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Piero Vereni – Università di Firenze
Intervento per il convegno I dialetti della tribù – Firenze 151617 settembre 2005
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Piero Vereni 8774107.doc stampato 15/09/05 1.35
“etnografico” sugli albanesi d’Italia, sicuramente non immune, nelle mie intendeva integrare. Il processo di omogeneizzazione pianificata si è quindi
intenzioni, da un certo gusto per la provocazione, ma che può indicare rivelato controproducente.
metaforicamente nuove forme identitarie che sappiano articolare in modo più 2. La materia prima che il progetto di costruzione dell’homo europaeus
complesso e “aggiornato” l’interazione tra passato come base e futuro come si trova a lavorare è per sua natura refrattaria a questo processo di
progetto. integrazione, dato che l’Unione pretende di suscitare un senso identitario
europeo in individui che già appartengono alle rispettive comunità nazionali.
L’invenzione dell’Homo Europaeus Entrambi questi argomenti, per quanto apparentemente ragionevoli,
rischiano di nascondere un implicito sostegno al sistema degli stati nazionali,
L’antropologo britannico Chris Shore ha condotto una lunga ricerca concepito come “naturale” in opposizione all’“invenzione” dell’identità
etnografica entro le istituzioni dell’Unione Europea a Bruxelles tra il 1995 e il europea. Per quanto riguarda il primo punto, cioè la pianificazione del
1997, intervistando funzionari e analizzando i documenti prodotti dalla processo di costruzione dell’identità europea da parte delle istituzioni, basta
Commissione Europea dedicati alla questione dell’identità e della cultura replicare che non esiste al mondo identità collettiva superiore a quella
comune europea. Il suo lavoro ha prodotto una serie di articoli e saggi strettamente locale che non sia il prodotto di una precisa pianificazione e
piuttosto interessanti, in cui vengono evidenziate e messe a nudo le strategie volontà politica. Francesi o danesi, colombiani o senegalesi, neozelandesi o
degli “eurocrati” per “istillare tra gli europei un nuovo tipo di ‘coscienza baschi, tutti i gruppi “nazionali” sono il prodotto di precise strategie di
europea’” (Shore 1999, p. 63). Soprattutto a partire dal marzo del 1993, uniformazione politica, culturale e sociale. Da questo punto di vista,
quando venne pubblicato il rapporto de Clercq, la classe dirigente dell’allora un’eventuale identità europea concepita e programmata dalla classe dirigente
Comunità Europea si pose esplicitamente la questione di colmare il cosiddetto altro non sarebbe che la replica su scala maggiore di un modello che si è
“deficit democratico” tra istituzione europee e comuni cittadini, dimostrato efficace per quasi duecento anni.
particolarmente distanti da qualunque legame affettivo con le istituzioni che Ma è sul secondo punto che le critiche possono essere più puntuali e più
andavano consolidandosi sul piano strutturale ma non di certo su quello finalizzate all’obiettivo di questo mio intervento. Shore, in sostanza, dice che
simbolico. Chris Shore racconta quindi i tentativi (maldestri fino al ridicolo) un’identità europea non è progettabile perché si scontra con forme identitarie
messi a punto dai commissari europei per indurre i giornalisti accreditati preesistenti e più forti. Vediamo un paio di passaggi in cui questo punto
presso Bruxelles a prestarsi come arma di propaganda per le magnifiche sorti sembra esplicitato in maniera decisa dall’antropologo britannico:
della nascente Unione; per invogliare gli storici a riscrivere i manuali Quei fattori che garantiscono coerenza e significato alle identità
“nazionali” in chiave esplicitamente europea; e per istituire addirittura un nazionali esistenti (come la condivisione di storia, memoria, religione,
premio dedicato alla “donna europea dell’anno”. Il fallimento di questa lingua e miti) sono esattamente gli stessi fattori che più dividono tra loro gli
politica volta cinicamente a inoculare un’identità europea concepita a tavolino europei e quindi non possono essere invocati come base per un’unità pan
è dipeso, nell’analisi di Shore, sostanzialmente da due fattori: nazionale… (Shore 1999, p. 55).
1. La sua natura scopertamente artificiosa e dettata da considerazioni di Ancora:
ordine strettamente economico e politico ha di fatto alienato i soggetti che
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Il problema fondamentale per l’Unione Europea è che, diversamente Ovviamente, le cose non stanno così, come dimostra la storia del
dalla maggior parte degli stati nazionali, l’Europa non dispone di una movimento operaio e dei movimenti di classe in generale (inclusi quelli di
coerente cultura comune, attorno a cui i suoi abitanti possano unirsi… estrazione borghese), delle organizzazioni che si battono per i diritti civili e i
L’Unione Europea è quindi uno stato in embrione senza una nazione, diritti umani, delle lotte studentesche e del femminismo (almeno in alcune sue
un’amministrazione senza governo (pp. 5657 corsivo mio).
fasi storiche), del movimento ecologico e della tradizione liberale radicale. È
possibile cioè concepire un’identità e sentirla condivisa non perché si proviene
Al di là dell’ovvia considerazione (forse più evidente a un italiano che a da una comune radice, ma perché si va verso un medesimo frutto.
un inglese) che gli stati nazionali “uniti” attorno a fattori di condivisione o a Negli ultimi trent’anni, con la crisi delle ideologie politiche classiche, la
una “coerente cultura comune” sono prodotti storici e non entità naturali tendenza generale delle forme dell’appartenenza va verso una decisa
eterne come potrebbe apparire da queste citazioni, quel che più mi interessa predilezione per le identità “radicate”, basate cioè sulla riproposizione in
evidenziare è l’assolutizzazione della dimensione dell’identità rivolta al forma politica di tratti culturali ereditati e dichiarati immutati o comunque
passato che emerge dall’argomentazione di Shore. L’Europa non può fondare tradizionali. Esistono però interstizi, forme spesso marginali o poco
(o inventare, in senso andersoniano) una propria identità perché l’identità appariscenti dell’appartenenza che sembrano proporre soluzioni alternative,
avrebbe bisogno di una base storica comune, e questa non è conseguibile che forse possono adombrare una prospettiva anche per l’Europa in generale.
perché i singoli stati europei hanno sviluppato basi storiche divergenti. È a una di queste forme che intendo volgermi brevemente in chiusura del mio
Negando quindi la possibilità di un’identità europea fondata su un comune intervento.
sguardo rivolto al passato, Shore (come molti euroscettici, del resto) sta
essenzializzando la natura storicamente fondata dell’identità, sta cioè negando La trasmissione dell’appartenenza: identità albanese e televisione
la possibilità di forme identitarie che giochino eventualmente con la
commerciale italiana
complessità e le molteplici sfaccettature del passato per organizzare e mettere
a punto un progetto per il futuro. Riprendendo la tipologia che abbiamo Nel 1995, mentre svolgevo la ricerca sul campo in Macedonia
indicato all’inizio, Shore considera legittima (pur se irrealizzabile) solo una occidentale greca per il mio dottorato, mi sono recato diverse volte in Albania
concezione “etnica” dell’identità europea, negando qualunque eventualità di in visita a Gilles de Rapper, un collega francese che conduceva la sua ricerca
svilupparne una dichiaratamente “politica”. Dire che non può esistere nell’area di confine tra Albania e Grecia. Durante uno di questi viaggi, a
un’identità comune europea perché le identità nazionali sono troppo forti e Voskopoj ebbi modo di chiacchierare con Dhori Fallo, un professore di
basate sulla condivisione di elementi fondamentali non solo naturalizza matematica in pensione che parlava un elegante italiano imparato durante la
l’appartenenza nazionale (nascondendo il lento e spesso dolorosissimo prigionia in Italia negli anni Quaranta. Tenendo in braccio il nipotino di pochi
percorso di nation building intrapreso dai singoli stati soffocando anche con la mesi, Dhori mi raccontò che aveva due figli, uno sposato che lavorava
forza la differenza culturale interna) ma tende inoltre a veicolare l’idea che clandestinamente in Grecia (il nipotino era figlio suo), e l’altro in Italia dal
l’unica forma possibile di appartenenza collettiva sia quella che si fonda sul 1991, arrivato con una di quelle terribili carrette del mare stipate di uomini che
passato e sulla sua riproposizione immutata. tutti ricordiamo quell’estate. Il discorso che il padre tenne al figlio prima di
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vederlo imbarcare fu di questo tenore: “Vai in Italia, cercati un lavoro lì e Maria de Filippi) Kledi Kadir ne era il primo ballerino. Il programma (giunto
dimenticati di essere albanese. Sposati se puoi con una donna italiana e cresci quest’anno alla sua quinta edizione) è concepito come un game show in cui un
dei figli italiani. Adesso non è tempo di essere albanesi, non abbiamo una gruppo di giovani partecipa a tempo pieno a una scuola per artisti (cantanti,
dignità da difendere, ma solo miseria umana e morale da sconfiggere. Tra ballerini e attori) che prevede una serie di sfide settimanali tra i partecipanti.
qualche anno, quando e se l’Albania ritroverà un suo onore, potrai dire ai tuoi Le sfide ripetute portano all’eliminazione progressiva degli
figli che sono albanesi, ma non adesso, adesso dimenticati anche tu che studenti/concorrenti in base al giudizio di una commissione e ai voti telefonici
provieni da questo Paese”. Ricordo la forte impressione che mi suscitò questo del pubblico a casa, fino alla proclamazione del vincitore assoluto. Già alla
imperioso comando paterno a scordare la patria. All’epoca, gli albanesi non seconda edizione, tra gli studenti vi era una ragazza albanese, Anbeta
godevano in Europa di grande fama, ed erano generalmente considerati poco Toromani, che proveniva dalla stessa scuola di Kledi e che sarebbe giunta
affidabili. Noti alle cronache solo per i casi criminali, sembravano in generale seconda alla finale. La stagione successiva (20032004) gli studenti albanesi
aver fatto tesoro del consiglio di Dhori, rendendosi, perlomeno in Italia (il della scuola di Maria de Filippi erano due: Olti Shagiri (fratello minore di Ilir
paese con la più alta percentuale di emigrati, assieme alla Grecia) Shagiri, un altro ballerino da qualche anno nel corpo di ballo di Maria de
praticamente invisibili, anche per via delle caratteristiche somatiche Filippi) e Leon Cino, ballerino molto dotato che infatti vinse quell’edizione.
“mimetiche”. Ma quest’immagine sbiadita dell’identità albanese sta La quarta, conclusasi lo scorso maggio, ha visto la partecipazione di altri due
lentamente modificandosi, almeno in Italia. Il mutamento, che riguarda ragazzi albanesi: Tili Lukas e Klajdi Selimi. Quest’ultimo (albanese kosovaro)
assieme la categorizzazione esterna (cioè il modo in cui gli italiani vedono gli è stato sicuramente il personaggio chiave dell’anno, anche se non ha vinto la
albanesi) e l’identificazione interna (cioè il modo in cui gli albanesi vedono se gara: con la sua vena polemica, la costante rivalità con Marco, un altro allievo
stessi) ha iniziato a prendere forma all’inizio del terzo millennio, grazie a una della scuola che non esitava a fare appelli agli “italiani” perché votassero lui
serie di eventi in parte casuali. invece di un “albanese”, e con il rispetto profondo mostrato verso il pubblico
Tra gli albanesi giunti in Italia con la prima ondata del 1991 vi era che numerosissimo lo votava da casa, Klajdi ha catalizzato l’attenzione di un
anche un ragazzo non ancora ventenne di nome Kledi Kadir. Dopo aver pubblico sempre numeroso (i dati di ascolto del programma nella sua fase
trascorso alcuni giorni nello stadio di Bari, fu espulso come tanti suoi serale si aggirano attorno ai sei milioni di telespettatori; per le fasi finali i voti
connazionali, per rientrare in Italia solo due anni dopo. Aveva studiato da casa hanno sfiorato il milione, anche se la telefonata costava un euro).
all’accademia di ballo di Tirana, famosa per la serietà e la durezza degli Anche l’edizione partita da pochi giorni prevede la presenza di un altro
insegnanti, e per qualche tempo era vissuto nel nostro Paese facendo lavori ballerino albanese, Endri Roshi.
saltuari e continuando a esercitarsi come ballerino. Scoperto dalla Questi ragazzi albanesi sono riusciti a modificare in modo sostanziale il
presentatrice televisiva Maria de Filippi, era diventato uno dei ballerini dei giudizio di molti loro coetanei italiani sull’identità albanese. Se dieci anni fa
suoi numerosi programmi, riscuotendo molto presto le simpatie del pubblico albanese era sinonimo di immigrato clandestino, criminale, persona pericolosa
italiano, soprattutto giovane e soprattutto femminile. Quando, nell’autunno o comunque povera (in Grecia girava allora una terribile freddura: sai qual è la
2001, Maria de Filippi lancio il programma Saranno famosi (che dall’anno barzelletta più corta del mondo? Turista albanese!) oggi tra molti giovani
successivo cambiò titolazione per ragioni di copyright, diventando Amici di italiani albanese significa anche spirito di sacrificio, caparbietà, orgoglio e
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determinazione. Per molte ragazze, poi, è innegabile che l’uomo albanese Quest’immagine sta chiaramente contaminando l’autorappresentazione
abbia assunto connotazioni sexy del tutto impensabili fino alla comparsa di degli albanesi in Italia, che seguono numerosissimi il programma Amici di
Kledi e dei suoi connazionali sul piccolo schermo. Maria de Filippi con veri gruppi di ascolto che partecipano attivamente al
Questa immagine prodotta dalla televisione italiana ha iniziato a voto da casa. Anche se non dispongo ancora di dati precisi, visto che la mia
riverberarsi sull’autorappresentazione degli albanesi, in Italia e in Albania ricerca in questo campo è appena avviata, mi sembra credibile ipotizzare un
(dove i programmi di Mediaset sono particolarmente seguiti). Gli “eroi” delle “ritorno” dell’identità albanese tra gli immigrati in Italia, soprattutto tra i più
sfide di Maria de Filippi sono intervistati sui settimanali popolari albanesi e giovani, che sembrano quindi aver trovato una risposta alla richiesta del
proposti come modelli per la gioventù nazionale. Klajdi Selimi che, con la vecchio Dhori di dimenticarsi di essere albanesi. Oggi, sembrano dire i
bandana in testa e perennemente a torso nudo (come spesso Kledi, il giovani albanesi in Italia, è finalmente possibile “ricordare” la propria identità.
capostipite di questa nuova generazione di artisti albanesi), dichiara di sentirsi Come è evidente, è un ricordare spurio, che mescola in una miscela del tutto
“un gladiatore più che un ballerino” incarna un modello appetibile per gli originale la tradizione balcanica del ballo come espressione sociale, la scuola
italiani e per gli albanesi. albanese di balletto classico, l’espressione di una virilità estremamente fisica e
La messa in scena del corpo come strumento di performance di poco “ciarliera”, lo spirito competitivo e l’orgoglio di un popolo “tribale” con
eccellenza ricorda senz’altro altri casi precedenti: i giocatori di cricket indiani le esigenze del mercato televisivo, il sex appeal del body fitness, la telegenia e
nelle squadre inglesi o i campioni afroamericani di atletica. Corpi senz’altro la capacità di assecondare le richieste del pubblico. Non vi è, in tutto questo,
naturalizzati, addomesticati dallo sguardo egemone in funzione di un nulla di chiaramente orientato al passato (un’opzione impraticabile di fatto per
godimento estetico rassicurante. Ma corpi anche in grado di riscattare gran parte degli albanesi) ma piuttosto la voglia di progettare un sentire
un’identità smarrita se non esplicitamente sottomessa, in grado di comune con i frammenti della modernità e della tradizione, senza temere il
riappropriarsi di una dignità personale che può diventare condivisa dall’intera mutamento ma accettandolo come parte inevitabile di un qualunque sano
comunità di riferimento. In tutti questi casi, il lavorio sul corpo passa processo di identificazione collettiva che non voglia sclerotizzarsi nella
attraverso la storia “occidentale” della disciplina che si apprende, ma anche nostalgia del bel tempo che fu.
attraverso la genealogia delle proprie “origini”: come la “magia” indiana
diventa capacità funambolica sul campo da cricket, e come la “naturalità” Conclusioni
africana diventa potenza esplosiva sulle piste di tartan, così l’orgoglio
“balcanico” degli albanesi diventa capacità di disciplinarsi, di rimanere fedeli Cosa può dirci questo esempio, per quanto modesto, sull’identità
all’obiettivo senza cedere alle lusinghe del facile successo. Così descrive una europea? Due cose, credo. La prima è che un’appartenenza collettiva,
giornalista italiana le ragioni del successo di Kledi: qualunque sia la sua forma sociale e la sua dimensione politica, non deve
Kledi non riflette il cliché del divo osannato e capriccioso, ma necessariamente fondarsi sulla piena condivisione di un passato: esistono
trasmette l’idea del lavoratore scrupoloso, preparato e devoto al pubblico forme di appartenenza altrettanto ricche, altrettanto coinvolgenti sul piano
che lo apprezza, rispettoso di una gloriaa raggiunta con fatica attraverso emotivo, che non necessitano di chissà quale profondità storica a proprio
interminabili ore di preparazione (Seralisa Carbone, sul sito Leonardo.it). fondamento. Questo principio può valere anche per l’identità europea, che non
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ha quindi l’obbligo di individuare le proprie “radici” per sentirsi legittimata,
ma che può a pieno titolo rivendicare la propria “giovinezza”, se ha comunque
qualcosa da dire e, tanto più, da fare.
L’esempio albanese può inoltre aiutarci a capire che in certe fasi
storiche l’oblio del passato non è necessariamente una fuga
deresponsabilizzante, né coincide per forza con la damnatio memoriae
imposta ai vinti dai vincitori, ma può essere l’unica via per sfuggire alle
strettoie del presente, costringendoci a inventare soluzioni nuove. L’Europa è
stata per molti secoli fucina di pensiero e di dominio, maschera del potere e
crogiolo del sapere. Per il nuovo millennio, l’identità europea avrà bisogno di
nuove forme dell’appartenenza, che riescano a concepire uno spazio civile
senza presupporre l’omogeneità dei cittadini che quello spazio occupano,
come invece ancora tende a fare il vecchio modello dell’appartenenza
nazionale. Se riuscirà a pensarsi solida senza bisogno di essere rigida, proprio
come un ballerino può essere forte senza per questo essere goffo o impettito,
una nuova identità europea sarà senz’altro benvenuta.