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S. FREUD, Psicologia delle masse e analisi dell’io, in Opere, IX, Boringhieri, Milano 1977, p.293
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S. FREUD, L’io e l’Es, in Opere,IX, p.491
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giacchè dietro ad esso si cela la prima e più importante identificazione
dell'individuo, quella con il padre” . 3
A ragione Girard ci dice che Freud nelle sue analisi sulla identificazione non solo vi
riscontra una funzione “preistorica” e costitutiva all’interno del complesso di Edipo,
ma nelle sue definizioni gli attribuisce tutti i tratti e persino l’originarietà che per
Girard costituiscono il desiderio secondo l’altro.
“A tutta prima tale identificazione non sembra essere la conseguenza o l’esito di un
investimento oggettuale, bensì qualcosa di diretto, di immediato, di più antico di
qualsivoglia investimento oggettuale”.4
Ma appunto, come si è già rilevato, tutte le analisi freudiane circa il concetto di
identificazione anche se rilevano in esso molti dei tratti della mimesi intercorrente tra
“discepolo” e “modello” nel “desiderio triangolare” quale lo intende Girard, non
giungono però mai a pensarlo in termini di desiderio. Addirittura in un passo di
Psicologia delle masse e analisi dell’io, nel capitolo dedicato a “Suggestione e
libido”, analizzando l’imitazione a cui è spinto l’individuo preso come elemento della
massa, la riconduce alla suggestione reciproca e a quella operata dal prestigio del
capo:
“Si tratta della magica parola suggestione. In Tarde aveva nome “imitazione”, ma
dobbiamo dar ragione ad un autore il quale obbietta che l’imitazione è assunta sotto
il concetto di suggestione e ne è anzi una conseguenza. In Le Bon ciò che
caratterizza i fenomeni sociali viene ricondotto a due fattori; la suggestione
reciproca fra i singoli e il prestigio del capo. Ma il prestigio si manifesta a sua volta
solo nei suoi effetti; ovverosia nella suggestione che suscita.” 5
Nell’ottica di Girard il “prestigio del capo” che si manifesta nella “suggestione”
rimanda immediatamente alla fascinazione che il “discepolo” subisce dal “modello”,
e la suggestione reciproca tra i singoli individui al fenomeno del “contagio mimetico”
che, come un riflesso che reciprocamente rimandano una moltitudine di specchi,
provoca un abbagliamento generale, il che è un po’ quello che succede nei “fenomeni
3
Ibid, p. 493
4
Ibidem
5
S. FREUD, Psicologia delle masse e analisi dell’io, p. 278
22
di massa” dove sia la gioia che la violenza si propagano amplificandosi a velocità
vertiginosa.
Il destino dei grandi pensatori è quello di pensare oltre le forme linguistiche su cui si
stabilizzano le loro intenzioni, di dissodare un terreno da cui altri raccoglieranno
frutti preziosi; questo non segna i loro limiti bensì ne prova la grandezza.
I concetti della psicoanalisi appartengono oramai alla cultura di massa e la critica che
ne intende fare Girard si ripercuote nel nostro modo di intendere le dinamiche
psicologiche e quindi la nostra stessa persona.
Ma seguiamo il modo in cui Girard, nella sua decostruzione del complesso di Edipo,
sottoporre il “desiderio mimetico triangolare” al suo basanos naturale quale la
psicoanalisi viene ad essere per chi intende fondare una “psicologia interdividuale”.
Dice Girard:
“Tra le nozioni che traggono la loro forza da un mimetismo mal evidenziato, talune
appartengono al gruppo delle identificazioni, la modalità più importante di
identificazione per Freud, in quanto quella ‘preistorica’ che prepara il complesso di
Edipo è quella del bambino.”6
“Il bambino manifesta grande interesse per il padre; vorrebbe divenire ed essere ciò
che questi è, sostituirlo sotto ogni aspetto. Diciamolo tranquillamente, si fa del padre
il suo ideale. Tale atteggiamento nei confronti del padre non ha nulla di passivo né di
femminile; è essenzialmente maschile. Si concilia molto bene con il complesso di
Edipo che contribuisce a preparare. ”7
6
R. GIRARD, La violenza e il sacro,Milano 1982, p. 223
7
S. FREUD, Psicologia delle masse e analisi dell’io, p. 293
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primo luogo, all’identificazione con il padre, al “mimetismo”, in secondo luogo alla
libido che si fissa sulla madre, in quanto è possesso del padre.
Queste due forze agiscono nello stesso senso e non possono che rafforzarsi
reciprocamente.
“Il bambino s’accorge che il padre gli sbarra la strada verso la madre; la sua
identificazione con il padre assume per questo fatto una colorazione ostile e finisce
per confondersi con il desiderio di sostituire il padre, anche presso la madre.
L’identificazione, d’altronde, è ambivalente fin dall’inizio.”8
L’identificazione del bambino con il padre ha tutte le connotazioni del desiderio
mimetico: in effetti come ci fa notare Girard, quel “anche presso la madre” rivela un
certo grado di consapevolezza in Freud di un desiderio che, imitandone un altro, si
orienta verso i suoi oggetti; vi converge pericolosamente preparando quella che per
Freud sarà una rivalità.
Identificazione e modello
8
Ibidem
24
E fin qui non abbiamo aggiunto nulla agli scritti di Freud, basterebbe inserirvi la
parola desiderio e forse potremmo attribuirne la paternità a Girard senza troppo
scandalo.
11
R. GIRARD, La violenza e il sacro, p. 228
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Le conclusioni che Girard avrebbe voluto da Freud sono qui assunte come causa
operante per il comportamento del bambino:
“Il movimento del discepolo verso gli oggetti del modello, compresa la madre, è già
abbozzato ed incluso nell’idea stessa di identificazione quale è definita da Freud.”12
La rivalità edipica esiste, continua Girard, ma assume un significato tutto diverso. E’
predeterminata dalla scelta del modello; non ha nulla di fortuito ma non ha niente a
che vedere con una volontà di usurpazione.
E’ in tutta innocenza che il discepolo si dirige verso il modello. La rivalità edipica
reinterpretata in chiave mimetica comporta conseguenze abbastanza differenti da
quelle rilevate da Freud.
La rivalità mimetica sfocia sempre nella violenza reciproca, ma una tale reciprocità è
il risultato di un processo. Se nell’esistenza vi è una fase in cui la reciprocità non
esiste ancora è proprio nell’infanzia, nei rapporti fra adulti e bambini. Solo l’adulto
può interpretare i movimenti del bambino come un desiderio di usurpazione; li
interpreta a partire da significati culturali di cui il bambino è privo. Il rapporto
discepolo-modello esclude per definizione l’uguaglianza che renderebbe la rivalità
comprensibile nella prospettiva del discepolo.
“Il discepolo è nella posizione del fedele di fronte alla divinità; non capisce che può
diventare per questa una minaccia entrandovi in concorrenza … Il desiderio del
parricidio e dell’incesto non può essere un’idea del bambino, è con ogni evidenza
l’idea dell’adulto, l’idea del modello.” 13
Affrontando l’ira del modello, il discepolo la ricondurrà ad una sua insufficienza, ad
un demerito, ad una colpa che costringe il modello a sbarrargli la strada della
soddisfazione libidica.
12
Ibidem
13
Ibid, p. 229
27
Desiderio e violenza
Un’incongruenza in Freud
Secondo Girard non può esserci, da parte del bambino, la coscienza di una rivalità
che gli provochi, per quanto breve, la coscienza del desiderio di parricidio e
d’incesto.
Già si potrebbe criticare l’assunto freudiano richiamando l’attenzione nello
sbilanciamento tra discepolo-bambino e modello-padre che, come dice Girard,
ricorda un po’ il rapporto intercorrente tra la divinità e il fedele (infatti, il modello
induce all’imitazione o all’identificazione in virtù della suggestione che provoca,
come lo stesso Freud rileva in Psicologia delle masse e analisi dell’io, capitolo
Suggestione e libido); e si potrebbe rilevare come questa immensa differenza di
status costituisca un impedimento, per chi si trova sovrastato da questa divinità, a
rivaleggiare con essa. Ma il punto essenziale della debolezza e della incongruenza
della teoria freudiana è ammettere che il bambino conosca già una legge che invece
dovrebbe imparare solo attraverso il Super-Io a complesso di Edipo superato, il che è
assurdo o quantomeno una indebita inversione tra la causa ed il suo effetto.
E’ evidente che il bambino impara la legge che proibisce l’incesto e la legge del
rispetto del padre solo in forza del superamento del complesso edipico: la legge e
l’identificazione del padre e della madre, nei loro rispettivi ruoli sono
sostanzialmente la stessa cosa. Non può esserci, dunque nel bambino, una coscienza
iniziale del parricidio e del desiderio incestuoso perché questi sono riconosciuti come
tali solo una volta appresa la legge, portato finale dell’Edipo.
“La definizione del Super-Io presuppone tutt’altra cosa che la coscienza mitica della
rivalità; poggia con ogni evidenza sull’identità del modello e dell’ostacolo, identità
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che il discepolo bambino non riesce ad individuare. Il Super-Io non è nient’altro che
la ripresa dell’identificazione con il padre, non più collocata prima del complesso di
Edipo ma dopo. La concezione mimetica elimina ogni coscienza e persino ogni
desiderio reale di parricidio e di incesto; la problematica freudiana è invece
interamente fondata su tale coscienza.” 17
Il double-bind mimetico
Mito e desiderio
Si produce così una separazione netta tra il patologico e la normalità, separazione che
va persa nella prospettiva del desiderio mimetico in cui, secondo Girard, il double-
bind provocato dall’identità del modello-ostacolo non permette di delineare, almeno
nella sua genesi, una separazione tra normale e patologico legata all’essenza del
desiderio. Questo, infatti, resta sempre, in entrambi i casi, imitazione di un altro
desiderio; scrive Girard che “quello che il desiderio ha di proprio è di non avere
nulla di proprio”.
La coscienza del desiderio parricida ed incestuoso, la pompa aspirante e rimovente
del Super-Io, il vaso di Pandora dell’inconscio sono per Girard il frutto del mancato
riconoscimento dell’identità del modello e dell’ostacolo. Sono anche frutto
dell’ostinato attaccamento di Freud ad un desiderio oggettuale e, aggiungerei,
dell’attaccamento al concetto di inconscio che in qualche modo permette la
convivenza nell’individuo di tutti i principi del patologico mantenuti in forma di
essenze dormienti ed innocue ed di un io morale, giudice e sentinella che libera la
coscienza dai disturbi del desiderio.
La concezione girardiana di un desiderio mimetico-triangolare, o desiderio secondo
l’altro, costituisce una critica radicale non solo ad alcune categorie fondamentali
della psicoanalisi, ma mette in questione la sua esistenza stessa. Come d’altronde
pone in crisi il mito romantico di un desiderio puro, spontaneo, totalmente autonomo
ed il perpetuarsi di tale concezione del desiderio nei movimenti politici e culturali del
Novecento, che sempre in un modo o nell’altro anelano a liberare il desiderio, così
intimo a facoltà concepite alla stessa stregua come la fantasia, l’immaginazione dalle
briglie della società borghese. In sostanza, Girard pone tutti i radicalismi libertari di
fronte all’essenza stessa del loro cavallo di Troia, che si rivela una seducente prigione
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nella veste di un desiderio che trascina l’individuo all’imitazione del desiderio di un
altro assunto come modello, che gli si rivelerà poi solo come ostacolo.
18
R. GIRARD, Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, pag. 460
32
Abbiamo mostrato, con Girard, le incongruenze degli sviluppi concettuali che Freud
trae dalle sua definizione iniziale dell’”identificazione”: come quando in Psicologia
delle masse ed analisi dell’io arriva a dire: “si nota soltanto che l’identificazione
tende a configurare il proprio io alla stregua della persona assunta come modello”.
Forse se tale definizione non fosse emersa dall’analisi dei fenomeni di massa e non
fosse stata usata per il “capo” (il quale in un’ottica girardiana mette in opera una
“mediazione esterna” e di conseguenza non diviene mai ostacolo per i suoi discepoli),
se il padre fosse stato chiaramente riconosciuto come modello, forse Freud sarebbe
stato costretto a prendere atto che l’identificazione, la scelta d’oggetto e la rivalità
sono inseparabili, perché la “scelta” del modello lo costituisce necessariamente come
ostacolo, perché l’imitazione del desiderio del modello ci incammina sulla strada
dell’oggetto desiderato su cui già da sempre si trova il modello stesso; tanto più il
modello ci suggestiona quanto più doloroso sarà l’urto contro ciò che si rivelerà come
ostacolo.
E’ probabile che questa seconda incongruenza, diversamente dalla prima, emerga solo
dopo che si abbiano assunti gli occhiali di Girard e che più che una incongruenza
costituisca una risorsa del pensiero freudiano in attesa di espressione. A tale fine,
l’acume e la sagacia di Girard hanno infatti fatto il necessario.
Vorrei ora tentare di portare chiarezza su di un punto del discorso girardiano che
concerne ciò che Freud inquadra come un “Edipo anormale”; vale a dire quei casi in
cui i sentimenti ambivalenti e contraddittori qui in gioco si spingono molto più
lontano dell’odio e della venerazione e viene ad aggiungersi nel bambino un
desiderio omosessuale passivo, un desiderio di essere desiderato dal padre in qualità
di oggetto omosessuale.
Rivalità e patologia
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suddetta dinamica non è niente altro che la crescente fascinazione che scaturisce dal
mimetismo stesso prodotto dal feed-back di una rivalità aggravata.
“Trovandosi ad affrontare l’ira del modello, il discepolo è obbligato in un certo
senso a scegliere tra se stesso e il modello. E’ evidente che sceglierà il modello. L’ira
dell’idolo deve essere giustificata, e non può essere giustificata che dall’insufficienza
del discepolo, da un segreto demerito che obbliga il dio a vietare il “sancta
santorum”, a chiudere la porta del paradiso. Lungi dal dissiparsi il prestigio della
divinità, ormai vendicatrice,ne uscirà rafforzato.” 19
“ Se l’imitatore è portato ad interpretare le interferenze mimetiche (le rivalità) in
favore del rivale, si capisce facilmente sia come il soggetto, associando sempre
l’oggetto più prezioso all’opposizione più implacabile, possa ormai soltanto
desiderare in un contesto di “gelosia morbosa”, di “masochismo” e di
“omosessualità latente”, e come questo soggetto riproduca continuamente la
struttura che comporta tutti questi sintomi se essa arrivasse a disfarsi.” 20
Siamo qui di fronte ad una “fascinazione” ossessiva verso il modello, desiderio e
rivalità non sono più separabili: solo un oggetto conteso da un rivale è desiderabile,
ma andando avanti in un rapporto sempre più stretto con il modello il disprezzo che
esso ci mostra diviene il segno del suo immenso valore (masochismo), fino ad una
erotizzazione del rivale nella forma di una latenza omosessuale nel discepolo verso il
modello.
Questi sono gli elementi che nell’ottica della “psicologia interdividuale” preparano la
svolta verso il patologico, il double-bind tante volta richiamato da Girard che
conduce il desiderio nel vicolo cieco dell’odio impotente e della sofferenza.
Nell’Edipo pare un passaggio obbligato, anzi un “rito di passaggio”, in quanto un
desiderio oggettuale che si orienti sulla madre cozza necessariamente contro il padre;
esso troverà nel Super-Io il setaccio che lo ripulisce dalle scorie pericolose. Nella
teoria mimetica di Girard spesso il double-bind pare un esito necessario del desiderio
secondo l’altro, la soglia del patologico si determina nell’escalation della rivalità in
19
R. GIRARD, La violenza e il sacro, pag. 230
20
R. GIRARD, Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, pag. 436
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quel momento particolare e culminante della dinamica in cui si oltrepassa ciò che
Girard chiama “soglia metafisica”, in cui cioè l’oggetto del desiderio perde
d’importanza: ciò che conta ormai è solo e primariamente il possesso del prestigio,
della “pienezza d’essere” del modello, per cui la rivalità si acuisce. L’escalation di
una rivalità, con i suoi feed-back aggravanti, può condurre una personalità adulta nel
vicolo cieco del risentimento e dell’odio con i suoi corollari di violenza. Ma questo
esito della rivalità dovrebbe rimanere episodico, cioè legato ad una relazione di
rivalità reale o immaginata. Perché la svolta verso il patologico si delinei nei suoi
tratti morbosi, ripetitivi, e una personalità ne venga modificata è plausibile credere
che debba essersi prodotta in tenera età, quando il bambino, ancora estraneo alle
dinamiche della violenza e sensibilissimo alla suggestione del padre-modello, ne
imita in tutta innocenza il desiderio.
Qui, nell’impatto con una personalità che cerca di costituirsi e che si organizza
emotivamente sulla soddisfazione dei propri desideri, una rivalità con i suoi feed-
back aggravanti può plausibilmente lasciare un imprinting persistente.
La famiglia anche per Girard, svolge un ruolo, almeno nel suo principio, protettrice
nei confronti delle rivalità mimetiche.
“La famiglia non svolge per me il ruolo necessario che per Freud svolge nella
patologia del desiderio. Questa patologia nel suo principio, non è familiare. E’
mimetica.” “ E’ normale che il padre serva da modello al figlio, ma non è normale
che il padre divenga per il figlio un modello di desiderio sessuale; non è normale che
il padre diventi modello in ambiti nei quali l’imitazione susciterà la rivalità. In altre
parole, secondo la norma familiare, è modello di apprendimento e non di
desiderio.”21
Se non vogliamo ricadere nella tesi freudiana delle essenze dormienti patologiche
incorporate nell’individuo e non ci accontentiamo nemmeno di dire che il patologico
21
Ibid, p. 428
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sussiste in potenza nella propensione umana alla mimesi è necessario individuare i
fattori che avviano il desiderio nel vicolo cieco del double-bind. Definiamo a tal fine
con più precisione il double-bind, quale Girard lo delinea sulla scorta di G. Bateson e
della scuola californiana di Palo Alto.
Esso è originato da una sorta di “ingorgo” della comunicazione interpersonale dove
ad una ingiunzione positiva formulata in modo esplicito ne segue una negativa e
contraddittoria (espressa per lo più non verbalmente, ma tramite atteggiamenti) e
accompagnata da sentimenti di condanna tendenti ad evidenziare l’inadeguatezza
dell’altro a concretizzare la prima ingiunzione positiva. E’ un tipo di corto circuito
relazionale che sembra svilupparsi tra padre e figlio, e soprattutto tra madre e figlia.
La madre si pone esplicitamente come modello e ingiunge alla figlia: “ imitami, devi
essere come me!” Ma negli atteggiamenti esprime per i tentativi della figlia
freddezza, indifferenza, le getta addosso le sua inadeguatezza: “Non sarai mai capace
di essere come me!” Questo provoca nella figlia un’ambivalenza che la fa passare nei
riguardi della madre da un sentimento di venerazione incondizionata all’odio più
profondo.
Che il mimetismo nel suo esito patologico trovi qui la sua svolta appare ormai chiaro.
Ma come, quando e perché questa svolta si delinei non risulta, a mio avviso, evidente.
Ci ha detto Girard che, almeno in via di principio, la famiglia svolge un ruolo
protettrice rispetto alle rivalità mimetiche, normalmente un buon padre non diviene
modello in ambiti nei quali l’imitazione susciterà la rivalità; secondo la norma
familiare è modello di apprendimento e non di desiderio. Implicitamente con ciò,
Girard pare suggerirci che un buon modello di apprendimento si colloca in quella
dimensione relazionale che, già in Menzogna romantica e verità romanzesca, egli
aveva definito di “mediazione esterna”.
Il padre con il suo comportamento, il suo esempio, mostrerà al figlio-discepolo il
desiderio ma anche la sua legge; mostrerà la madre come oggetto di affetto filiale e
rispetto, non guiderà il desiderio del discepolo verso oggetti che possano suscitare la
rivalità mimetica. Quale elemento potrebbe turbare questo bel quadretto familiare e
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produrre quell’accorciamento di distanza discepolo-modello che una volta giunto alla
mediazione interna scatenerà la rivalità mimetica?
Ci dice Girard che il figlio in virtù dello squilibrio in cui lo pone la suggestione del
modello non potrà mai interpretare questa “divinità” come un rivale. Ma Girard dice
anche:
“il bambino non si è mai trovato esposto alla violenza, ragione per cui non avanza la
minima diffidenza verso gli oggetti del modello. Solo l’adulto può interpretare i
movimenti del bambino come un desiderio di usurpazione … il rapporto modello
discepolo esclude per definizione l’uguaglianza che renderebbe la rivalità
concepibile nella prospettiva del discepolo …Il padre prolunga tratteggiandoli i
movimenti appena accennati dal figlio e costata senza sforzo che questi punta diritto
al trono ed alla madre … Nel mito è l’idea che l’oracolo suggerisce a Laio, molto
tempo prima che Edipo sia capace di desiderare alcunchè.” 22
Si sentono spesso i mariti denunciare lo stato di depressione in cui versa la moglie
dopo il parto, come dire: ‘da quando c’è il bambino non si cura più di me’. Non
sarebbe plausibile che il padre-modello, vivendo la perdita di attenzione della moglie,
sentendosi relegato ad un ruolo marginale, espropriato di tutti i segni della regalità
patriarcale e, pur tuttavia, trovandosi in dovere di ricoprire il ruolo di marito e padre
affettuoso e premuroso, non sarebbe plausibile che il suo malcontento risentito verso
“l’intruso” provocasse nevroticamente un atteggiamento di ostilità, di condanna, una
velata e subdola disapprovazione che nel bambino, in cui la componente libidico
emotiva prevale, potrebbe essere vissuto come il ribaltamento di una divinità
olimpica e luminosa in un dio malvagio e vendicatore, che per qualche colpa
sconosciuta gli lancia addosso la sua maledizione gettandolo in un universo
d’angoscia?
22
R. GIRARD, La violenza e il sacro, pag. 229
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Questo sì potrebbe essere un passo capace accorciare la distanza tra discepolo e
modello e di legarli nella rivalità della mediazione interna con tutti i suoi feed-back
aggravanti. Ma fin quando non c’è double-bind, fin quando il padre non produce un
cortocircuito nella comunicazione verso il bambino con le due ingiunzioni
contraddittorie, irrompendo come un ostacolo nello spazio esistenziale del figlio
proprio tra lui e gli oggetti che il suo desiderio gli aveva indicato, fino a questo punto
gli avremmo legittimamente riconosciuto il diritto alla patria potestà, avendo egli
mantenuto tutte le potenzialità del modello di apprendimento.
Ma: “il padre prolunga tratteggiandoli i movimenti appena accennati dal figlio e
constata senza sforzo che questi punta dritto al trono ed alla madre” .
Il padre vede il proprio desiderio guidare il figlio verso ciò che riteneva i “suoi
oggetti”: interpreta i movimenti del bambino alla luce di una scaltrezza ammaestrata
da tutte le rivalità mimetiche vissute nel corso della sua esistenza, e vi riconosce solo
colui che gli usurpa il trono e gli contende la sposa.
Certamente la sua ragione lo riconduce ai suoi doveri di padre affettuoso e marito
premuroso, ma non è affatto scontato che vi pieghi anche il desiderio, specie ora che
ha intrapreso la via della rivalità; tentare di arginare l’odio con la ragione è un po’
come contenere l’acqua in un paniere di vimini. Nelle relazioni mimetiche tra adulti
può essere il discepolo che nel suo percorso forsennato verso gli oggetti illuminati dal
sole del modello va ad inciampare in quello che oramai gli si rivela solo un ostacolo,
anche se è legittimo attribuire a questo modello almeno la stessa scaltrezza che
concedevamo al padre. Può in questo caso essere il discepolo che nella sua
identificazione o scelta del modello (che non va certo pensata come un qualcosa di
razionale o cosciente) lo sceglie così esistenzialmente vicino che il suo desiderio
inciampa subito nell’ostacolo modello o ne provoca la reazione violenta innescando
l’escalation della rivalità. Ma l’adulto non vi giunge sprovveduto, conosce le
dinamiche della rivalità, e se non si è creato un legame profondo tra la violenza ed il
desiderabile, visto il mal partito, egli potrebbe anche rinunciare e volgersi altrove.
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Una svolta pericolosa
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desiderio romantico) ma anche quella negativa del double-bind mimetico dove l’odio
impotente distrugge l’individuo o lo confina nel “sottosuolo”,” rendendo la superfice
della terra un paradiso inaccessibile”. 23
23
R. GIRARD, Menzogna romantica e verità romanzesca, p. 56
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