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LISOLA - Quindicinale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno X - n 17 1/15 ottobre 2008

Chi dugnu chi sugnu!

Quindicinale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno X - n 17 - 1/15 ottobre 2008
Ed. Responsabile: Francesco Paolo Catania - Bvd. De Dixmude 40/bte 5 - (B) 1000 Bruxelles - Tel/Fax: 0032 2 2174831 - 0032 475810756

Nel tempo dell'inganno universale dire la verit un atto rivoluzionario. [George Orwell] Orwell]

La Sicilia ed il federalismo fiscale: stupidaggine, autoinganno o malafede?

Adesso abbiamo il delegato alle comunit siciliane nel mondo. Cambiera qualcosa?

alvolta sembra di lottare contro un muro di gomma, quello delle istituzioni siciliane, che sembrano talvolta ricordarsi dei milioni dei Siciliani della diaspora, ma che li ingannano in continuazione. Adesso sembra di nuovo che ci sia un po d'attenzione. Sar una nuova occasione per viaggi di politici, portaborse, famiglie & co. a spese dei siciliani? Vi proponiamo un nostro editoriale dell'ormai lontano 1999, contenente le nostre proposte sull'associazionismo estero e sulla rappresentanza dei siciliani della diaspora. Sfidiamo chiunque a trovare cosa ci sia in esso di non attuale. Niente! Perch niente stato fatto in questi nove anni. Ripartiamo da qui dunque. Noi siciliani espatriati non ci arrenderemo. Mai.

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LO STATUTO TRADITO (9)


Commento storico, giuridico ed economico allo Statuto Speciale letto come Costituzione e patto confederativo tra Sicilia e Italia e disamina della sua inapplicazione. Pagine 6, 7 & 8

a tempo i responsabili de "L'Altra Sicilia", facendosi latori delle esigenze dei Siciliani che vivono e lavorano all'estero e convinti della necessit di un riscatto civile e sociale dell'Isola per poter finalmente abbattere nefasti stereotipi (mafia, usura, corruzione, criminalit ecc.) portano avanti il discorso di un rinnovamento che deve passare innanzitutto dalla rifondazione morale della classe politica siciliana. Infatti, se oggi la nostra Sicilia si trova in condizioni disastrose lo si deve soprattutto a quella classe dirigente, passata e presente, che nulla ha fatto e nulla vuole continuare a fare per la Sicilia e per i Siciliani. Il Siciliano nell'Isola (e soprattutto quello all'estero) vuole riscattarsi da quel senso di colpa che da anni gli viene imposto, riscoprendo la fierezza di appartenere a un popolo di antichissime civilt. Ormai giunto il momento di mettere insieme tutte le migliori energie presenti in emigrazione, insieme ai responsabili regionali, scriviamo responsabili, al fine di preparare una normativa per l'emigrazione che sostituisca le due precedenti, affinch giustizia e rispetto siano resi alla nostra comunit all'estero e per dare all'emigrazione quel nuovo corso, da tempo atteso, facendolo uscire dalla sua forma attuale, mercantilista e partitocratica. I Siciliani non vogliono pi che altri programmino e pensino al loro posto e perci chiedono:

15 Maggio 2009 63 Anniverqsario Statuto Siciliano


Lettera aperta al Ministro - Presidente dello Stato Regionale di Sicilia

On. Raffaele Lombardo


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Soppressione della legge 4 giugno 1950 n 55 e della legge 5 giugno 1984 n 38

LA SICILIA e l'Unit Nazionale senza veli d'ipocrisia


Pagine 10 ,11 & 12

a legge 4 giugno 1950 e la legge 5 giugno 1984 n 38 che regolamentano l'emigrazione siciliana devono essere soppresse.

Non hanno pi senso di esistere, come, di conseguenza i patronati, che sono stati i pi diretti beneficiari di queste leggi. Essi, confermandosi l'emanazione di una vecchia e tanto
(Segue a pagina 5)

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LISOLA - Quindicinale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno X - n 17 1/15 ottobre 2008

La Sicilia ed il federalismo fiscale: stupidaggine, autoinganno o malafede?

ome si sa il federalismo fiscale il tema del momento. E' posto nell'agenda del Governo nazionale per essere approvato al pi presto. Questo almeno il desiderio della Lega che ha fretta di "regalare" al popolo p a d a n o l a gratificazione che il centralismo fiscale far rotta verso la periferia per lasciare in loco

leghista ha sconfessato il lavoro del ministro. Non si direbbe ma proprio cos. I sindaci del Veneto, infatti, non trovano producente l'impostazione data alla riforma dal ministro Calderoli e, tra una minaccia e l'altra, sono, tuttavia, ben 450 ("rete dei 450") che il primo di ottobre, con il treno delle 6.54 partenza da Mestre e destinazione Roma, chiederanno al Presidente Berlusconi di volere l'azzeramento di tutti i trasferimenti fiscali comunali, provinciali e regionali e mantenere solo sul territorio il 20 per cento dell'Irpef prodotta dai Comuni. La domanda : il quadro si pu considerare sgombro da nuvole minacciose? Non pare. Ed ora veniamo alla Sicilia. Qui iniziano i veri mal di pancia. I vecchi eroi dello Statuto siciliano, rivoltandosi nelle tombe, non potrebbero non dire: ma di quale federalismo avrebbe bisogno la Sicilia se gi il nostro Statuto era il pi federale che si pu? Lo Statuto non stato difeso, non stata riattivata l'Alta Corte, non sono stati nominati i rappresentanti siciliani all'interno della stessa, cosa opportuna che avrebbe permesso di mettere in mora lo Stato nazionale per indurlo a nominare i suoi rappresentanti e siamo ancora qui a parlare di federalismo col grosso rischio di andare incontro alla concreta minaccia di rendere nel Senato Federale tutte le Regioni omologhe. Rischio che gi stato corso in occasione del referendum sulla Devolution. Dove finita l'intelligenza, l'orgoglio, il coraggio del popolo siciliano? Si pu vivere sempre di ascari? Dove sta il nostro sano egoismo? Proprio noi, individualisti incalliti, poveri non associazionisti, andiamo ramengo a portare la "sacralit" dello Statuto siciliano in mani altrui per essere difeso? Per favore. Proprio noi che avevamo l'occasione storica di determinare il risultato elettorale nazionale ci siamo lasciati abbindolare da promesse fiduciarie? La Catalogna, che non ha fatto intelligentemente altrettanto, ha tutto il diritto di esprimere doloroso rincrescimento. E noi per non difendere le nostre cose ci ritroviamo a perderci dietro le cose degli altri chiedendo tutela a destra ed a manca. Sembra lecito poter dire: l'art 37 assieme a tanti altri articoli del nostro Statuto il nostro vero federalismo fiscale. Non svegliatevi vecchi eroi dello Statuto, non lo meriteremmo.

quanta pi ricchezza possibile. Il ministro leghista Calderoli, sicuro di non trovare problemi in casa (vedremo dopo), sta cercando consensi a vasto campo facendo un percorso a ritroso partendo addirittura dall'opposizione. Si direbbe troppa ansia di concludere tenuto conto della portata della riforma. Ma cos . Quello che sembra pi opportuno chiedersi, guardando lo scenario con occhio siciliano, non tanto quello di individuare quali sono le reali possibilit che ha il federalismo fiscale di raggiungere il suo obiettivo, cosa che tenteremo lo stesso di fare, quanto quello di capire, nel caso favorevole all'auspicio leghista, quali minacce od opportunit pu rappresentare questo traguardo per la Sicilia. Partiamo dalle probabilit di riuscita dell'operazione leghista. Anche se pu sembrare prematuro lanciarsi in previsioni, tuttavia, i primi contatti non appaiono del tutto positivi, a partire dal generico strumentale consenso di massima avuto dal Pd, dal cui ambito, per, uscita la rivelatrice dichiarazione dell'on.le La Torre (Pd) il quale, con fine intelligenza, ha ricordato che federalismo non pu che significare devolution e quindi Senato delle Regioni. Non pu esistere una cosa senza l'altra. E qui gi, per la Sicilia, ritorna l'antico spauracchio di tutte le Regioni presenti in Senato in condizioni omologhe. Avrebbe, infatti, poco senso il contrario. Poi, al ministro leghista sono arrivati gli avvertimenti della Casa della Libert di evitare gite fuori porta se prima non si riesce a trovare l'accordo all'interno del Pdl. Prima ammonizione. Dopo il ministro leghista ha avuto l'onore di fare parte delle sue ferie assieme al "Governatore della Sicilia" per studiare meglio lo Statuto siciliano, per salvaguardarne la sua "sacralit". Quello che, tuttavia, sorprende e meraviglia di pi che la stessa famiglia

Salvo Marino
(29/8/2008)

" Che follia fare un brindisi alla stampa indipendente. Ognuno, qui presente stasera, sa che la stampa indipendente non esiste, voi sapete meglio di me che la verit non sar mai stampata. Sono pagato per tenere le mie vere opinioni fuori del giornale per il quale lavoro. Altri tra voi sono pagati la stessa somma per un lavoro simile. La funzione del giornalista di distruggere la verit, di mentire radicalmente, di pervertire, d'avvilire (...) di vendere il suo paese e la sua razza per il suo pane quotidiano. Voi lo sapete ed io lo so. Che follia dunque di portare un brindisi alla stampa indipendente ! Noi siamo degli utensili e dei vassalli d'uomini ricchi che comandano dietro il sipario. Noi siamo le marionette: tirano i fili e noi balliamo. I nostri talenti, le nostre possibilit e le nostre vite sono la propriet di questi uomini. Noi siamo delle prostitute intellettuali. "
Dichiarazione di John Swinton, un ex redattore in capo del NewYork-Times", in risposta a un brindisi per la "stampa indipendente".

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Il 12 ottobre 1878 nacque Maria De Felice La prima donna che tenne comizi

Il

4 ottobre 1876 nasce ad Aci S. Antonio, il medico filantropo Antonio Musumeci, morto a Catania nel 1964. Nella casa di cura da lui fondata a Catania, accolse gratuitamente, per due anni, numerosi profughi veneti rifugiatisi a Catania durante la I Guerra Mondiale. La sua opera medica e filantropica stata continuata dal figlio Salvatore Vittorio Musumeci (1919-1999). Il 5 ottobre 1803 nasce a Bronte, l'economista Placido De Luca, morto a Parigi nel 1861. Insegn nelle Universit di Catania e di Napoli, fu deputato al Parlamento nazionale, e scrisse notevoli saggi di Scienza delle Finanze. Il 5 ottobre 1988 muore a Roma il generale dei carabinieri Salvatore Pennisi, nato a Sant'Alfio nel 1913. Valoroso militare, preso prigioniero in Russia nel gennaio 1943, fu restituito all'Italia solo nel febbraio del 1954. Per il suo esemplare comportamento, fu decorato di Medaglia d'Oro al Valor Militare. Il 6 ottobre 1641 muore a Palermo il musicista Erasmo Marotta, nato a Randazzo nel 1576. Colto gesuita, si deve a lui la trasposizione musicale dei drammi pastorali, musicando anche l' Aminta di Torquato Tasso. Il 7 ottobre 1682 muore a Pechino, dopo quarantacinque anni di missione in Cina, il gesuita Ludovico Buglio, nato a Mineo nel 1606. Tradusse in cinese le opere di San Tommaso, e riform il calendario civile, per cui l'imperatore della Cina lo nomin mandarino (cio, prefetto); e i suoi funerali furono fatti a spese dello Stato. Il 10 ottobre 1799 il re borbonico Ferdinando III di Sicilia dona all'ammiraglio inglese Orazio Nelson la ducea di Bronte, per ringraziarlo dell'aiuto datogli nella riconquista del regno di Napoli. Nelson per non vi venne mai, e la lasci ai suoi eredi Bridport, che vi abitarono fino al 1981, quando la vendettero al Comune di Bronte. Il 10 ottobre 1890 nasce ad Aidone (Enna) lo scrittore Ottavio

Profeta, morto a Mascalucia nel 1963. Scrisse il romanzo Odia il prossimo tuo, e il saggio letterario Sicilia favola vera.

L'11 ottobre 1924 nasce a Giarre lo storico Rosario Romeo, morto a Roma nel 1987. Insegn Storia moderna nelle Universit di Messina e di Roma; scrisse notevoli opere quali Il Risorgimento in Sicilia e i tre volumi su Cavour; e fu anche eurodeputato per il Partito Repubblicano Italiano. Il 12 ottobre 1878 nasce a Catania Maria De Felice, figlia dell'on. Giuseppe De Felice, morta a Roma nel 1943. Fu la prima donna catanese a tenere pubblici comizi, sostenendo le idee socialiste del padre. Spos l'avv. Michelangelo Caruso, e suo figlio Antonio fu eletto senatore comunista nel 1958 e nel 1963. Il 12 ottobre 1887 nasce a Caltagirone il marchese Giacomo Paulucci de' Clboli, morto a Roma nel 1961. Fu capo di Gabinetto di Benito Mussolini; e ambasciatore d'Italia alla Societ delle Nazioni, e poi a Bruxelles e a Madrid. Il 13 ottobre 1612 nasce ad Acireale, il pittore Giacinto Platania, ivi morto nel 1691. suo il celebre affresco della Sagrestia della Cattedrale di Catania, che rappresenta l'eruzione etnea del 1669, che coperse buona parte di Catania. Il 14 ottobre 1610 nasce a Patern il geografo G.B. Nicolosi, morto a Roma nel 1670. Viaggi a lungo in Europa; fu geografo vaticano, e nel 1654 esegu la cartografia ufficiale del Regno di Napoli e dello Stato Pontificio. Il 14 ottobre 1771 nasce a Caltagirone il barone Michele Giarand di Friddani, morto a Parigi nel 1855. Avendo partecipato ai moti antiborbonici siciliani del 1820, fu condannato all'esilio. Si stabil a Parigi, e nella sua dimora parigina ebbero asilo altri esuli siciliani, tra cui l'insigne storico Michele Amari. Santi Correnti

La Sicilia ha bisogno di uomini forti di quella sicilianit a tal punto da stravolgere le regole del gioco, a tal punto da essere disposti a rinunciare o rinnegare i vecchi legami politici ma soprattutto abbandonare quelle logiche del potere politico siciliano, ancora attuali, che certamente hanno contribuito e contribuiscono al mantenimento delle cose. La Sicilia ha bisogno di siciliani forti che siano in grado di andare contro la loro stessa natura di siciliani, affinch possiamo riscrivere la storia Bisogna che tutto cambi perch tutto deve essere cambiato, per il bene di tutti noi.

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Lettera aperta al Ministro - Presidente dello Stato Regionale di Sicilia

On. Raffaele Lombardo


Egregio Presidente, Oggetto: 15 maggio 2009 - Festa dellAutonomia
Come Ella sa, il 15 maggio del 2009 ricorre il 63 anniversario della conquista dellAutonomia speciale da parte del Popolo Siciliano, parte integrante, anche se ancora per la massima parte inattuata, della Costituzione della Repubblica Italiana, quale reale patto confederativo, e traguardo importantissimo, per il suo alto valore morale, nel secolare anelito del Popolo Siciliano al suo autogoverno. La nostra Associazione ha sempre operato per la valorizzazione di questa ricorrenza, un tempo solennit civile semifestiva ed oggi purtroppo assai spesso dimenticata o celebrata nel chiuso di teatri e quindi senza quella adeguata partecipazione popolare che essa merita. La stessa Associazione ha gi dato vita a due Feste dellAutonomia, rispettivamente nel 2005 a Mazara del Vallo e nel 2006 a Bruxelles tra la numerosa comunit di Siciliani ivi presente. Avendo questanno lanciato analoga iniziativa presso diversi comuni dellIsola ed avendo raccolto gi svariate disponibilit di massima, La informiamo intanto con la presente che la ricorrenza sar onorata questanno da un rinnovato interesse nei confronti della Sicilia e delle sue istituzioni da parte di molte amministrazioni locali, le quali chiederanno certamente il patrocinio dellente che pi di tutti ha titolo ricordare quello storico evento, la Regione Siciliana appunto (rectius, a nostro avviso, Stato Regionale di Sicilia). Oltre allalto valore civico che queste iniziative rappresenterebbero, esse potrebbero essere occasione per far conoscere ancora, in Sicilia, in Italia e allestero quanto sia vitale lattaccamento alla propria identit del Popolo Siciliano nonch il suo orgoglio e la sua ritrovata voglia di riscatto nei confronti di oppressioni antiche e nuove. Con la presente intendiamo acquisire una disponibilit di massima, e quindi non intanto vincolante per lamministrazione, a patrocinare tali iniziative ed a farsi portatrice di altre analoghe, di concerto con i dicasteri regionali competenti in materia di enti locali, cultura ed emigrazione. Lidea di massima sempre la medesima, e cio quella di organizzare, in spazi adeguati, una due giorni in cui realizzare spazi espositivi su prodotti siciliani tipici, tavole rotonde, spettacoli e intrattenimenti, anche in lingua siciliana, e con la partecipazione di personaggi siciliani di rilevante notoriet. La diffusione delliniziativa farebbe fiorire in tutta la Sicilia una sorta di grande festival, occasione per attirare arrivi e attenzione, con possibili ritorni, dimmagine ed economici, degni della massima attenzione. Qualora il Governo regionale fosse interessato la nostra Associazione si impegna a sottoporre alla stessa un serie di progetti esecutivi dettagliati da sottoporre allapprovazione degli organi competenti. Nella redazione di questi progetti lAssociazione, se richiesto dallamministrazione, potr avvalersi di rappresentanti della stessa in un istituendo tavolo tecnico per lorganizzazione degli eventi. Si resta, in ogni caso, in attesa di cortese riscontro. Bruxelles, 7 settembre 2008

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Adesso abbiamo il delegato alle comunit siciliane nel mondo. Cambiera qualcosa?

nefasta partitocrazia, hanno dimostrato di non servire a nulla specialmente quando hanno amministrato denari pubblici senza alcun controllo. I risultati disastrosi sono sotto gli occhi di tutti! Presentino piuttosto progetti all'estero per servizi, sotto lo stretto controllo dei Com.it.es. ad esempio, e solo allora potranno richiedere i finanziamenti. Ai legislatori ricordiamo che il primo vero scandalo stata, da sempre, la passivit da essi dimostrata nei controlli e la poca volont di esercitare tali controlli, pur avendo ricevuto dalcittadino il mandato di farlo. In tutti i paesi Europei e del mondo, dove l'emigrazione siciliana molto importante, i patronati hanno dimostrato che non servono anulla: il loro fallimento qundi totale. Quel lavoro di assistenza e consulenza, che deve essere fatto dai consolati, ai quali queste "piovre" si sono sovrapposte, dovr ritornare ad essere competenza consolare, perch ai nostri connazionali all'estero servono sportelli di consulenza, antenne delle camere di commercio, informazioni sui corsi universitari, potenziali agevolazioni agli investimenti,notizie sui concorsi pubblici, sul mercato privato, ecc, per potersi adeguare ai bisogni ed alle esigenze della societ contemporanea. Aboliamo gli enti inutili, semplifichiamo le procedureburocratiche, evitando cos quella commistione che, alla fine si crea tra politica e burocrazia e degenera in malcostume e prevaricazione. (vedi l'esempio dei numerosi funzionari inquisiti, che tuttavia, rimangono impuniti ed inamovibili proprio perch vivono della complicit dei politici). Gli enti, soprattutto quelli che hanno sede in Sicilia, devono essere monitorati dalla stessa magistratura perch non ha senso destinare all'emigrazione centinaia di milioni che si sa non arriveranno mai e che, se anche arrivassero, servirebbero solo agli scopi turistici ed alle abbuffate all'estero dei politici di turno senza che la comunit emigrata ne riceva poi nulla, se non l'illusione di incontrare qualcuno che promette di occuparsi di loro (ma per fare che cosa ?). Secondo L'ALTRA SICILIA, all'estero ci vuole il sostegno diretto (sotto controllo Comites - almeno questi consigli degli italiani all'estero potranno servire finalmente a qualcosa) a tutte le iniziative utili portate avanti da associazioni, cooperative o aziende, ecc. che effettivamente esplicano un servizio reale ed aggregante per i nostri residenti all'estero; servizi rivolti allo sviluppo reale e non fittizio ed alla crescita della nostra laboriosa ed attiva comunit siciliana. La nostra posizione chiara: nessun privilegio ai patronati esistenti, soprattutto se presenti in Sicilia - questo l'aspetto pi vergognoso e negativo. Un monopolio assolutamente ingiustificatoperch obbliga le associazioni a subire progetti e programmi falsi fatti in Sicilia da gente senza scrupoli che fin ora ha solo, nella migliore delle ipotesi, sprecato miliardi pubblici. B) Soppressione degli uffici provinciali che dovrebbero tutelare, studiare e coadiuvare l'emigrazione. ggi a cosa servono? A nulla. Quale utilit ne trae poi il cittadino emigrato? Nessuna. L'unica loro finalit sembra essere lo scopo turistico. Abbiamo assistito, e continuiamo ad assistere, alla visita ufficiale di intere, numerose, delegazioni provinciali spesso in forma clandestina che, una volta all'estero, non avendo avvisato nessuno (e chi avrebbero dovuto informare se non sono in contatto con nessuno?) si sono trovate sole, e smarrite di fronte ad una realt che non

conoscono e si ostinano a disconoscere. Pensavano forse questi signori che solamente il fatto di arrivare loro avrebbe suscitato l'interesse dei concittadini emigrati? Ed anche se cos fosse stato, dove sono le associazioni, i corrispondenti, i membri di tutti questi enti e associazioni che vengono finanziati senza controllo e a fondo perduto? I Siciliani all'estero non ignorano l'andirivieni dei "valletti" del potere che non conoscono le realt siciliane nel mondo, che sperperano denari che altrimenti verrebbero destinati a scopi pi seri di un viaggio gita-premio con famiglia e/o amica, in considerazione soprattutto della disoccupazione, della difficolt di inserimento, dei problemi quotidiani che conosce la nostra gente emigrata. Pensavano che l'emigrato siciliano fosse rimasto chiuso nel suo guscio e non conoscesse le tematiche del mondo moderno? Gran parte degli italiani all'estero, e soprattutto i loro figli, ha studiato, conosce e parla diverse lingue, (a dispetto di quanto si voluto dimostrare, ad esempio con l'elezione della miss Italia nel mondo, dove si scelto di presentare - a bella posta - ragazze di IIIa generazione che con la lingua italiana non avevano alcuna dimestichezza) anche se si ostina in un dialetto che dovrebbe unire e che invece li isola, li fa sentire parte di un tutt'uno organico che voi, invece, vi affannate a separare. Non credono sia giunto il momento di mettere al bando gli sciacalli dell'emigrazione, gente che ha fatto la propria fortuna cavalcando e stravolgendo i temi di questa emigrazione? Non credono che se la Magistratura (o la Corte dei Conti) volesse finalmente curiosare in questo comparto, potrebbe trovare - a pi di uno - una sistemazione immediata, e forse definitiva? Non ce la sentiamo pi di sopportare, per colpa vostra, di venire continuamente additati come gente poco affidabile e pronta ad ogni compromesso e dover poi continuare a difendere anche i responsabilidi quegli enti che voi finanziate in maniera troppo superficiale. Ci chiediamo: mai possibile che il legislatore non riesca a fare un bilancio del disastro compiuto da questi enti o da questi servizi provinciali di cui gli stessi emigrati disconoscono l'esistenza? C) Soppressione della consulta regionale per l'emigrazione e voto dei siciliani all'estero.

on ci sarebbe neanche bisogno di scriverlo perch tutti sanno che la Consulta regionale si dimostrata soltanto una farsa che servita soltanto a responsabili & co. a scopo turisticogastonomico. La consulta regionale dell'emigrazione: una vera buffonata, che non necessita di alcun commento, anche se ci sembra importante affermare che necessario, oggi pi che mai, aggiungere al numero dei deputati dell'ARS, almeno altri 6 deputati eletti dalle circoscrizioni estere, dimostrando cos di voler cogliere l'occasione di cambiare lo statuto dell'ARS, proprio mentre Camera dei deputati e Senato della Repubblica votano la legge costituzionale sul voto all'estero. Se poi i responsabili del governo regionale non arrivassero a questo grado di maturit, allora non avrebbero pi alcun titolo per affermare di essere i maggiori responsabili di una Regione a Statuto Speciale, proprio perch altre Regioni hanno dimostrato di aver saputo utilizzare al meglio il loro semplice statuto ordinario. Francesco Paolo Catania

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LO STATUTO TRADITO
Commento storico, giuridico ed economico allo Statuto Speciale letto come Costituzione e patto confederativo tra Sicilia e Italia e disamina della sua inapplicazione.
i dice che le premesse siano storicamente fatte per essere saltate. Lo spirito di fondo : prima conosciamo e applichiamo, poi, se sar il caso, Per evitare che anche questa faccia la stessa fine, essa sar limitata emendiamo, ma sempre in senso evolutivo. allessenziale, a quanto serve, cio, per una migliore e completa Il quadro che ne risulta quello di unAutonomia eccezionale, riconosciuta, forse anche subta, dallo Stato italiano, ma non mai da questo istituita; fruizione del testo. Il saggio nasce dallinsoddisfazione per una pubblicistica sullo Statuto unAutonomia eccezionale frutto di una negoziazione bilaterale tra due siciliano troppo approssimativa, ora retorica, ora riduttiva, ora addirittura Popoli originariamente sovrani che istituiscono tra di loro un patto volgarmente denigratoria, mai pienamente consapevole dellenorme portata confederale. Sul tema si torner appresso ma, se non si puntualizza questo sulla soglia, si rischia di fraintendere tutto ci che di questo documento. segue. La Sicilia, questo il senso profondo dello scritto, La Sicilia, questo il senso Il testo di legge riportato in corsivo, mentre i se vuole, se nessuno glielo impedisce con la forza dallesterno o dallinterno, ha in s gli strumenti profondo dello scritto, se vuole, se nostri commenti inframmezzati allo stesso sono istituzionali per risolvere ogni proprio problema. nessuno glielo impedisce con la riportati in carattere normale. La lettura pu fosse interessato alla Certo le istituzioni sono soltanto una cornice; il forza dallesterno o dallinterno, ha anche essere ricorsiva: chidello Statuto, quella parte pi rivoluzionaria dipinto poi pu esservi tracciato allinterno secondo in s gli strumenti istituzionali per relativa al federalismo fiscale, altrove evocato, le pi diverse ispirazioni. Il senso dello scritto non quello della risolvere ogni proprio problema. qui gi realt, purtroppo non del tutto operante, ricostruzione storica degli eventi che portarono salti pure ad esempio agli artt. 36 et ss., allelaborazione del testo attualmente vigente. Lo scritto non quindi magari dando una scorsa preventiva allart. 20. orientato al passato, alla mera conservazione, ma rilegge il passato in Se qualche errore, formale o sostanziale, fosse fatto, se ne chiede scusa unottica chiaramente programmatoria perci orientata, al contrario, proprio preventivamente al lettore che speriamo benevolo nei nostri confronti, con al futuro, e con buona pace di chi come il nostro grande Sciascia lauspicio che, in ogni caso, a fine lettura questi si senta civicamente e culturalmente un po pi ricco di prima. Se cos sar la fatica dellautore vorrebbe assente questo tempo dal nostro orizzonte mentale. E tuttavia il commento non pu che prendere le mosse dal testo storico del non sar stata del tutto vana. 1946, perch pi organico, perch pi fedele allo spirito originario dello Massimo Costa Statuto, perch il suo impianto ancora praticamente intatto nonostante alcuni piccoli emendamenti, non tutti e del tutto opportuni. Si render conto in ogni caso delle parti emendate e della differenza, formale e sostanziale, tra il testo originario e quello attualmente vigente.

ART. 34
I beni immobili che si trovano nella Regione e che non sono in propriet di alcuno, spettano al patrimonio della Regione.

Quest'articolo solo la chiusura dei precedenti, modificando a favore della Regione analoga previsione a favore dello Stato di cui all'art. 827 del c.c. E' ovvio che se la Regione all'interno "sovrana" nel suo territorio, gli immobili vacanti debbano tornare alla sua disponibilit e non a quella italiana. Per inciso si nota come questa norma implichi una "sovranit originaria" e non "concessa" ma tutt'al pi "riconosciuta" dallo Stato italiano. La Sicilia siciliana perch lo sempre stata. Gli immobili che non sono di propriet di alcuno diventano di propriet pubblica, dello

stato, ma qui lo stato, la nostra "polis" non la Repubblica Italiana, ma la Regione Siciliana. La Repubblica quindi solo uno "stato confederante" che legifera su alcuni grandi temi, che su altri si limita a dettare principi, che riconosce cittadinanza ai Siciliani e libert di ogni tipo di transazione tra isola e continente, che protegge e rappresenta la Sicilia nel mondo, ma che per il resto non entra nel "diritto interno" siciliano. Certo, non la panacea questo modello. Una volta applicato come se la Sicilia fosse un "protettorato italiano". E perch mai allora non lanciarsi ancor di pi in mare aperto? Ma certo non la "Regione a statuto speciale" che ci hanno insegnato!

ART. 35
Gli impegni gi assunti dallo Stato verso gli enti regionali sono mantenuti con adeguamento al valore della moneta, all'epoca del pagamento.

Quest'articolo appare desueto. Quali impegni, gi assunti nel 15 maggio 1946, saranno ancora da pagare nel 2007? L'unica portata implicita che la norma voleva essere transitoria. Quindi gli enti regionali (cio gli enti pubblici aventi sede in Sicilia, comprese Universit, Porti, Camere di Commercio) non dovrebbero in futuro pretendere pi nulla dallo Stato italiano, almeno per il loro funzionamento, essendo sempre possibili trasferimenti per politiche specifiche. Un bello schiaffo a quelli che dicono che la nostra autonomia

irresponsabile e "mangiona". Vogliamo dal continente ma non diamo! In verit, Statuto alla mano, NON VOGLIAMO QUASI PIU' NIENTE E NON DIAMO QUASI PIU' NIENTE. Il punto oggi : ce la possiamo fare dopo questo sfascio sessantennale? Ma il punto anche: a cosa ha portato la politica dei "trasferimenti" se non all'arresto di qualunque iniziativa propria? Se si gestisse una graduale transizione verso una finanza autonoma non ci sarebbe pi da rimpiangere alcuna elemosina. Le elemosine creano i propri mendicanti!

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LISOLA - Quindicinale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno X - n 17 1/15 ottobre 2008

ART. 36
Al fabbisogno finanziario della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione e a mezzo di tributi, deliberati dalla medesima. Sono per riservate allo Stato le imposte di produzione e le entrate dei tabacchi e del lotto. Questo articolo, senza enfasi, il pi importante dell'intero statuto, e infatti non funziona. Tutti i cittadini siciliani dovrebbero conoscerlo sin dalla scuola primaria. Cerchiamo di capirlo sino in fondo. Non c' scritto che la Regione vive di trasferimenti dello Stato, n di entrate erariali disposte dallo Stato, n di tributi che lo Stato istituisce e poi le lascia manovrare "quasi" fossero tributi propri, come le addizionali. Nessuna entrata, tranne le poche di cui si dir in articoli successivi, viene da Roma per effetto della Costituzione ma solo per effetto degli abusi costituzionali che si sono avuti nel tempo. Gridiamolo in faccia a quelli che dicono che l'Autonomia Siciliana fatta di privilegi e di sprechi! Per quelli cercate in Trentino Alto Adige o in Val d'Aosta... La Regione si alimenta innanzitutto di entrate patrimoniali. Cosa sono? Sono tutte le entrate extratributarie che derivano dalla gestione del patrimonio. Si visto che in Sicilia praticamente tutto il patrimonio dello Stato, anche quello indisponibile, e persino il demanio che patrimonio non , passa sotto il controllo della Regione. Ne consegue che tutti i benefici di natura patrimoniale, dalle royalties per l'estrazione di minerali e fonti d'energia, alle concessioni per l'utilizzo del suolo pubblico, ai fitti per immobili di propriet pubblica e dati in locazione, ai dividendi per imprese a partecipazione regionale, costituiscono una prima voce d'entrata del bilancio regionale. Questa previsione, per, non era necessario avesse rango costituzionale, e ci per due motivi. In primo luogo perch qualunque ente pubblico, anche minore, anche non territoriale, pu avere entrate patrimoniali, cio entrate assimilabili a quelle di un privato cittadino, senza che ci necessiti di una tutela di rango costituzionale. In secondo luogo perch in uno stato moderno le entrate patrimoniali, o di diritto privato, rappresentano un canale di finanziamento affatto secondario rispetto a quelle tributarie, o di diritto pubblico, a meno di non trovarsi a vivere su rendite tanto elevate (tipo gli Emirati Arabi o il Brunei) da non avere pi bisogno di alcuna pressione tributaria. La norma in parola, quindi, inserita solo per "non escludere" le entrate patrimoniali in un articolo che, avendo natura sistematica, vuole prevedere TUTTI E SOLI i tipi di entrata della Regione, salvo norme speciali, quale quella del successivo art. 38, che dispongano altrimenti. Le entrate per trasferimento statale o per trasferimento del gettito di imposte e tasse erariali (cio dello Stato) o per addizionali e imposte istituite dallo Stato, quindi, o non esistono o, visto che non sono n elencate n vietate dall'art. 36 che si premura di citare "persino" le entrate patrimoniali, devono essere del tutto marginali ed eccezionali. Perch si volle questo? Perch le tre forme di finanziamento che abbiamo sopra elencato (trasferimenti, imposte erariali, imposte "locali" disposte dal centro) creano dipendenza (economica, politica e psicologica) in chi le percepisce. Non solo: la logica che accomuna queste tre forme di finanziamento "incostituzionali" che di fatto hanno regolato e regolano la vita della Regione (e degli enti che da quella dipendono) trasformando la Regione in un mero "ente di erogazione" non hanno responsabilizzato la classe dirigente sulle politiche di sviluppo. In

altre parole il "politico" non ha molto interesse ad ampliare la base produttiva o a razionalizzare la spesa, poich non pu manovrare l'entrata ma ha solo da ripartire una spesa: fatale che la utilizzi per spartirla in modo clientelare. Che ci che a Roma tutti vogliono perch, cos facendo: - fallisce l'istituto autonomistico; - l'economia siciliana resta subalterna e dipendente da quella della Penisola; - la rappresentanza politica dell'isola resta "incatenata" agli ascari che erogano i finanziamenti suddetti senza reale possibilit di alternativa o di ricambio. Chi ha voluto NON APPLICARE l'Art. 36 sapeva benissimo ci che stava facendo, perch dall'applicazione di questo articolo nasce quell'indipendenza economica che pu far rimettere in discussione i rapporti strutturali di colonialismo che oggi incatenano la Sicilia. Ma veniamo alla seconda parte del primo comma, la pi importante: " ...a mezzo di tributi, deliberati dalla medesima". Che sono questi tributi? Semplicemente prelievi istituiti con legge regionale COME SE la Sicilia fosse un ente sovrano. In altre parole, in materia tributaria la Sicilia (diciamolo alla UE) E' UNO STATO SOVRANO, ha la soggettualit tributaria attiva, la potest tributaria, non derivata o concessa dallo Stato, bens originaria. Nel proprio territorio e sulla propria popolazione, al pari di qualunque stato sovrano, pu decidere se e quali tributi istituire, come accertarli, etc. Certo, nell'istituirli non pu disapplicare i principi costituzionali della Repubblica Italiana, n le Direttive e i Regolamenti Comunitari, ma questi obblighi, per l'ARS, sono cogenti n pi n meno di quanto non lo siano per il Parlamento Italiano. Le politiche tributarie della Regione Siciliana, in quanto costituzionali e sovrane, non sono quindi "aiuti di stato", come vuole l'esecutivo fazioso di Bruxelles, spalleggiato silenziosamente ed ipocritamente dagli esecutivi di Roma, ma sono politiche tributarie di uno stato autonomo, n pi n meno legittime di quelle dell'Irlanda o di Malta! Con i tributi propri la Regione deve alimentarsi, non con i tributi erariali riscossi in Sicilia! Questa differenza rispetto alla condizione odierna abissale. La Regione deve programmare le proprie spese, i propri servizi ai cittadini, i propri organici, i propri programmi di sviluppo sulle "proprie risorse" e sul sacrificio che la societ e l'economia siciliana sono disposte a sopportare. Solo cos si potr creare vero sviluppo e non assistenzialismo. A questo punto sorge un problema: ma i tributi erariali, visto che lo stato, nelle sue leggi, non dispone la "non applicazione" al territorio siciliano, si applicano o no? Il secondo comma dell'articolo in tal senso chiaro: solo le entrate da giochi e scommesse (interpretazione analogica estensiva rispetto al solo "lotto" previsto), i tabacchi e le imposte di produzione, sono a beneficio dello Stato. Queste imposte sono il vero tributo, e l'unico tributo, che i Siciliani devono pagare per i servizi che lo Stato italiano le rende (e che servizi!): fuori dal territorio la rappresentanza diplomatica e consolare

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e la difesa, dentro il territorio alcuni servizi, sebbene amministrativamente delegati alla Regione ma pur sempre di competenza statale, quali l'ordine pubblico e la giustizia, e poco altro. Fuori da queste entrate gli altri tributi erariali, e con essi il grosso dell'attuale finanza pubblica, sono completamente illegittimi e incostituzionali: l'Irpef, l'Ires, l'Iva, tanto per limitarci ai maggiori tributi, ma anche il Canone Rai, SONO FURTI ai danni dei Siciliani, in quanto non previsti dall'Art.36! Ma... ma la solita Corte costituzionale (che non ha competenze in Sicilia) dice che i tributi erariali si applicano dappertutto se cos delibera il Parlamento nazionale. Alla faccia del nostro art. 36! E i "tributi propri"? S, vero, potremmo istituirli, ma solo "aggiuntivi"...cio economicamente non sopportabili, giuridicamente mostruosi in quanto configurerebbero una doppia imposizione e comunque invisi, tanto che ogni volta che la Sicilia ha ingenuamente provato a istituirli stata bacchettata di brutto, a Roma e a Bruxelles, nell'ignoranza e nell'acquiescenza generale da parte del Popolo Siciliano. La Sicilia dovrebbe decidere che tipo di tributi istituire, da quelli importantissimi (sul reddito, sui patrimoni) fino alle pi minute tasse e contributi (universitarie, concessioni governative, bollo) e non un centesimo di queste dovrebbe varcare lo stretto. Alcune imposte, come l'IVA, non sarebbero completamente libere nella legislazione perch dovremmo tenere conto della legislazione comunitaria, ma nessuno ci imporrebbe di tenere il vessatorio 20 %, istituito per il dissesto delle finanze italiane, mentre le transazioni tra Sicilia e resto d'Italia si assimilerebbero a quelle che oggi sono le compravendite "intracomunitarie" (cio tra paesi appartenenti all'Unione, tassate unicamente nel paese di destinazione, dove si compie il consumo, e non in quello di partenza, come avviene oggi per le merci italiane, tantissime, "esportate" in Sicilia). C' da dire, purtroppo, che la riserva allo Stato delle imposte di produzione non ci aiuterebbe con il costo sproporzionato delle accise

sugli idrocarburi. Statuto alla mano, le imposte sulla benzina resterebbero allo Stato. Dato, per, che i servizi statali residuali resi alla Sicilia costano molto, ma molto, di meno del "maltolto" sugli idrocarburi, un Governo regionale responsabile potrebbe negoziare con Roma non l'eliminazione di queste accise (l'Italia cadrebbe nel baratro e non ce lo concederebbero mai, tanto pi che su queste non abbiamo neanche tutela statutaria) ma una loro sensibile riduzione e compartecipazione della Regione e degli enti locali interessati. Quali i benefici dell'applicazione dell'Art. 36? Incalcolabili! La fiscalit di vantaggio attirerebbe investimenti da ogni parte del mondo e farebbe ritornare i nostri emigrati. Le tassazioni di favore per redditi che in Sicilia ad oggi non esistono o quasi (come i redditi di capitale) attirerebbero capitali ed investimenti praticamente senza nessun costo per l'erario. La responsabilizzazione della classe politica sulle entrate si trasferirebbe prima o poi anche sulle spese che verrebbero razionalizzate. La sensibilizzazione dei cittadini nei confronti del nuovo soggetto impositore (regionale) creerebbero nuove aspettative nei confronti di un amministratore che oggi invece si "nasconde" dietro il paravento delle politiche finanziarie nazionali. L'unico problema potrebbe essere quello della "sostenibilit" di questa devoluzione nel breve periodo (nel medio e lungo non c' dubbio che l'ampliamento della base produttiva risolverebbe alla radice ogni problema). Il punto che le "spese" dell'ente pubblico in Sicilia oggi sono fuori controllo. Una razionalizzazione e dimagrimento degli organici, anche graduale, insostenibile in regime di finanza derivata, sarebbe soltanto salutare in regime di finanza autonoma, perch trasformerebbe la Sicilia da terra di pensionati e mantenuti a terra di lavoratori ed imprenditori. Ma c' qualcuno a cui questo non piace. E poi, al di l delle spese, le entrate sono solo in parte di natura fiscale. Uno stato sovrano ha anche entrate dall'emissione di moneta e dall'indebitamento (ideale per gli sfasamenti temporanei tra flussi in entrata e in uscita). Ma a questi canali sono dedicati altri articoli del

ART. 37
Per le imprese industriali e commerciali, che hanno la sede centrale fuori del territorio della Regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti, nell'accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi. L'imposta, relativa a detta quota, compete alla Regione ed riscossa dagli organi di riscossione della medesima. L'articolo in questione il necessario complemento del precedente. La recente riforma del Titolo V ha introdotto, a nostro avviso impropriamente, il termine "tributi propri" con riferimento anche ad ogni altra regione, anzi addirittura potenzialmente ad ogni ente locale. Ma che sia un istituto completamente diverso da quello pensato per la Sicilia lo si capisce proprio da questo successivo articolo. Gi al precedente i "tributi propri" non erano quelli concessi dalla legislazione dello stato bens originari in quanto istituiti liberamente dalla Regione ("...deliberati dalla medesima") e quindi viene persino il dubbio che il termine usato "tributi propri" per indicare tributi che in realt sono solo delegati dallo Stato alla legislazione regionale o alla deliberazione locale sia stato fatto, chiss, con un occhio appositamente al nostro Statuto per depotenziarne il significato. Ma in realt tra Sicilia e "resto d'Italia" lo Statuto delinea due veri e propri sistemi tributari quasi completamente indipendenti (tranne, cio, le poche riserve e compensazioni previste espressamente dal diritto costituzionale)l'uno dall'altro. In ogni stato sovrano, infatti, i redditi sono imposti (come nell'Irpef) a

carico dei residenti, ovunque prodotti, e dei non residenti, per i redditi prodotti nel territorio. Per i redditi prodotti all'estero dai residenti, poi, la norma generale serve ad evitare gli occultamenti di redditi ma in realt temperata dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. In pratica, se lo stato estero non un paradiso fiscale o uno "stato canaglia" con il quale non si hanno relazioni di alcun tipo, la tassazione all'estero esenta dalla tassazione nel territorio o consente (come per i dividendi percepiti e tassati all'estero) crediti d'imposta compensativi. Principio generale delle imposizioni sui redditi , nella finanza contemporanea, che i redditi siano tassati nel territorio in cui sono prodotti e non in quello in cui risiede il soggetto passivo. Questo sempre che non ci siano compensazione, cio che i due stati siano tributariamente indipendenti l'uno dall'altro. Ed per questo motivo che l'art. 37 prevede che per i "rami aziendali" (all'antica definiti "stabilimenti e impianti") debbano calcolare la quota di reddito prodotta (come per gli analoghi rami di imprese che hanno la loro sede "fuori" dall'Italia) e la assoggettino del tutto alle norme del diritto tributario siciliano sovrano; sovrano,

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perch il secondo comma lascia intendere che la Regione non solo determina liberamente sull'imposizione dei redditi, ma anche sugli accertamenti e le riscossioni, e la fa CON PROPRI ORGANI! Non, come oggi, convenzionandosi con l'agenzia delle entrate dello Stato. L'agenzia delle entrate in Sicilia dovrebbe essere tutta regionale, con delega di funzioni statali per i pochi tributi residuali dello Stato, altro che statale! E regionale dovrebbe essere la "cassa", non devoluta dall'erario alla Regione! Controllare direttamente i propri flussi tributari la vera sovranit. Quella non concessa bens originaria. L'articolo ha anche alcune norme implicite: - la pi importante imposizione, quella dei redditi, regionale ed quindi illegittima ogni legislazione o prelievo da parte dello Stato sui redditi prodotti in Sicilia; - all'infuori delle imposte erariali il "sistema" estensibile per analogia ad ogni altro tributo, perch il principio "tassare dove si realizza il presupposto della tassazione e non dove risiede il contribuente"; - le imprese che si trovano in Sicilia, anche "rami" di quelle nazionali, devono tenere contabilit analitiche obbligatorie per separare le quote di reddito imputabili al "ramo" aziendale e distinguerle da quelle prodotte fuori dal territorio, magari secondo norme stabilite dal legislatore regionale o con rinvio agli organismi contabili professionali siciliani che avrebbero in materia un bel lavoro da fare; - le imprese che hanno sede in Sicilia ma rami fuori della Sicilia (nel territorio italiano) devono vedere tassato il reddito prodotto in "Italia" secondo il diritto italiano e affluire all'erario italiano (perch la tutela non si trasformi in assurdo privilegio per la Sicilia). La norma quanto mai lungimirante perch si avvede dei pericoli, per la finanza regionale e locale, insita in politiche di ristrutturazione e concentrazione, pilotate da Roma, che spostino le sedi delle imprese dalla Sicilia e dal Continente. E, guardando ci che in questi decenni avvenuto in molti settori, dalle reti dei supermercati alle banche, diremmo che stato un orientamento quasi profetico. Oltretutto la differenziazione tributaria e le agevolazioni per le imprese siciliane, oltre alle difficolt insite nelle contabilit analitiche, avrebbero consigliato a molte imprese italiane di mantenere una controllata autonoma in Sicilia, come in un paese straniero, mantenendo nell'isola centri decisionali, anche di second'ordine, e redditi, laddove oggi tutto il management siciliano viene ogni giorno falcidiato dalle politiche centraliste italiane. Come applicare ad altre imposte il principio generale? Il problema non si pone sostanzialmente per le imposte e tasse minori, ma soprattutto per l'IVA. La soluzione pi ragionevole quella delle transazioni "intracomunitarie" tra Sicilia e Italia, che rispetterebbe lo spirito dello Statuto, non sarebbe di difficile applicazione e non violerebbe le norme del diritto comunitario. Quali i vantaggi di questo articolo? Che i Siciliani la finirebbero di foraggiare l'Italia affinch la sfrutti meglio, come avvenuto sinora. Chi dice che la Sicilia vive di risorse prodotte altrove letteralmente non sa quel che dice. Attraverso la mancata applicazione dell'art. 37 la Sicilia da pi di 60 anni, povera com', si svena letteralmente per alimentare l'Italia e i suoi sprechi. Se non colonialismo questo... E la cosa grave che per 58 anni l'articolo non ha avuto norme attuative e addirittura anche in parte la devoluzione di redditi totalmente prodotti in Sicilia con soggetti passivi era negata. E' solo degli anni '80 la devoluzione alla Regione dell'Irpef prodotta con gli stipendi dei dipendenti statali, fino ad allora girati all'erario anche se i contribuenti risiedevano in Sicilia. Per i tributi, crescenti, dovuti da imprese non siciliane per redditi prodotti in Sicilia (valga solo l'Enichem per valutare l'entit macroscopica del nostro credito) chiss quanto si dovr ancora aspettare... Infatti da tre anni abbiamo le norme attuative dell'art. 37 ma lo Stato non le applica perch... "nun ci ha i sordi, aho..."; insomma continua a non darci il reddito che NOI PRODUCIAMO e questo per un semplice abuso avallato da tutta la classe politica siciliana che dovrebbe, solo per questo, portare in piazza ogni giorno i siciliani derubati da pi di mezzo secolo di quanto loro dovuto. ( 9 Continua )
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La Sicilia e l'Unit Nazionale senza veli d'ipocrisia


da " REALTA' SICILIANA" di Giuseppe Garretto (ed. 1967)
on sappiamo se la stessa decorazione ebbe il tenente Dupuy, savoiardo, per una brillante ed eroica operazione eseguita nel territorio delle Petralie. Questo ufficiale dice ancora Colaianni si present, di notte, con gli uomini della sua colonna, in una casina, i cui abitatori, temendo dei briganti, non vollero aprire. Allora il prode militare la circond di fascine, vi appicc fuoco e fece morire soffocati i disgraziati che legittimamente resistettero ai suoi ordini . Il deputato D'Ondes Reggio, presentando la proposta di inchiesta parlamentare su quanto avveniva in Sicilia (respinta, del resto, dalla Camera) affermava che nell'Isola si faceva strazio dello Statuto, delle leggi, della libert e della vita dei cittadini; che padri, fratelli, sorelle, madri con i lattanti venivano buttati in carcere e ivi, con colpi di scudiscio, flagellati perch i loro figli e fratelli erano renitenti di leva; che ad alcuni di questi infelici erano stretti i pollici con un nuovo strumento di tortura tanto che sguizzasse il sangue e la carne, e giungesse fino alle ossa ; che colonne mobili, in molte province, assediavano con violenza selvaggia paesi e citt... Un episodio: il comandante di un battaglione di fanteria, il maggiore Frigerio, arriva a Licata, l'assedia e fa pubblicare per le strade della cittadina che se i renitenti non si fossero costituiti alle ore 15 dell'indomani, avrebbe tolto l'acqua alla popolazione e ordinato che nessuno potesse uscire di casa sotto pena di fucilazione . Soltanto l'intervento del viceconsole inglese e la dimostrazione della guardia nazionale ottennero che il maggiore desistesse dal togliere l'acqua al paese e dal fucilare i cittadini che fossero usciti di casa. Ed ecco una cronaca del tempo, pubblicata dal giornale II Contemporaneo di Firenze, e riferentesi a soli nove mesi: Morti fucilati istantaneamente 1.841; morti fucilati dopo poche ore 7.127; feriti 10.604; imprigionati 19.741; sacerdoti fucilati 22; case incendiate 918; paesi incendiati 5; famiglie perquisite 2.903; chiese saccheggiate 12; ragazzi uccisi 60; donne uccise 48. Non fa pi meraviglia se a queste popolazioni, trattate con inaudita inumanit, il fsco togliesse, poi, ogni possibilit di vita materiale. In pochi anni, infatti, in Sicilia, i fondi espropriati raggiunsero il numero di almeno venti mila. Si vide il fisco vendere case e terreni per 5 lire, spesso per meno di 5 lire! Quale paese coloniale ha pagine pi dolorose? E allora si comprende che Massimo D'Azeglio, piemontese, ma coscienza equanime, esclamasse: Nessuno vuole saperne di noi... Siamo venuti in odio a tutti e tutti sono divenuti nostri nemici . E a Massimo D'Azeglio fanno eco: Garibaldi che scrive ad Adelaide Cairoli: Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Ho la coscienza di non aver fatto del male, nonostante ci. non rifarei oggi la via dell'Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi col cagionato solo squallore e suscitato solo odio . E Crispi: La popolazione in massa detesta il governo di Italia, che, al paragone, trova pi tristo del Borbone . E il conte Alessandro Bianco di Saint-Jorioz, piemontese: Nobili, plebei, ricchi, poveri, clericali, atei, tutti aspirano ad una prossima restaurazione dei Borboni .E Settembrini ha queste tremende parole: La colpa fu di Ferdinando II, il quale, se avesse fatto impiccare me ed i miei amici, avrebbe risparmiato all'intero Mezzogiorno tante incommensurabili sventure . Questo, per la Sicilia, fu l'inizio dell'Unit. Il seguito stato degno di tanto inizio. L'Isola nostra stata sempre considerata e trattata come una colonia. Oppressione e sfruttamento. Negli anni successivi al 1867, osserva Enrico La Loggia, il continuo drenaggio di capitali siciliani, iniziatosi con la vendita dei beni ecclesiastici (che frutt pi di un miliardo di allora e che and tutto al Nord), proseguito ed aggravato da oppressivi tributi, il pompaggio dei depositi delle casse postali utilizzati al Nord e il soffocamento delle industrie impoverirono

a rivista Realt Siciliana fu fondata da Giuseppe Garretto nel 1958 e cess le pubblicazioni nel 1960. Ci di cui mi trovo in possesso una raccolta di interventi selezionata dallo stesso autore e pubblicata nel 1967 sotto forma di libro recante lo stesso titolo della rivista. E vero: Garretto nellarticolo sembra quasi osannare Garibaldi e questo, per il fatto che il seguito del suo intervento sembra andare in tuttaltra direzione rispetto alla storiografia unitaria ufficiale , a noi sicilianisti del 2008 appare quanto meno strano. Credo, quindi, che si debbano prendere in considerazione due fatti importanti per spiegare la contraddizione del Garretto: primo, la sua spontanea ed immediata reazione al fascismo che se da un lato attest il suo entusiasmo sincero per la libert, dallaltro lo port a militare inevitabilmente nelle file di quel movimento socialista che di Garibaldi aveva fatto una delle sue icone principali; secondo, la sua indole idealista e avventurosa che lo aiut sicuramente a credere nel mito e nella totale buonafede di Garibaldi. Certo, egli non aveva a disposizione le immense possibilit di ricerca di cui disponiamo oggi, e questo pregiudicava in maniera determinante la sua ferma volont di approfondire tutta la materia. Voglio, per, segnalare il singolare giudizio che di Garibaldi lascia sottintendere il Canepa, personalit con molti tratti comuni al Garretto, nel suo famoso libretto La Sicilia ai Siciliani: Quando la rivoluzione (del 1848) fu soffocata, allora i piemontesi cominciarono la loro propaganda in Sicilia a favore della monarchia dei Savoia. Ma questa propaganda ebbe scarso successo. Garibaldi, sbarcando in Sicilia nel 1860, credeva di trovare il paese in rivolta. Ma che! I siciliani non si erano mossi, e non si sarebbero mai mossi per una causa che non fosse quella della loro indipendenza. Gli intrighi di casa Savoia, contro la volont dello stesso Garibaldi e dello stesso Crispi, portarono al plebiscito, falsificato come tutti i plebisciti

m.s.
sempre pi l'Isola. Terra di conquista. Terra da sfruttare. Tutte le vessazioni e tutte le sottrazioni divennero ineluttabili. In Sicilia si producevano 1.300.000 chilogrammi di tabacco; dopo una legge iugulatrice, non se ne produssero che 400.000. Cos per il cotone, cos per qualsiasi altra espressione della nostra attivit economica. Lo zolfo siciliano fu ostacolato in mille modi: per molto tempo costretto ad estrarsi entro certi limiti e a vendersi entro dati prezzi, mentre quello della Romagna era lasciato libero sia nei prezzi, sia nella quantit. E si potrebbe continuare per pagine e pagine. E sempre con fatti precisi. Con cifre. Fatti e cifre che ci tentano. Ecco: Maffeo Pantaleoni, nel 1891, prov che il Mezzogiorno contribuiva assai pi del Settentrione alle entrate dello Stato, e precisamente avendo il 27% della ricchezza nazionale, pagava il 32% delle imposte. Il lombardo R. Benini calcol che lo Stato in Sicilia su 100 di entrate tributarie ne spendeva appena 67, mentre in tutte le altre regioni ne spendeva 103. Il Bruccoleri dimostr che per opere di bonifica fino al 1884, mentre in tutta l'Italia si spesero 40 milioni, in Sicilia si spesero... 27 mila lire; e che dal 1886 al 1910 si spese in Sicilia, decima parte del regno, il 2.5 per cento della somma spesa in tutta Italia. E potremmo parlare del grano duro (22 miliardi l'anno sottratti all'economia siciliana), e delle strade e delle ferrovie e delle tariffe ferroviarie e delle imposte sui terreni (con uguale produzione agricola vendibile, il Piemonte paga 5 miliardi, la Sicilia 11 miliardi), e del disboscamento e della

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scomparsa della flotta mercantile e della scomparsa delle industrie (1860: in Sicilia addetti alla industria il 38% degli attivi, mentre in Piemonte e in Liguria erano appena il 17%; ora, invece, secondo l'ultimo censimento, nel solo Piemonte gli addetti all'industria sono saliti al 31 % mentre in Sicilia sono scesi al... 15%). E potremmo parlare anche della politica doganale, della politica dei lavori pubblici, della politica che determina la ripartizione territoriale delle pubbliche spese; potremmo parlare delle scuole, dei servizi sanitari. E ancora: della bilancia commerciale italiana e siciliana e a che cosa sono servite e servono le valute pregiate ottenute dalle nostre esportazioni (1957: saldo attivo della bilancia commerciale siciliana, 29 miliardi 78 milioni di lire), dai turisti stranieri venuti in Sicilia (1957: 10 miliardi di lire), dagli emigrati. Ed ancora. 1946: a) gli zolfi siciliani restano bloccati nell'Isola; b) divieto, per la Sicilia, di lavorazione dello zolfo. I produttori di zolfo del Nord, invece, hanno : a) come mercato tutta la penisola; b) la facolt di molire lo zolfo. Nello stesso anno; i vetri della fabbrica Maiolino di Palermo non possono andare nel Continente, mentre i vetri delle fabbriche del Continente hanno diritto di libera entrata in Sicilia. E potremmo parlare anche della Cassa del Mezzogiorno che della dotazione di 1.280 miliardi, avuta nel 1952, avrebbe dovuto darne alla Sicilia il 42%, e invece ne ha dato appena il... 20,12%; delle autostrade; del casin di Taormina (no >> alla Sicilia, ma s al Nord: Venezia, San Remo, Saint-Vincent); dello Statuto siciliano, che sta diventando un chiffon de papier... Per pagine e pagine, potremmo continuare con semplici elenchi: la lista lunga, molto lunga. Cen to anni di soprusi, di angherie, di ingiustizie, di oppressione, di sfruttamento, che hanno dissanguato la Sicilia, che l'hanno resa spaventosamente depressa. Sfruttamento che continua. Cari Siciliani scriveva con profonda tristezza don Luigi Sturzo a proposito degli aiuti americani inutile che vi illudiate. Non avrete nulla. Tutto sar inghiottito dal Nord, dalle industrie parassitarie del Nord. Non avrete nulla . Nulla? No, qualcosa riceviamo: insulti. Ecco: appena noi chiediamo quello che per legge ci si deve, quello a cui abbiamo diritto, ci si risponde che noi facciamo dell'accattonaggio... Le mani di tutti quei generosi figli della Sicilia, nobili e popolani, che nelle lotte contro il Borbone sacrificarono la vita per l'Unit italiana sognando un avvenire di libert, di fratellanza e di comprensione, debbono fremere di indignazione. Eppure, c' qualcosa che supera tutte le ingiustizie, i soprusi, le vessazioni che in cent'anni han ridotto depressa la Sicilia, e che stato un abominevole attentato alla coscienza siciliana. L'impegno, cio, di strappare dall'animo popolare la coscienza delle sue nobili tradizioni, della sua storia meravigliosa. Quando si vuole opprimere e sfruttare compiutamente un popolo, il metodo pi sicuro appunto di cancellare dalla sua mente ogni ricordo di grandezza e di lotte sostenute per la libert, segno inconfondibile di una civilt superiore; e di far penetrare nel suo spirito la convinzione di essere sempre stato, nella storia, un miserabile, spregevole oggetto, e mai soggetto. Applicando questo metodo, si sono impegnati ad oscurare a poco a poco la coscienza siciliana, una volta cos fiera e gelosa delle istituzioni, dei costumi, delle tradizioni, della secolare autonomia e delle franchigie costituzionali isolane. Oscurare la coscienza fino a farle dimenticare la sua storia, che storia stupenda. Chi ricorda pi che in Sicilia sorse il primo Stato della Cristianit e che Palermo fu per molto tempo, come scrisse Renan, la capitale politica, economica, intellettuale dell'Europa? Chi ricorda che l'Universit di Palermo, nei primi anni del 1800, poteva rivaleggiare con quelle delle prime citt di Europa per rinomanza e celebrit di professori? Che Palermo possedeva un Gabinetto di Fisica, un Teatro Anatomico, un Laboratorio di Fisica, un Museo di Antichit, un Orto Botanico, una Specola, che erano divenuti celebri in Europa? Chi ricorda pi che Vittorio Amedeo partendo dall'Isola condusse con s insigni Siciliani che aprirono al Piemonte, in ogni campo, quelle vie del progresso, che sempre gli erano state precluse. La Sicilia confessa Carlo Botta mandava al Piemonte generosi spiriti per mondarlo dalle male erbe che in troppa gran copia vi erano cresciute . Oscurare la coscienza fino a farci dimenticare la nostra storia, che storia stupenda. E affinch questo oscuramento fosse completo s da diventare buio totale, si invent la teoria della razza inferiore. Il Niceforo rivel ai Siciliani che essi appartenevano ad una razza inferiore, mentre gli abitanti del Nord appartenevano alla razza superiore... L'oppressione e lo sfruttamento, quindi, dei primi, cio dei Siciliani, diventava lo esercizio di un diritto naturale da parte di quelli della razza superiore! Se questa teoria fu confutata scientificamente, essa rimase norma politica. E si comprende, allora, l'abiezione della borghesia siciliana, che, perduta la vera fierezza e l'orgoglio della sua terra, e posseduta solamente da libidine di servilismo, felice di genuflettersi davanti a quelli del Nord per averne attestati di... rispettabilit; felice di strofinarsi agli affaristi del Nord, ai quali, con fare e intenti di mezzano influente, facilita, nella martoriata Sicilia, ogni impresa di rapina; felice, per maggiormente distinguersi nella scala servile, di collaborare con quelli che opprimono il popolo. E come si comprende anche che i nostri fratelli siciliani che vanno al Nord in cerca di un tozzo di pane, in quel Nord che le loro sofferenze hanno arricchito ( si subordina la fame del Mezzogiorno alla saziet del Settentrione , si legge nel Bollettino economico del Banco di Sicilia del 1947) tentano di nascondere come una vergogna la loro origine isolana. E forse non tutti i Siciliani che si son sentiti dire lei non sembra siciliano , hanno avvertito il sanguinoso oltraggio che c' nel... complimento. Noi, ne abbiamo sempre risentito dolore e umiliazione. Lei non sembra siciliano... Per codesti signori il Siciliano un miserabile Negro (e chiediamo scusa ai nostri fratelli Negri) che per uno scherzo di natura venuto al mondo con la pelle bianca. Ecco il calvario che la derelitta Sicilia stata costretta a salire in cent'anni di Unit. Ma, allora, ci si dir voi non festeggerete il centenario? No. Noi non festeggeremo questo centenario. Sarebbe l'estrema abiezione benedire ed esaltare la via che ci ha condotti alla pi spaventosa depressione nel campo materiale e, ci che pi conta, nel campo morale. Solo da servi che hanno perso ogni residuo di dignit, si potrebbe esigere una cosa simile. Allora, siete separatisti? No. Non siamo separatisti, malgrado questa realt unitaria italiana ci spinga con tanta violenza ad esserlo. Diremo meglio: appunto perch non separatisti, noi ci rifiutiamo di festeggiarlo. La Unit, infatti, come ha scritto un grande Siciliano non stata che il trionfo del pi bieco separatismo: un separatismo di ingorda speculazione, che ha diviso l'Italia in due zone, perfettamente distinte, con un'azione giammai interrotta in danno del Mezzogiorno e della Sicilia in modo particolare. Noi siamo unitari. Sinceramente unitari. In senso italiano ed europeo. Le

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LISOLA - Quindicinale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno X - n 17 1/15 ottobre 2008
divisioni, oggi, non hanno senso. Sono deleterie. Ma l'esistenza di una nazione, come scrisse Renan, un plebiscito di ogni giorno, come l'esistenza di un individuo l'affermazione quotidiana della sua vita . E il plebiscito di ogni giorno ha esigenze che oggi non sono soddisfatte. E che noi intendiamo siano soddisfatte. Oggi esiste l'unit materiale. Ma l'unit morale, quella che pi conta e che noi vogliamo innanzitutto, non esiste affatto. O. almeno, non c' fra la Sicilia e l'Italia. Diciamolo sinceramente, c"... Oh no! Non vogliamo dire le parole che non permettono pi nessuna speranza. Diciamo semplicemente che non c' amore. E allora, il 1960, che per noi non pu essere data di lieti ricordi, noi dobbiamo trasformarlo in una data che segni una speranza. Meglio, un proposito: riprendere il cammino l dove Garibaldi lo interuppe. Meglio: l, dove Garibaldi e i Siciliani furono costretti ad interromperlo. La giovane Sicilia, che disperatamente lotta per conquistare condizioni di vita civile, vuole celebrare il centenario dell'Unit alla sua maniera. Alla sua maniera! Niente, quindi, disgustosi spettacoli di retoriche false e bugiarde, ma decisa volont di percorrere in poco tempo il cammino che altri han percorso in cent'anni. E perci, dando rigoroso bando alle chiacchiere e agli sperperi, tendere tutte le nostre energie per raggiungere rapidamente il meraviglioso fine di cambiare la Sicilia. E ci sar l'inizio della vera Unit. Il cammino sar aspro, difficile. Le maggiori difficolt saranno date non tanto dal secolo di ritardo, quanto da quel complesso coloniale che sono riusciti ad inoculare nel nostro sangue, complesso coloniale che svirilizza, che rende scettici, apatici, diffidenti, vili. E quindi, incapaci di credere in qualche cosa, che vada oltre il meschino arrangiamento di una grama esistenza; incapaci di una vita associata e di un lavoro modernamente organizzato e disciplinato; incapaci di ardite iniziative e di impostazioni autonome dei problemi siciliani; incapaci di osare... Osare?... incapaci del pi leggero anticonformismo per timore d'un possibile rischio, ancorch minimo. Scrollarsi di dosso questo funesto mortale complesso coloniale il primo nostro compito. E' la condizione necessaria e indispensabile per rinascere, pi esattamente per nascere, alla vera vita unitaria, che esige rapporti di uguaglianza e non di sudditanza. Non ci stanchiamo di dirlo, di ripeterlo. Nella vita occorre credere in qualche cosa che comporta sacrificio, stabilire feconde correnti di fiducia reciproca, e sopratutto occorre, col conforto di una profonda solidariet, osare ed essere tenaci. E noi ci rivolgiamo sopratutto ai giovani. Condannando questo secolo di servilismo, di passivit, di rinunce, di conformismo, di vilt, essi debbono essere i primi ad acquistare questa nuova coscienza impegnandosi seriamente ad approfondirne i moti. (2 - fine) Giuseppe Garretto (settembre-ottobre 1959)

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Lo sapevate che...

SULLA LINGUA SICILIANA

a Lingua Siciliana ha sempre avuto un rapporto controverso con la politica e con il potere; se ci risulta pienamente comprensibile per quanto riguarda la storia passata dellisola, dominata sempre da invasori, ovviamente alloglotti, risulta invece quanto meno strano oggi che la Sicilia dotata di una propria autonomia.

Infatti lo Statuto della Regione Siciliana, allarticolo 14, sancisce che lAssemblea Regionale ha la legislazione esclusiva tra laltro anche sullistruzione elementare e, allarticolo 17, che l Assemblea regionale pu, al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione, emanare leggi tra laltro anche sullistruzione media e universitaria. Nonostante i mezzi che la classe politica siciliana ha a disposizione dal 1946, al Siciliano non stato ancora riconosciuto il diritto di entrare in tutte le scuole come materia di insegnamento. Parlando di diritti, in fin dei conti, colui che risulta penalizzato da questa situazione lo stesso cittadino siciliano a cui negato il diritto di istruzione sulla lingua della propria terra, che stata lingua madre dei propri genitori e dei suoi antenati e che, in moltissimi casi, anche la sua lingua madre; inoltre non gli viene riconosciuto il diritto di conoscere la storia della letteratura di tale lingua. E evidente che tale deficienza del sistema scolastico lo impoverisce culturalmente; e qualsiasi impoverimento culturale, ancor pi se legato alla propria specifica identit, non pu non avere riflessi sociali. Non un caso che spesso quelle regioni e quei paesi in cui pi sviluppata la difesa della propria specifica identit culturale, anche e soprattutto attraverso la promozione della propria specifica lingua, siano regioni allavanguardia o comunque in forte crescita - dal punto di visto economico, culturale, sociale. Lorgoglio per la propria identit senza, per forza, trasformarsi in nazionalismo o separatismo alla base dellamor proprio di un popolo, amor proprio senza il quale non possibile costruire sviluppo, a tutti i livelli e in tutti i campi. La questione della dignit da dare alla lingua siciliana abbraccia, pertanto, un ambito ben pi vasto del solo aspetto linguistico; probabilmente il grado di dignit che diamo alla nostra lingua lo stesso di quello che, forse pur inconsciamente, diamo a noi stessi, come popolo. Quindi non c da meravigliarsi se le enormi potenzialit della terra di Sicilia e delle sue genti rimangono attualmente inespresse. Leconomia, la cultura, la politica e tutti gli altri aspetti della societ siciliana non possono e non potranno vivere una fase di rinascenza se non passando attraverso la rinascita dellorgoglio per la propria identit e, quindi, anche per la propria lingua.

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