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MARINA BEER LItalia degli italiani nellopera di Ippolito Nievo

Una delle grandi questioni che attraversano buona parte della letteratura italiana dellOttocento e del Novecento verte su come costruire la mappa di una geografia ideale dellItalia, tale da restituire agli italiani non lastrazione di un espressione geografica ma lo spazio di una nazione riconoscibile e percepibile come immagine riflessa dei suoi aspetti caratterizzanti. Ad essa a quella questione, a quel problema, voglio dire lOttocento dar alcune risposte irreversibili (nel bene come nel male). Nazione senza centro e senza costumi (GlItaliani hanno piuttosto usanze e abitudini che costumi), senza opinione pubblica, senza conversazione, come la definisce Leopardi nel Discorso sopra i costumi degli italiani (1827), lItalia anche priva dei generi moderni della letteratura, quelli che nascono spontaneamente nelle altre nazioni che hanno un centro, una societ, una civilt: poesia (non versificazione); opere sentimentali; romanzi; un teatro nazionale. Secondo Leopardi nelle altre nazioni dEuropa quei generi letterari contribuiscono a creare unidentit nazionale moderna, proprio perch nati dalla ricerca di quel buon tuono e di quella civilt, di quellamor proprio di cui lappartenenza ad una nazione componente fortissima: invece allItalia mancano esattamente i generi letterari nei quali fuori dItalia prende corpo la geografia ideale di una nazione, il suo spazio di autorappresentazione e di riconoscimento di s. Per uno dei tanti paradossi della storia italiana e in conformit con quella che una costante nella storia della nostra cultura intellettuale le generazioni successive a quella di Leopardi affideranno soprattutto alla letteratura e ai letterati il compito di costruire quella nazione civile, quella societ, quei costumi, quel centro che allItalia mancano; e parte vitale della costruzione di quel centro sar proprio la geografia ideale dellItalia degli italiani. UnItalia che si contrapponga a quella disegnata nei primi decenni dellOttocento dai tanti stranieri (Sismondi, Madame de Stal e Chateaubriand, Goethe e Shelley, Byron e Keats, Lamartine e Stendhal) che hanno cercato di

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delinearne unimmagine dallesterno, di volta in volta idealizzata romanticamente per la sua diversit come focolaio di energie pre-moderne, denigrata come spina nel cuore dellEuropa dellEt del Progresso, oppure trasformata in terra dei morti, teatro monumentale della decadenza di una grande civilt, un paesaggio dove la storia si fatta natura e si offre allo spirito europeo unicamente come oggetto di elegia. Contrastare limmagine dellItalia costruita dagli stranieri e costruirne unaltra, che corrispondesse alla percezione di uno stato nazione di tipo europeo sar il compito che assumeranno su di s gli scrittori del Risorgimento. In questo sforzo il romanzo appare come uno dei generi che meglio sa offrire al nazionalismo letterario la possibilit di rappresentare lo spazio dello stato nazione nelle sue caratteristiche salienti. Lo spazio di uno stato nazione infatti ha una interessantissima peculiarit, rispetto ad altri spazi in cui la gente vive: non percepibile direttamente. In questo molto diverso dalla valle, dalla tenuta, dal villaggio, dalla corte, dalla citt...Il romanzo forse diventato cos indispensabile alla cultura (e soprattutto alla cultura che aveva prodotto lo stato nazione) perch ne ha reso immaginabile lo spazio.1 In ogni letteratura europea si sviluppa infatti con modi e tempi diversi, tra la fine del Settecento e la prima met dellOttocento, una geografia romanzesca che cerca di rappresentare la nazione, di renderla percepibile al lettore. Proprio la ricerca di questa rappresentazione, a mio avviso, una delle costanti della sperimentazione e della pedagogia letteraria di Ippolito Nievo (1831-1861), un autore che volle sintetizzare nella sua opera maggiore, Le Confessioni di un Italiano (1858), i risultati e le acquisizioni di alcuni decenni di narrativa italiana, ma che anche negli altri settori della sua attivit di scrittore (fu drammaturgo, poeta, novelliere, giornalista, epistolografo) non perse mai di vista questo stesso filo conduttore italiano. Nel tentativo di rendere italiani i risultati della sua sperimentazione, Nievo procede sempre in dialogo fitto, incessante e originale con il passato prossimo della letteratura che ad essa fa da sfondo. Proprio per questo motivo mi parso che, malgrado, o forse proprio a causa dellevidente anacronismo, loccasione del Convegno Italia e Italie fra Rivoluzione e Restaurazione permettesse di accostare la sua rappresentazione dellItalia ad altre, maturate molto prima di essa, ma rimaste vive ed operanti anchesse anacronisticamente molto al di l dei momenti che le videro nascere: una particolarit, unanomalia questa, tutta letteraria e tutta italiana. Ippolito Nievo, il romantico poeta soldato garibaldino (1831-1861), scrittore minore generalmente annesso tout-court alla letteratura risorgimen-

1 F. MORETTI, Verso un atlante storico della letteratura, in Scene, itinerari, dimore. Lo spazio nella narrativa del 700, a cura di L. Innocenti, Roma, Bulzoni, 1995, pp. 184-194, p. 193.

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tale. Solo negli ultimi decenni, grazie ad un paziente e purtroppo ancora parziale lavoro di edizione e di scavo dei suoi scritti, condotto a partire dalledizione delle Opere curata nel 1954 da Sergio Romagnoli, Nievo sta acquistando negli studi una collocazione pi aderente alla realt complessa e originalissima della sua personalit e della sua scrittura. Autore apparentemente facile ed amabile, certamente incontinente, a volte prolisso, dominato tuttavia da una consapevolezza della propria scrittura e da una tensione sperimentale che raro trovare altrettanto sviluppata negli stessi anni, Nievo ebbe modo di mettere a punto le forme della sua rappresentazione dellItalia intervenendo sui modelli di essa cos come la tradizione glieli consegnava definiti nei generi che scelse di praticare, dal saggio giornalistico di informazione al romanzo storico. Lo guidava lidea nobile di una letteratura di educazione, duttile, flessibile fino al mimetismo nei confronti del lettore (o della lettrice): unidea della scrittura, sia privata sia pubblica, come conversazione scritta, lettere ad amici2 rivolte alla formazione di un carattere, di un costume colto e moderno e di una conversazione appunto italiani. In tutte le sue opere il dovere programmatico di rappresentare lItalia contemporanea si scontra con lenorme difficolt a delineare questa entit ideale, largamente immaginaria. Difficolt comprensibile: giacch la realt italiana di allora consentiva, accanto alla rievocazione mascherata nel romanzo storico, un unico tipo di rappresentazione dello spazio nazionale: quella di un rapporto bidirezionale potremmo dire a pendolo tra piccola patria locale e grande patria nazionale. Tanto pi arduo era il compito di Nievo in quanto nel decennio di preparazione negli anni che coincisero con quelli della sua breve e precoce maturit la grande patria nazionale non esisteva se non come astrazione politica, linguistica o poetico-retorica, era una diffusa periferia priva di centro che faceva da sfondo alla realt delle mille piccole patrie.

1. La geografia italiana : lItalia linguistica negli articoli e nei saggi


Una prima approssimazione a questo ideale nazionale (nellambito delle scelte di poetica esplicita come sullorizzonte della scrittura) espressa proprio dalla scelta linguistica di Nievo, via via sempre pi consapevolmente elaborata nei suoi scritti in direzione di un compromesso fra lingua letteraria e lingua delluso regionale,3 e teorizzata quasi di pari passo in alcuni interventi giornali-

2 P. V. MENGALDO, Lepistolario di Nievo: unanalisi linguistica, Bologna, Il Mulino, 1987, p. 354. 3 Ivi, p. 353. In questa scelta Nievo, come molti scrittori suoi contemporanei, si mette direttamente in rapporto con il Manzoni della prima edizione dei Promessi Sposi, con la sua

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stici. La sua riflessione sulla questione della lingua anche sotto il profilo dellesplicitazione teorica si presenta con un livello di elaborazione, bench non analitica, certamente pi consapevole e coerente di quanto non si sia inizialmente voluto assumere in sede critica, se la ritroviamo come tematica costante di tanti suoi scritti, non solo sotto lo stimolo di spunti pubblicistici occasionali. Essa lenunciazione di quei principi generali che lo scrittore applica coerentemente nel corso di quella ricerca continua sui dati della lingua che lo spoglio linguistico delle sue opere ha ormai provato:4
Quel lento trapasso per cui la prisca favella Italica si venne trasformando nella multiformit dei nostri dialetti, non and privo, come dicemmo, delle sue manifestazioni poetiche. Nessuna lingua dEuropa ricca di cos svariate gradazioni come la nostra, e se da un lato questa non minima fra le cause delle nostre cento piaghe perpetuandosi per essa il fuoco infame delle discordie cittadine e delle invidie municipali, pur daltra parte non mancano gli effetti buoni, ove si consideri la maggior originalit che ne desumono le diverse regioni della penisola, e il grande vantaggio che insensibilmente proverr alla lingua scritta dalla fusione che di questi immensi materiali parlati si verr operando sotto la pressura unificatrice del tempo. La Lingua Italiana sta come un gran serbatoio in cui di secolo in secolo si vanno depositando gli elementi pi puri di ben dieci vocabolari, vagliati dalluso di sei o sette generazioni, e ripuliti dalla prudente pratica degli scrittori. Le frasi per avventura illogiche, o troppo rozze e avventate, o prolisse dei dialetti, se sono rifiutate come spurie dal seno della loro gran madre, durano prima per lunghi secoli nei volgari discorsi, poi vanno scomparendo al fondo, sovente per immegliarsi, talora per impeggiare, sempre per tendenti a passare dalluso provinciale al generale sia per la crescente uniformit delle opinioni italiane, sia per natural attitudine di ogni segno che vesta acconciamente il concetto.5

Analoghe posizioni pre-ascoliane vengono enunciate nettamente in uno scritto giornalistico del 1857, e precisano una linea di ricerca linguistica che

ricerca dei punti di contatto tra voci toscane e voci regionali lombarde: Il che comporta non solo la possibilit di acquisire allitaliano buon numero di settentrionalismi, ma anche il fatto che quelle concordanze sono cercate spesso e volentieri non al centro ma alla periferia dellitaliano standard stesso (aulicismi o arcaismi o daltra parte zone di toscanit accusata). Importa qui sottolineare come questo atteggiamento liberale, che convoca a riscontro non un preciso italiano, ma tutte le possibili, e anche marginali frange della lingua, riesca precisamente lopposto di quello tenuto da Manzoni nella seconda edizione del romanzo.... Ivi, p. 334. 4 Si vedano oltre al gi citato studio di Mengaldo sulla lingua dellEpistolario, anche quello dello stesso autore sulle varianti del romanzo Angelo di Bont in P. V. MENGALDO, Sulla lingua di Angelo di Bont, Rivista di Letteratura italiana, 1986, pp. 93-140. 5 Studii sulla poesia popolare e civile massimamente in Italia. Pubblicati nellestate del 1854 su LAlchimista friulano, e poi stampati in opuscolo, gli Studii sono stati ripubblicati con una premessa di Ferruccio Ulivi in La Lapa, Argomenti di storia e letteratura popolare, II, 2, suppl.1, giugno 1954, da cui cito (p. 20).

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ricalca il cammino indicato dai Promessi Sposi del 1827 e mette tra parentesi la lezione manzoniana successiva:
Gli scrittori, disusati al nativo vernacolo, e a cui pi facili dei modi di questo soccorrono i modi degli scrittori forestieri, con questi savvantaggiano, lasciando quelli rozzi conversari della plebe; e anzich torre in mano il ferro casalingo e temprarlo e comporne famigliari e robusti utensili, piegano sovente alla pi comoda via di ritrarre doltralpe bello e lavorato lacciaio. Ma se ben avvisati filologi mettessero mano a mano sottocchio ai letterati il tesoro delle ricchezze domestiche, tale sconcio non avverrebbe, e leggeremmo pi di sovente de libri come i Promessi Sposi, nei quali la lingua scritta si vivifica ponendo largamente sue radici nello spirito dellidioma parlato. Come il Manzoni ha fatto un s opportuno spoglio delle maniere speciali de dialetti lombardi, cos noi vorremmo altri facessero qua e l per la nostra penisola, massime dove i linguaggi serbano una maggiore originalit; che se anco non fosse pari lingegno, lopera comune servirebbe a generale raffronto, e a sintesi futura della lingua colta.6

Nellenunciare quel percorso, Nievo non faceva altro che portare alle loro ultime conseguenze le premesse della sua stessa competenza linguistica di parlante e di scrivente, stratificata di componenti venete, lombarde, friulane. La molteplicit delle patrie e dei dialetti di base nieviani la premessa senza la quale diventano difficilmente comprensibili oltre agli esiti della sua prosa anche quelli della teoria linguistica e della concezione politica della cultura che tale scrittura anticipano e accompagnano.7 Il valore della lingua parlata anche nella sua dimensione dialettale come vettore dellidentit del luogo parte integrante della geografia nieviana. Cos nella descrizione del Friuli che apre il romanzo Il conte Pecorajo:
Un bel paesino guarda nel mezzano Friuli lo sbocco di quelle forre, che dividono il parlare italico dallo slavo..8

Lo scritto, recensione al lavoro di JACOPO PIRONA Voci friulane significanti animali e piante, pubblicate come saggio di un Vocabolario generale della lingua friulana, fu pubblicato in Rivista Euganea di Padova, I, n. 21, 1 ottobre 1857, pp. 167-68, e ora in I. DE LUCA, Ippolito Nievo collaboratore della Rivista Veneta di Venezia e della Rivista Euganea di Padova. Con inediti e una noterella, in Memorie dellAccademia Patavina di SS.LL.AA. Classe di Scienze Morali, Lettere ed Arti, LXXVII, 1964, pp. 177-80. 7 Linteresse della posizione linguistica di Nievo [...] sta anzitutto nel fatto che, a differenza di Verga come degli scapigliati, e prima di Manzoni, essa non si articola fra quattro poli: il dialetto nativo da un lato, dallaltro il toscano, litaliano letterario e il francese; ferme restando queste tre componenti, in lui quella dialettale non univoca ma si frastaglia in varie sottocomponenti. MENGALDO, LEpistolario, cit., p. 340. 8 Il conte pecorajo. Storia del nostro secolo, in I. NIEVO, Le Confessioni di un Italiano. Scritti vari a cura di F. Portinari, Milano, Mursia, 1967, vol. II, p. 309.

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Lincipit paesistico-linguistico del breve romanzo sovrappone senza soluzione di continuit i confini linguistici ai confini fisici, e la conferma del dato politico della nazionalit affidata alla vita dei dialetti, che nel loro rivelare inaspettate somiglianze interne testimoniano appunto dellesistenza di una realt nazionale. Cos viene caratterizzata altrove la citt di Grado:
Grado, squallido renaio fra mare e laguna che ad ogni anno si ristringe pei continui assalti del mare aizzatogli contro dallo scirocco; povero nido dun idioma tra il veneto e il friulano, che da quello la dolcezza e la sonorit, da questo ritrae alcuna somiglianza col latino, e cos com, meglio dogni altro dialetto dItalia settentrionale si raccosta al toscano..9

In tanti casi... al di sotto della ciarla, della breve di cronaca, emerge il radicamento in una citt, che sia Udine, Venezia o Mantova in un luogo cio che concretizzi e renda visibile la geografia ideale nieviana. La contraddizione con altre pratiche scrittorie dellautore solo apparente se si guarda indietro negli anni alle note stese nel 1855 per la Cronaca di Mantova. La nota erudita, la presentazione di monumenti o di avvenimenti culturali sono sempre funzionali allo sviluppo economico e civile; Nievo sempre pronto a cogliere la connessione organica tra la microstoria locale e lambito pi vasto della storia della nazione-Italia in pagine che ricordano per impostazione gli scritti di Cattaneo sulleconomia lombarda. La dialettica tra piccola patria nativa e grande patria nazionale vi rivisitata a partire da una condizione esistenziale e culturale tutta particolare: in verit io non sono a rigor di termine n di Mantova n di Padova, n del Friuli, che anzi per questo mio vagabondaggio, sono venuto fermandomi in capo lidea di una patria alla mia maniera.10 Anche nella sua narrativa Nievo sceglier la dimensione romantica del vagabondaggio esistenziale (tutto lopposto del turismo) come strumento per la costruzione di una geografia ideale dellItalia: questo tipo di viaggio costruisce la patria nella coscienza del lettore secondo alcuni modelli consegnati al narratore Nievo dalla tradizione, e da lui reinventati.

Le maghe di Grado. Note dun pellegrinaggio estivo. Scritto a Colloredo nellagosto 1856, fu pubblicato per la prima volta nel giornale La Lucciola di Mantova nel 1856. Ora in Novelliere campagnuolo, cit., pp. 349-381. La breve narrazione di viaggio, sottotitolata novella, una rclame di Grado come luogo di villeggiatura borghese. Nievo schizza il bozzetto di un piccolo e misero borgo di pescatori e della minuscola societ dei villeggianti e dei suoi costumi. Ma al termine della vacanza, la citt appare restituita alla sua poesia, cio alla sua storia e alla sua identit, composta appunto di natura, storia, lingua. Il soggiorno era gi stata narrato alla madre in una lettera. (v. Lettere, n. 234). 10 La citazione tratta dallarticolo Cronaca di Mantova, pubblicato in Il Caff, a. I, n. 27, 5 aprile 1855, ora in I. NIEVO, Scritti giornalistici, cit., a cura di U.M.Ulivieri, Palermo, Sellerio, 1996, p. 101.

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2. Il viaggio in Italia: tra piccola patria e patria nazionale nelle novelle e nei romanzi
1. Il viaggio degli umili Le Confessioni del Nievo sono opera di uno scrittore italiano e libero quanti altri mai, che nellopera stessa percorre lItalia in lungo e in largo e non se ne contenta, va anche fuori, ma che nella vita stato una sola volta in Toscana, pochi mesi del 1849, troppo presto, e a Torino giunto nella primavera del 1859, troppo tardi per lo scrittore, e fuori dItalia non mai stato.11 Sia pure divelta dal suo contesto, e alquanto forzata nel suo significato, questa osservazione di Carlo Dionisotti pu giovare nellintrodurre il tema del viaggio in Italia nella narrativa nieviana. Con due precisazioni preliminari: Nievo fu scrittore itinerante per natura, indole, destino come la sua stessa morte, morte in viaggio, sta a confermare12 ma non fu scrittore odeporico se non occasionalmente; in secondo luogo proprio per questa sua qualit di scrittore che o scrive o viaggia (ma che non scrive il viaggio se non raramente), Nievo scrive da viaggiatore sedentario. Viaggiatore sui libri, sa delineare o abbozzare sulla pagina senza alcun imbarazzo la fisionomia di luoghi che non ha mai n visto n conosciuto direttamente.13 A fronte di questa disinvoltura di scrittoio sta una profonda seriet di intenti, la stessa che presiede alla scelta dei principali modelli di viaggio che strutturano le narrazioni nieviane. Il primo modello, dominante nelle narrazioni campagnole, il modello del viaggio manzoniano, il viaggio degli umili, di chi, come i protagonisti man-

C. DIONISOTTI, Appunti sul Nievo in Miscellanea di studi in onore di Vittore Branca, Olschki, Firenze 1983, V, pp. 1-13, ora in Appunti sui moderni. Foscolo, Leopardi, Manzoni e altri, Bologna, Il Mulino, 1988, pp. 337-350, p. 340. 12 Sul tema del viaggio nellopera nieviana si veda il contributo parziale di M. COLUMMI CAMERINO, Il tema del viaggio nella narrativa di Ippolito Nievo, in Quaderni Veneti, 11, giugno 1990, pp. 154-167. Ad una pi attenta osservazione, si pu verificare con facilit come la metafora del viaggio sia usata (ed abusata) da Nievo con grande frequenza e nelle circostanze retoricamente pi disparate. Lo scrittore la usa per raffigurare le pi varie attivit mentali, espressive ed esistenziali sia nella sfera della scrittura che in quella dellesperienza intellettuale e pratica. 13 Sotto questo profilo interessante osservare che anche molti dei suoi scritti giornalistici sono stesi allo stesso modo, anche quando si pretendono e fingono cronache, secondo una prassi diffusa nel giornalismo dellepoca, teso a delineare umoristicamente unatmosfera, un costume... attraverso la riscrittura di informazioni ricevute da altri o da altre fonti. Cfr. U. M. OLIVIERI, Un giornalista sconosciuto, cit., pp. 24-25.

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zoniani, costretto per forza a lasciare la sua piccola patria per affrontare un ignoto che gli si presenta nella forma ostile ed estraniata del grande mondo urbano. Questo tipo di viaggio un movimento circolare, che riporta lattore della narrazione al luogo di partenza rurale dopo unesperienza del mondo urbano che per forza lha trasformato: un viaggio in cui la citt il luogo dellesperienza e della formazione, ma lo solo in quanto, abbandonando la citt, il soggetto pu completare la sua esperienza esistenziale ritornando alla piccola patria. Il moto dalla periferia al centro trova di nuovo la sua quiete nella periferia. Attingendo allutensileria delle fonti letterarie romantiche nella grande aria in prosa dellAddio ai monti di Lucia14 Manzoni ha portato alla luce e ha dato voce per il suo pubblico borghese non solo ai sentimenti che accompagnano il pellegrinaggio rurale, il viaggio del contadino che emigra sotto la spinta della povert e del bisogno, ma anche al pathos dellesule politico che la necessit e il destino costringono a lasciare la patria: due temi cari allideologia risorgimentale che produrranno nella prosa successiva ai Promessi Sposi molti altri addii, e molti viaggi circolari. Allo stesso tempo il modello manzoniano sta l a dimostrare che lemigrazione dalla piccola patria nella citt ostile non serve a possedere una patria pi grande; anzi nel suo movimento dalla periferia al centro e poi dal centro alla periferia ribadisce la priorit insostituibile della prima sulla seconda e conferma limpossibilit di rappresentare un modello di nazione che renda equilibrata la dialettica fra le due. Tuttavia i protagonisti dei Promessi Sposi spezzano il movimento pendolare verso la piccola patria per spostarsi verso una, due altre piccole patrie e verso il salto di classe, da operai a piccoli imprenditori (lo spazio borghese del finale dei Promessi Sposi azzerer le appartenenze di patria e di comunit originarie). Il reticolo neutro delle nuove patrie luogo del lavoro, della famiglia, della promozione sociale sostituisce, nel destino dei due sposi, lunica piccola patria perduta: ed forse questo il solo accenno ad unipotesi di spazio nazionale nel romanzo manzoniano. Nievo adotta il modello del viaggio manzoniano per quasi tutte le sue narrazioni di ambiente campagnuolo:15 se ne serve come di un dispositivo didatticamente utilissimo per rappresentare al suo pubblico di lettori borghesi le forme

Sulle fonti dellAddio si veda, tra gli altri, G. MACCHIA, LAddio al lago, in Manzoni e la via del romanzo, Milano, Adelphi, 1994, pp. 176-95, dove, oltre alladdio ai campi di Giovanna dArco chiamata alle armi nella tragedia di Schiller, si evoca la lettera di J.J.Rousseau al principe Belozelskij O lac sur les bords duquel jai pass les douces heures de mon enfance.... Anche i testi di molte arie di melodramma sono stati consapevolmente ispirati allAddio manzoniano. 15 Sul contesto della letteratura rusticale nella quale Nievo si inserisce (Correnti, Carcano, Percoto, DallOngaro) si veda di A. DI BENEDETTO, Per un profilo della narrativa campagnuola in Italia, in Giornale storico della letteratura italiana, CL, 1973, pp. 233-58.

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pi evidenti, e soprattutto pi condivisibili (pateticamente, romanticamente) del destino contadino. In La Santa di Arra (1855) la protagonista, Santa, si reca da Arra, paesino del Mantovano, a Mantova, per cercarvi un fratello partito militare di leva del quale non si hanno pi notizie. Spesso il viaggio per compiere il servizio di leva (la leva dello stato austro-ungarico, che durava otto anni) il caso particolare di un pi generale modello, come ne La viola di San Bastiano (1856), dove i viaggi di Cristofolo, montanaro friulano, coincidono con il servizio militare prima, e con lemigrazione forzata poi. In questa novella un fortissimo accento emotivo posto sul motivo del ritorno:
Cristofolo intanto da quelle lontane regioni ove stanziava, moveva a piccole giornate verso il suo paese, invidiando le ali alle rondini e la pazienza alle formiche. E al fine giunse nel ventesimo giorno sulla cima di un colle, dove quel bel paese appariva come riposante sulla costiera della montagna al rosseggiar del tramonto; e per quella notte dorm col come ad allungarsi il piacere dolcissimo che si pregusta nella vicinit dun bene lungamente desiderato. La mattina poi senza pur iscuotersi di dosso la polvere, o ricomporsi i capelli, riprese frettoloso il cammino; e il villaggio, che s bello appariva rimpetto al sole cadente, mostravasi dipinto di pi vaghi colori allalbeggiar sereno del giorno.16

La partecipazione emotiva del lettore, sollecitata evocando il radicamento affettivo e sentimentale nella piccola patria che Manzoni fa coincidere con i valori della protezione e dellintimit familiare, in Nievo viene ad acquistare altre due tonalit, pi soggettive ed intime: le sollecitazioni che nascono dalla presenza dellinfanzia come protagonista della narrazione e il ruolo centrale svolto dalla memoria nella costruzione del mondo degli affetti e delle emozioni dei personaggi e dei loro lettori. La poetica dellidillio, schivata da Manzoni, struttura la narrativa nieviana: la consapevole idealizzazione della realt rurale lombarda e friulana, di pari passo con lidealizzazione della natura, lo strumento poetico che serve ad avvicinare il lettore alle realt rappresentate nella scrittura, e a trasformare questa in seconda memoria, una memoria letteraria:
Le immagini apprese allanima in unora di pace e di bont, moltiplicate dal sentimento, popolano di vaghi fantasmi il sacrario del cuore.17

In questa consapevole strategia retorica la natura idealizzata assume la qualit di luogo privilegiato della memoria: della memoria dei personaggi spesso narranti ( il caso di Carlino nelle Confessioni) che sullo sfondo di essa vivono

16 La viola di San Bastiano, in I. NIEVO, Novelliere Campagnuolo e altri racconti, a cura di I. De Luca, Torino, Einaudi, 1956, pp. 316-317. In questa novella il ritorno viene rappresentato addirittura due volte. 17 In epigrafe a Il Varmo, ivi, p. 157.

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la loro infanzia, ma anche di quella del lettore che pu destinare questo spazio aperto dal testo le vert paradis des amours enfantins alla rverie indefinita, ma anche allaffiorare dei propri ricordi. Quarantanni prima uno scrittore veneto che altrove Nievo mostra di conoscere, Giuseppe Barbieri, allievo del Cesarotti, aveva teorizzato appunto per la descrizione letteraria una tipologia tripartita in fisica, fantastica (rivolta allintelletto e allimmaginazione) e affettiva, indirizzata al cuore,18 e in pi luoghi Nievo si mostra consapevole del lascito della retorica settecentesca dell ut pictura posis cos diffusa nella cultura letteraria veneta e arrivata a lui attraverso la forte mediazione emotiva della paesistica foscoliana nellOrtis.19 Comincia a profilarsi nel rapporto con la natura e il paesaggio degli idilli rurali quellidea del narrare che si concretizzer nella figura del narratore-protagonista delle Confessioni,20 nella scrittura del quale vengono appunto fatti coincidere spazio della memoria e spazio-luogo della narrazione. Alla dimensione memoriale che connota fortemente le strategie della comunicazione nieviana se ne affianca nelle novelle unaltra, ad essa strettamente collegata, che attraverso il descrittivismo pittoresco caro al gusto giornalistico del tempo arriva a costruire per ogni narrazione un luogo mitico intorno al quale il racconto ruota: il torrente Varmo nel racconto omonimo, o il lago Segrino, luogo dellorigine della follia di Celeste, ma anche della sua guarigione.21 Lungo questa seconda linea si dispongono le vedute cos spesso trascritte nelle novelle, ma anche nel romanzo maggiore, esplicitamente evocate nella loro qualit pittorica,22 ma nello stesso tempo sottratte al puro pittoricismo dalla loro qualit memoriale, dunque mentale e sentimentale.

18 G. BARBIERI, Ragionamento sulla poesia descrittiva letto alla R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova, in Opere, vol. I, Padova, Tipografia del Seminario, 1811. 19 Sul paesismo foscoliano nellOrtis, come anche sul paesaggio in Nievo, scrive pagine importanti S. ROMAGNOLI nel saggio Spazio pittorico e spazio letterario da Parini a Gadda, in Storia dItalia Einaudi, Annali 5, Il paesaggio, a cura di C. De Seta, pp. 429-559, in particolare alle pp. 437-450. 20 Il personaggio-narratore Carlino sovrappone il tempo dellinfanzia al paesaggio di Fratta, con un drastico ribaltamento del rapporto tra spazio e tempo: il paesaggio-cosmo del Friuli nelle Confessioni la concretizzazione dellacquisizione ottocentesca del tempo della narrazione scritta (nel suo intreccio di passato e presente) come luogo della memoria. Su questi temi si veda di F. ORLANDO, Infanzia, memoria e storia da Rousseau ai romantici, Padova, Liviana, 1966. 21 Per alcuni aspetti, non solo lacustri, tracce del racconto La pazza del Segrino possono essersi depositate in Piccolo Mondo Antico di Antonio Fogazzaro. Sul lago Segrino inoltre Fogazzaro ambienter il romanzo Malombra. 22 Un tale che, partitosi dalle folte campagne del Trivigiano col mal del quattrino nel fegato, di qua del ponte della Delizia devii verso Camino per quella magra pianura che costeggia il Tagliamento, subito col desiderio torna alle negre arature di Oderzo e ai colli

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2. Viaggio di educazione, Grand Tour e viaggio del turista Proprio la compattezza dei legami di affetti, cultura, esperienza esistenziale che radicano il soggetto nel territorio e determinano il moto circolare del viaggio dellemigrante impedisce e rende inutile per la geografia nieviana il viaggio fine a se stesso, il viaggio aristocratico e borghese del turista senza bisogni. Tutte le scritture di Nievo, pubbliche e private, testimoniano avversione per questo tipo di viaggio e scarso entusiasmo per lesperienza turistica se vissuta in prima persona quando non sia vagabondaggio a piedi o esplorazione della natura e delle campagne.23 Il viaggio del turista nasce dallozio e dalla curiosit e rappresenta una pericolosa forma di inutile consumo. Questo vero per i turisti stranieri, che vengono ritratti cos in una poesia delle Lucciole secondo una ben radicata tradizione umoristica di satira del turista in Italia:
Il Touriste Vien duro da Marsiglia colla sua guida in tasca ed in Piazzetta casca illustre oltramontan. Fiuta San Marco, sbircia la Scala dei giganti, compra un paio di guanti, si sdraia da Florian. Carezza un po la morbida Rivista de due Mondi

pampinosi di Conegliano, abbandonando alla rabbia della bora e delle montane quei deserti di ghiaia. Ma il pittore che va cavalcando con le proprie gambe col fardello in spalla e larte nel cuore, anche reduce da Napoli o dalla Svizzera, sarebbe indotto da quei primi aspetti a tirare innanzi; ed ecco che di l a poco il piede gli sosterebbe quasi involontario; bench quella volta indarno, trovandosi impotente ogni tavolozza meglio ingegnosa a ritrarre quella semplicit primitiva che non ha parentela con qualunque artificiale trovato. Son quelli infatti i paesi ove la natura si dimostra pi spoglia e maestosa, pi muta e sublime, pi chiusa ed infinita; somigliante nella mia opinione alla greca Diana, che per mutarsi dallOlimpo nei recessi duna fonte, non sappalesa meno altera e divina. Il Varmo, op. cit., pp. 157-58 (le sottolineature sono mie). 23 Questa esperienza di Wanderung rurale nelle campagne lombarde, friulane e venete, ma anche toscane, testimoniata in numerose lettere: 33, 87, 88, 109, 115, 118 secondo la numerazione di M. Gorra, in I. NIEVO, Lettere, (Tutte le opere di I.N., vol. VI) Milano, Mondadori, 1981.

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Marina Beer guarda il Corso dei fondi, paga il cigarro e il th. Rduce a bordo, parte squartando una bistecca. Venezia dalla Mecca ei non distingue aff.24

oppure laltra:
I forestieri Darcigni e fulvi Inglesi Un autorevol branco Cui fa stecchiti il bianco Settemplice collar Un saltellante stormo Di Francesini arzilli Che move di gingilli Un vario tintinnar, DAlbini e di mulatti Un ibrido miscuglio Ecco gli eroi che in Luglio Ci pestano sui pi. Rincasa appena Agosto I gotici lor baffi, Che di stampati schiaffi Ci rendono merc.25

Di questi viaggiatori, la cui matrice ideologica settecentesca persiste anche negli epigoni romantici, Nievo traccia un ritratto ancora pi articolato in una delle pagine pi casanoviane della novella lunga Il Barone di Nicastro (1857).26 Il romanzo un saggio di conte philosophique strutturato nella forma del viaggio, in consapevole parodia del Don Chisciotte e dei romanzi settecenteschi che mettono in scena il viaggio educativo, come il Voyage du jeune Anacharsis en Grce di Jean-Jacques Barthlemy, ma anche il Candide di Voltaire. La consapevolezza delle varie tipologie europee di viaggio espressa con deliziosa chiarezza in apertura del capitolo VII, a proposito di due dame di dubbia virt che cercano di sedurre il protagonista:

In I. NIEVO, Opere, ed. Romagnoli. Ripubblicata in I. NIEVO, Le lucciole, Poesie scelte a cura di D. Selvatico Estense, con uno scritto di R. Bacchelli, Milano, Allinsegna del Pesce doro, 1961. 26 Uscita a puntate sulla rivista Il Pungolo .
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LItalia degli italiani nellopera di Ippolito Nievo Le due dame erano quei giorni di Cagliari comeran state di Genova, di Napoli e di Venezia e daltri molti paesi nei tempi addietro: viaggiavano esse principalmente per piacere; non per lesineria come i lordi del Regno Unito; non per pettegolezzo come i savants degli ottantasei dipartimenti; non per estri romantici, come i discepoli di Brger, il poeta degli scheletri; non pel quieto vivere, come gli Spagnuoli; non per superbia, come gli Americani; non per seminar genovine, come taluno che per io non conosco; non pel ruzzo di pelare, come molti altri che conosco; e nemmeno per puro piacere, come i Milanesi che vanno a Monza. Viaggiavano, dico, pei piaceri pi o meno puri di s e degli altri...27

Lingenuo Barone di Nicastro, viaggia invece dalla periferica Sardegna alla ricerca della virt e per trovarla percorre i cinque continenti. Giunto in Italia da Genova a Milano, da Milano a Venezia, da Venezia ad Ancona, da Ancona a Palermo, da Palermo a Napoli, da Napoli a Roma, da Roma a Firenze e da Firenze a Genova il misero barone non fece altro che piangere.28 Non essendo riuscito a incontrare la virt, ma avendo fatto conoscenza con molti vizi, il barone tornato in patria si vedr costretto a tramutare il motto di famiglia Pensare, pesare in Pesar poco, pensar nulla. In unaltra novella, La corsa di prova (1858),29 Nievo mette in scena il turismo su un palcoscenico tutto contemporaneo: quello di un matrimonio borghese. Piena di spunti da commedia, la novella mostra come una coppia di giovani sposi, Gabriele e Leopoldina, lui tourista nato, lei tutto lopposto, parta per un grand tour di due o tre anni, mettendo a repentaglio un matrimonio damore che sembrava solidissimo. La vacua attivit ammirativa del turista non fatta per Leopoldina:
alcune volte egli ebbe la mortificazione di vederla sbadigliare mentre le commentava le bellezze duna madonna o di frate Angelico, o dun ritratto di Tiziano. Essa dal canto suo non poteva ristare dal pestar i piedi quando il marito dimenticandosi di lei si fermava una mezzora nella piazza di Mercato Vecchio innanzi al David di Michelangelo.30

Il viaggio prosegue per Pisa, Pistoia, Livorno, Lucca, Siena e infine Roma:

Il Marchese di Nicastro in I. NIEVO, Novelliere Campagnuolo e altri racconti, a cura di I. De Luca, Torino, Einaudi, 1956, p. 494. 28 Ivi, p. 574. 29 Fu pubblicata la prima volta col titolo Luomo fa il luogo e il luogo luomo nel volume Proverbi italiani illustrati, a cura di G. De Castro, con un discorso di Niccol Tommaseo (Milano, Francesco Sanvito, 1858). 30 Novelliere, cit., p. 397. Questa svista a proposito del David conferma quanto detto sopra su Nievo turista. La statua di Michelangelo non fu mai collocata nella ora distrutta Piazza del Mercato Vecchio, ma fu sempre in Piazza della Signoria, davanti a Palazzo Vecchio. Va qui sottolineato, a carico dello scarso interesse turistico dello scrittore, che Firenze era una delle poche citt del Centro Italia che Nievo avesse visitato di persona.

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Marina Beer A Roma la cosa non and tanto bene quanto si poteva sperare. Vaveano moltissime cose che piacquero alla Leopoldina e dinanzi alle quali rimase forse pi profondamente estatica del marito; ma vi erano molti tronchi di colonne di cui ella non giungeva a capir la bellezza, e certe sensazioni inglesi che non la invogliavano punto con la loro proverbiale sublimit. (...) Gabriele era spoetizzato; cominci a diffidar della moglie...31

Il grand tour prosegue a Sud, poi in Svizzera e a Parigi (dove Leopoldina contrae il morbo della mondanit e fa ingelosire il marito turista) e in Inghilterra, dove lei si ammala, e inizia il ritorno. Ravvedutisi lei dalla mondanit, lui dal turismo, ritornano alla piccola patria sul lago di Garda:
Essi tornano nella loro casa, si addormentano nel loro letto e si svegliano la mattina, ch tutto quellanno di viaggio non par loro pi che la memoria di un sogno. Tali sono partiti, tali si ritrovano ancora; se l davanti non avessero i bauli riboccanti di roba, potrebbero credere di non essersi mai mossi. (...) La loro felicit non fu turbata finora, n sar turbata mai; ed essi stessi ne sono tanto sicuri che scherzano sovente delle loro stranezze passate, e vengonsi dire lun laltro: Ti ricordi delleffetto che ci faceva Firenze, e delleffetto che ci fecero Parigi e Nizza?... Il proverbio vero, o lettori, e io ve lo provai col mio racconto: luomo fa il luogo, e il luogo fa luomo. Ma voi, mariti invidiabili, che avete impalmato qualche Leopoldina, e la menate a viaggiare, e la vedete soggiacere un po troppo alle influenze di Firenze, di Nizza o di Parigi, tornate subito, lo consiglio di cuore, al vostro Gargnano, perch se il proverbio ci assicura che il luogo fa gli uomini, non poi detto n scritto in alcun libro chesso li rifaccia.32

In questa novella pi cinica che bonaria, destinata soprattutto ad un pubblico femminile, la pericolosit dellabbandono della piccola patria si manifesta nella minaccia che il viaggio, il mutamento di luogo, la distrazione rappresentano per il matrimonio borghese. Dunque non solo per i ceti subalterni, ma anche per la borghesia, il radicamento nel luogo dorigine fondamento esistenziale. La piccola patria infatti lunico luogo nel quale le virt della classe agiata possano manifestarsi: altrove, nella societ cosmopolita della citt per antonomasia, Parigi, queste stesse virt sono fuori posto e si disgregano. I personaggi attraversano lesperienza del viaggio turistico senza modificarsi profondamente, ma semplicemente esibendo i lati peggiori della loro indole, come il rovescio della medaglia delle loro identit. dunque proprio vero che Luomo fa il luogo e il luogo fa luomo , come recita il proverbio in epigrafe della novella: e se la piccola patria veneta fa un buon matrimonio borghese, la grande citt lo trasforma in un giocattolo rotto. Lambivalente rapporto con la metropoli parigina,33 che Nievo si rappresenta con esattezza, pur non avendola mai vista, come capitale del XIX secolo,

Ibid. Ivi, pp. 403-4. 33 Si veda la Parigi descritta nel Barone di Nicastro: Un mondo senza pensiero, una vita senza scopo, una luce senza calore, una festa senza ragione, gli sembrava quel briaco Parigi; e
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bilanciato da una diversa percezione del policentrismo delle grandi citt italiane, avvertite negli scritti pi ideologici non come provincie periferiche, ma come centri nazionali a pieno titolo:
Al di qua delle Alpi la variet del clima, la configurazione geografica, la diversa indole ed educazione civile, valsero a conservare alle nostre capitali una originalit morale ed intrinseca; e di pi la frequenza di esse le salv da quella corpulenza, e da quel soverchio accentramento che cancella sempre pi i caratteri distintivi delle metropoli oltramentane. I sapienti di Francia vanno sempre novellando di Parigi e dei Parigini: ma qual carattere morale distingue codesta Babilonia da ogni altra citt in cui sia un buon trattore, un sarto ed un teatro? Qual carattere, ripeto, se non il suo milione dabitanti, e il movimento de suoi centomila veicoli? La la vecchia parabola delle monete di Sterne che col continuo sfregolarsi pelle tasche dei ladri e dei galantuomini perdono il primo conio per modo che non distingueresti dopo qualche anno una piastra di Costantinopoli da una mezza lira di Piemonte.34

Di queste nostre capitali una soprattutto compare nella narrativa nieviana, ed ovviamente Venezia. Protagonista in Angelo di Bont, citt-centro nelle Confessioni, tra le numerose citt italiane che nel grande romanzo vengono programmaticamente fatte percorrere al protagonista Carlino, Venezia preceduta nella narrazione dalla sua anticipazione caricaturale, la provinciale Portogruaro lunica realt urbana che nella rappresentazione romanzesca possieda corpo e voce, storia, paesaggio, societ, memoria, cultura, e non solo per ragioni legate allautobiografia nieviana e agli ascendenti materni dello scrittore. Nelle Confessioni Venezia lunico centro nazionale e realisticamente descritto che prefiguri (nella dialettica tra la metropoli lagunare, la sua estroflessione provinciale di Portogruaro e la piccola patria friulana di Fratta) un modello percepibile di nazione Italia, un immaginabile spazio nazione. In questo sforzo Nievo poggia sul sostegno di una tradizione locale politica, ideologica e letteraria di lunga durata, che da pi di tre secoli aveva saputo trasformare da Stato a mito limmagine dellantica Dominante e del suo sempre pi esiguo Impero.35 Ma non senza la drammatica e costante consapevolezza di

ci convien dirlo, il barone ne rimase tuttaltro che contento., p. 571. In conclusione non per negativo il giudizio sui francesi: Monsieur Arban, io sono malcontento del mondo, ma della vostra nazione meno che delle altre; voi siete frivoli, volubili, ciarlieri, vanerelli, scapestrati, ma vi invaghite facilmente della gloria, che almeno lombra di un ideale; favoreggiate larte che la forma dei buoni sentimenti, e comprendete la carit, che listinto della virt; insomma portate non indegnamente il triplice stendardo delle razze latine... p. 574. 34 Studii, cit., p. 25. 35 Si veda il pamphlet Venezia e la Libert dItalia (1859), ora in I. NIEVO, Scritti politici e storici, a cura di G. Scalia, Bologna, Cappelli, 1965, pp. 67-88. Sulla centralit della riflessione su Venezia nel pensiero nieviano, si veda nellIntroduzione al volume le pp. 22-29: per

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un divario quasi incolmabile da superare: Io nacqui veneziano... morr per grazia di Dio italiano: cos scrive il protagonista delle Confessioni nel memorabile incipit. Nella sua complessa e stratificata strutturazione spaziale e simbolica il romanzo rappresenta lo sforzo estremo di costruire uno spazio letterario nel quale possa essere superato il divario tra le Italie municipali e feudali e lItalia borghese e nazionale, e il lettore e la lettrice possano immaginare di abitare (da italiano, da italiana) una nazione che non c. 3. Il viaggio politico: la geografia unitaria delle Confessioni Nelle Confessioni di un italiano lespediente narrativo scelto per rappresentare lItalia non ancora nazione quello del viaggio: viaggio politico e militare, per, lunico modello accettabile vista la seriet degli intenti. Nellaffrontare la struttura di viaggio delle Confessioni il Nievo ha certamente in mente un modello romanzesco profondamente italiano che lo condiziona e lo motiva forse ancora di pi di quanto finora non si sia voluto ammettere: questo modello l Ortis. Non mi sembra eccessivo sostenere che lampio movimento narrativo del romanzo foscoliano con la sua struttura spaziale e la sua dislocazione costituisce buona parte dellintelaiatura sulla quale limmaginazione creativa di Nievo costruisce il proprio romanzo, disintegrando i nuclei del modello originario e rifondendoli in un nuovo modello italiano.36 Questa affermazione non mi sembra arbitraria, una volta preso atto di come il romanzo foscoliano strutturi come controcanto implicito buona parte del romanzo di Nievo, al punto da essere direttamente catturato e risucchiato allinterno della narrazione insieme con il suo autore. Infatti non solo Carlino conosce il Foscolo a Venezia e ne traccia un ritratto distaccato e certamente non entusiasta, ma crede addirittura di poter indicare al lettore delle Confessioni la vera fonte dellopera foscoliana, che sarebbe il suicidio di Leopardo Provedoni, personaggio nieviano (Cap. XIII, p. 612).37 Carlino addirittura compagno del Foscolo nel colloquio di questultimo con il Parini a Milano (Cap. XVI, pp.

Nievo Venezia, esclusa ancora dallItalia unificata dopo il 1858, rimane tuttavia lunica rappresentante dello spirito antico italiano nella storia moderna (ivi, p. 67). 36 Non interessa qui verificare quanto da vicino la struttura del movimento di Jacopo nello spazio ricalchi quella del Werther goethiano. Va per notato che nel prototipo tedesco il protagonista non parte dal proprio luogo di origine per ritornarvi a morire dopo un periodo di allontanamento. Il luogo del suo innamoramento e del suo suicidio sono estranei a Werther, che non vi ha radici: solo la presenza di Carlotta a renderli simbolicamente una dimora per lui. 37 Cito qui come altrove dalledizione delle Confessioni a cura di M. Gorra, Milano, Mondadori, 1981.

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694-695), che altro non se non la messa in scena del colloquio con il Parini rievocato da Jacopo Ortis nella lettera del 4 dicembre da Milano.38 Il personaggio Foscolo sar in compagnia di Carlino anche nellassedio di Genova (XVIII, p. 774). Lintrico di rapporti tra modello e derivato cos stretto e tenace da produrre appunto tra realt storica e finzione romanzesca continui rovesciamenti di ottica dalla vita del Foscolo al romanzo di Nievo, e ancora dallOrtis alla biografia foscoliana. Ma non solo: si pu dire che lOrtis in pi luoghi il palinsesto sul quale limmaginazione narrativa nieviana si trova a lavorare, come Foscolo il romanziere italiano moderno con il quale Nievo si trova pi da vicino a fare i conti.39 Cos tutto lepisodio dellinnamoramento di Pisana per il corteggiatore della sorella Clara, il medico giacobino Lucilio Vianello (Cap. VI, pp. 288 e sgg.; pp. 299 e sgg.) altro non se non una riscrittura in termini realistici del rapporto a tre tra Jacopo, Teresa e la sorellina di lei, Isabellina, eufemistica bimba priva di corpo e di desideri, figurante idillico dellamore di Jacopo e Teresa: mentre Pisana da vera libertina ancien Rgime in miniatura sogna di sostituirsi a Clara e cerca di sedurre Lucilio fisicamente. La stessa Clara, sia pure leggermente retrodatata come fanciulla ancien Rgime, conserva alcuni tratti della Teresa foscoliana, e si trova nella sua stessa posizione di fronte a ben due matrimoni di convenienza che la famiglia vorrebbe imporle (cap. VII). Nella scrittura di Nievo la cellula primaria della scialba Teresa foscoliana si sviluppa geneticamente secondo la logica di un messaggio pedagogico progressista rivolto alle lettrici, che vengono incitate allautonomia invece che allobbedienza alle regole delle strategie matrimoniali. La romantica Clara, pi volitiva e pi tenace di Teresa, sceglie il convento come unica via di uscita consentita dal mercato matrimoniale: tuttavia la scelta che doveva essere temporanea diventa fatalmente per lei scelta definitiva, e la celeste fanciulla dellidillio campestre segue il suo destino storico ed evolve nellesangue bigotta degli anni veneziani, anche qui con tacita parodia del modello.40

Su alcuni aspetti della rappresentazione nieviana di Foscolo, si veda il saggio di Carlo Dionisotti, gi citato, e quello di G. NICOLETTI, Il metodo dellOrtis e altri studi foscoliani, Firenze, La Nuova Italia, 1978, Appendice II, Ugo Foscolo personaggio fra Rovani e Nievo, pp. 191-211. Fonte delle rievocazioni nieviane del personaggio Foscolo, la Vita del Pecchio (1830), talvolta replicata verbatim dal Nievo. Il Nicoletti sottolinea come lapparizione del personaggio Foscolo nelle Confessioni riproduca una presenza analoga del poeta nel contemporaneo romanzo di Giovanni Rovani, Cento anni (1856). Rovani, conobbe e recens alcuni scritti di Nievo (Il Conte Pecorajo, Angelo di Bont), che frequentava il suo stesso ambiente giornalistico milanese. 39 Insieme a Manzoni. Ma con Manzoni le Confessioni regolano i loro conti copertamente e in absentia, a differenza di quanto era avvenuto nel Conte Pecorajo, lopera pi manzoniana di Nievo. 40 Va comunque sottolineato che laltro modello dal quale dipende per antifrasi linvenzione del personaggio di Clara quello della Gertrude manzoniana, modello capovolto

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Ad un dialogo altrettanto serrato Nievo sottopone le strutture spaziali e gli ampi movimenti narrativi che sottendono la geografia italiana dellOrtis e costituiscono limpossibile sfondo nazionale del romanzo. La struttura del testo di Foscolo tripartita, e si dispone su tre spazi. La prima unit spaziale dopo la fuga da Venezia, metropoli e citt-madre, rappresentata dal soggiorno nei Colli Eugnei, luogo dellinfanzia di Jacopo e luogo dellidillio (cui fa da controspazio il viaggio di Odoardo, il rivale, negli Stati Pontifici): questa unit ingloba anche Padova, uno spazio urbano e sociale intermedio contrapposto alla dimensione intima e campestre dellidillio eugneo. La seconda unit il viaggio di esilio in Italia che porta Jacopo a toccare le citt di Rovigo, Ferrara, Bologna, Firenze e la Toscana (Firenze, lettere del 27 agosto, 7 settembre, 17 settembre, 25 settembre); Milano (lettere del 27 ottobre, dell11 novembre, del 4 dicembre lincontro con il Parini), 6 febbraio; Genova, La Pietra, Ventimiglia, Alessandria, Piacenza, Rimini, e di nuovo lultimo contatto con la citt-madre Venezia dalla quale si accomiata dicendo appunto alla madre che vuole andare a Roma, e di l ad Ancona. La terza unit spaziale consiste nel ritorno alla piccola patria, luogo dellidillio infranto, per morirvi. Il moto circolare degli spostamenti di Jacopo allincirca lo stesso dei movimenti di Carlino, il quale per compie due diversi viaggi (politici e militari e non di esilio, uno nel 1799, laltro nel 1821) in Italia, seguendo landamento delle rivoluzione italiane, con una puntata di esilio a Londra (come il Foscolo storico) per poi ritornare a Fratta a invecchiarvi. Questa differenza radicale e polemica tra epigono e modello esprime tutta la differenza tra il volontarismo del progetto politico risorgimentale e il ripiegamento da esule del Foscolo dellOrtis. Anche lItalia unitaria che vi si delinea segnata dal costante avanzamento del progetto rivoluzionario e unitario, delle sue sconfitte e delle sue trasformazioni che Carlino, diventato vecchio, continuer a seguire, non pi da protagonista, attraverso i viaggi politici dei figli.41 Il viaggio di Ortis il viaggio della disperazione: ogni rappresentazione dello spazio esterno estroflessione del percorso interiore di Jacopo, proiezione del suo stato mentale, sia essa retorico-letteraria (la Toscana, i suoi monumenti,

soprattutto nella dinamica intersituazionale del colloquio con il Padre Pendola, cap. VII, p. 330 sgg. 41 I tre figli di Carlino parteciperanno luno, il romantico Luciano, alla rivoluzione greca insieme con Lord Byron (cap. XXI), il secondo, Donato, ai moti del 1831 nelle Romagne, il terzo, il cinico e ribelle Giulio, ai moti del 48-49, alla Repubblica Romana e finisce per emigrare in Brasile e in Argentina (cap. XXII e cap. XXIII, Diario 1848-55 di Giulio), rappresentando cos nel romanzo non solo la dimensione internazionalista e garibaldina del movimento politico risorgimentale, ma anche la realt dellemigrazione europea degli italiani.

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le sue citt, le sue battaglie medioevali, lAlfieri), teorico-politica (le considerazioni sulla Repubblica Cisalpina e sulla societ milanese) o puramente paesistica (il Po: Io traversava il Po e rimirava le immense sue acque, e pi volte io fui per precipitarmi, e profondarmi, e perdermi per sempre.;42 oppure il drammatico paesaggio delle Alpi Marittime, a Ventimiglia).43 Lo spazio italiano che questo viaggio disegna quello di unItalia puramente interiore, declamata e declinata attraverso le convulsioni dellIo, un deserto popolato di frammenti di provenienza eteroclita, un luogo mentale tormentoso e vuoto, una non-nazione non percepibile e non immaginabile: in altre parole, un non-spazio. Proprio in contrasto dialettico con questa dirompente rappresentazione al negativo Nievo costruisce la sua immagine itinerante dellItalia di Carlino, il quale per assunto programmatico del suo autore un italiano medio, un italiano qualunque e non, come Jacopo Ortis, un italiano deccezione. Il primo viaggio di Carlino, nel 1797, lo porta da Venezia a Milano, a Mantova, a Firenze, ad Ancona, a Roma (cap. XVI, p. 715 sgg.), a Velletri, a Napoli, fino in Puglia. LItalia che il giovane soldato della Legione Partenopea attraversa unItalia fatta di stereotipi retorico-letterari raccordati tra loro da un fortissimo collante, quello dellideologia unitaria: unItalia dunque ricostruita pezzo a pezzo dai frammenti delle immagini tradizionali della propaganda politica per formare uno spazio unico nel quale proiettare le aspirazioni politico-sentimentali di Carlino:
Sentiva che Roma solamente avrebbe potuto farmi dimenticare la Pisana .... aveva il coraggio di mettere innanzi la patria, e bench facessi allora uno sforzo per includere anche Napoli in questidea, Roma mi aiutava a vincere la prova. Roma il nodo gordiano dei nostri destini, Roma il simbolo grandioso e multiforme della nostra schiatta, Roma la nostra arca di salvazione, che colla sua luce snebbia dimprovviso tutte le storte e confuse imaginazioni degli Italiani. Giunto che fui a Roma, successe del mio dolore quello che dogni piccola cosa al soverchiar duna grande. Che pu essere infatti linfelicit dun uomo in cospetto dei lutti di unintera nazione? (p. 714-5)

La topica retorico-letteraria delle rovine di Roma soccorre qui ad una ricostruzione impossibile della Roma reale, tentata cursoriamente con il sostegno di qualche fonte storiografica.44 Lentusiasmo retorico comporta spesso lesibizione di pregiudizi congeniti (anche se favorevoli), come quello della fiera romanit: nel Diario del figlio Giulio, combattente con Garibaldi nella Repubblica Romana del 1849, la figlia di un medico di Spoleto, futura sposa di Giulio,

42 U. FOSCOLO, Ultime lettere di Jacopo Ortis, a cura di C. Muscetta, Torino, Einaudi, 1968, lettera da Ferrara, 20 luglio, p. 91. 43 Ivi, p. 130. 44 Vedi Confessioni, p. 716.

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viene descritta come la pi soave creatura che mabbia mai conosciuto, non romana punto; ma donna in tutto, nella grazia, nella gracilit nella compassione., mentre la pronuncia romana della fanciulla viene detta nobile.45 Pi difficile la rappresentazione di Napoli e del Sud. Come tutte le rappresentazioni dello spazio italiano nel romanzo essa si articola su un doppio livello di significato, dovuto al doppio registro narrativo del romanzo: un primo livello quello della rappresentazione storica, cio della rappresentazione delle idee di Carlino nel tempo della storia (il 1799, il 1821 etc.); laltro livello quello della rappresentazione nel tempo del racconto, cio il tempo della scrittura delle Confessioni, che per sua ammissione Carlino si mette a stendere dal 1848 al 1857 (i nove anni della stesura, p. 5). In questa doppia articolazione temporale, nella cui forbice spesso si collocano scarti e maturazioni dellideologia politica di Carlino, la rappresentazione dellItalia extra-padana non subisce modifiche nel passaggio del narratore dallideologia pre-risorgimentale dellunitarismo di epoca giacobina a quella del Risorgimento maturo: la dimensione volontaristica e retorica rimane immutata in entrambi i tempi del romanzo, mentre diventano rilevanti le volute omissioni dellItalia subappenninica nellultima parte delle Confessioni, che fa risaltare ancora di pi la qualit approssimativa della sua presenza nella prima parte. Del Regno di Napoli ci sono infatti rapide menzioni nel quadro di sommarii storico-politici: la penisola al di l degli Appennini si presenta come poco pi che una carta geografica lungo la quale si appuntano le indicazioni segnaletiche di episodi della storia militare e politica. Uno spazio pi concreto quello riservato da Carlino alla Puglia, sentita forse pi vicina a Venezia per la comune identit adriatica cementata dalla lotta antiottomana. In Puglia Carlino si trova nel 1799, e vi torner anche nel 1821; in Puglia morir il padre di Carlino, straordinaria figura di veneziano del Levante, settecentesco Turco in Italia (cap. XVII). Qui unattenzione dobbligo, formulata con i materiali correnti di quella che si avvia a diventare la questione meridionale dedicata (siamo in Puglia nel 1799) alla composizione politico-sociale delle popolazioni del Sud, sia nelle loro componenti reazionarie (infide, ignoranti e feroci) che in quelle progressiste (idealiste e settarie) e il narratore tenta unomologazione tra le realt politica dei piccoli centri pugliesi e unanaloga realt urbana veneta, quella di Portogruaro:
Avevamo a che fare con popolazioni ignoranti e selvatiche; con baroni duri e ringhiosi peggio che robespierrini se repubblicani e armati della pi maledetta ipocrisia se partitanti di Ruffo [il cardinale Ruffo]; con curati incolti e credenzoni che mi ricordavano con qualche aggiunta peggiorativa il cappellano di Fratta; con nemici astuti e per nulla schifiltosi nella scelta dei mezzi da nuocere. [...] Nei paesi meno barbari e dove qualche coltura era dissemi-

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Ivi, p. 1052 e 1053.

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LItalia degli italiani nellopera di Ippolito Nievo nata nel ceto mezzano si aveva paura delle bande del Cardinale, e piucch le intemperanze dei Francesi, gli eccidii di Gravina e dAltamura comandati dal Ruffo tenevano gli animi in sospetto. A quei giorni mi potei convincere di quello strano fenomeno morale che nel Regno di Napoli concentra una massima civilt e una squisita educazione in pochissimi uomini per lo pi di nobili o egregi casati, e lascia poltrire le plebi nellabbiezione dellignoranza e delle superstizioni. Difetto di governo assoluto geloso e quasi dispotico allorientale, che tenendo lontano da s le menti meglio illuminate, le avventa senza freno alle pi strambe teorie, e per riparo poi deve appoggiarsi allo zelo fanatico e accarezzato dun volgo vizioso. Canonici liberali come Monsignor di SantAndrea e patrizi filosofi come il Frumier [personaggi di Portogruaro] se ne contavano a centinaia nelle cittadelle delle Puglie, e di costoro safforzava massimamente il partito repubblicano. Ma allora era tempo di menar le mani, e i briganti la spuntavano sui dotti (cap. XVII, p. 749).

Proprio in Puglia, nel periclitare delle sorti della Repubblica Partenopea, Nievo tenta di unire le due Italie, quella del Centro-Nord e della letteratura e quella del Centro-Sud del governo dei preti e del latifondo in una sola grande immagine, quella del selvaggio ballo nel castello di Andria alla vigilia della sconfitta, una sorta di charivari dellutopia dellItalia-nazione, sul modello paradossale di una stampa popolare da Mondo alla roversa:
Morti o non morti il domani, quella sera si ball di lena, sicch molte volte mi torn in mente il mio buon Friuli, e quelle famose sagre ...dove si balla tanto da perderne i sentimenti e anche le scarpe. Anche i Napoletani e i Pugliesi saltano peraltro la loro parte; e dal sommo allimo di questa povera Italia non siamo poi tanto diversi gli uni dagli altri come vorrebbero darci a credere. Anzi delle somiglianze ve nhanno di cos strambe che non si riscontrano in veruna nazione. Per esempio un contadino del Friuli ha tutta lavarizia, tutta la cocciutaggine dun mercante genovese, e un gondolier veneziano tutto latticismo di un bellimbusto fiorentino, e un sensale veronese e un barone di Napoli si somigliano nelle spacconate, come un birro modenese e un prete romano nella furberia. Ufficiali piemontesi e letterati di Milano hanno luguale sussiego, lugual fare di padronanza: acquaioli di Caserta e dottori bolognesi gareggiano nelleloquenza, briganti calabresi e bersaglieri dAosta nel valore, lazzaroni napoletani e pescatori chiozzotti nella pazienza e nella superstizione. Le donne poi, le donne si somigliano tutte dallAlpi al Lilibeo. Son tagliate sul vero stampo della donna donna, non della donna automa, non della donna aritmetica, e della donna uomo che usano in Francia in Inghilterra in Germania. Checch ne dicano i signori stranieri, dove vengono i loro poeti a cercare ad accattare un sorsellino damore? _ Qui da noi, perch solamente in Italia vivono donne che sanno inspirarlo e mantenerlo. E se cianciano dei nostri bordelli, e noi rispondiamo loro No, non rispondiamo nulla; perch le grandi prostituzioni non iscusano le piccole. (cap. XVII, p. 748-9).

Nel corteo degli stereotipi dei caratteri regionali trionfa lo stereotipo della donna-donna italiana (pi volte rievocato dal Carlino propagandista), che si fonde ribaltandolo con lo stereotipo letterario dellItalia-donna (Non donna di provincie/ma bordello). Subito dopo, a Molfetta, dopo un sanguinoso scontro con i turchi, Carlino evoca il luogo comune della spensieratezza meridionale (le tarantelle) che avrebbe il sopravvento sulla violenza della guerra:

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Marina Beer

Lallegra vita meridionale riprendeva come niente fosse le sue gioconde abitudini a venti passi da quel piazzale ove il sangue correva ancora, e venti o trenta cadaveri aspettavano la sepoltura.(p. 752). Manipolazioni giornalistiche della tastiera dei tpoi consolidati, invettive e le allocuzioni retoriche, oppure il ricordo partecipe di episodi di storia politica, o labbozzo di unanalisi storica: non molto di pi riesce a trovare luomo medio Carlino, nonostante tutti i suoi viaggi, per dare corpo immaginativo allo spazio italiano al di fuori di quello che rimane il suo vero cosmo, la patria friulana e veneta: anche Genova e Bologna, citt nelle quali Carlino soggiorna a lungo, sono tuttavia poco caratterizzate, a differenza di Milano. Nella folla dei personaggi minori del romanzo, soltanto due provengono dallItalia meridionale, e sono personaggi storici, i due eroi della storia del Sud Ettore Carafa (infelice amante di Pisana) e Guglielmo Pepe. Nellinsensata tragedia del Meridione si perde un compagno di studi e di armi di Carlino, il repubblicano trevigiano Amilcare Dossi, fattosi poi brigante in Sicilia e giustiziato nel 1836. A partire da quel momento, con pudore politico e diplomazia retorica, forse per non turbare il suo lettore settentrionale o per non dare risalto a realt politiche che in quegli anni andavano protette col silenzio, Nievo fa sparire il Sud dItalia dalle Confessioni: il vecchio Carlino, che pure scrive di tante cose, si sottrae (se non per scarsi cenni) al racconto delle vicende meridionali dei suoi ultimi trentacinque anni: le sommarie immagini del Sud consegnate alla memoria del lettore si arrestano sostanzialmente al 1821, conservando solo i momenti alti delle rivoluzioni repubblicane e liberali. Nonostante la forte determinazione narrativa, lo spazio nazione del romanzo finisce per presentarsi evocato dalla voce del narratore italiano come un velleitario mosaico di luoghi comuni, disunito e composito. E daltra parte non molto di pi sapr trovare lo scrittore Nievo nelle sue lettere per rappresentare lItalia che attraversa al di fuori dei confini della sua patria: il Friuli, la Lombardia, il Veneto. Scorrendo lepistolario nieviano alla ricerca della sua percezione di uno spazio nazionale il risultato non cambia:46 la complicit con il destinatario non la sola molla che lo spinge a rappresentare lignoto attraverso il noto, lArno come lAdige, la Sicilia come il Friuli (Che bel paese verde, spopolato, sereno e miserabile ! Ricorda un po il Friuli.), il mare siciliano come il lago di Como, Palermo come Venezia, il paesaggio napoletano come gli stereotipi della letteratura turistica. Anche nelle scritture private al poeta-soldato mancano le parole e mancano le immagini per dare visibilit ad una nazione che non c. Al di l del volontarismo unitario, la sua percezione

46 Si vedano le lettere 21, 33, 35 dalla Toscana 87, 88, 109, 115, 118, dal Friuli, 350 da Regoledo, 439, 440, 444, 452, 478, da Palermo, 498, 501, 502, 503 da Napoli.

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LItalia degli italiani nellopera di Ippolito Nievo

del Mezzogiorno fu segnata dalla consapevolezza di unalterit irriducibile, come trapela da una lettera del 1861 indirizzata al fratello Carlo, militare dellesercito piemontese di stanza a Gaeta:
Abbiamo bisogno di grandi scosse per mescolarci bene e costituire lunit e tu hai un po torto quando giudichi di tutte le Provincie Napoletane da quei pochi contadini che hai veduto Intelligenza ve nha sobriet non manca. Manca il lavoro, e questo si insegner collassicurarne il profitto e collattivare lindustria Rinnova le condizioni di questo paese dal lato comunicazioni e sicurezza e vedrai i miracoli Del resto ti giuro chio ci sto come in una galera, fuori il clima, che insuperabile.47

Lettera 502 a Carlo Nievo da Napoli, 9.2.1961. Con parole non diverse si esprime un contemporaneo immaginario di Nievo, il benintenzionato funzionario piemontese Chevalley nella Sicilia del Gattopardo: Questo stato di cose non durer; la nostra amministrazione, nuova, agile, moderna cambier tutto. (Cito da G. TOMASI DI LAMPEDUSA, Il Gattopardo, Parte IV, p. 168, Milano, Feltrinelli, 1966 (77 edizione).

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