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2 bozza 17-11-2009

GIOVANNI FERRARO DIMOSTRAZIONI MATEMATICHE E CONOSCENZA SCIENTIFICA IN ALESSANDRO PICCOLOMINI

1. INTRODUZIONE Nel 1547, in appendice alla sua parafrasi dei Problemi meccanici dello pseudo-Aristotele, Alessandro Piccolomini pubblica il Commentarium de certitudine mathematicarum disciplinarum,1 un breve trattato dove sono indagate le ragioni per cui la matematica raggiunge il primo ordine di certezza, ossia i motivi per cui le conoscenze fornite dalla matematica sono da considerarsi piu sicure e solidamente fondate di quelle offerte da ogni altra disciplina.2 ` Che alla matematica spetti il primo ordine di certezza e una tesi comunemente ` accettata nella filosofia medievale e rinascimentale risalente al Commento alla Metafisica di Aristotele di Averroe: `
[...] non opertet hominem quaerere ut modus fidei in dimonstrationibus naturalibus sit sicut modus fidei in mathematicis. Demonstrationes enim mathematicae sunt in primis ordine certitudinis; et demonstrationes naturales consequuntur eas in hoc.3

1 A. PICCOLOMINI, In Mechanicas quaestiones Aristotelis paraphrasis paulo quidam plenior [...] eiusdem Commentarium de certitudine mathematicarum disciplinarum [...], Roma, Apud Antonium Bladum 1547, ff. 69r-108r. 2 Sullinfluenza della quaestio de certidudinem mathematicarum sullo sviluppo delle matematiche, cfr. P. MANCOSU, Philosophy of Mathematics and Mathematical Practice in the Seventeenth Century, Oxford, University Press 1999; P. FREGUGLIA, Ars Analytica. Matematica e methodus nella seconda meta del Cinquecento, Busto Arsizio, Bramante 1988. Per unanalisi del contributo di Piccolomini ` cfr. D. COZZOLI, Alessandro Piccolomini and the certitude of mathematics, History and Philosophy of Logic, 28, 2007, pp. 151-171; G.C. GIACOBBE, Il Commentarium de certitudine mathematicarum disciplinarum di Alessandro Piccolomini, Physis, 15, 1972, pp. 163-193; A. DE PACE, Le matematiche e il mondo, Milano, Franco Angeli 1993, pp. 21-120. Per notizie biografiche su Piccolomini si puo util` mente consultare F. CERRETA, Alessandro Piccolomini letterato e filosofo del Cinquecento, Siena, Accademia senese degli Intronati 1960. 3 Aristotelis Methaphisicorum libri XIII cum Averrois commentariis, Venetiis, apud Iuntas 1552, f. 17v.

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Lopinione di Averroe poggia sulla filosofia di Aristotele e, in particolare, ` su un brano della Metafisica, dove lo Stagirita sostiene che lapproccio peculiare della matematica non puo essere richiesto in tutte le conoscenze, ma so` lo in cio che non ha materia.4 ` Piccolomini condivide la tesi secondo cui la matematica ha il massimo grado di certezza; e, pero, in disaccordo con la giustificazione che di tale certezza ` ` e offerta dai filosofi medioevali e rinascimentali. Per costoro la certezza della ` matematica e dovuta alla peculiarita della sua metodologia, basata sulla de` ` monstratio potissima, termine con cui e indicato un genere di dimostrazione ` che, per la sua assoluta perfezione, garantisce di per se la scientificita delle ` proposizioni dimostrate.5 In un primo momento Piccolomini condivide tale opinione; in seguito, pero, essa gli appare priva di fondamento e ipotizza che la certezza della mate` matica abbia una differente giustificazione basata sulla natura astratta degli oggetti da essa trattata.6 Nel Commentarium il filosofo senese porta vari argomenti a sostegno della sua tesi; essi mirano: a precisare lambigua nozione di demonstratio potissima e il suo ruolo nellambito dellinterpretazione rinascimentale della teoria della dimostrazione scientifica di Aristotele; a mostrare che le dimostrazioni matematiche non appartengono al genere delle demonstrationes potissimae e che la matematica non soddisfa ai criteri di scientificita propri della tradizione aristotelica; ` a chiarire la natura degli oggetti matematici; a fondare la sua interpretazione della certezza della matematica non sulla metodologia in essa impiegata ma sulla sua natura astratta; a negare il valore di disciplina scientifica, in senso proprio, alla matematica. Linterpretazione che Piccolomini offre della certezza della matematica presenta un notevole interesse storico in quanto, poco prima della nascita della fisica moderna, contiene un duro attacco alla matematica come scienza e finisce con il negare alla radice ogni eventuale progetto di matematizzazione delle scienze della natura. Nonostante cio, la sua insistenza sulla natura astrat` ta degli oggetti matematici costituisce un involontario contributo alla creazione del clima in cui sorgera la matematica seicentesca. `
4 Cfr. ARISTOT ., Metaph., 995a14-20. Piccolomini sintetizza in questi termini: Mathematicas demonstrationes, in primo esse ordine certitudinis [...] testatur Averroes 2 Metaph. Com. 16 super illis verbis Aristotelis, videlicet: Certitudo mathematica non in omnibus expetenda (A. PICCOLOMINI, Commentarium cit., f. 69r). 5 Ivi, f. 69r. 6 Ivi, ff. 69r-69v.

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2. DIMOSTRAZIONE

SCIENTIFICA

La nozione aristotelica di scienza e il naturale retroterra culturale della ri` cerca piccolominiana. Tre aspetti di tale nozione sono di particolare importanza per unadeguata comprensione del Commentarium de certitudine mathematicarum disciplinarum: primo: la scienza non e una conoscenza accidentale, legata al caso, ma ` ha il carattere della necessita, delleternita, dellimmutabilita; 7 ` ` ` secondo: conoscere scientificamente significa conoscere la causa; 8 terzo: lo strumento che attribuisce alla conoscenza il carattere di sapere in senso proprio, ossia di scienza, e la dimostrazione, che consiste nelluso del ` sillogismo e, in particolare, del sillogismo scientifico.9 Proprio questultima affermazione e il punto di partenza dellindagine di ` Piccolomini che, anzitutto, si preoccupa di mostrare come gli altri tre metodi che secondo la tradizione filosofica possono essere utilizzati per la trattazione di una disciplina scientifica, ossia la definizione, la divisione e la risoluzione,10 siano riducibili alla sola dimostrazione.11 La discussione piccolominiana della definizione e sostanzialmente basata ` sugli Analitici posteriori, dove la definizione e concepita come lenunciazione ` delle caratteristiche che manifestano lessenza del definiendum. La definizione aristotelica non e una definizione nominale ma una definizione reale, risultato ` ` di un atto intellettuale di apprensione. E il discorso che mostra lessenza del12 lente e, pertanto, presuppone lesistenza della cosa definita e che questa abbia unessenza. Nellapproccio aristotelico tra la definizione e la dimostrazione ` intercorre una relazione che puo essere cos riassunta: `
7 Quale sia la natura della scienza risulta chiaramente dalle considerazioni seguenti [...]. Tutti ammettiamo che cio che conosciamo per scienza non puo essere diversamente da quello che e. In` ` ` vece le cose che possono essere altrimenti da quel che sono, una volta uscite dalla conoscenza non sappiamo se esistono o no. Pertanto cio che e oggetto di scienza esiste necessariamente. Di conse` ` guenza e eterno. Infatti gli enti che sono di necessita assoluta sono tutti eterni, e gli enti eterni sono ` ` ingenerati ed incorruttibili (ARISTOT., Eth. Nic., 1139b18-1139b26). 8 Avere scienza di ciascuna cosa in senso proprio, e non invece accidentalmente in modo sofistico, e conoscere la causa per la quale la cosa e, che essa e appunto causa di quella cosa e che non e ` ` ` ` possibile che cio sia diversamente (ARISTOT., An. Post., 71b10-11). ` 9 Chiamiamo sapere il conoscere mediante dimostrazione. Per dimostrazione, daltra parte, intendo il sillogismo scientifico, e scientifico chiamo poi il sillogismo in virtu del quale, per il fatto di ` possederlo, noi sappiamo (ARISTOT., An. Post., 71b18-19). 10 Quattor sint methodorum genera quibus omnis disciplina scientifica tractari possit, diffinitivum scilicet demonstrativum, divisivum, atque resolutivum, sub quo compositivum etiam, ad quod refertur, intelligendum est. (A. PICCOLOMINI, Commentarium cit., f. 70v). 11 Ivi, f. 72v. 12 ARISTOT ., An. Post., 90a1.

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1) non tutte le cose dimostrabili possono essere conosciute mediante le loro definizioni, poiche tutte le definizioni sono universali e affermative men tre alcune proposizioni dimostrabili sono negative; 2) poiche conoscere una cosa e possedere la sua dimostrazione, se una ` cosa e dimostrabile, essa non puo essere nota solo per definizione; ` ` 3) alcune definizioni possono essere comprese come dimostrazioni espresse in forme opportune.13 Un esempio di come la conoscenza possa essere espressa sotto forma di definizione e la definizione di eclisse, nella quale il conoscere lessenza si ` identifica con il conoscere perche tale oggetto sia. Alla domanda: che cose ` leclisse? Si risponde: una privazione della luce lunare causata dallinterposizione della Terra. Alla domanda: perche si verifica leclisse? Si risponde: per che alla Luna viene a mancare la luce per linterposizione della Terra.14 Sulla base delle argomentazioni aristoteliche, confortato anche dalle interpretazioni di vari commentatori, Piccolomini giunge alla conclusione che ogni definizione valida e in realta una forma di dimostrazione e la logica si avvale della de` ` finizione solo incidentalmente.15 Per quanto riguarda la divisione, Piccolomini osserva poi che la divisio e ` solo un procedimento per ottenere una definizione e, in quanto tale, e an` chessa riducibile alla dimostrazione.16 Infine, per cio che concerne la risolu` zione, Piccolomini ricorda che, secondo Alessandro di Afrodisia, la resolutio e opposta alla compositio e presenta molteplici aspetti consistenti nel ridurre ` un sillogismo composto in altri piu semplici, un sillogismo semplice nelle pro` posizioni che lo compongono, nel trasformare i sillogismi imperfetti in quelli perfetti e nel ridurre un dato sillogismo alle proprie figure. In realta, questi ` sono solo alcuni dei vari significati del termine analisi elencati nel Commento di Alessandro al libro I degli Analitici primi; 17 invero, il filosofo greco, dopo aver affermato che con la parola analisi si designa la scomposizione di ogni composto in quelle cose a partire dalle quali e poi fatta la sintesi, menziona, in `
13 Sul concetto di definizione in Aristotele cfr. M. DESLAURIERS, Aristotle on Definition, Leiden, Brill 2007 e D. CHARLES, Meaning and essence, Oxford, Oxford University Press 2000, pp. 197-347. 14 ARISTOT., An. Post., 90a14-18. 15 A. PICCOLOMINI, Commentarium cit., f. 72v. 16 Cum igitur divisio diffinitionis gratia sit, diffinitio vero ad demonstrationem dirigatur, ut ostensum est, sequitur quod et divisio ipsa ad eandem demonstrationem sit referenda. (ivi, ff. 75v-76r). 17 Alexandri Aphrodisiensis in Aristotelis analyticorum priorum librum I commentarium, in Commentaria in Aristotelem Graeca, vol. II.1, consilio et auctoritate Academiae litterarum Regiae Borussicae edidit M. Wallies, Berlin, G. Reimer 1883, 7, 11-33.

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primo luogo, laccezione del termine in uso in geometria, dove analizzare significa che, nella soluzione di un problema, si parte dalle conclusioni e si risale ai principi e allenunciato del problema; aggiunge, poi, che il termine analisi indica anche la riduzione di corpi composti a corpi semplici, la divisione della parola nelle sue parti, delle parti delle parole nelle sillabe, delle sillabe nelle sue componenti; infine, segnala i quattro significati riportati da Piccolomini. In effetti, il Senese si riferisce solo alla resolutio logica e omette la resolutio naturalis: 18 egli intende rimanere allinterno della logica, intesa come scienza che studia i concetti, per cui afferma che la resolutio logica e un procedimento ` che procede da cio che e meno universale a cio che e piu universale, da cio che ` ` ` ` ` ` e piu composito a cio che e piu semplice, procede, quindi, dagli effetti alla ` ` ` ` ` causa e, per tale motivo, e da annoverare tra le dimostrazioni del quia (cfr. in` fra).19 A questo punto, Piccolomini puo passare allesame della dimostrazione e, ` in particolare, della demonstratio potissima, nozione che attribuisce direttamente ad Aristotele:
Triplicem [...] demonstrationen reperiet apud Aristotelem, qui diligenter primum lib. Post. ponderaverit, unam quam vocant quia, vel esse tantum, aliam quam dicunt propter quid, seu causae tantum, reliquam vero quasi ex his compositam, quae simul et quia et propter quid largiatur, quam potissimam nuncupamus.20

In realta, nel primo libro degli Analitici posteriori, Aristotele distingue tra ` due tipi di dimostrazione: 1) la dimostrazione del fatto (nella terminologia medioevale: demonstratio quia) che e secundum nos in quanto dalleffetto risale alla causa; ` 2) la dimostrazione del fatto ragionato (demonstratio propter quid) che e ` secundum natura in quanto procede dalla causa alleffetto.21 Aristotele fornisce il seguente esempio di demonstratio quia. Per provare che i pianeti sono vicini alla Terra perche non brillano, si puo procedere in ` questo modo: i pianeti non brillano; cio che non brilla e vicino alla Terra; ` ` i pianeti sono vicini alla Terra.
A. PICCOLOMINI, Commentarium cit., f. 76r. Inoltre, poiche la compositio e in relazione inversa con la risoluzione, secondo Piccolomini, si ` riduce anchessa alla dimostrazione (ivi, f. 76v). 20 Ivi, f. 79r. 21 ARISTOT ., An. Post., 78a23-b3.
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Il sillogismo fa uso la proposizione: cio che non brilla e vicino alla Terra ` ` (una verita nota per induzione o percezione dei sensi). Tuttavia, il fatto che un ` pianeta non brilla non e una spiegazione (una causa) del fatto un pianeta e vi` ` cino; piuttosto e il contrario, lessere vicino alla Terra e una spiegazione (una ` ` causa) del fatto che un pianeta non brilla. In altri termini, nel sillogismo la causa (essere vicino) e gli effetti (non brillare) sono reciproci, ma la causa non e ` presa come termine medio, in quanto come termine medio e stato preso quello ` piu noto (non brillare). In tale sillogismo, pero, il termine maggiore e il termine ` ` medio possono essere invertiti ottenendo una demonstratio propter quid Cio che e vicino alla Terra non brilla; ` ` i pianeti sono vicini alla Terra; i pianeti non brillano. Questultimo sillogismo ci fornisce una conoscenza del fatto ragionato: parte dalle cause e giunge alleffetto, secondo una procedura che costituisce lessenza del metodo sintetico. Il primo sillogismo, invece, ci fornisce lanalisi che permette la scoperta delle cause. Lincidenza cognitiva dei due percorsi metodici non e considerata equiva` lente: la demonstratio propter quid e superiore alla demonstratio quia in quanto ` permette di ricostruire la cosa attraverso la sua causa immediata e di conoscere, quindi, lessenza della cosa da cui deriva un certo effetto. La conoscenza delle cause svincola il sapere scientifico dalle incertezze dellesperienza, permettendo quella comprensione necessaria cui Aristotele aspira. La demonstratio propter quid e caratterizzata dal fatto che il medio termine deve mostrare la ` causa di quello stato di cose che va dimostrato (naturalmente per causa si ` intende una delle quattro cause aristoteliche). E chiaro che tale nozione di dimostrazione e molto diversa da quella della matematica moderna: dimostra` zione significa anzitutto spiegazione casuale e laspetto formale della deduzione sillogistica e strettamente subordinato alla sua capacita esplicativa. Come ` ` vedremo, per Piccolomini il punto cruciale della sua discussione e proprio ` questo: le dimostrazioni matematiche non hanno capacita esplicative e, quin` di, non costituiscono conoscenza scientifica in senso proprio. Va inoltre notato che, a parere di Aristotele, se si suppone che la causa e leffetto non siano reciproci e leffetto sia meglio noto, si puo allora dimostrare ` il fatto ma non il fatto ragionato. Cio occorre, ad esempio, nel caso che si vo` glia provare che i muri non respirano in quanto non sono animali, mediante il sillogismo: coloro che respirano sono animali; nessun muro e animale; ` nessun muro respira. 202

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La premessa maggiore non puo essere invertita poiche ci sono animali che ` non respirano. In questo caso il medio non e incluso nel maggiore, in quanto ` la causa prossima del non respirare non e il non essere animale. Si puo ` ` anche osservare che il precedente sillogismo appartiene alla seconda figura e, in effetti, secondo Aristotele, il sillogismo del fatto e il sillogismo del fatto ragionato differiscono per la posizione del termine medio. Oltre alla distinzione tra dimostrazione del fatto e dimostrazione del fatto ragionato, Aristotele opera anche una distinzione tra sillogismi perfetti ed imperfetti, la quale, pero, non e riducibile a quella tra demonstrationes potissimae ` ` e dimostrazioni che non sono potissimae:
Chiamo perfetto il sillogismo che non ha bisogno di nientaltro oltre a cio che e ` ` stato assunto perche si manifesti il necessario, imperfetto quello che ha bisogno di una o piu cose, che sono necessarie attraverso i termini su cui le premesse vertono, ` ma non sono stati assunti attraverso le premesse.22

Un sillogismo perfetto e un sillogismo in cui la conclusione segue dalle ` premesse in un modo che appare immediatamente manifesto. La differenza tra sillogismo perfetto e sillogismo imperfetto non sta nella necessarieta della ` conclusione rispetto alle premesse ma nel fatto che il nesso necessario tra premesse e conclusione, nel secondo caso, non e evidente come nel primo. Per ` Aristotele, i sillogismi perfetti appartenevano alla prima figura. Inoltre, negli Analitici posteriori, afferma:
` Di tutte le figure la piu scientifica e la prima. E attraverso di essa, infatti, che tutte ` ` le scienze matematiche conducono le loro dimostrazioni; tale e il caso dellaritmetica, ` della geometria, dellottica, e si puo quasi dire che lo stesso avvenga per tutte le scien` ze che indagano il perche. In effetti, il sillogismo che mostra il perche qualcosa sia si sviluppa attraverso questa figura, o sempre, o in prevalenza, nella massima parte dei casi. Anche per questa ragione, dunque, tale figura risultera la piu scientifica di tutte: ` ` il considerare il perche costituisce infatti la piu peculiare tra le determinazioni del sa ` pere. In seguito, bisogna tener presente che solo attraverso questa figura si puo ten` tare di raggiungere la conoscenza dellessenza. Nella figura intermedia, in realta, il sil` logismo affermativo non si sviluppa, mentre la scienza che stabilisce lessenza deve appunto provare delle affermazioni; nellultima figura, poi, il sillogismo affermativo si sviluppa, ma non in forma universale, mentre lessenza fa parte delle determinazioni universali [...] Oltre a cio, la prima figura non ha affatto bisogno delle altre; nella se` conda e nella terza figura, per contro, le lacune della dimostrazione sono riempite me` diante la prima figura e la prova puo cos potenziarsi, sino a raggiungere le premesse `

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ARISTOT., An. Pr., 24a22-26.

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immediate. Risulta dunque evidente che la prima figura e fra tutte la piu appropriata ` ` per raggiungere il sapere.23

*** La suddivisione delle dimostrazioni in tre specie, che Piccolomini attribuisce ad Aristotele, e in realta affermata per primo da Averroe nel suo Prohe` ` ` mium alla Fisica di Aristotele:
Via doctrinae huis libri sunt species doctrinae usitatae in hac scientia et sunt modi omnium disciplinarum, scilicet signus, demonstratio causae et demonstratio simpliciter, quamvis signum et causa sint plus usitata in hac scientia, et aliquando est usitata demonstratio simpliciter.24

Poi, durante il Medioevo, ha luogo una lunga discussione su quale sia il migliore tipo di dimostrazione, ossia quale sia la natura della demonstratio potissima, discussione cui prendono parte tra gli altri Alberto Magno e Tomaso dAquino 25 e che continua anche nel Rinascimento inoltrato, assumendo sfumature differenti. Ad esempio, qualche anno dopo Piccolomini, Zabarella afferma:
Ex tribus igitur partibus necessario constat regressus: prima quidam est demonstratio quod, qua ex effectus cognizione confusa ducimur in confusam cognitione causae; seconda est consideratio illa mentalis, qua ex confusa notizia causae distinctam eiusdem cognitionem acquirimus; tertia vera est demonstratio potissima, qua ex causa distincte cognita ad disticam effectus cognitionem tandem perducimur.26

Negli aristotelici italiani del Cinquecento lattenzione alla demonstratio potissima nasce dal contrasto tra la presunta superiorita della dimostrazione ` propter quid, che procede dalla causa alleffetto, nellordine naturale delle cose, rispetto alla dimostrazione del quia, che procede dal noto allignoto, e il

ARISTOT., An. Post., 79a16-25. Aristotelis Opera cum Averrois commentariis, vol. 4 (De Physico libri octo) Venetiis, 1562, f. 4r. Si veda, anche, il commento di Averroe agli Analitici Posteriori, vol. I, parte II (Posteriorum resolu` tiorum libri duo, ff. 374r-376v) della stessa opera. Nel brano citato Averroe denota con lespressione ` demonstratio simpliciter la demonstratio potissima, mentre indica con signus la demonstratio quia. 25 Cfr. J. LONGEWAY, Aegidius Romanus and Albertus Magnus vs. Thomas Aquinas on the highest sort of demonstration (demonstratio potissima), Documenti e studi sulla tradizione filosofica medievale, 13, 2002, pp. 373-434; S. BROWN, Sources for Ockhams Prologue to the Sentences, Franciscan Studies, 26 (1966) 36-65; S.J. LIVESEY, Theology and Science in the Fourteenth Century: Three Questions on the Unity and subalternation of Sciences from the John of Readings Commentary on the Sentences, Leiden and New York, E.J. Brill 1989. 26 G. ZABARELLA, Liber de regressu, in ID., Opera logica, Venetia, Paulus Meietius 1578, col. 489.
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fatto che, in ordine alla nostra conoscenza, gli effetti precedono la conoscenza delle loro cause. La demonstratio potissima, congiungendo le due dimostrazioni, permette tramite la dimostrazione del fatto di ottenere la conoscenza ancora accidentale della sua causa e tramite la dimostrazione del fatto ragionato di conseguire la conoscenza assoluta delleffetto, cioe la sua conoscenza trami` te la causa che lo rende necessario.27 Questa e, nellessenziale, anche la conce` zione di Piccolomini,28 il quale, basandosi sullautorita di Avorroe, sostiene ` ` che la pura e semplice congiunzione di una dimostrazione quia e una dimostrazione propter quid non e sufficiente per ottenere una demonstratio potissi` ma, ma e necessario che le due dimostrazioni abbiano unintima connessione ` che dia luogo a una conoscenza assolutamente sicura, il che avviene se la dimostrazione fornisce, allo stesso modo, le proprieta inerenti a un oggetto e la ` causa di quellinerenza.29 Piccolomini, quindi, cerca di caratterizzare gli elementi che compongono la demonstratio potissima precisando la natura delle premesse e del termine medio. Aristotele aveva affermato che le premesse di un sillogismo devono essere vere, ossia esprimere come stanno effettivamente le cose, prime e immediate, cause della conclusione, perche la dimostrazione fornisce spiegazione causale, piu note, perche e il piu noto che spiega il meno noto, anteriori, in quanto lan` ` ` teriorita e condizione fondamentale per essere causa.30 Tra queste condizioni, ` ` limmediatezza delle premesse ha un ruolo importante nella discussione di Piccolomini. Una proposizione e immediata se non consegue da unaltra proposi` zione, ossia e indimostrabile e priva di medio; 31 lindimostrabilita puo essere ` ` ` interpretata sia nel senso che le premesse sono autoevidenti sia nel senso che il punto di partenza di una dimostrazione scientifica e la realta quale noi la per` `
27 Cfr. N. JARDINE, Epistemology of the sciences, in The Cambridge History of Renaissance Philosophy, edited by C.B. Schmitt and Q. Skinner, Cambridge, Cambridge University Press 1988, p. 687. Alla scuola di Padova lo studio della demonstratio potissima era connesso con quello dei binomi regressus-progressus e ordo essendi-ordo cognoscendi, cfr. C. VASOLI, La logica, in Storia della cultura veneta, a cura di G. Folena, G. Arnaldi, M. Pastore Stocchi, III/3, Vicenza, Neri Pozza 1981, pp. 55, 57, 65, 71. 28 Lo studioso senese fa solo un fugace cenno alle polemiche sulla natura della demonstratio potissima menzionando che la tripartizione delle dimostrazioni in quia, propter quid e potissima non era sempre accettata, in quanto alcuni autori riducevano la demonstratio potissima alla demonstratio propter quid sostenendo che la differenza tra queste due generi di dimostrazioni sarebbe solo accidentale (A. PICCOLOMINI, Commentarium cit., f. 79v). 29 Ivi, f. 81r. 30 ARISTOT ., An. Post., 71b9-25. 31 Primum igitur sumendum esse arbitror quod potissarum demonstrationum praemissae, iter ceteras conditiones, debent esse immediatae. Per immediatas autem Aristo. indemonstrabiles et medio vacantes intellegit. (A. PICCOLOMINI, Commentarium cit., f. 81v).

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cepiamo immediatamente e concretamente nella nostra esperienza.32 Di conseguenza, per Piccolomini, ci sono due generi di proposizioni immediate: le dignita (posizioni, supposizioni, postulati, definizioni dei termini) e le definizioni ` ` proprie di oggetti.33 E chiaro che il Senese ha in mente una scienza i cui oggetti non sono dati in forma assiomatica, come nella moderna matematica, ma sono forniti tramite definizioni reali di enti o oggetti. Per quanto riguarda il termine medio di una dimostrazione potissima, Piccolomini afferma che esso deve esprimere una delle quattro cause aristoteliche e deve necessariamente essere una definizione: 34 piu precisamente, la definizione ` di una proprieta e non di un soggetto.35 A sostegno di tale tesi il Senese osserva ` che il medio di una demonstratio potissima, dovendo permettere lattribuzione di una proprieta a un soggetto, non puo essere la pura e semplice definizione di ` ` un soggetto, in quanto la definizione (reale) di un soggetto fa riferimento alla sua essenza e, quindi, renderebbe largomento tautologico. Invece, la definizione della proprieta e la definizione di qualcosa la cui esistenza dipende da altre ` ` cose e si riferisce solo indirettamente a tali cose, non e identica ad esse e puo, ` ` quindi, svolgere la funzione di medio attribuendo la proprieta al soggetto.36 ` Infine, Piccolomini argomenta che il termine medio di una demonstratio potissima non solo deve essere la causa specifica di un certo fenomeno e la sua causa immediata (ossia la spiegazione non deve passare tramite altre spiegazioni),37 ma deve anche essere la causa unica di tale fenomeno. Infatti, il carattere necessario e causale della conoscenza scientifica la conoscenza dimostrativa deve essere conoscenza di un nesso necessario, afferma Aristotele 38 si trasmette alla dimostrazione 39 che deve fornire lunica spiegazione di un certo stato di cose: non e ammessa la possibilita di differenti spiegazioni e dimo` ` strazioni di uno stesso fatto.
ARISTOT., An. Post., 99b20-100b12. Haurum autem propositionum medio vacantium, duo esse genera fatendum est, unum illarum quae in scientiis tanquam ianuae quaedam notissimae supponuntur, veliti sunt primae digitate, positiones, suppositiones, postulata, et terminorum diffinitiones, de quibus Aristo. primo Post. Cap, 8 pertractat. Alterum vero genus immediatarum propositionum, omnes propositiones continet in quibus verae et legitimae diffinitiones de suis dicuntur diffinitis. (A. PICCOLOMINI, Commentarium cit., ff. 81v-82r). 34 [...] illum autem est, cum medium, vel causa, in demonstratione potissima diffinitio esse debeat. (ivi, f. 81r). 35 Cio era stato oggetto di una notevole polemica tra gli Scolastici, cfr. J. LONGEWAY, Aegidius ` Romanus and Albertus Magnus vs. Thomas Aquinas cit. 36 A. PICCOLOMINI, Commentarium cit., ff. 88v-94r. 37 Ivi, f. 102r. 38 ARISTOT., An. Post., 75a12-14. 39 A. PICCOLOMINI, Commentarium cit., ff. 102r-103v.
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3. LA

` SCIENTIFICITA DELLA MATEMATICA

I filosofi medievali e rinascimentali sono sostanzialmente daccordo nel far derivare la certezza della matematica dalluso di demonstrationes potissimae. La maggior parte di essi ritiene che le dimostrazioni matematiche vanno considerate potissimae in quanto offrono spiegazioni causali e che la natura causale della spiegazione e dovuta al fatto che i principi assunti nelle dimostrazio` ni matematiche sono proposizioni piu note a noi e piu note per natura: 40 ` ` essendo il piu noto per natura anche causa, tali principi mostrano la causa ` di un oggetto o di una proprieta.41 Altri autori hanno posizioni piu sfumate. ` ` In particolare, Marcantonio Zimara avanza dubbi sul fatto che tutte le dimostrazioni matematiche siano del genere delle demonstrationes potissimae: egli distingue le matematiche pure da quelle imperfette, piu usualmente dette ` miste o medie, e giunge alla conclusione che solo le dimostrazioni delle matematiche pure forniscono la causa e leffetto e, quindi, sono potissimae.42 Ma neanche tale punto di vista e accettabile per Piccolomini; a suo parere, le ` dimostrazioni matematiche non sono potissimae, in quanto nessuna delle cause aristoteliche interviene in esse. Per giustificare tale asserzione, Piccolomini osserva anzitutto che non vi sono dimostrazioni matematiche basate su cause efficienti, in quanto gli enti ` matematici non sono dotati di movimento. E vero che il movimento entra nei ragionamenti matematici quando si costruiscono figure, si dividono, si traspongono, ecc., tuttavia, in tali casi il matematico considera il moto solo metaforicamente e non e possibile una dimostrazione per metafora.43 ` In secondo luogo, anche se la matematica e causa di bene, in quanto le sue ` applicazioni alle arti e alle tecniche contribuiscono al benessere degli uomini, gli enti matematici, tuttavia, non sono potenze attive 44 e non ineriscono al bene. Non esistono in matematica dimostrazioni basate sulle cause finali, in quanto per loro natura gli enti matematici non tendono a un fine. Ad esempio, quale potrebbe mai essere il fine per cui gli angoli alterni interni di due rette parallele tagliate da una trasversale sono tra loro uguali? 45
40 Il riferimento e ai postulati (e alle definizioni) a cui si riconducono in ultima analisi le pro` prieta degli enti matematici. ` 41 A. PICCOLOMINI, Commentarium cit., f. 100v. 42 Ibid. 43 Ibid. 44 Ivi, f. 101r. 45 Ivi, ff. 100v-101r.

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Escluse facilmente le cause estrinseche, Piccolomini considera le cause intrinseche. Per quanto concerne le cause materiali, si potrebbe pensare che esse si trovino in una dimostrazione matematica per il semplice fatto che gli enti geometrici sono divisibili e la divisibilita e una determinazione della materia ` ` 46 intelligibile. In realta, la materia intelligibile su cui opera il matematico e ` ` la quantita, che non e materia reale ma unastrazione mentale della materia ` ` sensibile (si veda il paragrafo seguente); di conseguenza, le dimostrazioni matematiche non usano cause materiali. Piu difficile e mostrare che, contrariamente a quanto afferma Averroe ed e ` ` ` ` generalmente accettato, le dimostrazioni matematiche non usano cause formali.47 Per fare cio, Piccolomini utilizza la caratterizzazione della demonstratio po` tissima esaminata nelle pagine precedenti. In primo luogo, osserva che i teoremi matematici, esclusi quelli iniziali di Euclide, derivano da altri teoremi; quindi non tutte le dimostrazioni hanno per premesse postulati, assiomi o definizioni, ossia derivano da indimostrabili.48 Le lunghe catene di dimostrazioni che caratterizzano la matematica non le permettono, a parere del filosofo senese, di assurgere al rango di vera scienza, nella quale il ragionamento sillogistico non puo ` allontanarsi troppo dallatto di comprensione intuitiva incluso nelle premesse. In secondo luogo, il termine medio di una dimostrazione matematica non e ` una definizione,49 come dovrebbe accadere in una demonstratio potissima (si veda il paragrafo precedente). Si consideri, ad esempio, la proposizione I-32 di Euclide: Proposizione I-32. In ogni triangolo, un angolo esterno e uguale alla som` ma degli angoli interni non adiacenti e la somma dei tre angoli interni e uguale ` a due angoli retti (Fig. 1). In tale proposizione, la funzione del medio e svolta dallan` golo esterno, che connette il triangolo con la seguente proprieta `
Fig. 1

P. La somma degli angoli e ` uguale a due angoli retti.

Ivi, ff. 101r-101v. Ivi, f. 101v. 48 Ivi, ff. 83r-83v. 49 Quod autem [demonstrationes mathematicae] non inveniantur etiam on hac causa formali, arguo primum. Omnis demonstrationis potissimae, est medium diffinitio, vel passionis, vel subiecti. Demonstrationum mathematicarum non est tale medium. Ergo etc. (ivi, f. 102r).
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Il concetto di triangolo (avere tre angoli) e la proprieta P non includono la ` nozione di angolo esterno; invero se si suppone che langolo esterno non esista, la proprieta P continuerebbe a valere e il triangolo a essere.50 Pertanto, il ` medio non contiene la definizione della proprieta ne quella del soggetto. ` In terzo luogo, il termine medio di una dimostrazione matematica non e la ` causa propria, unica e immediata della proprieta provata.51 Invero, molti teo` remi hanno differenti dimostrazioni, il che esclude che i termini medi siano unici,52 e nei teoremi reciproci si scambiano le tesi con le ipotesi, il che implica che le conclusioni o leffetto di un teorema diventano le premesse della dimostrazione reciproca, segno che tali dimostrazioni non individuano nessi causali necessari, come dovrebbe essere in una demonstratio potissima.53 In altri termini, le dimostrazioni matematiche non permettono di cogliere il legame necessario tra causa ed effetto e non forniscono la spiegazione di un fenomeno: 54 esse non soddisfano i criteri di scientificita aristotelici. `

4. LA

CERTEZZA DELLA MATEMATICA

Nonostante la matematica non usi la demonstratio potissima, Piccolomini non ritiene opportuno abbandonare la visione tradizionale secondo cui le discipline matematiche hanno il massimo grado di certezza:
Concedimus igitur mathematicis disciplinis, primum ordinem certitudinis, sed causam huius ordinis, esse a Latinis recte assegnata negamus.55

Si tratta, allora, di offrire una differente giustificazione della tesi tradizionale, giustificazione che non affondi le sue radici nella forza delle dimostrazioni causali.56 Per fare cio, Piccolomini esamina la natura degli oggetti matema` tici e inizia la sua analisi affermando:
De materia mathematicarum facultatum disputans Proclus in primo Elem. Lib. 2, dicit, primum entia ipsa matematica, cum nihil aliud sint, quam quantitates ipsae ab-

Ibid. Ibid. 52 Ivi, f. 103v. 53 Ivi, f. 105r-105v. 54 Ivi, f. 88r. 55 Ivi, f. 106r. 56 Si potrebbe pensare che Piccolomini stia rifiutando di accettare la certezza sulla struttura formale dellargomentazione, ma in realta i requisiti della dimostrazione scientifica per Aristotele sono ` tuttaltro che formali.
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stractae, non posse inter ipsa penitus sensibilia connumeravi, primo enim quomodo puncta omnino impartibilia, superficies non profundis, lineas non latas, linearum et superficierum aequalitates, et alia id genus, inter sensibilia existentia poni posse dicendem est? Cum non detur inter quanta naturalia, quod trinam dimensionem non recepiat, nec vera aequalitas, nec tandem quaevis figura, circularis, triangularis, aut quaevis alia, exacta penitus, et absoluta.57

Piccolomini fa riferimento al secondo prologo del Commento di Proclo,58 dove appunto il filosofo greco discute la natura della matematica; 59 tuttavia, la concezione della matematica che Piccolomini espone non e quella platoniz` zante di Proclo, secondo cui gli enti matematici hanno una loro propria esistenza anteriore a quella degli oggetti sensibili, ma quella aristotelica, che vede negli enti matematici il risultato di un processo di astrazione. Per il Senese, la matematica tratta la quantita che e laccidente maggior` ` mente condiviso in natura , ma la tratta in quanto astratta, ossia separata, per opera dellimmaginazione (phantasia) e dallintelletto, dagli oggetti sensibili; gli oggetti della matematica non sono sensibili ma neanche del tutto liberati dalla materia sensibile: sono rappresentazione nellimmaginazione di entita ` concrete.60 Mentre il filosofo naturale considera il punto, le linee e le superficie in quanto immersi in sostanze materiali, et sensate,61 il matematico separa [...] con lintelletto dalle sostanze sensate il soggetto suo che e la ` quantita, e quella con astrattione come separata considerando, se ben tale ` non e ella al mondo; non gia per questo singanna punto.62 ` ` Le quantita rappresentate nellimmaginazione sono organizzate dallintel` letto a formare rationes universales. La rappresentazione nellimmaginazione non e, tuttavia, finta o chimerica ma ha un carattere reale; ha, cioe, un ` `
Ivi, ff. 94r-95v. PROCL., In prim. Eucl., 9-20; 22-25; 63-64. 59 PROCL., In prim. Eucl., 49-56. 60 Res ipsae mathematicae, de quibus fiunt demonstrationes, nec omnino in subiecto sensibiles sunt, nec penitus ab ipso liberatae, sed in ipsa phantasia reperiuntur figurae illae mathematicae, habita tamen occasione a quantitatibus in materia sensibili repertis. (A. PICCOLOMINI, Commentarium cit., f. 95r, erroneamente numerato come f. 97). Si confronti, ad esempio, con il seguente passo della Metafisica: Le scienze matematiche non riguardano i sensibili, ne tuttavia alter cose separate da que sti. Le cose hanno per se stesse molte proprieta. In quanto a loro appartiene luna o laltra di esse: ci ` sono, poniamo, qualita peculiari dellanimale in quanto e maschio, o in quanto e femmina, sebbene ` ` ` ` non esista un essere maschio o femmina separatamente dagli animali. Ora, cos sara anche di cio che ` ` e peculiare dei corpi in quanto sono lunghezze e piani soltanto. (ARIST., Metaph., 1078a2). ` 61 A. PICCOLOMINI, Della filosofia naturale. Parte Prima, Venetia, Francesco Lorenzini 1560, f. 59r. 62 Ibid.
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legame di qualche tipo con la natura che la rende veritiera e non mendace.63 Piccolomini introduce lespressione quantum phantasiatum per indicare la quantita rappresentata nellimmaginazione: il quantum phantasiatum costitui` sce la materia della matematica ed e cio che la maggior parte degli autori chia` ` ma, in modo improprio, materia intelligibile.64 In altri termini, il quantum phantasiatum e derivato mediante loperazione di astrarre ogni peculiarita ` ` da qualsiasi oggetto: e nientaltro che la possibilita di acquisire specifiche de` ` terminazioni spaziali.65 La natura delle scienze matematiche giustifica, a parere di Piccolomini, la loro classificazione da parte di Proclo, Simplicio e Tolomeo, come scienze medie. Infatti, se e vero che le matematiche non hanno per oggetto la materia ` sensibile, e altrettanto vero che non ne sono del tutto prive. Sono quindi in` termedie per quanto riguarda la materia, ma lo sono anche per quanto riguarda la causa efficiente, in quanto Piccolomini individua la phantasia come causa efficiente e afferma che limmaginazione o phantasia e intermedia tra i sensi e ` lintelletto.66
63 [Le scienze puramente matematiche,] come sono la Geometria e lAritmetica, hanno per loro soggetto il piu perfetto accidente, che si possa trovare, che e la quantita; e non considerano ` ` ` in materia sensibile, ma fondata nellimmaginatione, non come cosa in tutto finta, e chimerica, ma come cosa, la cui radice finalmente ha qualche congiungimento con la natura; in guisa che per imaginarsi astratta da sensibil materia, non divien mendace, ne tien fallacia. Son dunque la Geometria, e lAritmetica per causa del soggetto piu imperfette di tutte le altre scientie. (De la sfera del mondo di ` m. Alessandro Piccolomini; di nuovo da lui ripolita, accresciuta & fino a sei libri, di quattro che erano, ampliata & quasi per ogni parte rinovata & riformata, In Vinegia, presso Giovanni Varisco e compagni 1562, p. 2). 64 Materia ergo harum scientiarum erit quantum ipsum, hoc modo, ut ita dicam, phantasiatum, et id a plerisque, quamvis non satis proprie, materia intelligibilis nuncupatur. (A. PICCOLOMINI, Commentarium cit., f. 95r). La terminologia criticata da Piccolomini risale ad Aristotele, che aveva chiamato la materia della geometria materia intelligibile (ARIST., Met., 1036). 65 Limportanza dellimmaginazione nella matematica e il suo ruolo di mediazione era stata sottolineata da Proclo che aveva discusso della questione allinizio del secondo prologo del suo Commento. Scrive, a tal proposito, Gregory MacIsaac: Phantasia has in it a universal which is different from the universal in sense-objects. But it is also different from the universal in dianoia. And this universal in phantasia finds itself in a matter which is likewise in between the matter of sense and the immateriality of dianoia. Phantasia is able to have in it figures which have extension and are divisible, through its formative motion, and the fact that it has its existence with and in the body [...]. Thus the mathematical objects in phantasia are able to admit of divisions and comparisons, and differences of magnitude, because they do have extension in matter. But the matter in which they have their extension is not the matter of sensibles, with its imperfection and ever-changing nature. (cfr. D. GREGORY MACISAAC, Phantasia between Soul and Body in Proclus Euclid Commentary, Dionysius, 19, 2001, pp. 125-136: 125-126). Sul ruolo dellimmaginazione in matematica si era gia soffer` mato Siriano, cfr. I. MUELLER, Aristotles Doctrine of Abstraction in the commentators, in Aristotle Transformed. The Ancient Commentators and Their Influence, edited by R. Sorabji, New York, Cornell University Press 1990, pp. 463-480: 471-472. 66 Ex hoc patet, quare mathematicae disciplinae, a Proclo, a Simplicio in primo de anima, et a Ptolemaeo in prefatione Almagesti, mediae scientiae nuncumpantur. Sua materia, medio modo se

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Il quantum phantasiatum e descritto da Piccolomini come una certa facol` ta comune alla geometria e allaritmetica, i due generi principali della matema` tica; 67 a suo parere, tale tesi trova sostegno in Proclo che, nei primi due libri del suo Commento, avrebbe menzionato una scienza comune alla geometria e allaritmetica, scienza dotata di un proprio soggetto, di propri principi e di specifiche proprieta e rispetto a cui la geometria e laritmetica sarebbero su` bordinate (in senso aristotelico).68 In effetti, Proclo discute a lungo dei principi e teoremi comuni alle matematiche 69 nei due prologhi del suo Commento e li fa derivare da una unica e sola scienza che comprende sotto di se tutte le scienze matematiche.70 Inol tre i teoremi comuni vengono riferiti a una natura comune che sottende le specie matematiche, ossia i numeri, le grandezze o figure, i movimenti.71 I teoremi comuni riguardano luguaglianza e la disuguaglianza tra entita omo` genee (Proclo considera sia rapporti semplici sia luguaglianza di rapporti, le proporzioni), la similitudine e la dissimilitudine, il metodo analitico e quello sintetico, ma anche il numero platonico che rende possibile calcolare la sterilita e la fecondita delle cose.72 A parere del filosofo greco, oltre agli assiomi e ` ` postulati specifici della geometria e dellaritmetica, esistono assiomi comuni; ad esempio, la proposizione la quantita aumenta allinfinito e un postulato ` ` comune ad entrambe le scienze, in quanto e valido sia per i numeri sia per le ` grandezze.73 Tuttavia, in Proclo la natura della scienza comune assume specifiche de` terminazioni nelle singole discipline in cui si esplicita; cos, ad esempio, in
habet, non omnino sine material sensibili, nec etiam in illa penitus immerse, eius vero efficiens, phantasia scilicet, est animae quaedam uis, quae inter sensum, et intellectum, medium locum tenet, et iccirco, ut duo extrema compraehendat eius nomen, ab Arist, intellectus passivus appellatur. Et sic patet, quae nam sit materia in mathematicis, et quid mathematicarum rerum efficies. (A. PICCOLOMINI, Commentarium cit., ff. 95r-95v). 67 Et hic obiter unum est notandum magni ponderis, quod cum quantum phantasiatum ostenderimus esse mathematicorum materiam sive subiectum, hoc quidam geometriae, vel arithmeticae, quae duae sunt mathematicae prima genera, subiectum esse dicitur, sed cuiusdam facultatis communis ad geometriam, et arithmeticam. (ivi, f. 95v). 68 Nam manifestissime Proclus in primo et 2. libro passim ostendit, dari quondam scientiam communem ad illas duas, quae proprium subiectum, et proprias passione, propriaque principia sibi vendicat, et illas duas sibi subalternat. (ibid.). 69 Sulla concezione di Proclo, cfr. G. CRAPULLI, Mathesis universalis. Genesi di unidea nel XVI secolo, Roma, Edizioni dellAteneo 1969, pp. 21-31. 70 Ivi, p. 23. 71 Ibid. 72 PLAT., Resp, 546a-e. 73 PROCL, In prim. Eucl., 12-29.

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geometria e in aritmetica, utilizzando i principi propri di tali discipline, la proprieta permutativa delle proporzioni (da A : B = C : D segue A : C = B : D) e di` ` mostrata in modo diverso per le grandezze geometriche e per i numeri. Inoltre, Proclo fa derivare la scienza comune dai principi dellessere e i suoi riferimenti alla scienza comune sono soverchiati dalla prevalente considerazione della scienza dellente.74 Infine, il filosofo greco non individua esplicitamente la scienza comune come disciplina distinta da altre discipline matematiche o dalla matematica nel suo complesso ne offre unadeguata caratterizzazione di tale scienza comune che ne precisi in modo chiaro le peculiarita e la situi allinterno delle matematiche. In altri termini, Proclo non ` identifica la natura comune delle scienze matematiche con la quantita astratta ` (anche se, in qualche occasione, identifica nella nozione di quantita le gran` dezze e i numeri) ne con la quantita sic et simpliciter.75 ` In effetti, Piccolomini finisce con lattribuire a Proclo 76 quella che e la sua ` concezione sullesistenza di una disciplina matematica comune, dotata di un proprio oggetto la quantita astratta , di proprieta e principi specifici, e ` ` autonoma rispetto alla geometria e allaritmetica, che anzi sono ad essa subordinate. A sostegno di tale tesi, il Senese menziona i libri V-VIII degli Elementi di Euclide, dove e trattata la proporzionalita: prima la proporzionalita tra ` ` ` 77 grandezze (libri V e VI), poi quella tra numeri (libri VII e VIII). Tuttavia, in Euclide la teoria delle proporzioni esposta nel libro V non tratta la quantita ` astratta, ma le grandezze continue, ed e nettamente separata dalla teoria delle ` proporzioni numeriche (libri VII e VIII). Come esempio di un teorema appartenente alla scienza comune, Piccolomini menziona la permutabilita delle pro` porzioni; si tratta un esempio gia fornito da Proclo 78 e a cui aveva fatto rife` rimento anche Aristotele, in un passo del libro I, cap. V, degli Analitici posteriori, riferimento che il Senese non manca di segnalare 79 come ulteriore prova della riconosciuta esistenza della scienza comune. In tale passo, Aristotele analizza in quali casi si puo giungere erroneamente alla convinzione che le ` conclusioni di una dimostrazione siano universali. Uno di questi casi si ha
G. CRAPULLI, Mathesis universalis cit., p. 26. Ivi, p. 25. 76 E da notare che Piccolomini giustifica la sua discussione della scienza comune affermando ` che essa e dovuta al fatto che alcuni, non esperti, contestano lesistenza di tale disciplina (o forse i ` riferimenti di Proclo a essa): Et hoc est contra quondam, qui non satis in hac disciplina periti, hoc non tenent. (A. PICCOLOMINI, Commentarium cit., 95v). 77 Ibid. 78 Ibid. 79 Quod etiam aperte innuere videtur Aristo. primo Post. Cap. quinto (ibid.).
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quando si vuole dimostrare una proprieta di certe cose che sono di specie di` verse ma hanno una natura comune; in assenza di nome per denotare la natura comune di tali cose, non si ottiene una dimostrazione universale, ma tante dimostrazioni ripetute. Come esempio di tale errore, Aristotele fornisce proprio lesempio della proprieta permutativa dei medi di una proporzione come era ` dimostrata prima della sua epoca:
E che i termini di una proporzione siano convertibili, lo si era gia provato sepa` ratamente, considerando le proporzioni tra numeri, tra linee, tra solidi etra intervalli di tempi, pur essendo certamente possibile condurre la prova riguardo a tutti quei casi con una sola dimostrazione; tuttavia, per il fatto che tutti questi oggetti numeri, lunghezze, solidi, intervalli di tempi costituiscono ununita priva di nome, e differi` scono gli dagli altri quanto alla specie, vengono considerati separatamente. Ora invece la cosa viene provata universalmente.80

Aristotele tuttavia non va oltre questo fugace accenno e non spiega che cosa hanno in comune numeri, lunghezze, solidi, intervalli di tempi; e Picco` lomini ad interpretare la proprieta comune cui fa riferimento lo Stagirita come ` quantita astratta. ` *** Nel capitolo finale del suo trattato, Piccolomini trae le conclusioni della sua analisi.81 La certezza della matematica deriva dalla natura del suo oggetto: la quantita astratta, il quantum phantasiatum, che e condiviso da tutte le nostre ` ` esperienze ma e anche separato da esse. Tale separazione della matematica dal ` naturale, se da un lato ne garantisce la certezza, dallaltro ne mostra con chiarezza i limiti. Invero, poiche loggetto della matematica la quantita e risul ` ` tato di processo di astrazione che la priva di tutte le particolarita degli oggetti ` concreti, tale oggetto perde qualsiasi intrinseca connessione con le forme sostanziali, ossia con gli oggetti effettivamente esistenti in natura. La matematica, di conseguenza, non puo essere determinante nella comprensione dei fe` nomeni naturali. Cio e vero anche per le matematiche miste che pure ` ` trattano oggetti naturali, in quanto le matematiche miste trattano gli aspetti quantitativi degli oggetti che non sono essenziali. Secondo Piccolomini, la filosofia naturale e le matematiche (in particolare le matematiche miste) possono trattare lo stesso oggetto ma lo fanno in modo del tutto differente. Anche il filosofo naturale considera entita come il punto o `
ARIST., An. Post., 74a17-25. A. PICCOLOMINI, Commentarium cit., ff. 106r-108r.

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la linea; per esempio, puo menzionare il punto per dimostrare che quel pun` to a cui si muovono le cose gravi, sia il centro delluniverso.82 Tuttavia, le entita considerate dal filosofo sono parti integranti del mondo materiale e sen` sibile, non sono separate da esso, appartengono alla materia sensata, non a quella immaginata e intellettuale della matematica. Poiche le cose della na tura non sono senza materia prodotte al mondo e il filosofo naturale, e contemplativo della natura 83 svolge la sua indagine sulla natura sempre considerando la materia, questi coglie la verita meglio del matematico, il quale ` ignora la materia,84 rimane estraneo alla considerazione delle sostanze e delle loro essenze e non puo giungere alla vera scienza. In conclusione, la matema` ` tica ha s il dono della semplicita e della certezza ma non la capacita di pene` ` trare lessenza degli enti naturali, prerogativa propria della filosofia naturale.

A. PICCOLOMINI, Della filosofia naturale cit., f. 59r. Ivi, f. 59r. 84 Gli oggetti fisici non sono in grado di soddisfare le definizioni matematiche (cfr. ARIST ., Met., 997b25-8a19): una sfera fisica non e mai realmente sferica in senso matematico, poiche lesattezza de` gli oggetti matematici e dovuta al loro essere astratti (essere inerenti alla materia intelligibile). `
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