendo la testa corse su
per le scale, verso la camera di Ginny.
La porta era aperta, Hermione e Ginny stavano parlando
al centro della stanza testone! Vorrei sapere cosa gli prende
adesso! sentì dire ad Hermione.
Prima di essere visto, Harry ebbe il tempo di distinguere
una delle espressioni di Hermione che conosceva meglio. Era la
faccia che aveva solitamente quando era infuriata con Ron.
Buon compleanno Harry! gli disse Ginny appena lo vide,
gettandoglisi al collo con un gran sorriso. Harry si abbandonò
tra le sue braccia, dimenticandosi del ragazzo che lo aveva pedi-

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nato a Godric's Hollow, e dimenticandosi anche di Hermione che
doveva essere dietro di lui. Era dicile preoccuparsi di qualcosa
in quel momento. Raramente si sentiva così sollevato, e quel
giorno era già la seconda volta. Quando Ginny allentò la presa,
entrambi si lanciarono uno sguardo di intesa. Harry era sicuro
che anche Ginny stesse pensando al bacio che gli aveva regalato
per i suoi diciassette anni.
Tanti auguri Harry disse timidamente Hermione facen-
do capolino da dietro, un po' imbarazzata. Scusate ma. . . 
cominciò, ssandosi la punta dei piedi.
Oh, ma quali scuse!! disse Harry abbracciandola con en-
tusiasmo Come stai piuttosto, tutto bene? E i tuoi genitori?.
Oh, loro stanno bene. E. . . anche io rispose debolmente.
Sia Harry che Ginny rimasero a ssarla, era palesemente giù
di corda.
Sono solo un po' stanca riprese Hermione in risposta ai
loro sguardi, con un pochino più di entusiasmo Sai, un po'
il viaggio in Australia, un po' tutto quello che c'è da ripassa-
re. . . ho avuto pochissimo tempo per riposarmi si arettò ad
aggiungere A voi invece come va con il mio programma? Siete
riusciti a seguirlo tutto? L'ho chiesto a Ron quando sono arriva-
ta ma non mi ha neanche risposto. . .  disse Hermione gettando
uno sguardo a Ginny.
Bene, piuttosto bene direi. . .  rispose Harry imbarazza-
to. Lui e Ron non erano andati molto oltre un decimo del
programma suggerito da Hermione.
Ottimo! Allora ho fatto bene a portare alcuni libri di ap-
profondimento per il M.A.G.O. che avevo a casa. Francamente
pensavo di essere stata troppo ottimista a portarveli!.

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Ottimista è dir poco pensò Harry, considerato che da sei anni
sia lui che Ron sbarcavano l'anno scolastico grazie al suo aiuto
e ai suoi appunti.

In quel momento sentirono la signora Weasley chiamarli a


gran voce dalla cucina per la colazione. Quando

scesero, di Ron non c'era traccia, ma nessuno di loro si


azzardò a fare domande.

Anche se non aveva assistito direttamente al litigio, Harry


immaginò che ce ne fosse stato uno, ed era pronto a scommettere
che Ron avesse accolto Hermione con uno dei suoi soliti musi
lunghi dovuti a - solo lui sapeva quale - oesa imperdonabile.

Quando furono tutti seduti a tavola, la signora Weasley riem-


pì il piatto di Harry con tanta pancetta fritta, uova e pane to-
stato che avrebbe potuto sfamare l'intero tavolo dei Grifondoro
ad Hogwarts.

Cominciò a mangiare con appetito, contento che nessuno gli


chiedesse dove fosse sparito quella mattina. Non voleva com-
muovere nessuno con la storia della visita alla tomba dei suoi ge-
nitori. Di sicuro la signora Weasley sarebbe scoppiata in lacrime,
e probabilmente anche Ginny ed Hermione.

Mentre ascoltava distrattamente i progetti per la serata, il


suo pensiero tornò a quel ragazzo che, ne era ormai praticamente
certo, lo aveva pedinato a Godric's Hollow.

Aveva letto in quello strano sguardo, in quel sorriso storto,


tutto fuorché buone intenzioni.

Non sapeva se parlarne con i suoi amici, tantomeno ora che


era arrivata Hermione. Probabilmente lei lo avrebbe rimprove-
rato per essersi smaterializzato con tanta leggerezza, e avrebbe

37
poi comunque sminuito la sua sensazione di essere pedinato da
chicchessia.

Harry caro, allora cosa preferisci per dolce oggi? lo riscosse


improvvisamente la signora Weasley.

Oh fa lo stesso, veramente. . .  rispose Harry, che non si


era accorto che la discussione si fosse spostata sulla sua torta di
compleanno.

Eh no! la tua festa, almeno la torta devi deciderla tu!


Una torta di zuccotti alle fragole o la crostata di nocciolotti
melassati? chiese la signora Weasley, con l'aria di chi ritiene
che dalla risposta dipendano i destini dell'umanità.

Inizialmente Harry non voleva festeggiare il suo diciottesi-


mo compleanno, pensava che l'assenza di Fred, Lupin e Tonks
avrebbe reso vano ogni festeggiamento. Ma la signora Weasley
aveva insistito tanto che alla ne erano rimasti d'accordo su
una festicciola veramente molto intima. Oltre ovviamente al sig.
Weasley e a Percy, li avrebbe raggiunti solo George. Hermione
era praticamente l'unico ospite che non fosse della famiglia.

Allora proverei volentieri la crostata di nocciolotti melas-


sati, non l'ho mai assaggiata rispose Harry.

Decisa la torta, la signora Weasley ricominciò ad armeggiare


ai fornelli, Ginny e una depressa Hermione salirono in camera
lasciando intendere che preferivano stare sole, e ad Harry non
rimase che andare a cercare Ron.

Lo trovò in giardino seduto sotto un albero con in mano un


vecchio libro sui Cannoni di Chudley ,che doveva aver letto e
riletto almeno un migliaio di volte.

Ciao Ron lo salutò sedendosi.

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Ron alzò appena lo sguardo dal libro, guardandosi intorno
con didenza.
Ciao rispose con un tono piuttosto cupo, tornando a leg-
gere.
Harry era stato sempre piuttosto preoccupato dal rapporto
tra Ron ed Hermione. Se ora si fossero lasciati, conoscendo Ron,
probabilmente non si sarebbero più rivolti la parola, e lui non
voleva passare il resto della sua vita cercando di riconciliarli.
Come mai hai già litigato con Hermione? domandò Harry
senza tanti preamboli.
Io non litigo con nessuno! rispose Ron voltando violente-
mente pagina.
Era dicile per Harry comprendere il perchè delle incom-
prensioni tra Ron ed Hermione, per quel poco che ne sapeva
l'unica cosa che aveva creato problemi alla sua storia con Ginny
era stata la caccia mortale a Voldemort, che, oltre ad essere un
buon motivo di rottura, dicilmente si sarebbe ripetuta. . .
Ron invece si ostinava ad oendersi per ogni stupidaggine, la
sua insicurezza, paradossalmente, sembrava aumentata ora che
nalmente sapeva di essere ricambiato da Hermione.
No sai, mi sembrava.. concluse Harry. Se avesse insistito
con le domande, Ron per stizza non avrebbe risposto. Raccolse
invece un bastoncino e cominciò a giocherellarci.
Lo sai cosa mi ha detto appena è arrivata? Eh, dopo tutto
il tempo che non ci vedevamo? riprese Ron furibondo dopo
alcuni istanti, senza smettere di ssare il libro.
Mi ha detto: Buongiorno Ron. Allora, come procede lo
studio?  disse, facendo un'imitazione improponibile della voce
di Hermione.

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Sei appena arrivata, dovresti avere mille cose da dirmi -
tipo che bello vederti, ad esempio. . . - e la prima cosa che mi
domandi è questa? Io sono rimasto senza parole. In risposta
al mio silenzio allora, lo sai cosa ha detto? Che stupida sono
stata a pensare che avresti seguito il mio programma!  continuò
Ron, sempre ssando il vecchio libro. Sembrava intenzionato ad
incendiarlo con lo sguardo.
E tu cosa hai risposto. . .  domandò Harry timidamente,
temendo l'esplosione dell'amico.
Non meritava risposta!! Ho girato i tacchi e me ne sono
andato! concluse Ron voltando la pagina del libro con tanta
foga che gli rimase in mano.
Ma sai come è fatta Hermione, mette lo studio prima di
tutto. . . .
Come ti sentiresti a venire dopo lo studio nella personale
classica di Ginny? ormai la faccia di Ron era di un rosso de-
cisamente fuori dalla norma. Le orecchie in particolare avevano
assunto una sfumatura oltremodo preoccupante.
Io le ho scritto una lettera! Lei l'unica che mi ha invia-
to. . . beh la conosci. Eppure a Victor Krum gli scriveva ecco-
me! Forse a me non ha nulla da dire che non riguardi la mia
istruzione!.
Calò un silenzio carico di tensione, Ron sembrava troppo
infuriato per parlare ed Harry maledì la sua totale mancanza di
argomenti appropriati all'occasione, ma, come a ricordargli che
le cose possono sempre peggiorare, accadde ciò che temeva più
di qualsiasi altra cosa: Ron gli chiese chi avesse ragione.
Harry tentò una debole difesa a favore di Hermione dicendo
che forse era un po' imbarazzata e che Ron forse, e sottolineò

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il forse, era stato troppo precipitoso, ma l'espressione omicida
dell'amico lo convinse a dargli comunque ragione su tutta la
linea, e a chiudere il discorso con un neutrale Le donne chi le
capisce è bravo che parve soddisfare Ron.
Hermione e Ron passarono il resto della giornata ad evitarsi.
Così anche Ginny e Harry furono costretti a rimanere lontani.
Harry non faceva che pensare al momento in cui sarebbe rimasto
solo con lei, ma si era quasi rassegnato all'idea che quel giorno
probabilmente quel momento non sarebbe mai arrivato.
Non poteva rischiare di far innervosire ancora di più Ron
facendosi scoprire magari proprio intento a baciarsi con sua
sorella. Troppe emozioni per un giorno solo. . . le sue orecchie
sarebbero esplose rischiando di ferire qualcuno.
Alle sette arrivò George con un enorme pacco per Harry. Alle
otto due schiocchi annunciarono che anche il signor Weasley e
Percy si erano materializzati.
La cena fu eccezionale, Harry non ricordava di aver mai man-
giato nulla di così buono: maialino fritto ripieno di salsicce, le
leggendarie patatine polacche aromatizzate alla pancetta, purè
al formaggio e tre tipi di pane diverso. La signora Weasley con-
tinuava sistematicamente a riempirgli il piatto senza neanche
aspettare che Harry lo svuotasse.
A tavola George continuava a punzecchiare Percy come ai
vecchi tempi, il signor Weasley non la smetteva di fare domande
ad una sconsolata Hermione, su come facessero i babbani a fare
questo o quello senza magia. Solo Ron continuava a mangiare a
testa bassa senza atare.
Se ci fosse stato anche Fred, la si sarebbe potuta scambiare
per una cena di qualche anno prima, quando Voldemort era solo

41
un nome che non doveva essere pronunciato e non un pericolo
reale.
Nonostante tutti si professassero satolli, trovarono comunque
uno spazio per la spettacolare crostata di nocciolotti melassa-
ti, denita all'unanimità sicuramente la torta più buona che la
signora Weasley avesse mai fatto.
Oh beh, sono stata fortunata! Dicilmente i nocciolotti
lievitano così bene disse con modestia Molly al sig. Weasley
che si complimentava più di tutti.
Finita la torta, nalmente Harry poté cominciare ad aprire i
regali. Iniziò con quello di George, che era enorme, grande quasi
quanto un baule. La scatola conteneva decine di altri conteni-
tori. Era un campionario completo di tutti gli scherzi presenti
al negozio, e almeno una confezione di ogni qualità di dolciume
proveniente da Mielandia. Harry, volendo, non sarebbe dovuto
andare al negozio di dolci per i prossimi due anni.
Hermione gli aveva regalato due statuine di bronzo a forma di
canguro, comprate in Australia. Appena Harry le ebbe scartate,
Ron cominciò a sghignazzare apertamente.
Vedi Harry, qualche stupido potrebbe pensare che questi
siano solo due soprammobili disse, lanciando un'occhiataccia a
Ron che continuava beatamente a ridacchiare.
Hermione prese un pezzo di carta, ci scrisse qualcosa so-
pra, e lo ripiegò facendolo diventare piccolo come l'incarto di un
cioccolatino.
Prese un canguro e lo portò vicino a George, poi tornò vicino
ad Harry che aveva l'altro.
Ora guarda, inlo il bigliettino nel marsupio del canguro.
Il bigliettino scomparve immediatamente nella piccola fessura.

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Ok George, ora puoi controllare nella tasca del tuo. Geor-
ge prese il piccolo canguro di ottone e guardò nella piccola fes-
sura, che no ad un istante prima era vuota, dove era apparso
un bigliettino di carta tutto piegato.

Leggi pure cosa c'è scritto disse Hermione gongolante.

Risus abundat in ore stultorum  lesse George ad alta voce.

Il riso abbonda sulla bocca degli stolti tradusse immedia-


tamente Hermione, ssando Ron che aveva smesso di ridere.

Con questo Harry, puoi mandare messaggi a qualsiasi di-


stanza, istantaneamente e senza rischio di essere intercettato.
Ho pensato che anche in futuro, quando sarai un Auror, ti sarà
utile. . . .

Grazie Hermione, è veramente fantastico! disse Harry sin-


ceramente contento. I regali di Hermione erano sempre tra i
suoi preferiti. Il kit per la manutenzione delle scope era tutt'ora
una delle cose più belle che avesse mai ricevuto, dopo la Firebolt
ovviamente.

La signora Weasley gli passò un grosso pacco informe. Harry


sapeva perfettamente cos'era prima ancora di aprirlo: un ma-
glione di lana alla Weasley, quest'anno di un bel verde prato.
Harry le dedicò un lungo abbraccio, era stata già così buona a
organizzare quella cena.

Tieni Harry, non è molto ma. . .  disse Ron gravemente,


tenendo la testa bassa.

Beh qualsiasi cosa sia, non sarà all'altezza del regalo di Her-
mione lo punzecchiò George, che aveva colto l'evidente tensione
tra i due.

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Harry scartò il pacco, era una piccola borraccia da appendere
alla scopa. Grazie mille Ron, mi serviva proprio disse Harry
tranquillizzando l'amico. Sicuramente
era un regalo dozzinale in confronto a quello di Hermione,
ma era comunque realmente utile.
Finalmente fu il turno di Ginny. Gli diede una scatola tutta
colorata, con un grosso occo giallo. Quando Harry la prese in
mano s'accorse che la scatola vibrava vivacemente.
Guardò Ginny perplesso.
Aprì la scatola e dentro vide una piccola palla di pelo rotonda
color oro. Inizialmente pensò fosse un boccino di pezza come
quello di Ron, ma quando la vide roteare e sbattere gli occhi
capì di cosa si trattasse.
Una Puola Pigmea! Grazie Ginny. Harry abbracciò di
slancio Ginny, che lo strinse con entusiasmo.
Hey, ma questa non viene dal mio negozio! esclamò George
avvicinandosi.
L'ho presa al Serraglio Stregato disse Ginny accarezzando-
la Ha detto il proprietario che è di una varietà molto intelligente
e raramente alcune manifestano anche poteri magici.
E da dove viene? chiese Ron, avvicinandosi per vederla da
vicino.
Sono americane, vengono dalla Death Valley rispose Gin-
ny.
Ron, che sembrava avere una forte avversione per tutto ciò
provenisse dagli Stati Uniti, ritirò la mano con cui stava per
accarezzarla e tornò a sedersi.
Come pensi di chiamarla? domandò Hermione ad Harry.
Non saprei. . .  rispose Harry accarezzandola.

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Bleah! Unghia di piedi, è davvero ripugnante!! disse Ron
inaspettatamente, sputando qualcosa nel suo tovagliolo.
L'intero tavolo si girò a ssarlo.
Scusate, ho preso una caramella Tutti i gusti + uno disse
Ron con fare disgustato, tentando di pulirsi la lingua con un
lembo del tovagliolo.
Mangia una di queste, vedrai che il saporaccio andrà via
gli suggerì George passandogli una piccola gomma.
Non appena Ron ebbe iniziato a masticarla, questa iniziò
a lievitare nella sua bocca. Dopo pochi istanti non era più in
grado di muovere le mascelle. Le guance di Ron si tesero al
massimo, sembrava uno scoiattolo con due noci nella bocca.
Improvvisamente, dalle labbra, iniziò a gonarsi un enorme
pallone che tirava Ron verso l'alto. Il ragazzo iniziò a sollevarsi
dalla sedia trascinato verso il sotto, scalciando e agitandosi
senza sosta.
Ginny salì sul tavolo e cercò di forare la gomma con una
forchetta, ma senza risultato.
George fai qualcosa! Tuo fratello è tutto rosso, non re-
spira! gridò la signora Weasley preoccupata, ma quest'ultimo
era troppo impegnato a ridere per poter anche solo pensare di
rispondere.
Deglonfa ! Hermione aveva raggiunto Ginny e aveva bucato
il pallone con la bacchetta.
Ron cadde a terra con un sonoro schianto.
La signora Weasley si precipitò ad aiutarlo. Ron si alzò bor-
bottando inviperito parole incomprensibili con la bocca ancora
impastata dalla gomma, lanciando occhiate infuocate a George
che ancora rideva.

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Il signor Weasley, che stava ridendo anche lui, divenne im-
provvisamente serio non appena incrociò lo sguardo di sua mo-
glie.
Chiedi subito scusa a tuo fratello! disse cercando di avere
un tono autoritario.
Scusa fratellino, non ho saputo resistere disse George an-
che se non aveva ancora smesso del tutto di ridere.
Si può sapere che diavoleria era, questa volta? chiese la
signora Weasley.
Era una Bubblemou, una delle più recenti creazioni di Fred,
mamma. Bubblemou, perfetta come una bubble, buona come
una mou, ti farà toccare il cielo! . . . e non in senso metaforico!
rispose George entusiasta.
Tutto bene Ron? disse Hermione avvicinandosi a Ron, che
stava togliendosi ancora pezzi di gomma dalla faccia.
Ghon aeevo gisogno gnel uuo ajuto farfugliò Ron, lancian-
dogli un'occhiataccia carica di risentimento.
Detto questo salì in camera senza salutare nessuno.
Hermione rimase impalata. Ad Harry sembrò di udire un
singhiozzo prima di vederla correre fuori in giardino.
Ginny fece per raggiungerla ma Harry la prese per un braccio
Lascia, vado io disse a malincuore.
La trovò seduta su una vecchia sedia alla destra del portico.
Oh, Harry disse lei con un lo di voce.
Sono. . . venuto a vedere come stavi. . .  rispose Harry im-
pacciato.
Non sapeva cosa dirle. In cucina un impulso gli aveva sugge-
rito che dovesse essere lui a raggiungerla e non Ginny. In fondo
Hermione era sua amica da molto più tempo.

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Ehm. . . sai, Ron ultimamente è un po' nervoso e. . .  ten-
tennò Harry.
Non parlarmi di Ron, ok? Non mi interessa minimamente
cosa gli passa per la testa! sbottò Hermione.
 tutto il giorno invece che voglio parlarti di una cosa disse
evidentemente sollevata, nel suo solito tono battagliero.
Che ne è della bacchetta di Sambuco? gli disse guardan-
dolo dritto negli occhi.
 sempre qui nella mia tasca rispose Harry tastandola.
La porti sempre dietro? Ancora non l'hai nascosta? stra-
buzzò gli occhi Hermione.
Beh, dovevo rimetterla nella tomba di Silente. . . ma ancora
non c'è stato tempo perché. . . .
Harry è della massima importanza che tu la nasconda im-
mediatamente! Se qualcuno dovesse scoprire che tu possiedi
quella bacchetta leggendaria. . . ogni mago cercherebbe di im-
possessarsene!! disse Hermione rudemente.
Sì lo so Hermione, appena tornati ad Hogwarts. . . .
No Harry, devi farlo subito! troppo rischioso. . . tenerla in
tasca poi è da incoscienti! Non sarei dovuta andare in Australia
senza risolvere questa cosa. . . .
Guarda Hermione, che anche quando sei lontana riesco an-
cora a cavarmela la interruppe Harry stizzito, contento ora
più che mai di non avergli raccontato del suo strano incontro a
Godric's Hollow.
Come ben sai, non posso materializzarmi all'interno del-
la scuola. Dovrei materializzarmi ad Hogsmeade e poi anda-
re a bussare al cancello di Hogwarts per chiedere di andare a
scoperchiare la tomba di Silente. . . mi sembra decisamente più

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rischiosa questa strada, che aspettare semplicemente l'inizio del-
l'anno scolastico. Come puoi vedere anch'io ho riettuto sulla
questione! concluse con più arroganza di quanto avesse voluto.
Hermione, con cipiglio severo, stava per replicare quando
la porta della cucina si aprì. Era Ginny, che si avvicinò loro
andandosi ad appoggiare alla spalla di Harry.
Beh, visto che la mia presenza non è gradita a tutti, e che
comunque in mia assenza siete in grado di cavarvela da soli,
tolgo il disturbo disse improvvisamente sfoggiando un sorriso
stiracchiato.
Entrò a grandi passi in casa, per riuscirne poco dopo con la
sua borsa.
Ginny, ricordati di salutarmi George, quando sono entra-
ta era già andato via. Ci vediamo il primo settembre disse,
sistemandosi lo zaino sulle spalle.
Dai Hermione, fermati per la notte la pregò Ginny.
Sarei comunque partita domani dopo colazione, se vado via
ora guadagno un paio d'ore di studio domattina.
Harry fece un goo tentativo di dirle qualcosa, ma Hermione
lo ignorò. Si arettò a baciare Ginny, rivolgendo a lui solo un
cenno sbrigativo di saluto mentre si smaterializzava con uno
schiocco.
Harry raccontò brevemente a Ginny cosa si fossero detti con
Hermione, ammettendo inne di essersi innervosito troppo, data
la situazione.
Ma non sopportava che lei avesse insinuato che non sarebbe
dovuta partire per occuparsi personalmente di nascondere la
bacchetta di Sambuco. Era come dire che lui era un bambino di
due anni e lei sua madre.

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sono sicuro che alla ne non ha replicato perché ha capito
che avevo ragione io a dire che ormai conviene aspettare l'inizio
dell'anno per nasconderla. . .  Ginny lo zittì mettendogli un dito
sulla bocca, gli strinse le braccia al collo e lo baciò.
Fu un bacio lunghissimo, o per lo meno così parve ad Harry.

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Capitolo 5

STRANI INCONTRI A

DIAGON ALLEY

Dai Snitch, salta su! disse Harry stancamente, tendendo la


mano verso la sua Puola Pigmea. Snitch gli era sembrato un
nome adatto, così piccola e di un vivido color oro, gli aveva
ricordato subito un boccino da Quidditch.

Quella lo guardò allegra e cominciò a roteare su sé stessa.

No Snitch! Non rotolare, salta. . . qui, sulla mia mano in-
sistette Harry. Era seduto sul suo letto con la Puola di anco,
tentando inutilmente, come nei giorni passati, di insegnargli a
fare qualcosa.

Meno male che è una varietà intelligente! disse Ron, men-


tre niva di vestirsi.

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La Puola di Ginny  che non è americana  ha imparato
a saltare dopo neanche un'ora! commentò sarcastico.
Dalla sera del compleanno e della partenza di Hermione, Ron
era particolarmente acido.
Harry cercava di assecondarlo in ogni modo, cercando di di-
strarlo e passandoci più tempo possibile insieme, ma in tut-
ta risposta si trovava ad essere il bersaglio preferito delle sue
frecciatine.
Insomma per Harry non era facile, soprattutto perchè tra
la compagnia di un Ron immusonito e di una raggiante Ginny
preferiva di gran lunga la seconda.
Quello che gli sarebbe servito era una Giratempo di quelle
che Hermione usava il terzo anno, in modo da poter conciliare
il piacere, Ginny e il dovere, il suo suscettibile amico Ron, e
dedicare del tempo ad entrambi.
Quella sera, dopo aver ricevuto in giardino da Ginny l'augu-
rio di compleanno che aveva sognato per tutto il giorno, Harry
si era precipitato in camera da Ron.
Appena aperta la porta ebbe il tempo di vedere l'amico ser-
rare improvvisamente gli occhi e ostentare un respiro esagerata-
mente pesante.
Harry stava per dirgli quanto male ngesse di dormire, quan-
do all'improvviso udì del trambusto provenire dal pollaio. Qual-
cosa aveva svegliato le galline, che correvano schiamazzando nel
cortile. Harry pensò ad una volpe, quando dalla nestra aperta
un gufo capitombolò al centro della stanza.
Era ridotto male. Si capiva che aveva avuto un viaggio piut-
tosto lungo e tormentato. Tra le sue piume, impolverate e ar-
ruate oltremodo, spiccavano alcune penne di gallina. Eviden-

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temente le inquiline del pollaio dovevano essersi vendicate per
essere state svegliate così all'improvviso.
Ron, che aveva smesso di ngersi addormentato per guardare
cosa stesse accadendo, corse a raccoglierlo.
È un gufo di Hogwarts disse, slandogli dalla zampa una
lettera e un pacchetto informe.
 per te disse Ron passandogli la posta, e cercando di
lisciare le penne al povero gufo.
Harry aprì la lettera  di Hagrid! lesse sorpreso.

Buon compleanno Harry!

Sono proprio spiaciuto di non essere lì con te.


Avrei voluto darti una bella pacca sulla spalla, come si fa
tra uomini. Invece, sono dovuto rimanere con la mia Frilly che
faceva nascere i suoi frillini. Quando vieni sentirai che suoni.
Sono tanto carini. Come facevo a lasciarli soli?
Ieri, al Paiolo Magico un mago vendeva un sacco di co-
siamericani. Cerano un mucchio di maghi tutti contenti che li
provavano, così mi sono detto: Cavolo, questi li devo proprio
regalare a Harry. Non ci ho capito niente di come funziona-
no, quel mago mi ha detto che ti fanno viaggiare di un'ora però
all'indietro, insomma vedi tu!
Tra due settimane vado a Diagon Alley a comprarci un po' di
cose importanti per Hogwarts, ti va se ci incontriamo per man-
giarci un bel gelato? Se proprio non puoi ti aspetto a Hogwarts
che ci beviamo un tè con i miei biscotti.

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Hagrid

Hagrid mi ha mandato un regalo di compleanno, pensavo


se ne fosse dimenticato! disse Harry.

Ron adagiò il gufo, ancora piuttosto intontito, nella gabbia


di Leotordo dove c'erano acqua e biscotti cuci, e poi tornò a
sedersi con circospezione vicino all'amico. Cono

scendo Hagrid, dentro quel pacco informe, poteva esserci


qualche animale non meno pericoloso di uno Schiopodo Spa-
racoda.

Harry prese il pacchetto, incartato grossolanamente, e lo aprì


piuttosto incuriosito, sotto lo sguardo attento di Ron.

Una vistosa, quanto improbabile montatura di corno, incor-


niciava le più enormi e spesse lenti, del più strano paio di occhiali
che Harry avesse mai visto.

Su un piccolo cartellino, legato con una cordicella, c'era


scritto Retroglass  il tuo viaggio nel tempo.

Harry tolse i propri occhiali e indossò i Retroglass.

Sei terribile Harry! gli disse Ron ridendo.

Attesero alcuni istanti, ma non accadde nulla. Tutto era tale


e quale.

Questo è un altro scherzo che hanno fatto ad Hagrid con-


cluse Harry, ridendo a sua volta mentre rimetteva i propri oc-
chiali.

Ron smise improvvisamente di ridere. Evidentemente aveva


ricordato il motivo per cui doveva essere arrabbiato. Tornò a
dormire senza dire una parola.

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Da quell'ultima risata Harry non ne sentì altre. Nonostante
fossero passate quasi due settimane da quella sera, il suo umore
non sembrava essere migliorato.
Se ne stava la maggior parte del tempo chiuso in camera,
uscendo solo per mangiare o per lagnarsi di qualcosa come un
vecchio troll.
Harry tentò di toccare il tasto Hermione solo in due occasio-
ni.
La prima volta suggerì di mettere un po' più impegno nel
seguire il suo programma di studi, e Ron in tutta risposta  bor-
bottando in maniera totalmente incomprensibile  raccolse tutti
i suoi libri in un grosso sacco e li depositò in sotta, restando
intrattabile per tutto il resto della giornata.
La seconda volta fu la mattina precedente, mentre facevano
colazione. Harry domandò timidamente se non fosse il caso di
mandare un gufo ad Hermione per sapere se l'indomani volesse
raggiungerli a Diagon Alley per incontrarsi insieme con Hagrid.
Ci mancò poco che Ron si strozzasse con il panino al pro-
sciutto che stava mangiando.
Alla ne dovette intervenire la signora Weasley: gli diede
una pacca così forte sulla schiena  ormai era cianotico  che
il povero Ron sputò il pezzo di panino direttamente fuori dalla
nestra.
Harry intuì che l'amico non aveva gradito l'idea.
Dopo colazione, quando Ron non era a portata di orecchio,
Ginny risolse la situazione e decise di inviare lei un gufo ad
Hermione, in cui le chiedeva di andare a Diagon Alley insieme.
Harry ne fu sollevato, così non si sarebbe sentito in colpa per
non averla invitata.

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Ne approttò per allegare alla pergamena anche i suoi saluti.
Non si azzardava a mandarle un gufo personalmente temendo
che fosse ancora arrabbiata anche con lui.

Andiamo? disse Ron, nendo di allacciarsi le scarpe Io


sono pronto.

Harry prese Snitch e se lo appoggiò sulla spalla, come faceva


Ginny con Arnold quando dovevano uscire Fermo Snitch, da
bravo, non ti muovere.

In tutta risposta Snitch cominciò a rotolare da una spalla


all'altra di Harry, saltandogli di tanto in tanto sulla testa.

No, fermo. . . dai mettiti qui gli disse Harry disperato, ten-
tando inutilmente di rimetterlo nuovamente sulla spalla.

Devi stare fermo Snitch o non puoi venire a Diagon Alley!.

Ehi, o viene lui o vengo io! esclamò Ron agitato A meno


che non sia per riportarlo al Serraglio Stregato, in quel caso. . . .

Va bene, va bene non lo porto disse Harry prendendolo


dalla spalla per adagiarlo sul letto.

Di colpo la stanza si fece buia. Sparirono Ron, Snitch, il


letto, i manifesti dei cannoni di Chudley e anche il muro su cui
erano appesi. Harry era piombato nel nulla, solo.

RON! RON! gridò Harry terrorizzato, girandosi intorno


infermo sulle gambe. Prese istintivamente dalla tasca dei pan-
taloni la Bacchetta di Sambuco, per illuminare quel nulla così
opprimente.

Ma prima ancora di formulare la parola Lumos, cominciaro-


no a delinearsi i contorni di una stradina. In pochi istanti si rese
conto di trovarsi in un piccolo vicolo scarsamente illuminato.

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Non è possibile pensò. Dove mi trovo? Non ebbe il tempo di
terminare quel pensiero che improvvisamente sentì un'esplosione
provenire alle sue spalle.

Si voltò appena in tempo per vedere apparire dal nulla una


carrozza nera, trascinata da un enorme toro anch'esso nero come
la pece.

La carrozza procedeva verso di lui a tutta velocità e non c'era


nessun cocchiere a governarla. Il toro non accennava minima-
mente ad interrompere la sua corsa scalmanata, e anche volendo
ormai, non avrebbe fatto in tempo, era troppo vicino.

Harry riuscì a buttarsi di lato, appiattendosi contro uno dei


muri dello stretto vicolo, chiudendo gli occhi e sperando di non
essere travolto.

Il toro sbuò rumorosamente. Harry aprì gli occhi, sembrava


impossibile, ma la carrozza era immobile, proprio davanti a lui.

La tendina che copriva il vetro si scostò. Di poco, ma abba-


stanza per far scorgere ad Harry la sagoma di una persona.

L'uomo all'interno fece sporgere dal nestrino la propria ma-


no. Harry pensò per un attimo che volesse stringergli la sua,
per scusarsi, ma invece la mano cominciò a muoversi in maniera
sinuosa, ettendo le dita come se stessero suonando una sinfonia.

Harry sentì la bacchetta di Sambuco tirare. Cercava di sgu-


sciare dalla sua mano per andare verso quella dello sconosciuto.

Harry la teneva a sé con tutta la forza di cui era capace,


ma ben presto fu costretto a stringerla con entrambe le mani,
la bacchetta tirava sempre più forte. Chiuse gli occhi e puntò
i piedi nel tentativo disperato di trattenerla, ma ormai era a
pochi centimetri dalle dita dello sconosciuto.

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Il cuore gli batteva sempre più forte, sembrava che lo stessero
punzecchiando con un attizzatoio incandescente.
Aprì gli occhi. Davanti a lui c'era la faccia di Ron che lo
guardava con aria a dir poco preoccupata.
Era tornato alla Tana, nella luminosa stanza che divideva
con Ron.
Nella mano non stringeva più nulla, si tastò disperatamente,
in cerca della bacchetta di Sambuco. Per fortuna era al suo
posto, accanto alla sua bacchetta, nella tasca dei pantaloni.
Harry, ma che ti prende? chiese Ron allarmato.
Non rispose, aveva il atone. Cominciò a respirare lenta-
mente, cercando di calmarsi.
Solo allora vide Snitch tremare vistosamente sul letto. Non
aveva il suo solito color oro, era più scura, quasi arancione.
 così da quando hai iniziato ad agitarti intervenne Ron
seguendo lo sguardo preoccupato dell'amico.
Va tutto bene Snitch, calmati! gli disse Harry accarezzan-
dolo dolcemente.
La Puola si riprese istantaneamente. Tornò al suo vivi-
do color oro e cominciò a saltellare allegramente da una parte
all'altra del letto.
Harry si sentì un po' sollevato.
Allora, cosa ti è successo? Chiese Ron.
Non lo so, ti giuro che non lo so. . .  Harry tentò di spiegare
a Ron cosa fosse accaduto. Anche se non sapeva spiegarlo in
nessun modo. Sicuramente non si era addormentato e non era
svenuto. E non aveva avuto neanche una visione come quelle
della Cooman. Ron gli aveva detto che se ne era stato senza

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dire una parola, impalato e ansimante per non più di un paio di
minuti.

Ehm, ma ti fa. . . ti fa male la cicatrice? domandò Ron


intimorito dalla possibile risposta.

No, assolutamente! stata un tipo di visione completamente


diversa da quelle che condividevo con Voldemort. Non so che
pensare e. . .  si interruppe. E non so con chi parlarne pensò
tra se. Nuovamente tornò a desiderare di avere un padrino a cui
spedire un gufo, o un preside infallibile che potesse occuparsi
della cosa.

Senti Harry, forse oggi preferisci riposarti, magari vado solo


io e avviso Hagrid. . .  disse Ron mettendogli una mano sulla
spalla.

Grazie Ron ma sto bene. Mi sembra già tutto così lontano.


ed era vero. La visione era stata molto reale concluse Harry, ma
ora stava già sbiadendo come un sogno.

Sulla soglia della stanza Harry ebbe un ripensamento. Prese


la Bacchetta di Sambuco e la nascose sotto il materasso. Quella
visione lo aveva impressionato più di quanto fosse disposto ad
ammettere, e comunque la prudenza non era mai troppa. Al-
la Tana, con i suoi incantesimi di protezione, sarebbe stata al
sicuro.

Decisero per il momento di non allarmare né Ginny né nessun


altro.

Ok ti copro io. Non dirò a Ginny e a mia madre che sei
pazzo! disse Ron zig-zagando giù per le scale della tana.

Scesi in salotto, si piazzarono davanti al camino. Con di-


sappunto di Harry, che odiava la metropolvere sin dalla prima

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volta che l'aveva usata nendo a Nocturn Alley, decisero di usare
proprio quella.
La signora Weasley, lo aveva pregato in gran segreto, di far
smaterializzare Ron il meno possibile. Ora che era sempre così
nervoso avrebbe corso il rischio di lasciarsi dietro qualche pezzo
di sé.
Presero dal vaso un pizzico di polvere magica, si avvicinarono
al fuoco, e la gettarono tra le amme. Con uno schianto il
fuoco divenne verde, ci saltarono dentro a turno gridando a voce
altissima Diagon Alley.
Come purtroppo rammentava, la sensazione di essere trasci-
nato giù per un tubo, stordito da un rumore tremendo e accecato
da brillanti amme verdi, lo faceva star male.
Cercò di tenere gli occhi il più aperti possibile nonostante
la fuliggine, tentando di intravedere il negozio di George, dove
avevano deciso di apparire.
Molti camini vorticarono confusi davanti ai suoi occhi, stret-
ti come due fessure, quando nalmente riconobbe quello che
sembrava essere lo sgargiante negozio Tiri vispi Weasley. For-
mulato quel pensiero, si ritrovò a sbattere sonoramente il sedere
sul marmo tiepido del camino di George.
Giusto il tempo di sistemarsi gli occhiali sul naso, e sco-
starsi i capelli pieni di fuliggine dalla fronte e Ron si schiantò
dolorosamente sulla sua schiena.
Perché ancora non ti sei tolto? Vuoi ammazzarti?! gli disse
Ron con le gambe avvinghiate intorno al suo collo.
Cof, cof. . . mi sono distratto rispose Harry tossendo, un
po' per la fuliggine e un po' perché l'amico lo stava strangolando
tra le gambe.

60
Cosa stai combinando Ron? Levatevi dal mio camino o
rischiate di far male a qualche cliente vero! li accolse George,
venendo loro incontro in uno sgargiantissimo completo magenta.
Ma Harry non si è tolto. . .  si giusticò Ron.
George diede una mano ad Harry a rialzarsi, ignorando com-
pletamente le lamentele del fratello.
Mentre si spazzolava dalla polvere, Harry si guardò intorno.
Il negozio era pieno di clienti, tutti accalcati intorno agli altis-
simi scaali, che facevano incetta delle più disparate diavolerie.
La maggior parte dei ragazzi si trovava davanti agli stands
delle Merendine Marinare, del Torrone Sanguinolento e dei
Sogni svegli brevettati.
Ora che si avvicina l'inizio della scuola tutti hanno fretta di
assicurarsi la possibilità di saltare qualche lezione disse George
cogliendo lo sguardo di Harry.
Quest'anno ho aggiunto le Piume Sgorganaso. Sono una
forza, guarda. . . TYRON VIENI QUI! gridò Gorge.
Dopo pochi istanti arrivò di corsa, con un po' di atone,
un vecchietto sorridente con la corporatura esile e una testa
grandissima, sembrava un lecca-lecca tutto avvizzito.
Tyron, fai vedere il funzionamento delle Piume Sgorgana-
so disse George porgendogli una piuma di un vivido colore
rosso scarlatto, che teneva in tasca.
Tyron prese la piuma e cominciò a solleticarcisi il naso. Ci
impiegò alcuni istanti, poiché a causa del tremore che aveva alla
mano, a volte si passava la piuma sulla guancia, a volte sulla
bocca e in alcuni istanti perno n sull'occhio.
Finalmente riuscì a soermarsi sul naso per alcuni istanti, e
come risultato emise un sonoro starnuto.

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Immediatamente cominciò a sgorgargli, copioso e inarresta-
bile come un ume in piena, un otto di sangue dal naso.
Tyron restò immobile, sempre sorridente, a lasciare che il
sangue si riversasse sul pavimento in un'enorme pozza. George
lo indicava tutto contento, mentre Harry e Ron ssavano la scena
terrorizzati.
Ok Tyron, può bastare gli disse Gorge porgendogli un
fazzoletto.
Tyron si tamponò il naso, restituì la piuma a George, e
scomparì trotterellando nel retrobottega.
Ma chi è quel poveraccio? chiese Ron allibito.
 Tyron. Dà una mano in negozio e mi aiuta a testare
nuove invenzioni. Gli altri commessi non hanno mai voglia di
sperimentare. . .  rispose George, tirando fuori
la bacchetta e facendo sparire la macchia di sangue dal pa-
vimento.
Ma è una persona anziana. . . non hai paura che muoia? lo
interrogò nuovamente Ron.
Ma sei stupido o cosa? Non è mica sangue quello! Vedi
la piuma ora è un po' meno rossa di prima. Si può usare tre
volte prima che torni bianca del tutto disse George mettendo
la piuma usata vicino ad una nuova, che era eettivamente di
un rosso molto più intenso.
Improvvisamente Harry si accorse che davanti ad uno scaf-
fale pieno di scatole rosa shocking, su cui troneggiava uno stri-
scione con scritto Filtri d'amore, delle ragazze che no ad un
attimo prima erano impegnatissime a leggere le proprietà dei
vari ltri, ora lo stavano ssando, indicandolo e ridacchiando
esageratamente.

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Harry stava per chiedere a Ron e a George cosa avessero da
guardare, quando un commesso si fece largo tra la folla tentando
di richiamare l'attenzione di George.

Signor George! disse il ragazzo con la divisa magenta del


negozio Signor George, può venire nel retro per cortesia? Ty-
ron è scivolato facendo cadere due casse di Piume al Pepe!
Tutti gli inservienti che erano nel retro stanno starnutendo come
matti. . . compreso Tyron.

Le Piume al Pepe erano un'altra nuova invenzione di George.


Te le stronavi sotto al naso ed eri vittima di una crisi di starnuti
incontrollata.

E allora? Eseguite il contro incantesimo che vi ho fatto


vedere rispose George sbrigativo.

Il contro incantesimo che ci ha fatto vedere non funziona si-


gnore, continuano tutti a starnutire, c'è muco dappertutto e. . . 
continuò allarmato il giovane commesso.

Ok, ok ho capito. Harry senti, devo andare a vedere cosa


ha combinato Tyron. . .  disse George.

Oh certo, anche noi dobbiamo andare, abbiamo un appun-


tamento con Hagrid rispose Harry.

Tanto qui non hai nulla da comprare, ti ho già regalato


tutto per il tuo compleanno, e Ron comunque non ha un soldo,
quindi. . .  disse George sorridendo e assicurandosi che il fratello
lo avesse sentito.

Harry non si sarebbe mai abituato a sentir chiamare George


signore, soprattutto se a farlo era un ragazzo che doveva avere
all'incirca la sua stessa età.

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Nello stesso modo in cui non si sarebbe mai abituato a ve-
derlo da solo. Quando Harry lo guardava cercava con lo sguardo
sempre istintivamente anche Fred.
Anche le sue parole sembravano strane pronunciate solo da
lui. Come quest'ultima frase Tanto qui non hai nulla da com-
prare, ti ho già regalato tutto per il tuo compleanno. . . era la
parte che in eetti avrebbe detto George ma sarebbe stato Fred
a terminarla con Ron comunque non ha un soldo, quindi . . .
George scomparve nel retro, trascinandosi dietro il riluttante
commesso.
Harry e Ron uscirono dal negozio, senza accorgendosi che or-
mai, tutti i clienti, avevano smesso di interessarsi alla mercanzia
per ssarli e indicarli a bocca aperta.
Fuori il sole splendeva alto. I negozi di Diagon Alley erano
di nuovo tutti aperti, con la loro sgargiantissima merce esposta
no in mezzo alla strada. Calderoni di tutte le misure e mate-
riali, gabbie contenenti civette, gu e barbagianni traboccavano
dall'Emporio del Gufo. Da tutte le vetrine i più disparati oggetti
brillavano alla luce del sole.
Poche persone ciondolavano stancamente per la via con quel
caldo, erano tutte stipate nei negozi in cerca di fresco.
Anche la bottega di Olivander era di nuovo aperta. Harry
preferì passare dall'altro lato della strada, non aveva voglia di
parlare con il vecchio fabbricante di bacchette. Solo leggere il
nome Olivander sull'insegna gli aveva ricordato la fuga da casa
Malfoy e la morte di Dobby.
Mentre cercava di scacciare quel pensiero, si accorse di un
insolito tramestio che veniva dalle sue spalle.
Se ne rese conto anche Ron perché si voltarono all'unisono.

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Vedendo tutti quegli occhi puntati verso di loro ad Harry
venne un mezzo accidente. Riconobbe poi alcune delle facce che
aveva visto no a poco prima fare acquisti nel negozio di George.
Eccoli, si sono girati! li udì vociare tra loro . . . guarda la
cicatrice!.
Ron, evidentemente non abituato a una situazione del gene-
re, arrossì più del solito e cercò di nascondersi dietro
l'amico, tentando di capire se tutte quelle persone erano
interessate solo a Harry o anche a lui.
In pochi istanti si trovarono praticamente circondati da una
trentina, tra bambini e ragazzi, stipati quasi uno sopra l'altro,
intenti a sgomitarsi e a sussurrare indicandoli. è Harry Pot-
ter! E quello vicino a lui è il suo aiutante! gridò un ragaz-
zo cicciottello che teneva tra le mani una busta dei Tiri Vispi
Weasley.
Le ultime parole ebbero appena il tempo di giungere alle
orecchie ormai viola di Ron.
Io non sono l'aiutante di nessuno! gridò spostandosi da
dietro Harry e gonando il petto più che poté.
Però sembra proprio l'aiutante dai capelli rossi. . .  com-
mentarono due dei bambini più piccoli in prima la.
A queste parole Harry tappò prontamente la bocca a Ron,
ma anche attraverso la mano di Harry era possibile intuire al-
cune delle vivaci imprecazioni dell'aiutante dai capelli rossi.
Tutti cominciarono a ridere stringendo maggiormente il cer-
chio intorno ad Harry, che a stento riusciva a trattenere il sempre
più infuriato Ron.
Improvvisamente tra quella piccola folla, delicatamente ma
con decisione, si fece largo una gura talmente imponente, che

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li avrebbe sovrastati anche se si fossero messi tutti uno sopra
l'altro.
Largo, via non ci sta mica nulla da vedere qui eh. . . forza
largo!.
Hagrid grazie al cielo! disse Harry contento come non mai
di vedere l'amico mezzo gigante.
La folla si era fatta un pochino più dietro ma nessuno se ne
era ancora andato.
Che ci piglia a questi ragazzi Harry? Ron. . . come mai sei
tutto così rosso?.
Quei nanerottoli hanno detto che sono l'aiutante di Harry!
rispose Ron ringhiando verso la folla.
Hagrid si girò Questo qui è Ronald Weasley ed è un eroe
della battaglia di Hogwarts! AMICO e non AIUTANTE di Har-
ry chiaro? E ora sparite e non scocciate più questi due ragazzi
eh. . .  disse minaccioso mimando una piccola carica.
A quel punto i più piccoli scapparono a gambe levate, mentre
i più grandicelli si dispersero tentando di mantenere un minimo
di dignità in più.
Ron! Harry! Che piacere vedervi! gli disse Hagrid ab-
bracciandoli entrambi nella sua prevedibile morsa stritolatrice
E Hermione? Pensavo che sarebbe venuta anche lei. . . .
Non è potuta venire. . .  si arettò a rispondere Harry, scor-
gendo con la coda dell'occhio l'espressione contrariata di Ron al
solo nome della ragazza.
E cos'è che ci aveva da fare che non poteva pigliarsi un
gelato con noi? domandò Hagrid incuriosito.
Hagrid ma non dovevamo vederci da Florian? tentò di
cambiare discorso Harry.

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Stavo proprio per andarci quando vi ho visto. . . Andiamo
a mangiarci un bel gelato, oro io! disse allegro dandogli una
poderosa pacca sulla schiena.

In pochi minuti furono alla Gelateria Florian Fortebraccio,


Ron e Harry si sedettero a un tavolino sgombro, mentre Hagrid
prese la panca che era lì vicino per sedersi anche lui.

Novità da Hogwarts? chiese sbrigativo Ron, evidentemen-


te intenzionato a non tornare sull'argomento Hermione.

Oh un mucchio! rispose Hagrid alzando gli occhi al cielo


La professoressa McGranitt come saprete è la Preside ora, ed
è sempre piena di cose da fare poverina! Ci saranno due nuovi
insegnanti quest'anno e. . .  queste parole ridestarono l'interesse
di Ron come se fosse risorto da una morte precoce Che tipi sono
i nuovi insegnanti? Li conosciamo? chiese impaziente.

Non li conosco nessuno dei due ancora. . . ma purtroppo uno


dei due è un impiccione di americano rispose Hagrid bisbiglian-
do ma battendo il pugno sul tavolo.

Perché bisbigli? chiese Harry.

Harry ma non ce li hai gli occhi tu? Qui è pieno zeppo di


americani! Ne arrivano ogni giorno! E ora sono pure riusciti
ad entrare a Hogwarts! continuò sempre sottovoce. La Mc-
Granitt ha cercato di opporsi, ma alla ne ha dovuto prenderlo
almeno uno. . . E questo le scoccia parecchio.

Beh ma non è la prima volta che ospitiamo alunni e profes-


sori di altre scuole no? Cioè quando c'è stato il torneo Trema-
ghi. . .  sopraggiunse Harry, incuriosito.

Si lo so, ma lì c'era un accordo. Ora però il loro Presi-


dente. . .  e alla parola loro fece una smora di disgusto Ha

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voluto un professore americano a Hogwarts! E questo non è
andato proprio giù alla McGranitt!.
E allora? Lei può decidere se assumerlo o non assumer-
lo. . .  disse Ron che odiava gli americani per partito preso Il
Ministero ha fatto amicizia con loro, mica Hogwarts!.
Si, ma gli americani hanno aiutato molto nella ricostruzione
della scuola puntualizzò Harry.
Ci hai azzeccato annuì Hagrid.
In quel momento si avvicinò al tavolo un uomo molto alto,
con vistose cicatrici sul viso e sulle braccia scoperte.
Perbacco Florian! commentò Hagrid dispiaciuto Ti han-
no proprio conciato male quei malnati di Mangiamorte!.
Già rispose lui con voce piatta Mi hanno tenuto rin-
chiuso per mesi nei sotterranei di Villa Malfoy, ma posso dirmi
fortunato. . . .
Per la seconda volta in poche ore Harry si trovò a pensare
a Villa Malfoy. Fissando Fortebraccio fu assalito dal senso di
colpa per tutte le persone che non era riuscito a salvare. Ancora
una volta tentò di scacciare quel pensiero. Era con Ron ed
Hagrid e doveva pensare a loro, a non rattristarli con i suoi
musi lunghi.
Mentre si gustavano tre grosse coppe gelato oerte da Ha-
grid, Ron e Harry gli spiegarono nel dettaglio tutto quello che
avevano fatto alla Tana, partendo dalle pulizie della casa no
al giorno del compleanno di Harry, mentre Ron zittiva l'amico
ogni volta che il discorso rischiava di avvicinarsi all'argomento
Hermione.
Terminati i dolci, Hagrid tirò fuori da una delle sue enormi
tasche un piccolo orologio a cipolla e guardò l'ora. Perbacco

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quanto è tardi! Dovrete fare un sacco di compere! E anche io
ciò da nire i miei acquisti! aggiunse indicando con un gesto
della testa alcune borse poste vicino a lui, che né Harry né Ron
avevano notato prima di quel momento.
Io devo fare prima un salto alla Gringott disse Harry
controllando il suo sacchetto con dentro poche falci.
Ma sei impazzito Harry? Non ci puoi mica andare da solo
in quel covo di folletti dopo quello che hai combinato! disse
Hagrid Quelli saranno arrabbiati a morte! Ti ci accompagno
io! Che ci provino a fare i prepotenti!.
Grazie Hagrid, forse hai ragione. . .  ammise Harry un po'
preoccupato.
Beh, visto che ti accompagna Hagrid vado al Serraglio Stre-
gato a prendere dei biscotti guci per Leotordo che li ha ni-
ti. . .  disse Ron alzandosi dalla sedia visibilmente sollevato al
pensiero di non dover incontrare nessun folletto.
Allora rincontriamoci tutti al Serraglio che anche io devo
comprarci delle cose concluse Hagrid incamminandosi.
Appena Ron si fu allontanato, Hagrid si rivolse a Harry con
tono solenne.
Harry, devo darti questa da parte del Ministro.
Mentre lo diceva aveva uno sguardo attento anché nessuno
potesse notare che stava tirando fuori dal pastrano una busta
chiusa con un sigillo dorato. La porse a Harry, che, sorpreso, la
guardò attentamente, come per vedere se fosse reale o se fosse
uno scherzo.
La rigirò più volte tra le dita prima di soermarsi ad os-
servare il grosso timbro dorato che la sigillava. Rappresentava
una grossa M che lui riconobbe come il simbolo del Ministero

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della Magia, ma sotto di esso vi era un altro timbro: Inchiostro
spiaggioso  M.B.I. - Magical Bureau of Investigation.
Hagrid, ma c'è un timbro americano qui. . . cosa è l'MBI?
chiese esterrefatto.
Hagrid annuì con aria contrariata L'em-bi-ai : Magical Bu-
reau of Investigation  Sono i servizi segreti americani. . . ccano
i loro grossi nasi dappertutto con la storia di rendere tutto più
sicuro. Sai, a volte ho l'impressione che il loro capo sia una
specie di reincarnazione della Umbridge!.
A quel nome Harry rabbrividì, ma non sentì il bisogno di
aggiungere altro. Il signor Weasley e Percy erano stati già
abbastanza chiari sull'argomento.
Hai idea di cosa voglia il Ministero. . . .
No mi dispiace. Kingsley è passato dalla scuola ieri per
discutere alcune cose con il quadro di Silente e quando l'ho in-
contrato e ci ho detto che oggi ci saremmo incontrati mi ha
chiesto se potevo dartela io. . . .
Harry non indugiò oltre e ruppe il sigillo.

Caro Harry,
ti aspetto il giorno 12 agosto p.v. presso il Ministero della
Magia, Ucio del Ministro.
Desidero avere un colloquio con te alle 10.00. Ti prego di
essere puntuale. Non rivelare a nessuno il contenuto di questa
lettera.

Ti abbraccio,

Kingsley Shacklebolt.

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Non appena ebbe nito di leggere, la pergamena volò via
dalle sue mani, si avvicinò al suo orecchio e sussurrò con una
voce sibilante Sssi ricordi, Sssignor Potter! Dieci in punto del
dodici agosssto all'Ucio Del Minissstro!. Detto questo si al-
lontanò di pochi centimetri e, senza fare il minimo rumore, si
dissolse in tanti minuscoli granelli di sabbia dorati.
Ancora un po' turbato, ma non del tutto sorpreso che una
lettera potesse sbriciolarsi, Harry si incamminò pensieroso in-
sieme ad Hagrid lungo il viale che portava alla Gringott.
Non è che diceva molto `sta lettera eh. . . probabilmente vor-
rà parlarti di un premio penso, magari ti vogliono dedicare una
via. . . Potter Alley! disse Hagrid euforico.
Harry sorrise debolmente, non sapeva perché ma il suo sesto
senso gli diceva che era una cosa poco probabile.
L'ultima volta che era stato alla Gringott, l'anno prima, lo
aveva fatto sotto mentite spoglie col preciso intento di sottrarre
qualcosa dalla banca. Non sapeva come i folletti lo avrebbero
accolto. Sperava che avessero capito le particolari circostanze
che lo avevano costretto ad agire in quel modo, ma ora non ne
era più tanto sicuro. Conoscendo la loro natura, sicuramente lo
consideravano ancora un ladro, ma faceva adamento sul fatto
che essere un loro cliente, un ottimo cliente per di più, per i
folletti fosse importante. Gli aari prima di tutto.
Non appena entrato non ebbe più dubbi, una cinquantina
di folletti abbandonarono le loro attività e iniziarono a seguire
attentamente ogni suo movimento. Per fortuna sentiva alle sue
spalle la possente gura di Hagrid che gli dava coraggio.
Si guardò intorno, tutto era tornato a posto. In poco tempo
i folletti avevano riparato i danni fatti dal drago durante la fuga

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e ricostruito tutto esattamente com'era.
Si avvicinò al lungo bancone rivolgendosi ad un folletto che
sembrava meno scontroso degli altri.
Vorrei fare un prelievo dalla mia camera blindata esordì
Harry timidamente.
Il folletto stava trascrivendo alcune cifre da una pergamena
ad un'altra e sembrò non accorgersi di lui.
Senti un po' piccoletto, ci sei qui per lavorare o per fare i
comodi tuoi? tuonò Hagrid.
Solo allora il piccolo banchiere alzò la testa, si sistemò gli
occhiali e scrutò attentamente i due. Dopodiché saltò giù dallo
sgabello e si diresse verso un altro folletto che sedeva dietro una
grande scrivania, probabilmente un suo superiore.
I due iniziarono a confabulare senza che Harry riuscisse a
sentire alcunché.
Credo che ci siano dei problemi. . . avevi ragione tu, qui den-
tro non sono più ben accetto. sussurrò imbarazzato ad Hagrid.
Non preoccuparti, ci hai i tuoi diritti, non possono mica
non darti i tuoi soldi lo rassicurò l'amico.
Poco dopo il folletto fece ritorno alla sua postazione e, senza
degnarli di uno sguardo, tornò alle sue trascrizioni.
Harry strinse i pugni, visibilmente innervosito. Stava per
lamentarsi quando un piccolo drappello di folletti li raggiun-
se. In testa c'era il folletto anziano che sedeva dietro la grande
scrivania.
Prego signor Potter, da questa parte. Capirà che nel suo
caso, dobbiamo prendere delle misure di sicurezza particolari,
data la sua attitudine a prendere possesso di oggetti non suoi
ed ad arrecare danni alle strutture.

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L'irritazione di Harry superò la soglia di autocontrollo.
MA IO NON SONO UN LADRO! gridò. Non capite che
era necessario distruggere quella coppa per poter sconggere
Voldemort?.
Noi siamo estranei alle vicende tra maghi. Abbiamo il do-
vere di assicurare ai nostri clienti la massima protezione per
quello che ci adano. Non avremmo più la loro ducia altri-
menti. Ma ora basta, venga che la scortiamo alla sua camera
blindata, prima lascia la nostra banca meglio è!.
Harry era furioso, l'imbarazzo di poco prima era scomparso
del tutto. Tentò comunque di trattenersi, su una cosa il folletto
aveva ragione, prima avrebbe lasciato la banca prima si sarebbe
sentito meglio.
Seguirono il piccolo drappello attraverso una delle porte che
portavano dall'atrio ai binari per le grotte.
Il capo folletto chiamò con un schio un paio di carrelli che
subito arrivarono sul binario vicino a loro. Si sistemarono in
due di questi, marcati strettamente dalle loro guardie.
Ci volle poco tempo per raggiungere il suo forziere. Duran-
te quel piccolo tratto, però, avevano passato due getti d'acqua
simili alla Cascata del Ladro e due avamposti dove folletti con
elmetto e manganello ispezionavano i carrelli. Ai vertici della
Gringott dovevano essersi preoccupati un bel po' per essere stati
imbrogliati se avevano aggiunto tutte quelle protezioni.
Il cumulo di monete d'oro che i suoi genitori gli avevano
lasciato era ancora lì. Harry ne fu sollevato, per qual
che istante aveva temuto che i folletti si fossero presi una
parte delle monete come risarcimento.
Signor Potter faccia alla svelta lo incitò il folletto capo.

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Hey, razza di gnomo da giardino! Stacci un po' attento a
quello che dici! Harry fai con comodo..
Harry lanciò uno sguardo di gratitudine ad Hagrid, e si con-
centrò sul da farsi. Decise di prendere un po' più di denaro del
solito, per ritardare il più possibile il suo ritorno lì sotto.
Riempì il piccolo sacchetto di stoa che si era portato dietro
e allacciò accuratamente il cordino.
Ho nito, possiamo andare.
Durante il viaggio di ritorno ci fu meno tensione, tutti si
sentivano un po' sollevati.
Arrivati nel grande atrio di marmo il drappello che aveva
fatto loro da scorta si disperse. Harry e Hagrid puntarono verso
l'uscita.
Grazie di avermi accompagnato disse Harry.
Lo sai che ti aiuto con piacere! E poi se ti avevo lasciato
solo chissà cosa di facevano quelli là! rispose Hagrid.
Harry rise divertito mentre attraversavano il portone per
uscire. Varcata la soglia si attardò per tenere la porta aper-
ta e lasciar passare una signora che teneva un fagotto tra le
braccia. Harry e la signora incrociarono lo sguardo.
I capelli lunghi e castani, gli occhi dolci, calmi. Era proprio
lei. Ma allora era chiaro cosa, anzi . . . chi teneva tra le braccia.
Harry sentì gli occhi inumidirsi e il cuore battere forte.
Oh Harry, sei proprio tu? le disse lei per prima.
Dopo tutto quello che aveva passato, Andromeda Tonks era
davvero in forma. Probabilmente, occuparsi del nipote, le ave-
va dato il coraggio di andare avanti e sembrava che l'avesse
addirittura ringiovanita.

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Spostò parte della coperta facendo sì che si potesse vedere
il viso del piccolo Teddy. Stava dormendo ma la luce lo svegliò
subito. Il piccolo si esibì in un lunghissimo sbadiglio e poi aprì
gli occhi. I capelli erano di un azzurro tenue.

Harry rimase senza parole.

Bello come sua madre, a parte gli occhi si intende, quelli


sono sicuramente di Remus disse orgogliosa la nonna.

Harry annuì, anche se non aveva mai capito come facessero


a vedere delle somiglianze in bambini così piccoli.

Teddy, tesoro, questo e Harry. . . il tuo padrino! disse la


signora Tonks.

Il piccolo rise gonando le guance paute e in un attimo i


capelli passarono dall'azzurro ad un blu acceso.

A quest'età cambiano colore almeno dieci volte al giorno.

Harry ssò la chioma del piccolo variare di tonalità.

Mi dispiace . . .  disse Harry con voce strozzata riuscendo


nalmente a spiaccicare qualche parola.

Come dici Harry? Guarda che non è un grosso problema ci


si abitua subito!.

Harry si schiarì la voce e continuò.

No, non parlavo dei capelli. Stavo dicendo che mi dispia-


ce di non essere ancora passato a trovarvi, mi dispiace di non
esservi stato vicino in questo periodo dicile. . . .

La signora Tonks lo interruppe.

Non dirlo nemmeno per scherzo, tu non hai certamente


passato momenti migliori; avrai pure diritto anche tu ad un po'
di tranquillità, non ti pare?.

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Si. . . solo che i suoi genitori non ci sono più. . . se le cose
fossero andate diversamente, forse ora potrebbe avere un padre
e una madre disse torcendosi le mani.
Se le cose fossero andate diversamente forse ora il Signore
Oscuro sarebbe ancora al potere e Teddy non potrebbe avere
una vita felice. Senti Harry, Remus e Dora sono morti e non
puoi darti la colpa per questo; hanno dato la loro vita per un
mondo migliore in cui possa crescere anche loro glio. Pro-
prio tu dovresti capire quanto sia importante un sacricio come
questo!.
Detto questo si avvicinò ad Harry e lo strinse forte con il
braccio libero. Era incredibile la sua forza d'animo, aveva perso
tutti i suoi aetti ma era lei a dare conforto.
Comunque non pensare che una tua visita sia sgradita, la
porta di casa nostra è sempre aperta per te!.
Potrei . . . ? Chiese Harry allungando le braccia verso Ted-
dy.
Oh . . . certo! Rispose la signora Tonks porgendo il fagotto
ad Harry.
Anzi, . . . che ne dici di occupartene per qualche minuto,
intanto io sbrigo qualche faccenda in banca.
Ma. . . non so se sono in grado. . .  disse Harry indeciso.
Non preoccuparti, ha appena mangiato e al resto ci pensano
i Pannolini Autopulenti. E poi c'è Hagrid, se c'è anche lui non
ho nulla di cui preoccuparmi Lo rassicurò la signora Tonks
sorridendo.
Allora penso che potrei provare! disse Harry.
Hagrid, che no a quel momento era rimasto in disparte per
lasciare i due a parlare serenamente, intervenne.

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Dromeda non ti preoccupare, ci sto io che lo aiuto . . . coi
bambini ci ho successo io!.
Bene allora, ci vediamo tra un po' disse la signora Tonks
sistemando la coperta di Teddy.
Harry si ritrovò con il glioccio in braccio, incerto su come
muoversi per non fargli male. Il piccolo continuava a ridere
tentando di acciuare i capelli spettinati di Harry.
E così questo è Teddy pensò Harry mentre iniziava a scen-
dere dalla gradinata ed a incamminarsi lungo il viale insieme ad
Hagrid.
Harry ripensò alle parole della signora Tonks. Proprio tu
dovresti capire quanto sia importante un sacricio
come questo! Aveva ragione. Era incredibile come il destino
di Teddy assomigliasse tanto al suo.
In quel momento Harry promise al piccolo, ma anche a se
stesso, che gli sarebbe stato vicino e che avrebbe mantenuto viva
la memoria dei suoi genitori. Voleva che Teddy avesse tutto ciò
a cui lui aveva dovuto rinunciare.
La voce di Hagrid lo fece ridestare dai suoi pensieri.
Harry, andiamo al Serraglio Stregato a far conoscere Teddy
anche a Ron, e poi devo comprarci un po' di cibo per i frillini.
Ti ci ho già parlato di loro, vero?.
Oh, sì. Me lo hai scritto nella lettera.
Si avvicinarono alla vetrina. Teddy cominciò a ridere guar-
dando dei simpatici uccellini azzurri che stavano volteggiando
in una gabbia sospesa in alto.
Quelli sono dei Colibrì Piuma Blù, non ci smettono mai di
volare, nemmeno quando mangiano e dormono precisò Hagrid.

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Poi prese Teddy con le braccia e lo sollevò no alla gabbia. Con
un bambino così piccolo in braccio, sembrava ancora più gigante.

Un manifesto sistemato in basso nella vetrina attirò l'at-


tenzione di Harry. Al centro c'era il muso di un enorme toro
nero come la pece con due enormi corna. Sotto all'immagine
una scritta diceva: Tori da tiro della Transilvania, i più forti di
tutta Europa! Prossimamente disponibili in questo negozio.

La mente di Harry non poté far altro che ritornare al sogno


di quella mattina e a quell'enorme toro nero che trainava la
carrozza. Le coincidenze si disse.

Erano ancora intenti ad ammirare le acrobazie aeree dei Co-


librì Piuma Blù, quando si sentì una strano rumore provenire dal
vicolo accanto alla vetrina del negozio. Harry avrebbe giurato
di aver sentito un nitrito. Si sporse per dare un'occhiata.

Il vicolo a ridosso del serraglio stregato era notevolmente


largo, probabilmente per le esigenze di rifornimento del nego-
zio. I muri erano fatti con le tipiche mattonelle rosse e avevano
un aspetto trascurato. Scatoloni e ciarpame di ogni genere era
accatastato ai lati.

Quello che attirò l'attenzione di Harry, però, fu una sagoma


nera in fondo al vicolo. Poteva sbagliarsi ma sembrava proprio
una carrozza. Forse il sogno stava condizionando la sua mente
ma il suo sesto senso gli diceva che doveva vederci chiaro.

Essersi trovato davanti l'immagine del toro nero, poteva es-


sere stata una coincidenza, ma se quella era veramente una car-
rozza, la faccenda diventava alquanto anomala. E poi dov'era
Ron? Possibile che se ne fosse andato senza aspettarli?

Harry si avvicinò ad Hagrid.

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Potresti tenere Teddy per qualche istante? Devo fare una
cosa. . .  domandò Harry pensieroso.
Certo, certo! Non ti preoccupare. Ma c'è qualcosa che non
va?.
Niente, tutto bene. Voglio solo controllare una cosa.
Era agitato, ma dopotutto Diagon Alley era un posto sicuro.
Dopo essersi assicurato che Teddy fosse a posto,
si incamminò piano nel vicolo appiattendosi il più possibile
al muro.
Il vicolo era silenzioso, la luce del sole non riusciva a pene-
trare direttamente e la carrozza era ferma in una zona relati-
vamente buia. Come in tante altre occasioni, rimpianse di non
aver portato con sé il Mantello dell'Invisibilità, in quel momento
avrebbe fatto molto comodo. Per fortuna tutte le cianfrusaglie
buttate per strada gli orivano un minimo riparo.
A metà del vicolo non ebbe più dubbi. La sagoma nera era
un'enorme carrozza legata a due cavalli, neri anch'essi.
Estrasse la bacchetta. Il cuore iniziò ad aumentare il ritmo.
Sentì delle voci all'interno. Qualcuno si stava lamentando.
A pochi passi le voci diventarono più chiare. Ebbe un tuo al
cuore. C'era qualcosa di molto strano. Una delle voci sembrava
quella di Ron.
Non so dove sia, ve l'ho già detto! Dopo la battaglia Hog-
warts non l'ho più vista!.
Il pensiero di Harry ritornò in un lampo al sogno. . . La bac-
chetta! Devo chiamare Hagrid.
 chiaro che non collabora dobbiamo passare alle maniere
più forti! disse una strana voce, che poco aveva di umano.
Ma vi ho detto che non ne so nulla! gridò Ron.

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Preferisco controllare. . . Apri la tua mente! disse una se-
conda voce.
L'occlumanzia, pensò Harry, Non c'è tempo, devo intervenire
subito! Tese la bacchetta.
Nebbiosum !.
Una tta nebbiolina prese ad uscire copiosa dalla punta della
bacchetta ed ad invadere tutto il vicolo.
I cavalli iniziarono a dimenarsi e a nitrire.
Cosa succede? disse l'uomo con la voce innaturale.
Harry vide aacciarsi uno degli uomini dallo sportello di sini-
stra, allora silenziosamente corse allo sportello di destra. Tentò
di aprirlo ma non si muoveva.
Alohomora ! sussurrò.
Sentì la serratura sbloccarsi e il nalmente riuscì a spalancare
la porta. Ebbe solo il tempo di riconoscere la sagoma dell'amico,
lo aerrò per il braccio e lo tirò con tutta la forza che aveva verso
la strada.
Caddero entrambi a terra. Con orrore ad Harry sfuggì la
bacchetta di mano.
Sentì un forte schiocco. Chiuse gli occhi rassegnato a ricevere
una maledizione senza neanche la possibilità di difendersi.
Videro invece un lampo di luce. Poi la nebbiolina iniziò a
dissolversi. La carrozza era sparita.
Ron era come inebetito. Harry raccolse la sua bacchetta,
aerrò l'amico per un braccio e lo trascinò correndo fuori dal
vicolo.
Una volta davanti alle vetrine del Serraglio stregato, ansi-
manti si gettarono a terra.

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Hagrid si girò verso di loro e li raggiunse con un unico gi-
gantesco passo.
Che caspita succede? chiese E tu Ron, da dove salti
fuori?.
Detto questo, tenendo con un braccio Teddy, con l'altro
sollevò prima un ragazzo e poi l'altro.
Grazie, Hagrid! disse Harry, iniziando a respirare più len-
tamente.
Ron era pallido come non mai, lo sguardo sso verso un non
precisato punto sulla strada.
Allora si può sapere chi erano quei due? Come sei nito in
quella carrozza? chiese Harry.
Hagrid aggrottò le sopracciglia non capendo di cosa stavano
parlando.
Stavo per entrare al serraglio, ero proprio in questo punto,
quando una voce dal vicolo mi ha chiamato Ragazzo, potresti
aiutarmi ti prego e io come un ingenuo mi sono fatto abbindo-
lare. Appena ho girato l'angolo mi si sono irrigiditi tutti i mu-
scoli, una sensazione sgradevolissima te lo assicuro. Ho iniziato
a camminare contro la mia volontà n sopra la carrozza.
La Maledizione Imperio disse Harry.
No, era qualcos'altro, io ero cosciente di quello che facevo,
ma non potevo oppormi.
Per mille gu, questa è magia potente. Che diavolo succe-
de? esclamò Hagrid.
Sentendo il tono del gigante, il piccolo Teddy iniziò a pian-
gere.
Oh, no, piccolino, non fare così disse Hagrid coccolandolo
per tranquillizzarlo.

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Ci fu un attimo di silenzio.
Ma chi erano, li hai visti? chiese Harry impaziente.
No, era tutto buio. Ma quel che è più strano è che erano in
due ma si distingueva solo una gura. Era come se fossero due
uomini in uno! E poi una delle voci era così strana. . . volevano
sapere della Bacchetta di Sambuco! Per fortuna sono riuscito a
non dirgli niente, anche se . . .  si interruppe Ron dubbioso.
Anche se? Lo incalzò Harry.
Beh, c'eri anche tu. . . ha tentato di leggermi nella mente,
può essere che sia riuscito a scoprire qualcosa. . . .
Harry sospirò e rietté sul da farsi. Poi si rivolse ad Hagrid.
Ti prego, puoi riportare Teddy ad Andromeda. Scusati da
parte mia, ma adesso è meglio che ce ne andiamo da questo
posto, non è sicuro.
Teddy? Disse Ron, avvicinandosi. Solo in quel momento
sembrava essersi accorto del piccolo.
Oh, sì. Ho incontrato Andromeda alla Gringott e me lo
ha lasciato per un po' E io non sono stato in grado di passare
nemmeno un ora con lui. Pensò amareggiato dovendo già venir
meno ai suoi propositi verso Teddy.
Ci hai ragione Harry! Meglio che andate. Non preoccuparti
per Teddy, Dromeda capirà.
Dai Ron andiamo.
Dobbiamo avvertire l'Ordine, e forse dovrò incontrare King-
sley prima del previsto disse Harry.
Che vuol dire prima del previsto?.
Oh, certo, tu non lo sai. Hagrid mi ha consegnato una
lettera di Kingsley.
Cosa? disse Ron esterrefatto.

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Mi ha scritto che vuole incontrarmi nel suo ucio.
Incontrarti per cosa?.
Non ne ho la più pallida idea. Anche se adesso so di cosa
parleremo. . . .
Fino a quella mattina il mondo aveva ripreso a girare nel
verso giusto. I preparativi per un nuovo, tranquillo anno a Hog-
warts erano iniziati. Ora tutto era cambiato. Di nuovo erano in
pericolo, qualcuno voleva impossessarsi della bacchetta con chis-
sà quali scopi. I programmi per la scuola passavano in secondo
piano. C'erano cose più urgenti.

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84
Capitolo 6

UN NUOVO AUROR

AL MINISTERO

In quel momento Harry avrebbe voluto avere Hermione accanto


a sè. Ron non sapeva della lettera che Ginny le aveva spedito
annunciandole che loro si sarebbero trovati a Diagon Alley quel
giorno. O non era ancora arrivata, o non sarebbe venuta per
niente. Dopo la sua fuga dalla tana forse non era ancora pronta
ad incontrarli. In ogni caso Harry non voleva aspettare oltre.
Voleva togliersi da lì il più in fretta possibile.

Harry e Ron sbrigarono i loro acquisti velocemente. Si re-


carono in farmacia per fornirsi degli ingredienti per le lezioni
di Pozioni e poi al Ghirigoro per acquistare i libri per il nuovo
anno scolastico.

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Arrivarono al Tiri Vispi Weasley, il negozio era, se possibi-
le, più aollato di quando lo avevano lasciato. George era attor-
niato da una marea di ragazzini che gli arrivavano a malapena
alla cintura dei pantaloni.
Tutti volevano acquistare le ultime novità in fatto di pastic-
che vomitose e torrone sanguinolento. Harry e Ron cercarono di
avvicinarglisi il più possibile, ma tra i pacchi dei libri e le teste
dei maghetti non riuscirono a raggiungerlo.
Hey! urlò Harry al di sopra degli schiamazzanti ragazzini.
George si voltò verso di loro cercando di districarsi tra le innu-
merevoli braccia alzate che indicavano gli scaali alle sue spalle.
Come? Non sento! rispose di rimando.
Noi torniamo alla Tana cercò di farsi sentire Harry. Ci
vediamo lì per pranzo.
No, penso che rimarrò qui. Avvisa tu la mamma che man-
gerò un panino in negozio. Come vedi ho molto lavoro e non mi
posso allontanare.
Come vuoi fu la risposta di Harry.
Ron, che era rimasto alle sue spalle, si girò per aprire un
varco verso il camino. Lui lo seguì cercando di non perdere per
strada gli scatoloni che reggeva tra le braccia.
Prese la polvere verde da un'urna d'argento posata sul ca-
mino. Era appartenuta alla famiglia Black, l'aveva regalata a
George e Fred per il loro compleanno.
Preceduto da Ron entrò nel camino.
Tana!.
Harry pronunciò il nome della destinazione scandendo be-
ne le sillabe per evitare spiacevoli inconvenienti. Questa volta

86
Ron si era levato in tempo dal braciere del salotto prima che
arrivasse.
Oh, eccovi qua nalmente! li accolse la voce preoccupata
della signora Weasley, mentre i due ragazzi cercavano di levarsi
le ultime tracce di fuliggine dagli occhi e dai vestiti.
Oh, santo cielo Ron, sei tutto intero? Stai bene? continuò
stritolando in un abbraccio il glio.
La signora Weasley era davvero sconvolta. Doveva aver
saputo quello che era successo. Ma come?
Mamma, sto bene, almeno che non mi spezzi qualche osso
tu!.
Oh, scusa caro . . . ma insomma si può sapere cosa ti è suc-
cesso . . . la tua lancetta sull'orologio della cucina era su . . . su
Pericolo Mortale.
Ora sto bene non preoccuparti ripetè Ron per rassicurarla.
Poi tuo padre mi ha mandato un gufo dicendomi che torna-
va a casa per pranzo perché doveva parlare con voi. Non sapevo
cosa pensare!.
Solo allora Harry si accorse di Ginny. Era sulla porta della
cucina e osservava attentamente la scena. Anche lei aveva uno
sguardo preoccupato.
Le fece un cenno indicando le scale, come ad inviarla ad
andare sopra.
Nulla di grave mamma, ne parliamo dopo. . .  disse Ron
mentre con Harry già saliva le .
Molly a malincuore, contenta di vederli sani e salvi, li lasciò
andare in camera.
In camera, Ron si sedette sul letto con le mani strette sul
bordo del materasso. Harry, invece, prese a camminare avanti e

87
indietro sollevando piccole nuvole di polvere al suo passaggio e
schivando Snitch e Arnold che stavano rotolando sul pavimento.
Ginny li guardava perplessa.
Ragazzi, allora mi volete dire cos'è successo? senza guar-
dare Ron, si rivolse a Harry. Avete fatto strani incontri a
Diagon Alley?.
Dai, diglielo sbottò Ron.
Dirmi cosa?.
Che qualcuno vuole rubare la bacchetta di sambuco! ri-
spose tutto d'un ato.
L'espressione di Ginny era a dir poco terrorizzata, non se lo
era aspettato.
Cosa? . . . Ma di cosa state parlando? Si può sapere cosa è
successo?.
Ecco. . .  iniziò Ron guardando l'amico. Harry annuì con
la testa come a dare il permesso a Ron di continuare. . . . sono
stato rapito!.
Non aveva senso non dire niente a Ginny, quello che era
successo era troppo grave, era meglio che tutti fossero preparati.
Le raccontarono approssimativamente quello che era acca-
duto quella mattina.
Ma non è tutto. . .  continuò Harry. Prima di partire da
casa, mi è successa una cosa strana. . . .
E vero! disse Ron. Me n'ero quasi dimenticato. Cavolo
proprio una cosa strana!.
Si, è vero. Non è andata proprio come nel sogno ma ci sono
troppi particolari in comune. . .  convenne Harry tentando di
riordinare i pensieri.

88
Ora basta! Ginny si era parata davanti ad Harry con le
mani sui anchi, come faceva sua madre quando li

sgridava. Si può sapere cosa sta succedendo, una volta per
tutte? Parlate come se io non fossi qui. . . spiegatevi meglio!.

Ginny, la gattina, sapeva tirare fuori gli artigli, quando vo-


leva, come sua madre durante il combattimento con Bellatrix.

Ecco. . . stamattina, quando ero ancora in camera, ho avuto


come un sogno ad occhi aperti. Ho visto una carrozza trainata
da due tori. E dentro c'era qualcuno che voleva la bacchetta.
Insomma faccio una visione in cui c'è una carrozza trainata da
tori e poi subito dopo una carrozza con due maghi dentro ra-
pisce Ron! E poi nella mia visione avevano cercato di rubarmi
la bacchetta di sambuco e all'improvviso succede che chiedono
della bacchetta di Sambuco!.

Ci furono attimi di silenzio. Harry e Ron si zittirono scer-


vellandosi su quello che poteva essere stata la visione.

Potrebbe essere una premonizione intervenne Ginny in


tono vago.

No, non era una visione come quelle della Cooman e poi
non ho previsto il futuro precisamente ma metaforicamente nel
senso che non è accaduto come nella mia visione. Ron che è
stato attaccato, non io disse Harry.

E non è stato nemmeno come nelle visioni che avevo in


passato. Era diverso, molto più realistico di un sogno fatto di
notte, ma non quanto le visioni di Voldemort è qui

non ero Voldemort, ma me stesso . . .  continuò Harry con


una nota di monotonia nella voce stanco di ripeterlo.

89
Comunque siamo sicuri che lui non è tornato. Abbiamo
distrutto tutti gli Horcrux! disse Ron sicuro, ma nella voce
aveva subito un lieve calo di tono alla parola Horcrux.
Cosa facciamo adesso? disse Ginny.
Ci fu ancora un attimo di silenzio.
Se ci fosse qui Hermione avrebbe sicuramente qualche pro-
posta disse Harry guardando Ron di sottecchi per vederne la
reazione.
Sappiamo già cosa direbbe no? Harry! La situazione è
grave, dobbiamo avvertire subito il ministero, loro sapranno cosa
fare e poi avrebbe aggiunto Vedi che avevo ragione quando ti
dicevo che dovevi nascondere subito la bacchetta fece Ron in
una pessima imitazione di Hermione.
E come al solito avrebbe avuto ragione. La bacchetta di
sambuco! La devi nascondere subito. Se quelli sono riusciti a
leggermi la mente, sapranno dove venire a prenderla!.
Ginny si portò le mani alla bocca come a soocare un grido.
Harry l'attirò a se. L'abbracciò lisciandole i capelli.
Non avere paura. Non ti succederà niente di brutto le
disse con voce calda per rassicurarla.
Non è per me che ho paura gli rispose Ginny con le parole
soocate dal maglione di Harry Ma per noi tutti..
Sono preoccupato anche io. . . sono convinto che la cosa mi-
gliore sia di andare a parlare subito con Kingsley.
Ah già. . . la lettera! Dille anche di quella! li interruppe
Ron agitato.
Ginny lo guardò con aria interrogativa.
Kingsley mi ha mandato una lettera che diceva che mi dovrò
recare al ministero nel suo ucio il 12 agosto. C'era scritto

90
anche che non dovevo rivelarlo a nessuno Harry continuò a
camminare e per un poco l'unico rumore fu quello dei suoi passi
sull'impiantito di legno della camera. Poi Ron ruppe il silenzio.
Di che cosa pensi ti voglia parlare Kingsley? Secondo me
vorrà lodarti con qualche premio per il grande gesto eroico che
hai fatto. Ne sono sicuro! aggiunse con tono da trono da
cerimonia uciale. Un Ordine di Merlino, Prima Classe, per i
Servigi resi al Mondo Magico dal Signor Harry Potter.
Un sorriso arricciò le labbra di Harry.
Non ne sono così sicuro, se fosse stato solo un premio non
credo che ci sarebbe stata tutta questa segretezza. . .  disse rin-
graziando in cuor suo l'amico per il tentativo di sdrammatiz-
zare la situazione. . . . è senz'altro qualcosa di pericoloso dis-
se Harry diventando cupo. Ginny gli si avvicinò, prendendogli
delicatamente la mano.
Ma cosa? Qualcosa su Voldemort! disse Ron.
Harry lo guardo sso.
Che . . . che c'è? continuò guardando la strana faccia di
Harry.
Hai appena pronunciato il suo nome! rispose sorpreso.
Oh, si. Beh, da quando lo hai scontto sto cercando di
essere più coraggioso al riguardo. . . .
Harry capì subito il senso dell'aermazione di Ron, o, meglio,
su chi avesse intenzione di fare colpo, ma non disse niente a
proposito.
Devo trovare il modo di incontrare Kingsley al più presto.
I tre stettero qualche minuto zitti cercando di rielaborare
tutto quello che si erano detti.
Il silenzio fu interrotto dalla voce della signora Weasley.

91
RAGAZZI VENITE, ARRIVATO PAPÀ.
Quando scesero il signor Weasley in piedi in cucina con
l'espressione evidentemente tesa.
Tutto bene ragazzi? chiese con tono apprensivo.
Harry e Ron annuirono.
Meno male che state bene disse visibilmente sollevato.
Hagrid ci ha avvisato di quello che vi è successo. Il ministro
Kingsley vuole anticipare ad oggi il vostro incontro..
Harry non disse niente. In tutti i loro discorsi non aveva-
no pensato ad Hagrid. Era normale che l'amico avesse fatto
qualcosa.
Ora mangiamo con calma e poi ti porto al ministero con
me.
Ron dovette ripetere nuovamente la storia per i suoi genitori.
Ad Harry parve che l'amico stesse leggermente romanzando il
tutto ma lo lasciò fare.
Erano altre cose ad impensierirlo, il ministro voleva incon-
trarlo subito. Ciò signicava che era veramente qualcosa di
molto serio quello di cui dovevano parlare.
Terminato il racconto di Ron il signor Weasley cercò di cam-
biare discorso, per alleggerire per quanto possibile l'atmosfera.
C'è grande fermento al Ministero in questi giorni, da quan-
do Kingsley è diventato Ministro della Magia ha rivoluzionato
tutti gli uci. Sai, molti Mangiamorte avevano preso posto in
uci strategici e adesso quei posti sono vacanti. Il ministro de-
ve stare molto attento a chi assegnarli. Devono meritare la sua
ducia. Sarebbe un disastro se qualche seguace di Tu-sai-chi
rimanesse al Ministero.

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Si signor Weasley, sarebbe un disastro convenne Harry
meccanicamente, mentre nella sua testa ripassava ciò che avreb-
be detto a Kingsley.

E poi con questi americani tra i piedi a farci compilare


montagne di moduli per ogni sciocchezza il lavoro si accumu-
la e a ne giornata c'è sempre qualche imprevisto. Abbiamo
bisogno di persone date che ci diano una mano. Lo dico sem-
pre a Kingsley, ma lui sembra avere molta ducia in questi
americani. . . .

Lo sguardo del signor Weasley cadde sull'orologio della cu-


cina Accidenti! tardi! Bisogna che andiamo il signor Weasley
si alzò e salutò la moglie con un bacio sulla guancia.

Harry lo seguì fuori dalla casa, lungo il vialetto no fuori alla
staccionata.

Ti guido io.

Il signor Weasley lo prese per il braccio. Sparirono in un


sonoro Crac.

Dopo pochi secondi si ritrovò in un vicolo buio della Lon-


dra Babbana, dove l'unico oggetto interessante era una grande
cabina telefonica di colore rosso che risaltava nella semioscurità.

Signor Weasley, sa di cosa mi deve parlare Kingsley? chiese


Harry.

Non lo so ragazzo. . . data l'urgenza credo che abbia a che


fare con le persone che hanno aggredito Ron. Ma non deve essere
solo questo, altrimenti avrebbe convocato anche Ron. Non lo
so, proprio non lo so concluse indicandogli la cabina telefonica
rossa nel vicolo.

93
Tu entrerai dall'entrata per i visitatori è già tutto predi-
sposto. Io devo passare per quella dei dipendenti. . . questioni
burocratiche disse sottolineando amaramente le ultime parole.

Harry salutò il signor Weasley e si avvicinò alla cabina. L'ul-


tima volta che aveva visitato il Ministero, era entrato tramite
un passaggio in un bagno che non ricordava bene dove fosse.

Avvicinatosi alla cabina, però, si accorse che era occupata;


un uomo alto e bruno, con spalle molto larghe e vestito con
giacca e cravatta, stava avendo un'animata conversazione con
qualcuno all'altro capo del lo. Harry rimase molto sorpreso di
trovare un Babbano lì, ma giunse in fretta alla conclusione che
quella per i Babbani non era altro che una cabina telefonica.

Dopo poco l'uomo posò la cornetta e uscì di fretta dalla


cabina, quasi senza accorgersi di Harry, che riuscì però a notare
alcune brutte cicatrici che gli sfregiavano il viso.

Un po' incerto dopo aver visto il volto del Babbano, Harry


entrò e digitò il codice per avere accesso al Ministero della Magia
(sei, due, quattro, quattro e due); Harry si aspettava che la
solita voce meccanica gli chiedesse chi era, invece, udì una voce
maschile un po' acuta.

Benvenuto al Ministro della Magia, signor Potter!.

Harry rimase sorpreso da quella novità. Fece appena in


tempo a chiedersi a chi appartenesse la nuova voce di ben-
venuto, quando si ritrovò letteralmente catapultato al centro
dell'Atrium.

Appena si rese conto del velocissimo spostamento, vide di


fronte a lui una sagoma alta e robusta con folti capelli biondi
che gli coprivano le spalle.

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Benvenuto, signor Potter. Mi chiamo Larry Brown, e sono
qui per scortarla all'Ucio del Ministro della Magia aveva uno
strano accento che non aveva mai sentito, evidentemente doveva
essere uno degli americani.
Buongiorno rispose Harry timidamente.
Prego, mi segua.
Seguì il corpulento mago che, a passo spedito, attraversò
l'Atrium, molto più aollato di come Harry lo ricordava.
Tutto era tornato alla normalità; la statua dorata rappre-
sentante il mago, il centauro e il Goblin si ergeva nuovamente al
centro della stanza, mentre numerosissime aeroplanini di carta
sfrecciavano ovunque. In fondo vi erano gli ascensori che porta-
vano ai vari piani sotterranei del Ministero e che, come al solito,
ospitavano una gran la di persone. Harry si diresse verso di
loro, ma il signor Brown lo riprese immediatamente.
No, signor Potter, noi utilizzeremo un ascensore privato
Harry non rispose limitandosi a seguire la sua guida.
Larry Brown condusse Harry oltre un arco alla destra del-
l'Atrium che lui non aveva mai notato; dopo di esso si apriva
un'altra stanza molto grande. Al centro si stagliava un'enorme
statua di ottone, ragurante un uomo non molto alto e con il
viso spigoloso che stringeva la mano ad un sorridente Kingsley
Harry notò che, sotto la statua, vi era incisa una scritta
a caratteri dorati: L'alleanza MA-MI (Maghi AmericaniMa-
ghi Inglesi), sancita da John Waynegan, Presidente dei Ma-
ghi d'America, e da Kingsley Shacklebolt, Ministro della Magia
Inglese.
Senza spendere alcuna parola sull'imponente costruzione, Lar-
ry Brown condusse Harry ad un ascensore al centro della parete

95
opposta all'ingresso.

Al loro arrivo, le porte dell'ascensore si aprirono e i due sa-


lirono senza atare; quindi la macchina iniziò a muoversi piut-
tosto lentamente, almeno così sembrava ad Harry. Non riusciva
a capire se salisse o scendesse.

Ho sentito molto parlare di lei, signor Potter disse ad un


tratto Larry Brown, osservando con desiderio la cicatrice sulla
fronte di Harry ma parlando sempre con un tono decoroso. E
sarei molto curioso di conoscere più approfonditamente la sua
storia.

Sono sicuro che la mia storia sia già stata raccontata mol-
tissime volte in tutte le salse dalla Gazzetta del Profetache la
mia versione sia più interessante rispose con tono sarcastico.

Su questo ha ragione disse il signor Brown rivolgendogli


un sorriso compiaciuto.

All'improvviso la porta dell'ascensore si aprì senza che Harry


si fosse accorto che la macchina si era fermata.

Siamo arrivati, signor Potter disse con voce calma e mel-


liua.

Usciti dall'ascensore si trovarono dentro una stanza quadrata


molto larga. Nella parete di fronte erano collocati due maestosi
specchi contornati da una bellissima cornice dorata che ad Harry
ricordarono lo specchio delle brame.

Al centro, immobile tra i due specchi, c'era l'uomo in giacca


e cravatta pieno di cicatrici che aveva visto nella cabina poco
prima e che lo stava osservando attentamente. Stava fermo in
piedi a gambe leggermente divaricate, con le braccia stese da-
vanti a se, mani nelle mani, dalle quali spuntava una bacchetta.

96
La bacchetta più piccola che Harry avesse mai visto. Incerto su
cosa dovesse fare, rivolse uno sguardo al signor Brown.
Prego, signor Potter, lo specchio a sinistra.
A un passo dallo specchio, la guardia puntò la sua bacchetta
verso la supercie lucida e riettente, per rimettersi subito dopo
nella posizione di partenza. Pochi istanti dopo lo specchio scom-
parve per rivelare l'interno di una stanza rotonda, nemente
arredata, con un alto sotto e molti quadri alle pareti.
In fondo, un'enorme scrivania in legno pregiato tutta intar-
siata era posta sopra un grande tappeto. Dietro di essa una pol-
trona e davanti due comode sedie in pelle rossa, probabilmente
di drago. Al centro, fermi uno di fronte all'altro, si trovavano
Kingsley e un uomo non troppo alto, dalla corporatura tozza, le
spalle basse. Quando si voltò, vide che aveva un viso squadra-
to, la mascella volitiva, una pesante montatura sugli occhiali da
vista. I capelli erano corti e ricci, di colore grigio.
La calda voce di Kingsley lo riportò al motivo per cui era lì.
Ah eccoti, Harry. Finalmente, ti stavo aspettando disse il
ministro.
Buongiorno signor Ministro ribatté Harry.
Niente formalismi con me, Harry. Per te sono solo King-
sley gli disse sorridendo Vieni, ti presento il signor Logan
Derringer, Segretario del Presidente dei Maghi d'America.
Sono molto lieto di fare la sua conoscenza, signor Potter. La
sua fama è arrivata no a noi disse con voce bassa Derringer.
Ma ora vi lascio alle vostre discussioni. Ho parecchio lavoro da
sbrigare. . . e anche voi aggiunse congedandosi con un sorriso
aabile.
Kingsley girò attorno alla sua scrivania.

97
Accomodati pure Harry.
Harry avanzò verso la poltrona e si sedette.
Dietro le spalle di Kingsley un quadro attirò la sua attenzio-
ne. Lo ritenne subito molto strano e inadatto all'arredamento
della stanza, era posto in penombra e Harry era sicuro di aver
visto una chioma argentea sparire all'improvviso dal ritratto.
Sopra la scrivania Harry notò che vi erano piume stranissime,
boccette d'inchiostro multicolori e una pila di buste, tutte con
il sigillo dorato della lettera che aveva portato Hagrid a Diagon
Alley.
Rivolse un sorriso ad un Kingsley piuttosto pallido e con
numerose cicatrici intorno alla bocca e agli occhi, che evidente-
mente erano gli ultimi segni della guerra contro Voldemort.
Ingegnoso, vero, lo Specchio Blocca-indesiderati? disse King-
sley per cercare di rompere il ghiaccio.
Un'invenzione americana. E' uno specchio normale che si
trasforma in un passaggio segreto.
Harry annuì senza entusiasmo.
Avrai notato tutte le novità che ci sono state qui al mini-
stero dopo la tua ultima spiacevole visita.
Harry si riprese dai suoi pensieri.
Oh certo. . . ho visto che ci sono molti americani qui disse
cercando di sottolineare la sua contrarietà. Ora capiva le per-
plessità di Percy e del Signor Weasley circa le intromissioni degli
americani al Ministero.
Si, sono venuti a darci una mano per ricostruire tutta la
macchina burocratica del ministero, loro sono degli specialisti,
soprattutto dopo che Voldemort ne aveva preso possesso. Hai
conosciuto ora il Segretario del loro Presidente: Logan Derrin-

98
ger. Ha lo studio accanto al mio. Lui è sempre in contatto
con Waynegan, così riesco sempre a scambiare velocemente in-
formazioni, è un uomo molto eciente e anche un piacevole
conversatore. . . .
Mi è sembrata una persona simpatica convenne Harry.
Si hai ragione, ha un sorriso accattivante al quale non si
può dire di no. La sua è una storia molto triste e allo stesso
tempo esaltante. Devi sapere che la sua famiglia fuggì dall'Eu-
ropa al tempo del primo impero di Lord Voldemort. Lui si era
diplomato a pieni voti alla scuola di Durmstrang, ma dovette
seguire la famiglia in America. Lì si è dato molto da fare no a
diventare l'uomo di ducia del Presidente.
Poi si fece serio. Prese un lungo respiro e si sistemò sulla
poltrona.
Hagrid mi ha raccontato quello che è successo. Ti devo le
mie scuse . . . .
Come? lo interruppe Harry.
. . . vedi, avrei dovuto metterti in guardia prima. Non avevo
informazioni che il pericolo potesse essere così imminente, lo
avevo sottovalutato.
Di cosa stai parlando? chiese Harry impaziente. Pendeva
dalle sue labbra. Tutte le peggiori ipotesi che avevano formu-
lato sul rapimento stavano diventando concrete. E nalmente
avrebbe scoperto il perché di quella lettera e avrebbe messo ne
a tutte le congetture sul motivo dette e ripetute con Ron.
Il nostro governo e quello americano, sono molto preoccupa-
ti per alcuni fatti che stanno accadendo a livello internazionale
Dopo la morte di Voldemort e dei suoi Mangiamorte, quelli
rimasti, che non sono niti ad Azkaban, sono scomparsi. Ci

99
sono forti possibilità che siano fuggiti in America. Il servizio di
Auror americano ha ultimamente riconosciuto alcuni pericolosi
elementi aggirarsi nei pressi della scuola di Widgester. Temiamo
che possano essersi inltrati nella scuola o che abbiano tentato di
assoldare qualcuno. Purtroppo non sono riusciti ad acciuarli.

Derringer, che ha studiato a Durmstrang e ha ancora con-


tatti nella scuola, dice che lì sta succedendo la stessa cosa. Pare
che siano stati trafugati alcuni oggetti magici proprio da quell'i-
stituto. Inoltre, ha avuto notizie dal suo paese che la fortezza di
Nurmengard dove si trovava la prigione di Gellert Grindelwald
è stata violata. Hanno trovato tracce di Magia Oscura dentro
le mura della prigione.

Lo so. Ho visto Voldemort uccidere Grindelwald nella sua


cella si intromise Harry.

No, questo è successo dopo che le difese erano state rin-


forzate. Anche ad Hogwarts non è tutto tranquillo. Le nostre
squadre di Auror che pattugliano i conni di Hogwarts han-
no notato delle falle nelle barriere degli incantesimi messi per
proteggere la scuola. Questo è successo diverse volte. Sono pic-
colissime tracce. Anche ad un mago esperto sarebbero passate
inosservate, ma non ai nostri Auror che sono i migliori in tutto
il mondo.

Kingsley fece una pausa per lasciare che Harry assimilasse


tutte le informazioni che gli aveva dato.

E poi? chiese Harry.

E poi niente. Non hanno fatto nessun altra mossa. Per


questo non era ancora intervenuto. Ho aumentato i controlli, i
nostri Auror sono sempre in stretto contatto con i colleghi ame-

100
ricani ma non abbiamo avuto nessun segnale concreto. Almeno
no. . . .

Almeno no a stamattina concluse Harry.

Esatto. Fino a stamattina. Non pensavamo che fossero


talmente in forze da poter organizzare un attacco in pieno giorno
a Diagon Alley.

Ecco spiegato l'attacco a Ron, ma perché non hanno attac-


cato me direttamente? pensò Harry preoccupato.
Senti Harry, so di risvegliare in te brutti ricordi, ma quan-
do ti trovavi nella foresta di Hogwarts poco prima di uccidere
Voldemort lo hai sentito accennare a qualche progetto partico-
lare che stesse a cuore a lui e ai suoi Mangiamorte? domandò
Kingsley ssandolo speranzosamente.

No, non ricordo di aver sentito niente che non riguardasse


me e lui. In quel momento il suo unico pensiero era quello
di uccidermi e di avere nalmente campo libero per conquistare
Hogwarts e il mondo. . .  Harry abbassò lo sguardo, perso dietro
ai ricordi.

Non fa niente, non preoccuparti. Dovevo farti questa do-


manda per essere sicuro che non ci fosse sfuggito niente.

Kingsley alzò la bacchetta dalla scrivania. Una brocca si


mosse da un tavolino messo in un angolo e, sgocciolando, volò
verso la scrivania. Iniziò a versare dell'acqua in due bicchieri
apparsi dal nulla dinanzi a loro. Harry aveva la gola secca ma
nessuna voglia di bere.

Riguardo a stamattina continuò Kingsley Secondo Ha-


grid erano interessati alla Bacchetta di Sambuco.

Harry annuì.

101
Devo chiederti una cosa molto importante aspettò un at-
timo prima di riprendere. Hai ancora con te la Bacchetta di
Sambuco? Era uno dei motivi per cui ti avevo
convocato, anche secondo Waynegan era molto importante
sapere che ne avesse fatto..
Kingsley lo ssò con attenzione. Harry non si era aspettato
quella domanda. Pensava che quello fosse solo un suo problema.
In quel preciso istante decise che non avrebbe detto a Kingsley la
verità sulla bacchetta, non ora che gli aveva riferito che era anche
interesse di Waynegan sapere che ne avesse fatto. Tantomeno
gli avrebbe parlato della visione che aveva avuto quella mattina.
La bacchetta è al sicuro. Si trova in un posto in cui non
potrà più essere trovata. una cosa che avevo concordato con
Silente, nasconderla e non rivelare a nessuno il luogo. . .  mentì
Harry.
Kingsley continuò a ssarlo in silenzio per alcuni istanti.
Ma hai detto che era solo uno dei motivi dell'incontro, quale
è l'atro motivo? continuò Harry prima che Kingsley potesse
insistere sulla natura del nascondiglio.
Kingsley riprese accigliato, era evidente che la risposta di
Harry non avesse soddisfatto le sue aspettative.
Quello che sto per dirti è della massima segretezza. Non
dovrai farne parola con nessuno, nemmeno con i tuoi amici più
cari. . . ma vedo che sei capacissimo di mantenere un segreto.
Harry trasalì sperando che Kingsley non se ne fosse accorto.
Non vogliamo che corrano rischi inutili. Anche tu del resto
non dovrai esporti troppo. So di darti un nuovo peso
in un momento nel quale pensavi di poterti nalmente ri-
posare e prendere in mano la tua vita senza dipendere dalle

102
scelte altrui. Come ti ho detto abbiamo delle serie preoccupa-
zioni riguardo la sicurezza di Hogwarts. Dobbiamo assicurare
il maggior controllo possibile all'esterno dei conni della scuola
ma anche all'interno. E qui entri in gioco tu.
Harry non capiva dove volesse andare a parare.
Dopo quello che è successo stamattina sono ancora più con-
vinto della necessità della mia proposta. . . ma arriviamo al pun-
to, vorrei che tu accettassi il mio invito. . . l'invito del Ministero
della Magia, a lavorare per noi, a lavorare per noi entrando nella
squadra degli Auror.
Harry era sopraatto dall'emozione. Diventare Auror! Come
suo padre, aveva sempre sognato di poter lavorare come Auror al
Ministero della Magia, ma dopo l'anno trascorso a vagabondare
per l'Inghilterra alla ricerca degli Horcrux ci aveva rinunciato.
Poi la lettera della McGranitt gli aveva ridato la speranza. Ora
sembrava una certezza.
Non hai ancora terminato gli studi, ma potremo formaliz-
zare il tuo incarico nita la scuola, dopo il diploma. Intanto
lavorerai con la squadra di Auror che si occupa della sicurezza
di Hogwarts e con te all'interno della scuola avremo più possi-
bilità di controllo. Inoltre, se qualcuno vuole impadronirsi della
Bacchetta, è meglio che tu sia informato su tutto.
Fece una pausa e si alzò avvicinandosi ad Harry.
Non voglio che mi risponda subito, Harry. Pensaci tut-
to il tempo che vuoi. Hagrid mi avviserà se vorrai incontrar-
mi. . . anche nel caso tu volessi condarmi il luogo in cui hai
nascosto la bacchetta, per essere sicuri della sua inaccessibili-
tà. . . troveremo una soluzione per vederci senza destare sospet-
ti.

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Harry si alzò e si riempi i polmoni d'aria. Gli sembrava fosse
passata un'eternità dall'ultimo respiro.
Grazie disse. Sono stordito dall'onore. . . è una grossa
responsabilità lavorare per il Ministero, non so se sarò all'altez-
za. . . .
Beh, Harry Potter ribatté Kingsley cingendogli le spalle
con un braccio Se non lo sei tu all'altezza, chi allora? disse
scoppiando in una fragorosa risata.
Harry si sforzò di sorridere a sua volta. In quel momento lo
sconvolgeva più la proposta di Kingsley che non il pericolo dei
nuovi maghi oscuri.
Va bene Harry, per oggi abbiamo nito. . . un'ultima cosa
. . . .
Si? rispose Harry titubante, temendo che volesse nuova-
mente domandargli della bacchetta.
. . . fai attenzione, mi raccomando.
Si diressero verso la specchio-porta. Harry notò che da que-
sto lato lo specchio lasciava vedere l'esterno come attraverso un
vetro.
Vide il signor Brown davanti alla parete opposta, lì ad aspet-
tarlo.
Kingsley, accanto a lui, ssò un punto imprecisato davanti
a sé. Poi, rivolgendogli un sorriso, lo invitò ad attraversare il
varco. Harry si stupì per come aveva tolto l'incantesimo.
Era davvero in gamba! Lo aveva fatto senza emettere alcun
suono. Fino ad allora aveva visto farlo solo a Silente e a Piton.
Ebbe dei dubbi sul fatto di poter mai diventare un Auror. Non
era ancora riuscito a fare gli incantesimi non verbali. Attraver-
sando il varco sentì di nuovo quella corrente fredda attraversar-

104
gli il corpo, ma cessò nell'istante in cui si ritrovò davanti a un
sorridente signor Brown.
Kingsley si voltò verso di lui e lo salutò velocemente.
Bene. Allora Harry pensaci su e fammi sapere al più pre-
sto.
Lo farò, non dubitarne rispose Harry.
Il signor Brown ti accompagnerà all'uscita disse un attimo
prima di rientrare nella sua stanza.
Prego signor Potter, mi segua disse Brown voltandosi ver-
so l'ascensore.
Arrivati nell'Atrium. Brown gli diede le indicazioni per usci-
re dal ministero.
Spero di rivederla spesso qui da noi lo salutò Brown ten-
dendogli la mano. Harry era sorpreso. Sembrava che tutti
sapessero del suo incarico tranne lui.
Si avviò verso la fontana. Da uno dei camini vide uscire tra
la folla una donna che gli veniva incontro sorridendo.
Harry si sorprese per il suo abbigliamento. Una Babbana al
ministero?
La donna era vestita con un tailleur blu con gonna corta
e camicetta bianca che metteva in risalto la sua carnagione. I
capelli lunghi erano domati in un'acconciatura che li raccoglieva
sulla nuca. Era uno schianto! Si accorse che teneva tra le braccia
un fascio di pergamene. Lei gli rivolse la parola.
Harry, anche tu da queste parti?.
Fu colto di sorpresa.
Oh. . . Hermione! esclamò stupefatto. Si chiese che faccia
da sciocco avesse.

105
La trasformazione di Hermione da ragazza un po' schiva a
donna in carriera era stata così, così ben riuscita. . . Pensò a Ron
e a quanto era stupido il suo comportamento. Al suo posto non
l'avrebbe lasciata sola nemmeno un momento.

Durante l'anno precedente, passato a perlustrare tutta l'In-


ghilterra, aveva avuto modo di conoscerla a fondo, di vedere
dentro il suo cuore. Aveva capito la sua soerenza per l'abban-
dono di Ron. Avrebbe voluto abbracciarla forte, ma non voleva
essere frainteso. Se le cose fossero andate diversamente forse
loro due. . . non voleva pensarci. Nè lei nè Ron avevano avuto
il coraggio di dichiarare il loro amore, no a quando lei non si
era lasciata andare a quel bacio liberatorio nella stanza delle
necessità.

Hermione, lui non ne aveva mai dubitato, era bella dentro.


Ora col suo aspetto dimostrava a tutto il mondo quanto fosse
bella anche fuori.

Sai Harry, ho letto sulla Gazzetta del Profeta dell'istituzio-


ne del CIOcCoCreMa e ho dato la mia disponibilità al ministero
per collaborare tramite il CREPA per sensibilizzare quelle fami-
glie che ancora si riutano di liberare i loro el domestici. I
suoi occhi scintillavano mentre lo diceva.

A proposito. Sai chi è il portavoce degli el? Il nostro caro


Kreacher.

Kreacher? la interruppe Harry.

Si, dopo aver guidato gli el domestici delle cucine di Hog-
warts contro Voldemort, loro lo hanno eletto a capo della dele-
gazione trattante per i diritti degli el. La preside McGranitt li
ha liberati per il loro valoroso comportamento durante la bat-

106
taglia. Molti di loro, i più anziani, non volevano saperne, ma
Kreacher li ha convinti si fermò per riprendere ato.
In più la McGranitt mi ha nominata Caposcuola e non ho
ancora scritto uno straccio di bozza per il discorso ai prefetti.
E se sbaglio o dimentico qualcosa?.
Hermione era un ume di parole. Sembrava facesse di tutto
per distrarre Harry dal ricordo del loro ultimo incontro. Har-
ry avrebbe voluto scusarsi. Ma di cosa? La permalosità di
Hermione lo metteva sempre di cattivo umore.
Si rese conto di quanto gli mancasse. Era felicissimo di averla
incontrata, ora più che mai la sua razionalità gli sarebbe stata
di aiuto.
Hermione ascolta un momento. . . dall'ultima volta che ci
siamo visti sono successe delle cose, devo parlarti. . . .
Per la barba di Merlino! Hermione lo interruppe. Harry,
sono in ritardassimo e sai quanto odio arrivare tardi. Abbraccia
tutti da parte mia, mi raccomando! poi si avviò velocemente
verso i cancelli.
Harry rimase di stucco, non lo aveva lasciato parlare! Aveva
tantissime cose da dirle, ma la distanza che si era creata tra di
loro non glielo aveva permesso.
Quando ci rivedremo? gli urlò dietro quando ormai era già
distante.
Presto, spero rispose Hermione prima di sparire tra la
folla.

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108
Capitolo 7

IL RIFLESSO DI UNO

SPECCHIO

Secondo le istruzioni del signor Brown, Harry avrebbe dovuto


rientrare alla Tana usando uno dei caminetti del Ministero, ma
decise di fare un giro, prima. Aveva bisogno di schiarirsi le idee.

Camminò per la Londra Babbana. Quella passeggiata in


solitudine gli servì per riordinare le idee: vedere una città nor-
male, senza nessun segno di magia, gli fece bene. Erano successe
tante, troppe cose in un solo giorno.

Riapparve nel caminetto della Tana che era ormai sera. La


metropolvere era un comodo mezzo di trasporto, ma tre volte
in un giorno poteva diventare sgradevole.

I Weasley erano già seduti a tavola per la cena, anche se

109
non c'era alcun piatto sul tavolo. Lo stavano aspettando: forse
aveva tardato un po' troppo. Il pomeriggio era volato.
Tutti lo ssavano con aria impaziente, ansiosi di conoscere
le novità. Anche Ron sembrava nervoso, ma Harry ipotizzò che
fosse più a causa della fame che per altro.
Salutò tutti e si sedette a tavola.
Dai, Harry, cosa ti ha detto Kingsley? Non tenerci sulle
spine! lo accolse Ginny.
Harry non ebbe il tempo di rispondere, perché la signora
Weasley iniziò a portare in tavola la cena. Valutò bene cosa dire;
aveva deciso di non dire niente ai signori Weasley dell'incarico
propostogli dal Ministro.
Ecco. . .  esordì Pare che ci sia qualche Mago Oscuro an-
cora in attività.
Cofa? domandò Ron, la bocca già piena di purè.
Ci sono informazioni dagli Auror di tutto il mondo, anche
in America (e qui fece un breve cenno d'intesa a Percy e al signor
Weasley), a proposito di sparizioni di oggetti magici, e gli Auror
pensano che siano opera di Maghi Oscuri.
Cavolo, Harry! Allora quello che mi ha attaccato. . . nella
carrozza. . . era un Mangiamorte! disse Ron ccandosi in bocca
mezza bistecca.
Tutto lo lascia pensare concluse lui senza emozione.
La signora Weasley portò le mani al viso. Il signor Weasley
sembrava tranquillo, probabilmente molte di quelle informazioni
le conosceva già.
Comunque continuò Harry quello di stamattina sembra
essere stato l'avvenimento più grave. Al Ministero non sono a
conoscenza altri fatti del genere.

110
Io, invece, ho qualcos'altro da comunicarvi aggiunse il si-
gnor Weasley all'improvviso, sorridendo beatamente. Si vedeva
che non stava più nella pelle.
Molly cara, ci sono delle novità! Sono stato promosso! Le
sue guance erano rosse come il colore dei capelli.
La signora Weasley emise un gridolino di gioia, iniziò a corre-
re sul posto con un mestolo in mano e si ondò ad abbracciarlo,
urlando: Arthur, come sono contenta!.
Ginny e Ron si scambiarono un sorriso (Ron mostrando qual-
cosa in bocca che assomigliava molto a pappa reale), mentre
Percy incurvò solo un po' la bocca all'insù.
Il Ministro mi ha dato un incarico molto importante conti-
nuò lui appena si fu liberato dall'abbraccio della moglie Mi ha
messo a capo del C.I.MA., la Confederazione Internazionale dei
MAghi. Dovrò occuparmi delle relazioni del nostro Ministero
con quelli dei Paesi stranieri. Continuerò ancora ad occupar-
mi del Comitato Scuse ai Babbani, ma avrò relazioni anche con
l'Ambasciatore Americano al Ministero.
So che l'U.F.F.A.A. è al tuo stesso piano intervenne Percy,
con un tono troppo piatto per l'occasione.
Si, ora sto al quinto piano ed ho un ucio grandissimo con
nestre enormi!. Mentre lo diceva gli brillavano gli occhi. A
Harry venne in mente il vecchio stanzino dove il signor Weasley
lavorava con il collega Perkins e nel quale non c'era nemmeno
una nestra.
L'ua. . . Cos'è l'ua, papà? chiese Ginny, che, come gli
altri, non ne aveva mai sentito parlare.
L'U.F.F.A.A. è l'UFFicio dell'Ambasciatore Americano si
intromise Percy, con voce solenne Sono seriamente preoccupa-

111
to da tutti questi cambiamenti. Hai visto, papà, cosa è successo
al secondo piano? Hanno messo l'M.B.I. negli Uci Ammini-
strativi del Tribunale del Wizengamot, di anco al Quartiere
Generale degli Auror.
Non faccio altro che vedere, dalla mattina alla sera, maghi
vestiti in frac neri con cappelli a cilindro come quello del loro
Presidente. Ridicoli!.
Harry assunse un'aria preoccupata, e chiese: Come mai li
hanno messi sullo stesso piano degli Auror? Kingsley non ha
paura che possano spiarli?.
Non so proprio cos'abbia per la testa il Ministro. So solo che
il Segretario del Presidente lo ha convinto a metterli lì per averli
più vicini alle loro stanze. Se ci fosse necessità arriverebbero
più in fretta dal Ministro. Percy era sconsolato, ma allo stesso
tempo orgoglioso di sapere così tante cose più degli altri.
Harry si convinse ancora di più di aver fatto bene a non
rivelare a Kingsley di avere ancora la Bacchetta di Sambuco
con sé, e del tentativo di rubargliela. Non voleva intromissioni
di nessun genere, guriamoci degli Americani.
Adesso basta rimuginare! intervenne il signor Weasley con
allegria, appena tutti ebbero nito di mangiare, anche se Ron
sembrava desideroso di un'altra bistecca E' ora di festeggiare!
Molly, tira fuori quel vino che ci ha regalato il signor Lovegood
per i ragazzi. Io e Percy, invece, berremo volentieri del whisky
incendiario. Era euforico, ma Harry non sottovalutava i dubbi
di Percy per la continua presenza di estranei al Ministero.
Ma, Arthur, il vino non farà male ai ragazzi?.
Mamma, ormai siamo maggiorenni, e anche Ginny lo sarà
tra poco. Anche Ron aveva voglia di festeggiare.

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Si sedettero a tavola e bevvero con grande allegria. Era tanto
tempo che non si rideva più in quella casa.
Non appena l'ultima fetta di torta alla melassa fu sparita
nello stomaco di Ron, Harry fece intendere a Ginny di aspettarli
nella loro camera.
Salite le scale, la trovò, seduta sul letto, con ancora quell'aria
pensierosa che aveva mantenuto per tutta la serata.
Allora, mi dici cosa ti ha detto Kingsley? chiese rivolta ad
Harry appena fu entrato, lasciandolo di stucco.
Ma ce lo ha già detto, Ginny; non ti ricordi? disse Ron
appena dietro di Harry e a voce stranamente alta, forse per
eetto del dopocena.
Ti conosco, lo so che non ci hai detto tutto. E poi il Ministro
ti ha mandato la lettera prima di sapere di stamattina. Non ti
avrebbe mai chiamato solo per qualche oggetto scomparso.
Harry era stranito per quanto Ginny riuscisse a leggerli nella
mente. Decise che non erano necessari giri di parole.
Mi ha chiesto di diventare Auror disse con la voce più
piatta possibile.
Le facce dei due erano a dir poco sbalordite.
Cavolo! Harry sarai il più giovane Auror della storia magi-
ca! esclamò Ron.
Harry gli dette una pacca sulla testa facendogli segno di
abbassare la voce.
Ginny era in silenzio. Sul suo volto si leggeva un qualche
cosa che non andava.
Harry, cosa hai intenzione di fare? chiese con fermezza
mentre lui le si sedeva accanto sul letto.

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Lui raccontò per lo e per segno tutto ciò che Kingsley gli
aveva detto. Alla ne del racconto i due fratelli erano più basiti
di quanto lo erano stati all'inizio.
Questa storia non nirà mai disse Ginny sconsolata.
Ce la caveremo anche questa volta, vero Harry?. Ron si
rivolse ad Harry cercando il suo aiuto per darsi coraggio.
Non sono forse io il migliore?. Harry cercò di sdramma-
tizzare la situazione, ma il suo sorriso non risultò credibile; poi
accennò loro dell'incontro con Hermione, ma fece l'errore di dire
quanto era in forma e felice nel fare il suo lavoro. Ron rimase
deluso nel sapere che lui non era al centro delle sue attenzioni;
l'eetto fu che per tutto il resto della serata fu più taciturno e
scontroso che mai.
Quella notte, Harry non chiuse quasi occhio. Troppe cose
erano accadute nell'ultima giornata: l'incontro con il Ministro
Kingsley e con Hermione; nonché la proposta di diventare Auror,
il lavoro di una vita.
Aveva deciso; avrebbe accettato la proposta.
Inoltre, il compleanno di Ginny era imminente. Era sicura-
mente meno pericoloso rischiare di incontrare qualche Mangia-
morte in giro per il mondo che arrivare all'undici agosto senza
nemmeno uno straccio di regalo!
Sul suo orologio erano segnate le tre meno un quarto quando
lo vide per l'ultima volta, prima di addormentarsi.
Harry?.
Erano le nove quando la voce di Ron lo chiamò dal letto a
anco.
Harry, sei sveglio?.

114
Ora si, sono sveglio rispose lui con voce scontrosa, sbadi-
gliando e alzandosi a sedere sul letto.
Che hai? Ti senti male? Hai una faccia orrenda. . .  disse
Ron preoccupato.
Sono solo stanco, ho dormito poco. Sbatté gli occhi e
sbadigliò.
Secondo te cosa posso regalare a Ginny? aggiunse poi,
mentre si strusciava gli occhi con le nocche.
Ron scoppiò a ridere: E io che pensavo che non avessi dor-
mito per chi sa quale motivo! Ecco il grande cruccio di Harry
Potter, cosa regalo a Ginny per il suo compleanno?.
Iniziò una risata canzonatoria, ma smise subito vedendo l'e-
spressione basita di Harry.
Oddio, fai paura Harry, sei pallido come un cencio! Hai cer-
te occhiaie che sembra che ti abbiano colpito due Cannocchiali
Tirapugni, una voce spaventosa e i capelli che fanno concorren-
za ad Hagrid. A confronto Merlino è Mister Universo! Stavolta
risero entrambi.
Oggi pomeriggio mi devi coprire, vado a Diagon Alley a
vedere cosa posso prendere disse Harry alzandosi e vestendosi.
Anche Ron fece lo stesso.
Non pensi sia pericoloso tornare a Diagon Alley da solo?.
Non penso che ci riproveranno, e poi questa volta mi tro-
verebbero pronto! Rispose sicuro alzando la bacchetta con aria
di sda.
Va bene, ti coprirò. Ma mi devi un favore.
Uscirono di camera e scesero le scale no al pianerottolo
davanti alla stanza di Ginny.

115
Vai a pettinarti e a darti una sciacquata, se non vuoi che
lo faccia la mamma.
Harry si diresse verso il bagno ed aprì la porta. Si lavò
la faccia e le mani e cercò con un pettine di lisciarsi un po' i
capelli. Dopo qualche minuto aveva i capelli un po' meno gon,
ma sempre molto crespi. Scosse la testa, gettando il pettine nel
mobile accanto alla doccia.
Uscito, trovò Ron e Ginny che lo stavano aspettando.
Ginny, cosa vorresti per regalo di compleanno? chiese Ron
con nta noncuranza appena vide Harry, che lo trasse con
un'occhiataccia.
Potresti prendermi un po' di roba nel negozio di George
rispose tranquillamente lei.
E da Harry?.
Niente in particolare, so che qualsiasi cosa sarà, mi piacerà
rispose lei, lanciando un sorriso a Harry; ma lui non ricambiò il
gesto, deprimendosi ancora di più.
Entrati in cucina, si sedette accanto a Ron e iniziò, in silen-
zio, a mangiare uova e pane tostato. Ginny e il signor Weasley
erano seduti davanti a loro e la signora Weasley stava lavando
le stoviglie.
Driiin!
Il suono di un campanello provenne da un vecchio tostapane
babbano che il signor Weasley aveva stregato per funzionare
senza energia elettrica.
Arthur, il pane!.
Il signor Weasley si girò verso l'apparecchio in tempo per
prendere al volo le fette abbrustolite del pane tostato e per
distribuirle sui piatti.

116
Come va Harry? Dormito bene? chiese, poi, sorridendo.
Sì, grazie mentì lui.
Si vede commentò Ginny a bassa voce per non farsi sentire
da suo padre e con tono sarcastico. Harry le lanciò uno sguardo
alla è-tutta-colpa-tua, ma lei, per fortuna, non lo comprese.
Su, Harry, mangia qualcos'altro! Ti devi nutrire! disse la
signora Weasley, facendogli atterrare davanti un piatto con uova
e pancetta fumanti.
Perché folo lui  defe nutrire? chiese, oeso, Ron con la
bocca piena, in un esplicito tentativo di avere qualcos'altro da
mangiare.
Mangia pure questo, non ho più fame lo rimbeccò Harry
passandogli il piatto pieno.
Dopo la colazione, Harry uscì in giardino. Doveva trovare il
modo di recarsi a Diagon Alley senza farsi scoprire dalla signora
Weasley. Non lo avrebbe mai lasciato andare, soprattutto dopo
l'attentato del giorno prima. Rivolse indietro lo sguardo no a
notare con la coda dell'occhio
una piccola Molly Weasley che lo osservava con espressione
preoccupata dalla nestra della cucina.
Ron lo raggiunse mentre provava, senza successo, a far en-
trare la camicia dentro i pantaloni con una mano, mentre con
l'altra trasportava due grossi libri di scuola.
E io sarei un pigrone! La mamma insiste perché inizi a
studiare sul serio! Non la smette più di dirmi che quest'anno non
posso abbandonare la scuola e che devo prendere il M.AG.O.!
sbraitò con voce troppo felice per quello che stava dicendo.
Che vuoi farci. . . E' il compito delle madri quello di stare
addosso ai gli cercò di consolarlo Harry, ma non dovette risul-

117
tare troppo convinto Ma non mi dirai che hai veramente voglia
di ubbidirle? E poi te l'ho detto che voglio andare a Diagon
Alley.
Qui sta il bello. Pensavo che per coprirti con la mamma po-
tremmo portare qui lo spaventapasseri dell'orto e trasgurarlo
in modo che da lontano somigli a te, così la mamma avrà l'im-
pressione che noi siamo qui a studiare mentre tu sei a comprare
il regalo.
Ma allora ogni tanto te ne vengono di idee buone! si con-
gratulò Harry Anche se te che studi per due ore non è molto
credibile!.
Dopo le operazioni di camuamento e disinfestazione dagli
gnomi che aollavano il manichino, i due ragazzi si ritennero
soddisfatti del loro lavoro.
E' ora che vada.
Harry parlò con un lieve tremito nella voce.
Ok, non preoccuparti. Sarò perfetto nella parte dello stu-
dente!.
Harry rispose al sorriso di Ron con un'espressione vagamen-
te rassicurante. Poi, avanzò velocemente no allo steccato che
delimitava la proprietà della famiglia di Ron, si guardò bene
intorno per accertarsi che nessuno lo vedesse sparire e lasciò la
Tana con un piccolo crac.
Un secondo prima di Smaterializzarsi gli venne in mente che,
se la mattina precedente Kingsley avesse voluto sottoporlo a
un processo per Uso Improprio della Materializzazione, qualche
anno ad Azkaban non glielo avrebbe tolto nessuno.
Dopo pochi secondi si trovò sulla soglia del Paiolo Magico.
Era rischioso, ma aveva preferito Smaterializzarsi proprio lì per

118
non destare il minimo sospetto ai Babbani che andavano avanti
e indietro la via; dopotutto aveva fatto pratica un anno prima,
quando era rimasto rinchiuso un mese in Grimmauld Place.
Tirò una catenella appesa accanto alla porta, e subito una
cameriera venne ad aprire. Appena lo vide, iniziò a sorridergli
entusiasta, senza dire una parola. Harry cercò di ricambiare
al sorriso, facendo nta di non accorgersi che tutti i clienti lo
ssavano e parlottavano tra loro.
Che avete da guardare? una persona normale, non un feno-
meno da baraccone! ruggì Tom, il barista, alla gente, che subito
tornò a fare ciò che l'aveva impegnata no a quell'istante.
Appena Tom gli fu vicino, Harry lo ringraziò e si sedette al
bancone.
Appena si fu seduto, la cameriera ritornò correndo e gli porse
una foto (che lo ritraeva mentre puntava la bacchetta di lato) e
una piuma già intinta in un inchiostro di colore rosa shock, che
a Harry ricordava tanto quello usato da Allock per rmare le
sue foto.
M-mi fai un autografo? gli chiese, balbettando timidamen-
te.
Harry chiuse gli occhi per qualche secondo, in cui la ragazza
arretrò di qualche passo aspettandosi una sfuriata. Riaperte le
palpebre, la guardò stancamente e prese foto e piuma.
Cosa vuoi che scriva?.
Scrivici A Emily, la tua più grande ammiratrice. Un giorno
sconggerai anche tu un Mago Oscuro e poi la rma sussurrò
timidamente la cameriera ricevendo uno sguardo di rimprovero
da Tom, dopo il quale arrossì violentemente. Harry rmò in
fretta e le porse la foto.

119
Grazie! squittì Emily con gli occhi pieni di lacrime di gioia.
Doveva avere quindici o sedici anni; forse è una Maganò,
visto che non l'ho mai vista a scuola. pensò Harry, restituendole
la piuma.
La ragazzina corse via di nuovo, probabilmente a mettere la
foto al sicuro nel suo armadietto.
Cosa ti porta qui? chiese Tom non appena lei fu sparita
nel retrobottega, mentre gli porgeva un boccale di Burrobirra.
Devo comprare un regalo per Ginny rispose Harry beven-
do un sorso.
Ginny. . . Ginny Weasley?
Sì, lei. Stiamo insieme da quasi due anni. Sta per compiere
diciassette anni e io non so cosa regalarle disse Harry, bevendo
ancora un po'.
Oh, brava ragazza, simpatica e carina. Qualche volta mi
ha aiutato a pulire. . . Trattala bene mi raccomando commentò
Tom sorridendo.
Certo! Grazie per la Burrobirra, Tom! si congedò Har-
ry, allontanando il boccale vuoto e lasciando cinque zellini sul
bancone.
Salutò con un cenno della mano e uscì nel minuscolo cor-
tiletto fuori dal bar. Contò tre mattoni in verticale e due in
orizzontale sopra il cassonetto e aspettò che il muro si aprisse
del tutto sulla via di Diagon Alley.
Senza indugi si diresse verso Tiri Vispi Weasley. George, che
stava pulendo l'insegna del negozio, lo vide subito e gli andò
incontro.
Ciao Harry! Come mai sei qui. . . da solo? gli chiese scor-
gendo a destra e sinistra se vedeva qualche suo familiare.

120
Devo comprare un regalo per Ginny. Hai qualche idea?
disse Harry, mentre entravano nel negozio.
Beh, le piace il Quidditch rispose George con il tono di chi
ha appena raggiunto una conclusione molto sudata.
Questo lo sapevo anche io.
Sembra un maschiaccio, una dura, ma le piacciono cosette
tipo profumi, gioielli o vestiti eleganti, sai.
Lo so per esperienza che non è aatto un maschiaccio tua
sorella disse Harry senza pensare e scoppiando a ridere renden-
dosi conto di cosa aveva detto.
Anche George rise.
Dovresti regalarle qualcosa sul Quidditch, o roba da fem-
mine. Puoi regalarle una scopa nuova, o una divisa di qual-
che squadra famosa, un abito da sera propose, sistemando una
scatola campione di Scherzi Per Tutti.
No. non voglio nire a comprarle un vestito. . . E le attrez-
zature da Quidditch non vanno bene. . . Ci vorrebbe qualcosa di
più personale sai. . . Una collana? Magari con il suo nome, o con
le sue iniziali!. Anche Harry stava pensando.
Sarebbe più carino con i vostri nomi o con le vostre iniziali,
o con una frase!.
Una cosa tipo la collana di Ron? chiese, anche se conosceva
già la risposta.
Quella d'oro massiccio? Orribile. Ma agli Gnomi è piaciu-
ta. Risero entrambi.
Ua, non lo so cosa puoi regalarle! La dovresti conosce-
re bene: sei il suo ragazzo da quasi due anni! sbottò George
esasperato appena i due tornarono alla serietà di prima.

121
E tu sei suo fratello da diciassette! ribatté Harry appog-
giando la testa al muro.
Stettero in silenzio per un po', pensando.
Un animale! esclamò Harry all'improvviso.
Ha già Arnold disse George indicando una cesta piena di
Puole Pigmee di mille colori.
Ma non ha animali da trasporto, un gufo le sarebbe utile.
Può prendere Errol o Leo, o i gu della scuola.
Errol può portare poco, Leo non sopporta il peso di una
busta vuota, e i gu della scuola. . . sono della scuola!.
Potrebbe piacerle, ma una civetta è meglio, una civetta
grigia, o bianca sarebbe bella!.
Una civetta bianca. . . come Edvige. . . .
Oh, scusami, non volevo, mi dispiace Harry disse George,
mettendogli una mano sulla spalla.
Non ti preoccupare, non fa niente. E' solo un ricordo ormai,
un brutto ricordo. Respirò profondamente e si appoggiò di
nuovo con la schiena al muro.
Io devo tornare al lavoro. Fai un giro e guarda un po' di
negozi. Troverai di sicuro qualcosa disse George con un sorriso.
Ok, ho ancora due ore buone, ci vediamo alla Tana! dis-
se Harry rispondendo al sorriso e avviandosi verso il centro di
Diagon Alley.
Ci si vede l'undici! Vengo anche io a cena. Non posso
perdermi la mia sorellina che diventa maggiorenne!lo salutò
George.
Andò velocemente all'Emporio del Gufo e osservò tutti gli
animali esposti.

122
Ce n'erano di tutti i tipi: barbagianni, gu, civette, allocchi
di mille colori e grandezze. Non sapeva quale scegliere.
Ehi, stai più attento!.
Un mago molto anziano era quasi caduto a terra. Harry ave-
va camminato con la testa per aria mentre guardava gli animali,
col risultato che era nito addosso all'uomo senza accorgersene.
Aberforth!.
Harry era sorpreso di vedere il fratello di Silente a Diagon
Alley. Non l'aveva più visto dall'ultima battaglia, ma ora era
vistosamente più sereno.
Potter, non ti avevo riconosciuto! Bel modo che hai di
salutare. Ora salti addosso alla gente?.
Harry si scusò subito; il fratello di Silente continuava a inti-
morirlo.
Aberforth lo squadrò e, col solito tono burbero, disse: Non
preoccuparti, ragazzo, le mie ossa sono ancora intatte.
Come vanno le cose? domandò Harry, curioso di sapere se
anche a Hogsmeade si fosse sentita l'inuenza americana.
Non c'è male. Tu Potter come stai?.
Abbastanza bene. . . Purtroppo il ricordo della battaglia è
ancora fresco ammise Harry.
Senso di colpa, eh? Non è stata colpa tua, Potter. E' inutile
continuare a rimuginare.
Chissà come faceva a capirti mio fratello disse Aberforth
scuotendo la testa.
Harry non trattene un sorrisetto. A volte lui stesso non
riusciva a capirsi.
Nemmeno io so come faceva, ma so che lo ha fatto molto
bene.

123
Beh, Potter, in tutta sincerità io mio fratello pensavo di
averlo inquadrato bene, ma, invece, non avevo capito niente
borbottò Aberforth, e poi proseguì in tono deciso Comunque
per i morti non possiamo fare più niente. E' sui vivi che dob-
biamo concentrarci. Spero che verrai a trovarmi quando sarai
di nuovo a scuola; anche Ariana sarà felice di rivederti.
Aberforth si avvicinò al bancone dell'Emporio per pagare.
Harry lo seguì con lo sguardo, senza in realtà vederlo. Pensava
all'ultima volta che era andato alla Testa di Porco. Rivide il
camino, il quadro di Ariana, i mobili e la tappezzeria di poco
conto della stanza, la mensola del camino. Era coperta da foto
polverose della sua famiglia, da due piantine tutte secche e da
uno specchietto; lo specchietto di Sirius.
Gli sarebbe piaciuto averlo, ma non gli sarebbe servito a
niente senza la copia.
E poi non aveva nessuno con cui usarlo, nessuno da vedere,
chiamare, nessuno che gli mancasse.
Inspiegabilmente pensò a Ginny e allo specchietto. Li so-
vrappose mentalmente. E poi al volto di Ginny si sovrappose il
suo.
Aspetta, Aberforth! gridò, andando incontro all'uomo che
usciva dal negozio Lo specchietto di Sirius, quello per parlare
a distanza, lo hai ancora?.
Sì, perché?. Aberforth era sconcertato dalla domanda.
Devo fare il regalo alla mia ragazza. . . Ginny Weasley, non
so se la conosci. . . .
 Certo che la conosco sbottò lui L'unica glia di Arthur
Weasley. Anche lei ha partecipato al caos nel mio pub qualche
mese fa. Nella sua voce si sentiva una nota di amarezza, che

124
venne subito soocata da un nuovo tono, che Harry non gli aveva
mai sentito pronunciare: Ho capito, buona scelta ragazzo! Sai
Smaterializzarti vero?.

Certo rispose Harry sorridendo a sua volta, notando con


piacere che come il fratello, anche lui lo capiva bene.

Si Materializzarono davanti al pub della Testa di Porco, a


Hogsmeade.

Harry scacciò i ricordi della notte di qualche mese prima, che


irrompevano nella sua mente mentre entravano e salivano nella
stanza di Aberforth, al piano superiore del locale.

Harry fu sorpreso di vedere tutti i cambiamenti che erano


stati apportati durante l'estate; non sembrava la stessa stanza.
La carta da parati beige e la moquette bianca, entrambe nuove,
erano pulite e davano un'aria luminosa alla stanzetta. I mobili
erano stati riparati e profumavano di cera d'api. Sul camino
e sulle foto non si vedeva un granello di polvere. Il quadro di
Ariana era molto più colorato e la ragazza sorrideva salutandolo
con al mano. Harry rispose al saluto e si avvicinò.

Poi lo vide; lo specchietto era accanto alle piantine, ora fre-


sche e rigogliose, proprio dove l'aveva visto l'ultima volta. Lo
prese in mano e vi si specchiò.

Sedendosi su una poltrona, chiese: Secondo te è una buona


idea? Io pensavo che ci sarà utile l'anno prossimo quando lei sarà
a scuola, mentre io no, ma può servire anche in altri momenti,
giusto?.

Aberforth sorrise e rispose: Non ti preoccupare, le piacerà,


stanne certo.

Harry sorrise e guardò l'orologio.

125
Era tardi, la copertura di Ron non avrebbe ancor a retto
a lungo. Già per lui studiare due ore consecutive era troppo,
se poi lo lasciava lì ancora di più, rischiavano davvero di essere
scoperti.
Adesso devo andare, altrimenti mando tutto il piano all'a-
ria, e non voglio che Ginny scopra cosa le voglio regalare!.
Le rovineresti la sorpresa commentò Aberforth con tono
ovvio, accompagnandolo alla porta della stanza. Ma quando
stava per aprirla Ariana lo chiamò e gli fece segno con l'indice
della mano destra di avvicinarsi. Aberforth andò da lei, che gli
sussurrò qualcosa all'orecchio e rise.
Ariana dice che sarebbe più bello se lo abbellissi un po',
visto che è per una ragazza, magari con una cornice o dei ori.
Ok! Grazie di tutto, alla prossima!. Harry salutò, sorri-
dendo e pensando a come abbellirlo.
Quando fu fuori dal pub, Disilluse il regalo e si Smaterializzò
da dietro al cassonetto dove erano apparsi pochi minuti prima.
Pochi istanti dopo era comparso nello stesso punto da cui
aveva lasciato la Tana.
Entrò di fretta nel giardino e vide Ron che lo guardava torvo
seduto all'ombra di un albero di Mecamilla Cotonosa.
Appena lo vide, si alzò e lo raggiunse, con un'espressione
esageratamente furiosa.
Appena gli fu accanto lo prese per le spalle e sussurrò infu-
riato: Cavolo, Harry, arrivi solo ora! Ginny e mamma non la
smettevano più di fare domande!.
Scusami! Ma. . . hanno scoperto dello spaventapasseri?!.
Harry non se l'aspettava proprio.

126
No. . . Cioè mamma non ha sospettato niente, ma Ginny
l'ha notato dopo solo mezz'ora! Allora ho deciso di toglierlo di
mezzo e di inventarmi una storia, per accontentare sia lei sia la
mamma. . . .

Hai fatto bene. Cosa ti sei inventato per coprirmi?.

Ho detto che eri andato a trovare un tuo vecchio amico giù
in paese, si chiama Matthew Lichit, è un Babbano e ha la nostra
età. Pensa velocemente a cosa potreste aver fatto, come e dove
l'hai conosciuto spiegò Ron in fretta.

Harry lasciò il regalo Disilluso sotto l'albero e poi entrò in


casa, trovando la signora Weasley che controllava le stoviglie
mentre si stavano lavando e ascoltava la radio. Bentornato
Harry! Ron mi ha detto che sei andato a trovare un vecchio
amico, un certo Matthew, giusto? disse Molly senza guardarli.

Ehm. . . Sì, sono andato da lui mentì Harry sedendosi sulla


sedia più vicina.

Dove lo hai conosciuto? chiese Molly girandosi e ispezio-


nandoli attentamente.

Alla scuola dove andavo quando vivevo a Privet Drive. Era


l'unica persona con cui ho fatto amicizia laggiù.

Cosa avete fatto?.

Abbiamo parlato un po'. Gli ho detto che ero dagli zii in


vacanza nel villaggio e avevo pensato di andarlo a trovare.

A quanto pareva la signora Weasley aveva creduto a tutte


queste bugie, perché non aggiunse altro e continuò a sorvegliare
le stoviglie, per poi ordinar loro di imbandire la tavola per il
pranzo.

127
Dopo aver mangiato a sazietà, Harry e Ron salirono in si-
lenzio no in camera, dato che Ron era vistosamente ansioso di
sapere cos'era successo a Diagon Alley.
Erano pena entrati dalla porta, quando un fracasso assor-
dante rimbombò di piani di sotto. Subito dopo, udirono due
strilli e dei passi pesanti che salivano le scale.
Mi sa che è meglio se ti nascondi Harry! commentò Ron,
la voce evidentemente preoccupata.
La maniglia si abbassò, ottenendo l'eetto di far indietreg-
giare Harry di qualche passo. La porta si spalancò con un botto
sordo, mostrando una Ginny infuriatissima,
che guardava Harry con uno sguardo da far fuggire un leone.
In eetti, Ginny era rimasta insolitamente cupa per tutto il
pranzo. Lo sguardo sempre sso nel suo piatto, non aveva quasi
aperto bocca, ma ciò non aveva insospettito più di tanto Harry;
almeno, non al punto da aspettarsi una scenata come quella che
gli si preannunciava.
Harry indietreggiò ancora e Ron trattenne il respiro, for-
se perché sapeva benissimo cosa sarebbe accaduto vedendo la
sorella rossa in viso in quel modo.
Neanche il tempo di chiarire bene cosa fosse successo, che
Harry si ritrovò schiacciato sulle lenzuola del letto, con le ma-
ni bloccate da quelle di Ginny per impedirgli di utilizzare la
Bacchetta.
DOVE CAVOLO SEI STATO? NON CI CREDO CHE
SEI ANDATO DAL TUO AMICHETTO! DIMMI DOVE SEI
STATO O GIURO CHE TI STROZZO!.
N-Non posso d-d-dirtelo La voce di Harry era abbastanza
rotta dal poco respiro che gli causava la morsa di Ginny.

128
NON ME LO PUOI DIRE? PERCHÈ NON PUOI? UNA
COSA SEGRETA? BRUTTO SCHIFOSO. . .  non riuscì a -
nire la frase, perché le sue labbra furono occupate.

Harry si era liberato con un abile scatto, aveva rovesciato la


situazione e la stava baciando.

Ginny gli diede una botta sulla spalla e cercò di allontanarlo


invano, mentre si sentì il rumore di Ron che usciva dalla stanza
sbattendo la porta e lasciandoli soli.

Non passarono neanche dieci secondi, che qualcuno bussò al-


la porta, ma i due non risposero. La porta era appena socchiusa,
quando Harry si accorse che stava entrando qualcuno. Staccò
un attimo Ginny e chiese chi era.

Sono Molly.

Ginny si alzò bruscamente e si aacciò alla nestra, e Harry


fece nta di cercare qualcosa sotto il letto.

La signora Weasley entrò con un cesto di panni appena stirati


e lo posò sul letto di Ron, sorrise ad Harry ed uscì, non prima
che un imbarazzato Ron si fosse ripresentato davanti alla porta.

Senza dare il tempo all'amico di aprire bocca, Harry cercò


di riscattarsi dal rischio che aveva appena corso, dicendo: Vi
va di andare a volare un po' ? Siamo tutti fuori allenamento, ci
farà bene! ma il suo nto entusiasmo non contagiò nessuno.

Vedendo Ron ancora imbarazzato e con lo sguardo rivolto


verso il pavimento, si diresse verso la nestra, dove Ginny era
ancora intenta a ssare un qualche punto all'orizzonte. Appena
le fu vicino sentì il suo respiro aannoso e ancora agitato per
l'accaduto, ma, subito dopo, lei scattò verso la porta e uscì, con
lo sguardo arrossato che osservava, triste, il pavimento.

129
Fammi vedere cosa hai preso! disse Ron, in un esplicito
tentativo di rompere la tensione creatasi.
Senza dire una parola, Harry si aacciò alla nestra, puntò
la bacchetta verso la Mecamilla e disse: Accio regalo !.
Il regalo Disilluso salì verso di lui e entrò dalla nestra.
Dopo aver fatto svanire l'incantesimo, lo mostrò a Ron, che
sembrò del tutto sorpreso di vedere quell'oggetto.
Guarda, questo specchio ci ha salvato la vita, ricordi?.
Sì, ma perché lo vuoi regalare a Ginny? chiese Ron.
Perché almeno l'anno prossimo ci potremo vedere, e an-
che quest'anno da dormitorio a dormitorio, o durante le lezioni,
quando siamo lontani insomma. Mi sembrava carina come cosa,
no?.
Sì, molto carina. . .  Ron sembrava improvvisamente deluso
Peccato che queste idee vengano solo a te, ne venisse una a
me. . . Almeno Hermione non si arrabbierebbe di continuo!.
Harry lo guardò, ma non disse niente, preferendo iniziare
subito a lavorare sullo specchio.
Tirò fuori dalla tasca la sua bacchetta di agrifoglio, la puntò
verso lo specchio posato sul letto e mormorò: Geminio .
All'istante una copia dell'oggetto si creò di anco all'origi-
nale, ma Harry notò subito che c'era qualcosa che non andava.
La prese in mano e notò con timore che la cornice che circon-
dava il vetro dello specchio era molto meno rinita dell'originale.
Un enorme dubbio lo investì; passò lo specchio copiato a
Ron, che non disse niente ma si limitò ad ammirarsi
nel riesso. Poi prese in mano l'originale, osservò per un
istante il suo viso preoccupato, quando Ron chiese: Ma qui,
ora, non dovrei vedere la tua faccia?.

130
Ciò che Harry aveva temuto era diventata una tremenda real-
tà: l'incantesimo Geminio serviva a creare copie di un oggetto,
ma queste non possedevano le stesse qualità magiche.
All'improvviso si ricordò di due momenti dell'anno preceden-
te in cui aveva visto il frutto di quella formula; al Ministero della
Magia, Hermione aveva usato quell'incantesimo per creare una
copia vistosamente fasulla del medaglione di Serpeverde (come
d'altra parte aveva già fatto Regulus Black anni prima), men-
tre pochi mesi prima, alla Gringott, nella camera blindata della
famiglia Lestrange, si creavano copie incandescenti di coppe e
oggetti preziosi, tutti privi di valore.
Come aveva potuto pensare che fosse così facile copiare un
oggetto magico raro come lo specchio di Sirius.
Ma, poi, mentre anche Ron stava aggrottando la fronte per
pensare ad una possibile soluzione, gli venne in mente una via;
l'unica strada possibile per aggirare il problema. Se quello non
avesse funzionato non avrebbe potuto fare altro che arrendersi
all'evidenza dei fatti.
Prese la bacchetta di Sambuco e disse, con voce incerta:
Geminio.
Immediatamente, la copia apparve accanto a quella originale.
Ehi Harry, su questo specchio c'è la tua faccia! strillò Ron,
prendendo in mano la riproduzione perfetta appena creatasi di
anco all'originale.
E su questo dovrebbe apparire la tua, Ron! disse Harry,
sospirando, soddisfatto, nel constatare che l'incantesimo della
Bacchetta di Sambuco era riuscito alla perfezione Perfetto.
Il viso di Ron era apparso nello specchio dopo che lui aveva
pronunciato il suo nome.

131
Poi, con la Bacchetta modellò una cornice molto semplice,
che ricalcava perfettamente i bordi dello specchio originale. Non
era bellissima, ma era tutto quello che riusciva a fare; la decorò
con due rose di un vivido colore rosso su vertici opposti prima
di ritenersi soddisfatto del suo lavoro.

Prese i due specchietti e li mise in una scatoletta di cartone


che era sotto il letto, foderandoli prima con una carta spessa e
morbida per non farli rompere.

Dopo aver fatto mutare il colore della scatola in un rosa


tenue e aver aggiunto alcune decorazioni, andò dritto verso il
suo baule che aveva acquistato il giorno prima a Diagon Alley,
ne estrasse una pergamena nuova, l'inchiostro e una piuma e vi
scrisse sopra un messaggio.

Cosa le scrivi?. Ron cercava di sbirciare da sopra il suo


letto.

Non sono aari tuoi! rispose deciso Harry, mentre riponeva


il tutto nell'armadio e lo Disilludeva per sicurezza.

Quando si girò di nuovo, vide Ron che lo guardava torvo,


evidentemente oeso.

Hai fatto tutto? gli chiese l'amico con tono provocatorio.

Sì, spero che le piaccia rispose Harry, sospirando.

Le piacerà, ne sono certo. Tu sai come prenderla per il


verso giusto. Lo sapessi fare anche io con Hermione. . . . Il
suo tono di voce era improvvisamente cambiato; evidentemente
aveva fatto l'oeso per scherzo.

Non dire così. Tu con Hermione fai quello che puoi, e io


uguale con Ginny cercò di rincuorarlo Harry, anche se sapeva
benissimo che non sarebbe servito a molto.

132
Ma tu e Ginny non litigate di continuo! Io e Hermione
si. . . .
Passarono alcuni giorni, durante i quali Harry e Ginny limi-
tarono al minimo il bisogno di parlarsi, per motivi che a Harry
erano ignoti. Riteneva che ciò fosse causato dall'arrivo improv-
viso della signora Weasley in camera qualche giorno prima, ma
non poteva esserne certo. L'unica cosa sicura era che Ginny
cercava clamorosamente di evitare il suo sguardo.
La mattina del dieci agosto, la vigilia del compleanno di
Ginny, Harry si svegliò con un profumino di uova e pancetta
che proveniva dalla cucina. Ron non era nel suo letto, quindi si
poté vestire senza il sottofondo di borbottii inutili riguardanti
gli ultimi sogni dell'amico su Hermione, e scese in cucina.
Trovò la signora Weasley come sempre indaarata tra i for-
nelli.
Ciao Harry caro, mi dispiace dirtelo, ma oggi ho mandato
Ron ad aiutare George al negozio. Sapevo che gli
serviva una mano e ho mandato lui, tanto qui non combine-
rebbe nulla di utile.
Non preoccuparti aggiunse poi di fretta, mentre riempiva
un piatto con quattro uova al tegamino e spostando la sedia
come per invitarlo a mangiare  solo per oggi.
Appena Harry ebbe messo in bocca il primo boccone, Ginny
spuntò silenziosamente dalle scale per fare colazione. Sul volto
della ragazza era ancora dipinta una strana espressione.
Quando ebbero nito e riposto i piatti nel lavandino, men-
tre una spazzola li lavava da soli, Ginny chiese cortesemente a
Harry di aiutarla a far scendere Arnold dalla cima dell'armadio
di camera sua dove si era nascosto per giocare.

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Harry accettò, nella speranza che l'invito non nascondesse
qualche discorso imbarazzante, ma quando entrò nella stanza
vide Arnold ancora profondamente addormentato sul letto di
Ginny.
Dovevo parlarti disse lei mentre chiudeva la porta e si
accingeva ad abbracciarlo.
Sospettavo che ci fosse qualcosa sotto replicò lui con un
tono misto tra l'ovvio e il noioso Ti si leggeva in faccia che
avevi qualche cosa da dire. dall'altro giorno che sei così; da
quando tua madre ci ha. . . .
Non da quel momento, ma dal tuo viaggio al Ministero lo
interrupe lei Mi hai distrutta. Mi sono già immaginata tante
volte la tua morte. Tutto l'anno scorso io ero in pensiero per
te. . . sempre. E ora vengo a sapere che hai deciso di fare il
mestiere più pericoloso di tutti.
Internamente felice che il discorso non andasse a parare sul-
l'arrivo di sua madre in camera, Harry si accorse dagli occhi della
ragazza quanto dolore stava provando. Erano occhi così belli e
profondi. Le loro teste si avvicinarono e si abbandonarono ad
un lungo bacio.
Sembrava fosse passata un'eternità quando si allontanarono
e si abbracciarono. E lui le sussurrò all'orecchio, con voce il più
solenne possibile: Ho deciso di accettare. Nulla mi potrà far
cambiare idea, ma sappi che, qualunque cosa succederà, io sarò
sempre accanto a te.
Detto questo, uscì dalla stanza, senza neanche osare guar-
darla in faccia. Il pensiero di provocarle una simile soerenza lo
faceva stare male.
Ron tornò dopo pranzo con un'aria stanca.

134
Quei nanerottoli infami! commentò, sedendosi su una se-
dia in sala da pranzo Noi non eravamo così alla loro età, por-
tavamo rispetto per i più vecchi.
Ma Harry non ascoltava veramente ciò che Ron diceva. Du-
rante i momenti in cui prendeva ato, lui annuiva o diceva cose
del tipo si, certo o hai ragione tu, per farlo sentire compreso.
La sua testa era altrove. Pensava sempre di più al gufo che
quella mattina, subito dopo essere uscito dalla camera di Ginny,
aveva spedito a Kingsley.
Sulla lettera c'era solo scritto Accetto, nel caso venisse inter-
cettata.

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136
Capitolo 8

CUORI E LETTERE

Che ne dici di un po' di Quidditch? chiese Harry.


Ron distolse lo sguardo dal libro di Trasgurazione e nei suoi
occhi piano piano riapparve una scintilla di vitalità.
Dici sul serio? Stiamo studiando da appena mezz'ora. . . 
rispose poco convinto di quello che stava dicendo.
Beh, mezz'ora in cui sei sempre alla stessa pagina!.
È roba dicile mugugnò.
Nemmeno io oggi riesco a concentrarmi, l'unica Trasgu-
razione che ho in mente in questo momento ha a che fare con
questo libro e un Boccino da Quidditch, che ne dici?. Voleva
un pomeriggio lontano dallo studio e completamente dedicato
al Quidditch.
Ron rise chiudendo il suo libro; non era stato dicile con-
vincerlo.

137
Presero le loro scope e si diressero verso il campetto rialzato
e nascosto dagli alberi dove si erano allenati quasi tutte le estati.
Stavano camminando e chiacchierando tranquilli quando Gin-
ny li superò, correndo. Appena la videro, i due amici spiccarono
una corsa per inseguirla.
In pochi secondi la raggiunsero, e solo allora lei smise di
correre.
Vi va se mi alleno con voi? chiese subito dopo.
Harry annuì e Ron, facendo spallucce, rispose Per me va
bene per poi spiccare il volo no all'entrata del campetto.
Fu allora che Harry si rivolse a Ginny un po' preoccupato
dopo la discussione del mattino: Come stai?.
Lascia stare, ok? lo interruppe subito lei con tono minac-
cioso e crucciato allo stesso tempo Mi basta sapere che tu sei
felice facendo l'Auror, ma giuro che la prima volta che ti ac-
cade qualcosa. . . Diciamo che ti converrebbe farti molto male,
altrimenti ci penserei io a nirti!.
Lui sorrise e la baciò lievemente sulla fronte.
Ron aspettò qualche secondo, poi, vedendo che non si de-
cidevano a decollare, li raggiunse e chiese: Allora, prima mi
alleno io a parare e poi voi. Va bene?.
Certo. Harry annuì, felice che Ginny avesse capito la
situazione.
Anche perché sei quello che ha più bisogno di allenarsi
aggiunse Ginny, provocando le risate di Harry. Ron fece una
smora, ma poi cercò di concentrarsi: evidentemente voleva fare
del suo meglio.
Harry fece velocemente apparire dal nulla delle palle da cal-
cio e altre da golf, così, Ginny poteva allenarsi a tirare le nte

138
Plue, mentre Ron, che nel frattempo aveva fatto intrecciare i
rami di due alberi in un cerchio simulando una porta, avrebbe
cercato di pararle.

Al suo turno, Harry si spostò velocemente verso destra, ma


all'ultimo istante sterzò a sinistra e lanciò con forza il pallone
in quella direzione.

Ron, pronto sulla destra, si buttò velocemente dall'altro lato,


ma riuscì solo a sorare la palla con le dita di una mano prima
che quella cadesse a terra. Si precipitò a raccoglierla e la rilanciò
all'amico.

Tutto qui? Ginny, pochi metri più in là di Harry, li pren-


deva in giro, divertita Senza oesa, ma siete scadenti, ragazzi.

Dopo qualche ora, fra lanci, parate (a volte tentate, a volte


riuscite) e commenti maligni da parte di Ginny o d'incoraggia-
mento, Ron riuscì a fare una parata spettacolare, facendo una
capriola a mezz'aria e fermando la palla con la coda della scopa.

Allora non hai niente da dire adesso? chiese allora alla


sorella.

Lei rispose con una linguaccia: Se non ti avessi spronato


non avresti combinato nulla di buono!.

Piantala, avevo solo bisogno di riprendere un po' la mano.


Comunque è tardi, è meglio se mi ritiro in gloria per oggi!.

Non è giusto! si lamentò Harry, Volevo allenarmi an-


ch'io!.

Quando scesero a terra, era troppo tardi per allenarsi con le


palline da golf e, quindi, si avviarono verso casa, non senza che
Harry avesse sottolineato che non si era potuto allenare.

139
Dovremmo ricominciare ad allenarci così più spesso no
all'inizio della scuola azzardò Ginny mentre scendevano dal
colle.
Hai ragione Harry era completamente d'accordo con lei
In fondo non giochiamo a Quidditch da più di un anno. Tu
che ne pensi Ron?.
Ma Ron si limitò a sbuare, mentre portava la scopa a spalle
giù per il leggero pendio.
Dai Ron! Tirati su, si può sempre rimediare cercò di
tirarlo su Ginny e anche Harry cercò di metterci del suo.
Guarda che tutti i giocatori di Quidditch della scuola so-
no nella nostra situazione. Ma Ron non sembrò per niente
rincuorato dalle loro parole.
Rimediare? Ma non avete visto? Faccio schifo! Una parata
buona in due ore!.
Non dire così, so che puoi migliorare; se ci credi davvero
puoi fare miracoli.
Il problema è crederci concluse Ron in tono cavernoso.
Né Harry né Ginny seppero cosa rispondere.
Quando arrivarono alla Tana, Harry e Ginny andarono a
riporre le scope nel capanno, portandoci anche quella di Ron,
che preferì entrare subito in casa.
Giunto nel ripostiglio, Harry avvolse le tre scope in un panno
e le appoggiò sopra un vecchio mobile attaccato dalle termiti,
mentre Ginny lo osservava da dietro.
Quando varcarono la soglia della cucina Ron non c'era, men-
tre la signora Weasley era come sempre indaarata ai fornelli.
Credo che Ron sia salito in camera sua disse lei appena si
accorse della loro presenza Sembrava molto demoralizzato. . . .

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Ginny cercò immediatamente di cambiare discorso, chieden-
do chi era stato invitato per cena la sera successiva.
Naturalmente vengono Bill, Fleur, Percy e George, ma Char-
lie mi deve ancora dare la conferma rispose la madre Ho pen-
sato di invitare anche Hagrid, è sempre stato così gentile con noi!
Ed Hermione, se vuoi. Se ti va di invitare qualcun altro. . . basta
che me lo dici per tempo.
Penso che chiederò anche a Luna di venire. . .  concluse
Ginny, abbastanza soddisfatta, prima di salire le scale; Harry la
seguì subito.
Contrariamente a ciò che pensava Ginny, però, salì no alla
camera di Ron ed entrò.
L'amico era disteso sul suo letto e lo salutò con un cenno.
Sai, un po' ti invidio esordì tristemente.
Guarda che anche io sono fuori allenamento ammise Har-
ry, stupito dalla domanda.
No, non per quello lo corresse Ron Ti invidio perché hai
una ragazza che ti adora, che passerebbe ogni singolo istante con
te. Io invece ho una quasi ragazza che mette lo studio prima
di me.
Harry ebbe appena il tempo di chiedersi come avesse fatto
Ron a passare dallo sconforto per il Quidditch a quello per Her-
mione, ma rispose prontamente a quello che aveva appena detto
l'amico.
Hermione ti vuole bene. Non pensare sempre al peggio.
Non pensare sempre al peggio?!il tono di Ron si era fatto
più alto. Ma se. . . .
Subito dopo, però, si interruppe, dato che proprio in quel-
l'istante giunse dalla cucina la voce della signora Weasley che

141
annunciava che la cena era pronta; così, per la fortuna di Har-
ry, l'ennesimo discorso sui problemi tra Ron ed Hermione fu
troncato sul nascere.
La mattina dopo, un rumore proveniente dabbasso svegliò
Harry, che cercò subito tentoni gli occhiali, e se li inlò sbadi-
gliando.
Gli ci volle un po' per mettere a fuoco la scena che gli si
presentava e, quando si rese conto di chi aveva davanti, arrossì
e si tirò le lenzuola no al collo, perché aveva indosso soltanto
un paio di boxer.
Scusami se ti ho svegliato gli sussurrò Ginny, con un dolce
sorriso stampato sul viso.
Buongiorno rispose anche lui sottovoce, mentre prendeva
una T-shirt dal cesto di panni che era accanto al suo letto e se
la inlava Che ci fai qui?.
Volevo vedere se eravate già svegli rispose la ragazza, se-
dendosi accanto a lui e dandogli un lieve bacio sulle
labbra. Lui ricambiò, poi si allontanò come se avesse preso
la scossa.
Portò un dito davanti alla bocca e poi indicò Ron, per fare
segno a Ginny di stare attenta a non svegliare il fratello.
A proposito, mi pare che oggi sia il compleanno di qual-
cuno. . .  disse, poi, sporgendosi per prendersi un altro bacio
Tanti auguri.
Posso darti ora il tuo regalo? aggiunse subito dopo, al-
zandosi e aprendo l'armadio, senza dare il tempo a Ginny di
rispondere.
Dopo aver tirato fuori il pacchetto rosa, lo diede a Ginny con
un sorriso; lei lo prese e se lo rigirò fra le mani.

142
Attenta! la apostrofò Harry, quando lei iniziò a scuoterlo
vicino all'orecchio per sentire cos'era.
Lei sorrise leggermente, poi sciolse il nastro che legava la
scatola e ne sollevò il coperchio.
Quando alzò gli specchietti per togliere la carta in cui erano
avvolti, cadde una busta bianca, che raccolse e aprì immediata-
mente, mentre Harry arrossiva leggermente.

Tantissimi auguri per i tuoi 17 anni! Sei la cosa più bella che
mi sia capitata.

Harry.

Ginny rilesse quel biglietto più e più volte con gli occhi luci-
di, ma non pianse (Per fortuna pensò Harry, vedendo gli occhi
inumidirsi); poi lo ripiegò, lo inlò nella busta e lo rimise nella
scatola, rivolgendogli un leggero sorriso intimidito.
Poi riprese in mano i due specchietti e se li rigirò fra le mani
per qualche minuto, scrutandoli, sospettosa.
Perché due?.
Perché sono specchi gemelli concluse lui, come se fosse
ovvio.
Ginny storse le sopracciglia; non aveva capito cosa intendeva
Harry per gemelli.
Servono a comunicare fra di noi se mai fossimo lontani; ba-
sta pronunciare il nome di chi possiede l'altro specchio. . . Guarda
le spiegò lui, vedendo il suo cipiglio incerto.
Poi prese lo specchio semplice, vi guardò dentro e sussurrò
il nome di Ginny, mentre lei ssava l'altro, con lo sguardo di chi
si aspetta che ne scaturisca fuori uno stormo di colombe.

143
Vedo la tua faccia! concluse dopo un istante, mantenendo
un tono di voce basso per non svegliare Ron Ti vedo!.
Ho pensato che saranno utili se saremo mai lontani aggiun-
se timidamente Harry, osservandola mentre riponeva il regalo
nella scatola.
Quando Harry nì di parlare lei si fermò con le mani ap-
poggiate sulla scatola; lentamente la sollevò e la appoggiò sul
materasso.
Poi si voltò, gli buttò le braccia al collo e lo baciò con tra-
sporto; purtroppo, però, Ron riprese a russare, riportandoli alla
realtà.
Harry si alzò in piedi, e si mise a sistemare gli abiti del cesto
nell'armadio, mentre Ginny riprendeva la scatola e ne tirava
fuori lo specchio con le rose.
Questo regalo è bellissimo, l'unico problema. . . .
Harry sbiancò, temendo di aver sbagliato qualcosa; Ginny lo
guardò, indovinandone i pensieri.
Ma cosa hai capito! Bellissimo il regalo solo che. . . questi
orellini commentò Non ti dispiace se. . . .
Fai pure rispose, sollevato, Harry Li ho aggiunti io sotto
consiglio di Ariana, ma se non ti piacciono. . . .
Ariana? il tono di Ginny era immediatamente cambiato.
La ragazza dipinta nel ritratto in casa di Aberforth Silente;
lo specchio originale ce l'aveva lui. Harry rispose tutto d'un
ato, con voce pronta e piatta, ma dal tono della ragazza aveva
inteso che era in atto un preoccupante moto di agitazione.
A queste parole, Ginny sembrò calmarsi; prese la sua bac-
chetta e fece Evanescere le due rose che ornavano la semplice

144
cornice; mentre lo faceva, però, non poté nascondere un sorriso
compiaciuto.
Così va meglio commentò inne la ragazza, in un ulti-
mo tentativo di dimenticare le parole di pochi secondi prima e
ammirando lo specchio.
Harry nì di riporre un paio di calzini in un cassetto e tornò
ad accomodarsi accanto a lei.
Si era appena seduto, quando Ron socchiuse gli occhi; Ginny
se ne accorse e fece per alzarsi, ma il fratello spalancò le palpe-
bre, svegliandosi di colpo, e chiese con fare sospettoso: Che ci
fai tu qui a quest'ora?.
Lei arrossì un poco, mentre Harry abbassò lo sguardo, con
evidente espressione colpevole.
Ero curiosa di vedere il regalo di compleanno di Harry
esordì poi Ginny, cercando di mantenere un tono calmo e rassi-
curante Non sono magnici questi specchi?.
Il fratello sgranò gli occhi e commentò con aria di super-
cialità: Si si sono belli. . . ma tanto sapevo già cosa voleva
regalarti.
Dopo le parole di Ron, Ginny sbuò spazientita; si aspettava
certamente una reazione diversa dal fratello.
Comunque auguri!.
Grazie rispose fredda, mentre apriva la porta e usciva dalla
stanza.
Quando Harry e Ron entrarono in cucina per la colazione,
sentirono subito tubare da sopra la credenza ed alzarono gli
occhi; due grossi allocchi li osservavano con cipiglio quasi severo,
il primo tutto sporco di marmellata. Doveva essere stato lui a
svegliare Harry con quello strano rumore.

145
Intanto Ron si era avvicinato al tavolo e osservava le due
buste che vi erano appoggiate sopra con aria inorridita.
Anche Harry andò a vedere a chi erano indirizzate e fu stupi-
to nel vedere il sigillo di Hogwarts; una era rivolta a lui e l'altra
a Ron.
Cavolo sussurrò Ron prendendo in mano la sua busta;
Subito dopo, la signora Weasley apparve dal ripostiglio della
cucina e sorrise guardandoli, per poi iniziare con noncuranza a
preparare uova e bacon per la loro colazione.
Harry aprì la sua busta e iniziò a leggere la pergamena scrit-
ta con inchiostro verde blu cielo:

Caro Signor Potter,


siamo lieti di informarLa che per il prossimo anno scolastico
Lei è stato designato come Capitano della Squadra di Quidditch
della Casa di Grifondoro nella Scuola di Magia e Stregoneria di
Hogwarts.

Augurandole ogni bene,

Aurora Sinistra
Direttrice della Casa di Grifondoro
La busta conteneva il distintivo scarlatto per il ruolo di
Capitano.
Harry non poté che essere sollevato nel leggere la missiva;
la cosa che colpì la sua attenzione fu la rma: Aurora Sinistra,
Direttrice della Casa di Grifondoro.
Probabilmente il ruolo di Preside era incompatibile con quel-
lo di Direttrice e la McGranitt aveva dovuto passare il compi-

146
to alla professoressa Sinistra, l'insegnante di Astronomia. Sarà
strano dopo tanti anni, pensò.
Alzando lo sguardo, notò che Ron non era altrettanto feli-
ce; di anco a lui, leggeva e rileggeva la pergamena con occhi
sgranati.

Cosa c'è? gli chiese, in tono titubante, mentre gli allocchi


sulla credenza riprendevano rumorosamente il volo, dopo essersi
accertati che gli interessati avessero letto i messaggi.

S-sono stato nominato P-Prefetto. . .  sospirò lui, come se


stesse per dire qualcosa di molto indecente.

Ma che bella notizia! li interruppe la signora Weasley, la-


sciando due uova che si rompevano da sole e si gettavano su una
padella e avvicinandosi al glio Non sai come sono contenta
per te! Di nuovo Prefetto! Non ci speravo più. . . .

Perché? domandò Ron, guardando la madre di sbieco.

Vedi, Ron. . . l'anno scorso, dopo il matrimonio di Bill e


Fleur e fece un gesto come per dire ci siamo capiti è ar-
rivata la lettera che ti nominava Prefetto, ma siccome voi due
ed Hermione eravate già scappati e tu non saresti dovuto an-
dare a Hogwarts per colpa della Spruzzolosi ho dovuto inviare
una lettera di rinuncia. . . Non puoi immaginare quanto mi sia
dispiaciuto!.

Detto questo abbracciò Ron, ancora apparentemente scon-


volto, e chiese a Harry se anche lui era stato nominato Prefetto.

No iniziò lui Sono stato nominato Capitano della Squa-


dra di Quidditch.

Ottimo! si congratulò lei, per poi abbracciarlo, dare un


pizzicotto sulla guancia del glio e tornare pimpante ai fornelli.

147
Ma perché sembri così inorridito? sussurrò Harry a Ron,
mentre i due si sedevano a tavola.
Leggi. L'aveva detto come se stesse per vomitare.
Harry prese in mano la pergamena scritta con lo stesso in-
chiostro della sua nella calligraa bassa e larga di Lumacorno e
lesse:

Caro signor Weasley,


siamo lieti di informarLa che anche quest'anno Lei è stato
nominato Prefetto della Casa di Grifondoro.
Conosce già le sue mansioni e i suoi doveri per tale ruolo,
ma Le ricordiamo ugualmente che il giorno 1 settembre p.v. Lei
dovrà recarsi nel vagone dei Prefetti sull'Espresso per Hogwarts,
dove si terrà il discorso della Caposcuola della sua Casa, la si-
gnorina Hermione Granger.

Sperando che stia bene,

Horace E. F. Lumacorno
Vicepreside
Harry capì subito perché Ron era così stranito; Hermione era
stata nominata Caposcuola e quindi lui si trovava un gradino
sotto di lei.
Ron dovresti essere felice per. . .  iniziò, ma fu interrotto
dall'improvviso arrivo nella stanza di Ginny.
Mamma, stasera vengono anche Luna e Hermione an-
nunciò lei, appena scesa dai piani superiori, per poi sedersi e
aspettare che la colazione fosse pronta.

148
Harry notò che appena la ragazza aveva nominato Hermione,
Ron si era rabbuiato ancora di più.
La signora Weasley annuì e andò ad abbracciare e baciare
la glia, facendole gli auguri; poi iniziò a preparare la colazione
anche per lei.
Quando tutti e tre ebbero mangiato a sazietà, Harry si alzò
e mise i suoi piatti nell'acquaio (dove nel frattempo le stoviglie
della sera prima si stavano auto-lavando), poi uscì, seguito dagli
altri due.
Ginny! gridò Ron mentre raggiungeva lei ed Harry vicino
al recinto del giardino Come ti è saltato in mente di invitare
Hermione?.
Scusa, non pensavo ci fosse niente di male ad invitare una
mia amica! rispose lei, con voce ironicamente aranta.
Fai anche la spiritosa adesso! Lo sai che abbiamo litigato!
Harry, diglielo anche tu. . . .
Non dare la colpa a me se ti comporti da schifo. Gin-
ny aveva fatto tacere Harry con un gesto della mano e si era
avvicinata al fratello, perdendo la calma.
Come ti permetti? ruggì lui, infuriato.
Abbassate la voce intervenne Harry con tono piatto Non
vorrete che vostra madre vi senta?.
Stai zitto, Harry gli intimò prontamente la ragazza So
come comportarmi con mio fratello poi continuò, rivolta a Ron
Senti tu, un rapporto si basa sulla sincerità e sulla lealtà e se
tu e Hermione non parlate non voglio rimetterci io. Quindi o le
parli tu e fate pace o stai
zitto, ma non terrai il muso lungo tutta la sera del mio
compleanno.

149
Come ti permetti di dirmi una cosa simile! Lo so benissimo
come comportarmi con le ragazze!.
Certo Ginny stava vistosamente trattenendo una risata di
scherno Come no; lo vedo. Da quant'è che non parlate? Fammi
pensare. . . Un paio di settimane, proprio un bel rapporto.
Cosa ne puoi sapere tu di un rapporto sincero, visto che in
un anno hai cambiato tre ragazzi ? la attaccò il fratello.
Dopo questa uscita di Ron, anche Harry iniziò a scaldarsi.
Cosa?!.
Detto questo Ginny sfoderò la bacchetta; Ron fece lo stesso.
Si ssarono negli occhi per pochi istanti; evidentemente nes-
suno dei due sapeva cosa fare.
Anche Harry stringeva in mano la Bacchetta, ma non l'a-
veva sfoderata, era pronto ad intervenire se la situazione fosse
degenerata.
Ad un certo punto Ron trasse dalla tasca un piccolo pacchet-
to, dicendo, con tono di disgusto: Speravo di consegnartelo in
un modo totalmente diverso e lo lanciò a Ginny, con tutta la
forza che sembrava avere in corpo; poi si voltò e si diresse in
casa.
Lei agitò prontamente la bacchetta e fece lentamente levita-
re l'involucro verso di sé, mentre osservava il fratello camminare
con passo svelto verso la porta della cucina. Quando le fu ar-
rivato in mano lo scartò; conteneva una piccola spilla nera, che
aveva la forma di un'elaborata G in stile gotico.
Appena Ron ebbe svoltato l'angolo, Ginny si rivolse ad Har-
ry, che teneva ancora stretta in tasca la Bacchetta:  L'ho
trattato malissimo, vero?.

150
Harry si sentiva tra due fuochi. Doveva scegliere tra il dare
ragione alla sua ragazza o al suo migliore amico; non poteva
trovarsi in una situazione peggiore di quella.

Peggio di così non potrebbe andare si trovò a pensare mentre


rietteva su cosa dire a Ginny. Anzi, forse sarebbe peggio se mi
trovassi tra Hermione e Ron.
Inne decise di cavarsela con poche parole neutre:  una
questione tra voi due. . . Prova a parlargli, lo sai che in questo
periodo è più giù che mai.

Ginny sembrò sentirsi abbastanza risollevata dalle sue paro-


le, perché disse, con tono sicuro di sé: Bene, e poi si avviò
velocemente all'inseguimento del fratello.

Harry preferì non entrare nella Tana; ritenne che in quella


faccenda Ginny e Ron dovessero risolvere i loro dissapori senza
la sua presenza.

Nel pomeriggio andarono tutti e tre al campetto dei Weasley


per allenarsi a Quidditch; Ron sbagliò gran parte delle parate,
e anche questa volta Harry non riuscì ad allenarsi con le palle
da golf.

Dovrò comprarmi una scopa nuova concluse Harry, mentre


tutti e tre tornavano alla Tana a metà pomeriggio Ho già usato
troppo la vecchia scopa di George e ora che sono Capitano di
Grifondoro. . . .

Sei Capitano? lo interruppe bruscamente Ginny Da quan-


do lo sai? Perché non mi hai detto niente?.

Harry le spiegò velocemente della mattina, e Ron sbuò


quando pronunciò il nome Prefetto.

151
Sono contentissima! disse lei alla ne del discorso di Harry
Dai Ron! almeno sappiamo che saremo subito in squadra!.
Harry le scoccò uno sguardo di fuoco e lei scoppiò a ridere;
Ron non sembrava essersi risollevato per niente.
Erano quasi arrivati alla Tana quando videro davanti a loro
la gura di una giovane ragazza non molto alta e dai capelli
di un colore biondo sporco che veniva loro incontro, con un'an-
datura molto simile a quella di un cavallo; i capelli salivano e
scendevano continuamente, dandole un'aria ancora più bizzar-
ra di quella che le dava il lungo vestito coloro acquamarina che
indossava.
Luna! esclamò Ginny, correndole incontro.
Harry e Ron si guardarono, sorpresi dall'abbigliamento della
ragazza, e accelerarono il passo verso l'amica
Appena raggiunsero le due ragazze, Luna si buttò pratica-
mente in braccio a Harry, poi a Ron, e poi disse con noncuranza:
Ciao, eroi!.
Ron e Harry si guardarono e sorrisero; si ricordavano n
troppo bene di averle salvato la vita pochi mesi prima, quando
era rinchiusa nei sotterranei di Villa Malfoy con Olivander, il
Fabbricante di Bacchette.
Dopo un'ora arrivò anche Hermione, che si Materializzò ap-
pena fuori il recinto della Tana e con passo svelto raggiunse il
gruppetto sotto l'albero di Mecamilla Cotonosa dove Luna stava
loro raccontando la sua estate; era andata in giro per il mondo
con il padre, in cerca di qualche animale immaginario.
Appena li ebbe raggiunti, Hermione abbracciò Luna ed Har-
ry, poi fece gli auguri a Ginny e salutò Ron con un semplice
ciao e un forzato sorriso falso e stiracchiato.

152
Da parte sua Ron ripose freddamente, con la voce tremante,
e si girò, lanciandole uno sguardo tra l'aranto e l'arrabbiato e
andando il più lontano possibile da lei.
Harry la guardò seguire Ron con occhi lucidi, voltarsi e
mormorare qualcosa alle amiche.
Ho sentito che sei stata nominata Caposcuola! iniziò su-
bito dopo Ginny, cercando di ignorare il comportamento del
fratello.
Hermione si limitò ad annuire, ma poi aggiunse, con la voce
meno rotta: Devo tenere il discorso per i Prefetti sull'Espresso
per Hogwarts. Spero di riuscire a prepararlo in tempo, sapete,
ci sono così tante cose da dire. . . .
Immagino che due settimane possano essere sucienti com-
mentò Luna, sorridendo, con il suo solito tono sognante.
Spero di si fu la risposta pronta di Hermione, che poi
aggiunse: Vi va di salire? Devo mostrare il mio regalo alla
festeggiata. . . .
Harry si accorse del tono orgoglioso con cui lo diceva e si sbri-
gò a salutare e ad allontanarsi; non voleva saperne di questioni
femminili.
Decise di andare da Ron, che era seduto ad un tavolo di
pietra nascosto dietro la casa, con lo sguardo sso verso il basso.
Vedendolo in quelle condizioni, Harry dovette ammettere che
gli faceva un po' pena, ma si sedette e gli mise una mano sulla
spalla, rimanendo in silenzio. Dopo pochi secondi l'amico alzò
lo sguardo dalla fredda pietra del tavolo con un'espressione di
profonda gratitudine, mormorando: Grazie.
Intimidito dalla reazione di Ron alle sue premure, Harry scos-
se la testa e chiese, con il tono più gioviale possibile:  Ti va di

153
giocare a scacchi?.

Ron sorrise e annuì; poi si alzò e si diresse verso casa, segui-


to a ruota da Harry, mentre tentava di asciugarsi dalla guancia
destra quella che doveva essere una piccola lacrima.

La sera arrivò in fretta e cominciarono ad arrivare gli invitati.

George arrivò per primo, e posò un grosso pacco verde su una


poltrona nel salotto, per poi iniziare subito a giocare a scacchi
con Harry e Ron.

Poco dopo sopraggiunsero Bill e Fleur; lei, sempre bellissi-


ma, si mise immediatamente ad aiutare la signora Weasley a
preparare la carne (perché al songue come la fasciamo noi fran-
scesi, non la fa nessuno ), mentre Bill aiutava sua madre ed
apparecchiare in giardino.

Charlie e Hagrid raggiunsero la Tana praticamente nello


stesso istante e si accomodarono in salotto a parlare di Draghi.

Appena prima che la cena fosse pronta, anche Percy e il


signor Weasley tornarono dal Ministero, entrambi vistosamente
spossati per la giornata.

Ginny accolse tutti con entusiasmo, ma subito dopo che suo


padre fu arrivato e si fu sistemato, salì con Hermione e Luna
per cambiarsi d'abito.

Solo quando fu tutto apparecchiato e il cibo fu pronto, la


signora Weasley mandò Harry a chiamare le ragazze.

Salito no al pianerottolo della camera di Ginny, bussò tre


volte alla porta; sentì una risata e dei sussurri provenire dall'in-
terno, mentre Luna apriva, ridendo.

154
Entrò con fare incerto, e vide Ginny ed Hermione che lo
osservavano con aria soddisfatta, guardandolo di sottecchi da
sopra il letto.
Come hai fatto? sussurrò Hermione, mentre anche Luna
le raggiungeva.
Fiuto rispose Ginny.
Harry scosse la testa e si limitò a dire:  pronto, scendete,
per poi tornare in giardino e sedersi tra Ron e George.
Poco dopo Ginny arrivò e si accomodò a capo tavola con
Hermione e Luna ai lati. Indossava un vestito nuovo, di raso
rosso con un'ampia scollatura a V e un cordoncino nero ai
anchi; quello doveva essere il regalo di Hermione. Harry
scartò l'ipotesi che potesse essere quello di Luna solo per il fatto
che era un abito normale.
Rimase incantato ad osservarla per quelli che gli sembra-
vano minuti interminabili; era davvero bella con quel vestito.
Mentre la scrutava cercando di non essere notato da nessuno,
vide che indossava la spilla che le aveva regalato Ron; anche
l'amico, seduto alla sua destra, sembrava esserne lievemente
compiaciuto.
Poi, ridestatosi dalle chiacchiere di Ron e George, si accorse
appena in tempo che la signora Weasley e Fleur stavano arri-
vando con due enormi vassoi carichi di crostini e antipasti di
ogni tipo.
Il signor Weasley e Percy stavano parlando del lavoro al Mi-
nistero, così cercò di ascoltare ciò che dicevano, mentre gli altri
parlavano dei risultati delle ultime partite di Quidditch.
Sai, l'Auror di Durmstrang. . .  sentì dire al signor Weasley,
ma non riuscì a capire altro.

155
Dopo aver rinunciato ad origliare, si voltò verso Hagrid, che
stava mangiando, mentre Charlie gli parlava con fare abbastanza
disinvolto.

Le portate si susseguirono veloci ed abbondanti tra chiac-


chiere e risate, e dopo poco più di un'ora, mentre il sole stava
iniziando a tramontare, la signora Weasley portò in tavola un
enorme torta di glassa rossa a forma di Plua.

Quando ciascuno ebbe mangiato almeno due enormi fette di


torta ed il vassoio fu completamente pulito, Molly annunciò che
la festeggiata poteva scartare i regali.

Ginny annuì, evidentemente in attesa di aprire i pacchi che


aveva visto slare davanti ai suoi occhi.

Subito, ognuno dei commensali prese la sua bacchetta e la


puntò verso il salotto, ma Ginny li interruppe, dicendo, con tono
orgoglioso: Fermi tutti! Ora posso farlo da sola.

Alzò velocemente la sua bacchetta e la agitò verso la ne-


stra del salotto, da dove poco dopo apparvero tutti gli incarti
colorati: il grande regalo di George, quello minuscolo di Hagrid,
un sacchettino di Bill e Fleur e altri pacchetti che Harry non
aveva visto arrivare, perché troppo intento ad essere scontto a
scacchi da Ron.

Il nostro ti piascerà moltissimo commentò subito Fleur,


mentre tutti i regali atterravano dolcemente davanti alla festeg-
giata in estasi.

Ginny cominciò ad aprire il pacchetto più piccolo, che era


quello di Hagrid.

Lo scartò velocemente e scoprì che era un schietto intagliato


a mano.

156
È un schietto richiama gnomi spiegò Hagrid, col tono di
chi presenta una delle Meraviglie del Mondo.
Grazie! Ginny cercò di sembrare il più contenta possibile,
ma le si leggeva in faccia che un schietto attira gnomi non era
il suo sogno Ci servirà per la prossima disinfestazione, vero
papà?.
Il signor Weasley annuì dall'altro capo della tavola, contento
di aver davanti un manufatto semiBabbano, mentre lei apriva
un pacchetto leggermente più grande, che era da parte di Bill e
Fleur.
Lo aprì alla svelta, speranzosa nel buon gusto di Fleur, e
ammirò il braccialetto dorato e gli orecchini di una lucente pietra
nera stesi su un cuscinetto di gomma piuma; se li mise con l'aiuto
di Hermione e ringraziò calorosamente fratello e cognata.
Come sei jolie con quelli orecchinì, tesoro! Stanno d'incan-
to con quel grazioso vestito! commentò la seconda, sorridendo
radiosa.
Ginny continuò ad aprire i regali e scoprì che la madre e
il padre le avevano regalato un piccolo ma elegante orologio
d'oro; era usanza della famiglia Weasley donare un orologio al
diciassettesimo compleanno dei gli
Il regalo di Luna era uno stereo Babbano modicato magi-
camente insieme con alcuni CD, mentre quello di Percy era un
voluminoso libro sulla vita di Gwenog Jones.
Dopo aver ringraziato entrambi, prese il regalo di Charlie: si
trattava un Set per la cura delle Puole Pigmee.
Arnold ne sarà felicissimo! fu il suo commento.
Poi lo presti anche a me? Se funziona per Arnold funzionerà
anche per Snitchchiese Harry scherzoso.

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L'ultimo regalo era di George; con grande sorpresa di Ginny
(amara per Ron), conteneva una raccolta completa di tutti i
prodotti di Tiri Vispi Weasley.

Manca il discorso disse Ron appena lei ebbe nito di scar-


tare l'ultimo pacco.

Ginny sorrise e si alzò in piedi; poi si schiarì la voce e disse:


Grazie a tutti, siete stati veramente gentili, sono felice

di vedere che siete venuti tutti alla mia festa, anche se non
importava. . . .

Come non importava? Lo potevi dire prima, almeno rima-


nevo in negozio! Tyron combina sempre più guai in quest'ultimo
periodo! la interruppe George nel suo solito tono giocoso, facen-
do ridere tutti tranne la signora Weasley e Ginny, che continuò
imperterrita: Ringrazio anche Hermione per il meraviglioso
vestito che indosso. . .  Hermione parve molto lusingata dopo
che molti dei presenti commentarono positivamente l'abito per
la bellissima spilla (e indicò il gingillo che aveva appuntato al
vestito) ed Harry, che mi ha donato uno splendido specchio.

Concluso il discorso, la signora Weasley iniziò a sparecchiare,


mentre gli ospiti si spostarono in salotto per un brindisi alcolico;
Harry, invece, si orì di aiutare Ginny a portare tutti i regali in
camera sua.

Finalmente soli. . .  mormorò lui, avvicinandosi e bacian-


dola con dolcezza.

Per tutto il giorno non avevano avuto occasione per stare


insieme da soli, ma in fondo, pensò Harry, Ginny era diventata
maggiorenne ed era giusto che condividesse quell'evento unico
nella vita con tutti i suoi cari, non solo con lui.

158
Si staccarono dopo quella che sembrava un'eternità e, mentre
entrambi scendevano di nuovo al piano terra, Harry sentì il cuore
battere più forte di quanto ricordasse nella sua vita, quando
sentì Ginny sussurrare: Questo è il regalo più bello.

159
160
Capitolo 9

IN VIAGGIO PER

HOGWARTS

Una pioggia incessante picchiettava contro i nestrini dell'auto


del Ministero mentre Harry osservava distrattamente sfrecciare
fuori la Londra Babbana. Era inne giunto il giorno del loro
ritorno ad Hogwarts e cominciava a sentirsi emozionato quasi
come la prima volta che aveva viaggiato verso la scuola.

Gli ultimi giorni alla Tana, nonostante avesse passato tanti


bei momenti insieme a Ginny appartandosi con mille espedien-
ti, erano stati un vero disastro a causa di Ron e della signora
Weasley. Tutti e due, per motivi diversi, erano piuttosto ner-
vosi e irascibili. Ron era ancora intrattabile per via delle sue
incomprensioni irrisolte con Hermione. Dal giorno seguente alla

161
festa di Ginny gironzolava per la Tana come una Caccabomba ad
orologeria, pronto ad innescarsi al minimo contatto con essere
vivente. Una volta Harry lo aveva sentito da dietro la porta
avere una lunga e complessa lite persino col povero Leotordo.
A sua volta la signora Weasley trovava sempre un pretesto
per esortarli animatamente a lavorare o studiare con
maggiore impegno. Sembrava proprio intenzionata a farli
stare fuori casa il minor tempo possibile, pronta a sgridarli ogni
volta che varcavano la soglia dell'abitazione. Harry comprende-
va il suo desiderio di tenerli tutti vicini il più possibile, poteva
solo immaginare quanta fosse la paura di separasi dai suoi -
gli rimasti e non poterli tenere continuamente sott'occhio, ma il
risultato nale era che alla Tana si respirava un'aria piuttosto
tesa.
Nell'auto tutti facevano silenzio, Ginny si era appisolata sulla
spalla della madre, che aveva insistito con forza per accompa-
gnarli no al treno, Ron guardava con ostinazione fuori dall'al-
tro nestrino, apparentemente quasi senza respirare, e persino
l'autista non aveva mai aperto bocca, salutandoli anche al suo
arrivo solo con un gesto sbrigativo della mano.
Quella mattina Harry era stato svegliato dall'amico che par-
lava animatamente nel sonno. Inforcò gli occhiali e si avvicinò
silenziosamente al suo letto per tentare di capire cosa bofon-
chiasse.
scusa stavo russando, scusa . . .  disse Ron chiaramente,
nonostante muovesse appena le labbra. Harry si mise una mano
sulla bocca nel tentativo di reprimere un attacco di ilarità che
altrimenti avrebbe svegliato tutta la Tana. Corse nuovamen-
te al suo letto e schiacciò la faccia contro il cuscino, le risate

162
che tentavano prepotentemente di venir fuori non erano dettate
tanto da quelle dolci parole, ma dall'espressione compiaciuta ed
estasiata che aveva il giovane Weasley in quel momento.
Quando durante la colazione Harry lo aveva interrogato, con
sorniona disinvoltura, sulla natura del sogno, Ron era rimasto
immobile la forchetta a mezz'aria.
Non so di cosa parli aveva risposto inne portando il boc-
cone alla bocca. Dopodiché si era trincerato in un silenzio totale,
non emettendo più neanche i soliti grugniti mentre spazzolava
le ultime salsicce. Harry tentò di pungolarlo ancora un paio di
volte con disinvoltura, ma alla ne si arrese per paura di spin-
gere Ron in uno stato di mutismo vegetale denitivo, d'altronde
non aveva certo bisogno di alcuna conferma per interpretare la
natura, e tantomeno la protagonista, del sogno dell'amico.
Giunsero a King's Cross in perfetto orario, le auto del Mi-
nistero della Magia non temevano il traco, si trovavano mi-
steriosamente sempre a capo di qualunque la si formasse nelle
strade londinesi, riuscendo a trovare ogni semaforo verde, anche
se proprio in quel semaforo era appena scattato il rosso.
L'autista scaricò i loro numerosi bauli dal portabagagli in-
cantato dell'auto, che altrimenti mai avrebbe potuto contenere
tanta roba, salutò la famiglia con il medesimo gesto
silenzioso e in un attimo scomparve alla loro vista nonostante
il traco babbano quasi bloccato davanti alla stazione.
La signora Weasley scortò i ragazzi verso i binari, chiaman-
doli di continuo appena restavano indietro di qualche passo, ave-
va insistito praticamente tutte le sere con il marito anché an-
che lui potesse accompagnarli quel mattino, ma come al solito
sembrava che al Ministero non ci fosse possibilità di avere un

163
momento libero. Anche Percy aveva manifestato la sua impos-
sibilità ad assentarsi dal lavoro, seppure nessuno glielo avesse
chiesto.
Harry spinse per primo il carrello verso la barriera che sepa-
rava i binari nove e dieci, e in un istante si trovò davanti all'E-
spresso per Hogwarts, che già sbuava davanti ad un binario più
aollato che mai. Solo in quell'istante Harry pensò alla vecchia
locomotiva scarlatta come ad una cara amica, che per anni lo
aveva portato lontano dai problemi della sua convivenza forzata
con i Dursley, verso la sua legittima vita da mago. Quando Ron,
Ginny e la signora Weasley lo raggiunsero cominciarono ad av-
viarsi con decisione verso la coda del treno, dove sembrava che
la folla fosse un po' meno. Harry tentava di non urtare nessuno
con i suoi voluminosi bagagli per dare nell'occhio il meno pos-
sibile. Il signor Weasley lo aveva avvisato la sera prima a cena
che i maghi vedendolo, in particolare i ragazzi più piccoli, sareb-
bero letteralmente impazziti. Tutti avrebbero voluto salutare,
toccare e fotografare l'eroe di Hogwarts E vorranno farlo
tutti insieme, anche a costo di saltarti sopra lo ammonì
bonariamente Arthur Cerca di non farti notare. . . per quanto
sarà possibile!.
In realtà Harry non stava facendo molta fatica a mimetiz-
zarsi tanto era il caos, mai aveva visto tanti maghi alla stazione
e così diversi tra loro. Era facile indovinare tra i presenti quali
fossero i maghi americani. Intanto spiccavano tra la folla perché
sembravano essere i più chiassosi e irrequieti, poi i loro abiti era-
no decisamente molto più sportivi e, nonostante anche gli inglesi
usassero tessuti piuttosto vivaci, i loro vestiti erano addirittura
sfavillanti. Probabilmente erano stoe incantate pensò Harry,

164
perchè alcune sembravano emettere a tratti proprio una piccola
luce.
Harry! Hey Harry! Harry guardò davanti e vide Hermione
farsi strada tra la gente. Quando lo raggiunse lo salutò con un
caldo ma frettoloso abbraccio. Lei indossava già l'uniforme di
Hogwarts e portava in bella vista una grossa spilla rossa e gialla,
su cui era incisa un'elaborata C.
Finalmente il gran giorno, hai visto quanta gente! gli dis-
se mentre abbracciava e baciava ora anche Ginny e la signora
Weasley.
Harry non rispose, si girò invece intorno alla ricerca di Ron
che sembrava essere completamente sparito insieme al carrello
con le sue cose. Mentre cercava di distinguere la rossa capi-
gliatura dell'amico tra le centinaia di teste che aveva intorno, il
respiro gli morì in gola. Tutta la folla che li
circondava indaarata no ad un istante prima era ora quasi
pietricata e si stringeva lentamente intorno a loro. Non smet-
tevano di ssarli con sguardi perplessi e incuriositi, indicandoli e
bisbigliando rumorosamente senza ritegno. Harry si voltò verso
Hermione che lo ssava già con aria morticata mordendosi un
labro. Era stata lei a chiamarlo a gran voce in mezzo a tutta
quella gente e ora tutti lo avevano riconosciuto. Ci fu un pri-
mo coraggioso ash e poi all'unisono partirono centinaia di altre
macchine fotograche. Nel giro di un istante Harry non riuscì
più a distinguere nulla di ciò che lo circondava tanto lo stavano
abbagliando gli scatti.
Non aveva idea di come uscire da quella situazione, ci sa-
rebbe voluto Hagrid per disperdere quella folla fuori controllo,
ma l'amico gigante era quanto mai lontano. Ginny, la signora

165
Weasley ed Hermione potevano essere ovunque, lui ormai ve-
niva liberamente strattonato a destra e sinistra, la profezia del
signor Weasley si era avverata. Stava valutando se fosse reato o
no tirare fuori la bacchetta e schiantarli tutti, quando improvvi-
samente il terreno sotto i loro piedi venne scosso terribilmente.
Si udirono grida e molte delle persone che si erano arrampicate
addirittura sui propri bauli per fotografare Harry cadde a terra.
MANTENETE LA CALMA E FATE LARGO tuonò una
voce metallica sovrastando ogni altro suono. La folla si aprì
bisbigliando prima spaventata, poi eccitata. Un uomo alto quasi
due metri e dalla corporatura granitica veniva
avanti verso Harry tenendo la bacchetta davanti alla bocca
come se parlasse ad un microfono. Rapidamente con un ge-
sto inaspettato la puntò verso terra, facendo scaturire un altro
tremendo scossone, che quietò gli ultimi agitati.
FATE PASSARE E MANTENETE LA CALMA disse
portando nuovamente la bacchetta alla bocca. Evidentemente
quest'ultima amplicava, con una magia che Harry non aveva
mai visto, la voce dell'uomo anche se a vederlo, grande e grosso
come era, non sembrava averne bisogno.
Indossava una giacca a righe nere e bianche, ma Harry non
poté fare a meno di notare che le righe bianche diventavano
nere e viceversa, ma in maniera così frequente che il risultato
faceva veramente venire il mal di testa. In testa teneva un vec-
chio cilindro un po' consumato, decisamente troppo piccolo per
lui, che stonava totalmente sia con il vestito sgargiante che con
l'atteggiamento sportivo ed energico dell'uomo.
Quando raggiunse Harry lo prese per un braccio e lo trascinò
accanto a sé.

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Guardate è Hudson Willis gridò qualcuno tra la folla. È
vero è proprio lui risposero altri. Tutte le persone che a prima
vista sembravano americane scoppiarono in un fragoroso e scal-
manato applauso, mentre la maggior parte dei presenti chiedeva
al vicino chi fosse quell'uomo.
Harry era visibilmente stordito, il signor Hudson Willis con-
tinuava a tenerlo saldamente per il braccio accanto a sé senza
curarsi di lui, mentre salutava e sorrideva tranquillamente verso
la folla.
Il treno per Hogwarts sta per partire, vi prego di salutare i
vostri gli e allontanarvi un po' dai binari. Siamo tutti contenti
che con noi ci sia Harry Potter, ma vi prego di non assalirlo in
questo modo mai più, è solo un ragazzo. . . .
La stessa folla che no ad un istante prima sembrava in-
tenzionata a portarsi a casa un pezzetto di Harry ora annuiva
saggiamente come se tale idea non gli avesse mai sorato la
mente.
'altronde non è per merito suo se i Golden Chocolate hanno
vinto per dieci anni di la il Campionato Nazionale! esclamò
sempre sorridendo.
È merito tuo Hudson urlò un anziano mago con un cap-
pellino calcato in testa sei tu il campione fece eco un bambino
di non più di sei anni che si trovava in braccio ad una signora a
pochi passi da Harry, e a quell'esclamazione tutti applaudirono
nuovamente.
Il schio di avvertimento dell'espresso riscosse tutti da quello
stato di eccitazione, e una nuvola di vapore che fuoriusciva da
sotto il treno li convinse a riunirsi ai propri cari e ai propri
bagagli.

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Un uomo si avvicinò a grandi passi ad Hudson riferendo-
gli con aria greve una cosa all'orecchio, questi nalmente lasciò
Harry e senza rivolgergli alcun segno di intesa si diresse a passo
svelto verso la locomotiva.
Harry lo guardò andare via senza riuscire a spiccicare una
parola, cosa ci faceva alla stazione di King's Cross quello che
gli era sembrato di capire fosse un noto campione sportivo ame-
ricano? Che fosse il genitore di uno dei ragazzi? Ma allora
perché quell'uomo era venuto a chiamarlo con fare così miste-
rioso? Mentre riusciva ancora a distinguer in lontananza parte
del cilindro che si confondeva con il resto della folla Harry fu
raggiunto da Ginny, la signora Weasley ed Hermione.
Scusa Harry è stata colpa mia, come mi è venuto in mente
di chiamarti in quel modo davanti a tutti si scusò Hermione
con gli occhi lucidi, mentre Harry cercava la mano di Ginny per
stringergliela, contento che stesse bene.
Non preoccuparti Hermione, non è stata colpa tua. . . chi
poteva aspettarselo! disse ripensando alle raccomandazioni del
signor Weasley.
Dov'è Ron? chiese Molly che non smetteva di guardarsi
intorno inquieta, ora imitata anche da Hermione.
Ehm è sparito prima che succedesse il parapiglia, credo
fosse salito sul treno appena ha visto. . .  stava per dire appena
ha visto Hermione correre verso di noi ma per fortuna riuscì
a correggersi ha visto la gente che cominciava ad agitarsi!
concluse.
Ora scusatemi ma devo correre dagli altri Prefetti. Sape-
te, è tradizione che il Caposcuola faccia loro un discorso, c'ho
lavorato tutta la notte e. . . .

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Capisco fece Harry mentre tentava di rigirare il suo baule
capovolto.
Probabilmente l'amica non era riuscita a prendere sonno
quella notte, ed era rimasta sveglia a perfezionare anche la più
piccola virgola del suo sicuramente pomposo discorso.
Hermione salutò la signora Weasley e si arettò a salire sulla
carrozza più vicina.
Harry nì di riunire tutti i bagagli proprio quando il treno
emise l'ultimo schio di avvertimento cominciando a muoversi.
Presto, presto! disse la Sig.ra Weasley abbracciando sia
Harry che Ginny più volte.
Salutatemi quel testone di Ron e ditegli di mandarmi un
gufo appena arrivate. Voi due fate i bravi e scrivete spesso e mi
raccomando. . .  disse mentre cercava nella sua grande e caotica
borsa un fazzoletto per asciugarsi gli occhi . . . fate i bravi
ripeté ancora una volta quando ormai erano già saliti.
Il treno iniziò lentamente a prendere velocità e Harry comin-
ciò a farsi strada per il corridoio a testa bassa senza incrociare
lo sguardo di nessuno.
Speriamo che quell'idiota di mio fratello abbia almeno preso
uno scompartimento aermò Ginny piuttosto seccata.
Me lo auguro rispose Harry dando uno strattone al baule
che si era incastrato nell'intercapedine tra un vagone e l'altro.
Camminarono lentamente lungo il corridoio trascinando le
loro cose, scrutando velocemente l'interno degli scompartimenti,
che erano no ad ora tutti occupati. Il treno era evidentemente
più pieno del solito. Harry non poté fare a meno di notare che gli
studenti di tutte le classi continuavano a ssarlo con rinnovato
interesse. Lanciò un'occhiataccia a un ragazzo che conosceva

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solo di vista e che sembrava stesse per avvicinarsi. Questi si
fermò dov'era perdendo tutto l'entusiasmo con cui si era mosso.
Harry si domandò se valesse la pena di schiantarne uno a caso
per dare una lezione a tutti. Si ripromise di pensarci con calma.
Finalmente da una delle ultime carrozze videro Ron fargli
cenno da dentro uno scomparto, tranquillo e felice come se nulla
fosse accaduto.
Tutto bene? domandò Ron vedendo le loro facce scure.
Tutto bene? Ma sei scemo o cosa! Non hai visto tutto quel
casino? Ti eri addormentato?.
Quando è successo tutto ormai ero quaggiù e non c'è stato
modo di raggiungervi. . . poi è arrivato Hudson Willis ed è andato
tutto bene no? Come è da vicino Harry? tosto come sembra?.
Ma non hai capito che Harry e anche io e la mamma abbia-
mo rischiato di rimanere schiacciati tra la folla? E tu per le tue
stupide liti con Hermione sei sparito senza dire nulla a nessuno?
E se ci fosse servita una mano? E se. . . .
Dai Ginny lascia stare, ormai è andata e Ron non pote-
va prevedere quello che sarebbe successo. . .  intervenne Harry
mentre tirava fuori dalle ceste Snitch e Arnold, che cominciarono
a rimbalzare allegramente per lo scompartimento.
Lasciarono cadere l'argomento sistemandosi comodamente.
Ron si sedette vicino al nestrino a braccia incrociate chiuso
nuovamente nel suo ostinato mutismo. Harry, che non soppor-
tava di vederlo così si ricordò che l'amico pochi istanti prima
aveva nominato Hudson Willis come se lo conoscesse.
Ron tu conosci quell'Hudson Willis?.
Certo che lo conosco è una leggenda! disse Ron voltandosi
ora più tranquillo.

170
Non mi stupisco che tu non lo conosca, non leggi mai nulla
di Quidditch! Comunque lui gioca nella divisione americana e
quindi non tutti lo conoscono, ma in ogni caso lui è il migliore
in tutto, nelle acrobazie, nel disarcionare gli avversari. . . le sue
picchiate sono storia!.
Ma cosa ci faceva qui secondo te?.
Non saprei sono due anni che si è ritirato. Ma si è ritirato
da vincitore, ha vinto il suo decimo titolo consecutivo e. . . .
In quel momento, un bambino, sicuramente del primo anno,
bussò debolmente all'entrata della cabina.
Ho. . . io ho. . . io ho un messaggio per Harry Potter esordì
il piccolo quasi tremando.
Lo hai trovato, cosa vuoi? disse Ron.
Dai non spaventare i bambini già il primo giorno! lo rim-
proverò Harry proseguendo in tono cordiale Dimmi, sono io
Harry. Chi mi cerca?.
Il professor Lumacorno ha detto che vi aspetta tutti a pran-
zo nella sua carrozza, vuole festeggiare gli eroi di Hogwarts!
disse tutto d'un ato.
Oh che bellezza, il Lumaclub è di nuovo in attività! escla-
mò Harry ironicamente. Quella notizia non lo rallegrava nemme-
no un po'. Certo il professor Lumacorno era una brava persona,
ma il suo modo di fare non gli era mai piaciuto.
Ok grazie piccolo, dì al professore che se riusciremo faremo
un salto nella sua carrozza, il bambino annuì e corse via.
Harry poggiò stancamente la testa sulla spalla di Ginny che
inizio a leggere una rivista che aveva tirato fuori dal baule.
Ron tornò a voltarsi verso il nestrino a braccia incrociate,
il viso teso e pensieroso.

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Harry prese la decisione che quella storia doveva nire. Se
possibile già prima di arrivare ad Hogwarts. Una volta
a scuola, Ron e Hermione non avrebbero potuto continuare
ad evitarsi: la situazione doveva risolversi il prima possibile. Lui
avrebbe dovuto. . . non riuscì a terminare quel pensiero, si stava
addormentando. . .

Harry si ritrovò a camminare lungo i binari, non sapeva co-


me fosse nito lì ma l'unica cosa che gli sembrava sensata era
seguire il percorso del treno. Lo spazio era molto stretto, il bi-
nario era stato ricavato sul versante di una montagna, alla sua
destra si innalzava il muro roccioso e alla sua sinistra si apriva
lo strapiombo.
A quel punto si accorse che c'era qualcuno che camminava
un po' più avanti a lui. Un uomo avvolto in un mantello nero.
HEY! chiamò Harry.
L'uomo non rispose.
Sa dirmi dove siamo? chiese.
L'uomo si voltò. Aveva il cappuccio calato sulla testa, non
era possibile vederlo in faccia. Si chinò raccogliendo un sasso da
terra e iniziò a lanciarlo e riprenderlo con la mano.
Mi scusi, non so dove siamo, potrebbe aiutarmi?.
L'uomo alzò il braccio, caricò il tiro e scagliò la pietra contro
di lui.
Harry fece appena in tempo ad accorgersi del lancio e a
muoversi sul lato per schivarlo. Era al limite del burrone.
In questi casi i riessi da giocatore di Quidditch facevano
comodo.
Ma è impazzito! Cosa. . . .

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Non fece in tempo a parlare che l'uomo gli tirò un'altra
pietra.
Questa volta non fu altrettanto pronto: fu colpito dritto in
fronte. Perse l'equilibrio.
Senza quasi rendersene conto si ritrovò a precipitare giù nel
dirupo.
La testa gli pulsava dolorosamente.
Poi, improvvisamente, tutto divenne bianco e soce ed Har-
ry iniziò a volare in aria. Solo allora intravide qualcosa sotto di
lui, sembrava un bosco.
Iniziò a planare dolcemente. Arrivato più vicino a terra si
accorse che c'era un edicio decadente. Continuava a scendere,
stava per impattare contro il tetto.
Portò istintivamente le braccia in avanti per proteggere il
viso. Non successe niente. Attraversò il tetto come se fosse
fatto di niente.
Si ritrovò in una stanza buia. C'era solo una oca luce che
proveniva da un angolo. Un uomo incappucciato, era seduto
ad un grande tavolo, consultando attentamente un vecchio li-
bro malconcio. Sul tavolo c'era anche una pergamena su cui
una penna stava scrivendo incessantemente: probabilmente sta-
va prendendo appunti. La pagina era riempita con dei simboli
che Harry non conosceva.
Cercò di vedere in faccia l'uomo ma proprio in quel momento
sentì delle voci. Più in la c'erano altre persone. Un uomo stava
parlando. Per fortuna che è in nostro possesso, a quanto dice
Cinereus il suo potere è più grande di quanto immaginavamo
. . .  la voce si aevolì, la stanza iniziò a svanire. Era di nuovo
tutto bianco.

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Aprì gli occhi, ritrovandosi nello scomparto del treno, era stato
solo un sogno.

Snitch tremava vistosamente sulle sue ginocchia, aveva la


stessa colorazione arancio scuro che aveva assunto quel giorno
in camera sua e, come allora, sembrava proprio che reagisse con
agitazione quando Harry faceva sogni inquieti.

Il sogno da cui si era appena svegliato era stato davvero stra-


no. Poteva trattarsi di una premonizione? O più probabilmente,
era stato solo il frutto della sua immaginazione?

Harry si guardò intorno, nello scomparto era rimasto solo.

Uscì nel corridoio sbadigliando, ma fuori c'erano solo alcuni


ragazzi che discutevano animatamente di una partita di Quiddit-
ch, di Ginny e Ron neanche l'ombra. Decise di rientrare prima
che qualcuno lo notasse, ma proprio mentre stava richiudendo
le porte dello scompartimento, le grida di un'Hermione furiosa
squarciarono il silenzio dell'espresso. Harry si precipitò lungo il
corridoio nella direzione da cui aveva sentito provenire la voce
dell'amica, passò veloce

mente nell'altra carrozza e appena superata la porta divi-


soria vide Ron e Ginny nel corridoio, assiepati insieme ad altri
ragazzi, davanti alla porta di uno scomparto.

Harry si avvicinò guardando a sua volta all'interno col ato


sospeso. Hermione discuteva animatamente faccia a faccia con
un ragazzo biondo, evidentemente un americano. Dietro di lui
altri due ragazzi sghignazzavano malevoli all'indirizzo di Her-
mione. Seduto a terra, tra Hermione e l'americano biondo, un
ragazzino spaurito guardava sconcertato prima uno poi l'altro.

174
Harry rimase senza ato, il biondino che stava litigando con
l'amica sembrava lo stesso che l'aveva seguito a Godric's Hollow.
Certo non poteva esserne sicuro, il cappello che portava ben
calcato in testa quel giorno mascherava i lineamenti del viso,
ma più lo guardava più era pronto a giurare che fosse proprio
lui.
Bene, bene, guardate un po' chi abbiamo qui, Harry Pot-
ter! disse proprio il ragazzo biondo ssandolo con un sorriso di
scherno e un'aria di superiorità.
Hermione! Che succede? domandò Harry entrando a sua
volta nello scomparto, facendosi largo tra Ron e Ginny che
ancora non lo avevano visto.
Oh, ora che è arrivato Harry Potter sicuramente potrà
aiutarci a risolvere questa fastidiosa questione. . . .
Harry guardò Hermione con aria interrogativa. La ragazza
sospirò, cercando di riprendere il controllo.
Lui disse indicando nervosamente l'americano sostiene
che questo ragazzino sia entrato nel loro scomparto e gli abbia
rubato una Mementool. . .  concluse indicando il piccoletto se-
duto sul pavimento, che li guardava con la bocca sbarrata e gli
occhi imploranti.
Una Memencosa? domandò Harry.
Una Mementool, mio caro amico. . . una preziosa ricordella
di ultima generazione! Può essere usata come gioiello, porta-
chiavi o incastonata nella cintura, come la mia. Va stretta fra le
mani e se compare un fumo rosso bisogna pronunciare la formula
Memento! Il fumo scompare e al suo posto si trova l'immagine
dell'oggetto dimenticato. Naturalmente non potete conoscerla,
è un'invenzione americana e voi siete così arretrati. . . .

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Tutto qui? E per una cosa del genere vi si sentiva urlare
per tutto il treno?.
Scusate, ma in America, noi, i criminali li puniamo, non li
proteggiamo. . . per una questione di orgoglio, sapete? Ma forse
voi inglesi non conoscete questa parola. . . .
Veramente noi inglesi abbiamo problemi più seri che attac-
car briga con ragazzini più piccoli. . .  disse Harry indicando il
piccolo mago tremante.
Oh, ma nessuno di noi voleva attaccar briga con lui, vero ra-
gazzi? Vogliamo solo che ci ridia quello che ci appartiene. . . non
vi sembra forse una richiesta giusta?.
Harry si voltò verso Hermione cercando di interpretarne l'e-
spressione. In eetti quella era una situazione che dovevano
risolvere i prefetti e a maggior ragione era compito del Capo-
scuola far rispettare le regole, anche se in favore di un'insolente
e borioso ragazzo americano.
Sei entrato nel loro scomparto e hai rubato la Mementool a
questo ragazzo? disse Hermione rivolgendosi per la prima volta
al ragazzo a terra.
No! Non sono stato io! Non ho fatto niente! Davvero!
rispose quest'ultimo agitato.
Hermione gli accarezzò una spalla, tentando di tranquilliz-
zarlo.
Visto? Non è stato lui. . . .
E vi date? è solo un ragazzino e. . . .
Una voce fredda e imponente interruppe il battibecco dei
ragazzi.
Che sta succedendo?.

176
L'alta gura di Draco Malfoy era comparsa dal nulla, seguita
dal solito stuolo di Serpeverde.
La situazione si era fatta davvero aollata.
Harry trattenne il ato.
Non rivedeva Draco dalla battaglia nale, l'ultima immagine
che lo riguardava era impressa a fuoco nella sua mente: tutti e
tre i Malfoy che si stringevano in un abbraccio a ne scontro,
quando Voldemort era ormai morto. Harry non poté far a meno
di notare come ogni anno assomigliasse sempre
di più a suo padre Lucius. I capelli biondi, lunghi ormai no
alla base del collo e tirati indietro, gli occhi sottili e freddi, il
passo sicuro e l'aria di costante superiorità.
Sì, erano veramente identici.
Chissà come aveva passato l'estate Malfoy, penso Harry. A
sorpresa scoprì di non averci mai pensato. La morte dei suoi
amici, la scontta del signore Oscuro, la nuova vita, i rimpianti
e le soddisfazioni avevano riempito tutte le sue giornate, non
lasciandogli neanche un momento per pensare a Malfoy.
Quella famiglia era legata alla sua vita in maniera impres-
sionante. Draco era stato uno dei primi ragazzi che aveva co-
nosciuto il primo anno, ricordava ancora quel ragazzino che gli
oriva la sua amicizia sulle scale di Hogwarts deridendo Ron.
E la punizione che avevano subito assieme, costretti ad an-
dare nella Foresta Proibita? Come dimenticarsene! Era sta-
ta proprio quella la prima volta che aveva incontrato il nuovo
Voldemort che si cibava del sangue di unicorno.
E le risate per quella volta che Moody lo aveva trasformato
in un furetto? Sembrava impossibile quel giorno ipotizzare che
Draco giunto al sesto anno avrebbe avuto l'incarico da Volde-

177
mort in persona di uccidere Silente. Harry che aveva assistito
alla scena contro la sua volontà si chiedeva ancora se mai Draco
ne avrebbe avuto il coraggio.

Lo aveva rincontrato a Malfoy Manor, quando erano rin-


chiusi nelle prigioni. In quell'occasione era ancora più pallido e
scarno del solito.

Alla ne, era stato grazie a Narcissa che Harry aveva potuto
portare a termine il suo piano. Era stata lei infatti a mentire a
Voldemort, aermandone la morte. In cambio aveva solo voluto
sapere se il suo Draco era ancora vivo e stava bene. Già, se
c'era una cosa che Harry aveva sempre invidiato a Draco era
proprio questo, la famiglia. Non che i Malfoy brillassero per
bontà d'animo e altruismo, e lui non era certo interessato alle
loro ricchezze, ma erano certamente molto legati. Il loro aetto
era forte.

Se fosse toccata anche a lui una vita normale, chissà se avreb-


be avuto un rapporto così profondo con i suoi genitori come lo
avevano i Malfoy o se invece il rapporto con la sua famiglia
sarebbe stato più superciale come aveva visto per molti suoi
compagni di casa.

Piantala di ssarmi così Potter, rischi di sciuparmi. . . 


disse Draco risvegliando Harry dai suoi pensieri.

I Serpeverde risero a crepapelle.

Sparisci Malfoy! esclamò Ron paonazzo, le orecchie pros-


sime a fumare.

Stai a cuccia Weasley disse rivolto a Ron, sono venuto


solo per capire cosa stava succedendo. . . la soave voce della
nostra cara Caposcuola si sentiva n nel nostro scomparto. . . .

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Hermione ssò con astio Draco mentre alle sue spalle il grup-
po degli americani ridacchiò.
Nulla che ti riguarda Malfoy, puoi tornartene. . . .
Sono invece certo che riguardi più noi che voi Grifoni. . . Tu!
la interruppe Draco, rivolgendosi poi al ragazzino che sostava
ancora sul pavimento.
Sei tu la causa di tutto, giusto?.
Il ragazzino annuì velocemente, tenendo la bocca spalancata.
Draco sorrise soddisfatto.
Come immaginavo. . . Allora? Che è successo?.
L'americano ridacchiò, facendo qualche passo in avanti per
fronteggiare Malfoy.
Te lo dico io, questo ragazzino è un ladro.
E che cosa avrebbe rubato?.
Una Mementool. . . .
Draco sghignazzò, seguito a ruota da Goyle, Zabini e Nott.
Tutto qui? Tutta questa storia per una simile paccotti-
glia? Un oggetto inutile per chi abbia un minimo di cervello e
un minimo di gusto. . . mi sorprende che tu ne possedessi uno,
Hyde. . . che caduta di stile!.
Harry ssò Draco stupito, aveva chiamato l'americano Hyde,
quindi lo conosceva già.
Hyde continuò a sorridere ma era evidentemente in dicoltà,
i due ragazzi che lo spalleggiavano schiumavano a loro volta di
rabbia. Nessuno era bravo come Draco a far perdere le stae.
Può essere Malfoy, può essere, ma resta il fatto che è stato
commesso un furto. . . .
Oh, che cosa spiacevole. . . .

179
Le risate di Goyle ormai rimbombavano per tutto il corridoio
in modo davvero sgradevole.
Harry si sentiva stranamente fuori luogo.
Di solito era lui al posto di Hyde, deriso da Draco, di solito
era Ron quello fumante di rabbia al suo anco. Per qualche
perversa ragione, Harry iniziò a sorridere davanti a quella scena.
Malfoy si frugò vistosamente nella tasca, estraendone inne
un Galeone.
Ecco, tieni. . . un galeone per Bryan Hyde e non fare com-
plimenti! è un preciso dovere della Madrepatria aiutare le sue
colonie quando queste si trovano in ristrettezze. . . .
Bryan ssò la mano di Draco ad occhi sgranati. Il viso dell'a-
mericano si trasformò per un attimo in una maschera di rabbia
feroce, ed Harry notò l'impercettibile movimento della mano
destra di Hyde che si dirigeva verso la tasca posteriore in cerca
della bacchetta. Ma fu solo un attimo, Hyde riuscì in qualche
modo a dominarsi e a riportare sul suo viso il solito ghigno da
iena.
Senza dire una parola, uscì dallo scomparto ridacchiando,
facendosi strada a spallate seguito dai suoi compagni.
Draco ssò il ragazzino che continuava a restare imperterrito
sul pavimento della carrozza.
Beh? Che cosa aspetti ad alzarti?.
Veloce il piccoletto schizzò in piedi, cercando di togliere la
polvere dalla divisa nuova di zecca.
Il tuo nome?.
Daniel. . . Daniel Fox. . . .
Il ragazzo balbettava e Harry notò come guardava ammirato
Draco, venerandolo come se fosse una qualche divinità pagana.

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Incominciò a frugare freneticamente nella sua tasca, estraendone
inne il contenuto.
Ecco! Questa è per lei Signor Malfoy!.
Draco, sorpreso da tanta devozione, prese in mano la piccola
Mementool, grande come un boccino.
Sì, credo proprio che questo ragazzino sarà un ottimo Ser-
peverde. . . .
La piccola sfera dopo l'ordine di Malfoy fece apparire l'im-
magine di un piccolo libro verde.
Il mio libro di Pozioni. . . devo averlo dimenticato a casa.
Sarà meglio che me lo faccia spedire. . . .
Malfoy giocherellò con la sfera, passandosela da una mano
all'altra mostrandola ai suoi compagni.
Un oggetto molto utile, non trovate? Allora Fox, vieni con
noi? Così potrai spiegarci come hai fatto a fregarli . . . non è da
escludere che nelle prossime giornate gli Americani si accorgano
di aver accidentalmente perso qualche altro oggetto curioso.
Sì! Certo signor Malfoy! Sarà un piacere per me signor
Malfoy!.
La casa di Serpeverde, Fox, è una casa caratterizzata da
sempre per qualità come ambizione e astuzia e. . . .
Draco si bloccò, Pansy con la solita faccia da mastino gli
aveva stretto titubante un braccio e tutti gli altri Serpeverde
dietro di lui lo ssavano dubbiosi.
Draco. . . ecco. . . vedi. . . .
Muoviti Pansy. Non ho tutto il giorno per ascoltarti.
Conosco Fox . . . è . . . è un Mezzosangue. . . .
L'ultima parola fu distorta dalla bocca di Pansy come se
stesse per avere un conato di vomito.

181
Draco alzò appena un sopracciglio, impassibile.
Ah, ecco . . .  era stato colto in fallo. Beh da quest'anno le
regole sono cambiate. La legge imposta da Salazar Serpeverde,
per cui solo i Purosangue possono entrare nella sua Casa, è stata
abrogata. Nostro malgrado dovremo sorbirci diversi ragazzi non
gli di maghi quest'anno, facciamo almeno in modo che siano
degni.
Pansy non replicò, indietreggiando verso le sue amiche.
Draco si voltò, per andarsene, Harry sorrise mentre la bocca
di Ron a quelle parole si spalancò a dismisura. Harry non riuscì
a resistere, doveva parlargli.
Draco!.
Malfoy si voltò sbuando.
Non una parola Potter. Sono certo che hai frainteso tutta
la situazione. . . .
A me sembra invece molto chiara. . . .
Già! Non sei poi così viscido. . .  disse Hermione in tono
canzonatorio.
Ginny ridacchiò, seguita a ruota dal fratello.
Un Malfoy gentile. . . chi lo avrebbe mai detto?!.
Draco mantenne la sua solita arroganza, ssando impassibile
i quattro che a stento trattenevano le risate.
è stato un bel gesto Draco, davvero. . . .
Potter questo è il MIO treno che porta alla MIA scuo-
la. . . non permetterò certo al primo arrivato di maltrattare le
MIE cose. . . .
Harry sorrise e per un breve istante gli sembrò che anche il
ghigno di Draco fosse un sorriso.

182
Non ho altro tempo da perdere per parlare con un Ca-
storo, una Piattola in miniatura e Lenticchia quindi, se volete
scusarmi. . . .
Le orecchie di Ron che avevano ripreso un colorito normale
durante il litigio fra Draco e Hyde tornarono rosso accese.
Hermione fece appello a tutto il suo autocontrollo per non
saltargli addosso.
Lo sai che questa storia non nisce qui vero? gli disse
ritornando nel suo ruolo di Caposcuola.
Draco proseguì lungo il corridoio, seguito dagli altri Serpe-
verde, senza neanche voltarsi. Malfoy non sarebbe mai cambia-
to, o almeno, non del tutto pensò Harry sorridendo.
Erano rimasti soli nel corridoio, anche i curiosi si erano al-
lontanati. Harry sentì il suo stomaco brontolare e si ricordò così
dell'impegno che avevano per pranzo.
Che ne dite se andiamo a mangiare qualcosa da Lumacor-
no?.
In eetti ho proprio appetito disse Ron raggiante, scac-
ciando ogni preoccupazione dalla mente.
Harry vide Ron voltarsi esitante verso Hermione.
Vieni. . . vieni anche tu? sputò fuori.
In eetti non avevo tanta voglia di andare, ma se veni-
te anche voi. . . vengo volentieri rispose Hermione ssandosi le
scarpe per non incontrare lo sguardo di Ron, che sembrava ora
nalmente un po' più rilassato.
Non era proprio pace fatta pensò Harry, ma per iniziare
poteva andare.
Quando arrivarono, la carrozza di Lumacorno era già piena
di gente. Le pareti erano adorne di stoe e tende, tutte in

183
una tonalità rosso scuro. Sul sotto era ssato un lampadario
enorme, sproporzionato per l'altezza della carrozza, tanto che
quasi toccava il piano del grande tavolo che occupava il centro
della stanza.

Seduto vicino al nestrino il professor Lumacorno era intento


ad intrattenere una tta conversazione con qualcuno che Harry
non riusciva a vedere, la visuale ostruita da alcuni ragazzi che
già due anni prima erano stati membri del Lumaclub e da molti
altri nuovi, probabilmente al loro primo anno.

Prima che potessero avvicinarsi al professore Neville si parò


davanti a loro seguito da Luna.

Hey, ragazzi! Siete arrivati nalmente. Allora come avete


passato l'estate? Io. . . .

In quel momento si aprì in varco tra le persone e nalmen-


te Harry riuscì a scorgere il professore. Lumacorno era sgra-
ziatamente appollaiato su una sedia, o almeno così si poteva
ipotizzare, perché la sedia era completamente nascosta sotto la
sua mole. Harry andò a salutare il vecchio professore quando si
fermò per lo stupore. Seduto di anco a Lumacorno, impetti-
to e composto con l'enorme sorriso stampato sulla faccia c'era
Hudson Willis.

Harry pensava che se ne fosse andato quando lo aveva visto


allontanarsi verso la testa del treno. Cosa ci faceva Hudson
Willis sull'Espresso per Hogwarts?

Mentre Harry se ne stava impalato, Lumacorno lo vide, e


cominciò a chiamarlo a gran voce. Aveva riservato dei posti
per loro. Fece accomodare Ginny, Hermione e Ron vicino a lui.
Harry, Luna e Neville si sedettero di fronte.

184
Ron era estasiato. Non smetteva di ssare il campione di
Quidditch letteralmente a bocca aperta, Harry si aspettava da
un momento all'altro di vedere la saliva dell'amico colare sul
pavimento della carrozza.
Caro Hudson mi pare di capire che hai già conosciuto il
nostro Harry Nazionale, questi cari ragazzi invece sono Ronald
Weasley, sua sorella Ginny, la signorina Hermione
Granger, Neville Paciock e Luna Lovegood disse Lumacor-
no pomposo.
Ragazzi sono lieto di presentarvi Hudson Willis, o meglio
ora dovrei dire professor Willis, mio amico di lunga data. Que-
st'anno sarà lui ad insegnarvi Difesa Contro le Arti Oscure. Sono
certo che molti di voi lo conosceranno come campione di Quid-
ditch, ma credo di non esagerare se dico che è il più grande
esperto di Arti Oscure d'oltre oceano!.
Sicuramente l'incontrò di quella mattina alla stazione non
aveva lasciato ad Harry quest'impressione.
Willis portò la mano al cilindro alzandolo impercettibilmen-
te.
Horace, tu mi lusinghi disse con falsa modestia, Comun-
que, stando a quello che mi hai raccontato, questi ragazzi pro-
babilmente la sanno più lunga di me. . .  continuò rivolgendosi
a Harry: , ragazzo, hai scontto uno dei più potenti maghi
di tutti i tempi, tanto più che era armato con la leggendaria
Bacchetta di Sambuco.
Harry fu colto di sorpresa. I dettagli della battaglia di Hog-
warts ormai erano di dominio pubblico e questo non era sicura-
mente un bene: il suo compito sarebbe stato ancora più dicile.
La Bacchetta di Sambuco destava decisamente troppo interesse.

185
Lei esagera, rispose Harry, Voldemort è stato più decisivo
nel determinare la sua ne di quanto lo sia stato io. In certi casi,
più che l'arma, la cosa più importante è il cuore di chi la usa.

Su ragazzo, non sottovalutarti. Vedo che Horace non ha


esagerato descrivendo la tua modestia. Quello che hai detto è
giusto, ma ricordati che un'arma rimane potente qualunque sia
la persona che la possiede. L'importante è che a possederla siano
le persone giuste. . . .

Si sentì uno sgradevole rumore provenire da sotto il tavolo:


lo stomaco di Ron reclamava pesantemente. Lumacorno fece
una grassa risata e, grato di avere un pretesto per riprendere
le redini della conversazione, disse: Hai ragione ragazzo, siamo
qui per mangiare non per chiacchierare. Buon appetito a tutti!
disse rivolto a Ron che divenne, per quanto possibile, ancora più
rosso.

Harry ringraziò il proverbiale appetito dell'amico per aveva


fatto deviare il discorso. L'interesse del professor Willis per la
Bacchetta non gli piaceva, e le sue parole lo stavano mettendo
a disagio.

Lumacorno, levò la bacchetta e la porta della carrozza si


spalancò. Un mucchio di piatti pieni di pietanze iniziarono a
levitare nella stanza per andare a posarsi ordinatamente sul ta-
volo. Per lui questi incontri erano essenziali per tessere la sua
ragnatela di rapporti e il pranzo doveva essere l'occasione per
una lunga chiacchierata.

Sai Hudson, Harry mi ha condato che vuole diventare un


Auror. Penso che con te come insegnante non avrà. . . .

Improvvisamente si interruppe.

186
I bicchieri sul tavolo iniziarono ad oscillare tintinnando uno
contro l'altro.

Dall'esterno arrivò un forte rumore sordo, un fragore che


Harry sentì vibrare all'interno del suo torace prima ancora di av-
vertirlo nelle orecchie. Non riuscì a ricondurre quella sensazione
a niente che avesse già provato.

Oddio . . . c'è un burrone! gridò Ron guardando fuori dalla


nestra nella speranza di capire da dove provenisse quel rumo-
re. Il quel tratto il binario era stato costruito sul ciglio di uno
strapiombo e il treno correva ad un niente dal vuoto.

Harry andò ad un nestrino al lato opposto a quello in cui si


trovava Ron guardando verso l'alto. Un'enorme sagoma scura
si stava rapidamente avvicinando: un pezzo di montagna si era
staccato e rotolava pesantemente verso di loro.

Tutti a terra! gridò disperatamente.

Un attimo dopo la massa di roccia colpì violentemente il


treno. La mente di Harry andò velocemente a Ginny, saltò sul
tavolo e si avventò su di lei tirandola a terra e proteggendola
con il corpo. I vetri dei nestrini esplosero lanciando schegge in
tutte le direzioni.

Il colpo aveva sbilanciato la carrozza che si stava lentamente


piegando sul lato; solo la velocità data dalla locomotiva impedi-
va al treno di ribaltarsi completamente. Il pesante tavolo iniziò
a scivolare verso di loro abbattendo le sedie, piatti e bicchieri
rovinarono a terra. Harry si schiacciò su Ginny parandosi tra
lei e il tavolo.

Hermione, Ron, Lumacorno e altri si trovavano al loro anco


appiattiti contro il muro.

187
Harry chiuse gli occhi preparandosi all'inevitabile impatto,
ma il colpo del duro legno del tavolo non arrivò. Si trovarono
invece tutti avvolti da qualcosa di elastico e morbido.
Aprì gli occhi incredulo, in altre circostanze forse si sarebbe
messo a ridere: il tavolo, le sedie e persino le vettovaglie erano
spariti, al loro posto c'era un gigantesco materasso in gomma.
Su di esso vide Neville, caduto gambe all'aria, letteralmente
intrecciato ad altri quattro o cinque corpi. Un palloncino verde
aveva preso il posto del lampadario.
Dietro di loro la massiccia sagoma del professor Willis li os-
servava tenendosi con una mano al telaio del nestrino ormai
scoppiato, mentre con l'altra teneva la bacchetta rivolta verso
tutti i presenti.
Aveva agito con una velocità formidabile.
Harry lo ssò con aria interrogativa e lui rispose con un oc-
chiolino e un mezzo sorriso compiaciuto. Dopodiché fece scom-
parire l'ingombrante materassino.
Le pareti della carrozza cigolarono, ormai il precario equili-
brio in cui si trovava il treno era rotto: si stava inesorabilmente
piegando verso il burrone.
In una frazione di secondo si ritrovarono scaraventati in tutte
le direzioni. La carrozza compì un intero giro su se stessa preci-
pitando. Il leggendario Espresso per Hogwarts era ucialmente
senza controllo: stava cadendo nel dirupo.
La forza che spingeva in basso il treno li fece sollevare e
schiacciare contro il sotto.
Non c'era tempo, Harry tasto i pantaloni in cerca della Bac-
chetta di Sambuco, in quella situazione non poteva permettersi
di provare se la sua era sucientemente potente.

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Quando nalmente riuscì a inlare la mano in tasca, sentì,
tra le grida generali, la voce del professor Willis: Wingardium
Leviosa !.
Era ancora saldamente ancorato alla nestra, apparentemen-
te calmo, con la bacchetta protesa in avanti.

Wingardium Leviosa ! tuonò ancora con rinnovato vigore.


Il treno nalmente rallentò la sua corsa. Ora, il viso di Willis
faceva trasparire tutto lo sforzo in cui era impegnato. Agitò
nuovamente la bacchetta e il treno si bloccò completamente.

Il contraccolpo li fece staccare dal sotto e schiantare sul


pavimento.

Harry sentì un forte dolore alla gamba destra, aveva preso un


brutto colpo. Cercò disperatamente Ginny con gli occhi, rilas-
sandosi solo quando la vide, poco dietro a lui, apparentemente
illesa.

Grazie al cielo! disse Lumacorno mettendosi a sedere.

Al quarto movimento del professor Hudson il treno iniziò a


risalire. La locomotiva schiò riavviando i motori, i pistoni delle
ruote iniziarono a muoversi sbuando. Il treno prese lentamente
velocità come se stesse percorrendo un binario invisibile.

Ben presto anche tutti i vagoni seguirono la locomotiva nella


sua traiettoria. Il treno salì in alto no al punto da cui era
caduto. Si posizionò in modo elegante sopra i veri binari e con
un tonfo ritornò nella sua sede naturale fermandosi.

Erano tutti a terra senza parole. Anche il professor Willis si


gettò sul pavimento visibilmente stravolto.

Cielo Hudson, se non fosse stato per te ora . . .  disse


Lumacorno.

189
Se non fosse stato per me, ci avrebbe pensato qualcun altro.
Per un attimo ho temuto di non farcela, ma poi ho trovato la
forza! rispose l'altro con respiro aannato, sottolineando il suo
merito.

Ma cosa è stato? chiese Lumacorno.

Una. . . frana disse Harry.

Guardate lassù disse Hermione. Era in piedi vicino a quel-


lo che rimaneva del nestrino indicando qualcosa in alto. Harry,
a denti stretti per il dolore alla gamba, si avvicinò a guardare:
nella montagna scura, risaltava una supercie di pietra nuda che
vedeva la luce del sole per la prima volta dopo milioni di anni.

Proprio ora doveva staccarsi? disse Lumacorno sorridendo.


Per fortuna l'abbiamo scampata, grazie a te naturalmente
continuò riferendosi al professor Willis.

Harry aveva sottovalutato il nuovo professore. I suoi modi


plateali e sbruoni gli avevano fatto credere che fosse un tipo
tutto fumo e niente arrosto. Si era sbagliato.

La forza di cui era stato capace era degna di un grande mago.


E poi, la prontezza e la velocità con cui aveva reagito erano state
sorprendenti.

Dal nestrino videro che molti studenti stavano scendendo


dal treno in quel piccolo spazio in piano che c'era tra la rotaia
e il muro di roccia.

Horace, è meglio che tu vada subito ad Hogwarts ad avver-


tire la signora preside, ci penso io qui disse Hudson dirigendosi
fuori dallo scompartimento.

Si hai ragione disse. Vi precederò a scuola, tu intanto


assicurati che stiano tutti bene.

190
Detto questo lanciò un'occhiata ai presenti e sparì veloce-
mente con uno schiocco.

Quando Harry e gli altri uscirono, trovarono gran parte degli


studenti già scesi a terra tutti più o meno storditi dall'accaduto.
Alcuni ragazzi erano lievemente feriti e un paio di ragazze del
settimo anno stavano prestando loro le prime cure.

Tutto bene? chiese Ginny apprensiva, evidentemente si era


accorta che Harry stava leggermente zoppicando.

Oh, non è niente minimizzo lui.

Hermione stava scrutando la montagna con quella strana


espressione che faceva quando c'era qualcosa che non riusciva a
capire.

Sarà, ma a me sembra un po' troppo netta quella supercie,


quante sono le probabilità che si crepi una montagna solida come
quella disse guardando in alto.

In eetti la roccia sembrava tranciata di netto.

Bisognerebbe chiederlo ai due maghi che sono volati via da


quel punto della montagna poco prima che si staccasse dis-
se Luna senza rivolgersi a nessuno in particolare, mentre si si-
stemava un'improbabile molletta per capelli fatta con carta di
Cioccorane e colla.

Sei sicura Luna? Maghi su una scopa proprio in quel punto


della montagna? disse prontamente Harry prima che Hermione
replicasse alla strampalata aermazione dell'amica.

Oh si, ho dato un'occhiata fuori e c'erano questi due ma-


ghi che si allontanavano a tutta velocità sulle loro scope. . . forse
avevano capito che stava per crollare la montagna e sono scap-
pati concluse Luna come se nulla fosse, rimettendosi in tasca

191
la strana molletta che si era sfaldata completamente tornando
ad essere solo una carta di Cioccorana tutta stropicciata.
Ma Luna non ti passa per la testa che forse proprio loro
hanno fatto crollare la montagna! disse Ron esasperato, dando
voce ai pensieri di tutti.
E perché mai avrebbero dovuto farlo? rispose Luna ssan-
dolo con i suoi occhi sporgenti.
Luna ma tu potresti riconoscerli? Li hai visti bene? inter-
venne Harry prima che Ron potesse aprir bocca.
No, non saprei erano molto lontani. . . forse ripensandoci po-
tevano essere anche due grossi uccelli concluse Luna comincian-
do a scrutare il cielo nella speranza di rivederli.
Ron si mise le nocche della mano in bocca per non esplo-
dere, anche Ginny che sempre era paziente con l'amica si girò
scuotendo la testa.
Poter sapere cosa hai visto veramente! disse Harry scon-
fortato.
Eh, già fece Hermione In questo caso sarebbe stato molto
utile avere uno di quei cosi americani che vanno tanto di moda
ultimamente.
Di cosa parli? chiese Ginny.
Si chiamano Retroglass, sono degli occhiali che ti permetto-
no di vedere cose successe nel passato, spiegò, l'unico difetto
è che sono l'ennesima invenzione portata dagli americani!.
Ron incrociò lo sguardo di Harry sorridendo.
Vuoi vedere che. . .  disse Harry.
Lo spero. . .  rispose l'amico prima di sparire in un lampo
nel treno.
Gli altri si guardarono sbigottiti cercando di capirci qualcosa.

192
Ron ricomparve dopo un paio di minuti che sembrarono ore.
Aveva qualcosa in mano.
Ce ne hai messo di tempo, si può sapere dove sei sparito
disse Hermione.
Ehm, c'è un po' di confusione tra i bagagli.
Se funzionano . . . questo è il momento buono di dimostrar-
lo! disse Harry.
Ron gli porse i Retroglass che aveva mandato Hagrid per il
suo compleanno.
Si può sapere dove gli hai trovati? chiese Hermione.
Sono il regalo di Hagrid per il compleanno di Harry!.
Harry tolse i suoi e inforcò gli occhiali magici. Guardò in
alto. Sul suo volto si leggeva la delusione.
Allora? chiese Ginny.
Niente, solo quella stupida montagna spaccata!.
Ma Harry, se devi vedere il passato, devi usarli al contrario,
non ti pare? disse Luna come se fosse la cosa più logica del
mondo.
Harry, scoraggiato, fece anche quell'ultima prova.
Si levò gli occhiali e li voltò con le stanghette verso la mon-
tagna. Le lenti erano ancora lontane che gli si stampo in viso
un sorriso a trentadue denti: vedeva la roccia ancora intatta.
Luna sei un genio! disse Harry con gratitudine.
Lei rispose con un sorrisetto lusingato.
Si avvicinò i Retroglass agli occhi, ora la frana era già ca-
duta. Giocò un po' con la distanza, ormai aveva capito come
funzionavano! Più erano lontani e più si vedeva una cosa suc-
cessa nel passato, più li avvicinava più gli avvenimenti erano
recenti.

193
Aveva individuato il momento giusto, quello in cui cadeva la
frana. Vide un lampo, e poi la roccia che si crepava velocemente
e si staccava.
Harry ritornò serio.
Cosa vedi? chiese Ron impaziente.
Due uomini. Due uomini avvolti in un mantello nero. Sono
stati loro! Non è stato un incidente!. . .
Ora uno si sporge, ammira il suo lavoro.
Harry puntò gli occhiali verso lo strapiombo, facendo atten-
zione a mantenere sempre la stessa distanza dagli occhiali, il
treno stava cadendo. Tornò sul mago.
Ha estratto la bacchetta, ma cosa sta facendo?.
Riguardò in basso.
Ora il treno è fermo.
Probabilmente cercava di impedire al professor Hudson si
salvare il treno disse Ginny.
Ora non ci sono più, se ne sono già andati, e infatti il treno
ha iniziato a risalire.
Harry ripose i Retroglass in tasca.
Ricordatemi di orire una Burrorirra ad Hagrid quando lo
vediamo.
Appena possibile dovrò riferire tutto alla McGranitt disse
Hermione.
Ed io a Kingsley pensò Harry.
Il treno schiò, era nuovamente pronto a ripartire, tutti i
vetri erano già stati sistemati e i bauli ordinati negli scomparti.
Risalirono in carrozza sistemandosi tutti insieme.
Speriamo non ci siano altre sorprese disse Ginny.

194
Lo spero proprio rispose Harry guardando attraverso il
nestrino.
L'avevano scampata. Ma questa volta avevano rischiato gros-
so. A Diagon Alley si erano limitati ad aggredire Ron, ora,
invece, non avevano esitato a mettere a rischio la vita
di centinaia di ragazzi. Tutto per quella maledetta Bacchetta
di Sambuco. Era sicuro che se quello non era stato un incidente
era accaduto a causa sua. Ancora una volta doveva sopportare
il peso di essere la fonte dei guai altrui. Tornando a scuola
aveva messo in pericolo tutti i suoi compagni. Si chiese se avesse
fatto la scelta giusta. In ogni caso doveva portare a termine
l'ultimo compito adatogli da Silente: doveva mettere al sicuro
la Bacchetta. Qualche mese prima aveva preso la decisione di
non tenerla per sé e l'aveva usata per riparare la sua. Averla
sempre con sé e non poterla utilizzare non era facile.
Al compleanno di Ginny con troppa leggerezza non aveva
esitato ad utilizzarla per duplicare lo specchio. In quel momento
l'unica cosa che gli premeva era fare colpo sull'amata.
Doveva liberarsene al più presto, il suo potere era allo stesso
tempo troppo grande e troppo pericoloso.
Ora qualsiasi posto in cui pensasse di riporla non gli sem-
brava adatto. I Maghi Oscuri di cui gli aveva parlato Kingsley
erano evidentemente senza scrupoli.
Come se non bastasse c'era anche la seccatura dei maghi
americani.
Guardò fuori. Si stava facendo sera, il sole era calato e la
poca luce presente si diondeva da dietro le montagne. Or-
mai si potevano riconoscere le familiari vette che circondavano
Hogwarts.

195
Una volta arrivati a scuola, sperò, sarebbero stati più al
sicuro.

196
Capitolo 10

IL PRIMO

TENTATIVO

Quando l'espresso si fermò alla stazione di Hogsmeade il sole era


ormai calato. Mai arrivo fu più silenzioso: l'incidente avvenuto
durante il viaggio teneva impegnati i pensieri di ognuno. Harry,
con sua grande gioia, riuscì a scendere dal treno in tutta tran-
quillità senza che nessuno badasse troppo a lui. In lontananza
vide i ragazzi americani che si stringevano intorno ad Hudson
Willis che, spuntando i nomi da una pergamena, provvedeva
personalmente a farli salire sulle carrozze.

Dall'altro lato Hagrid invece stava radunato, come tradizio-


ne, i numerosi bambini del primo anno che, nel classico silenzio
di chi si trova per la prima volta al cospetto del mezzo gigante,

197
lo ascoltavano ammaliati.
Non appena li vide da lontano, velocemente corse loro in
contro.
Harry! Ron! Ginny! Luna! Neville! esclamò stritolan-
doli ad uno ad uno tra le braccia possenti. Sono felice che
state bene! Quando ho saputo. . . Oh, avrei voluto esserci ad
aiutarvi. . . .
Non preoccuparti, dopo tutto stiamo tutti bene! lo rassi-
curò Ginny.
Certo . . . certo. Ma sono felice di vedervi!, poi, cercando
di avere un atteggiamento più formale, continuò, Harry, la Mc-
Granitt vuole vederti nel suo studio prima dello smistamento.
La prima carrozza è riservata a voi.
Harry si chiese come mai la preside volesse vederlo, non
poteva sapere di quello che avevano scoperto e Lumacorno, a
quest'ora, doveva averle già raccontato il resto.
Guardò Hagrid chiedendo spiegazioni.
Non ci so niente io! Mi ha solo detto di avvertirti. Ah. . . dimenticavo,
aggiunse con un lo di voce, il Dragocorno Spiumato è il mio
preferito.
Ron lo guardò con la stessa espressione che riservava a Lu-
na dopo una delle sue uscite strampalate, ma Harry non parve
stupito.
Ok, grazie di tutto.
Prima di salire sulla loro carrozza, Harry notò come molti
studenti, che pure erano arrivati prima di loro, se ne stavano
impalati a pochi passi delle carrozze senza nessuna intenzione
di salire.

198
Harry impiegò alcuni istanti a capire cosa stesse accadendo:
moltissimi ragazzi ssavano con orrore per la prima volta gli
scheletrici cavalli alati che trainavano le carrozze. Fino a due
anni prima solo lui e Luna erano in grado di vedere i Thestral,
ora, al contrario, erano pochissimi gli studenti le cui vite non
erano state sorate dalla morte e che quindi non capivano cosa
bloccasse i compagni. Ginny si strinse forte
a lui, anche lei e Ron stavano ssando con sgomento per la
prima volta i lugubri Thestral. Salirono sulla carrozza e giunsero
in silenzio al castello.
Alla debole luce della luna, il castello di Hogwarts sembrava
lo stesso di sempre. Dopo quello che aveva detto il signor Wea-
sley, si sarebbe aspettato di vedere un nuovo dormitorio, invece
non ce n'era traccia. Harry fu lieto di notare che tutto era stato
ricostruito fedelmente, senza alcuna modica. Le torri che ave-
va visto crollare erano nuovamente al loro posto e nulla, se non
i dolorosi ricordi, poteva testimoniare il contrario.
Il Thestral si fermò proprio davanti all'ingresso ripartendo
velocemente appena furono scesi.
Davanti al portone una lanterna venne loro incontro dondo-
lando nervosamente.
Cosa ci fate già qui? Le altre carrozze devono ancora par-
tire sentirono improvvisamente pronunciare dall'inconfondibile
voce di Gazza.
Solo avvicinandosi riuscirono a vederlo nitidamente. Con
una mano teneva la lanterna e con l'altra l'inseparabile Mrs
Purr, scrutandoli con il solito sguardo torvo.
Ah, siete voi. . .  disse. Entrate, presto! Non state qui a
perdere tempo. Tu Potter, muoviti la preside ti aspetta.

199
Agli ordini! fece Harry divertito.
Nonostante i suoi modi rozzi e scortesi, Gazza era un pezzo
di Hogwarts ed Harry fu felice di rivedere persino lui.
Avevano lasciato la scuola mezza distrutta, con pietre e travi
cadute in ogni dove, alcune delle quali tristemente
macchiate dal sangue di tanti innocenti. Sembrava una rovi-
na irreparabile, una ferita insanabile per l'antico edicio. Invece
ora ogni pietra era tornata al suo posto. Ogni singola lastra di
marmo nuovamente integra. Tutto risplendeva magnicamente
alla luce delle candele che, a centinaia, erano disposte ovunque.
Avevano fatto un lavoro impressionante. Se davvero gli ame-
ricani erano stati determinanti nella ristrutturazione, forse va-
leva la pena di sopportare Bryan Hyde per qualche mese!
Io vado, ci vediamo tra poco per lo smistamento disse
Harry agli amici ancora impegnati a guardarsi intorno a bocca
aperta.
Percorse velocemente la scalinata di marmo che portava al-
l'ucio della Preside. Corse lungo il corridoio arrivando al
gargoyle di pietra.
Parola d'ordine disse quest'ultimo.
Dragocorno Spiumato rispose prontamente.
Il gargoyle si scostò di lato rivelando la scala a chiocciola che
Harry aveva percorso tante volte. Salì qualche gradino ferman-
dosi quando udì la voce della McGranitt. Non era sola, stava
parlando con qualcuno.
 l'avevo detto: secoli di tradizioni non potevano essere igno-
rate. Hogwarts ha quattro fondatori, quattro fondatori per
quattro case. . . .

200
Il tono della preside sembrava soddisfatto. Harry rimase ad
origliare nel tentativo di capire di cosa stessero parlando.

Minerva. . . mi rendo conto che per te è andato tutto per il


meglio, ma per me la situazione rimane delicata.

Era la voce di Kingsley. Era con lui che la preside stava par-
lando. Probabilmente era per questo che la McGranitt lo aveva
chiamato. Bene, pensò, così parlerò con entrambi contempora-
neamente.
Lo so che dopo sei tu che devi vedertela con Waynegan ma
sarebbe stato veramente inaccettabile avere una quinta casa!.

Quindi gli americani avrebbero voluto costituire una Casa


tutta per loro! Ma per qualche motivo le cose non dovevano
essere andate come se le aspettavano.

La voce della preside si alzò di tono: Certo che i brutti vizi


sono dicili da perdere, vero Potter? Sempre ad origliare. . . .

Harry trasalì. L'imbarazzo gli nacque nella pancia e pian


piano salì no al viso, doveva avere il tipico colorito di Ron.

Fece pochi passi ssando il pavimento senza avere il coraggio


di alzare lo sguardo. Si rese conto all'improvviso che non stava
entrando nell'ucio di Silente, ma in quello di Minerva McGra-
nitt. Quante cose avrebbe trovato cambiate? Quante cose gli
avrebbero riportato alla mente le sue chiacchierate con il vec-
chio preside? Sospirò. Non poteva certo rimanere lì sulla porta
all'innito.

Si fece avanti a testa bassa, scompigliandosi i capelli sulla


nuca e accennando un sorriso imbarazzato.

Beh ecco. . . non era mia intenzione, solo non volevo inter-
rompere. . .  cercò malamente di giusticarsi.

201
Non preoccuparti, non era niente che non potessi senti-
re Potter, altrimenti ti avrei fatto uscire immediatamente lo
rassicurò la McGranitt.
Alzò piano lo sguardo, con fatica e trepidazione. La Mc-
Granitt gli sorrideva da dietro la scrivania che, con sua grande
gioia, era sempre al solito posto, coperta di carte polverose,
pergamene ingiallite e penne spiumate. Notò invece l'assenza,
comprensibile, del trespolo di Fanny. Quanto si era spaventato
la prima volta che la aveva vista morire? Ricordava lo sguardo
furbo di Silente che, al momento della morte dell'animale, gli
aveva sorriso soddisfatto.
Un debole ronzio attirò lo sguardo di Harry. Polveroso,
spiegazzato e pieno di toppe il Cappello Parlante sonnecchiava
tranquillo sulla sua mensola, perso in chissà quali sogni.
Notò invece con un po' di tristezza che sia il pensatoio sia la
spada di Godric Grifondoro avevano abbandonato la loro solita
collocazione. La spada adesso risplendeva debolmente dall'in-
terno di una vecchia teca di mogano, adagiata su un elegante
cuscino di velluto rosso. La teca occupava proprio il posto dove
un tempo Harry si specchiava nel pensatoio con il Preside per
conoscere il passato di Voldemort.
Minerva ha ritenuto più saggio mettere via il pensatoio per
tirarlo fuori solo al momento opportuno, e sinceramente non
posso darle torto. È una donna molto ordinata e precisa, non
ha voluto rischiare che qualcuno, urtandolo, lo rompesse!.
Harry sussultò.
Non si sarebbe mai abituato al suono di quella voce. Vol-
tandosi vide Silente sorridergli dal suo ritratto. Solo che quello
non era il vero Silente, era solo la sua rappresentazione. Però

202
era bello ascoltare nuovamente la sua voce, era bello ingannarsi
ancora.
Oh, tu mi lusinghi Albus. . .  disse la McGranitt, sorriden-
do al ritratto. Siediti Harry continuò facendo apparire una
poltroncina di fronte alla scrivania, accanto a quella dove era
seduto Kingsley.
Buonasera signor Ministro disse Harry dopo essersi sedu-
to.
Per favore Harry, lo sai che per te sono solo Kingsley
rispose bonario.
Ti stai chiedendo di cosa stavamo parlando? Chiese la
preside. Vedi gli americani volevano partecipare alla Coppa
delle Case e alla Coppa di Quidditch.
Certo! Se avessero avuto una loro Casa, avrebbero anche
avuto una loro squadra di Quidditch, dopotutto non gli sareb-
be dispiaciuto: era sicuramente un buon modo per arontarli
apertamente, senza violare nessuna regola. Non ci sarebbe sta-
to niente di meglio che battere quegli sbruoni su un campo da
gioco, anche se Ron non sarebbe stato contento. Un brivido per-
corse la schiena di Harry al solo pensiero di cosa sarebbe potuto
accadere all'amico dopo il primo punto degli americani!
Il signor Weasley aveva detto che doveva esserci un nuovo
dormitorio, ma non l'ho visto arrivando. . .  chiese Harry.
Oh, sì. Hanno provato a costruirlo ma Hogwarts non era
d'accordo!.
Avevo capito che non era possibile fare nulla per impedir-
lo. . . .
Hai ragione, noi non potevamo fare niente. Ma il castello
sì!.

203
Cosa?.

Gli americani hanno costruito il loro dormitorio per - se non


ho perso il conto - sette volte, ma ogni volta che terminavano
la costruzione, l'edicio crollava su sé stesso. Alla ne si sono
arresi! Probabilmente c'è qualche vincolo magico che impedisce
modiche così invasive, è stata una sorpresa anche per me. Lì
dove con la diplomazia non sono riuscita a far niente, ci hanno
pensato gli antichi sortilegi che impregnano le mura del castello
a risolvere il problema.

I misteri della scuola non nivano mai di stupirlo.

Ma allora dove dormiranno gli americani?.

Kingsley si inserì nella discussione. Su Harry, non vorrai


sapere tutto adesso. . . resisti qualche minuto, a cena verranno
spiegate tutte le novità! Ti dico solo che hanno rivisto molte
delle loro aspettative.

Ma adesso veniamo al perché sei qui: ti abbiamo fatto chia-


mare per sentire la tua impressione sull'incidente all'espresso. Io
e Minerva ci stavamo domandando. . . .

Temo che non sia un incidente purtroppo. . .  lo interrup-


pe Harry, per qualche momento, la curiosità per il destino degli
americani lo aveva distratto dai butti eventi del pomeriggio.
Iniziò a raccontare quello che era accaduto, quello che aveva-
no scoperto grazie ai Retroglass e dei due uomini avvolti nel
mantello.

I dettagli di Harry sorpresero gli altri due maghi.

Ma perché questo attacco? disse Kingsley visibilmente


preoccupato massaggiandosi le tempie.

204
Penso che l'attacco sia dovuto alla mia presenza su quel
treno. . .  accennò Harry, E se è così la mia sola presenza a
Hogwarts potrebbe attirarli qui. . . .
Si bloccò. La preside lo guardò come per incitarlo a prose-
guire.
 è meglio che io vada via. . . non me la sento di rimanere e
far rischiare tutta la scuola.
Ci aveva già pensato, ma dirlo ad alta voce lo rendeva ve-
ro. Se i maghi oscuri agivano per impossessarsi della Bac-
chetta come poteva permettersi di mettere in pericolo l'intera
Hogwarts?
Ma non ha senso. . . l'unico motivo per cui potrebbero essere
interessati a te è se tu avessi ancora la Bacchetta di Sambuco,
ma come mi hai detto l'altra volta nel mio studio è già in un
posto sicuro. . . .
Ehm. . . certo, certo è vero mentì Harry.
E comunque non dirlo neanche per scherzo Potter! in-
tervenne la preside con voce ferma. Non ricordi cosa diceva
Silente. . . .
Non c'è posto più sicuro di Hogwarts recitò il vecchio
Preside improvvisamente dal ritratto lisciandosi la barba.
Ma Kingsley ha detto che ci sono falle nelle barriere degli
incantesimi messi per proteggere la scuola! esclamò Harry quasi
disperato.
Tracce Harry, tracce, deboli tentativi ma nulla di concreto.
Oltretutto tutte le difese sono state rinforzate minimizzò il
Ministro.
Resta il fatto che sarebbero attirati qui! insistette Harry.

205
Pensaci bene, perché credi abbiano fatto un così maldestro
attacco al treno? Dopotutto Willis è riuscito a risolvere tutto
praticamente con le sue sole forze.

Harry rimase in silenzio ad ascoltare.

Ti dirò come la vedo io. Forse credono che tu abbia ancora
la Bacchetta. O, forse, con l'attacco al treno non volevano colpi-
re te. . . Ma sono sicuro che fossero consci del fatto che una volta
ad Hogwarts avrebbero potuto fare ben poco, qualsiasi fosse il
loro piano. Così hanno tentato una mossa azzardata nell'ultimo
momento possibile: durante il viaggio in treno.

Avevano ragione, Hogwarts era il posto più sicuro. Ma lo-


ro non consideravano il fatto che, in quel preciso momento, la
Bacchetta di Sambuco era in quello stesso studio nella tasca dei
suoi pantaloni.

Rimane il fatto che io, insieme a tutti gli altri studenti,


abbiamo rischiato grosso.

Su questo hai perfettamente ragione intervenne la Mc-


Granitt. E per questo dovrò scusarmi con tutte le famiglie ed
assicurare che da oggi in poi controlleremo anché non ci siano
altri incidenti.

Sto pensando che non sia il caso di divulgare quello che ci


hai detto, penso sia meglio che si continui a credere che si sia
trattato di un incidente. In questo momento il mondo magico
ha bisogno di stabilità e tranquillità, molte famiglie cominciano
ora a riprendersi dal dolore per le perdite dei propri cari. . . .

Sono d'accordo disse Harry che pure odiava le bugie di


questo genere. Io e gli altri non faremo parola di quello che
abbiamo visto.

206
Bene, penso che abbiamo fatto un po' di chiarezza, adesso
è meglio che scendiamo ormai saranno tutti arrivati. Devo dare
inizio allo smistamento concluse la McGranitt.
Si alzarono, Harry strinse la mano al Ministro promettendo
di tenerlo informato e rivolse un saluto al ritratto di Silente che
gli strizzava l'occhio dal dipinto. Fu in quel momento che nella
sua testa qualcosa gli fece notare un particolare sbagliato, nella
stanza mancava qualcosa di importante, qualcosa che non c'era
mai stato, ma che ora doveva esserci per forza.
PITON!.
La McGranitt alzò perplessa lo sguardo su Harry che conti-
nuava a guardarsi intorno agitato.
Potter. . . tutto bene?.
Non è possibile. . . Professoressa io. . . io non vedo il ritrat-
to. . . il ritratto di Piton. . . .
Era stupito dalle sue stesse parole. Quello che stava dicendo
era ridicolo!
Adesso la McGranitt gli avrebbe indicato un punto preciso
sulla parete dove Piton di certo lo stava ssando con il solito
cipiglio severo.
La Preside si tolse gli occhiali, iniziando a pulirne le lenti
con un fazzolettino.
Mi dispiace Potter, ma il suo ritratto non è presente. . . .
Cosa vuol dire?.
Si rimise lenta gli occhiali, ssandolo dispiaciuta.
Ordini del Ministero disse lanciando un'occhiata a King-
sley.
Era assurdo. . . perché mai il Ministero avrebbe interferito in
una cosa del genere?

207
Il suo silenzio e lo sguardo interrogativo spronarono il Mini-
stro ad intervenire.
Molti credono ancora che Piton fosse una spia di Volde-
mort.
Ma è ridicolo! Si tratta di un assurdo malinteso! Piton era
dalla parte dell'Ordine! Lo è sempre stato!.
E lui se n'era accorto troppo tardi.
Certo Harry, ma al momento ci sono ancora indagini, posi-
zioni da chiarire. . . .
Ma tu sei Kingsley Shacklebolt, il Ministro della Magia,
com'è possibile che tu non possa fare niente?.
Harry, le cose non sono semplici come sembrano. Proprio
tu dovresti capire come sia facile per tutti dubitare di Piton. . . .
Harry sospirò, ssando uno spazio vuoto nella parete. Non se
lo sarebbe mai perdonato. Aveva odiato Piton, lo aveva odiato
nel profondo. Forse quanto Voldemort stesso.
E dopo lo scontro nale, ripensando agli anni passati, gli
erano venuti in mente tutti i gesti, tutte le azioni che aveva mal
interpretato. Le rispostacce, le accuse. Per Harry era sempre
lui il colpevole. Quante volte aveva cercato di convincere Silen-
te della vera natura del professore di Pozioni? E quante volte
Silente irremovibile si era dimostrato totalmente ducioso nei
suoi confronti?
Non aveva mai potuto arontare un vero discorso con lui. O
almeno, un discorso sincero.
Aveva scoperto la sua vera natura solo alla sua morte, osser-
vando i suoi ricordi; solo allora si era reso conto degli errori che
aveva compiuto.

208
I ricordi gli aorarono alla mente invadenti e inattesi so-
vrapponendosi prepotentemente.
Piton che lo ssa concentrato al primo anno, poco prima
dello smistamento.
Piton che lo deride in classe e toglie punti ai Grifondoro.
Piton che durante le lezioni di Occlumanzia si tocca incon-
sciamente l'avambraccio sinistro.
Piton che litiga con Sirius e oende suo padre.
Piton che prepara la pozione per Lupin.
Piton che litiga con la Umbridge e che minaccia Raptor.
Piton che confessa al limitare della Foresta Proibita di non
voler adempiere il suo compito.
Piton che uccide Silente sulla Torre di Astronomia.
Piton che gli muore fra le braccia.
Guar. . . da. . . mi.
Potter?.
Harry si destò dallo strano torpore in cui era caduto.
La McGranitt lo stava ssando preoccupata.
Harry si passò agitato una mano sulla fronte, sudava.
Preside. . . non è giusto, dopo tutto quello che ha fatto. . . non
è giusto che. . . .
Lo so Potter, lo so. . .  Minerva si sedette di nuovo, mas-
saggiandosi la fronte.
Anche Harry tornò al suo posto, lasciandosi pesantemente
cadere sulla poltroncina.
In fondo, a chi importava il ricordo di un ex-Mangiamorte
dalla dubbia fedeltà?
A chi interessava veramente sapere se Piton era dalla parte
di Voldemort o no?

209
Chi poteva voler difendere veramente Piton?
Piton non aveva nessuno che lo piangesse. Che lo difendesse.
In fondo anche lui lo aveva sempre disprezzato da vivo.
Ma, adesso che era morto, non avrebbe permesso che spro-
fondasse nell'oblio o, peggio, nell'indierenza, non avrebbe per-
messo che ne andasse perso il ricordo.
Devo fare qualcosa. . . glielo devo, almeno questo glielo devo
. . . .
Tutti glielo dobbiamo Harry disse la McGranitt sorridendo
stanca da dietro i piccoli occhiali.
Hai tutto il mio appoggio per quest'impresa, voglio che tu
lo sappia. E ti prometto che io farò la mia parte, farò tutto
quello che mi è possibile lo rassicurò Kingsley.
Preferirei l'impossibile rispose Harry sorridendo.
Ora si è fatto veramente tardi. . . Harry comincia a scendere,
io devo far rmare alcune pergamene al Ministro prima che vada
via gli disse la McGranitt.
Harry, ancora una cosa lo richiamò inaspettatamente il
Ministro quando lui era già fuori dalla porta Sei sempre cer-
to che la bacchetta sia al sicuro? gli disse Kingsley ssandolo
intensamente.
Harry annuì debolmente con il capo, chiedendosi no a che
punto avesse convinto il ministro che la Bacchetta fosse ben
nascosta. Ma il vero problema comunque non era di cosa il
Ministro fosse convinto ma dove mettere realmente la Bacchetta.
La McGranitt parve accorgersi della sua espressione preoc-
cupata.
Avrai tempo per pensarci, ora è tempo di far festa, c'è lo
smistamento!.

210
Harry scese le scale assorto nelle sue preoccupazioni: doveva
trovare un nascondiglio alla Bacchetta di Sambuco. Per col-
pa della sua incertezza era stato costretto a mentire a Kingsley
per l'ennesima volta. Ma nella sua testa continuavano a vorti-
care disordinatamente mille pensieri: il ragazzo biondo che lo
aveva pedinato e la sua straordinaria somiglianza con Hyde, l'i-
naspettata imboscata all'Espresso, l'attacco a Diagon Alley, il
grattacapo costante della guerra tra Ron ed Hermione e ora an-
che la crescente frustrazione per come era stato trattato Piton.
E pensare che aveva creduto di tornare ad essere, almeno per
l'ultimo anno, un semplice studente come gli altri.
Arrivato fuori alla Sala Grande sentì un gran fracasso pro-
venire dall'interno. Si aacciò sbirciando da dietro al portone
d'entrata. La maggior parte dei ragazzi erano in piedi e si chia-
mavano da una parte all'altra della sala facendo una gran con-
fusione. Alcuni di loro mostravano ai propri compagni i lividi
che sicuramente si erano procurati durante l'incidente al treno.
Gli studenti americani stavano in piedi raggruppati tutti as-
sieme e continuavano a guardarsi in giro aascinati. Per quanto
potessero credersi i migliori in tutto, Hogwarts non poteva che
stupire chiunque la vedesse per la prima volta.
Lo sguardo di Harry si fermò sulla tavola degli insegnanti.
Hudson Willis, l'ex campione di Quidditch, parlava ininterrot-
tamente gesticolando senza sosta con la Cooman. Sicuramente
stava raccontando alla professoressa la disavventura dell'Espres-
so. Probabilmente di lì a poco la Cooman avrebbe aermato di
aver previsto tale sciagura e di presagirne altre peggiori per i
tempi a venire. Chissà quanto avrebbe impiegato Willis a capire

211
che la Cooman era un po' svitata.
Il resto dei professori invece si erano riuniti intorno a Luma-
corno assorti probabilmente nella cronaca della stessa
storia. Horace, con un bicchiere di vino tra le mani stava
mimando quella che sembrava la traiettoria del treno giù per la
scarpata e la relativa ripresa.
Erano tutti molto presi, sicuramente ci sarebbe voluto un
po' di tempo prima che tornasse a regnare la calma.
Si rese conto che una situazione così favorevole forse non
si sarebbe più ripetuta. Erano tutti riuniti in Sala Grande e
sopratutto erano tutti distratti. Non immaginava un'altra oc-
casione così propizia, se in quel momento avesse ritardato ancora
di qualche minuto il suo ingresso, nessuno si sarebbe accorto di
nulla.
Doveva prendere una decisione, doveva scegliere il luogo adat-
to al riposo della Bacchetta di Sambuco, non poteva indugiare
oltre. Non doveva bruciare quell'occasione.
Tutti i dubbi che aveva avuto no a quel momento si frantu-
marono come un muro di cartapesta colpito da un Troll di mon-
tagna, dopotutto l'aveva sempre saputo: l'unico posto giusto
per la Stecca della Morte era la tomba di Silente.
Improvvisamente sentì delle voci avvicinarsi dall'esterno. Se
qualcuno l'avesse visto ora, il suo piano sarebbe saltato sul na-
scere. Risalì le scale nascondendosi dietro la prima statua che
incontrò. Sentì qualcuno uscire dalla Sala Grande e, poco dopo,
l'inconfondibile voce di Hagrid: State buoni! Adesso vi lascio
nelle mani del professor Lumacorno . . . .
Il mezzogigante era appena arrivato con gli studenti del pri-
mo anno e Lumacorno era uscito dalla Sala Grande per acco-

212
glierli.

Appena in tempo, pensò Harry.

Lumacorno riuscì a zittire i nuovi arrivati e li condusse in


una stanza dall'altra parte dell'ingresso per il consueto discorso
di benvenuto.

Harry stava per uscire allo scoperto quando sentì dei pas-
si provenire ora dalla direzione opposta. Tornò ad appiattirsi
dietro la statua. La preside passò davanti a lui a passo svel-
to, evidentemente trafelata per essersi attardata troppo con il
Ministro.

Gli era passata veramente molto vicino. Harry si guardò in


giro con attenzione e poi uscì dal suo nascondiglio precipitandosi
fuori dal castello.

Era l'idea più scontata, ma la più sicura. Era quasi impos-


sibile che la tomba di marmo bianco venisse profanata nuova-
mente; quella volta c'era voluto Voldemort stesso più tutti i suoi
Mangiamorte per prendere il controllo di Hogwarts e rubare la
Bacchetta.

L'aria nel giardino davanti alla scuola era mite e piacevole.


Nell'improvviso silenzio si udivano esclusivamente il fruscio delle
fronde degli alberi e lo sciabordio delle barche, che avevano por-
tato gli studenti del primo anno, che si stavano già allontanando
sulla supercie del lago.

Si incamminò lentamente senza paura di dare nell'occhio,


domandandosi come avrebbe dovuto agire. Come avrebbe po-
tuto aprire il sarcofago di pietra? Qualcuno si era preso la briga
di aggiungere degli incantesimi protettivi? E sopratutto, cosa
avrebbe visto al suo interno? Fu preso dal panico, non aveva

213
preso in considerazione troppe cose. Anche in quel momento i
consigli di Silente sarebbero stati utili.
L'inconfondibile rumore di un ramo spezzato ruppe brusca-
mente il silenzio e la trama dei suoi pensieri. Il rumore proveniva
dalla la di alberi alla sua destra. Rimase immobile con la mano
posata sulla bacchetta. Per un attimo gli parve di distinguere
persino un'ombra, ma i rami mossi dal vento proiettavano ombre
ovunque intorno agli alberi.
Rimase immobile per un paio di minuti, ma non udì altri
rumori se non il frusciare del bosco.
Riprese a camminare con maggiore circospezione, desideran-
do ardentemente di portare a termine quel compito che diven-
tava ogni minuto più sgradito.
Raggiunse inne la bianca tomba di Silente. La sorò delica-
tamente con le dita. Era liscia e fresca e sembrava incoraggiarlo
a concludere quella storia.
Portò la mano in tasca per prendere la Bacchetta di Sambuco
quando una voce alle sue spalle gli gelò letteralmente il sangue.
Ragazzo cosa fai lì, dovresti essere in Sala Grande con tutti
gli altri!.
Harry si voltò di scatto.
Appoggiato al suo bastone, un vecchio mago, puntava la sua
bacchetta verso Harry. Era alto quasi due metri, ma talmente
ingobbito che i suoi occhi lo ssavano dal basso verso alto. Il
viso giallo, chiazzato e rugoso, facevano sembrare la sua testa
calva una vecchia mela marcia.
Harry si aggiustò la maglia sui pantaloni cercando nervosa-
mente di nascondere la Bacchetta. Pensava di essere solo, invece
c'era qualcun altro che si aggirava nel parco. Ma chi

214
era? E cosa ci faceva vicino alla tomba di Silente proprio
in quel preciso istante? Una cosa era certa, se avesse voluto
schiantarlo, o peggio, lo avrebbe già fatto perché Harry non
l'aveva minimamente sentito avvicinarsi.
Come ti chiami ragazzo? continuò l'anziano mago con un
insolito accento.
Io sono Harry. . . Harry Potter rispose Harry con la mente
in subbuglio alla ricerca di una giusticazione per non essere in
Sala Grande con gli altri.
Oh, certo, la cicatrice. . .  disse per nulla sorpreso. Co-
munque potevi aspettare domani per omaggiare la tomba di
Silente.
Gli oriva la spiegazione perfetta. Ah sì, certo. Solo che
avevo voglia di farlo subito . . . .
Questo ti fa onore, ma resta il fatto che adesso dovresti
essere in Sala Grande.
Vado disse, Ma se mi posso permettere. . . potrei sapere
chi è lei?.
Che scortese che sono, mi chiamo Jatturius, ma ora vai
rispose senza ulteriori spiegazioni.
Harry cominciò a correre verso la porta d'entrata dannandosi
per l'occasione sprecata.
Non correre ragazzo o ti farai male gli gridò dietro il
vecchio.
Certo, grazie . . .  rispose Harry rallentando il passo e fa-
cendogli un cenno con la mano.
Proprio mentre era girato mise il piede in una piccola buca
del terreno e si ritrovò con la faccia spiaccicata nell'erba.

215
Accidenti! esclamò rialzandosi e pulendosi le ginocchia dal-
la terra. Si voltò ma il vecchio mago malfermo e sorretto dal
suo bastone non c'era già più.
Jatturius, come diavolo aveva fatto a muoversi così veloce-
mente? pensò Harry, Ma soprattutto cosa diamine faceva lui nel
parco di Hogwarts a quell'ora?
Il nome gli era del tutto nuovo, ma, a giudicare dall'aspetto,
questa volta non si trattava certamente di un campione di Quid-
ditch. La sua presenza nel parco aveva mandato all'aria il suo
piano. Ma si rese conto che il suo non poteva neanche denirsi
un piano, aveva agito in modo arettato e imprudente. Ora che
il suo primo tentativo di nascondere la bacchetta era andato in
fumo non sapeva quando avrebbe avuto di nuovo un'occasione
del genere.
Aprendo il grande portone di quercia all'entrata del castel-
lo, si voltò dando una rapida occhiata al parco. In lontanan-
za riusciva ancora a distinguere la tomba bianca che sembrava
splendere davanti al lago nero e al cielo scuro, illuminato solo da
un'innità di stelle. E pensare che solo quello mattina a Londra
diluviava.
La Sala Grande ora era immersa nel silenzio e, come sem-
pre, il sotto incantato rietteva la volta celeste sfavillante di
stelle. Le innumerevoli candele che galleggiavano a mezz'aria il-
luminavano i quattro tavoli dove ora tutti gli studenti sedevano
ordinatamente.
I loro sguardi erano tutti rivolti verso il tavolo dei professori,
ma non erano gli insegnanti che ssavano con tanto
interesse, ma i due sgabelli che erano posizionati davanti al
loro tavolo.

216
Su di uno sgabello c'era il Cappello parlante e su quello al
suo anco un vecchio cilindro.
Harry, cercando di non farsi notare, si diresse verso il ta-
volo dei Grifondoro. Per sua fortuna solo due o tre ragazzi si
accorsero del suo arrivo squadrandolo con interesse da capo a
piedi.
Si sedette in fretta tra Ron e Ginny.
Che cosa ti è successo? mormorò Ginny togliendoli un po'
di terra dal viso La McGranitt è arrivata da un pezzo!.
Ti sei perso anche lo smistamento aggiunse Ron.
Ne parliamo dopo. . . qui piuttosto? Cosa stiamo aspettan-
do? Che ci fa quel cilindro vicino al Cappello Parlante?.
C'è stato lo smistamento e il cappello parlante ha fatto il
solito lavoro con i ragazzi del primo anno. Poi mentre Vitious
lo stava portando via il Cappello ha esclamato qualcosa su un
altro copricapo che si nascondeva tra di noi, sul farsi vedere. . . .
Se non ti fai vedere che intenzioni potrai mai avere? qual-
cosa del genere mi pare intervenne Ron.
Si qualcosa così e a quel punto il cilindro che aveva in testa
il professor Willis si è presentato, alla Cooman per poco non gli
è preso un colpo! Vitious si è esaltato moltissimo, ha detto che
questi oggetti magici sono rarissimi e che gli sarebbe piaciuto
ascoltarlo e così Willis ha proposto di farli esibire entrambi,
così. . . .
Ginny non riuscì a terminare la frase perché in quel momento
il Cappello parlante inaspettatamente ruppe il silenzio.

Sono perplesso e assai sospettoso,


non ricordo altri cappelli se vado a ritroso;

217
Son più di mille anni che fui cucito,
per dar consiglio all'uomo erudito;
Poi in faccia ho visto tanti studenti,
e di ognuno di essi ho letto le menti;
Ora, ti prego, non puoi più tacere,
chi ti donò la parola e per quale volere?.

Gli studenti di Hogwarts esplosero in un tripudio di applausi e


grida di incitamento.
In quel momento Harry si accorse che, divisi tra i quattro ta-
voli, gli studenti americani sedevano silenziosi. Si sporse un po'
in avanti per vedere in quanti sedessero al tavolo di Grifondoro.
Gli occhi glaciali di Bryan Hyde lo trassero, mentre lui stava
sorridendo e giocherellando con un coltello dal fondo del tavolo.
Com'era possibile? Certo se quel giorno a Godric's Hollow
era veramente lui il coraggio non gli mancava, ma era veramente
adatto a sedere in quel tavolo? Se fosse dipeso da lui lo avreb-
be messo direttamente a Serpeverde! Oltre a lui c'era un'altra
decina di ragazzi che, indubbiamente, venivano da oltre oceano.
Dopo alcuni istanti la Preside alzò le mani per calmare gli
animi, e non appena tutti fecero silenzio il Cilindro attaccò a
sua volta.

Ma non ti guardi, povera pezza?


Ma quant'è misera la tua stoa grezza!
Sarai il cappello incantato dai quattro,
ma chi ti indosserebbe ormai, un matto?
Tra queste mura tutta la tua povera vita,
ma non hai visto la terra innita?
Io ho visto il mondo, lontano e vicino,

218
Son l'ormai noto Cilindro Canterino.

A quelle parole furono gli studenti americani ad alzarsi e a sfor-


zarsi di fare quanta più confusione fosse possibile. Alcuni ragazzi
continuavano a battersi le mani l'un l'altro e ad ancheggiare in
strani balletti.
Con loro la McGranitt fu più paziente, attendendo che deci-
dessero da soli di tornare a sedersi.

Sarai pur noto, giramondo e brillante,


Ma in quanto a giudizio non sei costante!
Se non hai mai smistato studenti,
i tuoi giudizi saranno incoscienti.
Se devo dirlo con parole chiare:
tu non sei bravo nemmeno a cantare;
Dei quattro fondatori io sono l'incanto;
tu al più d'un cappellaio matto il vanto!.

Tutti gli studenti di Hogwarts tornarono ad alzarsi per applau-


dire e incitare il loro caro cappello con ancora più foga. Anche
Harry, gettando di tanto in tanto un'occhiata a Bryan Hyde,
stava applaudendo no a spellarsi le mani.
Questa volta il cilindro canterino non attese che la Preside
calmasse gli animi e riprese la sua lastrocca gridando così forte
da coprire in buona parte quel frastuono.

A sentir bene sembri più tu il matto,


forse il tuo lavoro s'è troppo protratto;
Quindi dai retta, abbi un po' di decoro,
non sei più degno per questo lavoro!

219
Io non son bravo a cantare neppure?
Signor cappello, hai orecchie un po' dure.
In un momento niamo l'accordo,
per te questa scuola sarà un sol ricordo!
Cercate l'America sul vostro atlante,
e dite addio al cappello parlante!.

Gli americani tornarono ad alzarsi. Era evidente il tentativo,


dato il loro scarso numero, di tentare di strafare. Uno di loro,
al tavolo dei Serpeverde, si alzò in piedi sulla panca e fece una
capriola all'indietro atterrando però malamente su uno studen-
te di Hogwarts seduto al suo anco. Lo studente di Serpeverde,
appena ripresosi dall'urto, diede uno spintone allo studente ame-
ricano, nonostante si stesse scusando, mandandolo lungo disteso
sul pavimento.

A quel punto altri due studenti americani seduti al tavolo


di Corvonero si alzarono a loro volta con le bacchette in pugno
pronti a sferrare qualche sortilegio.

Ma in quel preciso istante, dal fondo della Sala Grande, si


sentì un forte boato che riecheggiò lungo tutte le pareti inon-
dando tutto il salone. Tutti sobbalzarono colti di sorpresa.

La preside McGranitt era in piedi con la bacchetta in mano.

Fermi! Tornate tutti al vostro posto e mettete via le bac-


chette. Evidentemente i nostri cari copricapi con il loro ehm
. . . spettacolo, hanno scaldato troppo gli animi disse la McGra-
nitt accigliata.

Prego il professor Vitious di riporre il nostro caro Cap-


pello parlante e altrettanto può fare il professor Willis con il

220
suo cilindro. Ringraziamo tutti e due con un bell'applauso
pacico!.
Tutti applaudirono svogliatamente guardandosi in cagnesco.
Dunque, bentrovati a tutti! disse la McGranitt avvicinan-
dosi allo scranno da cui aveva sempre parlato Silente. La luce
delle candele si rietteva sui suoi occhiali.
In particolare ai nostri ospiti che sono venuti da tanto lon-
tano. È inutile che raccomandi a voi tutti di essere particolar-
mente gentili e ospitali. Come avrete capito sono stati smistati
nelle varie case perché ehm. . . per problemi tecnici non siamo
riusciti a realizzare in tempo un nuovo dormitorio.
Il professor Willis fece una strana smora contrariata.
La preside si schiarì la voce e riprese.
Quest'anno, con onore, assolverò l'incarico di preside e per
questo motivo ho dovuto lasciare il ruolo di Direttrice di Gri-
fondoro alla professoressa Sinistra che, ne sono sicura, farà un
ottimo lavoro!.
Dal tavolo di Grifondoro si alzò una calorosa applauso e l'in-
segnate di Astronomia si alzò in piedi e fece un breve inchino di
ringraziamento.
Poi la McGranitt continuò: Per lo stesso motivo non po-
trò nemmeno insegnare come di consueto trasgurazione. Col-
go così l'occasione per presentare uno dei due nuovi professori
che quest'anno insegneranno ad Hogwarts, il professor Jattu-
rius Uglick che ha, su mia richiesta, accettato la cattedra di
Trasgurazione.
Risuonò qualche applauso sparso e poco entusiasta.
Accidenti! esclamò Harry che ancora non lo aveva notato
al tavolo con gli altri insegnanti.

221
Conosci quella mummia? domandò Ron.
Non proprio, te lo dico dopo. . . ma da quanto tempo è
seduto con gli altri professori? domando Harry all'orecchio
dell'amico.
Beh da sempre, è arrivato poco prima della McGranitt.
Non è possibile, deve essersi per forza allontanato ad un
certo punto!.
No, non mi pare proprio rispose Ron.
La sbilenca gura di Jatturius sembrava ssare Harry atten-
tamente. Era impossibile che fosse stato sempre in sala
grande se pochi minuti prima era fuori con lui alla tomba
di Silente, evidentemente si era assentato e Ron non lo aveva
notato, concluse Harry.
Il nostro secondo nuovo professore riprese la McGranitt
che certo ormai conoscerete, è Hudson Willis che occuperà la
cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure.
L'applauso questa volta fu fragoroso e quasi unanime. Gli
studenti americani stavano applaudendo no a snirsi, ma anche
gli studenti di Hogwarts, che avevano ormai saputo della sua
impresa sull'Espresso, sembravano sinceramente entusiasti. In
particolar modo Ron, che era addirittura scattato in piedi.
Il professor Willis si alzò con le braccia alzate salutando al-
legramente tutti i ragazzi. Portava nuovamente ben calcato sul-
la testa il cilindro incantato, che ora non sembrava diverso da
qualsiasi altro normale cappello.
Come ultima cosa, prima di lasciarvi al piacere del cibo,
devo dire due parole sulla controversa questione della compo-
sizione delle classi. Come sapete, ci sono molti studenti che
l'anno scorso non hanno potuto frequentare la scuola. Questi,

222
naturalmente riprenderanno gli studi da dove sono stati costret-
ti ad interromperli. Tutti gli altri, purtroppo non hanno potuto
avere una formazione completa com'è uso di questa scuola, e
quindi non hanno potuto sostenere gli esami per accedere alla
classe successiva. Tuttavia . . . .
La preside non riuscì a nire di parlare che un coro di dis-
senso si alzò dalla Sala Grande.
Tuttavia, a meno che queste urla non mi facciano cambiare
idea, disse ottenendo un immediato silenzio in ragione della
dicile situazione in cui tutti gli studenti hanno dovuto passare
l'ultimo anno e del coraggio che molti di loro hanno dimostrato
nel mantenere saldi i valori e i principi di Hogwarts anche in
un contesto così avverso, io, insieme a tutti gli altri insegnanti
abbiamo deciso dare l'opportunità a tutti coloro che ne avessero
voglia, e che durante l'estate si siano impegnati duramente, di
eettuare un esame di riparazione sostitutivo nel prossimo mese
di ottobre che consenta di accedere all'anno di corso successivo.
Questa volta un boato di ovazioni riempì la Sala Grande
a cui la preside rispose con uno sguardo che oscillava tra il
compiaciuto e l'arrabbiato.
Harry aveva pensato a molte cose da quando gli era arrivata
la lettera per Hogwarts, ma non si era mai reso conto di quanto
fosse complicata la faccenda.
Ancora un attimo . . .  riprese la preside cercando di rista-
bilire il silenzio, ancora cinque parole: che il banchetto abbia
inizio!.
Come sempre fu un banchetto strepitoso. La sala gran-
de rimbombava di chiacchiere, e del tintinnio incessante delle
posate.

223
Harry, pur mangiando con appetito, non vedeva l'ora che
nisse la cena per poter parlare con i suoi amici in un luo-
go tranquillo e decidere insieme una strategia su come riporre
la bacchetta di Sambuco nella tomba di Silente. Sicuramente
Hermione avrebbe escogitato un buon piano.
Hai visto tra tanti americani chi hanno mandato a Grifon-
doro? disse Ron leccando senza ritegno il fondo del suo piatto
d'oro nel tentativo di recuperare le ultime tracce di crema di
mirtilli.
Ho visto. . . ma chi lo ha deciso?.
Il Cappello Parlante. . . chi altri? Devi vedere che faccia
hanno fatto quando ha iniziato a parlare! Qualcuno alla ne ha
anche applaudito. . . .
Non Hyde scommetto!.
Hyde per poco non veniva smistato, è comparso appena in
tempo. . . pochi minuti prima che arrivassi tu.
Come? E me lo dici adesso? esclamò Harry facendosi più
vicino all'amico per ssarlo da vicino.
Non vorrai che ti dica quando Hyde va in bagno o quando
si allontana per vedere se gli hanno rubato qualche altra cosa!.
No certo, solo che è una ben strana coincidenza. . . .
Hai visto chi altri abbiamo l'onore di ospitare al nostro
tavolo? Quel ragazzino del treno, Daniel Fox disse Ron indi-
candolo nel tentativo di cambiare discorso.
Davvero? Pensavo anche io come Malfoy che sarebbe -
nito a Serpeverde. . . be', comunque se il Cappello Parlante ha
deciso così. . . avrà avuto le sue buone ragioni! concluse Harry
guardandolo mentre chiacchierava animatamente con un altro
bambino del primo anno.

224
Quando gli ultimi bignè e i restanti bocconi di torta furono
spariti dai piatti, la McGranitt diede il permesso ai prefetti di
scortare gli studenti nei relativi dormitori.
Harry, Ron e Ginny si accodarono ai Grifondoro che saliva-
no la scalinata di marmo capitanati da una serissima Hermio-
ne che spiegava ai nuovi arrivati come arrivare senza perdersi
all'ingresso nascosto della torre di Grifondoro.
Il grande ritratto della signora grassa appena li vide chiese:
Parola d'ordine?.
Ascoltate tutti, la nuova parola d'ordine è Cocktail di Cac-
tus ripeté più volte Hermione per farlo capire bene alla folla
di ragazzi.
Ma chi le sceglie queste parole d'ordine? disse al alta voce
Hyde facendo sghignazzare il gruppo di americani che sostava
compatto alla ne della la.
Hermione fece nta di non sentire assicurandosi di fare en-
trare i più piccoli e spiegando loro quali fossero le loro stanze.
Quando anche Harry sorpassò il ritratto, ormai era rimasto
fuori solo Bryan che se n'era stato in disparte. Si voltò per
vederlo entrare ma, inaspettatamente, la Signora Grassa aveva
richiuso il passaggio!
Si sentì la voce di Hyde da fuori.
Hey, che scherzo è questo? Fammi entrare!.
Parola d'ordine rispose la signora dal ritratto con tono
neutro.
Oh, che sciocchezze! E va bene Cocktail di Cactus.
Sbagliato.
Ma come? Un attimo fa era quella!.

225
Mi pareva di aver capito che non fosse di tuo gradimento
così l'ho cambiata!.
Che cosa?.
Harry si allontanò sghignazzando e raggiunse Hermione la-
sciando la Signora Grassa a vedersela con l'americano.
Sei bravissima! Hai visto la faccia dei più piccoli quando
gli hai detto che alle scale di Hogwarts piace cambiare?.
Già, sembra ieri quando l'hanno detto a noi. . . comunque
Harry volevo avvisarti che ho la lista che mi ha dato il pro-
fessor Willis con la disposizione dei posti letto degli america-
ni. . . beh. . . avete Hyde in camera con voi!.
In camera con noi?! Tra tante stanze. . . proprio la nostra!
E adesso chi lo dice a Ron? Un'altra strana coincidenza in cui
centra quel Bryan. . . , poi abbassò il tono, Senti Hermione, io
devo parlarti di alcune cose . . . .
Non ora Harry, mi dispiace ho ancora un mucchio di cose
da fare, puoi aspettare no a domani? poi lasciando Harry
gridò HEY, DANIEL! Cosa stai facendo? Guarda che ti tengo
d'occhio . . . .
Harry si arrese. L'amica quella sera non gli avrebbe dato
retta e anche lui in fondo, stanco com'era, non desiderava altro
che sdraiarsi nel proprio letto a baldacchino nella sua familiare
stanza rotonda.
Ok Hermione ne parleremo domani disse salutandola men-
tre saliva la scala a chiocciola respirando nuovamente aria di
casa.

226
Capitolo 11

IL PRINCIPE SOTTO

INCHIESTA

Harry aprì lentamente gli occhi abbagliato dal sole che entrava
prepotentemente dentro la stanza. Sentendo l'odore delle len-
zuola pulite del suo letto - il suo letto di Hogwarts - provò quella
sensazione di benessere che solo la scuola, che era la sua prima
e vera casa, gli poteva dare.

Già la sera prima, mentre si dirigeva nella sua stanza, era


stato avvolto da quel sentimento, caldo e confortevole come uno
dei maglioni della signora Weasley.

Le disavventure del viaggio e tutti gli accadimenti che lo


avevano visto all'opera la sera precedente, lo avevano a dir poco
scombussolato, ma a ne serata, nonostante la necessità impel-

227
lente di condarsi con Hermione, era stato contento di poter
nalmente riposare serenamente nel suo letto a baldacchino.
Aprendo la porta del dormitorio era stato scosso da un'e-
mozione forte, davvero aveva sentito di essere ritornato alla
sua cara Hogwarts, splendida come prima dell'ultimo, tragico
combattimento.
Si era reso conto, però, che quello sarebbe stato l'ultimo
anno che avrebbe passato lì, e questa volta ne era sicuro. Da lì
a qualche semestre Hogwarts non sarebbe stata più il suo posto.
Ma si sa, tutti hanno bisogno di un luogo sicuro in cui tornare,
e lui non faceva certo eccezione. Sarebbe riuscito a trovare un
altro letto in cui svegliarsi e provare quella sensazione di pace?
I letti a baldacchino - che ora erano sei - le tende scarlatte e
i bauli già sistemati ai loro posti, che meraviglia!
Sebbene Harry desiderasse riposare, non aveva potuto fare
a meno di restare sveglio con Ron, Dean, Seamus e Neville no
a tarda notte. Avevano molte cose da raccontarsi ed, evitan-
do accuratamente qualsiasi argomento che riportasse alla bat-
taglia di Hogwarts, avevano riso insieme anche delle cose più
insignicanti, contenti di trovarsi nuovamente insieme. Quando
Neville aveva mostrato il suo baule traboccante di piume Auto-
correggenti e a Risposta-pronta, Ron e Harry erano caduti dal
letto tenendosi la pancia.
Andiamo Neville, non penserai mica di usarle durante i
M.A.G.O., vero? Non lo sai che non è possibile?, aveva detto
Dean ridacchiando, mentre uno scoraggiato Neville riponeva le
piume dentro il baule.
Quando si erano resi conto che era ormai passata l'una, si
decisero ad andare a dormire, Altrimenti aveva sentenzia-

228
to Ron domattina non basteranno nemmeno dieci Strillettere
della mamma a svegliarci!.
Poco dopo che ognuno si era coricato nel proprio letto, la
porta del dormitorio si era aperta ed Harry aveva visto entrare
il loro nuovo compagno di stanza: Bryan Hyde. Finalmente, in
qualche modo, la Signora Grassa lo aveva fatto entrare. . .
Bryan !
Si ridestò dai ricordi della sera prima e istintivamente tastò
sotto al suo cuscino, vericando che le bacchette fossero ancora
al loro posto.
Sì tirò a sedere, cercando il nuovo compagno di stanza. Il
suo letto era vuoto, le coperte erano già riassettate e il cuscino
ben sprimacciato al suo posto: lui era già sceso.
Meglio così si disse.
C'era una sottile linea di eventi che, per quanto potevano
essere spiegati in molti altri modi, lo portavano a dubitare di
lui. Il giorno del suo compleanno, a Godric's Hollow, era sempre
più sicuro che fosse proprio Hyde a guardarlo con aria bear-
da appoggiato al monumento dei suoi genitori. Certo, poteva
benissimo essere stato qualcuno che gli assomigliasse particolar-
mente, ma riteneva che questa fosse una possibilità remota. Ma
la vera domanda era: perché? Perché era là in quel momento?
Se era là per lui, e questo sembrava abbastanza ovvio, non
riusciva a capire il suo comportamento. Se avesse solo voluto
conoscerlo si sarebbe fatto vicino in quell'occasione o più tar-
di. Ma se non voleva conoscerlo, allora voleva dire che lo stava
spiando, ma allora perché si era fatto vedere?
Quello che lo preoccupava era che la Bacchetta era l'uni-
co obiettivo per cui qualcuno avesse motivo di seguire le sue

229
mosse. In eetti, ad occhi esterni, il suo viaggio a Godric's
Hollow, da solo, di mattina presto, poteva sembrare un momen-
to utile a nascondere la Bacchetta. E poi il luogo stesso aveva
una sua valenza simbolica e quindi poteva sembrare un possibile
nascondiglio.
Chissà, forse dopo che aveva lasciato il cimitero qualcuno
aveva ispezionato la tomba di Ignotus Peverell o quella dei suoi
stessi genitori, per accertarsi che la Stecca della Morte non fosse
eettivamente lì. La sera prima, mentre era uscito nel parco, ef-
fettivamente intenzionato a nasconderla, Ron aveva giurato che
Bryan non era in Sala Grande. Solo una coincidenza? Oppure
no? Se le sue congetture catturavano anche solo una briciola
di verità, stava condividendo la stanza con un suo potenziale
nemico.
Ma il comportamento del ragazzo era ambiguo, non era coe-
rente con quella sua spiegazione.
Sospirò e guardò Snitch. Aanco al suo letto, come da istru-
zioni di Ginny, aveva sistemato un piccolo cestino che fungeva
da giaciglio per la piccola Puola che, ora, era un'uniforme palla
di pelo giallo, addormentata in un sonno profondo.
Dall'altro lato, naturalmente anche Ron stava ancora dor-
mendo sul bordo del materasso, con un braccio a penzoloni sul
anco del letto e la faccia schiacciata contro il cuscino in una
posa innaturale. È da anni che mi chiedo come faccia a dormire
così. . . pensò Harry.
Poi prese la sua bacchetta e, puntandola sul cuscino del-
l'amico, disse Wingardium Leviosa , sollevandogli il cuscino,
poi lo strattonò via di colpo facendo rimbalzare la testa di Ron
pesantemente sul materasso.

230
Ron si svegliò di soprassalto imprecando: Per i calzini puz-
zolenti di Merlino! Ma che cavolo . . . ?.
Si guardò intorno ancora stordito dal sonno poi, vedendo
Harry, disse a bocca impastata Te l'ho già detto quanto ti
detesto, Harry?.
No, oggi è la prima volta rispose lui con un enorme faccia
di bronzo. Svegliati, non vorrai ritardare già il primo giorno?.
Ron si rigirò e si tirò le coperte sulla testa.
Rischiamo di saltare la colazione! incalzò.
Quell'argomento doveva esser stato più convincente, Ron
uscì dal suo nido.
Comunque ti detesto.
Poi come se un bolide lo avesse preso in pieno spalancò gli
occhi rivolto al letto di Bryan: si era ricordato di lui.
Penso sia già sceso. . .  spiegò Harry.
Odio pensare che dovremo svegliarci ogni giorno guardando
la sua faccia! mugugnò Ron e prese ad estrarre i vestiti dal
baule, sbadigliando sonoramente.
Quando scesero, la Sala Grande era già gremita. La pri-
ma cosa che risultò subito chiara era che, oltre agli studenti di
Hogwarts, nei tavoli delle quattro case si era aggiunta tutta la
truppa americana.
Oh miseriaccia. . . siamo stati invasi dagli yankees! bor-
bottò Ron storcendo platealmente il naso mentre ssava il ta-
volo di Grifondoro aollato dagli americani niti lì dopo lo
smistamento.
Comunque c'era sempre posto per tutti! Harry sospettò che,
per quanta gente fosse entrata in quel salone, nessuno sarebbe
mai rimasto in piedi: aveva come l'impressione che ci fossero

231
più posti del solito! Poi si ricordò della magia di Hogwarts e,
pensando a cosa avrebbe detto Hermione, sorrise: Oh, Harry
sono davvero l'unica ad aver letto Storia di Hogwarts?.
Gli americani si riconoscevano da lontano, in ogni tavolata
erano facilmente individuabili, seduti tutti vicini. L'apparte-
nenza ad una casa comune stava già smussando le tensioni, e,
qua e là, i ragazzi più socievoli stavano già cercando di coin-
volgere gli stranieri nel loro mondo, indicando le grandi clessi-
dre, il sotto, oppure qualche altra meraviglia di quel luogo,
probabilmente spiegando le straordinarietà della Sala Grande e
del castello. Ribellandosi alla costruzione del quinto dormito-
rio, Hogwarts, aveva costretto i ragazzi ad integrarsi; e questo
avrebbe sicuramente contribuito a far lare liscio l'anno.
Mentre i due amici avanzavano lungo il tavolo del Grifondo-
ro, Harry scorse fra gli americani il viso di Bryan. Il ragazzo
biondo incrociò il suo guardò per poi girarsi rapidamente ver-
so i suoi compagni a chiacchierare. Per loro sarebbe stato più
dicile raggiungere gli obiettivi della preside pensò fra se.
Camminarono in mezzo ai ragazzi che andavano e venivano,
raggiungendo le ragazze.
Ben svegliati! disse Ginny.
Grazie rispose Harry sedendole accanto e cingendola a sé
con un braccio.
In quel momento la professoressa Sinistra li raggiunse, in
mano portava un disordinato groviglio di foglietti. Aveva un'a-
ria stralunata, i capelli in disordine e aveva perso il suo solito
sguardo svagato; in poche parole sembrava una pazza!
Accidenti ragazzi, esordì, alzando i grandi occhi azzur-
ri al cielo, sto facendo una confusione con tutti questi orari.

232
Studenti nuovi, studenti vecchi, studenti che ripetono l'anno e
americani. C'è da strapparsi i capelli!! Le stelle sono più ras-
sicuranti, prevedibili. Con un po' di studio sai sempre dove
trovarle!.

Poi, evidentemente esasperata, lanciò in aria tutto quello


che aveva in mano e pronunciò: Ordinem !. Istantaneamente
i foglietti iniziarono a ricadere in un'ordinata pila sul tavolo.
Così va meglio.

E, sistematasi i lunghi capelli castani dietro le orecchie, ini-


ziò la distribuzione: Granger: Trasgurazione Pozioni, Difesa
Conto le Arti Oscure, Incantesimi, Erbologia, Aritmanzia e An-
tiche Rune. Ah. . . che le stelle ti diano la forza!. Poi continuò,
Potter e Weasley, Ron Weasley precisò, Trasgurazione, Po-
zioni, Difesa Conto le Arti Oscure, Incantesimi, Erbologia e na-
turalmente come indicato dalla nostra preside su nuove dispo-
sizioni del ministero lei signor Potter dovrà frequentare Astro-
nomia cosa che detto fra noi mi rende un tantino contenta
disse la Professoressa Sinistra Bene, con voi ho nito. Posso
continuare, Paciock: Erbologia, . . . .

La professoressa continuò a elencare le materie degli altri


compagni proseguendo lungo il tavolo.

Come Astronomia? Perché devi frequentarla solo tu? chie-


se Ron a Harry quasi oeso di non frequentare anche lui la
materia.

Hermione, per poco non si aogò con il bicchiere d'acqua


che stava bevendo mentre Harry, dopo averle dato due buetti
sulla schiena, ed essersi ripreso da un attacco di risa, si accinse a
spiegare sottovoce: È stata una idea di Kingsley per facilitare

233
le mie eventuali uscite notturne o occasionali missioni, ma se
vuoi fare una lezione in più parlerò con Kingsley . . . .

Ron ci pensò su e poi, ricordandosi il motivo per cui avesse


rinunciato alla materia, cioè le lunghe sedute notturne, disse
No grazie, passo.

Mi sembrava. . . avevo quasi paura di aver sbagliato piane-


ta disse a quel punto Hermione senza rivolgersi a nessuno in
particolare.

Se Ron l'aveva sentita non lo diede a vedere, iniziò a servirsi


con due fette di tutte le torte presenti sul tavolo, ben attento a
non farsene sfuggire nessuna. Il suo piatto sembrava una piccola
piramide egizia appiccicaticcia.

Alla prima ora abbiamo Erbologia con la Sprite lesse Her-


mione a voce alta. Oh, e subito dopo la prima lezione di Difesa
Contro le Arti Oscure con Willis.

Lo fapevo, maagna bofonchiò Ron, come sempre a bocca


piena.

Pensavo che Willis fosse un tuo idolo, non dovresti essere


contento di conoscerlo? chiese Ginny.

Certo, ad una partita di Quidditch, fuori da uno stadio,


mi andrebbe bene un posto qualsiasi ma non un'aula di scuola!
Sono sicuro che per stasera lo odierò più di Gorgorovich. . . e dire
che per lui la Plua era un oggetto non identicato! rispose
dopo aver denitivamente mandato giù l'enorme boccone.

Gli altri risero divertiti, Ron non si smentiva mai.

Ormai erano quasi alla ne della colazione, quando Hermio-


ne, dopo aver letto come al solito la Gazzetta del Profeta, appre-
standosi ad alzarsi per adempire ai suoi doveri, sentì i discorsi

234
di un gruppo di ragazze americane che le stavano passando a
anco.
Ma hai letto l'articolo su questo giornale? disse una ragaz-
za slanciata e magra. Era come tutte le ragazze americane, con
un'aria imbronciata e lo sguardo di chi la sa lunga, due enormi
occhi azzurri incorniciati da una folta chioma bionda legata e
divisa in due trecce che le davano un aspetto sbarazzino; la sua
bocca leggermente sottile ma con due labbra molto rosse che le
davano un aria da Barbie poco cresciuta.
No Hawaii, di che giornale parli? rispose una delle altre
ragazze che componeva il gruppo. Erano tutte biondissime come
quella con le trecce.
Di questo!, e così dicendo le mostrò una rivista che aveva
in mano, È Il Settimanale delle Streghe. Sai e il più glamour
che questi provinciali hanno.
E cosa dice il giornale?.
Hawaii rispose: Oh, niente, parla solo di un docente di
questa scuola di zotici; a quanto pare era un poco di buono.
A quel punto la curiosità prevalse su l'irritazione che Hermio-
ne provò nei confronti di quelle americane, Certe volte Ron ha
proprio ragione pensò mentre si avvicinava al gruppetto. Poi
con fare quasi cerimonioso, le fermò e chiese Scusate ma que-
sta zotica provinciale vi vorrebbe chiedere se le potreste prestare
quel giornale.
Le ragazze sulle prime sembrarono molto irritate dalla pre-
sa in giro, ma poi notarono la spilla scintillante da Caposcuola
sulla divisa di Hermione, quindi, facendo buon viso a cattivo
gioco, risposero anche loro tramite la ragazza con le trecce che
sembrava la capo cheerleader in un tono cerimonioso che sapeva

235
di presa per i fondelli: Oh! Sì certamente, nessun problema,
tanto non vale neanche la carta con cui è scritto. Così dicendo,
la ragazza con le trecce glielo porse accennando anche un inchi-
no, facendo aumentare l'irritazione di Hermione che, prendendo
il giornale, sputò uno sgarbato grazie per poi girarle le spalle e
ritornare verso il suo posto.

Quando si sedette, Ron, vedendola cosi infuriata, le chiese


cosa le fosse capitato. E questo fu l'errore peggiore che potesse
fare visto che lei lo investì con una serie di aermazioni di quelle
che nemmeno Ron stesso avrebbe saputo tirar fuori.

Alla ne intervenne Harry Calmati Hermione qui nessuno


ce l'ha con te. Ron ti ha solo chiesto cosa avevi. . . sei atterrata su
quel tavolo come un gufo inferocito! A quel punto Hermione,
che ormai aveva sbollito con Ron, fece un profondo respiro e
raccontò cosa le fosse appena accaduto.

Vedi che avevo ragione io! Puah, le americane! Solo per-


ché sono così carine si credono chissà chi! sbottò Ron, ammic-
cando in direzione dell'amico. Hermione gli lanciò un'occhia-
taccia e lui si arettò ad aggiungere Stupide biondine, senza
cervello. . .  salvandosi con queste ultime parole da un'ennesima
sfuriata della ragazza.

Bene, vediamo questo articolo che le ha agitate tanto!


disse Harry.

Hermione allora aprì il giornale mettendolo in mezzo. Già


leggendo le prime righe, fu come se fossero stati colpiti da una
serie di Stupecium.

236
RITA SKEETER AGGREDITA A HOGWARTS
NELL'IMMINENZA DELL'USCITA DEL SUO
NUOVO LIBRO.

Ieri pomeriggio (1° settembre) una strana vicenda ha visto


coinvolta la nota giornalista Rita Skeeter. L' intrepida reporter
è stata brutalmente aggredita da due non meglio identicati in-
dividui di cui non possiamo citare i nomi ma che chiameremo
A.M. e R.B. (sigle che, ad esempio, potrebbe stare per Augustus
Merlin e Regis Bloodhound) spacciatisi per Auror durante una
delle sue ricerche per scoprire cosa bolle nel pentolone di Hog-
warts. In esclusiva al nostro giornale, la Skeeter, ha accettato
di darci la sua versione.
Carissima Rita, vuoi raccontarci come si sono svolti i fatti?
Quei due bestioni mi hanno inseguita senza ritegno ridendo
spregevolmente di me, una povera donna indifesa fra le grine di
due mostri. Io non mi sono persa d'animo ma, dopo una rocam-
bolesca fuga, sono purtroppo nita malamente per colpa di quel
mezzo gigante del guardiacaccia, che mi ha ostacolata ponendo-
mi innanzi dei brutti mostri enormi e artigliati, che, subito, mi
hanno aggredito e, se non fosse stato per la mia bravura come
fattucchiera, sarei morta. Avete capito bene sarei morta!
Dicevo, dopo la rocambolesca fuga, nella quale mi sono di-
fesa con unghie, denti e pennini, quando ormai non avevo più
speranze, mi sono fermata e, forte della mia penna e del mio
taccuino, li ho minacciati di rovinarli se mi avessero toccato,
ma i due mostri dicendomi che erano Auror - cosa che io dubito
grandemente visto che non mi hanno mostrato alcun distintivo
- mi hanno strattonato malamente per poi sbattermi fuori della

237
scuola, senza rispettare i miei diritti di giornalista e reporter
della verità.
Tutto questo mi pone una serie inquietante di domande: co-
sa facevano, se era vero, due Auror ad Hogwarts? Cosa combina
il ministero? C'entra l'indagine su Piton? Il ministero sta na-
scondendo troppe cose, cosa c'entrano gli americani? Io, statene
sicuri miei assidui lettori, lo scoprirò, a costo di dover scrivere
un nuovo libro.
Queste sono le inquietanti rivelazioni della giornalista d'in-
chiesta per antonomasia.
Le domande che si pone la nostra beneamata Rita Skeeter,
sono alimentate da strani fatti, infatti, come già anticipato da
lei stessa, pare che presso il Ministero della Magia, si stiano
raccogliendo documentazioni e testimonianze atte a stabilire chi
fosse veramente il prof. Severus Piton, defunto, nel corso della
ormai leggendaria battaglia di Hogwarts, sembra, per mano di
Colui-Che-Non-Deve-essere-Nominato.
Ma allora è per questo che la giornalista è stata aggredita?
Chiediamolo a lei stessa.
Ma mi sembra chiaro, no? È ormai prossima la pubblica-
zione del mio ultimo sforzo editoriale ed è palese che qualcuno
cerchi di tapparmi la bocca! I poteri forti non vogliono che
ciò che ho scoperto venga messo a disposizione dell'opinione
pubblica perché sanno quanto credito io abbia nei confronti dei
miei aezionati lettori. Ma io non ci sto! Ed è per questo che
voglio già da subito, prima che mi accada qualcosa di peggio,
pubblicare su questo giornale che mi ospita (Settimanale delle
Streghe N.d.R.), che oramai è uno degli ultimi giornali liberi in
circolazione, un piccolo estratto del mio lavoro.

238
Ed è con grandissima gioia, cari ed assidui lettori, che, solo
per voi in esclusiva, presentiamo un primo estratto dal nuovo
futuro bestseller dell'accattivante e biondissima Rita Skeeter:
Severus Piton: Santo o Canaglia?. La celebre giornalista e la
sua penna stregata si sono subite rimesse a lavoro dopo l'enorme
successo e prestigio conseguito con il romanzo Vita e menzogne
di Albus Silente, libro che ha provocato sconcerto e scalpore
in tutto il mondo magico. Quali segreti oscuri, scheletri nell'ar-
madio o sorelle Magonò (vedi biograa Silente) sarà riuscita a
scovare questa volta l'infallibile Rita? Ebbene lei stessa ci ha
rivelato che si è completamente immersa nella vita dell'ex pro-
fessore e preside della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts
per quasi 5 mesi, con l'intenzione di far luce su questo contro-
verso personaggio.

PITON: SANTO O CANAGLIA?


DI RITA SKEETER

Prefazione

Se vi dicessi che sul suo naso si potrebbe applicare il teorema


di Pitagora, che il suo peggior nemico è lo shampoo, e che ha
tatuato sul braccio sinistro il marchio nero, ma che nonostante
ciò Albus Silente non ha mai voluto mettere in discussione la
sua lealtà, riuscireste a capire di chi sto parlando? Be', se dopo
tutti questi indizi non si è, all'istante, creata nella vostra mente
l'immagine di Severus Piton, dovreste fare una visitina al San
Mungo, gente!

239
Ebbene sì, cari lettori, io, Rita Skeeter, armata soltanto del-
la mia penna, della mia determinazione fuori dal comune e della
mia curiosità morbosa, ho voluto fare un immenso favore alla
comunità magica scrivendo questo libro. In questa nuova biogra-
a, infatti, potrete trovare tutte le risposte alle domande che da
tempo vi perseguitano. Ma non pensiate che, nito di leggere,
resterete indierenti: Severus Piton ha molti segreti, tanti che
non si potrebbero nascondere tutti neanche nel suo immenso na-
so, e non sono tutti segreti innocenti! Ricavare le informazioni
qui contenute è stato, lo ammetto, per me estremamente arduo.
Piton, infatti, non era certo quello che si dice un simpaticone,
e per questo non ha molti amici che possano ricordare la sua
vita.
Le testimonianze della sua infanzia mi sono per lo più state
condate da Barny Boozle, ex addetto alla manutenzione magi-
ca ormai in pensione, attualmente ancora residente in Spinner's
End, quartiere in cui abitava una volta il nostro già citato uomo
dal prolo asimmetrico. Per quanto riguarda gli anni trascor-
si a scuola, diciamo che molti di coloro che hanno conosciuto
Piton durante i sette anni a Hogwarts, o sono stati rinchiusi
ad Azkaban con l'accusa di essere Mangiamorte, oppure sono
ragazzi che lo ricordano principalmente come un tipo bizzarro
o, per citare le parole di Arthur Snogdrow, Un pazzo che aveva
più forfora che capelli!
Per ciò che concerne la sua relazione con il potere oscuro, il
professor Severus Piton, secondo informazioni raccolte da fonti
ineccepibili (com'è mia consuetudine), è stato uno dei primi Ma-
ghi Oscuri che giurarono fedeltà a Lord Voldemort (ormai pos-
siamo nominarlo senza paura), noti, appunto, al mondo magico

240
come Mangiamorte, per quanto, almeno secondo testimonianze
raccolte da varie fonti (non ultime, le stesse dichiarazioni rese
dall'Eroe di Hogwarts, il sig. Harry Potter) sui giuramenti di
fedeltà di Piton, ci sarebbe molto da discutere.
Infatti, sono talmente tante e contrastanti le testimonianze
relative al doppio gioco di Piton eettuato alternativamente in
favore dell'una o dell'altra fazione, che, suppongo, avesse quan-
tomeno bisogno di una ricordella per rammentarsi per chi stes-
se eettivamente lavorando in ogni momento della sua ambigua
carriera!
Suscita inoltre perplessità, l'accanimento dimostrato proprio
dal Sig. Harry Potter (che più di ogni altro ha subito continue
angherie nel corso della sua carriera scolastica), nei confronti
del prof. Severus Piton.
In proposito, il libro che vi sto presentando con questa breve
recensione, proseguendo, secondo il mio stile, nell'accanita ri-
cerca della verità - per quanto spiacevole questa possa sembrare
- indagherà su possibili ambigui sviluppi nella vicenda, scavando
nella vita del giovane Piton.
La mia sorprendente abilità nello scovare le fonti più im-
probabili, mi ha infatti permesso di ottenere dichiarazioni dalla
Sig.ra Petunia Evans in Dursley (sorella della madre del sig.
Harry Potter). Seguendo tale fonte, ci sarebbe stata una re-
lazione tra quell'orribile ragazzo (così viene denito da lei il
Prof. Severus Piton) e sua sorella Lily Evans.
Ciò ci porta a formulare, ed a raccogliere di conseguenza
le relative prove, delle ipotetiche spiegazioni del diverso atteg-
giamento del sig. Harry Potter verso il prima tanto odiato e
detestato, e poi difeso strenuamente, professor Severus Piton.

241
In fondo, come recita un vecchio proverbio latino di origini
babbane:
Mater semper certa est, pater nunquam (la madre è sem-
pre sicura, il padre, invece no).

Queste sono solo poche righe dello stuzzicante libro della Skee-
ter, ma chi ha avuto la grandissima fortuna di leggerlo in ante-
prima, ci assicura che il resto supera di gran lunga le aspettative
del lettore! Per questo, se non volete che il giornalismo libero
sia imbavagliato, assicuratevi sin d'ora la vostra personale copia
di Piton: Santo o Canaglia?, compilando il tagliando di pre-
notazione a pag 12 e inviandolo via gufo al Ghirigoro, Diagon
Alley, Londra.

Questa la sigillo a vita in un barattolo, se mi capita a tiro!


esclamò Hermione a denti stretti, osservando Harry, che non riu-
sciva proferire parola, sopraatto come era dalla rabbia. Dopo
la Battaglia di Hogwarts, persino La Gazzetta del Profeta non
la stava più a sentire! E invece lei ha scritto un'altra schifezza
di libro!.
Sarà vero che è stata aggredita? chiese Ron.
Ma Ron! lo riprese Ginny Ti sembra che gli Auror vadano
in giro ad aggredire le vecchiette? E poi ha citato anche Hagrid
. . . .
Quello che è sicuro è che ha sfruttato la vicenda per farsi
un'immensa pubblicità! concluse Hermione. E tu, Harry, cosa
ne pensi?.
Harry la guardò, poi, quasi sconsolato scuotendo la testa,
aermò Cosa vuoi che pensi? Piton non ha nessuno che lo di-

242
fenda, è normale che prima o poi sarebbe uscito qualcuno che
avrebbe approttato dell'occasione e, detto tra noi, chi è più
qualicata di quello scarafaggio della Skeeter, per farlo? men-
tre diceva questo, il ragazzo si guardava intorno quasi che la
soluzione si trovasse tra le stoviglie sul tavolo.
In realtà non gli importava un co secco della Skeeter. Quello
che gli stava a cuore era Piton. Solo la sera prima aveva scoperto
che non c'era il suo ritratto e, ora, un libro gettava ulteriore
fango su di lui.
Allora, si rese conto che non aveva ancora avuto modo di
raccontare agli amici ciò che gli era successo la sera precedente.
Disse loro di come avesse cercato di nascondere la bacchetta e
di come il professor Uglick lo avesse fermato.
Ma Harry, disse Hermione, sei stato un pazzo ad agire
così. Avremmo dovuto preparare un piano, considerare le varia
possibilità. . . E poi come avresti fatto ad aprire la tomba?.
Hermione aveva perfettamente ragione, dopotutto era lei la
parte razionale del gruppo.
Hai ragione, ma mi era sembrata una buona occasione. . . .
La prossima volta dovremmo studiare un piano più preci-
so! concluse Hermione.
Poi, Harry, racconto dell'assenza del quadro di Piton dall'uf-
cio della preside.
Caspita!, esclamò Ron.
Ma allora la Sketeer avrà vita facile! esclamò Hermione.
Harry sapeva che doveva fare qualcosa per risolvere la fac-
cenda, ma non credeva di dover fare così in fretta. Se la Skee-
ter riusciva a farsi ulteriore pubblicità nessuno avrebbe potuto
fermarla, doveva trovare una soluzione.

243
Poi Ron, cercando di risollevare il morale generale, puntò la
bacchetta su Il Settimanle delle Streghe e lo fece sollevare in aria.
Dopo qualche istante una pioggia di coriandoli bianchi iniziò a
cadere sopra le loro teste. Ron sorrise soddisfatto: Intanto il
giornale ha avuto ciò che si meritava! poi slò qualche foglio da
La Gazzetta del Profeta e se lo aprì davanti. Mago Sport Oggi,
l'inserto sportivo del Profeta: queste sono letture interessanti!
disse prima di immergersi nella lettura del Quidditch-mercato.

Solo stracciando il giornale non è che risolviamo molto


puntualizzò Hermione , dovremmo fare qualcosa di più.

Hai ragione disse Ginny, solo che. . . solo che mi suona


così strano difendere Piton!.

Harry guardò la ragazza, non poteva darle certo torto. Piton


aveva reso la vita di tutti un inferno pur se con nobili intenzioni,
poi fu colpito da una delle sue famosi intuizioni, Ron potresti
passarmi un attimo il giornale, disse mentre lo strappava dalle
mani di Ron, che ricambiò con un'occhiataccia piena di proteste.

Hermione lo guardò stranita Ma. . . come fai a pensare alle


classiche del Quidditch, mentre parliamo di cose così serie?.

Ma Harry pareva distratto mentre sfogliava rapidamente le


pagine, Scusa devo solo controllare una cosa che mi sembra
di aver letto tempo fa Harry sfoglio animosamente il giornale
nché non trovò ciò che cercava, Eccolo! Avevo letto bene. . . sì
mi pareva . . .  parlava più a se stesso che ai compagni. Adesso
possiamo andare a lezione! disse chiudendo il giornale.

Lo sai che sei strano, vero? gli chiese ironicamente Her-
mione ma, prima che Harry potesse intervenire per dare una
qualche spiegazione, intervenne Ron Bah! Per te sono tutti

244
strani: solo perché uno dà un'occhiata al giornale sportivo non
deve mica essere ricoverato al San Mungo!.
Certo, se sono tutti asini come te, è impossibile curarli!.
A quel punto i due incominciarono una delle loro tediose
discussioni e Harry rinunciò a spiegare il suo piano. Poi, era
meglio non immischiare gli amici, in n dei conti non sapeva
che sviluppi avrebbe portato la sua idea e quali conseguenze. Si
alzò in piedi sgranchendosi le gambe e, proprio in quel momen-
to, la professoressa Sinistra, che evidentemente aveva nito la
distribuzione degli orari, camminò verso di lui.
Potter, stavo dimenticando una cosa! Come ti ho avvisato
per iscritto, sei stato nominato capitano della squadra di Grifon-
doro. Lo so che è inutile che lo dica, ma come mio primo anno
da Direttrice non voglio che la squadra faccia brutte gure! Mi
raccomando, vedi di mettere insieme un buon gruppo!.
Non si preoccupi, professoressa, rispose, vedrà che dare-
mo tutti il massimo!.
Ci conto lo congedò la professoressa.
Ragazzi è tardi, dobbiamo andare alla serra sette per la
lezione: siamo già in ritardo, disse Hermione.
Harry salutò Ginny con un bacio e poi i tre si diressero verso
l'uscita.
Arrivarono alle serre in leggero ritardo, ma la Sprite non
disse niente.
Essere eroi certe volte aiuta! commentò sarcastico Ron,
cosa che gli fece guadagnare una delle solite occhiatacce gelide
di Hermione.
Benvenuti a tutti cari ragazzi esordì la Sprite sempre con
quel suo sorriso radioso che metteva di buon umore, Harry la

245
osservò mentre introduceva la lezione vestita sempre con abiti
pieni di terra e le unghie perennemente nere e con quel suo ca-
pello talmente liso che non si capiva come faceva a stare diritto.
Eppure non aveva mai sentito nessuno fare commenti su di lei;
per giunta la classe rimaneva sempre attenta senza che lei al-
zasse mai la voce. Era incredibile, nonostante la sua discreta
mole faceva tutto con estrema leggiadria. . . era bello che certe
cose non fossero cambiate.
Dopo una breve introduzione sull'anno scolastico e sull'im-
portanza dei M.A.G.O. e aver chiarito che dai suoi allievi si
aspettava non meno di un O, iniziò la lezione.
Sapete, quest'anno studieremo cose stupende, parteciperete
ad esperimenti mai tentati su questo emisfero e, forse, creere-
mo una nuova specie, le premesse erano molto interessanti e gli
studenti parevano assai incuriositi, Allora, cosa potrei farvi ve-
dere come succoso antipasto di quello che vi aspetta quest'anno
. . . , la Sprite parve pensarci un po' su, come se avesse qualche
dubbio, anche se a Harry e Hermione sembrò una mossa studiata
per catturare la loro attenzione, poi disse Ah! Ecco. . . ci sono,
si girò, tracò dentro uno strano armadio e ne estrasse un vaso
con un ore di un bianco quasi accecante. Intorno al ore pareva
ci fosse una strana aura luminescente, Ragazzi vi presento la
Phalaenopsis aectus-animi o, più volgarmente, Orchidea delle
Emozioni, a quelle parole tutta la classe all'unisono emise un
Ooooohh!.
La professoressa Sprite, compiaciuta, continuò Sapete, è
molto rara, e per ora non si è ancora riusciti a farla riprodur-
re in questo emisfero. Ma ovviamente la sua particolarità non
è questa. Il fatto straordinario è che, chiunque si avvicini alla

246
pianta, trasmette involontariamente le sue emozioni, facendo-
la cambiare di colore. In Asia, luogo in cui ha origine, è usata
esclusivamente dagli Auror allo stesso modo della macchina della
verità dei Babbani ma, a dierenza di quella, la pianta è infal-
libile. Non può essere imbrogliata come i Legilimens o alterata
con un antidoto come il Veritaserum. Insomma è la perfetta
macchina della verità.

Ma perché studiamo questa pianta se è così preziosa da


essere usata solo dagli Auror? domandò Hermione perplessa.

Ottima domanda, cinque punti per Grifondoro disse la


Sprite scatenando l'entusiasmo dei componenti di Grifondoro -
compresi gli americani che ne facevano parte - per la conquista
dei primi punti dell'anno.

Dopo molte dicoltà, il ministero è riuscito a mettere mano


su alcuni esemplari, e ha deciso di cercare di farla riprodurre per
poter usare le sue fantastiche peculiarità. Così ne è stato dato
un esemplare ad ogni luogo in cui fosse possibile uno studio
ed eventuale riproduzione, e, come voi sapete bene, Hogwarts
da sempre è stata all'avanguardia in questo campo e io, come
responsabile di questa disciplina ho deciso di farne materia di
studio spiegò soddisfatta.

Ora la farò passare tra di voi, così noterete come cambierà


colore in base all'umore e al carattere di chi gli sarà vicino.

A quel punto tutti i ragazzi, uno a uno, poterono sperimen-


tare gli eetti della pianta. Era incredibile: passava dal giallo
al rosa o dal verde al rosso, così morbidamente che era impos-
sibile rendersi conto quando eettivamente mutava colore. Era
la cosa più spettacolare che gli studenti avessero visto ultima-

247
mente. Anche gli americani rimasero estasiati considerando che
il profumo del ore predisponeva la persona vicina ad aprirsi.
Lip Styk, una ragazza americana piena di piercing e con
la divisa della scuola visibilmente accorciata, emise dei risolini
ultrasonici quando la pianta, nelle sue mani, diventò di un rosa
shocking quasi fosforescente.
È un colore troppo glamour! Cosa vuol dire prof ? doman-
dò sistemandosi una ciocca di capelli davanti agli occhi.
Be', non conosco tutti i colori a memoria disse la Sprite un
po' imbarazzata Ma mi sembra che il rosa, quando raggiunge
quella tonalità, sia segno di eccessiva stupi. . . frivolezza.
Oh, fantastico! disse lei tutta contenta, passando la pianta
a Ron che sghignazzava apertamente.
La pianta divenne di un caldo blu con striature rosa pallide,
quasi gli stessi colori che erano apparsi pochi istanti prima anche
a Neville.
Poi la passò ad Hermione che gli stava accanto, e la pianta
divenne invece verde con macchie azzurre. Ma tutti quelli che
erano lì vicino avevano strabuzzato gli occhi, specialmente Ron.
Infatti, c'era stato un momento, un brevissimo istante, in cui
la pianta aveva virato al rosso scarlatto, con sottili venature
dorate.
Come mai è diventata rossa? domandò ancora Lip, masti-
cando una gomma in modo insolente.
È molto interessante quello che è successo! Prima la pianta
era intimamente legata al signor Weasley, ed esprimeva il suo
colore, pochi istanti dopo, invece, era espressione dell'anima del-
la signorina Granger. Ma c'è stato un momento in cui la pianta
è rimasta in bilico tra le due essenze, ed ha potuto trovare un

248
colore anche per quello stato. Ma questo è risultato possibile
solo perché tra le due anime esiste un collegamento.
Sì, ma perché ha assunto quel colore? chiese ancora la
ragazza americana.
Be', signorina, non servirebbe neanche aver letto il manuale
per interpretarlo! Insomma il rosso è universalmente riconosciu-
to come il colore dell'amore, in questo caso indica inequivoca-
bilmente il vero amore.
A quelle parole, Ron iniziò a cambiar colore; in eetti, lui
era una sorta di Orchidea delle Emozioni di sé stesso! La classe
iniziò a mormorare visibilmente. Le ragazze sospirarono beate,
mentre i ragazzi sorridevano sornioni. Fortunatamente per Ron,
il brusio venne presto interrotto dal suono della campana, la
lezione era nita.
Bene ragazzi nella prossima lezione termineremo il giro.
Preparate intanto almeno venti centimetri di pergamena sul-
l'argomento.
I ragazzi uscirono dalla serra commentando positivamente la
lezione e dirigendosi verso l'aula di Difesa Contro le Arti Oscure.
Ron, scuro in volto, fu il primo a scappare per non rischiare di
dover incrociare lo sguardo di Hermione. Harry, sorridendo,
dovette correre per raggiungerlo.
Quando arrivò davanti l'aula del professor Willis, c'era già un
folto gruppo di persone che, parlottando, si accalcavano ssando
un foglio appeso al muro.

A tutti gli studenti.


La lezione del 2 settembre di Difesa Contro le Arti
Oscure

249
si svolgerà presso il campo di Quidditch della scuola.
Non tardate.
Hudson Willis.

Wow, fece Ron forse non sarà così male!.


Penso proprio di no! esclamò Harry.
Ma una voce alle loro spalle dissentì. Non mi sembra un
modo serio di iniziare l'anno sentenziò Hermione storcendo il
naso.
Il gruppo raggiunse velocemente il campo esterno dove il
professor Willis li attendeva.
Era da molto tempo che Harry non ci entrava, si ricordò che
presto avrebbe dovuto anche occuparsi della squadra di Quiddit-
ch. Le partite sarebbero iniziate di lì a poco e, probabilmente,
già nei giorni successivi avrebbe dovuto fare le selezioni.
Venite, venite tutti avanti! li accolse il professore facendo
ampi gesti con le mani.
Il gruppo si raccolse intorno a lui. Indossava ancora il di-
sorientante vestito a righe bianche e nere sfarfallanti. In testa
teneva calcato il Cilindro Canterino. A vederlo adesso, non si
sarebbe mai detto che fosse diverso da qualsiasi altro copricapo;
ma solo ora capiva perché il professore non sostituiva quel vec-
chio e sgualcito cappello che stonava con il suo abbigliamento
sgargiantemente impeccabile.
Ormai mi conoscete tutti, comunque mi ripresento: io so-
no il professor Hudson Willis e per quest'anno sarò molto lieto
di essere il vostro professore di Difesa Contro le Arti Oscure.
Qualcuno di voi sa già qualcosa di me?.

250
Alle domande dei professori, normalmente era Hermione ad
alzare la mano pronta a snocciolare una risposta impeccabile.
Questa volta, paradossalmente, fu Ron a farsi notare con le
ginocchia che già tremavano e con una strana brama negli occhi.
Prego signor Weasley.
Be', lei è una leggenda, i Golden Chocolate hanno vinto
dieci titoli di lega americana consecutivi e in gran parte è me-
rito suo. Detiene il record di velocità su scopa, quello per i
maggior punti segnati in carriera ed è l'unico ad aver eseguito
trentacinque giri della morte consecutivi senza vomitare! disse
tutto d'un ato.
Hermione lo guardò con disapprovazione. Ah, se studias-
se con lo stesso impegno con cui si interessa di Quidditch. . . 
sussurrò ad Harry.
Bene signor Weasley! Però si è dimenticato qualcosa per
fare un quadro completo. Hyde?.
Harry sentì la voce del biondino dietro a lui Ha anche vinto
tre premi Scopa d'oro e il prestigioso premio Miglior Giocatore
di Quidditch al Mondo per due anni consecutivi disse come se
ormai conoscesse quella lastrocca a memoria.
Fino a quel momento Harry non si era minimamente accorto
che ci fosse anche lui in mezzo agli studenti, aveva il dono di
apparire quando meno lo si aspettava. Però, dopotutto, avrebbe
dovuto intuire che avrebbe frequentato le lezioni del professore
americano.
Mi pareva di aver dimenticato qualcosa! disse Ron sotto-
voce.
Il professore, poi, tese la mano in avanti senza dire niente.
Un Manico di Scopa arrivò con un veloce sibilo per fermarsi

251
nella sicura presa del professore. Era un modello vecchio e ma-
landato, di quelli che normalmente ammuvano nelle cantine
della scuola.

Il professore saltò rapido sulla scopa che prese il volo in un


batter di ciglia. Si esibì in una successione di rotazioni, giravolte
e picchiate. Poi salì in piedi sul manico rimanendo in equilibrio
e continuando a volare ad una velocità folle.

Dal gruppo si levarono urla di ammirazione e applausi nei


momenti più adrenalinici.

È incredibile! E per di più con quella scopa mezza rotta. . . 


disse Harry.

Ron era di anco a lui con la bocca spalancata.

Solo Hermione sembrava leggermente contrariata, probabil-


mente non riusciva a credere che la prima lezione di Difesa Con-
tro le Arti Oscure del settimo anno consistesse in un'esibizione
di volo.

Il professore salì alto nel cielo, poi si fermò un istante, portò


la scopa perpendicolare al terreno e si lasciò andare verso il
basso. Iniziò ad acquistare velocità, sempre di più. Si poteva
sentire il rumore della scopa che viaggiava fulminea.

Non accennava a rallentare anche se era sempre più vicino a


terra.

Una ragazza lanciò un gridolino impaurito.

Il professore dava l'impressione di schiantarsi, ormai stava a


pochi piedi dal suolo.

Harry portò le braccia davanti alla faccia allarmato da quello


che stava succedendo.

252
Improvvisamente, quando già sorava i li d'erba, la scopa
si fermò. Fino a quel momento aveva continuato ad accelerare
ma ora era immobile.

Il Manico di Scopa si inclinò tornando orizzontale. Il pro-


fessore scese sistemandosi i vestiti ma non il cilindro. Solo con
la magia si poteva spiegare come il cappello fosse rimasto in-
collato alla sua testa nonostante tutta quella serie di acrobazie.
Poi parlò con voce incredibilmente calma come se no a quel
momento fosse rimasto seduto a leggere.

Questo è un campo di Quidditch, e come i vostri compagni


ci hanno dimostrato all'inizio della lezione, la mia fama in tutto
il mondo si basa sui miei meriti sportivi. Adesso vi ho dato una
piccola dimostrazione delle mie abilità e spero vi abbia fatto
piacere.

Ebbene, questa è stata la prima e l'ultima volta che mi


vedrete volare. Il Quidditch è stato molto importante per me
ma non è stato tutta la mia vita. Ho frequentato la celeberrima
Scuola per Maghi e Streghe di Ozward diplomandomi con il
massimo dei voti in tutte le discipline e ho sempre continuato a
studiare anche mentre giocavo.

Ora era Hermione quella che sembrava più attenta.

Da sempre i miei studi si sono concentrati sulle Arti Oscure.


Da due anni, da quando ho lasciato lo sport, ho girato il mon-
do continuando ad aumentare il mio sapere. Penso, anzi sono
sicuro, che per voi non ci sia al mondo un insegnante migliore
di me in questo momento.

Allora, adesso possiamo iniziare la lezione. Detto questo


schiocco le dita e accanto a lui comparve un gigantesco map-

253
pamondo magico. Bene diamo un'occhiata a questo planisfe-
ro. . . .

Lo sapevo, lo sapevo, sapevo che andava a nire così


disse tra i denti Ron e non c'è nemmeno un banco su cui
appoggiarmi.

. . . voi avete conoscenza diretta solo della magia della nostra


parte del mondo. . . .

Non lamentarti, almeno non devi prendere appunti! gli


disse Harry.

. . . dovete sapere che, oltre a quella occidentale, di cui in-


dubbiamente Hogwarts è il tempio indiscusso, esistono altre cor-
renti di scuole di magia. E in ogni cultura magica purtroppo si
sono sviluppati dei cancri malvagi, quelli che noi chiamiamo ma-
gia oscura. Noi, in questo anno, cercheremo di studiarle un po'
tutte!!.

Sempre di meno mi piace questo Hudson Willis! sospirò


Ron a bassa voce.

Noi in America, continuò, abbiamo avuto la fortuna di


amalgamarci con le popolazioni locali precolombiane e con i ma-
ghi di origine africana. Durante le deportazioni degli schiavi,
molti maghi africani si sono lasciati deportare nel tentativo -
purtroppo vano - di liberarli o, quantomeno, di proteggerli . E
così siamo venuti in contatto con altre correnti magiche. Men-
tre parlava segnava con precisione i punti della terra da cui
provenivano i vari gruppi di maghi.

Ma professore, intervenne Hermione, alzando la mano se


queste forme di magia sono eettivamente più potenti e valide
della nostra, perché non studiamo direttamente queste?.

254
Non è esatto ciò che ha detto, Signorina Granger. Anche se
ha posto un'ottima domanda che, tra l'altro, mi fornisce l'occa-
sione per chiarire un concetto fondamentale, continuò il profes-
sor Willis, ossia che non esiste un tipo di magia che sia supe-
riore ad un'altro; è giusto, invece, considerarle complementari:
ci sono cose dicili od impossibili da ottenere con la magia tra-
dizionale, che, magari, possono essere sbrigate tranquillamente
con l'incanto creato da uno stregone degli altopiani o di qualche
sperduta isola del Pacico! Dobbiamo, insomma, avere l'umiltà
di ammettere di non essere noi gli unici ed assoluti depositari
del sapere magico!.
Senti chi parla di umiltà! commentò di nuovo Ron,.
E poi, non tutti i Maghi Oscuri che potreste dover aron-
tare in futuro, provengono da scuole di pensiero Occidentale,
continuò il professor Willis per cui è necessario che vi docu-
mentiate opportunamente su tutto ciò che potreste trovare, al
di là delle mura di Hogwarts! Ci sono persone malvagie che
commettono eeratezze in ogni momento e in ogni luogo . . . .
È vero, professore! intervenne una graziosa ragazza di co-
lore, con una acconciatura a treccine Dalle mie parti, vicino
New Orleans, si racconta ancora oggi la storia di una famiglia
sterminata per rappresaglia da un Mago Oscuro del luogo. Pen-
sate che i due maghi uccisi erano due Auror dell'MBI. Nello
scontro è morta anche la loro glia più grande mentre del glio
piccolo non si è saputo più nient . . . .
Grazie, grazie, signorina Freebird incominciò il professor
Willis, ci ha fornito un esempio molto interessante di quello che
dicevo, ma non è questa la sede per raccontare questi spiacevoli
fatti di cronaca.

255
Neville e Harry, a quel racconto, ebbero un brivido: quan-
to rassomigliava alla loro, quella storia appena accennata dal
professor Willis e da Clarice!
In qualche modo, il racconto, aveva indotto Harry a fare delle
considerazioni sui nuovi compagni: In fondo, pensò tra sé e sé,
questi americani sono come noi, con storie analoghe alle nostre:
tra loro ci sono buoni e cattivi; l'unica vera dierenza è che sono
nati dall'altra parte dell'Oceano, ed hanno altre abitudini, a cui
ci dovremo abituare. . . Certo che se facessero un piccolo sforzo
anche loro!
Casualmente, mentre era assorto in questi pensieri, portò lo
sguardo su Bryan Hyde e notò che aveva abbandonato la sua
eterna espressione di impassibile ironia: in qualche modo, dopo
l'intervento di Clarice, si era incupito. Per un momento ad
Harry parve di vedere gli occhi di Hyde farsi lucidi, prima che
questi li sfregasse vigorosamente. Probabilmente era solo colpa
del vento, che in quella giornata era carico del polline degli alberi
di Hogwarts.
Subito la voce del professor Hudson Willis riportò sia lui
sia gli altri al presente: Per concludere l'argomento, vi pre-
annuncio sin da ora che le lezioni teoriche saranno intervallate
da sedute di duello, nelle quali, oltre ad esercitarvi su incan-
ti particolari, come avete fatto sino ad ora, verranno eettuati
duelli magici a tema libero, durante le quali dovrete arontare
il vostro avversario utilizzando tecniche di vostra scelta, esclusi,
ovviamente, gli anatemi senza perdono. A questo punto il
professor Willis fece una breve pausa, dopodiché concluse: A
meno che non vogliate tentare di liberarvi del vostro insegnan-
te, visto che, almeno per i primi tempi, il vostro avversario sarò

256
io!.
A questa battuta del professore, una risata si levò unanime
dalla folla degli studenti.
Bene ragazzi, per oggi basta. Spero vi siate goduti questo
bel sole dato che d'ora in poi dovremo rimanere chiusi in aula!
Per la prossima lezione vorrei che sceglieste uno degli argomenti
trattati oggi e lo approfondiste. Diciamo che un rotolo di perga-
mena di venti, no venticinque centimetri possa andar bene come
prima volta.
Il professore non smetteva mai di stupire, la prima impres-
sione era stata pessima: un pallone gonato egocentrico. E
quello rimaneva un aspetto del suo carattere. Poi sul treno ave-
va mostrato la sua grande dote magica. Ed oggi era passato
dalle acrobazie sulla scopa ad una dettagliata lezione sulle ma-
gie oscure. Sbruone, potente mago, grande volatore e bravo
professore. Qual era il vero Hudson Willis?
Il mappamondo che stava ancora al suo anco scoppiò come
una bolla di sapone e il professore dichiarò conclusa la lezione.
Uno dei miei idoli del Quidditch ora è un professore rom-
piscatole! Ma perché è dovuto succedere? si domandò retori-
camente Ron.
I ragazzi uscirono dal campo di Quidditch commentando la
lezione e dirigendosi verso la Sala Grande.
Quando arrivarono, il pranzo era già cominciato. Harry, Her-
mione e Ron si diressero verso Ginny, che gli aveva tenuto il po-
sto, Sono così aamato che mangerei un ippogrifo! La lezione
mi ha messo fame disse allegro Ron.
Ginny subito lo punzecchiò È da quando sono nata che a
te qualsiasi cosa fai ti mette fame! subito un'allegra risata si

257
allargò fra i commensali, persino Ron, nonostante fosse punto
sul vivo non si fece rovinare il buon umore.

258
Capitolo 12

LA PRIMA STELLA

Il giorno seguente, Harry si svegliò molto presto a causa di Ron,


che continuava a fare i soliti sogni sulla sua amata Hermione.
In alcuni momenti il ragazzo fu addirittura costretto a inlar-
si il pugno in bocca per non ridere a causa dell'eccessiva foga
dell'amico.
Harry pensò alla giornata precedente, al momento d'imba-
razzo tra Ron e Hermione durante Erbologia e alla lezione del
professor Willis, che non riusciva ancora a inquadrare bene. In-
somma, sapeva il fatto suo, ma lui proprio non riusciva a capire
se gli stesse simpatico o meno . . . più o meno la stessa sensazione
che aveva provato due anni prima con il professor Lumacorno.
Da quel che capiva era l'unico ad essere sveglio nella camera.
Anche Hyde ronfava sonoramente, facendo concorrenza a Ron.
Bryan Hyde stava diventando il suo cruccio: in quel momento

259
avrebbe voluto svegliarlo, prenderlo per il colletto e fargli un
paio di domande.

Accidenti a lui e a tutti i suoi compagni: come quella Hawaii,


una ragazza che, a quanto sembrava, la sapeva lunga. L'aveva
vista per la prima volta quella mattina, quando era passata con
il giornale in mano. Il giornale con cui era venuto a conoscenza
del libro su Piton, il libro con cui la Skeeter voleva screditare
l'uomo a cui Harry doveva tutto.

Harry si svegliò denitivamente. Il problema Piton andava


assolutamente risolto: sapeva che doveva fare qualcosa e aveva
già una certa idea, ma temeva che il Ministro avrebbe preferito
che agisse con maggior cautela. Per questo decise di tenere per
sé i suoi intenti.

Dopo essersi vestito in tutta fretta, uscì dal dormitorio, at-


traversò il ritratto della signora Grassa e corse a perdiato verso
la sua meta: la Guferia. Gli costava molto non dire quello che
stava facendo ai suoi amici, ma non voleva che fossero coinvolti
nelle polemiche che sarebbero sicuramente sorte.

Vi entrò ansimando per la corsa e si guardò intorno, tra


decine e decine di gu e civette che andavano e venivano e la
nevicata di piume che alzavano ad ogni battito d'ali; il suo oc-
chio si posò su un preciso punto della rastrelliera. Mancava una
cosa, una sola cosa, in tutto quel ritorno al passato: Edvige,
la sua candida civetta delle nevi; per Harry era stata un'amica,
sempre al suo anco, qualunque cosa accadesse e in quel mo-
mento il dolore per la sua perdita si acuì. Ricordava come fosse
ieri quando, sette anni prima a Diagon Alley, Hagrid gliel'aveva
regalata e lui, Harry, era rimasto senza ato nel vederla.

260
Si ridestò dai suoi pensieri nostalgici e, dopo aver scara-
bocchiato due righe su una pergamena (con una piuma auto-
inchiostrante che aveva preso l'abitudine di portarsi sempre die-
tro), scelse uno dei volatili della scuola e spedì un breve mes-
saggio. Sul fronte c'era scritto per A. J..

Una volta spedita la lettera si guardò intorno; la decisione


era presa e non si poteva tornare indietro, il destino ineluttabile
si era ormai messo in moto. Harry si sentì sollevato: una cosa in
meno a cui pensare. Tornò alla torre di Grifondoro rimuginando
ancora su quell'annosa situazione A anco del letto vide Snitch
che dormiva teneramente: l'aveva un po' trascurato negli ultimi
tempi. Lo raccolse per portarlo a letto con lui ma non fece
in tempo a sistemare il cuscino che improvvisamente la stanza
iniziò a girargli intorno. Perse il contatto con la realtà.

Tutto si fece bianco e luminoso. Sentiva delle voci: quella


della McGranitt e quella di Vitious ma, pur guardandosi attor-
no, non riusciva a vedere nessuno. I professori, però, sembravano
agitati: doveva esserci qualcun altro, qualcuno contro cui stava-
no combattendo. A quel punto, davanti a lui, iniziò a formarsi
una sfera dai contorni indeniti che oscurava ogni cosa, come se
la luce non riuscisse a penetrarla.

Continuò a crescere davanti ai suoi occhi e poi iniziò ad avan-


zare verso di lui, ma Harry era incapace di muoversi. Si deli-
neò qualcosa di oscuro al suo interno, degli enormi tentacoli
neri che proruppero dalla sfera e si mossero sinuosi cercando di
raggiungerlo.

Harry non sapeva come difendersi. Estrasse la bacchet-


ta e iniziò a lanciare ogni sorta di incantesimo che gli venisse

261
in mente, ma nulla aveva eetto: i tentacoli continuavano ad
avvicinarsi.
Sentì una voce: Usa la luce!.
Non sapeva chi avesse parlato, ma ad un tratto seppe cosa
fare. Puntò la bacchetta e gridò: Refulgeo!.
Con stupore notò che la bacchetta che impugnava non era
la sua data bacchetta di agrifoglio, ma la Bacchetta di Sam-
buco. La luce iniziò a sprigionarsi con violenza, raggiungendo i
tentacoli che ora si ritraevano, respinti dall'incanto.
Harry si sentì scuotere violentemente.
Aprì gli occhi. Era nuovamente nella sua camera. In pie-
di accanto al letto c'era Bryan Hyde con i capelli arruati dal
sonno.
Ti senti bene? Che cavolo ti è preso? chiese l'americano.
Gr-zie. . .  fu la sola cosa che riuscì a biascicare, ancora
inebetito dalla visione.
E fai qualcosa per quella Puola. . . non ha una bella cera!.
Harry guardò Snitch: era nuovamente diventato arancione.
Ma ti sembra normale? È solo la prima settimana e sono
già indietro, come farò a continuare con questo ritmo? disse
Ron stressato mentre raccoglieva i suoi libri da un tavolo della
biblioteca. Era sabato sera: la settimana era trascorsa senza
altre novità da quando Harry aveva avuto quell'ultima e strana
visione, anche se lui e Ron erano già indietro con i compiti.
Impegnandoti di più e inlando nalmente il naso sui libri!
rispose acida Hermione.
Harry, che era in mezzo ai due, esclamò stizzito: Non inco-
minciate con i vostri soliti battibecchi, mi sembrava aveste fatto
pace. . . o era solo una breve tregua armata?.

262
Ron guardò in cagnesco l'amico e poi sbuò infastidito da
quella aermazione; anche Hermione guardò Harry ma dopo un
cenno diniego con la testa distolse lo sguardo.
E per di più oggi ci roviniamo il sabato sera per quella
lezione supplementare . . . .
Ma Ron. . . cosa dici? rimbeccò Hermione. Avremo l'oc-
casione di osservare un evento eccezionale! Sono settecento anni
che non succede. Ti rendi conto della fortuna che abbiamo? E
per di più potremo osservarla dalla Torre di Astronomia!.
La mattina precedente, infatti, era stato asso un avviso in
Sala Grande:

In occasione dell'irripetibile evento astronomico di sabato 5 set-


tembre, il suddetto giorno, alle ore 21, tutti gli studenti di Hog-
warts saranno invitati a partecipare nell'uscita collettiva nel par-
co del castello, accompagnati dai loro rispettivi insegnanti e pre-
fetti. Per gli studenti del sesto e settimo anno, invece, sarà
prevista una lezione aggiuntiva di approfondimento sulla Torre
di Astronomia, a cura della professoressa Sinistra. Per questi
ultimi, si prega di essere presenti, e soprattutto puntuali.
Minerva McGranitt,
PRESIDE DELLA SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA
DI HOGWARTS.

Appunto! Se abbiamo aspettato settecento anni, cosa cam-


biava qualche giorno in più? esclamò Ron mentre lasciavano la
biblioteca.
Poco dopo vennero raggiunti da Ginny che si accodò ai tre
verso la Sala Grande per la cena.

263
Allora com'è andata la giornata? Oggi per me è stata
magnica, ho avuto buone notizie. A proposito Hermione poi
ti dovrei parlare di una certa questione . . . . Harry la ssò
incuriosito mentre lei gli si avvinghiava al braccio.
Certo quando vuoi! rispose Hermione. Le due ebbero il
tipico fuggevole sguardo d'intesa tra ragazze che Harry non poté
non notare. Si chiese cosa stessero architettando quelle due e,
anticipando Ron, che stava per aprire bocca, chiese: Di che
questione devi parlare con Hermione?.
Ginny lo guardò con aria divertita. Oh, niente. . . cose da
donne, roba che a voi non interesserebbe neanche fra un milione
di anni!.
Dopo aver cenato, i quattro si arettarono verso la Torre
di Astronomia; quando raggiunsero la cima della Torre, questa
era già colma di gente. Fino a quel momento Harry non ci
aveva pensato, ma era la prima volta che saliva lì da quando
Silente era morto. E lui non aveva potuto far niente per salvarlo
o, per meglio dire, Silente non gli aveva dato la possibilità di
intervenire: aveva messo la salvezza di Harry prima della sua
vita. Certo gli rimaneva poco da vivere ormai, solo qualche
mese. . . ma quanto valeva anche un solo giorno in più della vita
di Albus Silente?
Ma era inutile rimuginarci sopra: ormai quello che era suc-
cesso faceva parte del passato e quella era solo la Torre di
Astronomia.
Si riprese dai suoi pensieri distratto da un sonoro sbadiglio
di Ron.
A Harry, quella serata provocava sentimenti contrastanti: la
Torre di Astronomia non rievocava di certo piacevoli ricordi, ma

264
l'atmosfera di quella sera e la presenza di Ginny lì al suo anco
gli davano un senso di pace interiore che non provava da un po'
di tempo
Si sedettero a terra e la professoressa Sinistra iniziò a parlare.
Tutti stavano in silenzio ad ascoltarla. Un caldo benvenuto a
tutti voi! Sono davvero felice che siate qui! Sapete, questa
serata sarà particolarmente speciale per tutti noi: pochi maghi
e streghe hanno avuto la nostra stessa opportunità: stasera le
stelle avranno un ruolo importantissimo per noi: ci doneranno
qualcosa di. . . magico.
Peccato che il cielo sia velato! esclamò piano Harry. In
eetti una leggera coltre di nubi impediva una perfetta visuale
del cielo stellato. Non riusciremo a vedere molto. . . .
Oh, non credo! rispose Ginny.
Harry non capì cosa intendesse dire ma, in risposta, la pro-
fessoressa Sinistra alzò la bacchetta verso l'alto, mosse quasi
impercettibilmente le labbra e un piccolo mulinello di vento si
levò verso il cielo. Come una tromba d'aria al contrario, l'incan-
to iniziò progressivamente a spazzare il cielo disperdendo ogni
traccia di nubi e la volta celeste apparve in tutto il suo splen-
dore. La posizione di Hogwarts, lontana da ogni città, e il cielo
pulito dalla magia, mettevano i ragazzi davanti ad uno spettaco-
lo fantastico: miliardi di stelle risplendevano sopra le loro teste.
Tutti rimasero aascinati.
Harry guardò Ginny accanto a lui: al chiarore delle stelle era
ancora più bella. Purtroppo adesso che era iniziata la scuola
riuscivano a passare ben poco tempo insieme. E il prossimo
anno? pensò Harry: Ginny sarebbe stata ad Hogwarts e lui
chissà dove in giro per il mondo. Chissà come se la sarebbero

265
cavata. Magari poteva chiedere a Kingsley di metterlo con gli
Auror che sorvegliavano la scuola.
I suoi pensieri furono interrotti da alcune grida di stupo-
re: Guardate che bello! esclamò una ragazza del sesto anno,
indicando il cielo. Harry alzò lo sguardo e rimase aascinato:
uno splendido disegno di stelle emergeva dall'oscurità, trapunto
sulla volta celeste, e pareva riempire tutto il cielo con la sua
luminosità.
La professoressa Sinistra interruppe il brusio di ammirazione
che si era sparso fra i ragazzi Aascinante vero? esordì con
un sorriso sulle labbra.
Quella che vedete questa sera è una costellazione molto
importante per noi: in questo momento le stelle ci stanno rac-
contando qualcosa di meraviglioso, una storia che ha più di set-
tecento anni, una storia che, proprio fra poco, raggiungerà un
punto cardine della magia stessa. Questa è la costellazione del
Sagittario. La professoressa fece una breve pausa, scrutando
il cielo; evidentemente voleva approttare di quel momento per
accendere ancora di più la curiosità fra gli studenti. Ora vi
chiederete cosa c'entri il Sagittario in questa sera, e soprattutto
perché proprio questo segno.
Fin dall'antichità continuò, per gli uomini, il segno del
Sagittario è sempre stato simbolo di lotta, una lotta, se voglia-
mo, che va oltre i limiti terreni: una lotta che ha origine nella
mitologia, una lotta fra il Bene e il Male. Il suo nome, come spe-
ro che tutti sappiate, deriva dal latino sagitta, cioè freccia,
e, come ben vedete, la gura che si disegna con quelle stelle, è
proprio la gura di un arciere, più precisamente di un centauro,
armato di arco.

266
Gli antichi Babbani Greci ritenevano che questa gura fosse
un tale Crotus, il centauro che inventò l'arte del tiro con l'arco,
glio della nutrice delle Muse, le nove giovani patrone dell'Arte.
Secondo la mitologia, furono proprio le Muse a decidere di inse-
rire il centauro nella volta celeste, come segno eterno della sua
abilità nella caccia e del suo coraggio nel combattere i nemici;
e proprio questa sera accadrà un evento eccezionale, che, sette-
cento anni or sono, ha lasciato agli uomini una nuova speranza
di sconggere il Male.
Prima di spiegarvi l'evento eccezionale di questa sera, vor-
rei chiarirvi un po' le caratteristiche di questa costellazione. Oh,
non servirà spiegò ad una ragazza del sesto anno che si stava
avvicinando ad un telescopio. Stasera la costellazione si può
osservare benissimo ad occhio nudo! Come vedete disse, indi-
cando la grande gura dell'arciere che risplendeva nel cielo, il
Sagittario è facilmente riconoscibile dalle tre stelle fondamentali
che ne fanno parte: la Kaus Australis -e indicò con la bacchetta
la stella più in basso- la Kaus Media -e la puntò sulla stella poco
più in alto- e la Kaus Borealis disse, indicando inne la stella
più a sinistra.
Il termine Kaus non è un nome dato a caso, ma deriva
dall'arabo antico, e signica, appunto, arco spiegò, e fece con
la bacchetta un gesto che pareva unire le tre stelle.
Gli studenti, forse per la straordinarietà di quella serata, non
parevano aatto annoiati, ma, al contrario, seguivano la spie-
gazione con molto interesse, cosa che non accadeva quasi mai;
persino Ron, che prima pareva irritato alla prospettiva di quella
serata, era preso completamente da quelle parole, e spesso si
girava a guardare la costellazione, aascinato: le tre stelle indi-

267
cate dalla professoressa Sinistra erano, in qualche modo, diverse
dalle altre, e parevano circondate da un alone rossastro che le
rendeva diverse. Harry lo vide e accennò un sorriso.

Queste tre stelle continuò la professoressa, interrompendo


i pensieri di Harry, formano quella che da molti esperti - bab-
bani e maghi - viene denita la Teiera e che si trova proprio
al centro della nostra Galassia.

Le altre stelle del Sagittario, disse, facendo un gesto ampio


con la bacchetta, per indicare il resto della costellazione, sono
più - per così dire - mutevoli delle tre di cui vi ho appena parlato.

Nunki, la stella a sinistra della Kaus Borealis disse, pun-


tando la bacchetta su quella che pareva la stella più grande, al
centro della costellazione, ha un nome che per gli antichi ha il
signicato di prosperità, poiché proprio Nunki venne chiamata
una città sacra e orida sul ume Eufrate dagli antichi Babilo-
nesi spiegò ad un gruppo di studenti che ora non faceva altro
che ammirare insistentemente la volta celeste.

Poco più in basso di Nunki, si trova Axilla disse, abbassan-


do leggermente la bacchetta per indicare la stella. Il cui nome
signica ascella e, non a caso, rappresenta la parte più alta
del braccio del centauro, spiegò, poggiando l'altra mano sulla
parte inferiore della spalla, per far capire meglio agli studenti la
posizione della stella.

Più in alto di Nunki, invece disse, e indicò il punto lu-


minoso al di sopra della stella gigante, si trova Albaldah, una
stella molto grande e luminosa, ma con una densità bassissima
rispetto alle altre, poiché le sue particelle sono molto distanti
le une dalle altre: per questo non è eccezionalmente luminosa;

268
ma è comunque la stella che fa da cardine alla costellazione,
poiché è quella che si muove più lentamente di tutte.
Mentre la professoressa continuava la spiegazione, gli stu-
denti parevano ormai completamente assorti nei loro pensieri,
pensieri che evidentemente erano tutti rivolti a quella grande
gura splendente che sembrava guardarli dall'alto del cielo.
Ragazzi!! esclamò lei, interrompendo il momento di trance
degli studenti.
Le stelle sono aascinanti, ma tornate con i piedi per terra!
Sveglia! disse con un ampio sorriso, mentre i ragazzi ridacchia-
vano tra di loro. La professoressa fece per continuare la spiega-
zione, quando ad un tratto uno studente, che Harry riconobbe
per un americano, esclamò: Oh!! Che succede? puntando il
dito su una stella, la più a destra della costellazione.
Gli altri studenti alzarono lo sguardo e rimasero abbaglia-
ti: la stella indicata dal ragazzo ora emetteva strani bagliori
luminosissimi, rosso fuoco, e pareva che lampeggiasse nel cielo.
Harry rimase stupito: guardò Ginny accanto a lui, sorriden-
te, e la strinse forte a sé.
Dovremmo esserci quasi disse, con un sussurro, la profes-
soressa Sinistra, agli studenti che borbottavano fra di loro. Non
preoccupatevi ragazzi. Quella che avete appena visto spiegò,
è Al-Naslstellapunta della freccia.
Al-Nasl è una delle stelle più luminose di tutto il centro
della Galassia, perché è una stella primigenia spiegò con una
punta di emozione nella voce; a quelle parole, molti ragazzi ri-
masero perplessi: non avevano idea di cosa volessero dire quelle
parole, così lei, interpretando le espressioni sul loro volto, conti-
nuò: Per darvi una denizione più semplice, le stelle primigenie

269
non sono altro che le prime stelle. Stelle molto più grandi, mol-
to più dense e molto più forti delle altre; stelle che, dalla loro
creazione, non hanno perso una sola goccia di potere, e tuttora
continuano a preservarlo.
Non a caso, proprio Al-Nasl è stata ribattezzata con un al-
tro nome: Minami, che in giapponese antico signica appunto
prima stella. E' dalle stelle primigenie, come Minami, che vie-
ne la Magia spiegò la professoressa, facendo sussultare gli stu-
denti, eccitati, che cominciarono a bisbigliare tra di loro. Una
magia che però non è quella che utilizziamo noi con gli incante-
simi proseguì lei, interrompendo i brusii dei ragazzi, che non
ha nulla a che fare con la magia quotidiana. No: è una magia
con la emme maiuscola, una magia selvaggia, per così dire,
potentissima, incontrollata, allo stato primordiale e, cosa più
importante di tutte . . . innita.
Stasera disse con un' emozione ormai incontrollabile, la
Terra si troverà nel punto più vicino ad essa, come non si trova-
va da settecento anni, grazie al ciclo della Via Lattea, e allora
Minami ci donerà una magia straordinaria, benevola ed eccezio-
nalmente grande: farà rivivere, per così dire, le nostre bacchette,
dotandole di una piccola parte di questo suo potere.
Professoressa chiese intimidito un ragazzo del sesto anno,
ma. . . lei sa di preciso cosa accadrà fra poco? Voglio dire. . . che
eetti ha questa stella s-su di noi?.
La professoressa non rispose subito a quella domanda, tanta
era l'emozione per l'attesa di quel momento magico.
Nessuno lo sa con precisione: posso dire solo che le bac-
chette si uniranno in coro per ricevere quel potere straordina-
rio. Quelle parole furono seguite da mormorii di eccitazione

270
da parte dei ragazzi. Harry rimase immobile. . . Le bacchette si
sarebbero unite in coro per ricevere quel potere straordinario
pensò, ripetendo le parole della professoressa. Quasi mecca-
nicamente slò la sua bacchetta dalla veste e la ammirò alla
luce dei bagliori della stella primigenia: erano passati otto anni
da quando l'aveva impugnata per la prima volta da Olivander:
quante ne aveva passate. . . si era perno spezzata, l'anno prima,
nella casa di Bathilda; ricordò il dispiacere immenso che aveva
provato e quando, inne, l'aveva riaggiustata con la Bacchetta
di Sambuco ed era tornata come nuova, facendogli provare quel
piacevole calore alle dita.
E quella notte chissà cosa sarebbe accaduto.
Guardate. . . Minami! esclamò una ragazza, interrompen-
do i suoi ricordi, e tutti volsero lo sguardo verso la costellazione:
Minami aveva cominciato a risplendere sempre di più ed emana-
va bagliori ogni volta più luminosi; pareva gettare luce da ogni
parte, tanto grande era il suo potere, e sembrava addirittura che
fosse diventata più grande da quando l'avevano ammirata poco
prima. Molti studenti addirittura non riuscivano a resistere a
quella luce con lo sguardo, e dovettero coprirsi gli occhi. Con
loro grande stupore, i bagliori rossi cominciavano a schiarirsi
sempre di più: erano diventati arancioni, poi dorati, gialli. . .
In quel momento cominciò ad alzarsi il vento: un lieve e
innocente fruscio di vento lasciò man mano il posto a folate
sempre più forti che scompigliavano i capelli e le vesti degli stu-
denti e coprivano i loro mormorii di stupore; la professoressa
Sinistra, tuttavia, attendeva il momento in cui il potere avreb-
be raggiunto il culmine, immobile, tenendo lo sguardo sso su
Minami.

271
Che cos'è questo vento? chiese un ragazzo, intimorito.
È Minami, rispose la professoressa con un grande sorriso
sul volto.
I secondi passavano, ma il vento non accennava a calmarsi,
tutt'altro: dalla torre i ragazzi videro gli alberi della Foresta
agitarsi violentemente e persino la supercie del lago, che prima
era liscia come uno specchio, ora era increspata da piccole onde.
Poi, tutto si illuminò: Minami divenne di un bianco splendente,
più luminosa che mai, e rischiarò tutto l'orizzonte ed ogni singolo
particolare di quel paesaggio, come un piccolo sole notturno.
Tirate fuori le bacchette presto!, esclamò la professoressa
a voce alta, per coprire l'ululato del vento. I ragazzi slarono
velocemente le loro bacchette dalle vesti e le tennero ben strette
nella mano. All'improvviso, accadde: la bacchetta della profes-
soressa Sinistra, che lei teneva alta verso il cielo, cominciò ad
emanare bagliori di luce splendente, che rilucevano esattamente
come la stella nel cielo.
Guardate! esclamò la professoressa con un sorriso, ammi-
rando la propria bacchetta. E fu la volta delle altre: le bacchette
degli studenti cominciarono a risplendere anch'esse del potere
di Minami. Ad un tratto, da lontano, si sentì una strana ma
dolcissima melodia, lieve, profonda.
Le creature del lago spiegò la professoressa.
Questa melodia che sentite non è altro che un eetto del
potere di Minami che si ripercuote non solo sulle creature mari-
ne, ma anche sull'ambiente circostante: ascoltate disse, quasi
in un sussurro. La melodia delle creature, i versi degli altri ani-
mali della foresta, lo scrosciare delle onde sulla supercie del
lago e il frusciare del vento tra le fronde della Foresta rendevano

272
il momento eccezionale. Harry, come Ginny al suo anco, osser-
vava entusiasta la scena: anche le loro bacchette risplendevano,
e parevano essersi quasi unite in quello strano coro di luce.

È meraviglioso, disse Ginny, quasi in un sussurro, strin-


gendosi ad Harry. Ron ed Hermione, subito dietro di loro, erano
invece entrambi silenziosi: Hermione osservava ammirata la pro-
pria bacchetta, mentre Ron, al suo anco, non aveva occhi che
per lei. Harry sorrise, vedendo il proprio amico con quella strana
espressione ingenua sul volto. Non sapeva quanto tempo fosse
trascorso dall'inizio dell'evento, né quando sarebbe nito: tutto
pareva sfocato attorno a lui. . .

Non faceva altro che guardare Ginny lì accanto: alla luce


di Minami aveva acquistato qualcosa di meraviglioso che Harry
non sapeva spiegare. Provò un fortissimo desiderio di baciarla,
proprio lì sotto le stelle: non ci pensò due volte: avvicinò il suo
volto e la baciò. Avrebbe voluto che quel momento di estasi fosse
durato in eterno: lui e Ginny in quella serata magica con il vento
che le scompigliava i capelli e la melodia che lo accompagnava. . .

Quando si staccarono, le bacchette rilucevano di una luce


diversa.

Il potere sta diminuendo. . . osservate disse la professoressa


Sinistra.

Era vero: i bagliori di luce che scaturivano dalle bacchette


ora erano diventati dorati, poi arancioni.

Si sta ripetendo, al contrario, quel che poco fa abbiamo


visto accadere a Minami spiegò la professoressa a voce alta,
mentre il vento pareva diminuire. La luce delle bacchette cam-
biò: divenne prima di un rosso cremisi, poi di un rosso fuoco e

273
inne cominciò ad aevolirsi pian piano, sempre di più, nché
tutto non si spense.
I ragazzi erano ancora accecati da quella luce e dovettero
aspettare ancora qualche secondo per riabituare la vista all'o-
scurità della notte.
Minami sta tornando alla normalità sussurrò la profes-
soressa: la luce emanata dalla stella primigenia si aevolì no-
tevolmente, tornando di quel rosso fuoco di prima. La melo-
dia rallentò: ormai sembrava quasi una ninna-nanna cantata al
cielo.
Il vento diminuì la sua forza, ritornando una lieve e piacevole
brezza. Con grande stupore dei ragazzi, la costellazione del
Sagittario divenne di un piacevole rosso cremisi, illuminando la
volta celeste.
E' il potere di Minami spiegò la professoressa.
D'ora in poi, per molti anni, questa costellazione si presen-
terà a noi in questa nuova luce. Ma questo non è tutto: quello
che abbiamo visto stasera succederà ancora, nei prossimi mesi
Minami risplenderà così altre sei volte disse eccitata.
Davvero? fece Ginny.
Sì: si sa che settecento anni fa l'evento proseguì anche nei
mesi successivi alla prima apparizione di Minami per sette volte,
come sette sono le stelle della costellazione. Quindi credo che
avverrà così anche questa volta terminò sorridendo.
E tutto cessò.
Gli studenti e la professoressa si risistemarono le vesti scom-
pigliate dal vento.
Meraviglioso vero? disse la professoressa Sinistra. I ra-
gazzi risposero tutti con un sorriso e guardarono ammirati le

274
proprie bacchette: parevano emanare uno strano calore alle di-
ta, simile a quello che aveva provato Harry impugnando la sua
bacchetta appena riparata.
Credo davvero che questo sia tutto per stasera ragazzi. Non
dimenticate mai questi momenti, questa serata: tenetela sempre
con voi nei vostri ricordi più belli concluse la professoressa,
felice.
Bene. . . possiamo tornare giù adesso. È molto tardi conti-
nuò, avviandosi verso le scale. Ma improvvisamente Harry provò
uno strano senso di inquietudine, come un nodo allo stomaco.
Proprio in quel momento, nel buio pesto che avvolgeva Hog-
warts, uno strano bagliore verde rischiarò parte del cielo; si sentì
il rumore sordo di legno che si spaccava. Proveniva dal parco,
dalla sponda del lago.
Harry non ne era sicuro, ma qualcosa era scattato dentro
di lui; un campanello d'allarme gli diceva che c'era qualcosa di
strano: quello non era il bagliore di un comune incantesimo, era
certo fosse di un Avada Kedavra. Non era l'unico ad essersene
accorto: si voltò in cerca degli amici e dal loro sguardo capì che
erano giunti alla stessa conclusione.
Seguì rapidamente un bagliore rosso. Uno Schiantesimo,
pensò Harry. A quel punto, metà dei presenti era in piedi ap-
poggiata al parapetto, ma nell'oscurità non si riusciva a vedere
granché. Improvvisamente una luce bianca abbagliante riempì
il cielo. Poco prima di essere completamente accecato, Harry
distinse due sagome nel parco. Poi tutto si fece bianco e chiuse
gli occhi dal dolore.
Riordinò velocemente le idee, guardò le gure dei suoi amici
che pian piano si facevano più nitide, si scambiarono un cenno

275
d'intesa e si avviarono a scendere dalla Torre.
Mentre si muovevano scorse ancora qualche bagliore blu e
rosso e sentì la professoressa Sinistra che chiedeva loro dove
stessero andando, ma non l'ascoltarono e presero a scendere.
Erano quasi arrivati nell'atrio quando, voltando un angolo,
andarono quasi a sbattere contro una trafelata McGranitt.
Potter! esclamò.
Cosa sta succedendo, signora preside? chiese Hermione.
Non lo so di preciso: sto uscendo per accertarmene proprio
adesso. La sua voce leggermente alterata: non lasciava dubbio
che fosse capitato qualcosa di poco piacevole.
Venite anche voi così non dovrò preoccuparmi che mi se-
guiate di nascosto, creando ulteriori disagi. Quando la preside
diceva disagi, i quattro sapevano che nel suo linguaggio signi-
cava guai grossi, perciò senza alcun altro indugio, la seguirono
immediatamente.
Si stavano avviando verso il portone d'ingresso quando da-
vanti a loro si parò Vitious.
Minerva! ansimò. Ti stavo cercando. . . presto, sono en-
trati nella scuola. . . almeno uno di loro; due studenti lo hanno
visto che si dirigeva . . . . Prese ato. . . . verso la presidenza!.
Harry vide le narici della McGranitt fremere di rabbia: San-
to cielo Filius! esclamò. E dove sono gli Auror?.
Stanno arrivando Minerva. . . saranno qui tra poco!.
La McGranitt prese a salire la scalinata.
Voi restate qui! Non muovetevi, può essere pericoloso
ordinò decisa. Mentre già si allontanava col professor Vitious.
Pericoloso? pensò Harry. La preside non si ricordava che
solo cinque mesi prima, solo pochi metri più in là, si erano trovati

276
di fronte a Voldemort e decine di Mangiamorte? Harry pensò
un attimo e poi si rivolse agli amici. Bene, io li seguo. . . voi
restate qui in caso di pericolo . . . .
Fece per muoversi quando Ginny gli si parò davanti. Tu
non vai da nessuna parte! Non hai sentito la McGranitt?! disse
decisa.
Ron, equivocando quanto detto dalla sorella, continuò: Ha
ragione, Harry: ci muoviamo tutti o nessuno. Se vai tu vengo
anche io. Qualcuno dovrà coprirti le spalle. Parlò mostrando
il coraggio che tirava fuori solo nei momenti peggiori.
Hermione, sbottando in preda all'ansia, lo rimbeccò: Smet-
tila di dire stupidaggini, non era questo che intendeva dire tua
sorella! E poi dove vorresti andare, se non sai nemmeno con chi
ti dovrai confrontare?.
Nel suo tono c'era sincera preoccupazione, ma Ron parve
non coglierla: Ecco!! Io lo sapevo. . . mi ritieni un incapace! Lo
so che per te non sono mai all'altezza: io. . . io non sono Harry
o Krum! Comunque fatti dire una cosa . . . . Ma Hermione
avvampò facendo zittire il ragazzo: Sei uno stupido! Come al
solito non capisci niente: io sono preoccupata per te . . . .
Ma neanche lei riuscì a nire la frase perché Ginny si impose
su tutti. BASTA!! La volete piantare con i vostri battibecchi
e i vostri gesti eroici! ORA STATE ZITTI! Parlo io se non vi
dispiace!. La sua determinazione o forse il tono e la postura
simile a quelle di Molly fu tale da far zittire il gruppo all'istante.
Ginny, facendo un lungo respiro, guardò Harry negli occhi e
disse: Harry, ragiona un momento. . . perché credi che siano
entrati questi maghi? Non ti sembrerebbe prudente tenerti il
più lontano possibile? Io. . . io non voglio rischiare di perderti

277
ancora!. Nella oca luce del castello vide che ormai parlava
con gli occhi lucidi.
A Harry si strinse il cuore, combattuto com'era fra il suo
dovere come Auror e il suo amore per Ginny. Le mani comin-
ciarono a sudare, si sentiva stretto fra l'incudine e il martello,
lacerato da una battaglia interiore. Cosa fare? pensò. Il silenzio
si protrasse per qualche interminabile istante, mentre i due ra-
gazzi si guardavano sso negli occhi. Era un discorso di sguardi
quasi come se comunicassero a livello telepatico. Poi lui lasciò le
mani di lei e disse: Devo andare. . . . Lei lo ssò intensamente
e gli disse: Ti amo. Due parole bellissime che però in quel
momento non facevano altro che rendere più dicile per Harry
la decisione che aveva appena preso. Con un'ombra di amarez-
za in volto, le voltò le spalle e si diresse verso il corridoio della
presidenza seguito da Ron, senza neanche voltarsi per timore di
incrociare il suo sguardo. . .
I due ragazzi dopo aver lasciato Ginny e Hermione, si af-
frettarono a raggiungere i professori, entrambi presi dai loro
pensieri. Non impiegarono molto a raggiungere i professori,
attraversando i corridoi vuoti e silenziosi di Hogwarts a tutta
velocità.
La McGranitt e Vitious avanzarono cauti verso il gargoyle di
pietra, seguiti a breve distanza e furtivamente da Harry e Ron.
Sembrava non vi fosse nessuno, ma i due professori erano tesi
come corde di violino pronte a vibrare stuzzicate da un archetto.
Bacchette alla mano avanzavano un passo alla volta nel buio e
silenzioso corridoio.
Chi pensi che sia? chiese ad un tratto Ron con voce e-
bile all'orecchio di Harry. Questi, quasi senza pensare, rispose:

278
Forse gli stessi che ci hanno aggredito a Diagon Alley, o i due
che hanno fatto franare il costone . . . .

A meno che che non siano sempre gli stessi tutte le volte!
ribatté Ron. Harry rietté su quella possibilità e annuì in segno
di assenso mentre sommessamente diceva: Può essere . . . .

Ormai i professori avevano raggiunto il gargoyle, ma il cor-


ridoio sembrava deserto.

Minerva, qui non vedo nessuno. . . e se i due allievi si fossero


sbagliati? disse ad un tratto Vitious con voce bassa e tremante,
da cui traspariva la sua agitazione e il suo nervosismo.

Non lo so Filius. . . è vero che non abbiamo incontrato nes-


suno, ma la prudenza non è mai troppa. Inoltre non credo che
. . . . Le parole le morirono in gola. Improvvisamente, come
se fosse stato generato dallo stesso buio che gli stava intorno,
un essere incappucciato si parò loro innanzi. Non si riuscivano
quasi a distinguere le sue fattezze, tanto si confondevano con il
buio circostante; l'unica cosa che spiccava era lo strano meda-
glione che gli cingeva il collo, anche se, da dove si trovava Harry,
non lo si riusciva a vedere chiaramente. I due ragazzi si erano
accovacciati dietro un'armatura a una decina di passi dai loro
docenti, e da li assistevano a tutta la scena.

Bene bene. Finalmente è arrivato qualcuno ad aprirmi la


porta, questo stupido Gargoyle si riuta di farmi passare! disse
con uno strano accento dal sapore leggermente asiatico, ssando
con odio la statua di pietra. Fece una brevissima pausa e conti-
nuò: L'avrei fatto saltare, ma credo che ciò non mi garantisca
il passaggio! Ma adesso ci siete voi, dunque se cortesemente mi
faceste accomodare, ve ne sarei grato.

279
Vitious rimase interdetto di fronte a tutta quella sfacciatag-
gine e levò la bacchetta, pronto ad attaccare l'intruso; al con-
trario la McGranitt, anche se aveva la bacchetta levata e già
pronta a scagliare qualche incantesimo, decise di rispondere a
tono all'intruso: Sono Minerva McGranitt, preside di questa
scuola. . . spero per lei che abbia una buona spiegazione per la
sua presenza in questo corridoio, altrimenti non lascerò che fac-
cia un solo passo in più! Adesso si presenti, come conviene a chi
chiede ospitalità, anche se nel suo caso non si può certo parlare
di ospite gradito . . . .
Parlò a denti stretti mentre le labbra si facevano sottili. Alle
parole della McGranitt, Ron non poté trattenere un sorriso di
compiacimento e sussurrò nell'orecchio di Harry Adesso se la
squaglia come se avesse il fuoco alla coda della scopa.
Nel frattempo il misterioso e sgradito ospite controbatté. A
quanto vedo, Silente almeno l'umorismo è riuscito a insegnar-
glielo! Vediamo se ve la cavate con la bacchetta come con le
parole!.
A quel punto anche Vitious prese coraggio e disse: A meno
che lei non ci voglia sconggere a fanfaronate è meglio che la-
sciamo parlare le bacchette!. Le ultime parole uscirono un po'
acute dalla sua bocca, segno di un crescente nervosismo.
Toh! Ha parlato il criceto. . . parole grosse per una specie di
gnomo tutto agghindato La sua famiglia di roditori farà fatica a
riconoscerlo ora! lo schernì, dopo di che proruppe in una risata
maligna, pienamente soddisfatto del suo commento.
Harry iniziò a innervosirsi sentendo le ultime parole e quel
ghigno: non sopportava che qualcuno si facesse bee dei suoi
professori. . . ricordò per un momento il professor Vitious quan-

280
do, durante il quinto anno, lo premiò per il suo coraggio nel
rilasciare un' intervista su Voldemort sotto il naso della Um-
bridge consegnandogli una manciata di Api Frizzole in segreto
...
Anche Ron scalpitava e solo la mano di Harry sulla sua spalla
gli impedì di farsi scoprire.
Penso lei abbia capito che non è il benvenuto qui. . . o for-
se le mie allusioni non sono state chiare? Dunque glielo dico
chiaramente: sarebbe il caso che lei uscisse dalla mia scuola,
se poi non conosce la strada gliela posso insegnare io. . . magari
usando la mia bacchetta! Sa, giusto perché le rimanga bene
impresso nella mente. . . . Minerva McGranitt si erse in tutta
la sua statura, imperiosa e determinata. Bacchetta alla mano,
non intendeva più tollerare l'intruso, specialmente dopo ciò che
aveva detto a Vitious. Le labbra sottili, gli occhi puntati sulla
preda, non tremava, non fremeva. Era lì, imponente, pronta a
scattare al minimo sentore di movimento del mago.
L'intruso dallo strano accento parve stizzito dalla reazione
della preside e, convinto com'era della sua ineguagliabile supe-
riorità, volle chiudere la questione velocemente: Signori. . . mi
pare che il tempo per i convenevoli sia nito.
Vitious reagì tempestivamente erigendo una barriera che bloc-
cò l'incantesimo, un forte getto d'aria.
Allora sai anche fare le magie, gnomo? disse il mago oscu-
ro sogghignando. La sua risata si trasformò ben presto in un
ringhio, poiché dovette pararsi da una raca, all'apparenza ca-
suale, di Schiantesimi lanciati dalla McGranitt. I colpi pare-
vano aver mancato il bersaglio ma poi, dopo averlo superato,
convergevano verso di lui colpendolo da diverse angolazioni.

281
Il mago arretrò di qualche passo. Notevole, veramente note-
vole! disse bloccandoli tutti con un ampio gesto della bacchetta.
Poi incalzò: Rama Satsujin !. Alcune lame d'aria falciarono
il corridoio tranciando armature e statue. La McGranitt non
si fece spaventare e, dopo aver mormorato alcune parole, eresse
innanzi a sé un muro luminoso sul quale i colpi cozzarono come
un suono di gong senza nemmeno scalrlo. Il sorriso dell'intruso
svanì come la sua convinzione di poter vincere; divenne scuro in
viso rendendosi conto che non sarebbe stata una passeggiata.
Anche Vitious iniziò a mostrare le sue qualità; fece levitare
in maniera quasi statica i pezzi delle statue e delle armature
appena distrutte. Poi, d'un tratto, questi vennero lanciati come
dardi verso il nemico che alzò la bacchetta, ma non riuscì a
pararli tutti: alcuni frammenti passarono colpendolo. Anche se
non riuscirono ad abbatterlo, gli tolsero comunque il ato. Il
mago oscuro ora pareva indemoniato, tanto la rabbia traspariva
dal suo corpo. Iniziò un lungo disegno con la bacchetta: a Harry
sembrò un complicato arabesco. I due professori e i due ragazzi
ne seguivano, incantati, i movimenti.
Quando ebbe nito, dal buio del corridoio presero vita nume-
rosi tentacoli acuminati fatti dalla stessa oscurità da cui erano
stati generati. Iniziarono a frustare l'aria cercando di colpire i
due professori. La magia fu terribile: Vitious venne centrato
diverse volte e alla ne cadde.
La McGranitt, invece, stava resistendo anche se con evidente
dicoltà. Il mago oscuro rideva sguaiatamente. È inutile che
lei tenti di resistere. . . l'Infernus Obscurus, anche se non si può
praticare ovunque, è una magia troppo potente; persino per lei!
Fra qualche secondo cadrà come il nostro criceto. . . e allora io

282
sarò libero di fare ciò per cui sono venuto.

L'orrore si disegnò sul volto di Ron. Mollò la presa di Harry e


uscì allo scoperto. Confringo !. Un uido uscì dalla bacchetta
creando una massa quasi sferica. Con un deciso movimento della
bacchetta Ron la scagliò contro l'avversario. L'intruso deviò con
leggerezza il colpo che andò a nire contro il muro, aprendo uno
squarcio su una stanza.

Cosa credi di fare? Né tu, né il tuo amico nascosto là dietro


potete alcunché! Vi conviene scappare nché avete ancora l'uso
delle gambe!. Proprio in quel momento un tentacolo si allungò
e colpì Ron, scaraventandolo un paio di metri indietro.

La McGranitt era appoggiata solo su una gamba: l'altra era


già stata colpita un paio di volte. Probabilmente aveva dolore
anche ad un anco, dato che vi teneva premuta la mano libera.
Al terzo colpo cadde in ginocchio e uno sguardo di trionfo si
disegnò sul volto del mago.

Harry si scrollò di dosso il terrore che lo aveva immobiliz-


zato no a quel momento. La visione dei tentacoli gli aveva
riportato alla mente il sogno di quella mattina. Si alzò, estras-
se la sua bacchetta e, facendo fondo a tutta la sua forza, cercò
di proteggere la preside: Protectio Inviolabilis!. Fortunata-
mente i tentacoli, pur frantumando le protezioni di Harry senza
dicoltà, non riuscirono a raggiungere la McGranitt.

Grazie a quella momentanea tregua, la McGranitt ebbe la


possibilità di riprendere ato e di rialzarsi, ma ora i tentacoli
si muovevano anche contro Harry. Il mago oscuro, accortosi
dell'improvvisa ripresa della McGranitt, concentrò di nuovo i
colpi su di lei, deciso a nirla.

283
Harry si guardò attorno: Ron e Vitious erano a terra privi
di forze e la preside era sul punto di crollare. E ora cosa posso
fare? pensò Harry. Tutto sembrava inutile, ma poi la soluzione
gli balenò davanti al naso: la Bacchetta di Sambuco era lì, gal-
leggiava luminosa a due passi da lui come se l'avesse appellata.
La sua luce era limpida e armoniosa, come prima sulla Torre di
Astronomia, quasi avesse catturato la magia di Minami ed ora
stesse sprigionando la sua energia.

I tentacoli si ritirarono rapidamente allontanandosi dalla fon-


te di luce. Ron urlò: Cavolo Harry, guarda! I cosi si ritirano!.

Sapeva cosa doveva fare. Harry aerrò la Bacchetta e, te-


nendola stretta in mano, si avvicinò alla preside e a Vitious,
che nel frattempo aveva ripreso conoscenza. Ora anche il mago
oscuro guardava con stupore ragazzo e bacchetta, ma la luce era
sempre più splendente, tanto che era dicile osservare la scena.

Il mago sembrava stregato dalla bacchetta di Harry, era evi-


dente che l'aveva riconosciuta. Si guardò intorno osservando
attentamente i presenti. Era indeciso: sembrava bramasse dalla
voglia di stringere la Stecca della Morte, ma allo stesso tem-
po era intimorito da tutte quelle bacchette puntate contro di
lui. Decise di dare il tutto per tutto, si concentrò e i tentacoli
ripresero forza e si scagliarono verso il gruppo.

Qualcosa nel suo inconscio guidò Harry, alzò la bacchetta e


disse: Chiudete gli occhi in fretta. . . . Reful. . . .

Fermo, incosciente!. Una voce decisa e potente risuonò nel


corridoio alle sue spalle. Harry si bloccò.

Il suo sguardo guizzò per un istante verso il corridoio, cercan-


do di capire chi ci fosse alle sue spalle: tre maghi, probabilmente

284
Auror di guardia alla scuola e, davanti a loro, colui che lo aveva
fermato, il professor Jatturius Uglick.
Ragazzo non andare oltre . . .  continuò il professore. Ci
pensiamo noi a questo qui!.
Harry tentennava e sembrò che il mago lo avesse intuito:
con le ultime energie che aveva in corpo stava cercando di dare
massima violenza ai colpi dei tentacoli.
Cosa devo fare? si chiese tra sé. Non capiva perché il pro-
fessore tentasse di bloccarlo, ma la luce sembrava essere l'unica
cosa capace di neutralizzare l'Infernum Obscurum.
E la visione era stata chiara.
Non aveva tempo: doveva andare avanti. Strinse con forza
le dita intorno alla Bacchetta di Sambuco. Poi si concentrò e
quasi gridò: Refulgeo !.
Una luce intensa si sprigionò dalla bacchetta illuminando
ogni minuscolo anfratto del corridoio. Tutto era ben visibile: il
buio era totalmente scomparso e con esso anche i tentacoli.
Era graticante il potere che riusciva ad esprimere grazie alla
Bacchetta di Sambuco, una sensazione di potere immenso. In
quel momento era conscio che avrebbe potuto fare qualunque
cosa, se solo lo avesse voluto.
Ma davanti a lui non c'era più nessuno: il mago si era dile-
guato, come si fosse smaterializzato, svanito nel nulla. Neanche
la preside riusciva a capacitarsene: nessuno può smaterializzarsi
a Hogwarts, di questo ne erano tutti assolutamente sicuri.
I tre Auror scattarono lungo il corridoio puntando le bacchet-
te in ogni direzione. Il professor Uglick si avvicinò alla preside e,
sebbene avesse lui stesso evidenti dicoltà a mantenersi stabile,
l'aiutò ad alzarsi.

285
Jatturius, perché volevi fermarlo?.
Lascia stare Minerva. . . ormai quel ch'è fatto, è fatto.
Potter, mi pareva di essere stata abbastanza chiara . . .  lo
riprese la McGranitt. avevo detto di rimanere al sicuro! Tu il
signor Weasley avete rischiato di farvi del male.
Comunque grazie, senza di te non ce l'avremmo fatta. An-
che se dobbiamo chiarire questa storia della bacchetta, è stata
una fortuna che tu l'avessi con te! concluse la McGranitt.
Non ne sarei sicuro Minerva. . .  disse Uglick. Dal tono si
capì che non avrebbe dato ulteriori spiegazioni.
Passò qualche minuto mentre tutti i presenti tiravano il a-
to. Il primo a parlare fu Vitious Gran bell'incantesimo signor
Potter! Non c'è che dire, anche se non mi capacito del perché un
semplice Lumos, seppur potentissimo come quello, abbia avuto
successo dove i nostri incantesimi migliori fallivano . . . .
Harry guardò i suoi amici ma i loro volti non esprimevano
altro che smarrimento. Senza una risposta alla domanda di
Vitious, si strinse nelle spalle.
Fu la preside ad intervenire: Filius, avrai notato che l'in-
cantesimo di quel mago si nutriva di buio e della sua energia;
Harry ha eliminato totalmente l'oscurità con quell' incantesimo
e il mago si è quasi prosciugato per sostenere il suo incantesimo.
La luce è stata la chiave di tutto. Anche se credo che molto
del merito vada a questa notte e a quella bacchetta . . . . Prese
per un attimo ato dando il tempo ai presenti di assimilare il
concetto, poi riprese: Filius come ti senti. . . e voi?.
Il mago ancora dolorante rispose: Ho avuto giornate miglio-
ri, comunque niente che un buon bicchierino non possa guarire!.
Anche i ragazzi erano tutto sommato illesi.

286
Poi Harry chiese alla preside: Lei come sta professoressa?
Il anco. . . le fa molto male?.
Non si preoccupi signor Potter, non è niente che Poppy
non sappia rimettere a posto. Signor Weasley aiuti il professor
Vitious. Fece per alzarsi ma oscillò pericolosamente.
Aspetti . . .  disse Harry. Poi si fece vicino e porse il braccio
alla della professoressa. Si appoggi a me s'orì.
Grazie Potter. . . un paio di gambe in più non fanno di certo
male!.

Harry doveva ancora capire cosa fosse successo quella notte.


Non comprendeva come fosse stato possibile che qualcuno si
fosse introdotto all'interno di Hogwarts, ma purtroppo il moti-
vo dell'intrusione era chiaro: la Bacchetta di Sambuco. Aveva
deciso di rimanere a scuola convinto che fosse il luogo più sicu-
ro, dove nessuno sarebbe riuscito a nuocere a lui e ai suoi amici.
Ma si era sbagliato. Se erano riusciti ad entrare anche lì, allora
dove sarebbe stato al sicuro?
Nemmeno i professori si spiegavano come quel mago fosse
riuscito ad entrare ed ad uscire dalla scuola. Ma aveva dimo-
strato di essere molto potente. Questa volta ne era uscito solo
grazie alla visione che gli aveva suggerito cosa fare. Ma Vitious
aveva ragione: come un semplice Incantesimo di Luce era riusci-
to a sconggere una magia oscura così potente? A questo punto
era chiaro che le visioni lo stavano aiutando in tutti i momenti
di dicoltà, anche se non capiva da dove avessero origine.
C'era un altro punto che non gli era chiaro: perché il profes-
sor Uglick aveva cercato di evitare che facesse l'unica cosa che
poteva risolvere la situazione? Il primo giorno di scuola gli ave-

287
va impedito di nascondere la bacchetta e oggi non voleva che la
utilizzasse per fermare l'intruso. C'era qualcosa del nuovo pro-
fessore che non convinceva per niente Harry. Aveva un brutto
presentimento.
Ginny stava correndo verso di lui, i capelli splendenti alla
luce del sole, raggiante di felicità.
Harry, sei tornato!. Si lanciò al suo collo e lo baciò. Mi
sei mancato da morire sussurrò, mentre una lacrima le solcava
il viso.
Lui la abbracciò più forte; detestava farla piangere, ma non
aveva avuto scelta, aveva dovuto lasciarla sola con Hermione.
Ma, dopotutto, in qualche modo le sue lacrime lo rassicuravano:
erano la prova dell'amore che la ragazza provava per lui. Ginny
si asciugò la lacrima, lo trascinò sull'erba vicino al faggio, al loro
faggio, e stendendosi appoggiò la testa contro il suo petto.
Sai iniziò Harry guardando il lago, lo scorso anno, mentre
ero via con Ron e Hermione, sentivo tremendamente la mancan-
za di questo posto. Lei lo guardò, perplessa.
E se poi pensavo al fatto che tu eri qui senza di me . . . 
continuò, ero praticamente distrutto dal dolore.
Ginny abbassò lo sguardo, gli occhi lucidi. Dopo qualche se-
condo lei sussurrò Harry, alla Tana ho avuto modo di pensarci,
ne ho parlato anche con Hermione. . . ed era d'accordo con me,
perciò . . .  Si fermò, aspettando la reazione di Harry, che la
guardò curioso
Pensavo che potremmo . . . .
Harry! HARRY! sentì una voce più bassa, diversa da quel-
la di Ginny, e aprì gli occhi quel tanto che bastava per vedere
Ron che apriva le tende del suo letto. Harry, che cavolo! Non

288
ti saresti svegliato nemmeno se un corno di Erumpent ti fosse
esploso in testa! Dai scendiamo a fare colazione.

Si mise seduto, coprendosi il volto con le mani, accecato


dalla luce del mattino che entrava attraverso le tende scostate
della nestra. Era proprio strano. Cioè, tutti i suoi sogni erano
sempre stati strani, ma questo lo era stato più di tutti. Ma che
cosa voleva fare Ginny?Appena arrivò alla soluzione, gli parve
tanto ovvia, che arrossì, e la vista di Ron non contribuì certo a
farlo sentire meno imbarazzato.

Certo che potevi essere un po' più delicato! Per colpa tua
avrò mal di testa per tutto il giorno! rispose a Ron, sperando
che l'amico non gli chiedesse perché era arrossito. Inforcò gli
occhiali e si vestì, riettendo ancora sul sogno e maledicendo
l'amico per averlo svegliato così bruscamente. Scendendo in-
contrarono Hermione e Ginny che sbadigliava vistosamente; il
dormitorio era deserto: gli altri dovevano già essere scesi a fare
colazione. Appena il suo sguardo incrociò quello di Harry, lui
avvampò, ripensando al sogno. Ginny lo guardò interrogativa,
accortasi della sua reazione, ma non fece domande, e probabil-
mente prese nota mentalmente di chiederglielo appena fossero
restati soli.

Arrivati nella sala grande si sedettero vicini a Neville intento


a sfogliare un libro di Erbologia.

Ehilà, Neville! salutò Ron.

Ciao, ragazzi! rispose l'amico alzando lo sguardo su di loro


e vedendo la faccia di Harry aggiunse: Tutto bene?.

Mai stato meglio! sbottò Harry lanciando un'occhiataccia


a Ron ormai già impegnato con le sue uova strapazzate.

289
Mentre si versava del Succo di Zucca nel bicchiere, ricevette
una forte gomitata da Ron e buona parte della bevanda nì so-
pra l'abbondante porzione di bacon che aveva nel piatto. Non
mi hai ancora dato abbastanza fastidio per stamattina? Ma l'a-
mico era intento a ssare in direzione del tavolo degli insegnanti
e Harry si accorse che la McGranitt stava marciando decisa verso
di loro.

Potter, seguimi nel mio ucio! ordinò.

Harry guardò sconsolato le prelibatezze che ricoprivano il


tavolo.

Avrai tempo di fare colazione più tardi, ora ti prego di


seguirmi.

Harry lasciò malvolentieri il suo posto, rimpiangendo di non


essere sceso prima. Me lo sarei dovuto aspettare, considerando
quello che è successo ieri. . . rietté sconsolato.

La preside pronunciò la parola d'ordine davanti al gargoyle


e invitò Harry a salire la scala mobile a chiocciola. Aprendo la
porta dell'ucio, Harry cercò subito con lo sguardo Albus Si-
lente che, nel suo ritratto, era intento a conversare serenamente
con il suo vicino. Vedendolo entrare, Silente gli rivolse un sorri-
so sereno, che Harry ricambiò. Solo allora si accorse che l'ucio
non era vuoto: Kingsley, che no ad allora era rimasto seduto
davanti alla scrivania della preside, si voltò verso di lui.

Buongiorno Kingsley salutò.

Ciao Harry disse serio. Harry notò che non aveva la sua
tipica aria serena, ma sembrava un po' preoccupato.

La Preside mi ha informato di ciò che è accaduto ieri.

290
Harry sentì un brivido attraversarlo dalla testa ai piedi, come
se fosse stato disilluso, e abbassò lo sguardo. La McGranitt si
mise in un angolo, per non disturbare la conversazione.
Kingsley, io volevo nasconderla, ma non sapevo dove, ogni
luogo mi sembrava troppo scontato, e, soprattutto, pensavo
che più sicuro di Hogwarts non ci fosse nessun luogo. Ma mi
sbagliavo . . . .
Harry si lasciò cadere sulla sedia davanti alla scrivania, co-
me colpito da uno Schiantesimo, vergognandosi di aver tradito
la ducia del Ministro, ma ancora di più per aver fatto una brut-
tissima gura davanti a Silente (o meglio, al suo ritratto). Dato
che il ministro non aprì bocca, Harry lo guardò. Lui lo stava
ssando, e nei suoi occhi si leggeva a mala pena l'irritazione
provocata da Harry.
Bene iniziò Kingsley. Anzi male. Non avresti dovu-
to mentirmi Harry. Ti avrei aiutato a trovare una soluzione.
Penso che tu possa immaginare la gravità di ciò che hai fatto;
anzi. . . di ciò che non hai fatto era calmo, straordinariamen-
te calmo, e questo fece vergognare ancora di più Harry, che
aveva ormai rinunciato a giusticarsi. Inoltre, non ci sarebbe
nemmeno riuscito. Aveva la gola secca. Aveva deluso Kingsley,
Silente, la McGranitt e soprattutto se stesso. Tutti i maghi nei
quadri tacevano, Silente lo guardava con un'espressione indeci-
frabile. Avrebbe preferito arontare, da solo, tutti i draghi del
Torneo Tre Maghi piuttosto che essere lì. Adesso sapeva che non
avrebbe mai dovuto rimandare quel momento: avrebbe dovuto
nascondere subito la bacchetta.
Ti rendi conto che adesso, chiunque siano i maghi che sono
interessati alla bacchetta, non solo sanno che non è nascosta ma

291
sanno esattamente dove trovarla? Ti rendi conto che hai messo
in pericolo l'intera scuola?. Harry ormai era assalito dai sensi
di colpa.
Ma io . . . .
Harry, non serve che dici niente disse poi, di nuovo serio,
Ma dopo quello che è successo ieri, ritengo che sia giunta l'ora
di iniziare il tuo addestramento. Già domani mattina verrai
direttamente al ministero per iniziare le prove, non possiamo
rimandare oltre: devi essere preparato ad ogni evenienza. Per
il tempo necessario sarai giusticato per le assenze alle lezioni
Harry annuì, travolto da quella rivelazione: l'indomani sarebbe
diventato un Auror a tutti gli eetti.

292
Capitolo 12 e ½

LA PRIMA

TRACCIA

La luna era alta nel cielo e si stagliava contro il vasto prolo delle
montagne; la sua luce risplendeva nelle chiare acque del piccolo
umiciattolo che scorreva placidamente nella stretta valle cir-
condata da alti alberi, antichi quanto le montagne. Quel luogo,
per molti, era solo una meta da picnic, ma per pochi eletti era
un luogo sacro.

Con un debole scoppiettio, una gura ammantata si mate-


rializzò al limitare del bosco. L'uomo era alto e snello, con
un portamento decisamente elegante; si sbottonò il mantello da
viaggio gettandolo su una pietra. Indossava un paio di pantalo-
ni eleganti, una camicia bianca e scarpe di vernice. Il volto era

293
piuttosto giovane, coperto da una leggera peluria bionda, segno
di barba non rasata da almeno due giorni. I lunghi capelli biondi
erano tenuti in una coda di cavallo che gli conferiva un aspetto
da cantante di un gruppo rock degli anni sessanta.
L'uomo si arrotolò le maniche della camicia ed estrasse dalla
tasca dei pantaloni un bacchetta che rigirò più volte fra le dita,
prima di puntarla in alto e mormorare: Homenum Revelio.
Un leggerissimo bagliore si diuse dalla punta della bacchet-
ta, come le increspature che si diondono concentricamente sul-
la supercie dell'acqua; dopo alcuni secondi la bacchetta vibrò
producendo nel mago uno sbuo d'impazienza.
Soppesò la bacchetta fra le mani e mormorò tra sé: Idioti!
Quattro deboli pop risuonarono nell'aria attorno a lui mentre
altrettante gure si materializzavano all'istante con le bacchette
levate.
Il mago biondo levò gli occhi al cielo mentre una voce rude
gli ordinava di gettare la bacchetta a terra e di sollevare le mani.
Così l'uomo parlò. La sua voce era calma e non molto
profonda: faceva pensare al ghiaccio.
Io vi avevo avvertiti di non seguirmi . . . .
Detto ciò levò nuovamente la bacchetta al cielo e mormorò:
Comprimo.
Si udì un leggero risucchio seguito dall'implosione dell'aria
circostante che spedì i quattro maghi in ogni direzione.
Il mago biondo puntò nuovamente con tranquillità la bac-
chetta contro uno dei quattro avversari pronunciando: Petri-
cus Totalus; poi lanciò uno Schiantesimo verso un secondo
mago alla sua destra. Intanto gli altri due, che si erano risolle-
vati da terra, iniziarono a sparare a raca incantesimi contro il

294
mago biondo. Questi teneva la bacchetta sollevata davanti a lui
e la muoveva a destra o a sinistra ogni volta che il otto di luce
di un incantesimo gli si avvicinava, come se volesse parare un
aondo di spada. Sorprendentemente gli incantesimi deviavano
il loro corso e scomparivano oltre la cima degli alberi.
I due avversari si fermarono per un istante stupefatti, dando
al mago biondo il tempo di sorridere maliziosamente e di levare
dritta la bacchetta.
Avada Kedavra pronunciò. I due maghi si gettarono di
lato all'unisono, ma il otto verde colpì uno dei due sulla spalla
sinistra, facendolo rotolare in aria inerme, privo di vita.
Il mago biondo abbassò la bacchetta e si guardò intorno per
cercare l'ultimo mago che, evidentemente, si era nascosto dietro
il vasto tronco di uno degli alberi.
E si era nascosto bene.
Imprecò platealmente mentre ssava la sua bacchetta con
cipiglio pensoso. La bacchetta posata placidamente sul suo pal-
mo si mosse come l'ago di una bussola, indicandogli, dopo alcuni
incerti movimenti, un punto dritto davanti a lui.
Il mago biondo sorrise e levò la bacchetta. Il terreno sotto i
suoi piedi si allontanò e lui si librò in avanti, posandosi silenzio-
samente su di un ramo. Sotto di lui intravide la gura tremante
dell'ultimo dei suoi stupidi avversari. Scosse la testa, deluso.
Una parola, un otto di luce verde, e l'uomo si accasciò
stecchito ai piedi dell'albero.
Il mago biondo gettò una rapida occhiata all'orologio e si se-
dette su di una radice sporgente, vicino alla sua ultima vittima.
Mio caro idiota disse al cadavere, Sei morto davvero trop-
po velocemente! Come ci si può divertire con Auror così ine-

295
sperti? Oh, e ringrazia che qui ci sia io e non quel cinesino
borioso che avrebbe certamente iniziato a lanciare a raca le
sue maledette fatture orientali. . . bah!.

Diede un calcio al cadavere e poi incrociò le braccia, in attesa,


continuando a mugugnare tra sé: Sperando che quel piccolo
idiota non mandi tutti i piani a rotoli: sarebbe stato meglio se
ci fossi andato io al posto suo; per questa volta passi, ma se
oserà contraddirmi ancora una volta, giuro che . . . 

Levò gli occhi al cielo, lì dove la stella avrebbe iniziato a


risplendere fra qualche momento. Intinse la mano nell'acqua per
tergersi il viso dal sudore, poi si alzò in piedi e levò la bacchetta
dritta verso il cielo. Proprio in quel momento Minami iniziò a
risplendere.

La sua bacchetta prese a vibrare e ad illuminarsi. Il mago


biondo, dopo aver contato sette secondi sull'orologio da polso
che portava al braccio sinistro, spostò la bacchetta davanti a
lui, reggendola come una torcia. La puntò verso il umiciattolo
e, dopo alcuni secondi, una luce iniziò a risplendere dal fondale.

L'uomo fu attraversato da un brivido di eccitazione. Stava


per concludere la sua ricerca. Immerse la punta della bacchetta
nell'acqua e mormorò un incantesimo: Modum pono acquae ex
sententia mea.

L'acqua iniziò a ribollire e a modicarsi; lentamente il liqui-


do chiaro si sollevò dal fondo pietroso andando a formare delle
colonne reggenti un tetto intorno all'oggetto della sua ricerca.

Il mago biondo sussultò e sorrise soddisfatto.

Le luci nel cielo cambiarono colore. La Manifestazione sta


per concludersi, mi devo sbrigare mormorò.

296
Lasciando scorrere la bacchetta nell'acqua intorno a lui si
avviò sulle pietre del fondo del umiciattolo e raggiunse con
sei passi il suo centro; il mago raccolse l'oggetto della sua lunga
ricerca e tornò sulla riva. Un secondo più tardi l'acqua del ume
ricadde sul suo letto e riprese il suo corso fra spruzzi e gorgheggi.
Il mago biondo non se ne curò, ma si avvicinò al corpo
del mago pietricato e pronunciò il contro incantesimo; non
gli diede neanche il tempo di riprendersi: appellò la bacchetta
dell'avversario aerrandola con la sinistra.
Sollevò le due bacchette contro di lui, dicendo con sprezzo:
Non imbrattarmi la camicia, maiale!.
Roteò le braccia per torcere le bacchette e sibilò: Sectum-
sempra.
Fiotti di sangue proruppero dal corpo del mago; ripeté l'in-
cantesimo nché l'uomo non fu morto, dopodiché gettò via la
bacchetta a lui estranea e intinse la sua nel sangue dell'uomo
che macchiava l'erba circostante.

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298
Capitolo 13

UFFICIO AUROR

Harry si svegliò presto quella mattina e il ricordo di ciò che era


successo il giorno prima lo colpì con la forza di una doccia gelata.
Kingsley lo aveva creduto infallibile, si era dato ciecamente di
lui, lo aveva appoggiato e aiutato.
Il grande Harry Potter aveva fallito ed aveva dimostrato a
tutti di essere soltanto un ragazzo. Non avrebbe mai dimen-
ticato l'amara delusione che aveva letto negli occhi tristi di
Kingsley. Sarebbe stato meglio se avesse urlato, se lo avesse
licenziato. Harry avrebbe persino preferito che lo avesse sdato
immediatamente a duello. Invece gli aveva detto chiaramente e
tranquillamente cosa pensava di lui: lo aveva deluso, gli aveva
mentito.
Ciò che bruciava più di tutto non era l'aver tradito il Mini-
stro e tutta la comunità magica che rappresentava, bensì l'aver

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deluso un amico. Questo lo faceva stare tremendamente male:
la piena consapevolezza che aveva delle sue azioni pulsava come
una ferita; senza contare la certezza dolorosa che, a causa del-
la sua testardaggine nel voler gestire da solo la situazione, ora
tutta la scuola si trovava in grave pericolo.
Harry sentiva i pensieri che vorticavano nella sua testa come
api impazzite, lo pungevano ripetutamente, pensieri che feriva-
no, che non gli davano pace. Seduto a gambe incrociate sul suo
letto, guardò il cielo fuori dalla nestra: nuvoloni grigi e mi-
nacciosi soocavano l'azzurro; l'acqua del lago era nera come la
pece e il vento increspava la sua supercie come carta stagno-
la; i tuoni facevano vibrare rumorosamente i vetri delle nestre
con violenza tale da credere che non avrebbero resistito a quello
successivo.
Possibile che anche il cielo ce l'avesse con lui? Harry, con
la strana sensazione di avere un ruggente nuvolone grigio al po-
sto dello stomaco, cominciava a crederlo veramente. Decise che
pensarci non avrebbe cambiato le cose: per riconquistare la -
ducia di Kingsley non gli serviva certo provare rimorso. Il suo
sudore e il suo impegno futuri avrebbero testimoniato per lui
le intenzioni di rimediare al guaio che aveva combinato; quella
mattina Kingsley lo aspettava al Ministero, per addestrarlo e
per testare le sue capacità.
Così nalmente, pensò amaramente Harry, si renderà conto
che io e il ruolo di Auror siamo incompatibili: io i guai non li
risolvo. . . li creo!
La sera prima era rimasto sveglio sino a tarda notte nel-
la gelida Sala Comune, Ron e Hermione silenziosi al suo anco.
Verso le due avevano sentito un tonfo contro un vetro: un grosso

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gufo dall'aria era con le piume grigie, lucide e bagnate, aveva
sdato la tempesta per recapitare ad Harry un biglietto:

Caro Harry,
causa gli spiacevoli fatti appena accaduti, in accordo con gli Au-
ror dell'Ucio, abbiamo ritenuto necessario anticipare l'incon-
tro che servirà a testare le tue capacità di Auror. Per mettere
alla prova le tue abilità dovrai sostenere un esame pratico al Mi-
nistero che servirà a stabilire un piano di addestramento il più
possibile adeguato a te.
Presentati alle 8.30 presso l'ucio Auror del Ministero, secon-
do livello. Per arrivarci usa la Polvere Volante, partendo dal
camino dell'ucio della preside McGranitt.
Kingsley.
PS: Stasera a cena ti consiglio una salamandra in salmì.

Ron aveva appreso la notizia annuendo piano e dandogli quella


che voleva essere una rassicurante pacca sulla spalla. Hermione
non aveva detto una parola, ma dal suo sguardo si capiva che
era sinceramente preoccupata. Non aveva avuto il coraggio di
dirlo a Ginny, che già era salita nel suo dormitorio.
Quel biglietto, al contrario, aveva avuto su di lui l'eetto di
un eccitante: tutto ciò che voleva era combattere e dimostrare
di essere all'altezza.
Qualche minuto più tardi, nel suo accogliente letto a bal-
dacchino era riuscito a liberare la sua mente dai pensieri che
l'opprimevano ed era caduto in un sonno agitato, tutt'altro che
ristoratore.
Harry si ridestò dai pensieri della sera precedente e decise di

301
alzarsi dal letto; vide il suo riesso allo specchio e scoprì di avere
occhiaie ancora più profonde e segnate di quando era andato a
dormire. Si vestì, si sciacquò la faccia e tentò inutilmente di
appiattirsi i capelli, ma il suo aspetto non migliorò molto. Per
non svegliare Ron, che ancora ronfava beato, e gli altri, scese
le scale a chiocciola il più silenziosamente possibile. Giunto in
Sala Comune, guardando fuori, si rese conto che era molto pre-
sto: dall'aura di luce rossastra che circondava gli scuri proli
delle montagne e ltrava appena visibile tra le dense nubi, Har-
ry concluse che doveva essere appena l'alba. Quando distolse
lo sguardo dalla nestra, notò sorpreso che dallo schienale di
una delle poltrone davanti al caminetto spuntava una ciocca di
riccioli castani.
Hermione dormiva, la testa appoggiata sul bracciolo della
poltrona, con addosso ancora il leggero maglioncino di cotone
azzurro che portava la sera prima. Era rimasta lì tutta la notte
al freddo. Harry pensò quasi di svegliarla, ma abbandonò l'idea;
guardandola si rese conto che non aveva avuto la possibilità di
raccontarle neanche la metà delle cose che gli erano accadute
in quei mesi: le visioni, l'aggressione a Ron, l'incidente sul tre-
no. . . Sicuramente lei, brillante com'era, gli avrebbe dispensato
i giusti consigli.
Non voleva condare a Ginny le sue preoccupazioni, aveva
paura di ferirla e di metterla in ansia: ciò che più desiderava
era che lei fosse felice, sempre. Hermione e Ron attraversavano
un periodo dicile, eettivamente uno dei più complicati che
avessero mai passato, e lui era ancora una volta costretto a
rinunciare a Hermione. Tra l'altro aveva la strana impressione
che l'amica lo evitasse: quel giorno al Ministero gli era parsa

302
così sfuggente!

In quel momento Harry decise che avrebbe messo ne a quel-


la situazione, una volta tornato dal Ministero. Ron e Hermione
potevano evitarsi quanto volevano, ma nessuno poteva proibir-
gli di essere amico e di condarsi con entrambi. Non avrebbe
rinunciato né a uno né all'altra. Acceso il fuoco, fece per andare
in Sala Grande, quando un asse del pavimento scricchiolò sotto
i suoi piedi.

Non mi saluti neanche? sussurrò Hermione con voce as-


sonnata.

Harry si voltò in tempo per cogliere un sorriso stiracchiato


sul suo viso. Aveva gli occhi rossi e stanchi. Si avvicinò a lei e
si appoggiò al bracciolo della poltrona dove era seduta.

Scusa. . . dormivi. . . mi dispiace di averti svegliata . . .  disse


sincero.

Oh, non importa. . . ho dormito poco e male e a giudicare


dalla tua faccia lo stesso deve valere per te disse guardandolo
con rimprovero. Avresti dovuto concederti un po' di riposo,
viste le prove al Ministero che dovrai arontare questa mattina.

Harry sbuò. . . Tipico di Hermione, si preoccupava sempre


per gli altri, mai per se stessa.

A proposito, hai detto a Ginny della prova? chiese lei con


il tono di chi conosce già la risposta.

No, non mi va di svegliarla e poi. . . è meglio così. Sai come


è fatta, si preoccuperebbe troppo; almeno lei riuscirà a dormire
no a tardi. Potresti spiegarle la situazione tu, quando si sve-
glia? chiese Harry, ma capì subito, dalla smora di Hermione,
che la ragazza non era tanto d'accordo, ma accettò ugualmente.

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Va bene. Ora però vai, o arriverai in ritardo mormorò
dandogli una piccola spinta.

Veramente sono in anticipo e poi volevo parlarti di una cosa


. . . .

Si tratta di Ron? chiese lei, acida.

Sì. . . e no. rispose Harry, cauto.

Harry per favore ascoltami . . .  iniziò Hermione, ma fu


subito interrotta.

No, ascoltami tu. Non si tratta solo di Ron. Non ti sei


resa conto che, per colpa dei vostri rapporti dicili, noi non ci
siamo praticamente ne visti ne parlati per tutta l'estate? Non
ti sto chiedendo di fare pace con Ron, ma di fare pace con me,
Hermione! disse d'un ato.

Ma Harry. . . noi non abbiamo litigato. . . non ce l'ho con te


. . .  ribatté debolmente Hermione.

Ho bisogno di te, come allo stesso modo ho bisogno di Ron!


E non per copiare i compiti! Quindi, ti prego, non mi evitare.
Ti chiedo almeno il sacricio di sedere tutti e tre allo stesso
tavolo. Bisogna scoprire qualcosa in più sul conto del tipo che
ha cercato di rubare la Bacchetta di Sambuco . . . . Finito il
suo monologo alzò lo sguardo verso Hermione: aveva gli occhi
lucidi.

Hai ragione Harry. Tutto quello che hai detto è vero. . . ma


mi sforzerò da questo momento, te lo prometto. Ora però vai.
Appena Ginny si sveglia, le parlerò io disse, la voce incrinata
dall'emozione. Veramente, Hermione, ho ancora molto tempo!
Sono in anticipo. . . be' direi di almeno un paio d'ore! Quindi, se
non ti dispiace, rimango qui rispose sorridente.

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Hermione lo guardò rassegnata: il tono di Harry non am-
metteva repliche. Poi abbassò lo sguardo.

Harry sentì uno scricchiolio alle sue spalle: si voltò, ma non


vide nessuno. Passarono una manciata di minuti in cui Harry e
Hermione rimasero silenziosi, entrambi immersi nei loro pensieri.
Fu Harry a rompere il silenzio. Hermione, ti prego non te la
prendere con me ma. . . si può sapere il motivo per cui tu e Ron
avete litigato? chiese Harry.

Be', è iniziato tutto quest'estate, dopo morte di Vold-Voldemort.


Eravamo felici, ma provavamo un senso di vuoto e tristezza per
tutto quello che era successo, avevamo bisogno di sostenerci l'u-
no con l'altro. . .  mormorò Hermione continuando a ssare il
pavimento poi una sera, mentre tu eri via, è successo. . . .

Non capisco Hermione, cos'è successo? Cos'ha combinato


Ron? Ha fatto qualcosa che non doveva?.

No, anzi. . . ha fatto tutto quello che doveva. . .  sussurrò


Hermione strapazzando nervosamente il berretto di lana che
teneva in mano.

Forza, adesso devi dirmelo! Mi avete fatto impazzire, sta-


vo pensando di utilizzare il Veritaserum per farvi parlare! Per
favore, per la mia salute mentale non puoi tirarti indietro.

Oh, insomma! Non è facile parlare di queste cose. . . sei il


mio miglior amico, ma sei un ragazzo; per Ron sarebbe sta-
to più facile! sbottò improvvisamente Hermione, lanciandogli
un'occhiataccia.

Harry la guardò perplesso e lei, alzando gli occhi al cielo,


sibilò qualcosa che assomigliava molto a Ottuso. Io e Ron siamo
andati no in fondo nel nostro rapporto disse d'un ato.

305
Io. . . cosa? balbettò Harry sgranando gli occhi e intuendo,
nalmente, la ragione del litigio.
Non capisci? Devo essere più chiara?.
N-non serve . . .  biascicò Harry. Penso di aver capito.
Harry arrossì imbarazzato: era felice di sapere, ma allo stesso
tempo si era pentito di avere iniziato quella conversazione. In
eetti non era il genere di argomento di cui si parla con una
ragazza e lui aveva fatto la gura dello stupido. Cercò di dire
qualcosa di sensato, ma con scarsi risultati.
A-avete f-fatto l'am.? farfugliò, con la vana speranza di
aver frainteso.
Vuoi i particolari? chiese lei acida.
Io-no-ma. . .  farfugliò Harry, ormai convinto di essersi spin-
to troppo in là, ma di non potersi più tirare indietro Ma poi,
poi cos'è successo? Voglio dire, non mi sembra una cosa brutta!
Quando sono arrivato eravate già ai ferri corti e tutte le volte
che vi chiedevo spiegazioni era come infrangere un incantesimo
Scudo senza bacchetta.
È un po' imbarazzante sbottò Hermione senza guardarlo.
Non vedo come possa essere più imbarazzante di così sog-
giunse Harry
Ecco. . . la sera che abbiamo fatto l'amore. . be' alla ne ho
pianto.
Harry a quel commento rimase un po' sconcertato e, dopo
qualche attimo d'incertezza, disse N-non sono un esperto, ma
penso che possa capitare.
Hermione lo ssò con le lacrime agli occhi. Infatti! pro-
ruppe. Ma quel testone ipocr . . . .
Hermione!.

306
Scusa sussurrò lei, tirando su col naso, come al solito non
ha capito niente ed ha pensato che piangessi perché lui non era
stato bravo o qualcosa di simile. . . ma ti rendi conto di quanto
possa essere stupido?.
Non dire così Hermione.
Ecco! Sempre a difenderlo, anche io sono tua amica Harry!
urlò, esasperata dall'atteggiamento del ragazzo.
Harry scrollandosi di dosso il momentaneo imbarazzo, si
avvicinò all'amica e l'abbracciò .
No, Hermione. Io non lo sto difendendo e non mettere in
dubbio la mia amicizia. Tu per me sei come una sorella.
A quelle parole la ragazza guardò l'amico e poi lo strinse
forte singhiozzando.
Ti stavo solo dicendo, riprese, prima che ti mettessi a
urlare, che Ron ha poca ducia in sé stesso disse lui in tono
rassicurante.
M-ma cosa d-dici? Io n-non ho f-fatto niente per renderlo
insicuro rispose tremante.
È che tu. . . insomma, tu a volte lo spaventi! Non credi possa
pensare che tu sia troppo per lui? continuò lui con calma.
Allora non doveva essere cosi cretino, così idiota, così vi-
gliacco da dire che le mie erano scuse, e . . . .
Ma tu cosa gli hai detto? domandò Harry.
Niente, ma avrei voluto dirgli che piangevo perché ero fe-
lice! Felice di stare con lui, di vivere quel momento insieme
perchè. . . io lo amo.
E perché non me lo hai detto prima?. I due trasalirono
quando sentirono quella voce e, alzando gli occhi, videro Ron.

307
Da quando sei arrivato? sussultò sorpresa Hermione, stac-
candosi immediatamente dall'amico.

Ron sembrò pensarci su, poi, con una calma che nasconde-
va una forte agitazione interiore, disse: Da quando Harry ha
detto di volerci versare del Veritaserum per farci parlare e tu
gli hai risposto che ora gli potevi confessare - non so per quale
motivo - che io e te . . .  si fermò un attimo, deglutì,  io e te
s-siamo. . . siamo stati insieme e tutto il resto.

Hermione lo guardò torva, poi incrociò le braccia e disse:


Ebbene? Cosa hai da dire a riguardo?.

Ron guardò prima lei e poi l'amico che lo ssava con ansia e
annuiva con la testa incoraggiandolo a parlare.

Hai ragione, mi sono comportato come un ottuso Knarl, il


più grande e stupido di Hogwarts; anche i gargoyle all'ingresso
sono più intelligenti di me! cominciò il ragazzo guardandosi le
unghie della mano.

Dài, Ron! Può bastare lo interruppe Harry.

No, lascialo nire disse acida Hermione.

Lo so che ho sbagliato tutto e. . . e quelle parole non le do-


vevo dire, dovrebbero fare una nuova strofa di Perché Weasley è
il nostro re, aggiungendo che più idiota non c'è né e di fesserie
ne fa per tre !.
A quelle parole si sentì uno sbuo e l'inizio di una risatina
repressa. Harry ebbe un tuo al cuore: forse c'era una speranza.
Il suo sguardo si spostò da Hermione a Ron, aspettando che
succedesse qualcosa.

Dimmi, cosa devo fare di te? sussurrò Hermione guardan-


dolo intensamente.

308
Aatturami! esclamò lui, chiudendo gli occhi e abbassando
il capo.
Hermione rimase ferma a lungo, poi gli si avvicinò lentamen-
te, lo abbracciò e lo baciò.
Molto meglio di una fattura, grazie! sussurrò Ron, quando
si separarono.
Harry, non sapendo che fare, diede un'occhiata all'orologio e
decise che era meglio accorgersi di quanto fosse tremendamente
in ritardo.
Io devo andare esclamò dirigendosi verso il buco del ri-
tratto. Hermione. . . mi sei mancata! Ron . . .  non sapendo
che dire gli strizzò l'occhio ed uscì.
Finalmente pace è fatta pensò sorridendo; rincuorato, si di-
resse verso l'ucio della Preside.
Arrivato davanti al Gargoyle di pietra, l'agitazione tornò a
farsi più forte: cosa avrebbe detto la McGranitt? Lo avrebbe
trattato freddamente? Lo avrebbe rimproverato?
Harry fece un respiro profondo: Salamandra in Salmì!. Il
gargoyle di pietra balzò di lato lasciando aperto il passaggio che
conduceva all'ucio. Quando entrò, la professoressa lo accolse
con un sorriso.
Ah! Potter, nalmente. . .  disse la McGranitt alzando-
si dalla sedia. Harry era imbarazzato ma capì che lo aveva
perdonato.
Buongiorno, professoressa! disse sorridendo a sua volta.
Da questa parte disse la preside conducendolo al camino di
pietra. Vi entrò e prese una manciata di Polvere Volante da un
contenitore che gli veniva oerto. Quando si voltò per salutarla,

309
non fece in tempo ad aprire bocca che lei disse: Su sbrigati,
non far aspettare il Ministro! Ah. . . buona fortuna, Potter.
Harry sorrise: era tornata la professoressa severa di sempre.
Ministero della Magia, Ucio Auror! esclamò. Sentì di
essere risucchiato nel camino. L'odore acre della fuliggine lo fece
starnutire. Si ricordò della prima volta in cui aveva viaggiato
con la Polvere Volante e per sbaglio era nito a Notturn Alley,
nel negozio di Magie Sinister. Quando si riscosse, capì di essere
arrivato: la stanza in cui Harry si ritrovò era ampia e spaziosa,
il pavimento era di marmo e le pareti di pietra bianca erano
tappezzate di poster, foto di maghi oscuri ricercati e articoli di
giornale de La Gazzetta del Profeta ; i più grandi erano quelli che
annunciavano la fuga di massa di Mangiamorte da Azkaban, di
circa tre anni prima, e la scontta denitiva del Signore Oscuro
ad Hogwarts.
Si riassettò i vestiti e uscì. Era rimasto così sbalordito dal-
l'ampiezza della sala da non accorgersi che il Ministro in persona
lo stava aspettando. Harry si diresse esitante verso Kingsley: il
suo corpo cercava di opporre resistenza, aveva paura di rileggere
nei suoi occhi la delusione. Non lo avrebbe potuto sopportare.
Buongiorno, signor Ministro disse imbarazzato, mantenendo
un tono formale. Harry per favore, ti ho già detto che quando
ti rivolgi a me devi chiamarmi Kingsley rispose, pacato come
sempre.
Ma io. . . cioè tu, non sei arrabbiato? M-mi dispiace. . . mi
dispiace veramente. Io non dovevo. . .  farfugliò Harry cercando
di spiegare il rimorso che sentiva dentro e che lo tormentava.
Ehi, ehi, Harry! Calmati e prendi ato! disse Kingsley
Certo, ciò che è accaduto è molto grave. Dicendomi di aver

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nascosto la Bacchetta di Sambuco quando in realtà l'avevi con
te, mi hai mentito. Hai messo la tua scuola e la preside in una
posizione molto scomoda. Ma credo tu abbia capito l'errore,
quindi non serve che tu dica nulla. So bene che ti sei reso conto
della gravità delle tue azioni e che ti impegnerai per rimediare;
credi che ti darei un'altra possibilità, se non ne fossi convinto?
E poi, Harry, mi rendo conto della complicata situazione in cui
ti trovi. Lo so che è un grosso peso, ma devi imparare a sop-
portarlo. Devi imparare a riettere sulle conseguenze delle tue
scelte, perché da queste non dipende solo la tua vita ma anche
quella degli altri.
Mentre procedevano verso un corridoio, Harry sentì nascere
dentro di sé una nuova determinazione: ora che sapeva di avere
la ducia di Kingsley, avrebbe fatto di tutto per dimostrargli
di avere le capacità per diventare un Auror. Finalmente si fer-
marono davanti ad uno specchio che funzionava come tutte le
altre nuove porte introdotte dagli americani. Kingsley si voltò
verso di lui e gli disse: Anche se io preferisco ancora le porte
di legno massiccio, questi specchi sono molto comodi. Riescono
a rilevare se una persona è autorizzata ad entrare o meno in un
luogo. Mentre parlava il vetro svanì.
Funzionano come gli Avversaspecchi, rilevano la presenza
di intrusi? chiese Harry.
L'idea di base è quella, però gli americani hanno apportato
pesanti modiche . . .  spiegò entrando. Nella stanza in cui si
trovava adesso c'era solo un altro specchio. L'unica decorazione
presente era il quadro di una vecchia strega addormentata.
All'interno c'era qualcuno ad aspettarli. Harry ti presen-
to Dawlish, anche se credo vi siate già conosciuti. Sarà lui a

311
metterti alla prova. disse Kingsley.

È un piacere rivederla, signore rispose Harry, rivolgendosi


a Dawlish.

Harry, non c'è bisogno che mi chiami signore, soprattutto


ora che lavoriamo insieme. Chiamami pure Daw!.

Bene, disse Kingsley col suo vocione, è tempo che torni


alle noiose faccende burocratiche da Ministro. Ti lascio in buone
mani, Harry. E, dopo averlo salutato, uscì dalla stanza. Harry
tornò ad osservare l'Auror: era piuttosto alto, magro e con gli
occhi azzurri, che si intonavano alla perfezione con la sua veste
celeste. L'unica nota stonata nella sua gura composta erano i
capelli castano scuri che, arruatissimi, gli ricordavano un po' i
suoi.

Harry, è ora di cominciare! disse Dawlish. Per mettere


alla prova le tue capacità ho escogitato un percorso ad ostacoli
magici per valutare la tua forze e la tua iniziativa. In totale sono
cinque livelli in altrettante stanze, separate da una porta. Per
avere accesso alla stanza successiva, e quindi proseguire, dovrai
aver superato l'ostacolo precedente. Ti avverto che una volta
entrato non potrai uscire a meno di evocare un incantesimo di
aiuto; in quel caso interverrò io personalmente e interromperemo
la prova spiegò. Bene, se sei pronto avvicinati alla porta.
Appena mi farai un cenno l'aprirò.

Harry inspirò profondamente, chiuse gli occhi, poi li riaprì


e con grande determinazione alzò di scatto la testa; la porta
si spalancò ed entrò nella prima stanza. Questa era lunga ed
illuminata debolmente da candele sospese a mezz'aria vicino al
sotto, l'atmosfera era tetra: un brivido percorse la sua schiena.

312
In fondo alla stanza, di anco alla porta di collegamento con la
stanza successiva, vide un armadio.
Non capiva in cosa potesse consistere la prova,non sentiva
alcun rumore dentro l'armadio e, in fondo, non sembrava pe-
ricoloso. Si avvicinò circospetto, pronto a qualsiasi evenienza
e, infatti, mentre lo stava osservando sentì scattare la serratu-
ra.Fece un balzo indietro e tese la bacchetta appena in tempo
per evitare un gruppo di Dissennatori che uttuavano fuori dal-
le ante aperte; alla loro vista raggelò, ma la solita sensazione
di nausea, che aveva avvertito per la prima volta al terzo anno,
non lo assalì.
Rimase stupito e paralizzato: come mai la sua mente non
era invasa da ricordi infelici? Ma si riscosse dai suoi pensieri
quando si rese conto che i Dissennatori si erano moltiplicati a
vista d'occhio: ora occupavano quasi tutta la sala. Harry sapeva
esattamente cosa fare: pensare a Ginny, la persona che più lo
rendeva felice. Expecto Patronum !.
Un cervo, più luminoso di quanto Harry avrebbe mai pensato
di poter evocare, prese vita dalla sua bacchetta ed in un turbinio
di luce si scagliò contro i Dissennatori. Il suo bagliore era così
forte che lo costrinse a coprirsi gli occhi. Quando la luce si
aevolì, Harry fece in tempo a vedere il cervo che, a suon di
cornate, rispediva gli ultimi dentro l'armadio. Quando questo si
chiuse e il cervo fu sparito, Harry si sentì più leggero. Una delle
prove era superata. Infatti proprio in quel momento lo specchio
svanì. Con passo deciso si diresse verso la porta della stanza
successiva.
Si fermò di colpo sulla soglia: strani rumori provenivano dal-
l'interno. Deciso a completare tutte le prove, abbassò la mani-

313
glia ed entrò. Una puzza nauseabonda lo investì. La riconobbe
subito: era fetore di Mostro di Montagna come quello che aveva
sentito il primo anno nel bagno dove Hermione si era nasco-
sta. Ma questa volta non era uno solo bensì tre, giganteschi, e
armati di clave dall'aspetto particolarmente feroce. Harry era
ancora bloccato all'ingresso: doveva escogitare una strategia.
Pensò che forse sarebbe stato meglio arontarli uno alla volta:
era impossibile stenderli tutti insieme!
L'occasione giusta si presentò quando uno di loro si accor-
se di lui e si staccò dal gruppo. Harry lanciò un incantesimo
Muiato ai due rimanenti: ciò gli permetteva di combattere
con uno senza che gli altri si accorgessero di qualcosa. Provò
a stendere il Mostro con uno Stupecium, ma questo rimbalzò
sul suo corpo senza fargli un grao. Allora si ricordò come, su
certe creature magiche, alcuni incantesimi fossero vani. Cercò
un diversivo: Incarceramus !. Dal nulla apparvero catene che
si strinsero attorno alle braccia e alle gambe della creatura ma,
con un piccolo sforzo, questi le spezzò: come erano comparse,
svanirono.
Iniziava a pensare di non riuscire a sconggerlo, quando la
soluzione gli balzò alla mente. Wingardium Leviosa ! esclamò
puntando alla clava del nemico. Questa sfuggì dalle sue mani
e rimase sospesa sopra la sua testa proprio come avvenne set-
te anni prima nel bagno delle ragazze. Poi, con un colpo di
bacchetta, gliela sbatté in testa. Il Mostro, che era rimasto a
guardarla inebetito, stramazzò al suolo con un grugnito e un
tonfo assordante.
Harry si girò per arontare gli altri due giusto in tempo per
evitare la mazza del secondo bestione. Ma non fu abbastanza

314
rapido da schivare il colpo che gli sferrò il terzo mostro: una
delle borchie aondò nel suo braccio aprendogli una profonda
ferita; un otto di sangue uscì dal suo braccio.
Harry provò un dolore allucinante e si sentì svenire. Con
molta fatica, cercando di non perdere completamente i sensi,
strisciò qualche metro in là dai due e rimase accucciato in un
angolo nel tentativo di far passare la forte nausea. Poi capì e si
maledisse per non aver prestato molta attenzione alle lezioni di
Cura delle Creature Magiche, i Mostri di Montagna, anche se
erano stupidi, avevano un olfatto molto ne: l'avevano utato!
I due si avvicinavano a passi lenti. Per evitare altre ferite che
avrebbero potuto impedirgli di proseguire, decise di ricorrere
alle Maledizioni Senza Perdono. Non sapeva come l'avrebbe
presa Dawlish ma non poteva rischiare oltre. Puntò la bacchetta
contro il più vicino e urlò IMPERIO !. Il Mostro si fermò: lo
sguardo ancora più confuso di prima. Harry iniziò a sudare
freddo: se il suo piano non avesse funzionato, si sarebbe trovato
in una situazione molto pericolosa. Una sensazione di potere lo
pervase, la stessa che aveva provato nell'incantare Travers alla
Gringott.
Fece girare l'essere in modo che si trovasse faccia a faccia col
suo simile; questi si fermò, i due si ssavano: lo avevano comple-
tamente dimenticato. Harry non si spiegò come, ma nell'istante
in cui ordinò al Mostro aatturato di attaccare il suo complice,
l'altro fece altrettanto. Gli parve di osservare una scena allo
specchio, i due si colpirono e caddero simultaneamente.
Harry si riprese dallo stupore e cercò di alzarsi, ma le onda-
te di nausea continuavano. Col braccio dolorante e la manica
inzuppata di sangue si avviò al passaggio. Non ne poteva più

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di quel tanfo, così non si fermò nemmeno un attimo a pensare
cosa potesse aspettarlo.
Entrò nella terza stanza, più piccola delle precedenti ma il-
luminata allo stesso modo. Non sapeva cosa aspettarsi, ma non
avrebbe resistito ad un altro combattimento. Cercò di ignorare
il dolore e di capire cosa fosse quella gura che vedeva muoversi
al centro della stanza.
Poi comprese. Tornò indietro con la mente al Torneo Tre-
maghi, all'interno del labirinto: la creatura che aveva davanti
era una snge e si muoveva avanti ed indietro.
Allora si rese conto che non avrebbe dovuto sostenere alcun
sforzo sico : l'unico modo per poter proseguire era rispondere
correttamente all'indovinello . La snge si fermò, lo ssò negli
occhi ed iniziò a recitare con voce roca e tremante:

Se proseguir per la tua strada vorrai,


rispondere correttamente dovrai.
Attento all'indovinello che ti tocca,
sol tre tentativi ha la tua bocca:
Più ne hai, meglio stai,
son preziosi assai.
Se li perdessi non ti perdoneresti
perché servon tutti,
seppur in diverso modo manifesti.

Dovette farselo ripetere un'altra volta poi di getto rispose: Sol-


di!. Ma si pentì subito: era troppo ovvia ed inverosimile. In-
fatti era sbagliata.

316
Risposta errata,
ti restan sol due tentativi
per darne una adeguata.

Si mise a girare per la stanza. Pensava, pensava, ma il dolo-


re pulsante al braccio gli impediva di concentrarsi. Non sapeva
quanto tempo fosse passato, quando ebbe un'ispirazione. Di
colpo gli parve ovvia e amara la risposta. Horcrux esclamò.
Questi erano preziosi per chi li possedeva, in fondo vi era con-
tenuta parte della propria anima e potevano essere di qualsiasi
tipo. Tutto combaciava. Per questo rimase paralizzato dalla ri-
sposta negativa della snge. . . Non era possibile: aveva sbagliato
di nuovo!
Ma perché? pensò. Coincide tutto!
Una sensazione di vuoto e di panico iniziò a diondersi in
lui, le tte al braccio continuavano e lo rendevano nervoso. Non
sapeva cosa fare.
Se almeno ci fossero qui Ron ed Hermione, pensò.
Sorrise immaginandosi come Ron sarebbe andato nel panico
e come invece Hermione avrebbe mantenuto la calma, ragionan-
do logicamente. Non riusciva a capire come due persone così
diverse potessero amarsi. Diverse, ripeté fra sé. Gli sarebbero
serviti entrambi, anche se diversi.
Finalmente aveva capito: la soluzione dell'indovinello era -
amici! Horcrux non poteva essere quella giusta: Voldemort non
si era accorto che i suoi preziosi pezzi di anima erano andati
perduti'.
Tutto ora era chiaro.
Più rivolto a sé che alla snge ripeté ad alta voce: Amici.

317
Quanto è vero l'indovinello! rietté. Ancora sognava la
morte di Cedric nel cimitero di Little Hangleton: non si era mai
perdonato quanto era successo: sentiva che era colpa sua.
La snge si fece da parte e gli permise di accedere alla porta-
specchio successiva, che poi scomparve.
Con un incantesimo cicatrizzante era riuscito ad arginare la
perdita di sangue, ma era rimasto comunque indebolito. Non
poteva rischiare di compromettere la prova per una sbadataggi-
ne. La ferita pulsava sempre di più ma doveva andare avanti,
perciò si fece forza e proseguì.
Harry temette il peggio: la quarta sala era completamente
buia e non si sentivano rumori. Lumos ! disse, ed un otto di
luce illuminò tutta la stanza. Notò che era presente soltanto un
tavolo; gli si avvicinò e vi vide appoggiato un biglietto su cui
era scritto:

Recupera la chiave per passare oltre.

Solo allora si accorse della chiave sospesa in aria. Dopo averla


osservata notò che si trattava di una semplice chiave arrugginita
e dall'aria piuttosto antica. Pensò che non sarebbe stato di-
cile aerrarla, ma si sbagliava: tentò di appellarla ma questa
non si mosse. Capì che avrebbe dovuto prenderla con le mani.
Ma come? si domandò. Era sospesa ad almeno quindici metri
di altezza, come avrebbe fatto ad arrivare lassù? Trasgura-
re il tavolo in un manico di scopa era da escludere; forse solo
con la Bacchetta di Sambuco avrebbe potuto ottenere un buon
risultato.
Nonostante il forte dolore al braccio, Harry si sforzò di ragio-

318
nare e, riettendo, misurò a grandi passi la sala. La luce della
bacchetta illuminava l'impolverato pavimento di pietra. Harry
raggiunse il tavolo e vi si appoggiò.
La mano del braccio sano stringeva con forza il duro legno,
cercando di attenuare il fastidioso dolore dell'altro braccio. De-
cisamente non sono nelle condizioni di volare pensò. Salì sul
tavolo con un piccolo sforzo e cominciò a ragionare.
Allungò la mano illuminando la chiave, poi il pavimento; la
luce della sua bacchetta passava rapidamente dai suoi piedi alla
chiave. Era decisamente troppo in alto, ma doveva trovare il
modo di raggiungerla. Poi la soluzione gli balenò nella testa.
Geminio  esclamò quasi entusiasta per la sua trovata. Ac-
canto al tavolo su cui era salito ne apparì un altro, uguale.
Geminio  continuò a voce più alta. Ripeté l'incantesimo
più volte e cominciò a disporre i tavoli uno sopra l'altro, in modo
da formare una piramide, che poi, non senza dolore e stenti, risalì
no ad avere davanti agli occhi la chiave.
Allora si accorse che la ruggine della chiave era avvolta da un
alone azzurrino. L'aerrò con decisione, ed eccitato si apprestò
a scendere dalla piramide. Lo fece lentamente, e quando posò
i piedi a terra, la sua espressione soddisfatta si trasformò: la
chiave era sparita dalla sua mano ed era tornata in cima alla
piramide. Contrariato, Harry risalì tutta la pila.
Riprendendola in mano, notò che si rimpiccioliva no a spa-
rire per poi materializzarsi dove era stata tolta. Engorgio !
quasi urlò, tenendola in mano. Il braccio ferito gli tremava,
ma con convinzione ripeté l'incantesimo, no a stringere tra le
braccia una chiave che avrebbe aperto la porta di un gigante.
Durante il tragitto verso l'uscita dovette continuamente ripete-

319
re l'incantesimo di ingrandimento. Finalmente riuscì a inserirla
nella toppa, la serratura scattò da sola e si aprì.
Ormai era a un passo dalla conclusione, gli rimaneva solo
l'ultima prova. Nella stanza successiva si trovò di fronte solo
un piccolo piedistallo di pietra; con grande soerenza, appog-
giandosi al muro e gemendo per il dolore, ma determinato ad
arrivare no in fondo alla prova, vi si avvicinò. Su di esso c'era
un altro biglietto. Harry lo aerrò un attimo prima di accasciar-
si a terra, con la vista che gli si annebbiava e, dopo un respiro
profondo, riuscì a leggerlo:

L'ultima prova consiste in uno scontro a duello. Procedi pu-


re nella stanza successiva.

Come avrebbe fatto a combattere se non riusciva nemmeno a


reggersi in piedi? Con molta fatica si rialzò, si trascinò verso
l'ultima porta e si trovò davanti il Ministro in persona e Daw-
lish. Entrambi si apprestarono a sorreggerlo senza nascondere
la soddisfazione per il fatto che fosse arrivato n lì: Sono pia-
cevolmente colpito dal fatto che tu sia riuscito a terminare la
prova; nessuno - noi due compresi - l'ha più completata tan-
to rapidamente da molto tempo. Penso che gli ultimi a farcela
siano stati due Auror più di vent'anni fa. . . .
Ma prima, lascia che ti curi quella ferita, non puoi aron-
tare un duello in queste condizioni! disse il Ministro. Con un
colpo di bacchetta la ferita scomparve insieme a gran parte del
dolore che lo aveva torturato; Harry si sentì molto più leggero,
gli sembrò che l'incantesimo lo avesse addirittura rinvigorito: si
sentiva fortissimo e pronto all'azione.

320
Oltre la porta, si trovò davanti una sala molto spaziosa, che
gli ricordava un po' la Stanza delle Necessità quando, tre an-
ni prima, l'avevano usata come quartier generale dell'ES. Era
dotata di tutto il necessario per allenarsi a combattere, ma si
vedeva che era destinata all'uso di Auror professionisti e non di
ragazzini ribelli.

La quinta prova consisterà nell'arontare i membri del cor-


po Auror. È ora che tu venga presentato al resto della squadra,
sono nella sala accanto, seguimi!. Detto questo, si avvicinò allo
specchio ma non successe nulla.

Maledetti aggeggi americani! sbottò Dawlish che, supe-


rando il Ministro, tirò un pugno allo specchio che vibrò e poi
scomparve. Non ne possiamo più di queste invenzioni . . . .

Ecco, Harry, te li presento: Christopher Griths, Adolph


Gray, Dorian Wilkinson, Cassandra e Amanda Gray. Questi
sono gli Auror che sorvegliano a turno i conni di Hogwarts e
quindi, lavorerai a stretto contatto con loro disse il Ministro
indicandoglieli.

Piacere di conoscervi! sorrise nervosamente Harry, strin-


gendo loro la mano a turno.

È un piacere anche per noi signor Potter si sentì rispondere


da qualcuno.

Chiamatemi pure Harry rispose, imbarazzato.

C'è un altro membro della squadra che al momento non è


presente, si chiama Augustus Merlin ed è assegnato al pattu-
gliamento di Hogsmeade.

Più che le strade, Merlin pattuglia tutti i pub! intervenne


Wilkinson, sollevando una risata generale.

321
Ragazzi! disse in tono di ammonimento Kingsley Ve l'ho
già detto, ma è meglio che lo ripeta: Merlin è stato ed è tut-
t'oggi uno dei migliori Auror del Dipartimento. Durante la sua
carriera ne ha passate tante e l'unica soluzione che ha trovato
per dimenticare è stato l'alcool.
Mentre il Ministro parlava, il ragazzo scrutava i suoi col-
leghi - gli suonava strano chiamarli così - uno ad uno: non li
aveva mai visti, se non in qualche fotograa. Griths era un
uomo alto, muscoloso e pieno di cicatrici; Adolph Gray e la so-
rella Amanda erano due individui molto curiosi, bassi e tarchia-
ti, con uno sguardo penetrante e un'aria attenta e intelligente;
Wilkinson era un tipo smilzo e gli occhiali che portava sul naso
lo rendevano alquanto buo. Inne Dawlish gli presentò Cas-
sandra Marshall, che non poteva avere più di venticinque anni,
facendogli notare che era un'animagus provetta: si trasforma-
va in falco e questo le permetteva di svolgere ricognizioni aeree
nelle missioni più dicili e impegnative.
Tutti indossavano una divisa scarlatta con alti stivali di cuoio
nero. Harry non sapeva cosa pensare, tutti quei maghi gli met-
tevano una certa soggezione, erano molto più esperti di lui. E
se non fosse stato in grado di resistere più di qualche secondo al
duello? Se non avesse messo a segno alcun incantesimo? Avreb-
be fatto di certo una guraccia, deludendo le loro aspettative
sulle sue grandiose capacità.
Griths avanzò verso di lui, mentre tutti gli altri si fecero da
parte. Il duello iniziò: Harry schivò per un soo un incantesimo
disarmante dell'Auror e scagliò due schiantesimi di seguito che
Griths scansò senza dicoltà. Prima che Harry potesse pen-
sare ad un altro incantesimo, dalla bacchetta del suo avversario

322
scaturirono una decina di otti di luce blu elettrico che si intrec-
ciarono fra loro in un complicato disegno per poi raggiungere, in
un istante, il petto di Harry. Il ragazzo non vide e non sentì più
nulla. Provò ad aprire gli occhi, a muovere qualche muscolo, ma
non ci riuscì. Non riusciva a spiegarsi cosa stava succedendo.

Poi si ritrovò nuovamente nella stanza rotonda con gli Auror,


disteso a terra. Si sentiva stanco come se avesse camminato
ininterrottamente per ore, senza mangiare, bere o dormire. Era
esausto, stava per perdere i sensi. Raccogliendo tutta la forza
che aveva, mormorò: Cos-cos'era quello?.

Era un incanto Fatigatus ! rispose Adolph Gray. È un


incantesimo che colpisce la mente della vittima, che crede di
trovarsi sospesa nel vuoto e annulla tutti i cinque sensi. Questa
fase dell'incantesimo dura qualche minuto, dopodiché la mente
della vittima si libera e colui che ha subito il Fatigatus torna,
per così dire, alla realtà. Ma attenzione, nché l'autore dell'in-
cantesimo non decide di fermarsi il suo avversario rimane inerte,
esausto. Nessuno riesce ad alzarsi e, detto questo, liberò Harry.

Potete insegnarmelo? chiese il ragazzo un po' frastornato


dall'incanto.

Be', non era in programma ma penso che potremmo fare


un'eccezione disse Amanda Gray guardando Dawlish.

L'Auror aveva l'aria dubbiosa ma, alla ne, acconsentì. Wil-


kinson spiegò ad Harry il movimento da fare con la bacchetta e
il ragazzo lo ascoltò attentamente. Al primo tentativo, i otti
blu non riuscirono a percorrere più di qualche metro, ma poi
migliorò velocemente; solo dopo una dozzina di tentativi riuscì
a tramortire Griths seppur solo per qualche secondo.

323
L'incantesimo non era abbastanza potente, devi concentrar-
ti un po' di più! spiegò Dawlish.
Alla ne dell'allenamento riuscì ad usare il Fatigatus su Cas-
sandra e a vincere il duello. Bravo Harry, complimenti! Pensa
che una volta, con questo incantesimo, mi sono colpito da solo!
esclamò ridendo Wilkinson e anche Harry si abbandonò ad una
risata spensierata.
Per concludere disse Dawlish, un paio di suggerimen-
ti riguardo alle prove che hai eseguito: nella prima prova hai
arontato i Lethifold in maniera egregia, il tuo Patronum era
perfetto.
Cosa sono i Lethifold? Pensavo fossero Dissennatori chiese
sorpreso Harry.
No Harry, non sono Dissennatori. Non ce ne sono più in
Inghilterra. I pochi che sono sopravvissuti alla battaglia di Hog-
warts si sono dileguati, anche se non sappiamo dove si trovino
tutt'ora. Comunque, ritengo che non ci daranno più fastidio.
I Lethifold, in eetti, ricordano molto i Dissennatori, ma
si nutrono di prede di ogni tipo, anche umane. Fortunatamente
per te, hanno un altro punto in comune con i Dissennatori: pos-
sono essere respinti solo con l'Incanto Patronum. Il Ministero
li ritiene più pericolosi dei Dissennatori. Per quanto riguarda i
Mostri, la tua idea è stata ingegnosa ma rischiosa, contro crea-
ture così pigre è suciente un incantesimo dormiente. Nella
quarta prova hai lavorato tanto per nulla, potevi semplicemente
far levitare il tavolo, sarebbe stato più semplice, no?.
Harry si sentì uno stupido, perché non ci aveva pensato?.
Bene, per oggi è tutto. Continuerai il tuo addestramento
a scuola e, se ce ne sarà bisogno, seguirai altre lezioni qui al

324
Ministero.
Harry annuì ma, avendo ancora qualche ora libera prima
di dover tornare ad Hogwarts, decise di fare una passeggiata a
Diagon Alley.
Come aveva già notato durante le visite precedenti, il quar-
tiere aveva riacquistato i fasti di un tempo: le vetrine risplende-
vano alla luce del sole e per le strade si aggirava un gran numero
di maghi, intenti a sbrigar le proprie faccende.
Harry si recò immediatamente da Accessori di Prima Qualità
per il Quidditch poichè aveva bisogno di una scopa nuova: la sua
era andata distrutta l'anno precedente.
All'uscita del negozio si ritrovò con le tasche decisamente
alleggerite, ma con un ordine di acquisto di una Firebolt Mil-
lennium, ultima uscita sul mercato e ottima per i cercatori grazie
all'ottimo compromesso tra maneggevolezza e accelerazione.
Soddisfatto della propria scelta, Harry si avviò verso una
zona di Diagon Alley che non aveva mai esplorato: lì aveva
un appuntamento con una sua vecchia amica, alla quale aveva
chiesto un grosso favore.
Dopo circa due ore, Harry salutò l'amica e si diresse al Mini-
stero per tornare ad Hogwarts. All'Ucio Auror, Harry salutò
Dawlish ed entrò nel camino.
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Ucio della
Preside esclamò e si sentì risucchiare all'interno del camino.
Rientrato, vorticando, nell'ucio della Preside, Harry si diresse
verso la Torre di Grifondoro, ripensando all'esercitazione; non
poteva dire che le esperienze di quel giorno fossero nuove per lui,
ma una cosa diversa c'era: non aveva agito per salvarsi la vita, o
per cambiare il mondo, ma per una sua scelta. Era il suo lavoro,

325
quello che aveva sempre desiderato! Quella giornata era stata
davvero piacevole, nonostante tutto ciò che era accaduto, e si
sentiva soddisfatto di sé. Si massaggiò il braccio nel punto della
ferita: Kingsley l'aveva rimarginata, ma faceva ancora male.
Raggiunse la Signora Grassa e, dopo aver litigato per la paro-
la d'ordine cambiata proprio quel giorno, entrò nella Sala Comu-
ne assieme ad uno studente del secondo anno di passaggio. Or-
mai quasi tutti erano scesi a cena, ma la stanza non era deserta:
Ginny era lì; Harry se lo aspettava.
Non appena lo vide, Ginny scattò in piedi. Aveva l'espres-
sione tirata, le mani che tormentavano insistentemente la veste.
Harry osò accennare un sorriso come a tranquillizzarla, ma non
raggiunse l'eetto desiderato; tutt'altro. Ginny coprì la breve
distanza che li separava e si fermò davanti a lui senza mai di-
stogliere lo sguardo da quello del ragazzo. Harry fu costretto a
ritirare il mezzo sorriso.
Senza preavviso Ginny levò la mano mollandogli un ceone
ben assestato. Sei un cretino! Dovevi dirmelo. Poi respirò
profondamente e lo strinse in un abbraccio. Per fortuna sei
tutto intero!.
Harry alzò il bracciò ferito per stringerla a sé e il dolore si
acuì. Non proprio disse con una smora in volto. Mollò la
presa da Ginny e tenne l'altra mano sulla ferita. Poi, veden-
do che Ginny aveva ripreso un'espressione severa, si arettò ad
aggiungere: Niente di grave, il Ministro ha già chiuso la ferita.
Ferita? Come niente di grave? Dovresti andare da Madama
Chips, per sicurezza . . . .
Te l'ho detto, ci ha pensato Kingsley; per domattina sarò
come nuovo!.

326
Va bene, disse per nulla rassicurata, ora scendiamo, hai
bisogno di mangiare e poi mi racconti tutto per lo e per segno,
intesi?.
Harry sorrise: anche se Ginny aveva il tono da arrabbiata,
capiva benissimo che si era tranquillizzata.
Quando arrivarono in Sala Grande rimasero senza parole, era
davvero bellissima: illuminata dalle candele, il sotto stellato,
limpido e senza nuvole. Anche il cielo si era rasserenato da
quella mattina, così com'era capitato a lui. Harry pregustava
già una bella chiacchierata con i suoi migliori amici, sprofondati
nelle loro poltrone preferite davanti al fuoco scoppiettante del
camino della Sala Comune.
Aaaaaahhhhhh! un urlo si alzò dal tavolo di Corvone-
ro. Ci fu un improvviso silenzio e tutti si guardarono intorno
preoccupati.
Non lo schiacciare! strillò un ragazza con voce isterica.
Harry si voltò e vide Lip Styk che saltellava vicino alla sua sedia
e con le braccia teneva tutti lontani.
Mormorii nervosi serpeggiarono tra gli altri studenti.
Che succede qui? chiese Hermione avvicinandosi; Lip la
guardò sconvolta e le indicò un piccolo scarafaggio sotto il tavolo.
Hermione rimase un attimo sconcertata, poi un leggero sorri-
so le increspò le labbra e tranquillizzò la biondissima Corvonero
indicandole Jatturius seduto al tavolo dei professori impegnato
in una ttaconversazione con Lumacorno.
La ragazza si accasciò sulla sedia arrossendo violentemente,
poi con un gesto di rabbia spiaccicò lo scarafaggio.
Molti ragazzi ridacchiavano mentre altri bisbigliavano tra lo-
ro chiedendosi se Lip fosse improvvisamente impazzita. Renden-

327
dosi conto che soltanto gli studenti del settimo anno potevano
capire il comportamento della ragazza, Hermione raccontò co-
sa era accaduto durante la prima lezione di trasgurazioni del
professor Jatturius.

Finita la cena, dopo che Ron ebbe divorato la sua quinta


fetta di torta marmorina e che Harry ebbe mangiato così tanto
budino da sentirsi un po' molle anche lui, Hermione e Ginny
proposero di salire e i due ragazzi, satolli e un po' assonnati,
accettarono di buon grado.

Superarono il ritratto della Signora grassa e presero posto


sulle poltrone. Harry salì a prendere Snitch: lo aveva un po'
trascurato e voleva rimediare. Quando lui nalmente si stravac-
cò sulla poltrona, la piccola puola dorata gli si accoccolò su
una spalla.

Ron tese un dito verso Harry e gli tastò la guancia. Ron,


si può sapere che diavolo stai facendo? gli chiese sorpreso da
quel singolare comportamento. Vedi Harry . . .  cominciò Ron
sghignazzando stavo ehmdire? Stavo controllando la tua con-
sistenza!. Harry lo guardò di sbieco.

Signor Potter! disse quindi in un nto tono serio e pom-


poso, vagamente somigliante a Percy. Sono lieto di informarla
che lei non è diventato un budino. E contro ogni previsione,
dato che ne ha divorato da solo uno intero alla fragola!.

Harry rise di gusto, poi pian piano si fece serio. Bene, penso
che vogliate sapere com'è andata oggi?.

No, Harry disse Hermione, penso che abbiamo cose più


importanti di cui parlare. La ragazza era molto seria, Harry
aveva notato che era stata strana tutta la sera, ma i continui

328
mutamenti del rapporto tra lei e Ron rendevano dicile capirla
ultimamente.

Di che si tratta? chiese Harry, sorpreso dal tono dell'amica.

Riguarda quello che è successo la notte di sabato. . . ci ho


pensato molto, ho fatto delle ricerche e letto un paio di cosette.

Sì, Harry, un paio di cosette. . . ha messo sotto sopra mezza


biblioteca! puntualizzò Ron.

Cos'hai scoperto? domandò Harry curioso.

Nulla, purtroppo nulla. Ci ho riettuto molto ma non sono


ancora riuscita a capire come sia potuto accadere. Ho riletto
Storia di Hogwarts almeno tre volte senza trovare nessun caso
analogo: mai la scuola era stata violata così facilmente.

Il silenzio calò tra i quattro: le parole di Hermione avevano


scosso il gruppo.

Quello doveva essere un mago davvero potente . . .  disse


Harry per spezzare il silenzio.

Le difese di Hogwarts non sono cosa da nulla. Si tratta di


una magia antica quanto la scuola stessa, impregnata nelle sue
mura; per riuscire a violare il conne, è necessaria una magia
ancora più grande!.

Harry non aveva nemmeno avuto il tempo di pensare a questi


particolari, non aveva considerato le implicazioni dell'intrusio-
ne. Anche dopo la morte di Silente aveva ritenuto il castello
inespugnabile, ma alla luce degli ultimi avvenimenti doveva am-
mettere che si sbagliava. Il suo errore aveva messo in pericolo
tutti gli studenti, i suoi professori e gli amici. In qualche modo
avrebbe dovuto rimediare a quanto successo.

329
Com'è strana la vita, rietté Ron, questo chissà che fa-
ticaccia ha fatto per entrare ad Hogwarts, e io invece non riesco
ad uscirne!.
Ron! lo richiamò Ginny. Lo sai che se volessi ti bastereb-
be aprire il cancello e andartene, poi però dovresti trovare un
posto ancora più sicuro per sfuggire alla mamma!.
Una smora di sacro terrore si dipinse sul volto di Ron: la
prospettiva era tutt'altro che allettante.
Harry scattò in piedi. Ma certo Hermione! Come abbiamo
fatto a non pensarci!.
Gli altri lo guardarono in attesa di spiegazioni. Hai sco-
perto come sono stati infranti gli incantesimi di difesa? chiese
incredula Ginny.
Secondo me nessun incanto è stato rimosso rispose fred-
damente Harry. Hogwarts è, e sarà sempre, impenetrabile; ma
dall'esterno!.
Hermione fu la prima a capire: Harry! Ti rendi conto
di quello che stai insinuando? Vorresti dire che qualcuno l'ha
aiutato ad entrare?.
Harry allargò le braccia lasciando intendere che non c'erano
altre possibili spiegazioni.
Non ci posso credere . . .  disse Ginny.
Ma tutto quadrerebbe intervenne Hermione elaborando
la scoperta. Come ho fatto a non pensarci prima? Sabato
sera con la storia di Minami eravamo tutti intenti a ssare il
cielo. . . scommetto che anche gli Auror erano un po' distratti,
chiunque avrebbe potuto approttarne per introdurre qualcuno
di nascosto. Dopotutto noi stessi abbiamo sperimentato almeno
un paio di modi per farlo; con un aiuto interno tutta questa

330
situazione si spiegherebbe! E poi considerate anche la sicurezza
con cui ha agito l'intruso, nonostante ci fossero in giro pattu-
glie di Auror si è spinto no al gargoyle senza che loro se ne
accorgessero.

Io non ci capisco più nulla disse Ron, grattandosi la testa.

Che cosa è venuto a fare? domandò Harry. Cosa cerca-


va? E poi, se c'è una spia dentro la scuola, a cosa gli serviva
entrare?.

Già . . .  sospirò Ron. Ed ora cosa si fa?.

Be', sapere che c'è una spia ad Hogwarts, è già un passo


avanti; ma il problema è trovarla tra centinaia di studenti . . . 
rispose Hermione ssando il fuoco con fare pensieroso. Escludi
già i professori? Ricordati cosa ci è capitato con Raptor e Crouch
Jr. disse Ron.

Non hai tutti i torti s'intromise Ginny, però bisogna tro-


vare un modo per riuscire a dare una controllata agli studenti
senza dare troppo nell'occhio.

Be', basterebbe mettere uno specchio come quello che ave-


va Malocchio, nascosto all'ingresso della Sala Grande, così da
vedere quando passa qualcuno cosa succede . . .  disse Ron.

Non funzionerebbe mai! Il nostro nemico potrebbe capire


perché c'è un Avversaspecchio vicino alla porta. . . e magari po-
trebbe aggirarlo con la magia! sbottò Hermione. E poi dove
pensi di trovarlo?.

In ogni caso non possiamo contare solo sulle nostre forze
intervenne Harry.

Hai ragione, dovremmo essere di più, e io ho una mezza


idea di come fare suggerì Hermione. Poi mi farò venire un'i-

331
dea migliore, ma per il momento la cosa migliore è riconvocare
l'ES!.
L'Esercitò di Silente! Harry non ci aveva pensato: era sicuro
che se avesse chiesto aiuto nessuno si sarebbe tirato indietro.
Ma nutriva alcune perplessità. Non lo so Hermione, non me la
sento di coinvolgere tutti in questa faccenda, il pericolo è troppo
grande. . . e se succede qualcosa ad uno di loro?.
Ma non ho in mente nulla di pericoloso, solo di vigilare, con-
trollare comportamenti sospetti. . . una ventina di sguardi sono
sempre meglio che quattro! Non ti pare?.
Harry dovette ammettere che in fondo l'amica aveva ragio-
ne: non c'era alcun bisogno di nominare la Bacchetta di Sambu-
co; sarebbe stato suciente dire che un intruso stava cercando
qualcosa a Hogwarts.
Va bene. Speriamo che i Galeoni funzionino ancora, ci pensi
tu a mandare i messaggi?.
Detto questo, Harry prese in grembo Snitch e iniziò a giocarci
con la mano facendolo rotolare da una parte all'altra, poi prese
una caramella che qualche studente distratto aveva dimenticato
sul tavolino e la scartò.
Hermione seguì la scena disgustata: Siete tutti uguali. . . basta
che una cosa sia commestibile che ve la ccate subito in bocca!.
Harry, ignorando il rimprovero dell'amica, mise la caramella
in bocca. All'improvviso provò una sensazione terribile, come
se qualcosa gli fosse esploso in testa. Si portò le mani alla gola e
sentì Ron gridare allarmato: Oddio Harry! Ti sta succedendo
di nuovo!? Ancora una visione?.
Harry stava provando un senso di soocamento, non riusciva
a respirare. Una sensazione di impotenza lo pervase, non toccava

332
più terra, era così leggero che gli pareva di galleggiare in aria.
Poi non capì più nulla, tutto si fece nero. . .
Aprì gli occhi e vide il volto di Ginny a due centimetri dal
suo. Harry, Harry! Come ti senti? stava dicendo la ragazza,
tenendolo per la maglia. Ron e Hermione erano subito dietro di
lei e lo ssavano con aria preoccupata.
Harry, ancora scosso, si rese conto di trovarsi disteso sul
tappeto vicino al camino. Si alzò lentamente, barcollando; Ron
lo prese di peso e lo trascinò verso le poltrone.
Si sentiva la bocca impastata da una sostanza indenita: si
levò un brandello dai denti e lo esaminò. Ceh cafa gnalo?
tentò di parlare.
Una Bubblemuu disse Hermione. Spero che ora ci pen-
serai due volte prima di ccarti qualcosa in bocca.
Harry sbatté gli occhi ancora stralunato.
Adesso capisci cos'ho provato quest'estate? Non è tanto
divertente, vero? chiese Ron.
Il ragazzo scosse il capo sorridendo.
Hermione, invece, era rimasta seria. Ron, cosa intendevi
prima conUna visione? Di nuovo? chiese stupita, senza però
ricevere alcuna risposta.
Harry non riusciva a parlare, ancora evidentemente scosso
dall'accaduto; così Ginny prese la parola ed iniziò a raccontare
quello che sapeva: la visione e i fatti successi a Diagon Alley.
Harry e Ron erano in evidente imbarazzo, entrambi erano
preoccupati per la reazione di Hermione: temevano che si sa-
rebbe arrabbiata moltissimo per esser stata tenuta all'oscuro di
tutto.

333
Invece la ragazza reagì in maniera completamente diversa,
parlò con voce quasi spezzata: Scusatemi, scusatemi tutti! Voi
stavate passando tutto questo mentre io . . . .
Ron le si avvicinò e la strinse a sé. Harry la rincuorò strin-
gendole dolcemente la mano, poi prese coraggio e proseguì da
dove Ginny si era fermata: era l'occasione adatta per raccontare
tutto quello che era successo nei mesi precedenti, nalmente.
Questo non è tutto, Hermione: come ti ho detto stamattina,
ci sono molte cose che ti sei. . . ehm. . . persa, quest'estate.
Per mezz'ora Harry raccontò all'amica tutto ciò che era ca-
pitato, cercando di non tralasciare il minimo dettaglio: era es-
senziale che fossero messi al corrente di tutto. Spiegò cosa era
accaduto sull'Espresso per Hogwarts: aveva visto il treno cade-
re nel burrone, come un'anticipazione dell'incidente. Poi si era
ritrovato in una stanza buia dove c'era un vecchio che leggeva
un libro dall'aspetto molto antico, pieno di simboli strani.
Come strani? Che libro era? Come era fatto? chiese Her-
mione saltando sulla poltrona. Harry le fece cenno di tacere e
continuò a raccontare, non tralasciando i dettagli, come nell'ul-
tima visione aveva visto l'intruso che subito dopo era riuscito
ad intrufolarsi nel castello.
Tutto questo non ha senso! continuò testarda Hermione.
La ragazza, frustrata, si mise a misurare a grandi passi la sala.
Harry e Ron si scambiarono uno sguardo signicativo.
Dobbiamo risalire alla fonte delle tue visioni. . . non capisco,
ormai il collegamento che avevi con Voldemort è chiuso disse
Hermione sconsolata. C'è qualcosa che non mi quadra nel tuo
racconto, o meglio, qualcosa che mi sfugge!.
Di cosa parli?.

334
Non lo so. Sono sicura che c'è un collegamento! È qui nella
mia testa. . . ma non riesco a coglierlo del tutto!.
Ron, che ormai poteva permettersi di scherzare normalmen-
te, fece roteare l'indice intorno alla tempia, facendo capire che
non seguiva del tutto i ragionamenti della ragazza.
Harry guardò la scena sollevato: quella sera non avrebbe-
ro scoperto l'identità dell'intruso, né l'origine delle sue strane
visioni, ma nalmente aveva raccontato tutto ad Hermione, ed
era tornata la normalità nel gruppo. Tutto sarebbe stato più
semplice.

335
336
Capitolo 14

L'ARTICOLO CHE

BRUCIA

Harry, Harry svegliati! la voce di Ron gli giungeva da un luogo


molto lontano, troppo debole perché riuscisse a sentirla nel suo
stato di dormiveglia.

Alzati!. Perché continuava a chiamarlo? Stava ancora


sognando.

BANG.

Harry venne sollevato dal letto e poi cadde a terra, aggro-


vigliato nelle tende del baldacchino. Si rialzò, districandosi a
fatica e inforcando gli occhiali, per poi ributtarsi sul letto, mu-
gugnando ancora mezzo addormentato mentre i suoi compagni
di stanza ridevano di lui.

337
Scusa ridacchiò Ron. Ho dovuto farlo continuò mo-
strando la bacchetta che ancora teneva in mano, oggi ci sono
le selezioni, ricordi?.
Imprecando a mezza voce, Harry si precipitò a prendere la
divisa dal baule.
Si vestì in tutta fretta, inlando più volte la veste nel verso
sbagliato. Quando fu pronto, si catapultò giù dalle scale con
Ron alle calcagna.
Allora Ron iniziò a spiegare tutto trafelato, tu raduni
tutti quelli che vogliono partecipare, poi mi raggiungi giù al
campo. Io intanto vado a preparare l'occorrente per le selezioni.
Non avendo nemmeno il tempo di fare colazione, Harry su-
però la sala grande con un po' di rimpianto per non essersi sve-
gliato prima. Uscì dal portone di quercia e si incamminò verso
il campo.
Si ritrovò immerso nel silenzio mattutino e respirò a pie-
ni polmoni guardando il cielo terso di ne settembre. Erano
passate tre settimane dall'intrusione del mago oscuro e dall'e-
sercitazione al Ministero: venti giorni in cui tutto era andato
per il meglio. Ron e Hermione andavano d'amore e d'accordo,
le lezioni procedevano senza grossi intoppi e, soprattutto,non si
era presentato nessun pericolo mortale.
Appoggiò a terra la cassa di legno contenente le palle da gioco
che aveva appena recuperato dallo stanzino di Madama Bumb e
si guardò attorno controllando che tutto fosse in ordine. L'aria
fresca gli solleticava la pelle e lo rendeva felice, ricordandogli
tutti i bei momenti che aveva passato in quel luogo.
Ron e gli altri non si vedevano, così aveva ancora qualche
minuto per provare la nuova scopa: voleva vericare se tutto ciò

338
che aveva decantato il commesso del negozio fosse vero. Spiccò il
volo puntando verso il cielo, come aveva fatto con la Firebolt che
aveva ricevuto in regalo da Sirius. Presto si rese conto che era
schizzato troppo in alto, come non era mai accaduto con le altre
scope: se voleva essere sicuro di acchiappare il Boccino doveva
imparare a governare meglio la sua nuova Firebolt Millennium.
Stanco delle acrobazie, si concesse un giro attorno al campo.
Aveva quasi percorso l'intero perimetro quando scorse un folto
gruppo di Grifondoro, guidati da Ron, sopraggiungere al campo
che ora luccicava, illuminato dai primi coraggiosi raggi solari
spuntati da dietro i monti.
Vedendo quanti erano gli prese un colpo; adesso viene il bello!
pensò.
Accelerò per raggiungerli e sferzando l'erba atterrò davanti
al gruppo.
Ron gli si avvicinò sorridendo. Già qui? Ti sei svegliato
presto! commentò ironico.
Ma non vorranno mica fare tutti le selezioni? gli chiese
Harry preoccupato.
No, tranquillo! Quelli equipaggiati per il volo sono sì e no
una ventina, gli altri sono solo venuti ad assistere. Ti ho visto
volare sulla nuova scopa: è una bomba!. Harry annuì felice,
sollevato che gran parte del gruppo si stesse sistemando sugli
spalti e solo in pochi entrassero in campo.
Si schiarì la voce. Benvenuti a tutti esordì. Oggi decide-
rò chi farà parte della squadra della nostra casa per quest'anno.
Fece una pausa. Voglio che sia subito chiaro che questo non
è solo un gioco, è sopratutto un grosso impegno: chi entrerà
nella squadra dovrà faticare molto più degli altri, ci aspetteran-

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no estenuanti allenamenti e nessun insegnante vi giusticherà se
trascurerete le lezioni. Se qualcuno non è disposto a sopportare
questi sacrici, può andarsene già adesso.
Nessuno si mosse. Guardò negli occhi tutti i candidati: in
mezzo a loro c'era la sua futura squadra.
Bene, adesso ditemi per che ruolo vi siete . . . . Harry si
fermò, improvvisamente si era reso conto che, tra tutti i ragazzi
che aveva di fronte, mancava Ginny.
Scusate . . .  continuò una volta ripresosi ditemi in che
ruolo intendete giocare così iniziamo.
Avrebbe desiderato fermare tutto e correre a cercarla o, per-
lomeno, tentare di guadagnare un po' di tempo. Ma non poteva
fare preferenze: per quanto doloroso fosse, in quell'occasione
la sua ragazza era come tutti gli altri.La maggior parte in liz-
za per i posti da Cacciatore, altri per quelli da Battitori e. . . e
Ron. Fortunatamente per l'amico non si era presentato nessun
altro Portiere: doveva essersene accorto perchè non sembrava
per niente ansioso come al solito.
Divise i Cacciatori in due squadre e lo stesso fece con i
Battitori.
Userete una sola porta spiegò, e, al termine di ogni azio-
ne, la Plua dovrà superare la metà campo prima che l'altra
squadra possa ripartire.
Aprì il baule, prese la Plua e la lanciò in alto, subito i
Cacciatori iniziarono a scaldarsi con qualche passaggio di pro-
va; poi liberò i bolidi che sfrecciarono contro i giocatori per
disarcionarli.
Si avvicinò a Ron che si stava dirigendo verso gli anelli.
Dov'è tua sorella?.

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E io che ne so? rispose, non la vedo da ieri sera!.
Se non arriva subito, nirà fuori squadra. . . non so cosa
fare!.
Povero Harry, se Ginny non entrerà in squadra non vorrei
essere al tuo posto!.
L'amico aveva ragione, si sarebbe arrabbiata veramente! Ma
non era colpa sua, era lei ad essere in ritardo. Cosa aveva da
fare di così importante?
Sì, ma cosa ci posso fare io? chiese retorico.
Potresti scappare, cambiare stato, nasconderti per l'eterni-
tà . . .  disse Ron divertito.
Ma cosa stai dicendo?.
Rilassati gli rispose dandogli una pacca sulla spalla, ec-
cola che arriva, a quanto pare ti è andata bene!.
Ginny stava arrivando a passo spedito con Hermione, che
andò a sistemarsi sugli spalti..
Ginny, dove diavolo eri nita?.
Avevo da fare. . . perché cos'è successo?.
Ancora niente. . . ma se fossi arrivata un momento dopo. . . saresti
nita fuori squadra!.
Ma sono qui, no? disse prima di montare sulla scopa e
raggiungere gli altri in volo.
Ron scrollò le spalle e seguì la sorella.
Harry si sistemò vicino Hermione e diede il via.
Cosa ha per la testa Ginny? pensò. Si sta comportando in
modo troppo strano.
Tra i candidati Cacciatori, Harry conosceva, oltre Ginny, solo
Demelza Robins, che aveva fatto parte della squadra due anni
prima.

341
Ron era in forma e fece delle parate davvero eccezionali; an-
che se non mancarono i punti segnati dagli aspiranti Cacciatori.
Ginny, al solito, aveva dimostrato di avere una marcia in più,
anzi, diventava sempre più brava. Anche Demelza continuava a
cavarsela bene. Il terzo Cacciatore scelto per entrare in squadra
fu Ben Willar, un ragazzo con i capelli a spazzola del quarto
anno, che si rivelò molto abile sia nel volo che nella mira. Inol-
tre Harry invitò anche un altro ragazzo - del secondo anno - ad
allenarsi con loro, poiché, seppur molto inesperto, dimostrava
un'ottima predisposizione.
Anche Jimmy Peakes, della vecchia squadra, fu riconfermato.
In quei due anni era cresciuto parecchio mettendo su un sico
possente. Era diventato un perfetto Battitore. L'altro giocatore
scelto per quel ruolo - o meglio l'altra - fu Rosy Bladger, una ra-
gazza del sesto anno, che, oltre ad avere un' insospettabile forza,
era anche notevolmente carina. Decise però che forse sarebbe
stato più saggio non condividere con Ginny quest'impressione.
La formazione era al completo: Ron, portiere; Harry, cerca-
tore; Jimmy e Rosy, Battitori; Ginny, Demelza e Ben, Caccia-
tori. Harry era soddisfatto della nuova squadra, avevano ottime
probabilità di far bene. Inoltre Ron e Ginny erano stati riconfer-
mati per i loro meriti senza che nessuno potesse insinuare niente
a proposito della loro amicizia.
Bene si rivolse alla squadra, d'ora in poi rappresentere-
mo tutti i Grifondoro: se avremo successo potremo fare felice
l'intera casa, se falliremo dovremo assumerci le nostre respon-
sabilità.
Non trovando Ginny tra i ragazzi, guardò oltre e si accorse
che stava già lasciando il campo e le corse dietro.

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Complimenti, sei stata fantastica! le disse appena la rag-
giunse.
Grazie rispose lei senza smettere di camminare, è stato
bello tornare a volare!.
Harry le si parò davanti bloccandola. Ehi, si può sapere
perché hai tutta questa fretta?.
Hermione mi aspetta, dobbiamo fare una cosa. . . .
Ma pensavo che avremmo potuto festeggiare!.
Ora non posso, te l'ho detto. Più tardi forse. . .  poi cor-
se su per la collina, lasciando Harry inebetito: mai si sarebbe
aspettato una reazione simile da parte della sua ragazza.
Fu costretto a tornare alla realtà da Ron, che attirò la sua
attenzione toccandogli la spalla e indicando l'entrata del campo:
col berretto calcato sui lunghi capelli biondi, Bryan Hyde era
entrato nello stadio.
Ehi, Potter! fece l'americano ormai poco distante da lui,
Quella che correva non era la tua ragazza? Avete litigato?
chiese cercando di farsi sentire da tutti i presenti. Se vuoi ci
penso io a tenerle compagnia continuò, ci so fare con le donne,
con me sarà in ottime mani e scoppiò in una risata di scherno.
Harry era furioso: Hyde lo aveva messo in ridicolo davanti
a metà dei Grifondoro, ma ciò che gli faceva più male erano le
sue insinuazioni sul rapporto tra lui e Ginny.
Razza di cane rabbioso! Io lo distruggo, lui e tutti i suoi
amichetti americani insolenti, deve solo provare ad avvicinarsi a
lei! sussurrò Ron tra i denti. Aveva i pugni serrati e le orecchie
rosso peperone: poteva esplodere da un momento all'altro.
Harry sentì crescere in lui l'imbarazzo e la rabbia, voleva can-
cellare quella smora soddisfatta dalla faccia di Hyde. D'istinto

343
portò la mano alla tasca della divisa cercando la bacchetta, ma
si fermò: era il Capitano, doveva dare il buon esempio agli altri
giocatori. Così si limitò a trattenere l'amico per un braccio, im-
pedendogli di scagliarsi contro l'americano. Hyde, intanto, era
rimasto lì, senza muoversi.
Ron, che si era liberato dalla presa di Harry, gli si parò
davanti: Cosa vuoi ancora?.
Partecipare alle selezioni . . .  rispose un po' beardo.
Oh. . . non penso proprio, qui dobbiamo fare la squadra di
Grifondoro e non c'è posto per gli americani! Diglielo anche tu
Harry . . . .
Ho gli stessi tuoi diritti Weasley! rimbeccò.
Harry non si sarebbe mai aspettato che avrebbe osato tanto:
presentarsi in ritardo e pretendere di entrare nella sua squadra,
soprattutto dopo che lo aveva messo in ridicolo poco prima.
Cosa aveva in mente?
Però aveva ragione, aveva lo stesso diritto di tutti gli altri di
essere lì.
Ron, lascia stare, ha ragione lui lo zittì, poi si rivolse a
Bryan. Solo che sei arrivato tardi, ormai ho già scelto Battitori
e Cacciatori . . . .
Ho visto. . . ma io sono un Cercatore!.
Harry rimase un momento interdetto, ma si riprese subito.
Bene disse sotto lo sguardo sbalordito di Ron, vediamo cosa
sai fare.
Harry era il Capitano e avrebbe anche potuto liquidarlo velo-
cemente: la squadra aveva già un Cercatore, lui. Ma non voleva
perdere l'occasione di confrontarsi con Hyde: volare era ciò che
gli riusciva meglio.

344
La cosa è semplice . . .  spiegò, il primo che prende il
Boccino diventa il Cercatore della squadra!.
Ottimo rispose Bryan.
Ron, quando siamo in aria, libera il Boccino d'Oro.
Il ragazzo lo guardò perplesso. Harry, sei sicuro che . . . .
Fai quello che ti ho detto, quando saremo lassù, libera il
Boccino. Poi inforcò la scopa e spiccò il volo. L'americano non
aspettava altro e lo seguì subito.
Sentiva l'adrenalina scorrergli nelle vene e cercò di concen-
trarsi per raggiungere la maggior velocità possibile: voleva im-
pressionare Hyde. Sorrise di sé, quel giorno era proprio in forma,
si sentiva imbattibile.
Puntò la scopa ancora più in alto raggiungendo una velocità
esagerata. Ma, in quel momento, scorse una sagoma alla sua
destra: Hyde gli teneva testa! Gli fece un cenno con la mano e
frenò di colpo; l'altro lo imitò ed insieme guardarono giù. Quel
piccolo puntino indistinto, che era Ron, ora stava agitando la
mano, segnalando che il Boccino era libero.
Iniziò a scrutare il campo alla ricerca di uno scintillìo dorato.
Si sentiva eccitato come in una partita vera; e in eetti, per lui,
quella era forse più di una partita vera, era la sua partita.
Bryan, senza preavviso, scattò in direzione degli anelli più
lontani. Harry esitò e partì al suo inseguimento solo qualche
istante dopo. Ma dov'era il Boccino? Cercava di individuarlo
senza successo. . . non riusciva a vederlo.
L'americano volò no agli anelli e poi si bloccò. Harry,
che non se ne era accorto impegnato a setacciare il cielo, quasi
gli franò addosso. L'avversario esibì uno dei suoi soliti sorrisi
canzonatori.

345
Aveva bluato! Nemmeno lui aveva visto nulla.

Così in America ricorrete a questi trucchetti? lo stuzzicò


Harry.

Non sono trucchetti. . . è strategia! Fa parte del gioc . . . 


si interruppe guardando qualcosa alle spalle del rivale, poi par-
tì repentinamente travolgendolo. Harry quasi si capottò dalla
scopa e solo quando riprese il controllo capì che questa volta
l'aveva visto davvero: Hyde stava volando dietro ad un pallino
giallo luminoso.

Harry scattò lanciandosi alle sue calcagna, era già la secon-


da volta in pochi minuti che l'americano guidava il gioco. Ben
presto si rese conto che la sua Firebolt Millennium gli dava un
discreto vantaggio: ogni secondo guadagnava qualche centime-
tro. Ma quando stava quasi per aancarlo, Bryan lo guardò
sorridendo e aumentò la velocità.

Ho fatto male a sottovalutarlo, constatò.


Inaspettatamente il Boccino cambiò direzione salendo in al-
to e poi saettando verso Harry. Purtroppo non fu abbastan-
za veloce da reagire e il pallino gli passò talmente rasente da
scompigliarli i capelli; ma ora era lui ad essergli più vicino.

Compiendo un mezzo giro della morte e un mezzo avvitamen-


to, Harry si portò a ridosso del Boccino. Lo stava raggiungendo
e Bryan era diversi metri dietro.

Il suo obiettivo ormai era a portata di mano, si allungò pron-


to ad aerrarlo. L'americano l'aveva raggiunto e lo stava supe-
rando dall'alto, praticamente era sopra di lui. Ma ormai ce l'a-
veva quasi fatta, Bryan non sarebbe riuscito a prenderlo prima
di lui.

346
Sentì le ali del Boccino sorargli le dita, ma quando le chiu-
se. . . strinse l'aria.

Bryan volava sopra di lui e, appeso con le mani al mani-


co di scopa, aveva tirato un potente calcio alla piccola palla
lanciandola chissà dove.

Harry si bloccò. Non aveva mai visto niente del genere: il


Quidditch americano era pieno di sorprese.

Non te l'aspettavi, vero Potter? lo derise La prima regola


per un Cercatore è di non pensare mai di aver vinto nché il
Boccino non è al sicuro nella propria mano!.

Smettila di blaterare e concentrati sul gioco! sbottò Harry


prima di ricominciare ad esplorare il campo dall'alto. L'aveva
fregato ben bene, una mossa del genere non se la sarebbe mai
aspettata: Hyde era davvero un giocatore eccezionale. Forse
aveva fatto male a sdarlo così apertamente, stava rischiando di
perdere la faccia. Lo aveva sottovalutato. . .

HARRY! CHE FAI LÌ IMMOBILE? SVEGLIATI! urlò


Ron dal basso.

Si rese conto che Bryan era di nuovo in movimento dietro


al suo obiettivo. Stava volando spaventosamente bene: ad ogni
cambio di direzione del Boccino reagiva velocemente, virando
con la scopa. Harry partì di scatto, utilizzando tutta la forza
che aveva in corpo.

Incrociò la traiettoria del Boccino e di Bryan a metà campo,


a solo qualche metro dal manto erboso. I due ragazzi volarono
anco a anco senza risparmiarsi spallate e mosse poco puli-
te: erano entrambi molto determinati. Fecero alcune acrobazie
pericolose per non rischiare di rimanere indietro.

347
Ad un tratto il boccino scattò verso l'alto; Bryan intuì il cam-
bio di direzione un attimo prima di lui portandosi in vantaggio.
Harry ormai non poteva far nulla. Si sentiva pesante come aves-
se un enorme masso sulle spalle; nonostante ciò si riportò sotto
Bryan, ma l'americano ce l'aveva quasi fatta.
Bryan salì in piedi sulla scopa come avevano visto fare al
professor Willis, pronto a vincere in modo spettacolare; ormai
aveva quasi preso il boccino. Ma di nuovo questo svoltò repenti-
namente dirigendosi proprio contro Hyde: il ragazzo era in piedi
sulla scopa e non aveva il pieno controllo dell'equilibrio. Oscillò
pericolosamente, fece ruotare le braccia per ristabilizzarsi. . . ma
era troppo tardi.
Bryan, Boccino d'Oro e scopa iniziarono a precipitare. Harry
si ritrovò, suo malgrado, nella traiettoria di caduta e non poté
far altro che cercare di prepararsi all'urto.
In quel caos gli sembrò di sentire le urla di spavento dei suoi
compagni provenire dagli spalti. Poi più nulla.
Era a terra, Bryan sopra di lui e le scope malamente inca-
strate tra loro. L'americano si rialzò dolorante.
Hai cercato di strafare, se fossi rimasto seduto ce l'avresti
fatta! gli disse Harry.
L'altro rispose con una smora.
Harry cercò di rimettersi in piedi, ma una tta intensa lo
colpì alla schiena all'altezza del rene destro. Portò una mano in
quel punto e capì l'origine del dolore.
Bryan stava già risistemando la scopa per partire.
Cosa fai? gli chiese.
L'altro lo guardò senza capire il senso della domanda.

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Harry continuò: Qualcuno ha detto che la prima regola per
un Cercatore è di non pensare mai di aver vinto nché il Boccino
non è al sicuro nella propria mano!.
E allora?.
Harry tirò fuori il boccino che gli si era incastrato sotto la
schiena durante la caduta. Be', adesso penso di aver vinto!.
Poi si alzò in piedi massaggiandosi il sedere.
Hyde sgranò gli occhi. Non hai dimostrato niente, è stata
solo fortuna!.
In partita conta anche quella. . . l'importante è prendere il
boccino, non importa come!. Però aveva perfettamente ragio-
ne, era riuscito a vincere solo per un'incredibile coincidenza; in
volo, Bryan si era dimostrato nettamente superiore.
Hyde raccolse con rabbia la scopa e gli voltò le spalle per
andarsene.
Dove vai? disse Harry.
L'altro si fermò. Ma che razza di domande fai? Me ne
torno al castello, dove vuoi che vada?.
Ma io non ho ancora nito con te. Hai dimostrato di essere
un giocatore eccezionale; hai perso la sda, ma io penso sia
giusto orirti un posto come riserva. Accetti?.
Ma Harry. . .  protestò Ron avvicinandosi.
Bryan sputò per terra. Io riserva a te? Ma non hai visto di
cosa sono capace?.
Io sono il Capitano e io decido. Questo è quello che ti oro,
prendere o lasciare. . . .
Hyde sputò nuovamente a terra. Va bene, ma presto capirai
il grosso errore che stai facendo: sui giornali potrai pur far più

349
scalpore di me, ma sul campo di Quidditch sono sicuramente io
il migliore.

Ah, e stai attento alla tua ragazza! aggiunse voltando le


spalle e lasciando il campo.

Perché ha parlato di giornali? chiese Ron, ancora nervoso.

Non lo so Ron, io quello lo capisco sempre meno!.

I due amici impiegarono una buona mezz' ora a rimettere in


ordine il campo. Assicurarono i bolidi dentro la cassa, richiusero
il boccino nel suo contenitore e riportarono baule e scope nello
stanzino di Madama Bumb.

Ormai non mancava molto al pranzo quando rientrarono al


castello. Giunti nell'Atrio, Hermione andò loro incontro con
un'espressione di totale disappunto in viso. Hyde ha fatto
arrabbiare Malfoy e ora si stanno arontando nel corridoio di
Barnaba il Babbeo! disse aannata.

Cosa? chiese Ron incredulo. Ma se era al campo poco


fa! È proprio uno . . . .

Hermione partì con la sua ramanzina. Non ci posso credere,


Malfoy è sempre il solito: non è un comportamento adatto, è
all'ultimo anno, dovrebbe dare il buon esempio!.

Harry e Ron la guardarono sbigottiti. Hermione, è di Dra-


co Malfoy che stai parlando! esclamò quest'ultimo. Il buon
esempio? Non scherziamo!.

Speravo che dopo quello che è successo l'anno scorso fos-


se rinsavito un po', in fondo ha evitato Azkaban per il rotto
della cua! E mettersi a litigare con un americano non mi sem-
bra proprio un idea geniale, sopratutto dopo le raccomandazioni
della McGranitt.

350
Raggiunsero velocemente il settimo piano, una folla di stu-
denti bloccava il passaggio per il corridoio dove, Harry lo sapeva
bene, si trovava la Stanza delle Necessità. Molti ragazzi erano
appiattiti contro le pareti e al centro due gure si fronteggiavano
girando in tondo come lupi, le bacchette puntate l'uno contro
l'altro, pronti a colpire. Il pubblico era percorso da un chiac-
chiericcio curioso ed eccitato, esaltato dalla prospettiva di un
combattimento.
Se uno di voi sudici americani osa ripeterlo lo aatturo
tanto velocemente che non avrà neanche il tempo di farsela ad-
dosso! stava dicendo Malfoy con il solito sorriso maligno sul
volto distorto dalla rabbia.
Se chiami ancora uno di noi sudicio americano sarai tu
quello aatturato! gli rispose a tono Hyde.
Risa di scherno si levarono dai ragazzi americani dietro di
lui, un risolino acuto spiccò tra le ragazze. Hermione sbuò
indignata: anche lei, come Harry, aveva riconosciuto Hawaii,
l'americana a cui avevano chiesto il Settimanale delle Streghe.
Io vi chiamo come mi pare e piace! ribatté Malfoy. Per-
ché è questo che siete: sudici traditori della madrepatria e quello
che avete detto è disgustoso e ignobile! Non dovete permetter-
vi. . . voi non sapete come sono andate le co . . . .
Io non sarò un inglese bello e damerino, ma i giornali li leg-
go replicò Hyde, facendo un passo in avanti e voltandosi verso
la folla sempre più numerosa. Tutti sanno cos'è successo!.
Mi domando se davvero capisci quello che leggi . . .  con-
tinuò Malfoy, sempre più risentito. Dubito che voi americani
creduloni siate in grado di distinguere la vera informazione dalla
volgare spazzatura.

351
Harry non si trattenne. Di che parlate? chiese a entrambi.
Non sono . . .  cominciò Malfoy.
. . . aari tuoi! concluse Hyde.
Almeno su questo vi trovate d'accordo disse ironico Harry.
Non credevo che gli americani fossero capaci di dire cose
sensate disse Malfoy schernendo Hyde.
Quest'ultimo alzò la bacchetta e la puntò su Malfoy. At-
tento a ciò che dici . . . .
Harry si apprestò a fare un passo avanti, ma Hermione lo
trattenne per la manica. Harry, fermati! Non ti impicciare, ti
metteresti nei guai. Aspetta i professori!. Ma Harry non aveva
intenzione di ascoltare il suggerimento.
Vogliamo passare ai fatti? ringhiò il Serpeverde, alzando
la bacchetta. Dalle tue parti sanno cosa vuol dire duellare? O
vi insegnano a colpire solo alle spalle?.
Ci insegnano a colpire sempre per primi, Malfoy! disse soa-
vemente Hyde senza perdere di vista la mano dell'altro. Cosa
che tu non sei in grado di fare ora!. Poi gridò: Devicto!.
Malfoy fu colpito al volto da un fascio di luce argentata e
barcollò tentando inutilmente di tenersi in equilibrio. Si accasciò
a terra con un gemito.
Harry non si trattenne più: estratta la bacchetta, si liberò
con uno strattone dalla presa di Hermione e si staccò dalla folla
avanzando sicuro verso i due sdanti. Hyde scagliò un'altra
maledizione contro Draco, ma Harry lo anticipò, la respinse e
una giovane ragazza americana si ritrovò con il viso coperto di
viscide verruche viola.
Potter, che diavolo fai?. Lanciò una maledizione scarlatta
su Harry che lo sbalzò due metri indietro, sulla folla. Harry

352
si rialzò tenendosi il petto, colpito duramente; intanto Malfoy,
rialzatosi da terra, lo sguardo feroce, stava per partire al con-
trattacco. I ragazzi che prima urlavano, si stavano lentamente
calmando.

Cosa succede qui? la professoressa McGranitt era spuntata


dal fondo del corridoio. Si fece avanti a passo di marcia mentre
la folla si disperdeva al suo passaggio, gli occhi che mandavano
lampi da dietro gli occhiali. Qualcuno me lo vuole spiegare?.

Harry guardò gli altri due che rimanevano in silenzio, squa-


drandosi ostili; il desiderio di sapere cosa fosse successo tra Hyde
e Malfoy ardeva dentro di lui come una amma.

Molto bene proseguì adirata la Preside. Tutti e tre nel


mio ucio, immediatamente! E voi andate in Sala Grande, è ora
di pranzo continuò rivolta ai ragazzi che non avevano ancora
lasciato il corridoio.

Seguirono la professoressa in silenzio ed entrarono nel suo


ucio sotto lo sguardo torvo dei presidi nei loro quadri. La
voce della McGranitt sembrava molto calma, ma si intuiva che
reprimeva a stento la rabbia. Mai in tutti gli anni di insegna-
mento in questa scuola ho visto studenti del settimo anno avere
un comportamento tanto irresponsabile. Signor Potter, signor
Malfoy mi meraviglio di voi. Quanto a lei signor Hyde sappia
che in questa scuola non si tollerano comportamenti del genere.

La McGranitt incrociò lo sguardo dei tre ragazzi, uno ad uno.


Bryan fu il solo a parlare. È inaccettabile signora preside, non
siamo venuti qui per farci prendere in giro! Se la nostra presenza
non è gradita, ce ne torniamo subito a casa.

Draco soocò una risata eloquente.

353
Non capisco cosa sia successo Hyde, ma non mi pare che
tu stessi fraternizzando con Malfoy ribatté Harry. Non poteva
credere che lo stesse difendendo.
Non devi fare l'avvocato difensore in ogni situazione. Per-
ché non ti fai gli aari tuoi, Potter? Tu non c'entri niente con
questa storia! sbottò Malfoy.
Insomma silenzio! Voglio fare chiarezza: Potter, è vero che
non c'entri nulla? domandò la Preside squadrandolo dubbiosa.
Sono arrivato alla ne, non so . . .  cominciò titubante
Harry, subito interrotto dalla preside.
Allora signor Malfoy? Me lo vuole dire lei cos'è successo?
chiese perentoria.
Malfoy si guardò in giro facendo nta di non sentire.
Si rende conto che dovrò prendere provvedimenti?.
Il ragazzo si alzò in piedi scostando rumorosamente la sedia.
Provvedimenti? Va bene, faccia quello che crede. Anche lei
ora sputa sentenze senza conoscere i fatti. Detto questo uscì
dallo studio lasciando tutti di sasso.
La preside rimase impassibile, se era rimasta turbata non lo
dava a vedere. Biascicò qualche parola incomprensibile tra sé,
poi guardò in direzione di Hyde. Lei ha nulla da dire?.
Certo! In America sarebbe inaccettabile che un professore
venga trattato in questo modo!.
La McGranitt lo ssò duramente. Ragazzo, bisogna saper
andare al di là delle apparenze, spesso le situazioni sono più
complesse di quanto sembrino. E comunque non è lei che deve
dirmi quello che devo fare. Vuole aggiungere qualcosa?.
L'americano scosse il capo rimanendo in silenzio: aveva perso
gran parte della sua favella.

354
Potter, se tu non sai come si sono svolti i fatti puoi andare,
ti comunicherò la mia decisione.

Ma io . . . .

Vorrei rimanere sola con il signor Hyde, grazie disse indi-


candogli la porta.

Sì, certo . . . . Harry friggeva dalla curiosità, ma si rassegnò


ad andarsene. Si alzò lentamente e, sotto lo sguardo severo della
Preside, uscì dall'ucio.

Ancora sorpreso, si sforzò di muoversi verso la Sala Grande.


Camminò lentamente sotto il sole che ltrava dalle nestre. Si
era davvero messo in mezzo a quella situazione per cercare di
aiutare Malfoy? Forse avrebbe dovuto ascoltare Hermione, do-
potutto Malfoy stesso non sembrava aver gradito aatto la sua
intromissione, e si era comportato in maniera alquanto anomala.
C'era qualcosa che non riusciva a capire di quella situazione.

Subito prima di scendere la scalinata di marmo per arrivare


in Sala Grande, scorse una gura vicino ad un'armatura di rame
ammaccata; il metallo della corazza rietteva la luce di una
piccola amma. Draco Malfoy si allontanò, lasciando a terra
qualcosa che stava piano piano iniziando a bruciare.

Appena il Serpeverde prese a scendere le scale, Harry rag-


giunse l'armatura e spense il fuoco con un colpo di bacchetta.
Era un foglio di giornale: il numero di quel giorno de La Gaz-
zetta del Profeta. Scosse la cenere che aveva iniziato a sostituire
la carta sul bordo, ma per fortuna era ancora leggibile. Il suo
cuore fece una capriola quando dalla pagina la sua foto gli ri-
cambiò lo sguardo sorridente; piegò velocemente il foglio e scese
la scalinata.

355
Pian piano sentì il calore che gli saliva n sulla punta delle
orecchie: Angelina Jonhson era stata di parola, ma non si sareb-
be mai aspettato di vedere l'articolo così presto. Era soddisfatto
ma anche un po' a disagio: non aveva ancora detto agli amici
cosa aveva architettato, ed ora era troppo tardi, l'avrebbero
scoperto direttamente dalla prima pagina del Profeta!
Com'era possibile che non si fosse accorto prima di quell'ar-
ticolo? Quella mattina non aveva avuto un attimo di tempo per
leggere la Gazzetta, e nessun altro lo aveva avvertito.
Poi ricordò che qualcuno in eetti lo aveva fatto: Bryan Hy-
de. Ecco a cosa si riferiva l'americano quella mattina al campo
e anche durante lo scontro con Malfoy.
Senza rendersene conto raggiunse la Sala Grande gremita di
studenti e, individuati Ron ed Hermione, li raggiunse.
Allora? domandò curioso Ron al suo arrivo, smettendo
perno di mangiare il suo bacon.
Cos'hai scoperto? chiese Hermione.
Niente rispose Harry ancora stranito.
Come niente? Ron era visibilmente deluso.
Niente, non sono riuscito a capire cos'è successo, però Draco
ha letto questo . . . ..
Harry aprì il giornale sul tavolo. Hermione, Ron e altri ave-
vano fatto capannello dietro di lui e stavano guardando l'artico-
lo.
Ma perché non ci hai detto niente? chiese la ragazza in
tono risentito.
Già! intervenne, a sua volta Ron, cercando di dare man-
forte alla sua ragazza. Perché non ce ne hai parlato?.

356
Il titolo sul giornale, recitava: HARRY POTTER: ECCO
LA VERITA SU PITON di Angelina Johnson.
Non capisco perché ci hai tenuti all'oscuro riprese Hermio-
ne con aria di rimprovero.
Avevi paura che non te l'avremmo fatto fare? intervenne
ancora Ron, visibilmente contrariato.
No. . . il fatto è che non so neppure come la prenderà il Mi-
nistero! continuò Harry rivolto ai suoi amici. Ho provato a
parlarne con Kingsley: mi ha rassicurato dicendomi che prima o
poi tutto si sarebbe risolto e che sarebbe stato meglio se me ne
fossi stato tranquillo. Ma io non potevo aspettare: Piton non
si era guadagnato molte simpatie con il suo modo di fare e, con
tutte le grane che ha ora il Ministero, penso proprio che una
sua riabilitazione non sia una grande priorità per loro. Così ho
provato ad accelerare i tempi con questa intervista, solo che ho
voluto agire da solo.
Ma Harry, lo sai che nire nei guai dopo averti aiutato è
diventata un'abitudine per noi fece notare Hermione. Dalla
sua voce, tuttavia, traspariva un'insolita dolcezza.
Non volevo mettervi in mezzo replicò Harry.
Oh, sciocchezze! disse risoluta Hermione. Noi siamo con
te perché lo vogliamo!.
Harry, imbarazzato, si concentrò sul giornale, lisciandolo per
bene in modo che fosse leggibile da tutti.

HARRY POTTER: ECCO LA VERITÀ SU PITON


di Angelina Johnson.

357
Cari lettori, se vi state chiedendo cosa c'entri il tito-
lo con il Quidditch, non meravigliatevi perché oggi non
vi parlerò di quanto siano scarsi i Cannoni di Chud-
ley o di come sia maledettamente insuperabile Viktor
Krum a cavallo di un manico di scopa; oggi tenterò di
raccontarvi una storia molto controversa, la storia di
Severus Piton.
Quest'uomo, ex professore nonché Preside della Scuo-
la di Magia e Stregoneria di Hogwarts, è stato additato
dai più come spia doppiogiochista e braccio destro di
Colui-Che-Non-Poteva-Essere-Nominato, ma che ora
possiamo chiamare Lord Voldemort.
Ebbene, dal giorno della grande Battaglia di Hog-
warts molti gu sono volati dentro le nostre nestre e
molte rivelazioni, non sempre veritiere, sono state fat-
te da maghi e streghe che si dicevano vicine a Severus
Piton.
Poche persone, tuttavia, possono dire di averlo co-
nosciuto davvero, e fortunatamente una di queste è qui
con me proprio ora. Oggi il mio caro amico Harry
Potter mi aiuterà a far luce su chi fosse realmente il
professor Piton.
Harry, grazie di essere qui.
Sono io che devo ringraziarti, Angelina. In fondo, è grazie
alla tua grande disponibilità se ho nalmente l'opportunità di
dire la mia riguardo a questo argomento, che mi sta molto a
cuore.
Penso che la questione stia a cuore non solo a te, ma
a tutta la comunità magica. È per questo che la redazio-
358
ne ha ritenuto giusto concederti un'intervista. Quindi,
Harry, descrivici il Piton che hai conosciuto tu, non
solo quello severo e arcigno, ma anche quello che si
nascondeva dietro la maschera. Racconta la verità che
i nostri lettori devono conoscere; dagli l'occasione di
essere giudicato per quello che eettivamente era e non
per quello che crediamo fosse.
Grazie Angelina. Devo ammettere che il primo incontro con
Piton non fu molto. . . piacevole, almeno per me. Durante la pri-
ma lezione di Pozioni mi fece capire subito che non mi stimava
aatto facendomi domande che andavano oltre le conoscenze di
un allievo del primo anno, per poi denigrarmi davanti a tutta la
classe.
Dunque gli inizi con lui non sono stati dei migliori.
Alla luce di ciò che so oggi lo capisco benissimo: aveva
un ruolo da recitare davanti a tutti, me compreso, e c'era del
vecchio rancore nei confronti di mio padre.
In che senso?
Be', per farti capire ti racconto un episodio che accadde
quando frequentavano Hogwarts: il mio padrino Sirius (Sirius
Black, ex criminale ricercato dal ministero per l'uccisione di
Peter Minus e prosciolto da ogni accusa successivamente alla
sua morte N.d.R.), insieme a mio padre e ad altri due compa-
gni (Remus Lupin, recentemente deceduto durante la battaglia
di Hogwarts, e lo stesso Peter Minus N.d.R.), aveva architet-
tato uno scherzo di pessimo gusto contro Piton e probabilmente
sarebbe nita davvero male se mio padre non si fosse tirato in-
dietro all'ultimo momento, salvandogli la vita. Ma non voglio
farlo passare per un eroe: non si trattò aatto di un gesto no-

359
bile o eroico, mio padre capì solamente quanto fosse pericolosa
la situazione e si tirò indietro, spaventato. Piton, per quanto
possa sembrare assurdo, non lo perdonò mai per avergli salvato
la vita.
Non si può dire che non fossero vivaci anche a quel-
l'epoca. . .
Sì, chiedilo a Gazza: possiede un intero archivio tutto per
loro. Ma non è di questo che dobbiamo parlare. . .
Severus Piton.
Esatto, molti lo hanno descritto come un individuo meschi-
no, traditore, opportunista; altri ne hanno parlato senza neanche
averlo mai davvero conosciuto; poi c'è chi, per un motivo o per
un altro, vuole solo distruggerne la memoria.
Di chi stai parlando Harry?
Parlo della Skeeter e della sua illusoria biograa, solo un
ammasso di sporche menzogne. Quella donna sarebbe capace
anche di scrivere Rita Sketeer: giornalista o truatrice pur di
guadagnare due galeoni e avere cinque minuti di notorietà! Poi,
parlo di Lucius Malfoy che, pur di non marcire ad Azkaban per il
resto dei suoi giorni, sarebbe disposto a infangare la reputazione
di chiunque.
Sento molta amarezza nelle tue parole.
Sì, logico che le mie parole siano aspre e dure, perché non do-
vrebbero esserlo? Ho perso molte persone a causa di Voldemort,
ma non cerco stupide vendette e non incolpo meschinamente gli
altri. Invece è questo che stanno facendo ora molti maghi: se la
prendono con Piton per trovare un capro espiatorio alle loro col-
pe. Nei giorni dicili, quando quest'uomo ha dovuto fare delle
scelte che andavano contro la sua volontà, nessuno gli è stato vi-

360
cino. Proprio per questo io oggi sono venuto qui per riconoscere
i meriti che ha avuto.
Cosa ti ha fatto cambiare la tua opinione su di lui
così radicalmente?
Be', è una storia lunghissima, durante la Battaglia di Hog-
warts sono successe molte cose, ma questo non è né il tempo né
il luogo adatto per parlarne; vi basti sapere che in quell'occasio-
ne sono venuto a conoscenza della verità su Piton, attraverso i
ricordi che lui stesso mi ha consegnato prima di morire.
Continua Harry, spiegati meglio. So che non è facile
per te, ma puoi tentare di raccontarci cosa ti hanno
rivelato i ricordi di Piton.
Sì, Angelina. Tenterò di essere chiaro, perché la verità sia
nalmente di tutti. Attraverso quei ricordi ho scoperto, prima
di tutto, che Piton è sempre stato fedele a Silente, sin dalla
morte dei miei genitori. Per anni ha fatto la spia per conto
dell'Ordine della Fenice a suo rischio e pericolo, mentendo per-
sino a Voldemort: il più grande Legilimens che il mondo abbia
mai conosciuto. Ha dato la vita per quell'Ordine, che io avevo
sempre pensato che tradisse, e ha combattuto strenuamente per
le persone che ne facevano parte. Non pago, questo presunto
traditore, ha cercato di opporsi a quello che era il mio destino
sino a mettersi in contrasto con Silente stesso per salvarmi.
E cosa hai da dire, Harry, in merito alla morte di
Silente? Tu stesso hai dichiarato che sia avvenuta per
mano di Severus Piton. . .
L'ho detto prima e lo premetto ancora: Piton è sempre stato
dalla parte di Silente. Detto questo, sì, è stato lui a compiere
quel gesto, io ero presente, ma devo spiegare come sono andate

361
le cose. Il Preside aveva deciso di sacricarsi per salvare un in-
nocente, così supplicò Piton di ucciderlo quando sarebbe giunto
il momento, era consapevole che non gli restava molto da vive-
re perché durante l'estate precedente alla sua morte, era stato
colpito da una terribile maledizione che Piton tentò più volte di
contrastare invano. Inoltre, quando divenne preside, si adoperò
per difendere Hogwarts ed i suoi studenti no alla ne, sia per
una sacra promessa fatta a Silente, sia perché la sentiva come
casa sua.
Ho scoperto anche che ci ha dato tutti gli appoggi e gli aiuti
possibili durante la nostra latitanza, sempre di nascosto, senza
mai prendersi alcun merito, senza mai lamentarsi o rinunciare.
Harry, le tue sono dichiarazioni forti.
Me ne rendo conto, ma il mondo magico non può semplice-
mente andare avanti e dimenticarsi tutto. E di Piton cosa ne
sarà? Solo una stupida nota a piè pagina nel futuro libro Storia
di Hogwarts.
Mi trovi pienamente d'accordo; purtroppo, però, mol-
ti di Piton conoscono solo quello che è stato scritto e,
se il Ministero della Magia non interviene, come può
il mondo magico sapere se ciò che è stato raccontato è
vero?
È proprio per questo che mi trovo qui a render giustizia alla
sua memoria. Oggi io difendo quest'uomo: una persona che
ho odiato, a cui davo le colpe di tutto quello che mi accadeva
intorno; inoltre non ho mai creduto a Silente quando mi diceva
che aveva una cieca ducia ne suoi confronti.
Ma Harry, non potevi sapere. . .
362
È la scusa che continuo a ripetermi, ma sbagliavo; e oggi
voi rischiate di fare lo stesso errore. Vi prego, riettete: non
vi chiedo, tutto ad un tratto, di trovare simpatico Severus Pi-
ton o di dedicargli un monumento. Vi chiedo solo di accettare
la verità per quella che è, senza pregiudizi o vecchi rancori, ve
lo chiedo per non commettere un errore di cui un giorno potre-
ste pentivi, come io oggi mi pento di non aver potuto conoscere
meglio Severus Piton.
Cari lettori, abbiamo voluto farvi sentire anche l'al-
tra versione della storia in modo che, alla luce di queste
nuove dichiarazioni, possiate farvi un'opinione critica
e informata e comprendere meglio non solo chi fosse
realmente Severus Piton, ma anche il ruolo unico che
ha avuto nella lotta e nella denitiva scontta di Lord
Voldemort. Forse in futuro la verità verrà inconfuta-
bilmente chiarita, ma no ad allora, il giudizio sta alla
vostra ragione.
Tra Plue, manici di scopa e non solo, la vostra
Angelina Johnson.

363
364
Capitolo 15

L'ARTIGLIO

L'autunno si era ormai denitivamente sostituito all'estate: nem-


meno un angolo di azzurro in cielo, solo grossi nuvoloni neri
pronti a sprizzare pioggia. Harry non sapeva bene cosa prova-
re, considerato che i mormorii e i prevedibili commenti suscitati
dalle dichiarazioni che aveva rilasciato si erano già aevoliti.
L'eroismo di Piton era già argomento dimenticato, probabilmen-
te perché nessuno voleva credere alla sua buona fede, essendo
più facile avere qualcuno su cui scagliare accuse che fare i conti
con la propria indierenza. Era seduto accanto a Ron in Sala
Grande e, nonostante tutte le prelibatezze posate sul tavolo da-
vanti a lui, il suo sguardo vagava nel vuoto. Quella mattina la
lezione di Erbologia era stata piuttosto noiosa: la professoressa
Sprite non aveva fatto altro che parlare di una pianta esotica
dal nome impronunciabile, della quale solo Neville ed Hermione

365
conoscevano l'esistenza.
Era passato quasi un mese dalle selezioni di Quidditch ed
era da allora che Ginny lo evitava: aveva sempre qualcosa da
fare e sembrava non avesse mai tempo o voglia di stare con lui,
anche se Harry non riteneva di aver detto, né fatto, niente di
sbagliato.
Anche adesso era lì, seduta in disparte a pranzare con Her-
mione, e sembrava evitare il suo sguardo.
Le due erano intente a parlottare tra di loro. Harry non
riusciva proprio a capire per quale motivo passassero tutto quel
tempo insieme.
Senti, tu e Ginny non avete mai avuto problemi, ma ora
vedo che non ve la cavate molto bene gli sussurrò Ron, quasi gli
avesse letto nella mente. Io e Hermione ci siamo appena rimessi
insieme, ma da qualche giorno lei non mi dedica nemmeno un
attimo. Insomma, io vorrei passare un po' di tempo con lei, da
soli e . . .  si bloccò imbarazzato.
Harry, di fronte all'espressione dell'amico, non riuscì a trat-
tenersi e scoppiò in una gran risata attirando l'attenzione di
diversi studenti.
Cosa avete voi due? chiese Hermione, interrompendo la
conversazione con Ginny.
Niente, una battuta di Ron mentì Harry.
Ma non avete di meglio da fare? Fossi in voi, mi aretterei
a nire, così poi abbiamo più tempo per ripassare le materie
del pomeriggio! sottolineò la ragazza, ben sapendo di aprire la
bocca per nulla.
Ron scacciò quella prospettiva dalla mente. Se non ci fos-
sero i compiti, l'ultimo anno a Hogwarts sarebbe perfetto! Ci

366
sono dei vantaggi ad essere veterani, no? disse mentre slava un
vassoio di patate al forno dalle mani di un ragazzo del secondo
anno, sedutogli accanto.
Ci sono i M.A.G.O. quest'anno! lo rimbeccò Hermione,
requisendogli il vassoio per restituirlo all'impaurito e giovane
studente con un sorriso.
Grazie! fece timidamente il ragazzo. Ehm, ne vuoi?
chiese, poi, rivolto a Ron.
No, grazie! Non ho fame . . .  rispose lanciandogli uno
sguardo di fuoco, poi abbassò la voce e, rivolgendosi ad Har-
ry, sibilò: . . . e non ne avrò più no a quando la Caposcuola
non mi permetterà di averne!.
Mi sa che farai la fame per un pezzo, amico! rise Harry.
E ti farebbe anche bene! intervenne Ginny, continuando
ad evitare lo sguardo di Harry.
Sì, certo! sospirò Hermione. Ginny, forse è meglio che
andiamo. . . e potrebbero venire anche loro: lo studio non ha
mai ucciso nessuno!.
Le ragazze si alzarono e uscirono dalla Sala Grande; Ron le
seguì controvoglia, ma non prima di aver colpito di proposito la
testa del ragazzo mandandola nel piatto colmo di patate. Harry,
dopo aver rimediato un tovagliolo pulito dal tavolo, lo porse al
giovane.
Scusa, non è sempre così! lo giusticò Harry.
Grazie, Harry Potter! disse, riuscendo a prendere il tova-
gliolo a tentoni per pulirsi la faccia.
Occhi aperti! lo salutò dandogli una pacca sulla schiena e
raggiungendo Ron che lo aspettava sulla porta.

367
Occhi aperti? chiese stupito l'amico. Che razza di saluto
è?.
Ehm. . . direi un saluto da Auror! Ricordi Moody? rispose
Harry. Vigilanza costante!.
Oltrepassata la Sala d'ingresso, Harry avvistò Hermione e
Ginny a metà della scalinata di marmo con la professoressa
Cooman; arettarono il passo per raggiungerle.
Quella che era stata la loro insegnante di Divinazione stava
saldamente aggrappata al collo di Hermione e numerosi scialli
erano sparsi sotto di lei su diversi scalini.
Molte grazie, signorina Granger! biascicò, tentando di ti-
rarsi in piedi sulle gambe malferme.
Harry avvertì subito un forte odore di sherry.
Lo sapevo che, anche se si ha un cervello limitato come il
suo, una buona azione non la si può mancare. . . il suo Occhio
Interiore è coperto da strati e strati di sciocchezze e frivolez-
ze. . . ma, di certo, agisce ancora nel bene!.
Grazie, professoressa! rispose Hermione senza ato, mas-
saggiandosi il collo.
Cosa ci fa così lontano dall'aula, professoressa? intervenne
Ron, reggendola per un braccio per evitare ulteriori danni alla
sua ragazza. Le lezioni pomeridiane stanno per ricominciare
e. . . .
Al diavolo le lezioni, signor Weasley! strillò la Cooman.
Il suo Occhio Interiore avrebbe dovuto farle capire che qualcosa
non va. . . o non le ho insegnato niente?.
Be', in eetti. . .  cominciò Ron, troncato subito da una
gomitata di Hermione.

368
Leggevo le carte e, improvvisamente, ho intravisto ciò che
nessun Veggente vorrebbe mai svelare boccheggiò la Cooman
e, prendendo ato, con un gesto teatrale estrasse una carta dal
mantello: l'Artiglio.
Era unta e stracciata e sopra vi era dipinta nemente una
mano tenebrosa che si serrava come un artiglio che cerca di
aerrare la preda.
Che vuol dire. . . cioè, sono sicuro che sta a signicare l'im-
minente morte di qualcuno! disse Ron alzando gli occhi al
cielo.
Certo che no! sbottò oesa la Cooman. Ma il suo signi-
cato è altrettanto agghiacciante!.
Cosa rappresenta? chiese Harry, suo malgrado incuriosito.
La professoressa lo prese per il bavero. Il ato della Coo-
man, impregnato di Sherry, lo investì in pieno volto facendogli
lacrimare gli occhi e appannare gli occhiali.
Uno studente è in grave pericolo! L'Artiglio, una volta
estratto dal mazzo, è rovina per lo sciagurato designato. Esso
lo troverà e rinchiuderà nelle tenebre il suo prigioniero, celandolo
agli occhi di coloro che lo amano! la voce le venne meno e oscillò
pericolosamente.
Ridicolo! sibilò Hermione. Ginny annuì comprensiva.
Bene, giovani menti ottenebrate da un enormità di stu-
pidaggini. . .  esclamò improvvisamente la Cooman, ignorando
il commento di Hermione . . . ora è meglio che vada!. Fece
per scendere qualche gradino ma i piedi le si impigliarono negli
scialli.
Serve una mano? chiese divertito Ron, aerrandola per il
gomito, evitandole così una dolorosa caduta.

369
Professoressa. . . non dovrebbe avvisare la Preside? doman-
dò preoccupato Harry.
Ah. . . avvisare Minerva? Ah, ah, ah! Questa sì che è buona,
Potter. . .  gridò isterica la Veggente tentando di districarsi dal
groviglio di scialli colorati. Estraendo la bacchetta continuò:
Maledizione! Non mi serve aiuto, Weasley, bada all'ultimo
scalino invece!. Con un piccolo svolazzo della bacchetta si librò
di qualche centimetro da terra e prese a scendere lentamente.
Harry e gli altri la guardarono toccare terra e barcollare no
alla porta che conduceva verso i sotterranei.
Secondo voi dove sta andando? chiese Ron, guardando il
bordo del mantello scomparire.
Probabilmente in cucina a scolarsi qualcosa di fetido! ri-
spose Hermione.
Improvvisamente udirono un grido soocato. Allarmato,
Harry estrasse la Bacchetta.
Ma cosa diav. . .  sbottò Ron.
Shhh! Ascoltate! lo zittì Ginny, portandosi un dito alle
labbra.
Grazie, signor Malfoy! la voce ansante della Cooman li
raggiunse dalle segrete. Il Destino me lo diceva che oggi mol-
ti giovani avrebbero trovato l'occasione per riscattare i loro
enormi sbagli del passato. . . una buona azione ne cancella una
cattiva. . . .
Mi tolga subito le mani di dosso! sentirono gridare Malfoy.
Oh be', penso che la professoressa non abbia più bisogno
del nostro aiuto! esclamò Ron allegro.
Ripresero a salire la scalinata.

370
Sapete una cosa? chiese Ron gioviale. Mi domando per-
ché la McGranitt non l'abbia ancora buttata fuor. . .  ma non
riuscì a nire la frase che inciampò nell'ultimo gradino nendo
lungo disteso a terra.
Vedi di non fare brutte gure, Ron! sibilò Hermione, su-
perandolo.
E guarda dove metti i piedi! aggiunse Ginny, oltrepassan-
dolo.
Harry gli allungò la mano e lo aiutò a rialzarsi. Ron si ras-
settò la veste, poi, accertandosi che le ragazze non potessero
sentirlo, gli disse: La vecchia megera lo aveva previsto . . . .
Sì, Ron! Non sono aatto tranquillo cominciò Harry.
E lo credo! ribatté Ron guardando la bacchetta ancora
sguainata in mano.
Da quando quei Maghi sono entrati nella scuola non mi
sento più molto sicuro disse, riponendola in una tasca interna,
e poi troviamo la Cooman in vena di catastro. . . .
Coincidenza? chiese Ron, dubbioso.
Lo spero!.
Harry allungò il passo raggiungendo Ginny. Avevo voglia
di andare a trovare Hagrid, è da un po' che non lo vediamo, vuoi
venire anche tu? chiese speranzoso.
Mi spiace, verrei molto volentieri, ma devo andare a. . . .
Harry le risparmiò di trovare l'ennesima scusa, come ormai
faceva quasi abitualmente; Ok, ho capito, non preoccuparti
mentì. Ci vediamo dopo.
Ginny fece un cenno di assenso come se le parole di Harry
fossero state convincenti, poi ripartì lungo il corridoio.

371
Harry incrociò lo sguardo di Hermione, che voleva essere
rassicurante. Non se la sentiva di chiedere all'amica cosa stessero
facendo per non sembrare sgarbato o troppo immaturo.
Non fare domande, presto ti sarà tutto chiaro. . .  gli disse
in tono consolatorio, come se avesse capito cosa stesse pensando
lui.
Adesso era decisamente di malumore. Vieni con me da
Hagrid o ci devo andare da solo? chiese inne a Ron, con un
sorriso tirato.
Vengo, vengo. Andiamo.
Varcarono il grande portone del castello e si fermarono un
attimo sulla soglia chiedendosi se la loro fosse stata una buona
idea. Si fecero coraggio e uscirono all'aperto; per quanto fossero
riparati sotto i mantelli, la pioggia incessante, tagliente, trovava
spazio per raggiungere la pelle e pungerla, quasi fosse fatta di
inniti aghi appuntiti.
Harry e Ron si guardarono, a entrambi sfuggì un sorriso:
avevano avuto la stessa idea. Tirarono sulla testa i cappucci
e un schio, impercettibile per chiunque altro, diede il via alla
loro gara infantile. Spintonandosi a vicenda, attraversarono di
corsa il parco.
Ron atterrò davanti alla porta di legno della capanna e, con
il ato corto, vi battè la mano, per poi rivolgersi indietro, verso
l'amico che l'aveva ormai raggiunto.
P-primo gli disse, con un sorriso che andava da un orec-
chio all'altro; tremava violentemente ma il freddo non avrebbe
certamente scalto la soddisfazione di aver vinto la sda.
Non appena bussarono, i latrati di Thor echeggiarono dal-
l'interno.

372
Hagrid, siamo noi! disse Harry, picchiando nuovamente il
duro legno per farsi aprire. Rache di vento gelido colpirono i
ragazzi.
Giù! Stai giù, Thor! sentirono la voce del guardiacaccia
appena oltre la porta.
E mu-o-vi-ti! balbettò Ron, stringendosi addosso il man-
tello bagnato e battendo rumorosamente i denti. Bussarono
ancora e contemporaneamente i latrati di Thor si interruppero.
Ehi, Harry! Ron. . .  li accolse Hagrid mentre l'enorme
terrier nero tentava di leccar loro la faccia. Tutto bene?.
Ciao, Hagrid! rispose Harry respingendo Thor e inlandosi
all'interno della capanna dove un bel fuoco acceso riscaldava
l'ambiente.
È bello che siete qui! Finalmente! Pensavo che vi eravate
scordati di me. Vi faccio il tè disse richiudendo la porta. Fuori
fa un freddo cane!.
Si sedettero intorno al tavolo osservando l'amico che tentava
di recuperare il bollitore in cima alla credenza.
Come sta Hermione? chiese Hagrid, dando loro le spalle
mentre prendeva la scatola del tè da una mensola che sembrava
star su per miracolo.
Bene! risposero all'unisono i ragazzi.
Non è potuta venire, lei e Ginny avevano da fare continuò
Ron con tono di palese disapprovazione.
Un improvviso rumore distrasse i due ragazzi, che si volta-
rono verso una grossa gabbia, della quale si scorgeva solo l'e-
stremità inferiore, nascosta in un angolo in fondo alla capanna;
sopra vi era stata gettata una vecchia coperta patchwork.

373
Hagrid si voltò verso di loro con un piattino di dolcetti che
parevano duri come mattoni e lo appoggiò sul tavolo. Preso un
pezzo di carne, si avvicinò alla cassa e, sollevando la coperta, lo
inlò dentro.

Che fai, Hagrid? chiese Ron, allungando il collo per seguire


i movimenti del guardiacaccia.

Do da mangiare ad una creaturina un po' vivace disse


allegramente Hagrid. La gabbia iniziò a tremare violentemente,
parecchi sibili provennero dal suo interno e numerosi pezzetti di
carne volarono fuori dalle sbarre.

Cos'è? domandò Harry, non riuscendo a distinguere cosa


si nascondesse nell'ombra.

Uno di questi qua non l'hai mai visto, Harry! esclamò


l'amico prendendo un altro pezzetto di carne. Certo, se tu
facevi ancora Cura delle Creature Magiche, magari ci si studiava
insieme!.

Con tutto il tempo che ho a disposizione. . .  rispose sarca-


stico il ragazzo. La gabbia prese a vibrare ancora più violente-
mente. La creatura dentro si dibatteva con una forza spavento-
sa, sibilando e ringhiando.

Oh, oh! fece Hagrid, improvvisamente preoccupato. Rag-


giunse il tavolo dove i ragazzi si guardavano incerti e, aperto
precipitosamente un cassetto, rovistò al suo interno estraendo
enormi tovaglie dai colori vivaci e posate annerite.

Ma dove si sono ccati? Ah, eccoli!. L'enorme mano del


guardiacaccia emerse dal cassetto stringendo tra l'indice e il pol-
lice due falci d'argento. Tornato vicino alla gabbia che continua-
va ad agitarsi in maniera spaventosa, vi gettò le due monete.

374
Lo strano e incredibile pagamento parve bloccare la furia della
creatura che, con un guaito, rimase immobile.
Come hai fatto Hagrid? esclamò Ron stupito.
Ecco, i demonietti come lui è così che si fanno stare tran-
quilli. L'argento è l'unica cosa che riesce a farli star buoni. Anzi,
in grande quantità può anche spedirli all'altro mondo! Ma non è
che ce ne abbia bisogno più di tanto lui, è solo un po'. . . agitato,
tutto qui! guardò sognante la gabbia ora taciturna.
Ehm. . . Hagrid? Che cos'è di preciso? chiese preoccupato
Harry.
Questo esseruccio è un Kakura disse amabilmente state
a guardare com'è delizioso!.
Il loro gigantesco amico si chinò sulla gabbia, imitando la po-
stura di quello che ad Harry parve un rozzo ballerino di danza
classica; poi, con un gesto teatrale, tolse la coperta e la scagliò
in aria svelando la sorpresa. Un grossolano pon-pon, grande
come una plua, attaccato all'angolo della trapunta, colpì in
pieno Ron in un occhio, che imprecò senza trattenersi, portan-
dosi le mani al viso. Harry si voltò preoccupato verso l'amico,
ma Hagrid, ignaro dell'incidente, iniziò a parlare.
Che creature meravigliose i demoni giapponesi sospirò am-
maliato.
Harry, nonostante conoscesse le stravaganti opinioni di Ha-
grid, non potè far a meno di rimanere atterrito alla visione di
quella che era una delle creature più raccapriccianti che avesse
mai visto. Ricordava vagamente la gura di un essere umano,
ma aveva la testa deformata che si attaccava direttamente sulle
spalle, segnate da quella che doveva essere una gravissima forma
di scoliosi. Le due braccia, di dierente lunghezza, terminavano

375
ognuna in tre nodose protuberanze che dovevano essere le mani.
Il tutto era ricoperto da una spessa pelle rossastra con evidenti
purulente escrescenze.
Allora? Che ve ne pare? Roba forte questa, eh? domandò
orgoglioso.
Oh! fu tutto ciò che riuscì a pronunciare Ron, con il palese
intento di non ferire l'amico che attendeva, contento, una loro
gioiosa reazione di sorpresa.
Hagrid, ma non sarà pericoloso? domandò cauto Harry,
cercando di non far trasparire il suo profondo disgusto.
Ma no. . . tendono ad attaccare l'uomo, ma se ci si sta at-
tenti sono innocui! Ah. . . be'. . . se poi li si mette alla luce pe-
rò. . . comunque, è meglio starci lontani sapete, i dentini so-
no molto alati, e le mani hanno una presa piuttosto salda.
Ridacchiò felice guardando dolcemente la creatura.
Intanto il demone aveva ripreso ad agitarsi: Harry e Ron si
scambiarono uno sguardo, terrorizzati.
Sigghy. . . saluta gli amici di papà!, continuò picchiettando
sulla gabbia. Guarda Ron, è te che vuole! Forse ci piacciono
i tuoi capelli rossi! ma proprio quando il ragazzo si avvicinò
per guardarlo da vicino, il demone allungò le braccia fuori dalle
sbarre, tentando di avvinghiarlo.
Perchè proprio io? squittì Ron, spaventato a morte, scan-
sando per un soo gli arti del mostro.
Il demone si agitò ancora più forte facendo cigolare minac-
ciosamente la gabbia.
Ohi, ohi. . . è meglio se lo facciamo dormire un pò a questo
qua borbottò il mezzogigante come per scusarsi, arettandosi
a ricoprire la gabbia con l'enorme coperta.

376
Mi hanno detto che vai al Ministero a imparare a fare
l'Auror! continuò, cambiando discorso.

Harry e Ron si scambiarono uno sguardo interrogativo; Ha-


grid non era mai stato bravo a deviare i discorsi su argomenti
diversi da quelli potenzialmente problematici.

Si! confermò comunque Harry, sorpreso che ne fosse a


conoscenza. Chi te l'ha detto? chiese sospettoso.

Oh, non è che è dicile scoprirlo! rispose Hagrid allegro


Merlin, tra un bicchiere e l'altro, alla Testa di Porco, ci ha
raccontato la tua prima prova. Ottimo lavoro, Harry! Tutti al
pub ne parlano!.

Alla faccia della segretezza sibilò Ron, ridacchiando.

Merlin non era presente alla mia prima lezione! sbottò


Harry, risentito. Da come ne parlano gli altri Auror non riesco
a capire se faccia eettivamente parte del gruppo.

Io mica ho mai capito come c'è diventato Auror, quello!


esclamò Hagrid, dandogli una pacca aettuosa sulla schiena,
rischiando di incrinargli qualche costola. Poi continuò: Se c'è
riuscito lui. . . .

Grazie Hagrid lo interruppe Harry, lanciando occhiate in-


fuocate a Ron che si rotolava dalle risate.

Be', io non penso che avrai rogne Harry. Sei un tipo a


posto! E poi dopo la prova che hai fatto. . . .

Mah! Non ho certo cominciato nel migliore dei modi. . . 


esclamò Harry.

Ma non devi starci a pensare per niente! Intervenne Hagrid


con foga, sferrando un pugno al tavolo.

377
Kingsley è della scuola di Silente e ce lo sappiamo bene
come la pensa su chi sbagliava! Lui ci dava sempre una seconda
possibilità. . . a chi sbagliava. . . Si, ecco. . . .
A dire il vero lui mi ha perdonato disse Harry, guardandosi
sconfortato le mani. Ma devo ancora riuscire a farlo io!.
Su, Harry! borbottò l'amico, sedendosi pesantemente sulla
poltrona. Basta che segui le regole e ci stai attento. A Uglick
non è andata altrettanto bene. Non ti possono buttar fuori, ma
non riesco ad immaginare . . . .
Il professor Uglick? domandò Harry, alzando lo sguardo.
Si lui. . . grande mago, sia chiaro, ma. . . i fantasmi nel baule
li ha pure lui! disse Hagrid, con aria di chi la sa lunga. La
McGranitt l'ha preso per il posto di Trasgurazioni, ma per me
era meglio un altro.
Perchè? Che ha fatto? chiese Harry, lanciando un occhiata
stupita a Ron.
È stato cacciato da . . .  ma si zittì all'improvviso, guar-
dando i ragazzi con sospetto, come se fosse colpa loro se lui si
era fatto sfuggire qualcosa che non doveva dire.
È stato cacciato da? chiesero i due in coro, quasi con
aria casuale, ma lo sguardo di Hagrid la diceva lunga: non gli
avrebbero estorto nient'altro.
Non posso, ragazzi. . . non posso proprio! Sono cose top se-
cret, cercate di capire; ci sono cose che non posso dire nemmeno
a voi disse sottovoce, più per convincere se stesso che gli altri.
Ma Hagrid, non pensi che abbiamo diritto di sapere? È il
nostro insegnante! iniziò Harry. O non ti di di noi? continuò
ben sapendo che con quella domanda avrebbe colpito in pieno
l'obiettivo.

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Come previsto, il mezzogigante ricambiò con sguardo allar-
mato e ferito.
Ma non lo dire nemmeno perscherzo! Io mi do di voi
eccome! E solo che non voglio che vi cacciate nei guai. . . ecco.
Harry lo ssò con sguardo implorante, e il guardiacaccia
cedette.
Va be' qualcosa ce lo posso dire. . . ma voi dovete promettere
di non rivelarlo a nessuno! disse per giusticarsi. Poi, abbas-
sando la voce, condò: È stato cacciato dal suo paese. . . almeno
così si dice.
Ma cosa ha combinato? chiese Ron, stupefatto. Noi ce l'
abbiamo in classe!.
Al tempo di Grindelwald, sapete, quando ha tentato di
prendere il potere, sono accadute cose molto brutte. Davvero,
si! Lui ci ha perso il posto!.
Cosa è successo?.
Non lo so, Harry! Per anni non si è più sentito parlare di
lui. . .  bisbigliò Hagrid, lanciando uno sguardo verso la nestra.
Il parco era ormai avvolto dall'oscurità.
Quindi non ha potuto più insegnare lì ed è venuto qua!
concluse Ron, con lo stomaco che brontolava.
No, non ci insegnava allora! condò Hagrid con tono de-
ciso. Era un Auror!.
I due ragazzi si guardarono stupiti. Harry ripassava mental-
mente il modo di fare del vecchio professore, cercando di trovare
qualche indizio che lo portasse a confermare le parole di Hagrid.
Gli tornò alla mente la prima sera a Hogwarts, quando aveva
provato a nascondere la Bacchetta di Sambuco nella tomba di
Silente e Uglick era apparso all'improvviso, mandando a monte

379
i suoi piani. Possibile che fosse un ex-auror con il pallino per
la sicurezza come Moody? Perchè si trovava proprio lì? Sapeva
cosa stava facendo?
È tardissimo ragazzi. Ho un sacco di cose da fare! disse
Hagrid, saltando su dalla sedia e dirigendosi frettolosamente ver-
so la porta. Ora andate, che è meglio! incitò i due, spingendoli
verso la porta.
Quando uscirono all'aperto, il gelido vento autunnale li colpì
in piena faccia e un freddo brivido corse lungo la loro schiena;
fortunatamente aveva smesso di piovere, si strinsero comunque
nei mantelli e si avviarono lungo il sentiero verso il castello.
Mi dai la rivincita? chiese Harry, ma Ron scoppiò a ridere.
Harry non vedeva l'ora di raccontare tutto a Hermione e
Ginny. Le rivelazioni di Hagrid avevano nalmente confermato
i suoi sospetti: il professor Uglick non era quello che sembrava.
Ma non riusciva a spiegarsi come mai la McGranitt l'avesse re-
clutato; certo, se lo aveva portato ad insegnare in una scuola,
tanto pericoloso non doveva essere.
Seguendo il usso dei suoi pensieri non si accorse che erano
giunti davanti al ritratto della Signora Grassa.
Allora? Vi decidete ad entrare o no? Violet mi sta aspet-
tando per il tè! borbottò.
Sì, certo. . .  rispose Harry osservando Ron varcare il buco
del ritratto.
La Sala Comune era aollata, vicino all'ingresso Hyde tor-
mentava un ragazzino del primo anno con uno strano elastico
magico che sprizzava scintille quando veniva teso. Harry fece
una rapida panoramica della folla nella sala, ma le due ragazze
non c'erano.

380
Dove si saranno cacciate?.
Sicuramente in quello stramaledetto dormitorio sbottò Ron
chissà quale diavoleria stanno combinando!.
Harry non rispose, si sedette sull'unica poltrona libera e co-
minciò a pensare a Ginny. Gli sarebbe piaciuto che fosse lì con
lui in quel momento, soprattutto ora che nella sua mente vorti-
cavano mille pensieri: le parole di Hagrid sul vecchio professore
lo avevano un po' turbato.
Harry! Calì dice che le ha viste salire su nel dormitorio
subito dopo pranzo disse Ron interrompendo le sue riessioni.
Aspettiamo, prima o poi dovranno scendere, no?.
Come previsto, le ragazze si presentarono a cena. La Sala
Grande era rumorosa come sempre, sembrava che tutti avesse-
ro trattenuto un ume di parole in tutta la giornata per poi
riversarle a tavola.
Eccole! disse Ron indicandole. Ehi, ehi! C'è posto qui!
urlò tentando di sovrastare il chiacchiericcio.
Catturata l'attenzione di Hermione, il ragazzo si accomodò
nuovamente di fronte ad Harry.
Vediamo se riesco a scambiarci quattro parole senza litigare,
almeno stasera bisbigliò.
Harry ridacchiò nervoso, anche lui desiderava enormemente
riuscire ad intrattenere una conversazione vera con Ginny. Si
appiattì contro uno studente del primo anno, che lo ssò incu-
riosito, in modo da lasciare un posto ancora più comodo proprio
al suo anco.
Ciao salutò lei sedendosi, ed evitando accuratamente di
incrociare il suo sguardo.
Ginny, nalmente! iniziò Harry felice.

381
Allora, come sta Hagrid? proruppe Hermione, mentre si
accomodava al anco di Ron, mandando in fumo il tentativo di
Harry di dialogare con Ginny.

Harry le scoccò un'occhiata furiosa ma lei sembrò o fece nta


di non capire, ricambiando serena il suo sguardo.

Hagrid si caccerà di nuovo nei guai, parola mia! Quello


una volta o l'altra ci resterà secco fece Ron con consapevolezza,
iniziando a servirsi un'abbondante porzione di cavolori al forno.

Perchè? Che ha combinato stavolta?.

Secondo te cosa può combinare Hagrid? Conosci anche tu


le sue passioni. . . .

Hermione lo guardò con aria interrogativa. Anche Ginny


alzò la testa dal piatto.

Sta facendo da babysitter ad un demone giapponese am-


mise Harry, alzando gli occhi al sotto.

Davvero? chiese Hermione esterrefatta. Ne ho sentito


parlare! Ho letto da qualche parte che sono delle creature davve-
ro rare e che sono anche utili per . . .  ma il suo sorriso entusiasta
si raggelò di fronte all'ennesima occhiataccia di Harry. Voglio
dire, per quanto siano interessanti e utili, sono delle creature
imprevedibili e malvagie. . . potrebbe risultare pericoloso tenerle
in casa. Ma non si rende conto dei pericoli che corre? si aret-
tò ad aggiungere sinceramente preoccupata, facendo tintinnare
una posata nel piatto.

Hermione, devo ricordarti che Hagrid ha una percezione


del pericolo diversa dalla norma? Ma no! Non è pericoloso!
Attacca gli esseri umani. . . ah sì, i suoi denti sono alatissimi
e la sua stretta è soocante. . . ma a parte queste sciocchezze,

382
non è pericoloso! imitò Ron, in maniera purtroppo veritiera, le
parole del guardiacaccia.
Harry scoppiò a ridere, anche Ginny non riuscì a trattenersi.
C'è poco da ridere, se la creatura riesce a liberarsi da quella
gabbia, Hagrid rischia davvero; lo tiene anche ai piedi del letto!.
Che dierenza c'è tra un demone giapponese ed uno del-
le nostre parti? chiese Ginny mentre prendeva un vassoio di
costolette di agnello.
Tutte le dierenze non le so, ma di una cosa sono certo,
quello giapponese è davvero disgustoso! Ha la carnagione rossa
con tanti brufoli purulenti! Puah. . . sembra della stessa consi-
stenza di uno Schiopodo Sparacoda fece Ron con una smora
di disgusto.
Chissà dove l'avrà trovato. . . Comunque sia, dobbiamo con-
vincerlo a darlo via commentò pensierosa Hermione.
Sei pazza? Io non ci provo nemmeno! Sono stanco di ri-
schiare la vita ogni volta che entro in quella capanna! urlò Ron
acido rovesciando distrattamente il succo di zucca sul tavolo.
Molti si voltarono a guardarlo, ma lui non ci badò e, estratta la
bacchetta, ripulì il tutto come meglio potè.
Hai ragione, Hermione intervenne Harry, comunque Ha-
grid sa come tenerlo a bada, almeno spero. Pensa che lo ha
zittito mettendo nella gabbia due falci d'argento!.
Ha detto anche che in grandi quantità lo manda al cimite-
ro! esclamò Ron, fossi in lui, mi procurerei tutti i pezzi d'ar-
gento della Gringott! Si tratta di sopravvivenza! poi dedicò
tutta l'attenzione al suo piatto riprendendo ad ingozzarsi.
Continuarono a cenare senza aggiungere altro. Quando Gin-
ny nì l'ultimo pezzo di crostata, Harry le prese la mano e le

383
rivolse un sorriso. Lei ricambiò felice: per un attimo sembrò
fosse tornata la Ginny di sempre. Era quello il bello, con lei
bastava un sorriso per dire tutto. Non servivano parole.
Gli dispiacque rovinare quell'atmosfera serena che si era crea-
ta, ma le ragazze dovevano sapere anche il resto della conversa-
zione con il guardiacaccia.
Noi non vi abbiamo detto tutto prima. . .  disse, esitan-
do. Le ragazze gli rivolsero uno sguardo attento e lui continuò:
Hagrid ci ha raccontato dell'altro, o meglio, si è lasciato scap-
pare dell'altro. . .  disse, pensando a quello che avevano saputo
sul professore di Trasgurazioni . . . alcune cosette sul professor
Uglick.
Si, si! intervenne Ron rischiando di rovesciarsi il contenuto
del piatto sulle ginocchia. Cose molto brutte, Uglick era un
seguace di Grindelwald e pare che prima fosse un Auror si
guardò intorno con aria circospetta, ma erano tutti impegnati
in altre conversazioni.
Un Auror? chiese Ginny, incredula.
Già. Solo che poi è stato cacciato, anche se Hagrid non ha
voluto dirci perché. . .  concluse, con aria insoddisfatta.
Harry vide Hermione rabbuiarsi di colpo; poi, senza guar-
dare nessuno in particolare, alzò la bacchetta e, sottovoce, iso-
lò il gruppo dal resto degli studenti della Sala Grande con un
muiato.
Ron rischiò di strozzarsi nella fretta di deglutire il boccone.
E o-ra che suc-cede? chiese, mentre Hermione gli dava una
pacca sulla schiena.
Non volevo spaventarvi, ma quello che ci avete detto mi ha
convinta denitivamente che è arrivato il momento di parlare

384
di quell'altra questione. . .  cominciò la ragazza, scoccando uno
sguardo preoccupato all'indirizzo di Harry.
Quale questione? le rispose lui, che proprio non riusciva a
capire il motivo di tanta segretezza.
La questione Dobbiamo-Nascondere-la-Bacchetta disse, scan-
dendo ogni parola.
Harry non capiva come mai volesse tirar fuori quell'argomen-
to spinoso. Avevano già tante cose su cui rimuginare.
Perchè proprio adesso . . .  iniziò, ma lei non gli consentì
di continuare.
Ascoltatemi. La Cooman che parla di un misterioso Arti-
glio che vuole carpire chissà chi o cosa. . . il professor Uglick che
impedisce ad Harry di nascondere la bacchetta. . . le parole di
Hagrid sul suo passato. . . non riuscite a fare due più due?.
I tre rimasero interdetti. Ginny fu la prima a reagire. Ma. . . dai,
Hermione, hai visto anche tu in che condizioni era la Coo-
man dopo pranzo. . . da quando dai credito alle parole di quella
matta?.
Ginny, lo sai che anche io ho sempre pensato che fosse
un'impostora, ma devo ammettere che in casi rari ha azzeccato
qualche premonizione. . . e poi sappiamo da tempo che dobbiamo
nascondere la Bacchetta, solo che siamo stati distratti da altre
cose.
Hai ragione disse Harry mesto, ma il problema è che non
abbiamo nemmeno trovato un posto davvero sicuro! E poi, come
potrei lasciare la scuola, nascondere la Bacchetta e tornare qui
senza che nessuno se ne accorga?. Harry era molto abbattuto.
Sul dove, l'ultima decisione spetta a te. Ma sul co-
me, ho un piano. . . però ne dobbiamo riparlare, stanno andan-

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do via tutti, non possiamo dare nell'occhio. Tu intanto pensaci,
d'accordo?. Poi si rivolse all'amica Andiamo, Ginny?.
Devo andare, mi dispiace Harry disse lei, cambiando im-
provvisamente espressione e lasciandogli la mano. Si alzò, e
senza aggiungere altro si allontanò dal tavolo lasciandolo senza
parole.
Anche Hermione li congedò con un semplice gesto e seguì
l'amica fuori dalla Sala Grande.
Tu ci capisci qualcosa? chiese Ron, ssandolo dall'altro
lato del tavolo.
Il mattino seguente Harry si svegliò avvertendo una strana
sensazione. Quando aprì gli occhi fu accecato da una luce abba-
gliante, non riusciva a distinguere nulla eccetto qualche ombra
che passava veloce. Scosse la testa nel tentativo di riscuotersi
dal torpore del sonno e si rese conto che l'accecante luce non
era altro che un raggio di sole che entrava dalla nestra e che
le ombre non erano che gu, che planavano dolcemente verso
la Sala Grande. Guardò gli altri cinque letti vuoti: erano sicu-
ramente tutti a colazione. Nello sorare involontario del piede
sinistro con il destro le sue dita vennero a contatto con un qual-
cosa di appiccicoso e nalmente capì cosa lo aveva svegliato:
qualcosa che. . . gli leccava i piedi?! Si tirò su a sedere, poggia-
to sui gomiti, e guardò perplesso verso il fondo del letto; sentì
nuovamente qualcosa di vischioso solleticarlo sotto le pesanti co-
perte invernali. Incredulo, rivoltò le lenzuola e si trovò davanti
il piccolo Snitch che sbatteva le palpebre, disorientato dalla luce
improvvisa.
Snitch! disse, sollevato nel vederlo. Tentò di accarezzare
la palla di pelo ma non era semplice: la puola aveva preso a

386
saltellare come un ossessa e solo dopo numerosi tentativi riuscì
a fermare la guizzante creaturina.
Dai Snitch, salta su! incitò il ragazzo, speranzoso: non
era mai stato molto incline ad obbedire ai suoi comandi ma,
con enorme sorpresa di Harry, questa volta si arrampicò sul suo
braccio e si accoccolò sulla sua spalla.
Wow! Cosa ti è successo? chiese ancora incredulo.
In realtà poteva capire il perché di tanto entusiasmo: era
da un po' che non gli dedicava una briciola del suo tempo, ma
con tutti i recenti avvenimenti non aveva avuto un attimo di
respiro. Per questo aveva deciso di portarlo con sé quel giorno:
Snitch avrebbe potuto allietare un po' il loro lungo e noioso
sabato all'insegna dello studio; anche se a dire il vero, sperava
di trovare di meglio da fare!
Arrivato in Sala Comune Harry vide Ron seduto al tavo-
lo, con un grande libro davanti e una piuma tra le mani, e il
volto vicinissimo alle pagine; sembrava che stesse cercando di
tradurre qualche scritta piccolissima. Possibile che stesse dav-
vero studiando? Evidentemente l'inuenza di Hermione si stava
facendo più forte. Snitch saltò dalla spalla di Harry alla testa
di Ron, che sobbalzò.  Ma chi . . .  e aerrò la puola sulla
sua testa, portandosela davanti agli occhi strabici di sonno. Mi
sa che non stavi studiando, eh, amico? Hai un po' di bava agli
angoli della bocca! aggiunse Harry, scoppiando in una sonora
risata.
Ron non ebbe il tempo di ribattere perché proprio in quel
momento una luminosissima donnola d'argento attraversò la -
nestra e si fermò sul tavolo. È il patronus di mamma . . . 
disse, senza riuscire a mascherare la sua perplessità. Harry era

387
colpito: non aveva mai visto il patronus della signora Weasley,
ma era logico che fosse una donnola, come quello del marito.
Come fai a sapere che non è di tuo padre? chiese all'a-
mico. In quel momento la donnola cominciò a parlare con la
voce di Molly. Ginny è in pericolo. La lancetta dell'orolo-
gio è su pericolo mortale. Ho mandato un patronus a Minerva,
per avvertirla, ma nel frattempo ti prego, cerca di capire dov'è e
guadagna tempo, io e tuo padre raggiungeremo Hogwarts prima
possibile.

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Capitolo 16

DEFACTIO

INSINUERE

Il patronus della signora Weasley svanì in uno svolazzo di fu-


mo argenteo, lasciando Harry e Ron senza parole. Proprio in
quel momento Hermione varcò il buco del ritratto e subito i due
ragazzi le si avvicinarono allarmati.

La m-mamma. . . l'or-rologio. . . Gi-ginny. . . Ginny è in peri-


colo! cercò di spiegare Ron, malamente.

Lascia stare, Ron intervenne Harry alzando una mano per


interromperlo. Hermione, dov'è Ginny?.

La ragazza sbuò spazientita Harry, ho promesso di man-


tenere il segreto!. Poi li guardò in faccia e sembrò capire che
c'era qualcosa che non andava. Ragazzi. . . Cosa succede?.

389
La mamma ci ha appena mandato un Patronus. . . dice che
la l-lancetta di Ginny, quella dell'orologio d-del nonno, è su
pericolo mortale. . . dov'è? Che sta facendo?.
Ma che storia è questa? Quello che sta facendo è una cosa
assolutamente sicura . . . .
Harry non riusciva a stare fermo, l'ansia lo attanagliava,
avrebbe voluto strappare le parole di bocca all'amica.
La ragazza perse un po' della sua sicurezza, scosse la testa.
Ginny mi ucciderà . . .  disse prendendo un lungo respiro e
chiudendo gli occhi. Ma, in eetti, se tua madre ti ha man-
dato quel messaggio, forse dobbiamo davvero preoccuparci . . . .
Guardò in direzione dei due ragazzi che, visibilmente nel panico,
aspettavano con impazienza la sua risposta. Ginny ha deciso
di dare l'esame che avrebbe dovuto sostenere l'anno scorso.
Esame? Quale esame? esclamò Ron.
Ron, l'esame che ha annunciato la McGranitt il primo gior-
no di scuola sibilò Hermione.
Cosa? chiese Harry spiazzato. E perché?.
Come perchè? Così quest'anno frequenterete le lezioni in-
sieme e l'anno prossimo non dovrete dividervi nuovamente! L'e-
same sarà composto da prove al suo livello e, per di più, si svol-
gerà in presenza degli insegnanti, quindi non dovrebbe esserci
alcun pericolo.
Ma quando si dovrebbe tenere questo esame? chiese Ron.
Si sta svolgendo proprio in questo momento.
Ora? scattò Harry.
Sì, è uscita mezz'ora fa . . .  rispose Hermione, ma Harry
non l'ascoltava più; la sua mente era invasa da un senso di orgo-

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glio misto a preoccupazione. Ragazzi, non so più cosa pensare
. . .  continuò la ragazza.
Il messaggio della signora Weasley lo faceva stare sulle spine.
Dove si tiene l'esame? Te l'ha detto? la interruppe agitato.
Aveva appuntamento con la McGranitt fuori dal portone
Harry strinse i pugni guardando il cielo fuori da una nestra
in fondo alla Sala: aveva preso la sua decisione.
Devo andare!, tagliò corto il ragazzo, lanciandosi verso le
scale del dormitorio.
Ma Harry! Non puoi andare lì! gli gridò dietro la ragazza;
ma lui, ignorandola, spalancò con violenza la porta e si precipitò
verso il suo letto.
Doveva controllare che Ginny stesse bene, ma l'idea di essere
scoperto e di rovinarle l'esame non era una bella prospettiva.
Aveva solo un modo per riuscire nel suo intento.
Aprì il baule e cominciò a rovistarci dentro freneticamen-
te, nchè non avvertì fra le dita il familiare tessuto setoso;
appallottolò il Mantello nella tasca e sfrecciò via veloce.
Quando giunse al portone di quercia lo tirò fuori e, prima di
varcare la soglia, se lo gettò sulle spalle.
Non riusciva proprio a tranquillizzarsi, nonostante le rassicu-
razioni di Hermione: le sue erano solo preoccupazioni inutili co-
me diceva lei, o tutto aveva una logica che gli altri non riuscivano
a cogliere? Anche se era in ansia, una piccola parte di lui era
felice, aveva nalmente scoperto il perché del comportamento di
Ginny e ne era sollevato: lui non c'entrava nulla.
Immerso in questi pensieri, non si accorse di aver raggiunto
la capanna di Hagrid. Poco lontano, proprio al limitare della

391
foresta, la professoressa McGranitt e il professor Vitious stavano
parlottando tra loro.

Raggiunse a grandi passi il punto in cui si trovavano e sentì la


tensione crescere quando si accorse che i due insegnanti avevano
un'aria preoccupata.

Minerva, ci sta mettendo troppo tempo, avrebbe dovuto


essere già di ritorno; non pensi che dovremmo andare a cercarla?
Ieri la signorina Lovegood è stata più veloce, e considera che è
molto meno preparata della signorina Weasley.

Non ha ancora chiesto aiuto, ma forse è meglio andare


a controllare replicò la Preside guardandosi intorno con aria
ansiosa.

Harry si chiese fugacemente quanti dei suoi compagni stes-


sero tentando di dare quest'esame. Tuttavia non ascoltò oltre
e corse all'interno della foresta; addentrandosi nella tta bosca-
glia, tese i sensi al massimo per individuare qualche segno della
presenza della sua ragazza.

Scrutando nella penombra che perennemente invadeva la fo-


resta, nalmente la trovò: Ginny era poco distante e avanzava
verso di lui con una camminata lenta e rilassata; la prova doveva
essere nita e stava tornando dai professori.

Rallentò l'andatura, Ginny stava bene. Era così sollevato


nel vederla che fu fortemente tentato di togliersi il Mantello e
raggiungerla.

Improvvisamente uno strano sibilo squarciò il silenzio facen-


doli sobbalzare. Harry si voltò in direzione del suono ma non
riuscì a scorgere nulla; serrò la presa sulla bacchetta e anche
Ginny alzò la propria, pronta a colpire.

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Una gura rossastra, dall'aspetto viscido e deforme, apparve
da dietro un grosso abete, muovendosi velocemente in direzione
dei due ragazzi. Con orrore, Harry capì di cosa si trattava: il
nuovo animaletto domestico di Hagrid marciava a piede libero
nella Foresta; prima che Harry potesse in qualche modo inter-
venire, la bestia sembrò misteriosamente attratta dalla ragazza
e le si avventò contro.

Lei riuscì a sfuggirgli con un movimento fulmineo, ma in-


ciampò in una radice che sporgeva dal terreno ed il demone le
fu addosso. Ginny cercò di urlare e la bacchetta le sfuggì di
mano.

Ginny! Harry imprecò osservando con orrore la scena.

Scattò in avanti facendosi furiosamente spazio tra i cespu-


gli spinosi. Il mantello rimase più volte impigliato rischiando
di tradirlo, ma, incurante di questo, riuscì ad avvicinarsi al
demone.

Relascio mormorò.

La creatura grugnì mentre veniva sbalzata indietro dalla


forza dell'incantesimo nendo in un cespuglio di rovi.

Ginny si rialzò indietreggiando spaventata e si guardò attor-


no con aria circospetta. Si abbassò per recuperare la bacchetta
senza distogliere lo sguardo dal demone che, con un movimento
repentino, si rialzò e riprese il suo attacco. Harry era pronto ad
intervenire di nuovo, ma la ragazza fu più veloce, alzò la bac-
chetta e gridò: Stupecium!. L'incantesimo sembrò colpire la
creatura in piena faccia, ma in realtà non gli fece alcun danno;
il demone, con uno scatto, si raddrizzò e continuò ad avanzare.

Che cosa . . .  mormorò Ginny Incarceramus!.

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Spesse funi apparvero dal nulla e iniziarono ad avvolgere le
gambe della creatura. Quella si dimenò scalciando per cercare
di liberarsi ma l'incantesimo inesorabile continuò a risalire il
suo corpo. Ormai le funi avevano immobilizzato ogni parte del
demone: era neutralizzato! Harry tirò un sospiro di sollievo:
Ginny ce l'aveva fatta.
Un urlo raccapricciante provenne dalla bestia ormai inoen-
siva, ma non era un urlo di dolore. Le bre della fune iniziarono
a slacciarsi ed a rompersi una dopo l'altra, nché non sparirono
del tutto.
No! esclamò stupefatta.
Harry, puntando la bacchetta, lanciò un incantesimo di pro-
tezione su Ginny proprio nel momento in cui il demone, con un
velocissimo movimento, si slanciava su di lei.
La creatura si bloccò a pochi centimetri, come paralizzata,
ma rimase ferma solo per qualche secondo e scattò nuovamente
in avanti.
Non sapevano più cosa fare: nessun incantesimo a loro noto
sembrava funzionare.
In quell'attimo di tregua lo sguardo di Ginny si fece più
determinato, come se avesse avuto un'improvvisa illuminazione;
la ragazza puntò velocemente la bacchetta contro di lui e gridò:
Argentea Vincula!.
Robuste catene d'argento scaturirono dalla bacchetta per av-
volgere il demone in una possente stretta. La creatura urlò,
come impazzita, dimenandosi senza controllo, mentre Ginny la
guardava con occhi sgranati; poi, con un ultimo lungo spasmo,
svanì, come smaterializzata, tra le catene, che caddero a terra
con un sonoro CLANG.

394
Inspirando profondamente e ancora turbato dalla scena a cui
aveva assistito, Harry ssò la ragazza: era visibilmente scossa e
stava immobile con lo sguardo sso sul punto in cui no ad un
attimo prima si trovava il demone.
Non riusciva a capacitarsi della lucidità di Ginny in un mo-
mento simile. Era stata una fortuna che avessero parlato del
demone la sera prima, a cena. Senza volerlo lui e Ron l'ave-
vano messa a conoscenza dell'unica arma in grado di eliminare
Sigfrido!
Fu costretto a riscuotersi, perché la ragazza stava comin-
ciando a muoversi e lui non ci teneva a farsi scoprire. Camminò
piano, cercando di mettere spazio tra se e Ginny ed evitando di
fare il minimo rumore. Ma mentre retrocedeva verso un punto
in cui i cespugli si facevano meno radi, calpestò accidentalmente
un ramo che si spezzò di colpo. Harry rimase immobile, tratte-
nendo il respiro; Ginny cominciò a muoversi cauta tra gli alberi,
facendosi strada tra i tti cespugli.
Harry si appiattì ancora di più al tronco dell'albero a cui si
era appoggiato e si strinse nel mantello.
Ad un tratto il frusciare di foglie secche calpestate fece notare
loro che non erano soli nella foresta: qualcuno avanzava nella
loro direzione; Harry distinse a fatica le voci della McGranitt e
di Vitious.
Accidenti! Non ricordavo fosse così selvaggia stava dicen-
do il piccolo professore tra un goo tentativo e l'altro di distri-
carsi da un rovo particolarmente lungo che lo tratteneva per la
barba; Ginny si diresse verso di loro.
Harry, divertito, si avvicinò in modo da poter osservare la
scena: la preside stava tentando di liberare il minuscolo profes-

395
sore, tagliuzzando a colpi di bacchetta il ramo spinoso.
Oh, eccola! Signorina Weasley! esclamò Vitious, scrollan-
dosi un ammasso di foglie dalla testa.
Sta bene? le chiese la McGranitt avvicinandosi. Ab-
biamo sentito delle urla, e abbiamo pensato che fosse successo
qualcosa.
Tutto a posto. Sto bene, grazie! rispose Ginny.
Vitious tirò un sospiro di sollievo.
Bene le disse la McGranitt con un cenno compiaciuto,
allora possiamo andare avanti con l'esame.
Sì, certo professoressa rispose lei e, con un'espressione
determinata sul volto, si avviò dietro agli insegnanti.
Si diressero verso una zona della foresta che Harry non cono-
sceva; cercò di mantenere le distanze. Di rado qualcosa riusciva
a sfuggire all'occhio aquilino della McGranitt e voleva evitare di
farsi scoprire e di mettere a repentaglio l'esame della sua ragaz-
za. All'improvviso udì delle urla provenire dalla parte opposta,
proprio dove si trovava la capanna di Hagrid. Si fermò di colpo
e si mise in ascolto.
No! No! E no! Come le è saltato in mente? Perché l'ha
liberato?.
Non c'era alcun dubbio: Harry avrebbe riconosciuto anche
lontano un miglio quella voce roca e profonda: la voce di Hagrid.
In quel momento si accorse di aver perso di vista Ginny e i
professori. Quando si era distratto, li aveva lasciati vicino ad
un bivio, ma ora era impossibile individuarli. La foresta era
tta e silenziosa, non c'erano tracce che suggerissero il sentiero
che avevano imboccato. Così decise di dirigersi verso la casa

396
del guardiacaccia; in fondo ora Ginny era insieme ai professori
e non avrebbe dovuto correre altri pericoli.

Raggiunta la capanna riuscì ad intravedere Hagrid dalla -


nestra aperta: era lì, fermo, nel mezzo della stanza, non profe-
riva parola, ma tremava dalla rabbia. All'improvviso sferrò un
pugno, forse contro il tavolo, che fece tremare tutta la capanna.

Vada via! Se ne vada! Non so cosa ci potrei fare altrimen-


ti! urlò contro qualcuno che Harry non riusciva a scorgere.

Non vedo perché scaldarsi tanto, Hagrid era la voce di


Uglick. Insomma, sei un insegnante, hai visto quell'esame.
Nozioni elementari, argomenti del terzo anno. Puah! Sarebbe
stato una bazzecola se io non fossi intervenuto. Altro che esame
per accedere all'anno dei M.A.G.O.! È ridicolo, i livelli di questa
scuola si stanno abbassando vertiginosamente. Ne parlerò alla
Preside, stanne certo. Dovresti essere contento: la tua bestiola,
pace all'anima sua, ha movimentato la situazione che era di una
piattezza esasperante !.

Harry si sentì raggelare a quelle parole; aveva pensato che


Hagrid avesse perso il controllo sul demone e che questo fosse
riuscito a liberarsi ma non avrebbe mai immaginato che fos-
se il frutto della mente di un professore. Certo, n dall'inizio
non si era dato di Uglick, ma mai si sarebbe aspettato un
comportamento e una malignità simili.

Hagrid scoccò al professore un'occhiata furente. Avevi det-


to che non ci facevi del male, a Sigfrido! Era solo un cucciolo!
Avevi detto che lo volevi osservare a scopo ditattico. . . cosa gli è
successo?. Gli scappò un singhiozzo, e tirò su rumorosamente
col naso.

397
Ehm. . . didattico, Hagrid. Ebbene è quello che ho fatto!
rispose Uglick, seccato.
Baggianate! Tu volevi farci del male, ci volevi, ecco! Paz-
zoide dei miei stivali. . . Te lo do io il tuo ditattico!.
Hagrid sembrava ormai una bomba innescata, sul punto di
esplodere. La miccia era il suo faccione rosso, completamente in
amme.
Molto bene, vedo che non capisci, quindi tolgo il disturbo.
Ho un esame da nire concluse il professore alzandosi e diri-
gendosi verso l'uscita con passo n troppo veloce per un vecchio
qualsiasi.
Hagrid, con gli occhi appannati da lacrime di rabbia, provò
ad agguantarlo per il bavero, ma, incredibilmente, il professore
evitò l'enorme braccio peloso del mezzogigante. Harry sbatté le
palpebre, stupito.
Ah già, Hagrid. . . dovresti dare un'occhiata a quei tuoi scaf-
fali ammuti, non sembrano molto stabili. Sarebbe un peccato
se cadessero tutti quei barattolini puzzolenti che ci tieni appog-
giati, immagino che ti servano a scopo. . . ehm. . . ditattico .
SBAM!
Hagrid gli aveva probabilmente sbattuto la porta in faccia; al
rumore della porta seguì un tonfo sordo di qualcosa che cadeva,
vetri che si spezzavano a terra e un urlo di rabbia.
Una nuvola di polvere uscì dalle nestre, insieme ad una
montagna di imprecazioni.
Harry si aacciò alla nestra per poter vedere meglio quello
che era successo: gli scaali erano caduti addosso ad Hagrid, che
aveva tentato inutilmente di ripararsi alzando un braccio. Il pa-
vimento era cosparso di vetri e di sostanze non identicabili. Il

398
professor Uglick, poco distante, si soermò per un attimo uden-
do il rumore, poi riprese a camminare verso il castello, ingobbito
più che mai.

Harry si stava chiedendo se fosse il caso di entrare per dare


una mano all'amico, quando questi uscì velocemente dalla porta
sul retro e, pieno di polvere com'era, puntò dritto lato all'ab-
beveratoio. Harry era indignato. Uglick, in pochi minuti, aveva
messo in pericolo Ginny e sbeeggiato Hagrid. Rimase qualche
secondo fermo ad osservarlo mentre si muoveva svelto verso il
castello.

All'improvviso gli tornò in mente la frase che il professore


aveva pronunciato poco prima, e si ricordò il motivo per cui
si trovava lì: accertarsi dell'incolumità della sua ragazza. Le
urla di Hagrid lo avevano distratto dal suo scopo, ma, se aveva
interpretato bene le parole di Uglick, Ginny doveva sostenere
una prova proprio con lui.

Mantenendo l'opportuna distanza si avviò verso il castello.


Alzando lo sguardo intravide di sfuggita la chioma rossiccia di
Ginny oltrepassare la soglia del portone. Le prove all'esterno
erano nite.

Salì in fretta i gradini di pietra che conducevano al portone di


quercia, dribblando il professor Willis che stava uscendo proprio
in quel momento.

È solo un bene se continua a fare così! sorrise tra sè il


professore, calcandosi il cilindro sulla testa e avviandosi verso le
serre.

Harry varcò in fretta la soglia e scorse Ron in un angolo della


sala d'ingresso.

399
Hai visto dov'è andata Ginny? lo assalì, facendolo trasa-
lire.

Maledizione, Harry! Togliti il Mantello prima di fare que-


ste imboscate, almeno! Mia sorella è scesa pochi minuti fa giù
nei sotterranei con la McGranitt e Vitious, credo si stessero
dirigendo verso l'aula di Pozioni.

Ah, bene!, commentò Harry tirando un sospiro di sollie-


vo; l'amico lo guardò con espressione interrogativa. Ecco, sono
successe un po' di cose quando eravamo nella Foresta ammise
Harry, in risposta al suo sguardo. Andiamo! Diede una pacca
alla spalla di Ron e arettò il passo verso i sotterranei; il ragazzo
lo seguì, turbato per la mancanza di spiegazioni. Si appostaro-
no vicino all'aula di Pozioni per essere lì quando sarebbe nito
l'esame ed intanto Harry raccontò a Ron cosa era accaduto nella
foresta e alla capanna. Quando la porta si aprì, i tre professori
stavano facendo i loro complimenti alla ragazza.

Grazie, Horace; Filius, ci vediamo dopo disse la preside,


congedando il minuscolo professore di incantesimi, poi la porta
si richiuse e si sentirono dei passi allontanarsi.

Harry si rimise in fretta il Mantello e corse loro dietro per


raggiungerle, lasciando Ron perplesso.

Ginny e la McGranitt stavano percorrendo il corridoio di


pietra dei sotterranei; la professoressa non proferiva parola, ren-
dendo quel tragitto ancora più snervante. Oltrepassato l'ucio
che era appartenuto a Piton, la Preside nalmente bussò ad una
porta che dava l'accesso ad una stanza di cui Harry ignorava l'e-
sistenza. Entrarono e anche lui scivolò veloce, appena in tempo
per inlarsi al suo interno.

400
L'ucio del professor Uglick era desolante, scarno, privo di
qualsivoglia calore umano.
Quelli degli altri professori, in cui Harry era stato, riet-
tevano tutti il carattere dei loro occupanti; in questo caso, se
lo scorbutico professore era come la sua stanza, c'era davvero
da preoccuparsi. Quell'uomo continuava ad essere impenetrabi-
le ed enigmatico nel suo atteggiamento ed inquietante nel suo
aspetto, proprio come il luogo in cui lavorava.
L'arredamento della stanza consisteva in un grande tavolo
adibito a scrivania posto in un angolo, sulla parete destra una
libreria con solo qualche volume, due solitari quadri appesi l'uno
di fronte all'altro i cui abitanti mormoravano un qualche loro
discorso e al centro un grande camino freddo con un cumulo di
cenere, vago ricordo di un bel fuoco scoppiettante.
Il decrepito occupante dell'ucio deambulò lento, puntando
lo sguardo sulla Preside. Finalmente siete arrivati disse fer-
mandosi di colpo. Ci sono stati problemi? riprese accigliato.
Nessun problema, Jatturius, solo un piccolo ritardo rispo-
se la McGranitt, un po' seccata dal tono del professore.
Un ritardo? La signorina forse non si è rivelata all'altezza
delle vostre prove? rispose lui, sarcastico, e si voltò per scrutare
a fondo Ginny, con il suo classico ghigno sul volto.
Poi, improvvisamente, si staccò da loro e si diresse verso il
tavolo, dove gettò sgraziatamente il mantello che ancora portava
indosso, nonostante fosse tornato al castello molto prima di loro,
ed Harry lo vide estrarre la bacchetta dalla veste.
La McGranitt, nel frattempo, cominciò a dare qualche spie-
gazione su quello che Ginny avrebbe dovuto arontare. Questa
non è una prova di abilità, signorina Weasley, né di pragmati-

401
smo, né di combattimento, né assomiglia a niente di ciò che ha
arontato nora. Questa, infatti, è una prova di resistenza. La
Preside aveva un'espressione seria, ma anche un po' ansiosa.
Consiste nel resistere ad un unico, potente e dicile incan-
tesimo, il cosiddetto Incantesimo dell'Immagine.
Non è questa la denizione esatta dell'incantesimo la inter-
ruppe Uglick, più correttamente si dovrebbe dire Incantesimo
della Tortura.
Ginny non parve per nulla intimidita, rimase impassibile
a sostenere lo sguardo del professore. La McGranitt sembrò
compiaciuta per la determinazione della sua allieva.
Molto bene, Minerva. Da quanto mi hai detto, la Signo-
rina Weasley è molto abile, quindi penso non ci sarà nessun
problema. Se la caverà, anche con un cattivone come me.
Accompagnò la frase con un sorriso stiracchiato.
Bene, la mia presenza non è più necessaria disse poi, ri-
volgendosi al collega.
Non rimani a farci compagnia? chiese il vecchio.
Vorrei uscirne incolume, caro Jatturius.
La McGranitt lasciò la stanza, lasciando Ginny un po' per-
plessa e il professor Uglick impegnato in una sguaiata risata.
Proseguiamo. Questo incantesimo, signorina Weasley, si
insinua nella mente, come la Legilimanzia. Non ci sono contro-
fatture o incanti che lei possa usare, solo concentrazione, e pura
forza mentale. Io le farò credere di essere in tutt'altro luogo,
scoverò i suoi peggiori ricordi e li sfrutterò per insinuare nel-
la sua mente immagini distorte e situazioni, anche già vissute,
che il suo cervello ha etichettato come estremamente pericolose,
nonché di grande rilevanza emotiva.

402
Harry strinse i denti, gli sembrava impossibile che la McGra-
nitt avesse approvato un incantesimo del genere, ma non poteva
farci nulla.

Lei si sentirà smarrita, e solo con una resistenza adeguata


della sua mente e dei suoi sensi potrà scacciarmi e tornare in
sé continuò Uglick.

Naturalmente, se io dovessi accorgermi che lei èincapace di


resistermi . . .  dal tono di voce sembrava quasi che ci sperasse,
io interromperò l'incantesimo. Il viso del professore si stava
accendendo di esaltazione mentre impugnava più saldamente la
sua bacchetta e cominciava a sollevarla.

Una domanda disse Ginny non facendo trasparire la mi-


nima agitazione, se la mia realtà viene sconvolta, vuol dire
che io sono del tutto inerme, inconsapevole dei reali nemici che
mi circondano. Quindi. . . perché non ho mai visto usare questo
incantesimo in battaglia? chiese, aggrottando la fronte.

Buona osservazione. Il problema è che anche colui che pra-


tica l'incantesimo cade in uno stato di trance. È troppo con-
centrato ed immerso nella mente del suo avversario per potersi
accorgere di ciò che succede attorno a lui. Ed è per questo che
è sconsigliabile usarlo in battaglia, a meno di non poter agire
al riparo dai nemici, o comunque, esser coperto dai compagni.
Inoltre, pochi maghi hanno la capacità e la concentrazione per
uscire dallo stato di incoscienza in cui si cade quando si pratica
l'incanto della tortura. Auror, perlopiù. . . e solo i più capaci.
Il rischio è infatti quello di rimanere intrappolati nella propria
mente per sempre, e gli Auror sono tra i pochi che apprezzano
il rischio. Non è quella che possiamo chiamare una prospetti-

403
va piacevole, vero? chiese, vedendo Ginny sgranare gli occhi
all'idea.
Se lei è sicuro non ci sono problemi, allora.
Oh, non si preoccupi per me! Io e il rischio siamo vecchi
compari sorrise amaramente. Dovrebbe preoccuparsi per lei,
piuttosto. Si sente pronta? È ancora in tempo per ritirarsi.
Sono qui per arontare questa prova ribatté Ginny, osten-
tando sicurezza.
Ottimo, allora possiamo proseguire. Cominciamo!.
Le parole di Hagrid a proposito del professore continuavano
a martellare la testa di Harry, ma non c'era niente da fare: il suo
ruolo quel giorno era solo ed esclusivamente quello di spettatore,
spettatore di un bruttissimo lm.
Ginny si posizionò di fronte al professore, le braccia rigide sui
anchi e lo sguardo sso sulla parete. Di colpo scese un silenzio
irreale. I quadri che prima bisbigliavano tra di loro tacquero
all'unisono, come cicale al tramonto. Anche Harry trattenne il
respiro per paura di venire sorpreso.
Dopo alcuni secondi, Uglick scandì piano: Defactio Insi-
nuere .
Dalla sua bacchetta scaturì lentamente un'aura rossastra; si
avvolse come una rete intorno a Ginny, poi si insinuò nella sua
testa.
Entrambi rimasero immobili, gli occhi serrati. Harry si rese
conto che erano come assenti e le loro menti chissà dove. Tutto
ciò lo spaventava. Terribilmente.
Poi l'aria si spezzò e i respiri si fecero pesanti. Qualcosa
cambiò impercettibilmente. Le rughe sulla fronte del professore

404
si ispessirono e Ginny iniziò a muoversi. Fece un passo avanti,
incerta.
Stupecium !. Un otto di luce rossa esplose dalla bac-
chetta della ragazza, andando a colpire violentemente la libreria
dietro la schiena di Harry e passando ad un soo dal suo viso.
Lui sobbalzò e si gettò a terra istintivamente.
Lei, catapultata in un mondo virtuale, vedeva cose diverse
da quelle che realmente la circondavano e reagiva di conseguen-
za: chissà quale ricordo spaventoso stava rivivendo ora; chis-
sà cosa vedeva intorno a sè, quali nemici e pericoli la stavano
attaccando.
Ora capiva le parole della McGranitt: non era sicuramente
saggio stare nella stanza durante quell'incantesimo.
La ragazza si voltò di scatto, come sentendo un rumore. Si
diresse verso la porta a passi veloci, sembrava che con le braccia
si proteggesse da qualcosa che le veniva scagliato contro.
Inciampò su qualcosa che non esisteva. Quando, ansimante,
si rialzò, l'urlo che emise fu come una lama conccata nel petto
di Harry.
Ginny era in ginocchio, piangeva. Aerrava l'aria, l'abbrac-
ciava, l'accarezzava.
Lurido cane bastardo, cosa gli hai fatto? È mio fratello! È
MIO FRATELLO, COSA HAI FATTO! Bill!. Una disperata
supplica al cielo, che nessuno avrebbe ascoltato.
Lasciami stare! No, non voglio andare via! Prendetelo, por-
tatelo in infermeria. . . siamo troppo pochi. . . siamo TROPPO
POCHI!.
Per un attimo eterno le orecchie di Harry furono piene sol-
tanto dei singhiozzi della ragazza.

405
Combatteva contro il feroce istinto di avvicinarsi a lei, quan-
do Ginny si rialzò di scatto; lui si paralizzò.
La ragazza indietreggiò verso la scrivania, mentre con le
braccia tentava di coprirsi il volto. Il suo respiro era irrego-
lare, oppresso dall'invisibile immagine che doveva essere regina
incontrastata della sua mente. Harry capiva che stava provando
emozioni fortissime, destabilizzanti. . . avrebbe resistito? Il suo
viso era così pallido che sembrava sul punto di svenire.
La voce di Ginny cancellò tutti i suoi pensieri, come una
spugna su una lavagna.
Harry. . . Harry sono troppi, non ce la faccio da sola! Pensa
a qualcosa di felice, Harry!.
Era in ginocchio, tremante. La sua pelle era bianca e pervasa
da brividi incontrollabili.
Ora Harry aveva capito, Ginny provava freddo, un freddo
terribile che si insinuava nelle ossa, un freddo che lui conosceva
n troppo bene.
E seppe, così come sapeva che l'amava, chi era il ladro che
le aveva rubato il colore dal viso e tolto il sorriso dal volto. . .
Era tutto così reale che anche per lui le voci iniziarono a
tornare. . . quelle voci temute, ma allo stesso tempo amate, quelle
voci contro cui tanto aveva combattuto.
Dissennatori.
Poteva quasi rivivere i loro gelidi respiri sul collo, la loro
fremente voglia di strappare la felicità dai cuori umani.
E proprio mentre provava quella sensazione terribile dentro
di sé e si immaginava al suo anco a cercare inutilmente di
spronarla, la vide reagire. Ginny si alzò, brillante di una nuova
determinazione, ed urlò la sua speranza contro il vuoto.

406
EXPECTO PATRONUM !. Quell'urlo trasudava tanta -
ducia che Harry si sentì meglio, in tempo per vedere una cosa
che lo sconvolse, forse ancora di più.

Un enorme, possente cervo illuminava la stanza, etereo e


bellissimo. Il suo cervo.

Ma come era possibile? Harry era confuso: la sua bacchetta


era in tasca, proprio come le sue forze in quel momento. C'era
un sola spiegazione, la più sensata.

Ginny aveva lanciato l'incantesimo, il Patronus era di Ginny.


Aveva cambiato forma.

Sbalordito, guardò Uglick.

Notando l'espressione del professore, il ore nel suo cuore ap-


passì proprio come era sbocciato. Credeva fosse nita, credeva
che Ginny avesse scontto l'incantesimo. . .

Ma allora perché lei non aveva ancora aperto gli occhi? Per-
ché sul volto di Uglick, sulla sua fronte imperlata dal sudore,
sulle sue palpebre serrate, Harry poteva scorgere l'acuirsi della
concentrazione? Stava ancora leggendo la mente di Ginny come
un libro ed era palese che stesse forzando la mano. Il Patro-
nus, come la riacquistata sicurezza di Harry, si dissolse in mille
piroettanti puntini argentei ed il tto buio mentale e materia-
le, che per poco li aveva abbandonati, tornò a spadroneggiare
sull'aula e sulle loro menti.

Harry tornò ad osservare preoccupato la ragazza, ancora una


volta in balia dell'incantesimo.

Per un istante, sembrò nuovamente sul punto di crollare,


ma si vedeva che stava lottando con maggiore forza, tanto da
riuscire a contrastare Uglick, che quasi perse l'equilibrio.

407
Il professore sembrò colpito da qualcosa: una sorta di shock
gli deformò ulteriormente il già deturpe viso, come se avesse
preso consapevolezza di quello che stava realmente accadendo
nell'aula. Basta! sussurrò Ginny; prese la testa fra le mani
e la scosse violentemente come a cercare di scrollarsi di dosso
qualcosa.

Proprio quando Harry aveva deciso di intervenire il professo-


re interruppe l'incantesimo. Defactio Finite sputò con rabbia,
ssando per alcuni secondi la ragazza, che ricambiò lo sguardo
mostrando un velo di preoccupazione. Quel nome. . . cosa ne
sai tu? chiese sconcertato.

Lei per tutta risposta si asciugò le lacrime velocemente e lo


ssò senza più batter ciglio.

Cinereus! Come fai a conoscerlo? incalzò il vecchio rab-


bioso.

Harry sentì un usso di sangue salire al cervello: no a che


punto si era spinto tra i ricordi di Ginny? E perché quel nome
lo sconvolgeva a tal punto? Chi era Cinereus?

PARLA! DIMMI QUELLO CHE SAI! strillò avvicinan-


dosi furente alla ragazza; una luce maniacale brillava nei suoi
occhi. Ginny indietreggiò spaventata, Harry strinse la bacchetta
pronto ad intervenire.

Io. . . niente, non so niente mormorò lei ssando i linea-


menti dell'uomo distorti dalla rabbia.

Harry non poteva fare niente per lei, ma qualcun altro si!

Alohomora  mormorò il più silenziosamente possibile men-


tre agguantava la bacchetta; la porta dell'ucio si aprì.

408
La McGranitt, che aveva atteso la ne della prova nel corri-
doio, si aacciò sull'uscio e ssò la scena incredula. Jatturius,
si può sapere cosa sta . . . .
Con l'interruzione della Preside, la luce negli occhi di Uglick
si spense, le sue spalle si aosciarono. Harry si chiese se si
fosse reso conto della sua reazione spropositata. Perché aveva
reagito così, notando quel nome nella mente di Ginny? Harry
era basito. Che cosa nascondeva?
Minerva. Perdonami, mi sono lasciato prendere la mano
. . . . La voce del professore era ebile, il suo volto era co-
sì stanco e segnato da una nuova, inspiegabile preoccupazione.
Pareva invecchiato di cent'anni.
Poi, riscuotendosi improvvisamente, iniziò a muoversi scom-
posto per l'ucio raccogliendo gli oggetti più disparati.
Jatturius, si può sapere cosa stai facendo?.
Il professore continuò ad occuparsi delle sue cose, apparen-
temente non accorgendosi delle parole della preside.
Minerva iniziò, mentre prendeva in mano anche il pesan-
te mantello da viaggio ancora bagnato, Non posso più resta-
re. . . cercati un nuovo insegnante.
Poi a passo incredibilmente spedito si diresse dritto in dire-
zione di Harry. Il ragazzo fece appena in tempo a spostarsi per
lasciargli il passo quando il professore, sputando qualche incerta
parola, sparì nella amma del camino.
La McGranitt era chiaramente sconcertata dalla decisione re-
pentina del suo collega, ma si riscosse subito e si rivolse a Ginny
Signorina Weasley, dunque. . . direi che il suo esame è termina-
to. Se vuole seguirmi, la accompagnerò prima in infermeria e
poi nel mio ucio dove i suoi genitori l'attendono.

409
Harry si era completamente dimenticato dei Weasley, scioc-
cato com'era dalla reazione del professore quando aveva letto il
nome di Cinereus nella mente della ragazza.
Uglick l'aveva sorpreso di nuovo. Sentiva che c'era un colle-
gamento tra le sue visioni e quanto stava succedendo, anche se
non riusciva a coglierlo pienamente. Ormai la questione andava
risolta.
I miei genitori? chiese la ragazza. Cosa ci fanno qui?.
Andiamo nel mio ucio, le spiegheranno tutto loro.
Detto questo le due donne si avviarono lungo il corridoio.
Harry si precipitò fuori dall'ucio e raggiunse velocemente
la Sala Comune.
Entrò in maniera così irruenta che Hermione e Ron si alza-
rono di scatto dalle poltrone e, appena videro la sua espressione
grave, il loro sorriso si tramutò in una maschera di preoccupa-
zione.
È successo qualcosa a Ginny? chiese Ron allarmato.
No, lei ora è nell'ucio della McGranitt con i tuoi genitori
rispose Harry trafelato Sedetevi. Dobbiamo parlare.
Cosa . . .  iniziò Hermione atterrita.
Harry inspirò. Dobbiamo pensare alla Bacchetta disse
d'un ato, ssandoli.

410
Capitolo 17

IL PROFUMO DELLA

PIOGGIA

Allora squadra, esordì Harry mentre prendeva la sua scopa


in mano, oggi dobbiamo assolutamente dare il meglio di noi
continuò meccanicamente. Dovete stare attenti a seguire gli
schemi che abbiamo provato durante gli allenamenti: Ron, tu
ricordati di stare al centro tra i tre anelli; Ginny, Demelza e Ben,
cercate di volare bassi e fate più passaggi di Plua possibili, e
voi due disse rivolgendosi a Rosy e Jimmy, state attenti a quei
maledetti bolidi e cercate di . . . .

Harry! Non è la prima volta che giochiamo a Quidditch


sbottò Ginny, interrompendo il ragazzo. Piuttosto, chi sono i
giocatori dell'altra squadra?.

411
Harry venne colto alla sprovvista. Be'. . . ehm. . . immagino
che sicuramente ci saranno Malfoy e Goyle . . .  continuò un
po' imbarazzato, e poi ho sentito dire che hanno deciso di
ingaggiare due americani.
Davvero? Due americani? chiese Ben abbastanza sbalor-
dito. Draco ha lasciato che due americani entrassero nella sua
squadra? Non posso crederci! Lui li odia! Devono proprio esser
messi male per averli reclutati.
Secondo te perchè Malfoy l'ha fatto? chiese pensieroso
Ron, inlandosi la casacca.
Non lo so, ma pare che siano ottimi giocatori, e lui non se
li è fatti sfuggire; forse ora è convinto di avere qualche possibi-
lità di batterci, anche se devo ammettere che è strano replicò
Harry mentre passava il pollice sulla sua Firebolt Millennium
per controllare che fosse in perfetto stato.
Secondo me è rimasto un po' tocco! Dopo la storia di Tu-
Sai-Chi non è più lo stesso riprese Ron facendo una smora.
Sì, è vero. L'ho notato anch'io! intervenne Demelza guar-
dandoli.
Non importa si arettò a replicare Harry. Chiunque sia
il nostro avversario dobbiamo dare il meglio e portare a casa
la vittoria!. Detto questo uscì dallo spogliatoio, seguito dai
compagni.
Giunse in mezzo al campo e, nalmente, si trovò di fronte i
membri della squadra avversaria: Millicent Bullstrode, la ragaz-
za corpulenta ed aggressiva che al secondo anno si era accapiglia-
ta con Hermione al Club dei duellanti, era in testa; seguivano:
Goyle, più grosso che mai; Blaise Zabini; Theodore Nott, che
era stato membro della banda di Malfoy negli anni precedenti;

412
e un altro Serpeverde del terzo anno che Harry non aveva mai
visto. Dietro di loro apparve il primo studente americano: un
ragazzo alto e robusto, dai capelli rossi, che armeggiava aggres-
sivo con una mazza e, viste la stazza e l'espressione, ad Harry
sembrò fosse proprio adatto per il loro piano; in fondo aveva de-
cisamente l'aspetto del tipo che non faceva grossa dierenza tra
un cranio ed un bolide. Al suo anco c'era una ragazza alta più
o meno come lui e probabilmente avrebbe giocato da cacciatrice.
C'era qualcosa che non quadrava: cinque inglesi e due ame-
ricani, sette giocatori in tutto. Ma non era Malfoy ad indossare
la spilla da capitano, bensì Millicent Bulstrode. Harry ne rima-
se sorpreso ma non ebbe il tempo di pensare anche a quello: la
partita stava per cominciare e voleva dare il meglio di sé.
A quel punto una voce conosciuta iniziò a presentare le squa-
dre. Harry si volse verso il podio del cronista. Un ragazzo
piccolo coi capelli color topo che riconobbe subito come Den-
nis Canon iniziò a parlare. Buongiorno studenti e professori,
benvenuti alla prima partita di Quidditch dell'anno. E dunque
presentiamo le squadre: per i Grifondoro . . . .
Un boato di voci e di applausi si alzò della tifoseria dei
Grifondoro.
Il capitano, nonché cercatore, Harry Potter, il portiere Ro-
nald Weasley, i cacciatori Ginny Weasley, Delmeza Robins, Ben
Willar e inne i battitori Jimmy Peakes e Rosy Bladger! Ora
passiamo all'altra squadra, per i Serpeverde . . . . Di nuovo un
gran vociare echeggiò nell'aria, questa volta erano i Serpeverde
che sovrastavano i Grifondoro. . . . abbiamo il capitano nonché
portiere Millicent Bulstrode . . . .
Capitano quell'armadio? commentò Ron incredulo.

413
. . . i cacciatori Chase Turner, Theodore Nott e Shirley Po-
well; il cercatore Blaise Zabini; inne i battitori: Gregory Goyle
e John Headwood.
Una volta nita la presentazione, Madama Bumb si diresse
verso il centro del campo stringendo il suo manico di scopa.
Bene Capitani. Visti i precedenti delle due squadre vi chiedo
un gioco pulito, non voglio che nessuno nisca in infermeria
questa volta. Stringetevi le mani.
Harry e Millicent Bulstrode si avvicinarono con le rispettive
braccia destre tese. Harry, allarmato, notò che la ragazza era
davvero enorme, ma si sforzò di sorridere.
Madama Bumb diede il schio d'inizio e la partita cominciò.
Harry scattò in aria prendendo quota e iniziò a scrutare il cielo.
Ecco Powell con la plua, evita un bolide, ne evita un
altro, gran passaggio per Nott che dribbla Robins, ripassa la
plua a Powell che schiva ancora un bolide, è davanti a Wea-
sley. . . serpeverde ha segnato! E che nta! Che gran giocatrice!
Dieci a zero per Serpeverde.
Harry si rese conto che quella ragazza aveva davvero straordi-
narie capacità, ma fu un pensiero fuggente. L'ansia che cresceva
dentro di lui col passare dei minuti gli stava togliendo il respi-
ro. Era giunto il momento di provare quella Finta Wronsky che
aveva visto fare a Krum alla Coppa del Mondo.
La partita si stava protraendo da parecchio tempo e, fortu-
natamente, del boccino neanche l'ombra.
Aveva già provato anche a mettere in atto il piano un paio
di volte, ma Headwood era sempre stato poco tempestivo.
Mentre Shirley si dirigeva verso gli anelli, Harry rivolse uno
sguardo attento tra gli spalti. Quando incontrò gli occhi di

414
Hermione, una scarica di adrenalina gli percorse le membra
svegliandolo più del vento gelato che tormentava il suo viso.
Una strana lucidità si impadronì di lui: stavolta niente do-
veva andare storto. Cercò con lo sguardo Zabini: il Serpeverde
non gli staccava gli occhi di dosso. Harry pensò che fosse proprio
il momento giusto.
Virò alla sua destra e si diresse verso le porte di Grifondoro,
ngendo un'eccitazione improvvisa. Zabini abboccò, planò tra i
suoi compagni e puntò dritto lato verso Harry che, guardandolo
con la coda dell'occhio, diede inizio alla picchiata suicida.
Mentre la eseguiva, Harry cercò di percepire quello che sta-
va accadendo sopra di loro. Il battitore, Headwood, stava per
fare esattamente quello che lui si aspettava, così continuò la sua
azione diversiva.
All'ultimo si scansò alzando il manico di scopa con abilità,
mentre Zabini, preso alla sprovvista, si schiantò sul terreno er-
boso. Poi un sibilo assordante squarciò il vento ed Harry sentì
un violento colpo al capo.
Un bolide l'aveva colpito in piena nuca.
Mentre cadeva per terra sull'erba folta capì che aveva rag-
giunto il suo scopo.
Poi i pensieri si fecero confusi, uno strano torpore lo avvolse.
Non vedeva più niente, non sentiva la terra sotto di sé. Voci
allarmate lo circondavano. Un schio, piedi che si appoggiavano
a terra, scope che strusciavano sull'erba.
Harry! HARRY!. Sentì la voce di Hermione, rotta dal
pianto. Portate una barella! Chiamate Madama Chips!. I
suoi singhiozzi gli riempivano le orecchie rendendo la situazio-
ne terribilmente reale. Per un attimo pensò che qualcosa fosse

415
andato storto. Poi non riuscì più neanche a pensare. Le forze
lo stavano abbandonando. Si limitò ad ascoltare. Riconobbe la
voce autoritaria, solo screziata da un lo di ansia, di Madama
Bumb.
Molto bene, che ci fate voi qui? Signorina Weasley, torni
a giocare! Potter sta bene, ha la testa dura. Salite sulle scope!
Rigore per Grifondoro! Il cercatore di riserva! Maledizione,
dov'è il cercatore di riserva?.
Eccomi rispose Hyde sicuro di sé.
Bene. Tutti in sella, e aspettate il mio schio. Headwood,
che non si ripeta mai più!.
Harry sentì il rumore inconfondibile di scope che si stacca-
vano dal suolo e capì che il gioco stava riprendendo.
Signorina Granger, signorina la prego! Lasci stare, stia
tranquilla, me ne occupo io. Ora lo portiamo in Infermeria.
La voce calda e sicura di Madama Chips gli infuse un po' di
sollievo.
Harry non si accorse che Hermione gli tormentava il braccio
nchè l'infermiera non l'allontanò da lui con la forza.
Lo trasportarono su una barella, e un dolore lancinante gli
invase la testa, stordendolo.
Lasciatemi venire con lui, vi prego. Riuscì a mala pena ad
udire la supplica di Hermione.
Va bene, andiamo.
Harry percepì di essere stato sollevato da terra, poi il dolore
ebbe il sopravvento e perse denitivamente i sensi.

416
*

Innerva!. I raggi del sole ravvivarono le sue palpebre. Harry,


Harry!.
Harry aprì gli occhi, un po' stordito, il dolore alla testa era di-
minuito sensibilmente. Il viso di Hermione, sorridente, occupava
il suo orizzonte.
Finalmente! esclamò lei, porgendogli gli occhiali. Tutto
è andato per il verso giusto! Madama Chips è nel suo stu-
dio, bisogna fare in fretta!. Tirò fuori dalla borsa una aletta
contenente un liquido color fango.
Per il verso giusto? Hermione! Sei sicura di averlo sgonato
per bene, quel bolide? Ho preso una bella botta, sai? fece
Harry, contrariato, massaggiandosi la testa.
Ti avevo avvertito, è normale che un po' ti sia fatto male
vista la velocità con cui l'ha scagliato Headwood. È davvero un
idiota! E, comunque, meglio il mio bolide manomesso che quello
di Dobby.
Già, ti devo dare ragione!. Harry fece un mezzo sorriso,
mentre scendeva dal letto.
L'imbarazzo gli macchiò le guance quando realizzò che in-
dossava il pigiama e che forse era stata Hermione a metterglielo,
anche se in quel momento era incosciente.
L'amica parve leggergli nel pensiero. Non preoccuparti. . . è
stata Madama Chips a cambiarti.
Tirò fuori dalla borsetta un paio di jeans e una felpa; sgatta-
iolarono in bagno, Harry si cambiò velocemente e poi aspettò che
la ragazza indossasse il suo pigiama. Fortunatamente Madama
Chips aveva da fare nel suo studio.

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Tutto sta andando secondo i piani, altrimenti Ron ci avreb-
be avvisati. Gli agitò davanti al volto uno dei vecchi Galeoni
dell'ES. Okay, ora ho bisogno dei tuoi capelli, Harry!.
Come se non lo sapessi disse lui amareggiato, strappandosi
una piccola ciocca sulla nuca, ormai siamo polisucco dipenden-
ti.
Porse i capelli all'amica, che li lasciò cadere nella boccetta.
Appena vennero a contatto con la supercie, il liquido fangoso
fu sostituito da uno stupefacente e brillante color oro.
Continuo a sostenere che sei più appetitoso di Goyle, ma
non lo dire a Ron! disse lei, ridendo. Era di buonumore. Certo,
il piano era suo. . .
Salute!. Hermione si tappò il naso e tracannò il contenuto
della boccetta. Il suo volto assunse un'espressione disgustata e,
quasi immediatamente, i suoi lineamenti divennero sfuocati, il
volto si modellò come fosse di cera sciolta sul fuoco, si alzò di
qualche centimetro, i suoi capelli si accorciarono e si scurirono.
Harry salutò con un sorriso il suo gemello, Hermione saltò nel
letto e chiuse gli occhi, avvolgendosi nelle lenzuola. Sai Her-
mione disse lui, scherzoso se non dovessi passare i M.A.G.O.,
Hollywood ti accoglierebbe a braccia aperte. Sei un'attrice sen-
sazionale!. Rise di gusto.
Vai lo incalzò lei, forse un po' seccata per la stoccatina sui
M.A.G.O., e ricordati di controllare il galeone, ti prego!.
Ho sempre detto che prendi la tua istruzione troppo sul
serio borbottò Harry, divertito.
Poi si voltò e varcò la soglia dell'infermeria, con la Bacchetta
di Sambuco al sicuro nella tasca dei jeans e il mantello in mano.
Hermione aveva pensato proprio a tutto.

418
*

La porta era aperta e, senza bussare, entrò. Il pub era tornato ad


essere come lo ricordava: sudicio e deserto, non solo per l'ora.
Il pavimento era incrostato dal ritrovato strato di luridume, i
tavoli di legno erano miseri e disseminati disordinatamente nel
piccolo spazio angusto e opprimente.
Un uomo stava dietro al bancone: il viso rugoso che sembrava
una prugna avvizzita, avvolto da quella che pareva una nuvola
di cotone grigio; le sopracciglia folte e aggrottate gli conferivano
un'espressione di perenne disappunto, e la barba lanosa e aggro-
vigliata, lunga come quella del fratello, nascondeva al mondo la
bocca sottile ed i suoi rari sorrisi.
A guardarlo così da lontano, non dava certo una bella impres-
sione. Se poi lo si conosceva, pensò Harry, era ancora peggio:
tremendamente rude e trasandato, sempre pronto a rimprovera-
re con la sua voce rauca e i suoi pungenti commenti sarcastici,
pessimista ormai cronico.
Eppure ogni volta, perdendosi nei suoi occhi color del vetro,
Harry provava una strana sensazione alla bocca dello stomaco,
e sentiva raorzarsi dentro di sé la profonda convinzione che,
sotto quel groviglio grigio e quelle lenti spesse ed appannate, ci
fosse un uomo fondamentalmente buono.
Ed allora tutti i suoi difetti passavano in secondo piano.
Harry si tolse il mantello con un gesto svelto, ed esclamò:
Un succo di zucca, per favore!.

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Aberforth alzò la testa dal boccale e dallo straccio con il qua-
le lo stava lucidando, e le sue lenti brillarono mentre sfoderava
la bacchetta. Quando lo riconobbe, emise una specie di grugnito
e borbottò: Potter. . . per quale maledettissimo motivo piombi
nel mio pub a quest'ora?.
Salve Aberforth, volevo un succo di zucca ripeté Harry.
Non dovresti essere a scuola? sputò secco Aberforth.
Siamo in gita mentì Harry.
Il vecchio barista rivolse lo sguardo fuori. La via era deserta.
Alzò un sopracciglio, interdetto, e lo guardò interrogativo.
Harry si limitò a sorridere e, avvicinatosi al bancone, si
sedette.
Aberforth lo squadrò dalla testa ai piedi, poi si arrese e lo
servì. Due minuti dopo, Harry aveva davanti una brodaglia color
arancione. Iniziò a sorseggiarla incerto, sentendosi addosso gli
occhi indagatori del vecchio.
Molto bene, stendendo un velo pietoso sulla tua strafotten-
za, ora che ti sei rifocillato, mi fai il favore di spiegarmi perché
sei qui?.
Visita di cortesia . . .  mugugnò Harry tra un sorso e l'altro.
Sì, certo; e hai pensato bene di coprirti con quella diavoleria
di mantello invisibile. Cos'è, fa freddo fuori, o volevi evitare la
calca?.
Mi dispiace essere piombato qui così all'improvviso, ma ho
usato il mantello perché nessuno deve sapere che sono venuto
iniziò Harry.
Ma non mi dire. . . cos'è che vuoi?.
Be'. . . volevo farle un saluto. . . stavo pensando, non l'ho mai
ringraziata come si deve per quello che ha fatto per me e i miei

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amici. Possibile che si sentisse sempre così ingessato quando
parlava con Aberforth?
Sai che non mi piacciono i convenevoli Potter. Ma ho fatto
quello che ritenevo giusto fare, niente di più, niente di meno.
Anche se, senza dubbio, la tua insistenza è stato un fattore
importante. Sorrise debolmente e la sua barba si increspò.
Perlomeno non avrà più problemi a far uscire il gatto si
scusò Harry scherzando. Sapeva di essere stato la causa di tan-
ti inconvenienti, e di avergli fatto tornare a galla tanti brutti
ricordi.
Aberforth scoppiò in una roca risata. Sì, devo ammettere
che è un vantaggio notevole, e il mio gatto è molto più felice.
E anche non avere più intorno quei brutti ce e i loro intrugli
. . . . Storse il naso. Alla ne ha vinto il bene superiore, non è
così? concluse amaro.
Il cambio di tono paralizzò Harry, che non seppe dire niente
se non un vuoto già.
Il silenzio tra loro era opprimente, le cose non dette erano
incastrate nelle loro gole e si riutavano di uscire.
Harry avrebbe voluto parlare, ma, in fondo, lui e Aberforth
erano poco più che due estranei che avevano voluto bene alla
stessa persona, e che, forse, erano anche stati delusi, dalla stessa
persona.
Harry aveva già da tempo capito e perdonato Silente per
tutte le verità che gli aveva tenuto nascoste. Anche perché, alla
ne, come sempre, il Preside aveva dimostrato di avere ragione
e, cosa più importante, gli aveva dimostrato anche il suo aetto.
Quell'aetto su cui Harry tanto aveva contato, e di cui tanto
aveva dubitato.

421
Ma il perdono di un fratello richiedeva molto più tempo,
molti più dubbi, molte più lacrime.
So a cosa stai pensando. Te lo leggo negli occhi, ma non
ti devi preoccupare di questo. Non è distruggendo il più grande
Mago Oscuro di tutti i tempi che puoi risolvere un vecchio litigio
tra fratelli. So che vuoi una rassicurazione, Harry, e io te la darò.
Albus è stato spesso tanto generoso con le altre persone quanto
è stato egoista e stupido con me, ma gli voglio bene. Però le
cose sono complicate e non puoi tentare di risolvere tutto, anche
se sei il prescelto.
Gli occhi di Aberforth brillavano, Harry sapeva che questo
sarebbe stato il massimo che avrebbe ottenuto da lui.
Non sono venuto qui per risolvere le cose borbottò Harry,
abbassando gli occhi. Ora più che mai, temeva la reazione del
vecchio. Non erano nemici, e non voleva che lo diventassero.
Aberforth lo squadrò con i suoi occhi azzurri ed Harry pro-
vò sempre la stessa, stranissima sensazione di vulnerabilità che
percepiva ogni volta che Silente posava il suo sguardo su di lui.
Cosa devi chiedermi Potter? fece Aberforth, ritornando al
suo tono decisamente brusco mentre si accomodava su uno degli
sgabelli.
Ho bisogno di un favore. Esitò, prima di buttarsi deni-
tivamente nel precipizio. Ha sentito dell'attacco sul treno e
dell'intrusione a scuola? buttò lì, quasi casualmente.
Sì, ho sentito, gli Auror brancolano nel buio. Baggianate
secondo me, da quando ci sono gli americani, si sono tutti un
po' rammolliti. Non sanno cosa cercano, eppure la questione
va avanti da mesi rispose il barista, la voce macchiata da un
velato disprezzo.

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Io so cosa cercano. Cercano me aermò secco Harry.
In che guai ti sei cacciato ancora Potter?. L'espressione
di Aberforth era confusa ed esasperata.
Harry prese un respiro profondo. Be', in realtà non cerca-
no me, ma una cosa che io possiedo: vogliono la bacchetta di
Sambuco.
Solo al sentir pronunciare quel nome, Aberforth quasi cadde
dallo sgabello. Le vene dei suoi polsi tremarono tanto che Harry
potè quasi sentire il sangue auire alla testa, il viso del vecchio
era più bianco e pallido della sua barba. I suoi occhi azzurri
diventarono umidi e i ricordi lo catturarono, travolgendolo come
un ume in piena.
Sei un incosciente! Come puoi portare con te quell'abomi-
nio? Scommetto che è lì, nella tua tasca. Esci subito da questo
locale! SUBITO!.
Harry rimase spiazzato, ma non si mosse. Aspettò che l'agi-
tazione sul volto di Aberforth si consumasse.
Dopo un po', la sua collera scemò e il vecchio barista sembrò
recuperare la sua abituale calma.
Mi dispiace, Potter. È un argomento delicato. . . Hai in-
tenzione di distruggerla, non è così? domandò, le mascelle
serrate.
Harry prese il coraggio a due mani e disse: No, veramente
no. Non conosciamo quali sono i suoi poteri, e non penso che
solamente spezzandola la bacchetta lì perderà. Ci ho pensato
seriamente e la soluzione migliore è nasconderla.
Suppongo che tu abbia già in mente dove . . .  borbottò
Aberforth. Il blu nei suoi occhi si era solidicato come se avesse
capito tutto.

423
Sì. E sono qui per questo. Mi permetterà di adare la
bacchetta ad Ariana?.

Le dita di Aberforth si serrarono ad aerrare l'aria, tanto


che le sue unghie si conccarono nei palmi. Questa volta non
urlò, si limitò a dire, con voce tremante di rabbia: Esci. Subito
Potter. La sua voce era rotta e ebile, il suo corpo scosso da
tremiti.

Harry ne approttò per parlare e d'un ato disse: Ma per-


ché? Non capisce? È la soluzione migliore. . . nessuno potrebbe
sospettare e, se morirò di morte naturale, la bacchetta perderà
i suoi poteri. Il cerchio si chiuderà! Non è questo che vuole?.

Certo che lo voglio, Potter riuscì a dire Aberforth. Ma


non puoi. Non puoi chiedermi una cosa del genere. Quella
bacchetta è stata la causa delle morte di Ariana. Albus la de-
siderava tanto che l'ha preferita a sua sorella. Non te ne rendi
conto?.

Capisco quello che prova. . . anzi, forse non posso capirlo ma


so per certo che in quegli anni ed in quella situazione, anche suo
fratello fu una vittima. Una vittima di Grindelwald, esattamen-
te come Ariana. Silente subì tutto il fascino della sua follia. Era
debole, come lo era Ariana, ed ha ceduto. Non se lo è mai per-
donato. Ma lui voleva i doni per una ragione molto diversa da
quella che animava Grindelwald. Sì, lui voleva la pietra, ma per
far tornare indietro i suoi genitori. Voleva il mantello, ma per
nascondere Ariana. E se lei si ostina e si obbliga a pensare che
lui bramasse il potere più di quanto amasse la sua famiglia, è
solo uno sciocco che tenta di soocare una verità che conosce
benissimo. E io non voglio più avere niente a che fare con lei.

424
Harry si girò, stizzito e schiumante di rabbia, e si diresse
verso la porta, mentre la speranza lo abbandonava lasciando
spazio al crudo risentimento.
Potter, aspetta.
Harry si voltò, sorpreso.
Vieni di sopra disse Aberforth secco. Si avviò verso la
scala, ed Harry lo seguì in silenzio.
Salendo Harry si aacciò ad una delle nestre lungo la scala
e si accorse che era buio, all'esterno di ogni casa di Hogsmeade
c'erano zucche intagliate; la luce balenante delle candele al loro
interno fuoriusciva dai raccapriccianti lineamenti.
Entrambi arrivarono nella stanzetta scarna che era stata il
loro rifugio tempo prima, e lo sguardo di entrambi si posò sul
grosso quadro sopra il camino spento. Una ragazza bionda ed
eterea li guardava con occhi benigni.
Harry rimase in disparte, mentre Aberforth si avvicinava a
sua sorella. Li sentì bisbigliare: probabilmente Aberforth le
stava spiegando la richiesta di Harry. Solo quando vide Ariana
annuire piano, e suo fratello girarsi verso di lui facendogli cenno
di avvicinarsi, Harry li raggiunse.
Slò la bacchetta dalla tasca dei jeans e gliela porse esitante.
Era leggermente luminosa; Harry guardò Aberforth sorpreso.
Stasera Minami brillerà di nuovo mormorò l'uomo indi-
cando con la mano il cielo.
Come?.
Minami, la stella. Oggi è il giorno della seconda apparizio-
ne, per questo la bacchetta brilla.
Harry alzò la bacchetta soppesandola con le dita e ammiran-
do il leggero bagliore. Poi la porse all'uomo.

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Il vecchio la prese tra le mani, incerto. La guardò, con occhi
duri e tristi, tanto che per un attimo Harry pensò volesse spez-
zarla. Fortunatamente parve non lasciarsi dominare da tutto
l'astio che nutriva verso quell'oggetto. Ripresosi, Aberforth tese
la mano verso la tela ed appoggiò il palmo con sotto la bacchet-
ta sul quadro. Bisbigliò qualche parola, e accadde qualcosa che
Harry non aveva mai visto. La bacchetta passò attraverso la
tela, ed Ariana la aerrò.
Credevo che fosse necessario aprire il passaggio . . .  fece
Harry, sorpreso.
Pensavo avessi intuito che questo quadro è molto specia-
le. . . e poi, cosa credi Potter? Mio fratello era un genio, ma io
non faccio magie solo sulle capre . . . .
Sorrisero entrambi e guardarono Ariana che la nascondeva
nella tasca del suo vestito: la bacchetta era al suo posto, ed era
al sicuro. Il cerchio si sarebbe nalmente chiuso?

Rientrò al castello; gli doleva la testa nel punto in cui il bolide


l'aveva colpito: gli era spuntato un bel bernoccolo.
Appena varcata la soglia del grande portone notò subito una
luce diversa dal solito provenire da due grandi zucche posizio-
nate ai lati della scalinata: accoglievano i visitatori con occhi
maligni e un ghigno disegnato dalla luce che le animava. Si
guardò intorno. Ce ne erano altre più piccole, colme di cara-
melle e dotate di ali aggraziate, che svolazzavano festose per i

426
corridoi in cerca di studenti a cui regalare il loro ghiotto con-
tenuto: quest'anno Vitious aveva superato se stesso. Harry, in
tutti i suoi anni ad Hogwarts, aveva sempre aspettato questa fe-
sta con ansia, ma questa volta aveva dovuto pensare a questioni
più importanti, più urgenti.
Per i corridoi non c'era nessuno, erano tutti a gustarsi il ban-
chetto che, sicuramente, era magnico come sempre. Un bronto-
lio gli riecheggiò nello stomaco vuoto, il profumo di costolette di
agnello che giungeva dalla Sala Grande era irresistibile, ma non
poteva nemmeno avvicinarsi, teoricamente lui era in infermeria.
Decise di nascondersi in una nicchia dietro ad un'armatura
al primo piano; doveva essere un nascondiglio molto usato da-
gli studenti perchè vi trovò alcuni libri, qualche piuma rotta e
pergamene usate. Agguantò uno dei libri: Trasgurazione; l'im-
magine di Uglick che svaniva nel camino gli apparve nella mente.
Le sue parole durante la prova di Ginny avevano scatenato la
frenesia per trovare un modo per nascondere la bacchetta, ma
ora che questo era fatto dovevano dedicarsi a Cinereus: lo stesso
nome che aveva sentito nella sua visione del vecchio. . . Hermione
se ne stava già occupando, ora l'avrebbe aiutata anche lui.
Proprio in quel momento sentì il galeone riscaldarsi tra le
dita e seppe che era ora di salire sulla Torre di Astronomia.
Uscì dal nascondiglio e percorse frettolosamente il tratto no
alle scale. Bruciava dalla curiosità di sapere il risultato della
partita, ma se fosse passato in Sala Comune avrebbe corso il
rischio di ritrovarsi davanti un altro sé stesso. Hermione era già
sulla torre, o sarebbe arrivata a breve così da potergli restituire
la sua identità. Quando aprì la porta che dava all'esterno una
brezza fredda, preludio dell'acquazzone che stava per scatenarsi,

427
scompigliò i suoi capelli.
Si guardò intorno: anche la torre era stata addobbata con
alcune zucche decorate che rischiarivano il buio della notte nu-
volosa e senza luna.
L'amica non era ancora arrivata; si diresse verso la murata
che dava sul lago e, appoggiandosi ai merli, iniziò a ssare un
punto indenito della distesa d'acqua scura. I nuvoloni scuri
carichi di pioggia si stavano ammassando nel cielo; in uno dei
pochi sprazzi ancora liberi il suo sguardo venne attratto quasi
con forza da un alone rosso: una stella speciale e bellissima,
dominava la scena notturna con la sua magnicenza; le nubi
gone di pioggia sembravano trattenersi con reverenza per dare
modo alla stella Minami di illuminare la terra.
Sentì dei passi e si girò di scatto. Ginny! Che ci fai qui?
Aspettavo Hermione . . . .
Madama Chips non ha voluto assolutamente lasciarla alza-
re, e le ha somministrato qualcosa per riposare. Poi mi ha detto
di andarmene.
Che guaio! Se riprende il suo aspetto naturale . . . .
Non preoccuparti, mentre la salutavo ho sostituito la poli-
succo al calmante che le aveva prescritto Madama Chips.
Ingegnoso! E poi sei venuta qui . . . .
Sono venuta ad avvertirti, non puoi andare in giro per il
castello mentre tutti sanno che sei in infermeria! Ti dispiace?
concluse sarcastica.
No, anzi. . .  rispose Harry mostrando un grosso sorriso.
Piuttosto. . . com'è andata la partita?.
È andata benissimo, abbiamo vinto alla grande! E la tua
missione? È riuscita? gli chiese lei ammiccando felice.

428
Ho nascosto la bacchetta, è tutto a posto. Rimase in si-
lenzio per alcuni attimi guardando il cielo. Così mi toccherà
passare la notte nascosto quassù . . . . Poi qualcosa attirò la sua
attenzione.
Guarda il cielo: ogni tanto tra le nuvole si vede apparire
Minami.
Ginny alzò lo sguardo, i suoi occhi brillarono alla luce delle
candele e Harry ne approttò per tirarla a sè e abbracciarla
dolcemente.
Ora mi sento più leggero, era una cosa che andava fatta
. . . .
Anche io mi sento più leggera . . .  iniziò in un sospiro. A
che ora abbiamo Difesa lunedì?.
Solo allora Harry si ricordò dell'esame della ragazza. . . la ten-
sione per la sua missione l'aveva fatta passare in secondo piano.
Fu talmente spiazzato da quella domanda che non dovette sfor-
zarsi molto a ngere il necessario stupore. Cosa intendi? Noi
abbiamo Difesa le prime due ore, ma tu . . . .
Ah bene, allora scendiamo insieme subito dopo colazione!.
Non capisco . . . . Harry assunse un espressione imbaraz-
zata.
Ginny sorrise e gli scompigliò dolcemente i capelli.
Scemo! lo canzonò. Ti sto prendendo in giro. Credevi
non mi fossi accorta che durante l'esame mi stavi seguendo? Ti
ho visto troppe volte in azione con il Mantello perchè potessi
riuscire ad ingannarmi.
Ecco io. . . non volevo. . . lo giuro! Il patronus, l'Artiglio
. . . .

429
La ragazza sorrise di nuovo e gli posò le labbra sulla guancia.
Grazie. Saperti vicino mi ha dato forza.
Mi fai sentire un imbecille.
Lo sei! scherzò lei. Comunque domani mattina usciranno
i risultati in bacheca.
Come? Non sei ancora sicura di essere passata?.
Vuoi dire che dubiti del mio esame? sorrise lei.
No. . . sei stata brava. Anche se avrei preferito che mi avessi
chiesto di aiutarti invece di tenermi all'oscuro di tutto . . . .
Hai ragione, forse ho sbagliato a non dirti niente. È stata
dura starti lontano e mentirti per così tanto tempo.
Eettivamente. . . mi hai fatto penare un bel po' rispose
con un sorriso Harry ssandola negli occhi e accarezzandole i
capelli.
Mi dispiace per questo. . . mi sei mancato.
Anche tu . . . .
Harry sentiva il suo cuore martellare, parlare a Ginny co-
sì vicina lo coinvolgeva quasi dolorosamente, l'aria stessa che
respirava era carica di emozione.
Sai, a volte ripenso a quanto ti desideravo mentre tu non
mi vedevi o a quando eri troppo preso dalla tua lotta contro
Voldemort e tutto il suo mondo iniziò la ragazza.
Erano altri tempi . . . .
Ormai ci avevo quasi rinunciato e quando mi hai bacia-
to la prima volta io sono quasi impazzita dalla gioia. Non sai
quanto ho soerto quando mi hai detto che dovevamo lasciarci
ma. . . sono stata costretta a farlo. Quell'ultimo bacio che ti ho
dato al tuo diciassettesimo compleanno mi ha dato la forza di
tirare avanti per mesi . . . .

430
Sì, è stato un bacio fantastico disse perdendosi nei ricordi.
E quando Ron ha spalancato la porta? continuò Harry, poi
abbassò lo sguardo e vide il volto di Ginny: era luminoso e
candido . Voleva dirle quanto fosse bella ma la voce gli venne
meno.
Il chiarore che proveniva dalle candele, mescolato all'alone
rossastro di Minami che oscillava da dietro le nuvole esaltava la
bellezza della sua ragazza conferendole un'aura sovrannaturale,
tanto che sembrava risplendere di luce propria: era veramente
stupenda.
Le si avvicinò e la baciò con trasporto.
Poi il suo profumo, dolce e sensuale, il profumo che lei usava
e che gli faceva venire in mente i ori selvatici che crescevano in-
torno alla Tana, lo assalì arrivando alle sue narici, inebriandolo,
regalandogli le stesse sensazioni che provava quando faceva qual-
che acrobazia con la sua Firebolt o catturava il boccino d'oro.
Solo che questa volta era amplicato al massimo.
Ginny, pensavo al tuo profumo.
Ma che dici? chiese lei imbarazzata.
Ti spiego rispose preoccupandosi che lei potesse spezzare
l'atmosfera che si era creata.
Per Harry, quella era magia, la magia di cui parlava Silente:
la più grande di tutte.
Sai, questo non l'ho detto mai a nessuno aermò tenten-
nante, ma quando Lumacorno ha fatto la sua prima lezione, ha
preparato diverse pozioni; io, che non avevo la più pallida idea
di cosa ci fosse nei calderoni, mi sono posizionato vicino a quel-
lo che il professore, o meglio, Hermione, ci ha detto contenere
Amortentia . . . .

431
. . . il ltro d'amore più potente al mondo!, continuò lei con
una voce che era un misto di sorpresa ed enorme curiosità.
Sì, proprio quello. continuò lui. Ma la cosa che volevo
dirti è che poi, Hermione, su richiesta di Lumacorno, ha de-
scritto le sue caratteristiche. La più importante è che chiunque,
davanti a quella pozione, sente un profumo diverso a seconda di
quello che più lo attrae e io . . . , tacque un attimo ssandola
negli occhi, io, anche se ancora non ne ero cosciente, ho sentito
il tuo.
Il mio . . .  ripeté lei tentennando, con gli occhi umidi e le
guance rosse.
Sì, il profumo della tua pelle; lo stesso che sento ora e che
mi sta facendo impazzire.
Quando Harry pronunciò quelle parole vide Ginny quasi tre-
mare dall'emozione, mentre si stringeva più forte al suo corpo,
Harry vide qualcosa di diverso nei suoi occhi e anche lei sembra-
va diversa, aveva assunto un nuovo atteggiamento più sicuro e
deciso e in quel momento si rese conto che erano diventati parte
l'uno dell'altro.
Tutto ad un tratto iniziò una pioggerella leggera che portava
il profumo della foresta. Harry quasi si destò quando l'acqua
tocco la pelle del suo viso. Dai, torniamo dentro. Fece per
muoversi, ma Ginny non si spostò di un passo. Rimaniamo,
non mi da fastidio e io. . . io sto bene qui con te.
Harry non seppe cosa fare: il desiderio che quel momento non
nisse era troppo forte, ma la pioggia aumentava e rischiava di
diventare un diluvio.
Prese la bacchetta. Impervium protego!. Subito una cap-
pa trasparente, come un ombrello gigante, si frappose tra loro e

432
la pioggia.
Come hai fatto? chiese stupita Ginny.
Vitious una volta ha detto quando non sai, improvvisa,
come sono andato?.
La ragazza sembrò colpita e scattò verso di lui, che rimase
sorpreso dal gesto; poi pian piano gli inlò le braccia sotto la
camicia e sorò dolcemente la sua pelle.
Harry si irrigidì Cosa fai?.
Ssshh . . .  sussurrò lei premendogli un dito sulle labbra.
Lo provocava e lui, rigido e impacciato, non muoveva un mu-
scolo; ad un tratto, gli occhi della ragazza ebbero un guizzo mali-
zioso ed esclamò: Questa pioggia fa troppo rumore. Estrasse
una mano dalla camicia del ragazzo, prese la sua bacchetta e
mormorò: Acuisces.
La torre divenne subito silenziosa.
Harry rimase imbambolato mentre Ginny lo guardava con
occhi sornioni allontanandosi da lui; un brivido gli percorse la
schiena, la ragazza esibiva un sorriso malizioso. Si chiese cosa
le stesse passando per la testa.
Ginny fece un movimento con la bacchetta e la camicia di
Harry si slò dal suo corpo.
Che fai? Così giochi sporco, stai usando incantesimi non
verbali!.
Lei sorrise e gli mostrò la lingua; poi, con un altro abile
movimento, gli levò anche la maglia: rimase a torso nudo.
Harry, a quel punto, stette al gioco e brandì anche lui la
bacchetta. Accio blusa di Ginny!.
Ma lei fu più veloce. Protego replicò, mandando a vuoto
l'attacco poco convinto di Harry.

433
Allora è la guerra che vuoi? disse lui e con una fulminea
mossa senza dir niente slò sia la veste che la camicia a Ginny.
Harry! esclamò lei, ma lui la ssava inebetito come se fosse
stato colpito dal Petricus Totalus; ai suoi occhi era semplice-
mente stupenda: ne e gentile nelle forme, il suo corpo seminudo
era perfetto, il colore chiaro della sua pelle la faceva sembrava
una ninfa, tanto era candida. Il suo corpo risplendeva nono-
stante i nuvoloni avessero oscurato Minami e le altre stelle nel
cielo.
Lei arrossì, abbassò lo sguardo e, senza dire nulla, lo abbrac-
ciò.
Il contatto della loro pelle fece provare a Harry un brivido di
piacere: le loro labbra si sorarono, lui l'accarezzò dolcemente
poi la passione li vinse, e lei posò delicatamente la mano sulla
cintura del ragazzo.
Ti desidero Harry, come non ho mai desiderato nessun'al-
tro.
Anche io, Ginny. . . ma sei davvero sicura? chiese Harry
con un brivido.
Sì. Non so cosa accadrà domani. Voglio che tu sia mio per
sempre. gli disse guardandolo negli occhi.
Non dire cosi. . . io ti amo e impazzirei se non ti avessi al
mio anco rispose Harry ssandola a sua volta.
Lei sostenne il suo sguardo e poi, in risposta, gli accarezzò
il viso. Harry, sono sicura gli sussurrò all'orecchio facendolo
fremere ancora di più.
Harry non seppe resistere, la baciò appassionatamente e la
strinse a sé.

434
Capitolo 18

TITOLO DA

DECIDERE

Era molto presto quando Harry riuscì a liberarsi dalle oppri-


menti cure di Madama Chips. Entrare all'alba in infermeria
e prendere il posto di Hermione non era stato neanche lonta-
namente dicile quanto uscirne legittimamente con la propria
identità. L'infermiera era sempre molto premurosa, ed Harry,
per evitare una dose di sciroppo che voleva fargli ingurgitare
con forza, dovette impegnarsi parecchio; malgrado lo stato di
perfetta salute, lei continuava a vedere in lui un malessere da
altro-giorno-in-infermeria.

Uscendo da quella stanza si sentiva ancora euforico per quel-


lo che era accaduto la sera prima, ma un leggero imbarazzo

435
cominciava a tormentarlo; il pensiero che di lì a poco avrebbe
incontrato Ginny lo agitava.
Arrivò velocemente nell'Atrio, dove doveva esserci la bacheca
con i risultati. Non avrebbe mai pensato di trovare qualcuno lì
a quell'ora, ma si sbagliava.
La longilinea gura di Draco Malfoy stava guardando at-
tentamente il tabellone. Indossava il mantello da viaggio già
accuratamente allacciato.
Non capiva cosa ci facesse lì abbigliato di tutto punto per
uscire.
Si avvicinò lentamente guardando nella stessa direzione del
Serpeverde; tra le ordinate righe del tabellone lesse:

Malfoy Draco ha superato i M.A.G.O. del settimo anno, risul-


ta pertanto diplomato a tutti gli eetti alla Scuola di Magia e
Stregoneria di Hogwarts.

Harry rimase senza ato.


Draco si voltò verso di lui. Che c'è Potter? Problemi?. Poi
tornò a guardare il tabellone. Tranquillo. . . la tua danzatina
ha superato gli esami. . . non stare in pena! concluse con una
punta di spavalderia nella voce.
Harry non si lasciò provocare, conosceva già l'esito dell'esame
di Ginny ed in quel momento nella sua mente c'era posto solo
per quello che aveva appena scoperto.
Ma tu. . . hai . . .  tentennò.
Non riesci neanche a parlare? Certo. . . ho sostenuto gli esa-
mi di ottobre disse. L'anno scorso io ho studiato . . .  perse
la frase tra chissà quale pensiero.

436
Quindi tu adesso . . . .
Nuovamente Draco lo anticipò. Io adesso me ne vado. . . lascio
questa scuola. Poi si avvicinò osservando l'espressione stupi-
ta di Harry. Ti sembra una cosa così strana voler lasciare
Hogwarts? disse con la voce che iniziava a spezzarsi.
Solo un paio di mesi prima, Harry aveva riettuto sul fatto
che alla ne dell'anno sarebbe stato costretto a lasciare la scuola.
Per lui era un fatto ineluttabile, ma doloroso.
Non ti viene in mente che, forse, non per tutti queste mura
hanno lo stesso signicato che hanno per te?. Si stava alterando
senza motivo. Harry aveva come l'impressione che qualcosa di
profondamente represso stesse cercando di uscire allo scoperto;
Draco aveva passato degli anni terribili. Probabilmente non al
pari di Harry, ma quella storia aveva segnato profondamente
anche la sua vita.
E quando pensi . . . ?.
Subito rispose prima che fosse completata la domanda.
Ho già fatto portare alla stazione i bagagli. . . il treno parte tra
poco.
Draco Malfoy stava lasciando Hogwarts per sempre.
Il Serpeverde diede le spalle ad Harry, per dirigersi verso il
portone d'ingresso.
Aspetta. . . che farai ora?.
E che t'importa?. Tornò a guardare Harry. A chi im-
porta? Non importa nemmeno a me! Mi basta lasciare questo
posto, i professori, quegli odiosi quadri petulanti. . . e mi basta
lasciare te, Harry Potter!.
Ma cosa dici, Malfoy?.

437
Non capisci cosa signica per me tutto questo? Non capisci
che dolore mi provoca?.
Non puoi parlare così. . . dopotutto hai vissuto sette anni
qui . . . .
E allora? Che senso hanno avuto questi sette anni? Per me
adesso non hanno alcun senso. . . per me adesso nulla ha senso!
Tutto quello in cui ho sempre creduto ora non vale niente! Ho
sempre cercato di comportarmi come era richiesto a un mago
del mio genere. . . e adesso?.
E come ti era richiesto comportarti? Cercare di uccidere
quelli che credevano in te?.
Certo che no! E poi, secondo te, io veramente avrei avuto
il coraggio di uccidere Silente?.
Harry non seppe rispondere.
Per mesi si era posto quella stessa domanda: se Piton non
fosse intervenuto, Malfoy sarebbe andato no in fondo?
Come avrei potuto uccidere Silente? È impossibile solo pen-
sare di conoscerlo veramente e. . . e decidere di ucciderlo. Credi
che abbia contato qualcosa solo per te?.
E non potevi chiarirti le idee un po' prima? Se due anni fa
avessi fatto questo discorso chiaro . . . .
Taci sputò. Tu non puoi nemmeno tentare di capire . . . .
Poi raggiunse l'entrata e tirò il portone di quercia. L'aria
esterna entrò violenta e fredda. Ma Harry non la sentì, il gelo
che provava in quel momento era molto più intenso. La nebbia
mattutina che ricopriva il parco iniziò ad insinuarsi all'interno.
Draco mosse un passo fuori dal portone, sembrò soermarsi
quasi volesse aggiungere qualcosa, ma poi continuò a cammina-
re.

438
Harry corse sulla porta. Aspetta!.
Malfoy si bloccò sull'ultimo gradino e si girò, i suoi occhi
erano ricoperti da un velo di lacrime.
Tutto a posto tra di noi?.
Potter, tra di noi non sarà mai tutto a posto. Si asciugò
gli occhi. Maledetta nebbia si giusticò.
Come potrà mai essere tutto a posto? sembrava quasi par-
lare a sè stesso, strinse i pugni. Anche l'intervista su Piton . . . 
alzò gli occhi su di lui.
Lo sguardo si indurì. Tu sei la causa di tutti i miei guai, già
questo è duro da accettare. Ma dato che tu sei Harry Potter,
come se questo non bastasse, hai dovuto anche salvarmi la vita
e, perciò, sarò costretto ad esserti sempre riconoscente fece una
smora. Ed è questo che non riuscirò mai a sopportare!.
Harry non ne era totalmente sicuro, ma quello che aveva
detto Draco poteva sembrare un ringraziamento. Quello era
probabilmente il massimo di gratitudine che poteva aspettarsi
da lui.
Finalmente ebbe l'impressione che Draco stesse per esplode-
re e tirare fuori tutte le soerenze provate negli ultimi mesi. Ma
sapeva benissimo che se c'era una cosa che quel ragazzo sapeva
fare maledettamente bene era contenersi. Questi voltò per l'ul-
tima volta le spalle al castello senza guardarsi indietro, e prese
a scendere dalla collina. Ben presto la nebbia lo inghiottì total-
mente. Harry lo guardò sparire mentre lasciava Hogwarts per
chissà quale meta, mentre lasciava la sua vita per cercarne una
nuova.
Non gli sarebbero mancate le sue frecciatine, i loro contra-
sti. . . quelli no, in ogni caso Malfoy rimaneva una persona sgra-

439
devole e indisponente. Tuttavia i recenti avvenimenti gli ave-
vano fatto capire che, in fondo, non erano poi tanto diversi;
Draco era solamente nato nella famiglia sbagliata. Fu così che
la nostalgia e la compassione per quello che era il suo miglior ne-
mico, allo stesso tempo arrogante e fragile, attenuarono la gioia
dirompente provata la sera prima.
Le loro strade si dividevano: Malfoy intraprendeva la strada
della maturità, la strada che lo avrebbe portato ad un lavoro,
ad una vita diversa. . . e lui?
Un lavoro ce l'aveva già, quello di Auror, ma per poter af-
fermare di esserlo a tutti gli eetti doveva completare l'ultimo
anno scolastico.
Non seppe mai quanto rimase lì, immobile, senza fare caso
alle dita che si intorpidivano poco a poco, mentre cercava di
cogliere uno scintillio di capelli biondi tra la nebbia mattutina
che avvolgeva il parco. Si riprese quando una piccola folla di
studenti iniziò ad assieparsi intorno al tabellone, tutti curiosi
dei cambiamenti che ci sarebbero stati. Si intrufolò anche lui in
mezzo agli altri per dare una scorsa ai risultati: oltre a quelli di
Ginny e Malfoy altri nomi spiccavano tra le le dei promossi ai
loro rispettivi anni. Persino Pansy Parkinson aveva conseguito
i M.A.G.O. insieme ad altri Serpeverde, qualche Corvonero e
un Grifondoro, Seamus Finnigan. Anche lui avrebbe lasciato la
scuola.
Notò inne, con grandissimo stupore, che aveva sostenuto e
superato l'esame anche Luna.
A questo punto lui, Ginny, Ron, Hermione, Neville e Luna
si trovavano allo stesso anno.
Sorrise.

440
Era l'ultimo anno per tutti e il capitolo Hogwarts, che era
stato e probabilmente sarebbe rimasto uno dei più belli della
sua vita, si stava avviando alla conclusione. La divisa scolastica
ormai gli andava stretta, in tutti i sensi.

Il vento gelido continuava a battergli sulla schiena: il portone


era ancora aperto. La nebbiolina ne, che si insinuava dentro
il castello, dava un'aria tetra all'Ingresso. Raggiunse la pesante
anta e la richiuse con tutte le sue forze.

Lo stomaco reclamò la sua attenzione con un cupo brontolio,


distogliendolo dalle sue silenziose considerazioni; Harry si diresse
verso la Sala Grande.

L'esito degli esami aveva animato notevolmente, nel bene


e nel male, l'atmosfera acca che caratterizzava le quotidiane
colazioni. Un chiacchiericcio eccitato dominava la Sala seguito
da abbracci e commozione; solo Pansy Parkinson era scossa da
singhiozzi senza controllo.

Dai brandelli di conversazione che riuscì a cogliere, Harry


capì il motivo del pianto irrefrenabile: Draco se n'era andato
dal castello senza di lei. Questo confermò quello che aveva pen-
sato poco prima: il ragazzo voleva tagliare per sempre dalla sua
vita tutto ciò che riguardava la sua permanenza a Hogwarts, lei
compresa.

Pansy fulminò Harry con lo sguardo quando si accorse che


la stava osservando, mentre le sue amiche ricambiarono con un
ghigno.

Si avvicinò al tavolo dei Grifondoro dove poco più in là Sea-


mus stava salutando i compagni che si congratulavano con lui.
Harry si sedette al solito posto, avrebbe salutato il compagno

441
nel dormitorio più tardi. Era stanco. Le sue gambe erano
incredibilmente pesanti. Non aveva dormito.
Guarda che Madama Chips ti dà ancora la caccia.
Ron si era avvicinato, buttando svogliatamente la borsa a
terra.
Eh? Ah. . . si? balbettò impacciato. Per un attimo aveva
temuto il peggio.
Pensavo fossi ancora in infermeria ed ero venuto per vede-
re come stavi, ma Madama Chips mi ha accolto con un cer-
to. . . disappunto continuò Ron inarcando le sopracciglia per
sottolineare l'ultima parola. Iniziò a servirsi di uova e pancetta.
Come hai fatto a svignartela?.
In eetti pensavo che non ce l'avrei mai fatta. . . ma appena
è entrata nel suo ucio, ne ho approttato! disse compiaciuto.
E il resto. . . com'è andato? chiese l'amico abbassando la
voce.
Il resto? Ehm. . . benissimo, tutto benissimo! rispose Har-
ry cercando di rimanere impassibile. Faceva fatica a portare
avanti quella conversazione, doveva pesare accuratamente le pa-
role oltre che controllare le sue espressioni; la sua risposta però
soddisfece pienamente Ron che si servì sereno di un abbondante
piatto di porridge. Continuarono a mangiare in silenzio, ognuno
immerso nei propri pensieri. Cercava di riettere ancora sulle
parole di Draco ma, adesso che era seduto alla lunga tavola dei
Grifondoro, non riusciva a concentrarsi su altri che non fosse
Ginny.
Era talmente assorto che non si accorse che lei ed Hermione
erano entrate in Sala Grande.
Deglutì forzatamente e si alzò di scatto.

442
Ma che ti prende? chiese allarmato Ron, alzando la testa
dal piatto. Ah. . . sono arrivate.
Harry incrociò lo sguardo di Ginny e sentì lo stomaco con-
torcersi.
Ora la guardava sotto un'ottica diversa, tra loro si era crea-
ta un'intesa molto più profonda, erano diventati estremamente
complici. Sentì improvvisamente caldo quando lei appoggiò le
labbra sulla sua guancia per salutarlo.
Il ricordo della sera prima, ancora molto vivido, fu ouscato
per un istante dal burrascoso arrivo di Hermione.
Buongiorno! li salutò. Pronti per il ripasso domenicale?
chiese ammiccando.
Hermione, siamo appena a Novembre, e ieri è stata una
giornata devastante, risparmiaci! disse Ron, cercando in Harry
e Ginny degli alleati.
Questa mattina sono sceso presto, volevo leggere i risultati
degli esami, e ho visto Draco che lasciava la scuola.
Anche Draco ha sostenuto gli esami? Veramente? chiese
Hermione, sorpresa.
Sembra quasi che ti dispiaccia le disse scocciato Ron. Beh,
a me no! Ha sempre dato un sacco di fastidio, e poi. . . con
Hyde sempre tra i piedi sarà come se Malfoy non se ne fosse
mai andato, temo. Non credi, Harry? concluse, con rinnovato
livore.
Sì . . .  rispose distrattamente Harry.
Andiamo a salutare i ragazzi che se ne vanno? propose
Ron.
Io vado in biblioteca. E voi ricordate che avete un mucchio
di compiti da fare. Io vi ho avvertiti!. Puntando il dito contro i

443
tre, si dileguò tra i tavoli della Sala Grande. Rimasero silenziosi,
guardandosi negli occhi.
Harry sapeva benissimo che, dopo un'aermazione del gene-
re, non gli restava altro che aprire i libri e studiare; ma pensò
bene di ignorare il senso di colpa e godersi la domenica.

Man mano che passavano le settimane, Harry non faceva qua-


si più caso alla mancanza dei molti alunni che avevano deciso
di terminare anzitempo l'anno scolastico; altri e più spassosi
personaggi si erano aggiunti ad animare le lezioni. I commen-
ti di Luna su improbabili congiunzioni astrali durante l'ora di
Astronomia o il continuo stuzzicarsi di Ginny e Ron rendevano
le lezioni molto più leggere.
Solo Hermione pareva non godere dei cambiamenti; voleva
scoprire qualcosa di più su Uglick e non faceva altro che ripetere
la sua solita tiritera: i M.A.G.O. si stanno avvicinando. Tutte
le materie si stavano rivelando sempre più complesse e dicili
da gestire, man mano che procedevano col programma.
Potter, fai attenzione per piacere!. Il rimprovero della pro-
fessoressa Sprite lo fece sobbalzare in modo colpevole. A nulla
servì il suo tentativo di riconcentrarsi sulle Cynoglosse, piantine
esili color ambra, rimedio ecacissimo contro la spruzzolosi, che
dovevano innaare con cura: lo scoppio di risate arrivò fragoro-
so e irritante. Come poteva prestare attenzione ora che Ginny
stava nella sua stessa classe?

444
Harry guardò Ron, come per scusarsi, ma l'amico era tutto
preso dal suo compito per eseguire esattamente ciò che Hermione
gli sibilava all'orecchio. Il ragazzo sapeva bene che una mancata
esecuzione voleva dire un voto molto, molto scarso.
A malincuore tornò a ssare la sua Cynoglossa; Harry non
riusciva proprio a concentrarsi.
Fortunatamente, l'ora nì presto e i ragazzi cominciarono a
raccogliere le proprie cose e a imbacuccarsi con sciarpe e mantelli
pesanti per ripararsi dal vento gelido.
Harry tenne la porta della serra aperta per lasciare passare
i tre amici; si diressero veloci verso il portone di quercia.
Una lezione inutile! sbottò Ron, una volta varcata la so-
glia, togliendosi la sciarpa rosso e oro. Buona solo a farci pren-
dere il rareddore. . .  ma venne fulminato da un'occhiata di
Hermione.
Ci sarà sicuramente nell'esame dei M.A.G.O.! esclamò con-
trariata la ragazza.
Io ho appena nito gli esami, per un po' non voglio sentirne
parlare! intervenne Ginny, agitando la rossa chioma per togliere
alcune foglie che erano rimaste impigliate.
Aspetta, ti aiuto io! si orì Harry, avvicinandosi.
Lascia perdere i miei capelli. . . non dovresti andare, piutto-
sto? lo rimproverò lei, guardandolo di traverso mentre termi-
nava da sola l'operazione.
In che guai ti sei cacciato, questa volta, Potter? lo canzonò
Ron, con una vocina in falsetto che assomigliava in maniera
sorprendente a quella della Preside.
Di cosa state parlando, voi tre? si informò Hermione,
curiosa.

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Harry sapeva che non le piaceva venire a conoscenza delle
novità dopo gli altri, ma non aveva voglia di sorbirsi una ra-
manzina per il fatto di essersi dimenticato di lei, quindi le spie-
gò velocemente la situazione, senza darle il tempo di replicare.
Stamattina ho trovato nel tuo canguro un messaggio di King-
sley. Mi pregava di raggiungerlo nei sotterranei subito dopo la
lezione di erbologia. Mi è passato di mente troncò subito.

Ma non era la frase giusta da dire.

Certo, ormai pare che tu abbia solo. . . altro, per la testa


brontolò.

Sembrava sapesse. Possibile che Ginny avesse già spierato


tutto?

Questa volta fu il turno di Ron di non comprendere ciò di


cui stavano parlando; la bocca semi-aperta e lo sguardo un pò
perso erano segni inequivocabili. Deciso a non orire il anco
per altri eventuali aondi, Harry chiuse la questione sostenendo
di essere già in grave ritardo. Senza ulteriori indugi, si dileguò
oltre il portone e scese a passo di marcia verso i sotterranei.

Percorse per qualche metro il lungo corridoio illuminato da


oche torce opalescenti, nchè non vide un'aula aperta: il Mini-
stro della Magia si era accorto di lui e gli stava venendo incontro
con la mano tesa.

La stanza era desolante, senza alcun mobile, per fortuna


che il camino situato nell'unica rientranza in fondo alla stanza
ospitava un fuoco scoppiettante.

Harry tutto bene? chiese tendendogli a sua volta la mano.

Diciamo di sì . . .  fece, stringendola.

446
Devo parlarti Harry. . . ci sono brutte notizie disse con vo-
ce ferma. Si avvicinò al camino e appoggiò una mano sulla
mensola.
Harry rimase in silenzio mentre Kingsley sospirò sonoramen-
te.
Lo scorso cinque Settembre, quando Minami ha brillato la
prima volta, non è stata solo Hogwarts a subire un attacco.
Il ragazzo trattenne il ato: era accaduto qualcosa di grave.
Quattro Auror, in missione, hanno perso la vita, uccisi bru-
talmente. Sì girò e lo guardò negli occhi. Stavano seguendo
una pista, e vista la ne che hanno fatto, doveva essere buona.
È stata una tragedia. Ho dovuto informare le famiglie, è stato
davvero penoso. Gli Auror avevano tutti moglie e. . . due di loro
anche dei gli scosse la testa, quasi volendo cacciare il dolore
dalla sua espressione.
Il ragazzo fece un paio di passi indietro appoggiando la schie-
na al muro.
Orfani! pensò stringendo i pugni con rabbia. Stava acca-
dendo di nuovo: sangue innocente e soerenza stavano ricomin-
ciando a dilagare nella comunità magica.
Non te ne ho parlato prima perché non volevo distrarti
dai tuoi studi, ma ora. . . vedi, ad Halloween, quando Minami
ha brillato di nuovo, eravamo all'erta, tutti gli Auror erano in
servizio. C'era una squadra intera appostata nel luogo in cui
abbiamo trovato i corpi dei nostri colleghi l'ultima volta. Non
avevamo nessun indizio su dove iniziare le ricerche e, anche se le
probabilità erano scarse, abbiamo pensato che avessero ancora
qualcosa in sospeso.
E avete visto giusto?.

447
In eetti è apparso un mago, nello stesso esatto luogo e nel
preciso istante in cui Minami era al massimo della sua lumino-
sità. Si fermò, sembrava esitasse ad arrivare al nocciolo del
discorso.

L'avete preso?.

No. . . ci è sfuggito, però. . . però l'hanno riconosciuto.

L'attesa stava diventando snervante. Arriva al dunque, chi


era? Racconta.

Scusa, è che non trovo le parole. Quel mago era il professor


Uglick, era dal giorno in cui ha lasciato la scuola che non aveva-
mo sue tracce, ed ora è riapparso proprio in quel punto. C'erano
molte voci sul suo conto. . . ma Minerva era così sicura. . . temo
che farlo insegnare in questa scuola sia stata una mossa più che
avventata.

Non mi è mai piaciuto quel professore. . .  cominciò titu-


bante cercando di non lasciar trapelare tutti i suoi sospetti si
è comportato in modo strano n dal primo giorno. .

Il Ministro lo ssò attentamente facendogli capire che aveva


attirato la sua attenzione, ma Harry non voleva scoprirsi troppo.

Ma come posso io. . .  un groppo in gola gli bloccò la vo-


ce. Ma come posso io starmene qua a perdere tempo sui libri
quando fuori succedono queste cose? È chiaro che anche io faccio
parte di questa faccenda. . . io. . . o quello che vogliono da me.

Harry. . . tu non stai perdendo tempo. E soprattutto non


voglio avere un bersaglio come te in giro per il mondo. Anche se
hai ragione su una cosa: fai parte della faccenda, e per questo
voglio che tu sia pronto riprese il Ministro appoggiandogli un
braccio sulle spalle Abbiamo allora pensato di farti fare un po'

448
di esperienza con i migliori e potrebbe esserci qualcuno che non
apprezzerebbe questo scambio di sapere tra popolo e popolo.
Harry capì che si riferiva agli americani.
Abbiamo pensato che il professor Willis potrebbe adde-
strarti mentre gli altri Auror sono impegnati nelle indagini
abbozzò un sorriso poi continuò Comunque, bando alla ciance,
ho poco tempo e parecchie raccomandazioni da farti.
Pensavo me le avessi fatte tutte ormai intervenne Harry.
Quasi lo rassicurò Kingsley. Ora. . . voglio che tu capisca
un paio di cose: Willis è un americano e quindi non sappiamo
che tipo di addestramento abbia in serbo per te. Se ti sembra
che le sue prove siano troppo dure e pericolose, avvertimi. Ci
sono dei regolamenti da rispettare e non posso permettere che
Hudson faccia qualcosa d'illegale. Mi sono raccomandato anche
con lui.
Non è permesso a Willis portarti a spasso con scope o cose
simili. Se la S.M.S. si svolge fuori dai conni di Hogwarts è
bene che il Ministero sia avvisato della vostra meta e durata del
viaggio.
Una S.M.S. ? chiese Harry curioso.
Una Spedizione Magica Segreta rispose sorridendo il Mini-
stro. È chiaro, Harry? continuò poi, ssandolo negli occhi.
Chiaro annuì Harry, sostenendo lo sguardo e mettendo da
parte a malincuore l'idea di farsi insegnare qualche trucchetto
di volo da Willis
I due si scrutarono per un attimo; poi Kingsley sorrise e si
avviò verso il camino.
Devo scappare, adesso. Sono in ritardo alla riunione con i
capi settore. . . penso che troverai il professor Willis nel suo uf-

449
cio esclamò Kingsley, prendendo della Polvere Volante da un
sacchetto sopra il camino. Stammi bene Harry, e non cacciarti
nei guai! .
A presto salutò Harry.
Kingsley sparì in una vampata smeralda.
Harry uscì dal sotterraneo richiudendosi la porta alle spalle.
Salì in fretta gli scalini, sbucando nella Sala d'ingresso nella
speranza di trovare Ginny, Ron ed Hermione lì ad aspettarlo,
ma la trovò vuota fatta eccezione per un ragazzo riccioluto che
appendeva a colpi di bacchetta un messaggio in bacheca.
Avrebbe voluto poter dire agli amici che andava da Willis
e perché, ma sicuramente erano già in aula e lui non voleva
attirare l'attenzione entrando a lezione iniziata.
Arrivato nel corridoio del terzo piano lo trovò totalmente
buio, l'unica fonte di luce era quella proveniente dall'ucio di
Willis attraverso la porta socchiusa. Si avvicinò con caute-
la, tenendo la mano appoggiata al muro, per non inciampare.
Sentì chiaramente la voce del professore e un'altra cantilenante
rispondergli.
Sempre così catastroco, eh?. Il sarcasmo nella voce di
Willis si poteva quasi toccare con mano.

Il tempo d'agir ti è stato concesso,


ma tu non hai fatto nessun progresso
va' a darti di un mago scellerato
non se ne avrà niente di guadagnato.

Certo, certo! Non capisco proprio perché perdo tempo ad


ascoltarti  riprese Willis, alzando la voce.

450
Mentre tu rimembri a ciò che egli vide
Giano il Bifronte si è voltato e ride:
pensavo che tu fossi un mago abile,
non uno ignorante e vulnerabile.

Io vulnerabile? domandò esterrefatto Willis, quasi come se


fosse stato colto alla sprovvista. Harry, che ormai era vicino
alla porta, si allungò per poter sbirciare nella fessura. Il man-
tello turchese di Willis gli copriva gran parte della visuale. Sulla
parete a destra del professore, l'unica visibile, un enorme poster
lo ragurava in tenuta da Quidditch mentre compiva spettaco-
lari giravolte e diversivi. Harry non riusciva a scorgere il suo
interlocutore.
NON HO MAI PERSO UNA BATTAGLIA! DEVE AN-
CORA NASCERE IL MAGO CAPACE DI METTERMI AL
TAPPETO! l'improvvisa ira fece sobbalzare Harry, tanto che
rischiò di appoggiarsi alla porta e spalancarla.

Il Sacro Fuoco sempre di più brucia.


Lo scopo raggiungerà con ferocia.
Non ti cullare sulla dotta pianta,
la promessa può essere infranta.

Harry sentì i passi del professore percorrere la stanza verso la


parete opposta dove si apriva una piccola porta. Il ragazzo vide
che non c'era nessuno a parte il professore e. . . il suo cilindro
viola. Era proprio quest'ultimo che fremeva e si contorceva sopra
la scrivania del professore.

La tua insolenza lascia senza ato,

451
continua così e verrai rimpiazzato,
e adesso dove vorresti scappare?
Non ho ancora nito di cantare!.

Adesso devo dirti anche quando vado in bagno? Chi sei tu?
La mia balia o il mio cappello? Quando avrò bisogno di carta
igienica te lo farò sapere! sbottò Willis sbattendosi la porta alle
spalle. Harry avvicinò ulteriormente l'occhio alla fessura. Stava
pensando a cosa fare quando. . .

Entra Harry Potter, non tergiversare;


credimi, non fa bene tentennare.
Dal mio teso canto sei stato attratto
e adesso ti avvicini di soppiatto.

Harry si guardò ai lati e alle spalle, poi, non potendo far altro,
spinse la porta ed entrò nell'ucio. Numerose lampade ad olio
rischiaravano un ambiente che di ucio aveva poco. Le pareti
erano costellate di cartine geograche con numerose spille rosse
ferme in alcuni punti. Sulle spille pendeva un cartellino con un
nome. Harry si chiese se erano maghi pedinati dal professore o
dal M.B.I stesso.
Scusi! cominciò a bassa voce tentando di giusticarsi. Do-
vevo vedere il professor Willis e . . .  ma il cilindro lo interruppe
continuando il suo canto.

Dal genio di un grande mago son nato


e da quel momento mai ho sbagliato.
In America ho ottenuto esperienza
in Inghilterra porto conoscenza.

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Harry fece qualche passo incerto verso la scrivania. Il Cilindro
piroettò due volte su se stesso, poi proseguì.

Non mordo mica, non aver paura,


per bocca ho solamente una fessura.
Son detentore di grandi abilità
nessuno al mondo ne ha neppur la metà.

Maghi potenti bramano di udire


ma non a tutti spetta di riuscire
solo un mago giovane e beniamino
fa al caso del Cilindro Canterino.

Il cilindro tacque rimanendo immobile. Harry si guardò intor-


no preoccupato. La porta dietro cui era sparito Willis non si
aprì come sperava, e fu costretto a volgere l'attenzione verso il
cilindro.

Le verità non saranno celate


ma le risposte che cerchi svelate,
tutte le porte ti si schiuderanno
e ti sarà rivelato ogni inganno.

Risposte? Cosa sapeva il cilindro? Harry deglutì arretrando di


un passo.

Se senza didare mi indosserai


son sicuro che mai te ne pentirai,
per te solo intono il sublime canto
perché per te sia motivo di vanto.

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La tua decisione non rinnegherai
perché ciò che ti spetta scoprirai
Uglick per te ora è un grande mistero,
insieme scopriremo chi è davvero.

Harry rimase perplesso, come faceva il Cilindro Canterino a


sapere di Uglick e che cercava notizie su di lui?

Il Sacro Fuoco truce su Hogwarts brucia,


da lunghissimo tempo ormai si crucia.
Se noi due una cosa sola saremo
son convinto che lo paleseremo.

Harry rimase estrefatto sembrava che il Cilindro gli leggesse nel-


la mente e che rispondesse alle sue domande inespresse. Non
sapeva cosa fare. Forse, per la prima volta, avrebbe avuto l'oc-
casione di snodare gli enigmi e i misteri che lo perseguitavano
dall'estate, magari sapere cosa signicavano le visioni che aveva
avuto. Aveva tutto ciò a portata di mano?
Si guardò intorno ancora una volta. Il professor Willis nei
poster sfrecciava tra le nubi inseguendo il boccino d'oro senza
prestargli la minima attenzione. Sarebbero bastati pochi attimi
per inlarsi il cilindro in testa e ascoltare ciò che aveva da dire.

Un dono speciale ti voglio fare,


anché di me ti possa dare.
Là l'instabilità potrai osservare,
in colui che si è deciso a scappare.

I congiunti doppi e da odio legati,

454
Li hanno per l'eternità condannati.
Intelletto d'uomo e forza bestiale,
lo rende pericoloso e mortale.

Ad Hogwarts dimora e custodisce,


ciò che allo stregone il sangue unisce.
inchiodato sempre sta nel suo posto,
non si può di certo abbatterlo tosto.

Il tuo sguardo carico d'attenzione


rivela un'imminente evoluzione
su, dài, allunga le mani e aerrami
ponimi sul giovin capo e serrami.

Harry allungò le braccia per aerrarlo, appoggiò i polpastrelli


sul tessuto lucido e uno strano brivido lo percorse risalendo le
braccia e propagandosi per il corpo. Lo aerrò portandolo sopra
di sè quando. . .
Potter!.
Harry sobbalzò rimettendo a posto il cilindro.
Non credo di averti dato il permesso né di entrare né di
toccare le mie cose disse Willis perentorio.
Mi scusi. . . ho sentito una voce. . . credevo che . . . .
Credevi. . . che? chiese dirigendosi nervosamente verso il
cappello e aerrandolo dalla scrivana.
Che . . .  Harry divenne paonazzo non trovando una scusa
plausibile ma il professore non sembrava interessato alla sua
risposta. Dopo aver rigirato il Cilindro più volte nelle ma-
ni ed evidentemente accertato l'integrità, la sua espressione si
rasserenò.

455
Bando alle ciance, abbiamo cose più urgenti da fare. Poi
sorrise tornando il professore accomodante di sempre. Sei
pronto ad allenarti con me?.
Ehmù o meno. Comunque si, sono pronto rispose Harry
lanciando un occhiata al cilindro, che però rimase immobile e
fermo nelle mani del proprietario.
Benissimo, allora direi che potremmo vederci sabato pros-
simo fece l'americano calcandosi il cilindro sul capo Ora ci
aspettano a lezione, vieni!.
Harry seguì il professore giù per le rampe di scale e i cor-
ridoi. Nella sua testa continuavano a rimbombare le parole del
Cilindro. Come poteva sapere tante cose su Uglick? Che legame
aveva il Cilindro americano con il vecchio professore?
Bene Potter. Riscaldato la bacchetta? chiese il professor
Willis appena fuori dall'aula.
Come?.
Oggi niente noiose spiegazioni! rispose senza dare altri
dettagli.
Entrando nell'aula di Difesa Contro le Arti Oscure si sorpre-
se trovando tutti i compagni in piedi in fondo all'aula. Banchi e
sedie non c'erano più, unico pezzo d'arredamento era una peda-
na appositamente disposta nel punto in cui normalmente c'era
la cattedra.
Si avvicinò con aria interrogativa ai suoi amici.
Cos' hai? chiese Ginny.
Nulla, nulla. . . immagino sia inutile chiedere cosa sta suc-
cedendo.
No invece, Lezione di Duello Magico. C'era un avviso della
McGranitt fuori dalla porta. La preside ha dato il permesso per

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eettuare, durante le ore di Difesa, un duello dimostrativo in cui
noi dell'ultimo anno dobbiamo arontare Willis, come se fosse
un Mago Oscuro.
Il professor Willis amava soprenderli con lezioni poco con-
venzionali, anche se questa per molti di loro non sembrava essere
una novità: in fondo era quanto avevano già fatto al tempo della
Umbridge, assieme all'Esercito di Silente. Questa volta, però,
sarebbe stata diversa: avrebbero dovuto duellare con il professor
Houdson Willis.
Accidenti esclamò Ron. Non mi sembra vero di dover
incrociare le bacchette con il professor Willis, anche se credo mi
sarebbe piaciuto di più fare una partita a Quidditch, con lui
concluse ridendo.
E magari nella stessa squadra! aggiunse Ginny.
Preferibilmente nella stessa squadra! confermò Ron.
Bene ragazzi richiamò il silenzio il professore, possiamo
cominciare la nostra esercitazione pratica. Ricordo, innanzitut-
to, che lo scopo è di simulare, per quanto possibile, cosa potreb-
be capitarvi nella realtà. In proposito so bene che molti di voi,
nonostante la giovane età, hanno partecipato alla battaglia di
Hogwarts dello scorso anno, e ciò dovrebbe mettervi allo stesso
livello di chi, come i miei studenti americani, è già abituato a
tale tipo di esercitazione.
Mentre il professore continuava a spiegare come si sarebbe
svolta la lezione, sul suo capo il cilindro se ne stava immobile e
assopito come un comune copricapo babbano. Ciò che faremo
oggi è la simulazione di un vero duello, dove nessuna delle due
parti sa che incantesimo gli verrà scagliato contro e che tipo di
difesa verrà elaborata dall'avversario. È per questo continuò,

457
per garantire la vostra incolumità, che sarò solo io il vostro
antagonista. Prima di cominciare, vi ricordo che sono ammessi
tutti i tipi di incantesimo, anche e soprattutto provenienti dalle
correnti magiche alternative che abbiamo studiato nelle scorse
lezioni. Meno, ovviamente, le maledizioni senza perdono. Il
professore fece una pausa. Tra l'altro, la cattedra di Difesa
contro le Arti Oscure ha una brutta fama, qui ad Hogwarts e
non vorrei continuare la tradizione! concluse in tono scherzoso.
A questa battuta, tutti risero e, in un certo senso, la tensione
si allentò.
Bene concluse Willis vi ricordo, inne, che escluderemo,
almeno nelle prime esercitazioni, gli incantesimi non verbali, in
modo che tutti possano conoscere e valutare ciò che avrete ela-
borato per l'occasione; se non c'è altro, possiamo cominciare.
Chi vuole essere il primo?.
Hawaii si face subito avanti salendo sulla pedana.
Vediamo cosa ci combina la secch . . .  commentò Ron a
bassa voce, , volevo dire la sapientona americana.
Ginny, invece, sembrava più interessata a Harry che al duello.
È successo qualcosa? chiese. Ti vedo strano . . . .
Il cilindro lo aveva profondamente turbato; non riusciva pro-
prio a celare la sua preoccupazione.
In eetti sì il ragazzo fece segno agli amici di avvicinarsi.
Vi devo parlare disse a bassa voce scagliando un Muiato
con un impercettibile movimento della bacchetta e delle labbra.
Hawaii, intanto, fece un breve inchino verso Willis, dopo-
diché estrasse la sua bacchetta facendole eettuare degli strani
ghirigori prima di puntarla verso il professore, dopodiché esordì:
Incanto deexo! .

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Dalla sua bacchetta scaturirono diversi raggi di luce mul-
ticolori, che si diramarono nelle varie direzioni per poi punta-
re tutti su Houdson Willis che, per nulla sorpreso, pronunciò:
Convergo-devio .
I raggi di luce, a questo punto, cominciarono a dirigersi uno
sull'altro, convergendo su loro stessi ed annullandosi, sino a
scomparire, in una sorta di vortice creato dalla bacchetta di
Willis.
Ben fatto, miss Mayowers esordì Willis, vedendo l'espres-
sione demoralizzata della ragazza. Se non avessi conosciuto
l'incantesimo, mi avrebbe sicuramente abbattuto.
Ma professore chiese Hawaii, potrei sapere dov'è che ho
sbagliato?.
Come dicevo, una cosa è la teoria ed un'altra è la pratica:
tutto quel rituale iniziale mi ha fatto immediatamente capire
che incanto stava per scagliarmi contro, e mi sono predisposto
spiegò il professore. Vede, nella realtà occorre dissimulare,
utilizzando una buona dose di fantasia.
Mentre Neville si faceva avanti, Harry raccontò agli amici
cosa era successo nell'ucio di Willis quando era rimasto solo
con il Cilindro, cercando, faticosamente, di ricordare i versi che
aveva sentito.
Ma sei sicuro di non aver frainteso? chiese Ron. In fondo
quel Cilindro ne spara molte di cose sgangherate.
Fidati Ron, sapeva esattamente quello che diceva.
Non ha molto senso quello che ci hai riportato . . .  lo
interruppe Hermione. Pensi di riuscire a ricordare le parole
esatte?. Probabilmente la ragazza era già un passo avanti nei
ragionamenti.

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È succeso tutto troppo velocemente. . . non lo so. . . ricordo
vagamente; le parole non avevano molto senso.

Ora avanti un altro li interruppe Willis, mentre Neville


tornava al suo posto un po' abbacchiato. Venga lei signor
Weasley disse rivolto a Ron, probabilmente attirato dalla loro
poca attenzione alla lezione.

Io? chiese Ron

Si, lei! Su, non è il caso di essere timidi, proprio lei, uno de-
gli eroi di Hogwarts lo canzonò il professore provocando l'ilarità
dei ragazzi americani.

Ron, dopo aver dato uno sguardo ai suoi amici, prese po-
sto sulla pedana; si concentrò per un attimo come se voles-
se focalizzare un ricordo, dopodiché pronunciò: Honaoko ka-
kun. . . ehm. . . dara!.

Con sommo stupore di tutti - Ron compreso - accanto al pro-


fessor Willis, comparve un enorme mazzo di girasoli a grandezza
d'uomo, legati tra loro da un grazioso nastro rosa.

La ringrazio sentitamente per il gentile omaggio, Signor


Weasley esordì il professor Willis, anche se penso che non
fosse proprio questa la sua vera intenzione.

Ron era diventato rosso fuoco, sino alla punta delle orecchie,
anche perché aveva fatto una guraccia davanti al suo campione
di Quidditch preferito.

Hermione si portò vicino all'orecchio di Harry. Da quello


che mi hai raccontato ritengo assolutamente necessario riascol-
tare esattamente le parole del Cilindro.

Hermione sai qualcosa che noi non sappiamo? chiese Gin-


ny.

460
Ne parleremo. . . ma ora dobbiamo concentrarci sulla lezio-
ne. Oggi pomeriggio andrò dalla McGranitt e proverò a chiederle
in prestito il pensatoio.

Geniale! Ma come pensi di convincerla a dartelo? chiese


Ginny ammirata.

Suppongo che basterà dirle che una compagna si è sentita


male e l'ho dovuta accompagnare in bagno, perciò ho perso una
parte della lezione. . . adesso però, fatemi seguire!.

Harry riportò lo sguardo sul Cilindro ancora sopito sulla te-


sta di Willis. Signor Weasley, non si demoralizzi: il problema
con gli incantesimi di origine orientale è che bisogna fare molta
attenzione a come si pronunciano. Almeno per noi occidentali
è molto meglio utilizzarli come incantesimi non verbali, foca-
lizzandoci sugli eetti che si vogliono ottenere eliminando, nel
contempo, tutti i problemi di pronuncia. Detto questo, puntò
la sua bacchetta verso il mazzo di girasoli e pronunciò: Verto .

Al posto del mazzo di girasoli, comparve un mostruoso Troll


dall'aria feroce, che, subito, si avventò su Willis.

Hokaoko nakundara!  pronunciò con la bacchetta puntata:


subito il Troll crollò a terra, come un burattino disarticolato,
incapace di reggersi sulle gambe e di muovere coordinatamente
braccia e mani.

Risano. . . Reprendo  pronunciò, ed il Troll tornò normale,


per ritrasformarsi nel mazzo di girasoli.

Ora, signor Potter, tocca a lei la voce di Willis lo fece


trasalire.

Salutò Ron che tornava al suo posto dandogli una pacca


sulla spalla e salì sulla pedana malvolentieri mentre con la co-

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da dell'occhio seguiva Hermione che usciva velocemente dalla
classe.

Il professor Willis, con la bacchetta già puntata su di lui, lo


scrutava da sotto il Cilindro e solo allora Harry si rese conto che
non aveva idea di cosa avrebbe fatto. Preso dai discorsi, non
aveva pensato aatto a come avrebbe arontato il professore.

Poco male: avrebbe improvvisato come al solito; lo aveva


fatto tante volte, in situazioni di reale pericolo.

Questa, se non altro, era solo una esercitazione. Non la si


poteva nemmeno confrontare con il duello con Voldemort nella
Battaglia di Hogwarts. Anche se il fatto di essere l'unico a
sapere di avere la fedeltà dell'Arma che il Signore Oscuro stava
utilizzando gli aveva dato un discreto vantaggio. . .

E improvvisa, come una pugnalata a tradimento, un'idea


nuova e spaventosa si fece strada tra i suoi pensieri. Harry si
impietrì. Ora non aveva quel vantaggio. . . anzi ora lo sapevano
tutti.

Vinca il migliore! disse il professore chinando leggermente


il capo.

Harry era bloccato, come poteva essere stato così stupido da


non pensarci no a quel momento?

Prima di agire, doveva capire bene come funzionavano le


cose, aveva poco tempo, e qualsiasi sua decisione gli si sarebbe
potuta ritorcere contro.

Willis lo ssò attentamente mentre impugnava la bacchetta


e sorridente lo incoraggiò: Su Potter, sia un po' più veloce.
Non possiamo certo star qui no a domani e non penso che il
resto della classe abbia voglia di saltare il pranzo per lei.

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Harry, nel frattempo, aveva estratto la sua Bacchetta di
Agrifoglio che docile scivolava fra le sue mani, facendo riacqui-
stare al ragazzo un briciolo di sicurezza.
Doveva fare qualcosa ma non sapeva cosa. Accio bacchet-
ta , provò.
Protego!  si difese con disinvoltura Willis. Inusuale in
un duello. L'incantesimo d'appello è inecace se colui che ti
aronta ha la bacchetta stretta in mano. Non sai fare di meglio?
Devi attaccare! Tarantallegra .
Harry non sperava che l'incantesimo di appello funzionasse,
per cui prontamente schivò la risposta del professore spiccando
un salto e spostandosi di lato. Willis non attaccò, evidentemente
aspettava la sua contromossa.
Peccato che dei veri nemici non sarebbero così leali, pensò.
Potter, coraggio! Hai paura forse di farmi del male? escla-
mò la sua voce sprezzante. Mosse la bacchetta per prepara-
re l'incantesimo ssandolo negli occhi. Sapeva quale sarebbe
stata la mossa del professore e ne ebbe conferma non appena
pronunciò l'incanto. Confundus! .
Harry strinse la bacchetta di agrifoglio eseguendo un incan-
tesimo di protezione non verbale. Si voltò velocemente di lato
per poi cadere a terra chiudendo gli occhi, senza mollare la presa
dalla bacchetta.
Questo Voldemort non doveva essere un mago poi così for-
te se è stato steso da uno che non riesce a schivare nemmeno
un semplice incantesimo Confundus lo canzonò il professore.
Oppure dobbiamo dedurre che hai avuto solo una grossa dose
di fortuna?.
Le risate degli americani riempirono l'aula.

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Ma a lui non importava, era andato tutto n troppo bene.
Si mise seduto guardandosi attorno spaesato. Ginny gli si
fece vicino velocemente.
Signorina Weasley si prenda cura di lui e lo porti giù dalla
pedana, devo continuare la lezione.
Lei annuì seria.
Lo prese sotto braccio e lo accompagnò in fondo all'aula
aiutata da Ron e Hermione. Lo fecero sedere a terra contro il
muro, mentre lui continuava a strabuzzare gli occhi in maniera
folle.
Hermione levò la bacchetta per farlo ritornare in sé ma, men-
tre stava per formulare l'incantesimo Harry le strizzò l'occhio e
riprese un'espressione presentabile.
Ma che diavolo . . .  bisbigliò Ron.
Mi sembrava strano che non avessi schivato quel semplice
Confundus. Cosa ti è saltato in mente?.
È l'unica cosa che mi è venuta in mente di fare, non mi ero
reso conto di quello che stavo rischiando.
In che senso parli di rischiare. È solo un'esercitazione!
disse Hermione, interrompendo il usso dei suoi pensieri. Ma
la risposta di Harry morì sulle sue labbra. Il professore si era
girato ancora una volta verso di loro.
Bene, continuiamo, chi vuole provare? Signorina Weasley?
chiese Willis, visibilmente ansioso di andare avanti con la lezio-
ne.
Ginny si mosse verso il centro dell'aula.
Alcuni americani la indicarono facendo smore, ma Hyde li
fece smettere. L'espressione della ragazza era così risoluta che
tutti si zittirono.

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Ginny sfoderò la bacchetta.

Proprio quando i due duellanti erano pronti a combattere,


qualcuno bussò lievemente alla porta dell'aula facendola risuo-
nare fragorosamente nel silenzio.

Avanti! esclamò Willis, senza nascondere la sua irritazione.

Dalla porta entrò strascicando i piedi Gazza, seguito dal-


la sua inseparabile gatta. La signora preside richiede la sua
presenza, professore sbottò torcendosi le mani callose.

Può dire a Minerva che la raggiungerò non appena avrò con-


cluso la lezione dichiarò l'americano, agitando la mano come
per scacciare una mosca fastidiosa.

Vede, professore, c'è anche il signor Derriger che l'attende


nell'ucio della preside continuò Gazza, scoccando occhiate
malevoli agli studenti intorno a lui.

Logan? fece Willis, come preso alla sprovvista.

È arrivato da pochi minuti, signore disse Gazza, tornando


zoppicando verso la porta e tenendola aperta per invitarlo ad
arettarsi. La stanno aspettando

Il professor Willis, senza indugiare oltre, si avviò verso l'usci-


ta. Lezione nita, ragazzi. Ci vediamo lunedì mattina. Come
compiti ripassate gli incantesimi non verbali!.

Le lampade si aevolirono. Uscirono tutti lentamente bisbi-


gliando sulla novità appena appresa.

Ron si avvicinò a Harry, seguito da Neville.

Cosa pensi sia venuto a fare qui Derriger di così importan-


te? chiese Ron.

Chi è? chiese Neville curioso.

465
Il Segretario del Presidente dei Maghi d'America rispose
Harry. Come va, Neville, tutto bene? aggiunse poi guardando
la faccia tesa dell'amico.
Stanco da morire, Harry. La professoressa Sprite non riesce
più a seguire tutte quelle nuove piante americane da sola, sono
rimasto tutto il pomeriggio ad aiutarla.
Eh, sì. Ultimamente passi più tempo fuori che in sala co-
mune fece Ron, guardando in direzione del bagno delle ragazze.
Finirai per lasciare la pelle attaccata a un Tentacolo Velenoso.
Tentacula velenosa lo corresse Neville, stiracchiandosi. Si-
curamente mi ci vorrebbe un po' di riposo.
Magari una bella partita a scacchi? propose speranzoso.
E la consideri riposante? sibilò Ginny, arrivando e met-
tendo un braccio attorno alla vita di Harry.
Eettivamente preferirei un po' di vacanza rispose cauto
Neville, tentando di allontanare il discorso dal gioco in cui Ron
era un rinomato, indiscusso e imbattuto campione.
Su! esclamò Ron, dandogli una pacca sulla spalla. Le
vacanze di Natale sono vicine!
Bastassero quelle per risolvere tutto. . .  rispose Harry cu-
po.
Ginny lo guardò preoccupata. Ma lui lo era ancora di più.
Tempo prima aveva creduto di aver risolto almeno uno dei
problemi che aveva sulle spalle, almeno momentaneamente. Ma
ora si rendeva conto che era stato solo un piccolo passo; la gran-
de responsabilità che aveva non poteva certo essere nascosta
anch'essa.

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Indice

1 RITORNO AD HOGWARTS 1

2 IL PIÙ OSCURO DEI LIBRI 9

3 VITA ALLA TANA 19

4 COMPLEANNO A GODRIC'S HOLLOW 29

5 STRANI INCONTRI A DIAGON ALLEY 51

6 UN NUOVO AUROR AL MINISTERO 85

7 IL RIFLESSO DI UNO SPECCHIO 109

8 CUORI E LETTERE 137

9 IN VIAGGIO PER HOGWARTS 161

467
10 IL PRIMO TENTATIVO 197

11 IL PRINCIPE SOTTO INCHIESTA 227

12 LA PRIMA STELLA 259

12 e ½ LA PRIMA TRACCIA 293

13 UFFICIO AUROR 299

14 L'ARTICOLO CHE BRUCIA 337

15 L'ARTIGLIO 365

16 DEFACTIO INSINUERE 389

17 IL PROFUMO DELLA PIOGGIA 411

18 IL PROFUMO DELLA PIOGGIA 435

468

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