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Unità 1

Proprio grazie alle ricerche in campo linguistico degli ultimi cinquant’anni è stato possibile di-
stinguere le popolazioni indoeuropee insediatesi in Italia dal II millennio a.C., tra cui i Latini,
che occuparono una parte del Lazio e conobbero uno sviluppo protourbano abbastanza preco-
IL CONTESTO STORICO E CULTURALE: ce, a partire dal IX secolo a.C., con la formazione di centri come Alba Longa e Roma stessa
(➔ Fig. 1).
DALLE ORIGINI ALLA CONQUISTA Gli Etruschi e le colonie greche Nel quadro degli insediamenti dell’Italia continenta-
DEL MEDITERRANEO le definitosi all’inizio del I millennio a.C., grande rilievo ebbero gli Etruschi, un popolo di lin-
gua non indoeuropea e di origine incerta, la cui zona di stanziamento si estendeva dal Tevere
all’Arno e, nella sua massima espansione (tra il VII e il VI sec. a.C.), comprendeva probabil-
OBIETTIVI mente anche parte delle odierne Umbria ed Emilia-Romagna. Gli Etruschi svilupparono pre-
Conoscenze: Competenze: cocemente una cultura urbana, ricca e complessa, capace di organizzare lo sfruttamento delle
– il quadro delle popolazioni stanziate in – saper distinguere gli eventi storici dalle risorse minerarie e un attivo commercio, favorito da una potente flotta. Furono in grado inol-
Italia nel I millennio a.C.; tradizioni leggendarie relative all’epoca tre di estendere la loro influenza su un’area territoriale sempre più ampia, imponendo nel VII
– i principali eventi della storia politica di arcaica; secolo a.C. la propria supremazia anche su Roma.
Roma (trasformazioni istituzionali e poli- – saper cogliere le relazioni intercorrenti A partire dall’VIII secolo a.C., infine, si determinò una considerevole presenza greca nell’Ita-
tica estera), dalla sua nascita al 133 a.C.; tra la vita culturale e i fenomeni politici, lia meridionale (tanto che quest’area fu detta “Magna Grecia”) e in Sicilia: vennero infatti
– le trasformazioni della società, dell’eco- sociali ed economici;
fondate numerose colonie, che si trasformarono in prospere e potenti città come Cuma, Napo-
nomia e del diritto; – acquisire gli strumenti essenziali per
valutare l’influenza esercitata dalla ci- li, Taranto, Crotone, Reggio, Zancle (l’odierna Messina), Siracusa, Agrigento e Catania.
– gli aspetti nei quali la cultura latina subi-
sce l’influenza di quelle etrusca e greca; viltà greca sulla produzione letteraria Le origini di Roma A questo stesso periodo risalirebbero, secondo la tradizione, le origi-
arcaica. ni di Roma. La storiografia antica identifica infatti la sua nascita nella fondazione di una nuo-
– le diverse posizioni del mondo romano
rispetto all’ellenizzazione della cultura va città sul colle Palatino, nel 754 o 753 a.C., attribuendola a Romolo, figlio della principes-
latina; sa di Alba Longa Rea Silvia (➔ Da Enea a Romolo: le leggende sulle origini di Roma, p. 18).
– i generi letterari praticati a Roma nel- In realtà le più antiche testimonianze archeologiche dell’area della città di Roma risalgono al
l’età arcaica, la fisionomia sociale degli
scrittori e il ruolo dello Stato nella pro-
XIV secolo a.C. circa e documentano la presenza di uno stanziamento alle pendici meridiona-
duzione culturale. li del Campidoglio. Tra il XII e l’XI secolo a.C. si assiste al diffondersi continuo di nuovi in-

1. L’Italia preistorica e le origini di Roma LIGURI


CELTI
VENETI

Le popolazioni indoeuropee in Italia Le origini di Roma si collocano nel composito PI


CE
M
AR
N

U
quadro delle popolazioni stanziatesi nella penisola italica nel corso del II millennio a.C. e di I AD

M
ETRUSCHI

BR
Lago di Bracciano
RI

I
AT
quelle a esse preesistenti. ETRUSCHI SABINI SABINI IC
Sostrato O

Corsi
Tra il III e il II millennio a.C. alcuni gruppi seminomadi, pro- EQUI
LATINI PELIGNI
In ambito linguistico si definisce “so- Cervèteri EQUI Fig. 1
venienti dall’Asia centrale e dall’Europa continentale, si erano (Cere)
Veio VOLSCI
strato” una lingua diffusa in una deter- Fidene CAMPANI

Tevere
MAR ME

An
Tivoli SSA
mossi verso sud e verso ovest, raggiungendo l’India, il bacino

ien
minata area prima che un’altra lingua SARDI TI R R EN O LUCANI PI Popolazioni di lingua indoeuropea

e
Roma
la soppiantasse nell’uso abituale. Resti del Mediterraneo e l’Europa occidentale. Essi parlavano un in- Tùscolo (esclusi i Greci)
Popolazioni di lingua non indoeuropea

BRU
del sostrato tendono ad affiorare nel sieme di idiomi strettamente affini, convenzionalmente desi- Alba Longa
Lago Albano
Territori colonizzati dalle città fenicie

ZZI
nuovo idioma, soprattutto nella topo- gnati, come se si trattasse di un’unica lingua, con il nome Lavinio
Ariccia Lago Nemorense
(di lingua non indoeuropea)
Lanuvio MAR
nomastica (i nomi propri delle località), Ardea M A R M ED I TER R A N EO I ON I O Territori colonizzati dalle città greche
e spiegano talora, in concomitanza con di “indoeuropeo”. L’indoeuropeo si diffuse nelle aree occupate (di lingua indoeuropea)
Elimi
altri fattori, le varianti regionali di una dagli “invasori”, soppiantando quasi dovunque le lingue indi- Sicani Territorio romano
VOLSCI SICULI
medesima lingua. gene, delle quali tuttavia rimasero alcune tracce cosiddette di Territorio dei Latini

“sostrato”.

14 Dalle origini alla conquista del Mediterraneo unità 1 ■ Il contesto storico e culturale 15
ruolo fondamentale la poesia, espressione di bellezza ed estremo baluardo contro le forze distrutti-

PERCORSI TESTUALI
PERCORSI ve della storia.
TESTUALI VIRGILIO I testi che presentiamo illustrano questi due nuclei tematici delle Bucoliche: il rapporto tra mondo bu-
colico e realtà storica (➔ t1-3), e l’esaltazione della poesia (➔ t4-6).

A Le Bucoliche
t 1-3 Tìtiro e Melibeo (Bucoliche, I) latino

testo
t 4-6 Il canto di Sileno (Bucoliche, VI) italiano
1-3 Tìtiro e Melibeo (Bucoliche, I) latino

B Le Georgiche La prima ecloga ha un’impostazione mimica. Nello scenario di un paesaggio agreste sereno e armonioso due
t 7 La follia dell’éros (Georgiche, III, vv. 242-283) latino pastori si incontrano: Tìtiro, che all’ombra di un faggio sta componendo un canto d’amore per la sua Amaril-
li, e Melibeo, che, colpito dalle confische agrarie, si accinge ad abbandonare la patria.
t 8 La peste animale nel Nòrico (Georgiche, III, vv. 478-530) italiano
Il loro dialogo imposta i temi fondamentali delle Bucoliche: la poesia “tenue” (v. 2) d’ispirazione alessandrina
t 9-10 Orfeo ed Eurìdice (Georgiche, IV, vv. 453-527) latino/italiano e teocritea; il paesaggio idilliaco in cui irrompono le funeste conseguenze della guerra e che appare a Melibeo,
t 11 Il “sigillo” (Georgiche, IV, vv. 559-566) latino/italiano costretto a lasciarlo, come un paradiso perduto; l’amore dolce-amaro, motivo appena accennato nella con-
trapposizione tra Amarilli e Galatea (vv. 30-37). In grande risalto è l’elogio del benefattore di Tìtiro, invocato
come deus: in lui è sicuramente da individuare Ottaviano, discendente di Venere (in quanto membro della
C L’Eneide gens Iulia, che ha in Enea, figlio di Venere, il suo mitico progenitore) e figlio del “divo Giulio” (Giulio Cesare,
Nel Percorso tematico t 12 Il proemio (Eneide, I, vv. 1-11) latino divinizzato nel 42 a.C.). Splendido il finale, dolcemente malinconico, in cui i sentimenti dei personaggi si fon-
di traduzione I miti del- dono armonicamente con la calma tristezza del crepuscolo.
t 13-15 Creùsa (Eneide, II, vv. 721-795) italiano
le origini, tra storiografia t 16 L’ossessione amorosa di Didone (Eneide, IV, vv. 65-89) latino
e poesia sono presenti t 17-19 Lo scontro tra Didone ed Enea t1 L’esilio e la pace agreste (Bucoliche, I, vv. 1-18)
un testo dalle Bucoliche (Eneide, IV, vv. 296-396) latino/italiano MELIBOEUS
e uno dalle Georgiche t 20 Le ultime parole di Didone (Eneide, IV, vv. 642-666) latino
(Bucoliche, IV, vv. 4-45 Tity̆re, tu patŭlae recŭbans sub tegmine fagi
t 21 Didone agli Inferi (Eneide, VI, vv. 450-476) latino/italiano silvestrem tenui musam meditaris avena;
e Georgiche, II, vv. 493-
t 22 Eurìalo e Niso (Eneide, IX, vv. 418-449) latino nos patriae fines et dulcia linquimus arva,
504; 513-540; ➔ t86-
t 23 La morte di Turno (Eneide, XII, vv. 887-952) italiano nos patriam fugimus; tu, Tity̆re, lentus in umbra
87, pp. 397 ss.).
5 formosam resonare doces Amaryllı̆da silvas.

1-2. Tity̆re: vocativo; il nome, di etimolo- il sostantivo è precisato dall’attributo tenui fetto per la patria: si notino l’anafora di
gia incerta, è tratto dagli Idilli di Teòcrito; (con un forte iperbato, intrecciato a quello nos, il poliptoto patriae ... patriam, l’omo-
come già rilevato nell’antico commento del di silvestrem ... musam), che non ha solo teleuto linquimus ... fugimus. • tu ... sil-
A Le Bucoliche grammatico Servio (fine IV – inizio V sec. funzione descrittiva, ma contiene una pre- vas: la battuta di Melibeo si conclude ad
d.C.), il personaggio può essere identifica- cisa dichiarazione di poetica: Tìtiro-Virgilio anello con una ripresa, in chiasmo, del-
to con lo stesso Virgilio. • tu ... avena: compone un canto “umile” (d’argomento l’apostrofe iniziale all’amico (Tity̆re, tu / tu,
Le Bucoliche sono l’opera virgiliana in cui l’influsso alessandrino e neoterico è più profondo ed ordina tu, recŭbans sub tegmine patŭlae pastorale) ed “esile” (di breve estensione). Tity̆re). Anche la situazione è analoga a
evidente. A questo ambito si collegano la raffinatissima rete dei richiami ad altri testi, la doctrina fagi, meditaris silvestrem musam tenui Si noti la musicalità di questi versi, ottenu- quella dei vv. 1-2: Tìtiro canta “tranquillo
dei riferimenti geografici e letterari, l’accuratissima architettura delle singole ecloghe e della rac- avena. Recŭbans è un participio congiunto ta con l’allitterazione dei suoni /t/ e /m/. all’ombra” (lentus in umbra). Formosam
con valore circostanziale: “stando steso”, 3-5. nos ... arva: al tu riferito a Tìtiro si ... silvas: lett. “insegni alle selve (silvas,
colta nel suo insieme, la brevitas dei componimenti, l’estrema cura formale, e la scelta stessa di un “riposando”; sub tegmine: “sotto la coper- contrappone nos, riferito a Melibeo e, più accusativo retto da doces) a riecheggiare la
genere “disimpegnato” e originale come quello pastorale, che a Roma non aveva precedenti signi- tura”, ossia “all’ombra” è specificato da fa- in generale, a quanti come lui sono co- bella Amarilli”, quindi “fai risuonare le sel-
ficativi. Eppure, per quanto dotta e difficile, la poesia virgiliana non risulta mai astrusa o fine a se gi, femminile come in genere i nomi di al- stretti a lasciare la patria (patriae fines, ve del nome della bella Amarilli”. Ama-
bero; a fagi si riferisce con forte iperbato lett. “il territorio della patria”) e “i campi ryllı̆da è un accusativo alla greca. Il termi-
stessa; al contrario, conserva, pur a distanza di secoli, una freschezza e un fascino che la rendono l’aggettivo patŭlae (“ampio”, ossia fornito coltivati” (arva). L’aggettivo dulcia, con- ne silvas, come silvestrem del v. 2, allude
capace di parlare anche al lettore più inesperto. Ciò è possibile perché l’arte, intesa come perizia di un’ampia chioma). Silvestrem ... avena: cordato con arva e rilevato dall’iperbato, al genere pastorale del canto, mentre il ri-
tecnica e come capacità di reinterpretare la tradizione letteraria, è messa al servizio di un messag- “componi un canto (musam, metonimia) suggerisce la tristezza e l’amore di Melibeo ferimento alla donna amata da Tìtiro,
silvestre (ossia ‘pastorale’) con il flauto sot- per la propria terra. • nos ... fugimus: Amarilli (anche in questo caso il nome è
gio universale: l’aspirazione a una vita serena, in armonia con la natura e al riparo dal male che pe- tile”; avena denota la “canna” che veniva l’emistichio ribadisce il concetto appena tratto dagli Idilli teocritei), ne precisa il
rennemente la minaccia. In questa fragile condizione di pace, che è innanzitutto spirituale, ha un utilizzata come strumento musicale a fiato; espresso, sottolineando questa volta l’af- contenuto erotico.

64 L’età di Augusto unità 3 ■ Virgilio 65


Politica e storia L’attenzione concessa alle donne si assottiglia invece nei generi strettamente con-
PERCORSO TEMATICO DI TRADUZIONE nessi alla vita politica e militare, ossia nell’oratoria o nella storiografia. La minore frequenza dei riferi-
menti, tuttavia, non significa una minore rilevanza delle informazioni dal punto di vista “qualitativo”:
paradossalmente, proprio la memoria storica conserva e trasmette ritratti femminili e vicende esempla-
ri che indicano quale ruolo la società romana riservasse alle donne, quali virtù fossero loro richieste e

Ritratti di donna quali comportamenti fossero suscettibili di biasimo o di sanzione. Non hanno pari valore documentario,
ad esempio, i dati desumibili dalla commedia palliata (➔ p. 67), che mostra talora una tendenza alla de-
formazione grottesca della realtà (ciò vale soprattutto per l’opera plautina) e rispecchia spesso abitudi-
ni di vita tipicamente greche (i testi di Plauto e Terenzio derivano infatti da modelli letterari greci).

A
A La virtù femminile
Livio t 130-132 Lucrezia Ruolo sociale, virtù e vizi delle donne
(Ab urbe condita, I, 57, 4-11; 58)
Plinio il Giovane t 133-134 Arria (Epistulae, III, 16) Lo status giuridico Nella società arcaica e nella prima età repubblicana le donne godevano di
una libertà personale limitatissima. La loro sopravvivenza dopo la nascita dipendeva dalla volontà
B Punizioni esemplari del pater familias, che aveva diritto di vita o morte sui figli, così come dal padre dipendeva la scelta
B Livio t 135 Orazia (Ab urbe condita, I, 26, 2-4)
dello sposo (➔ Il pater familias, p. 48). Dopo il matrimonio, la donna passava sotto la tutela del ma-
rito, che esercitava su di lei gli stessi diritti che erano stati del padre: gestiva il suo patrimonio, la rap-
Valerio Massimo t 136 Il veleno, il vino, le relazioni sociali
(Factorum et dictorum memorabilium libri, presentava in sede legale, poteva ripudiarla (cosa che accadeva di frequente in caso di sterilità) e
VI, 3, 8-10) aveva perfino il diritto di ucciderla in caso di colpe ritenute particolarmente gravi, come l’adulterio.
La testimonianza di Catone Un frammento dall’orazione De dote di Catone il Censore
C Emancipazione o depravazione?
C
Ritratti di donna

Ritratti di donna
(II sec. a.C.) attesta in modo inequivocabile la disparità di condizione tra uomo e donna:
Catullo t 137 «Lesbia, mi chiedi quanti baci…» (Carmina, 7)
Se hai colto tua moglie in adulterio, puoi ucciderla impunemente senza che sia sottoposta a pro-
t 138 Lesbia: da amante a prostituta (Carmina, 58)
cesso; se sei tu quello che commette adulterio, seducendo o essendo sedotto, lei non può toccar-
Cicerone t 139 Clodia: una proterva merĕtrix
(Pro Caelio, 47-50) ti neppure con un dito: non è lecito.
Sallustio t 140 Sempronia (De Catilinae coniuratione, 25) (De dote, fr. 201 Sblendorio)

La virtù femminile Sebbene fosse giuridicamente soggetta all’uomo


ed emarginata dalla vita pubblica, la donna svolgeva nell’ambito familia-
Presenze femminili nei generi letterari re una funzione sociale importantissima: quella di procreare ed educare i
figli ai valori della romanità. Per questa ragione la letteratura latina non
Donne e letteratura La letteratura latina, così come la conosciamo, è il frutto di una visione manca di celebrare, come vedremo nella prima parte di questo percorso
quasi esclusivamente maschile della realtà, che influenza in misura notevole il modo in cui è rappre- (➔ t130-134), le figure femminili che si sono distinte per le loro qualità
sentato il mondo femminile. Si può affermare, in linea generale, che lo spazio riservato alle donne di buone mogli e di buone madri, indicandole come modelli da imitare.
nei generi letterari rispecchi il ruolo che esse rivestivano nella società romana, importante ma circo- Il termine che riassume l’insieme di qualità che fanno della donna un
scritto all’ambito familiare. Per quanto si possa cogliere un’evoluzione storica della loro condizione, esempio positivo è pudicitia (➔ Fig. 1): esso denota la riservatezza nei
come vedremo, esse non furono mai protagoniste della vita pubblica e, se pur ebbero un certo peso
politico, lo ebbero solo come mogli o madri capaci di influenzare gli uomini cui erano legate.
Vita privata e mito Le donne hanno infatti un rilievo notevole nei generi incentrati sulla sfera Fig. 1 Rilievo funerario in marmo con coppia di sposi, I sec. a. C., Roma, Palazzo dei Conser-
privata degli affetti familiari e dell’eros: nella commedia, che attribuisce loro una funzione importan- vatori. La figura femminile riproduce lo schema iconografico della Pudicitia, personificazio-
ne della virtù matronale: ammantata di una lunga tunica e di un ampio mantello, ha una
te nello sviluppo degli intrecci, e nella poesia soggettiva, nella quale esse costituiscono il fulcro del mano sollevata all’altezza del volto, quasi ad aggiustarsi il velo sul capo, e l’altra portata
mondo sentimentale dell’autore. Anche l’epistolografia e la biografia dedicano alle donne una certa verso il fianco opposto.
attenzione quando affrontano temi legati alla quotidianità. Le figure femminili compaiono poi fre- Divinità romana che impersonava la castità e il pudore delle donne sposate, la Pudicitia
era in origine venerata a Roma come Pudicitia patricia. Secondo la tradizione, una matro-
quentemente nelle forme letterarie come la tragedia e l’épos, ma si tratta in questi casi di personaggi na patrizia, che aveva sposato un plebeo, fu esclusa dal culto; in segno di protesta fondò
del mito, che non riproducono certo la fisionomia reale e concreta della donna romana. un nuovo culto destinato a Pudicitia plebeia, riservato alle matrone delle famiglie plebee.

566 Dall’età dei Gracchi all’età di Cesare PERCORSO TEMATICO DI TRADUZIONE ■ Ritratti di donna 567

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