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LA RIFORMA DELLE SOCIET DI CAPITALI

LEZIONE I: Le parole dordine della riforma La prima e pi nota parola dordine certamente quella della corporate governance. Con essa si allude ad un problema di governo dellimpresa. Motivazione centrale del tema della corporate governance stata una ricerca dellefficienza: in una visione fondamentalmente liberista e paretiana laccento posto sulla capacit del sistema economico e della singola impresa di produrre ricchezza, sulle caratteristiche interne e di contesto che valgono o varrebbero a condizionarla. Daltra parte la configurazione dellimpresa come nexus of contracts apre logicamente lo spazio a sviluppi tra loro diversi. Se infatti la societ intesa come punto di riferimento comune ad unampia ed eterogenea rete di rapporti contrattuali, lattenzione del diritto societario potrebbe in quanto tale essere puntualizzata su alcuni soltanto di quei rapporti oppure volgersi a ricercare un loro equilibrio globale. Da un lato si tende a sottolineare la peculiarit della posizione dei soci: essi si caratterizzerebbero quali soggetti cio il cui diritto di partecipare ai risultati economici dellimpresa pu essere soddisfatto soltanto dopo che sono stati soddisfatti gli altri. Tale posizione sindividuerebbe per uno specifico rischio, ed esso giustificherebbe sia la soluzione secondo cui ai soci soltanto sarebbe efficiente riconoscere il potere di governo della societ, sia lesigenza che la sua attivit venga soprattutto orientata al perseguimento dei loro interessi. Da un altro lato, la visione del nexus of contracts non necessariamente esclude una prospettiva pi atenta ai profili communitarian: la possibilit cio e/o la necessit di riconoscere nel governo della societ rilevanza anche ad interessi ulteriori rispetto a quelli dei soci, per esempio e soprattutto quelli dei dipendenti della societ. Anche da segnalare il ruolo centrale di unaltra formula, quella dello shareholder valure. Il problema cio se la missione della S.P.A. sia soprattutto o addirittura esclusivamente accrescere la ricchezza degli azionisti ed allora il valore della loro quotazione e quindi il capital gain degli azionisti stessi. Rilevante osservare che pur una considerazione incentrata sugli interessi dei soci in grado di condurre a diversi esiti ed a differenti soluzioni di corporate governance a seconda del modo in cui siffatti interessi sono qualificati e dal contesto in cui vengono ad inserirsi. cos tradizionale evidenziare una fondamentale differenza tra soci-imprenditori e soci-risparmiatori: alla quale corrisponde un diverso interesse nei confronti della gestione dellimpresa sociale e che pu esprimere pure diverse valutazioni riguardo alle sue implicazioni economiche. E cos si segnala lemersione di una nuova categoria di soci, gli investitori istituzionali, i quali volgono il loro interesse soprattutto al valore finanziario della partecipazione. Differente la situazione in presenza di una dispersione delle partecipazioni tale da escludere che vi siano soci di rilevanza tale da poter e voler influire sulla gestione della societ, rispetto a quando pu rilevarsi una loro concentrazione sufficiente a giustificare siffatta influenza. Nel primo caso il problema riguarda soprattutto un potenziale conflitto tra soci e managers: i primi non sono in grado di incidere sulle scelte dei secondi. Da ci lelaborazione di strumenti come le stock options volti ad allineare gli interessi degli uni e degli altri e da ci lindividuazione di un agency problem, il problema che sorge quando ad un soggetto affidata la cura di altrui interessi ed il loro titolare non in grado, o lo solo limitatamente, di influenzarne lazione. Nel secondo caso il potenziale conflitto si pone in realt allinterno del gruppo dei soci: in esso si distinguono coloro che sono in grado di influire sullattivit sociale e coloro cui tale possibilit estranea, un conflitto in sostanza tra maggioranza e minoranze. Ma il contesto in cui si inserisce la societ influisce anche per altri profili sui modi concreti in cui si atteggiano gli interessi dei soci e sui loro possibili strumenti di tutela: ci per una diversit fondamentale tra societ la cui partecipazione effettivamente negoziata in un mercato e societ per le quali ci non avviene. Essa incide infatti sui modi in cui il socio pu tutelare il suo investimento disinvestendo, lo strumento cio di tutela che da noi si contrassegna ormai come exit. Nel primo caso il socio pu in ogni momento liquidare il proprio investimento cedendo le partecipazioni sociali sul mercato. Nel secondo caso le possibilit di disinvestimento tramite una vendita delle 1

partecipazioni sono in concreto limitate ed in buona parte escluse: ci sia per loggettiva difficolt di trovare un compratore, sia per la mancanza di un mercato e di un prezzo di mercato in grado di ridurre costi di transazione non trascurabili. Dal confronto delle due ipotesi deriva una serie di rilevanti implicazioni. Nella prima, quando lexit realizzato vendendo sul mercato, loperazione di disinvestimento non comporta di per s la sottrazione di mezzi patrimoniali per lo svolgimento dellimpresa sociale; mentre la vendita sul mercato non solo rappresenta un segnale di insoddisfazione riguardo allandamento della societ, ma quando avviene in ampia misura incide negativamente sulle quotazioni e di conseguenza, rendendo minore il costo per il loro acquisto, rende pi agevoli acquisizioni in misura tale da modificare gli equilibri di potere nella societ medesima. Ne risulta uno strumento che pu indurre coloro che detengono tale potere a non superare la soglia oltre la quale linsoddisfazione die soci induce a massicce vendite. Quando invece strumento in concreto disponibile per lexit soltanto il diritto di recesso, il costo del disinvestimento viene in definitiva a gravare su coloro che non lo esercitano e permangono nella societ. Questi specifici temi si collegano ad un altro degli slogans dibattuti nella preparazione della riforma, quello che, a volte anche richiamando una pi generale tendenza verso la deregulation delle attivit economiche, la vuole ispirata ad un principio di centralit dellautonomia negoziale ed alle logiche del mercato: ci nel senso di ampliare sia gli spazi per le scelte di autorganizzazione ad opera dei privati, sia il novero dei possibili modelli organizzativi ad essi offerti dallordinamento. Si pensi in primo luogo alla situazione delle imprese societarie di rilevanti dimensioni e le cui partecipazioni sono diffusamente negoziate nei mercati finanziari. Il mercato sarebbe in grado autonomamente di apprezzare le clausole statutarie predisposte dagli operatori e di selezionare quelle pi efficienti. Si potrebbe pure considerare che un maggior spazio per lautonomia privata nella formazione delle clausole statutarie significa una maggiore apertura alla fantasia degli operatori. Ma si pu al contrario ritenere che il fatto di rivolgersi ai mercati finanziari comporta unesigenza di tutela dei risparmiatori. Neppure pu trascurarsi il ruolo che in questa discussione pu svolgere la tendenza he ora si usa chiamare globalizzazione delleconomia. Essa si basa sulla possibilit offerta dalle moderne tecnologie di delocalizzare le attivit produttive e di governarle anche da centri direzionali notevolmente distanti. Ne derivano due aspetti: il dubbio se abbia un reale senso la previsione da parte del singolo ordinamento statale di regole societarie imperative, quando la loro applicazione pu essere ormai agevolmente evitata situando altrove la societ; ed il problema se un eccesso di rigidit normativa non possa tradursi in un disincentivo alla localizzazione delle attivit economiche ove ad esso ci si ispira ed una perdita di ricchezza per il sistema. Nella riforma del sistema nazionale delle societ di capitali ha assunto un ruolo centrale lintento di dare al modello della S.R.L. reale autonomia di disciplina. In una societ di minori dimensioni da un lato assumono maggior rilievo i rapporti reciproci tra i soci, che si pongono in termini fiduciari, e pu risultare perci giustificato consentire ad essi di modellarli secondo le specifiche esigenze del caso concreto, non quindi come avviene nella S.P.A., muovendo dallassunto di una loro sostanziale anonimit. Tra disciplina delle societ e disciplina dei mercati finanziari non intercorre un rapporto di estraneit, ma esse reciprocamente si influenzano e non possono essere considerate separatamente, confluendo invece in un sistema unitario; che, in definitiva, per esprimersi in termini individualistici, la tutela del socio anche tutela dellinvestitore e viceversa. LEZIONE II: Finanziamento dellimpresa e responsabilit Il discorso prende necessariamente lavvio da un dato centrale nellattuale sistema delle societ di capitali: che in via di principio ne consegue una limitazione della responsabilit dei soci per i debiti conseguenti allattivit sociale. Al riguardo meritano di essere sottolineate due novit della riforma: - Che la limitazione di responsabilit ora affermata anche nel caso di S.P.A. unipersonale - Che espressamente riconosciuta la possibilit che la societ si avvalga di patrimoni destinati ad uno specifico affare

Ne risulta in primo luogo unulteriore smentita della prospettiva che tradizionalmente evidenzia il carattere scandaloso della limitazione di responsabilit e ne sottolinea leccezionalit rispetto alla regola generale dellart. 2740. Ne risulta un abbandono della prospettiva volta a sottolineare il significato collettivo della fenomenologia societaria ed in tal modo i diversi equilibri che la caratterizzano rispetto alla situazione dellimprenditore individuale. Essa smentita sia dalla generalizzazione della limitazione di responsabilit per la societ unipersonale, sia, e forse soprattutto, dalla disciplina dei patrimoni destinati. Tale nuova tecnica in effetti riservata alla S.P.A. La nuova disciplina prevede la limitazione di responsabilit pure per unipotesi in cui in precedenza era stata esclusa: quella della societ unipersonale in cui unico socio una persona giuridica. Sicch la responsabilit limitata anche quando la societ unipersonale viene utilizzata come tecnica per organizzare unattivit imprenditoriale di gruppo conservando il controllo totalitario dei diversi segmenti in cui si articola. Nei contesti evidenziati dalla nuova disciplina il ruolo della limitazione di responsabilit fondamentalmente quello di consentire unorganizzazione dellimpresa in grado di segmentare i rischi connessi a singoli e specifici momenti in cui si articola la sua attivit: con il risultato di ridurre le remore ad intraprendere operazioni il cui rischio riveli elementi di specificit e di ridurre i costi di monitoring per i finanziatori esterni. Il senso della limitazione della responsabilit si coglie oggi su un duplice piano, a seconda che ci si ponga nella prospettiva interna, che guarda al problema di incentivare la raccolta di capitale di rischio, oppure in quella esterna, ove si considerano le esigenze di diversificazione dellattivit sociale: dal primo punto di vista la soluzione corrisponde alladozione di tecniche organizzative che limitano i poteri di controllo del socio e che apparirebbero ingiustificate qualora i rischi conseguenti allattivit sociale potessero coinvolgere il suo intero patrimonio; dal secondo punto di vista si risolve in una separazione di diversi gruppi di creditori e cos nella possibilit di isolare i relativi rischi. Lart. 2497 conferma la legittimit della direzione unitaria di distinte societ, quindi della segmentazione dellattivit imprenditoriale, ma vi si pone un limite per lipotesi di abuso, quando cio tale attivit di direzione si svolge in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale e quelle esternalit si rivelano ingiustificate. Ma la soluzione richiede anche una ricerca delle sue ragioni nel sistema. A tal fine son preziose indicazioni che possono trarsi da due disposizioni concernenti le ipotesi di patrimonio destinato: - Lart. 2447-quinquies ove si distingue nettamente la posizione dei creditori in virt di contratto e di quelli a causa di illecito - Il primo comma dellart. 2447-decies relativo al finanziamento di uno specifico affare La prima ipotesi concerne leventualit che si ponga lesigenza di isolare il rischio derivante da uno specifico affare, destinandogli una porzione del patrimonio sociale ed in tal modo separando i creditori che su di essa possono rivalersi e quelli generali della societ. La seconda ipotesi destinata invece allipotesi in cui si intende definire le condizioni per il finanziamento di uno specifico affare ed attiene quindi essenzialmente ai rapporti tra limpresa ed i suoi finanziatori. Laffare diviene specifico da un lato per la scelta statutaria di trattarlo come tale, dallaltro in conseguenza delle modalit contrattuali con cui viene finanziato. Della diversit tra le due vicende tiene conto la riforma della legge fallimentare, che con riferimento alla prima si preoccupa soprattutto di assicurare in caso di fallimento della societ la separazione del patrimonio destinato, oggetto perci da parte del curatore di una gestione ovvero liquidazione separate rispetto alla restante massa patrimoniale della societ; mentre la seconda disciplinata per il suo significato di rapporto contrattuale preesistente al fallimento, regolandosi allora le reciproche posizioni del curatore e del finanziatore in merito alle alternative tra scioglimento o continuazione del rapporto medesimo. Significativo per che in entrambi i casi assuma rilievo la prospettiva del contratto. Essa, nellart.2447quinquies, 3c., vale a distinguere i creditori rispetto ai quali rileva la destinazione del patrimonio da quelli nei cui confronti risponde lintero patrimonio sociale: ci, in particolare, disponendo che resta salva la responsabilit illimitata della societ per le obbligazioni derivanti da fatto illecito. Essa, inoltre, nellipotesi 3

dellart. 2447-decies individua una fattispecie essenzialmente contrattuale, quella in cui in unoperazione di finanziamento per uno specifico affare si conviene che al rimborso totale o parziale del finanziamento siano destinati, in via esclusiva, tutti o parte dei proventi dellaffare stesso. Nella seconda ipotesi la portata normativa della nuova disciplina consiste nella regola per la quale su tale patrimonio non sono ammesse azioni da parte dei creditori sociali. Si tratta in sostanza di una clausola che accede ad un contratto di finanziamento e della condizioni per la sua efficacia nei confronti degli altri creditori. Ne risulta che la regola di limitazione di responsabilit non riguarda tanto il regime del soggetto e del suo patrimonio, quanto quello del contratto e dellattivit in cui si inserisce. In definitiva, un contratto ben potrebbe limitare la responsabilit per le obbligazioni che ne conseguono ad una parte soltanto del patrimonio dellobbligato. Le regole cui si accenna consentono inoltre che tale porzione patrimoniale sia sottratta allazione degli altri creditori: ci per a condizione che il contratto medesimo partecipi ad una specifica attivit e che essa sia esercitata da una S.P.A. Funzione dellordinamento essenzialmente quella di elaborare una regola standard per lipotesi che le parti non dispongano altrimenti. Il tema della limitazione della responsabilit e del suo fondamento viene diversamente affrontato quando si considera la posizione dei creditori volontari e di quelli involontari: in quanto ai secondi non ovviamente riferibile unautonoma scelta, neppure nella forma della mancata adozione di una soluzione diversa dalla default rule predisposta dallordinamento, e non possibile quindi giustificare con essa la vigenza della soluzione medesima. significativo che la prassi giurisprudenziale in tema di lifting the veil (superamento o disapplicazione della regola di limitazione di responsabilit) sia in concreto soprattutto praticata a favore dei creditori in virt di atto illecito. Ne risulta una conferma del diverso significato che la limitazione della responsabilit pu assumere alla luce della ragione dellobbligo. Il motivo centrale alla base di questo tema si rinviene nellesigenza di incentivare la predisposizione di tecniche organizzativa in grado di monitorare adeguatamente i comportamenti di chi opera per e nellorganizzazione. Esigenza che si pone diversamente quando, come accade nella societ unipersonale, la formale predisposizione di unorganizzazione autonoma in grado di svolgere tale funzione, oppure quando la separazione patrimoniale avviene pur sempre nellambito dellunitaria organizzazione della societ e non vi neppure distinzione tra gli organi preposti allo svolgimento della specifica attivit. A considerazioni diverse pu condurre il confronto con lipotesi prevista dalla lettera b) dellart. 2447-bis. In questo caso la vicenda si svolge secondo un meccanismo che muove dal contratto di finanziamento e sulla base di esso definisce lattivit ed i proventi destinati alla soddisfazione del creditore: non si tratta invece, come nel caso di cui alla lettera a), della preventiva definizione di un affare e della conseguente distinzione dei creditori a seconda dei rapporti tra le ragioni del proprio credito e laffare medesimo. Per quanto specificamente riguarda i creditori da fatto illecito la scelta dei modi e dellambito della loro tutela esprime orientamenti di politica legislativa in certo modo neutrali rispetto a quelli in tema di limitazione della responsabilit. Non vi necessaria contraddizione tra la loro tutela e la circostanza che parte del patrimonio del responsabile sia destinata in via preferenziale alla soddisfazione di altri creditori; e perci nei casi di maggiore rilevanza lordinamento tende ad assicurare quella tutela con misure che prescindono dal patrimonio del soggetto su cui grava la responsabilit e implicano forme di assicurazione obbligatoria per la responsabilit civile. LEZIONE III: La utilizzazione dei patrimoni destinati Per quanto concerne il patrimonio destinato di cui alla lettera b) dellart. 2447-bis si osservato che si tratta fondamentalmente del particolare atteggiarsi di un rapporto contrattuale di finanziamento e di una soluzione volta a determinarne in maniera diversa da quella consueta la rilevanza inter partes e nei confronti dei terzi. Si tratta sotto questo aspetto della regola secondo cui sui proventi dellaffare cui si riferisce il finanziamento, sui loro frutti e sugli investimenti con essi effettuati, non sono ammesse azioni dei creditori sociali. Essi sono destinati in via esclusiva alla soddisfazione del credito al rimborso derivante dal finanziamento medesimo. Ne risulta unipotesi del tutto peculiare di garanzia a favore del finanziatore: 4

una garanzia che si caratterizza per il suo riferimento non a specifici beni, bens ai risultati finanziari delloperazione. Ma la vicenda in grado anche di caratterizzare i rapporti inter partes ed in un certo senso incidere sulla struttura del rapporto obbligatorio tra loro intercorrente. In virt di essa i proventi dellaffare finanziato non soltanto sono sottratti allazione degli altri creditori, ma possono inoltre essere configurati come strumento esclusivo per il rimborso del conferimento: al punto che nessunaltra garanzia sia prestata in proposito e che si preveda un tempo massimo di rimborso, decorso il quale nulla pi dovuto al finanziatore. Si tratta di una soluzione che attiene essenzialmente al momento delladempimento ed in tal modo al contenuto del rapporto obbligatorio. I proventi dellaffare individuano sia il debito, di modo che la loro dazione al finanziatore in quanto tale adempimento, sia lambito della responsabilit. Se cos non sembra difficile individuare i limiti dutilizzabilit dellistituto. Esso delinea unipotesi in cui lautonomia privata definisce i contenuti del rapporto obbligatorio instaurato dalle parti ed in cui lordinamento precisa i criteri e gli indici per la sua opponibilit ai terzi. Ne risulta cos che laffare finanziato deve presentare caratteristiche tali da consentire i separati sistemi dincasso e contabilizzazione (lettera b) art. 2447-decies), quindi una sua autonomia rispetto alla generale attivit della societ. Non pare compatibile con la prospettiva legislativa avvalersi della forma di patrimonio destinato in questione al fine di separare i beni gi presenti nel patrimonio sociale; si tratta invece di una tecnica che persegue tale separazione con riferimento alle acquisizioni, ed in primo luogo ai proventi, che saranno consentiti dallo svolgimento dellaffare. Di ci del resto sembra inequivocabile conferma la circostanza che in tal caso, a differenza dei patrimoni destinati della lettera a) dellart. 2447-bis, non si prevede n un diritto di opposizione dei creditori n un limite quantitativo. La circostanza che ai creditori non si riconosce alcun diritto di opposizione evidenzia che loperazione di per s non in grado di incidere sulla loro posizione. invece sul piano della separazione di beni preesistenti nel patrimonio sociale che si caratterizza la forma di patrimonio destinato prevista dalla lettera a) dellart. 2447-bis. Si tratta di una tecnica in ultima analisi alternativa a quella della costituzione di una societ ad hoc. Al riguardo assumono rilievo in primo luogo le diverse prospettive adottate nel primo comma dellart. 2361 e nel secondo comma dellart. 2447-bis. Luno che vuole impedire la partecipazione in altre imprese quando per la misura e per loggetto della partecipazione ne risulta sostanzialmente modificato loggetto sociale determinato dallo statuto; laltro che per la costituzione di patrimoni destinati pone un limite quantitativo individuato sulla base di un rapporto con il complessivo patrimonio sociale. Il secondo comma dellart. 2447-bis rende agevole ritenere che nellipotesi ivi prevista permanga nella sua pienezza lesigenza di una coerenza con la previsione statutaria delloggetto sociale. Laffare cui pu essere destinata parte del patrimonio sociale quindi, deve rientrare tra quelli che la societ, sulla base del suo oggetto, potrebbe comunque direttamente svolgere anche senza avvalersi di tale tecnica. Di ci un esplicito indice laltro principio posto dal 2c. dellart. 2447-bis, quello secondo cui i patrimoni desinati non possono essere costituiti per lesercizio di affari attinenti ad attivit riservate in base alle leggi speciali. Il che si traduce in due distinte regole che potrebbero essere cos sintetizzate: 1) Che non consentito, tramite patrimoni destinati, svolgere attivit che la societ non potrebbe direttamente svolgere 2) Che non ogni attivit consentita alla societ pu essere dalla stessa svolta avvalendosi di un patrimonio destinato Il secondo punto merita di essere sottolineato. In proposito deve tenersi conto che le riserve di attivit si caratterizzano per lo pi per lesigenza che esse siano esercitate secondo predefinite modalit organizzative: perci normalmente si prescrive ladozione di uno specifico tipo societario. Da ci il dubbio che tra le possibili strutture organizzative possa annoverarsi anche quella del patrimonio destinato. Laffare cui destinato il patrimonio separato, poich momento dellimpresa societaria e non mero investimento finanziario, deve risultare coerente con la previsione delloggetto sociale; mentre non tutto quanto loggetto sociale consente pu essere compiuto tramite un patrimonio destinato. 5

Ulteriore argomento in tal senso si trova nella considerazione che le due ipotesi, in certo modo alternative, del patrimonio destinato e della costituzione di una societ ad hoc sembrano implicare diverse prospettive valutative per un tema di particolare delicatezza come quello del conflitto di interessi. Nel secondo caso lautonomia del segmento imprenditoriale cui destinata la societ rispetto alla sua madre assicurata sul duplice piano dei singoli atti, tramite la disciplina dellart. 2391, e dalla complessiva attivit, in base alla nuova regola dellart. 2497; nel primo caso, non essendovi spazio per lapplicazione del primo, pu soltanto discutersi se dallart. 2497 non sia possibile trarre un pi ampio principio anche in tale ipotesi utilizzabile. La segmentazione dei rischi imprenditoriali consentita dallart. 2447-bis, sotto questo aspetto non dissimile da quella conseguibile mediante la costituzione di una societ ad hoc, crea comunque nei terzi una legittima aspettativa che il singolo segmento dimpresa con cui entrano in contatto sia gestito secondo criteri imprenditoriali che gli consentano di operare come autonomo centro di profitto. plausibile unipotesi interpretativa la quale si avvalga del principio posto dallart. 2497 anche per reagire ad ipotesi di abusi nella gestione di un patrimonio destinato. Impraticabile pare invece lutilizzazione di regole come quella dellart. 2391 e pi in generale della disciplina del conflitto di interessi. Vi sono evidenti ragioni che convincono dellesigenza di trattare nel nostro caso di un affare dotato delle caratteristiche idonee a consentire unassociazione in partecipazione; e ci fatto salvo il problema se in tutti i casi in cui tale possibilit sussisterebbe sia anche possibile costituire un patrimonio destinato. Dal primo punto di vista non sembra dubbio che anche nel nostro caso si pone la necessit che vi sia un affare in grado di consentire almeno una contabilizzazione autonoma in termini di costi e ricavi. Dal secondo punto di vista ci si potrebbe forse chiedere se non debba riconoscersi un qualche significato ala circostanza che lart. 2447-bis, a differenza dellart. 2549, non discorre di unimpresa o di affari, bens soltanto dei secondi. Termini di confronto divengono da un lato lassociazione in partecipazione e dallaltro la tecnica alternativa al patrimonio destinato, quella di costituire una societ ad hoc. E se per il primo aspetto non sembra agevole andare oltre la generica constatazione che, se non altro per i limiti quantitativi posti dal 2 c. dellart. 2447-bis, non possibile che questo schema si sovrapponga allimpresa societaria, per il secondo si ripropone linterrogativo se tuto quanto pu farsi costituendo una societ ad hoc pu anche farsi con un patrimonio destinato, se quindi i due schemi sono realmente del tutto equivalenti. Nella societ un conseguimento delloggetto concretamente pensabile soltanto nellipotesi di societ unius negotii, quando cio si tratta di una societ costituita per il compimento di un singolo affare; mentre sembra difficilmente ipotizzabile nel caso in cui loggetto sociale individui una categoria di attivit e quindi non si esaurisca se non per il sopraggiungere di fatti giuridici od operativi impeditivi. Se cos potrebbe non essere insostenibile una soluzione secondo cui la destinazione di un patrimonio ad un affare presuppone che questo sia suscettibile di realizzazione. Potrebbe anche osservarsi a favore di questa soluzione che con essa pu ottenersi un equilibrato rapporto nel sistema tra le due tecniche della societ ad hoc e del patrimonio destinato: nel senso che la prima rimane esclusiva per lipotesi in cui sintende operare stabilmente e potenzialmente in termini indefiniti di tempo, mentre la seconda viene circoscritta a vicende in cui in ogni caso presente un limite temporale. LEZIONE IV: Gli apporti dei soci: conferimenti e finanziamenti Dato di partenza la constatazione che la remunerazione dei fattori produttivi utilizzati per lattivit sociale pu avvenire secondo due diverse modalit, come conseguenza diretta dei suoi risultati oppure in misura predefinita e da essi prescindendo. Se per la pi parte dei fattori produttivi possibile predefinire la remunerazione, necessariamente una categoria di essi pu essere remunerata soltanto dopo che gli altri hanno conseguito la propria. In definitiva non tutti coloro che contribuiscono allattivit dimpresa possono essere fixed claimants; necessario che alcuni assumano la posizione di residual claimants, nel senso che la loro remunerazione avviene riconoscendo il potere di appropriarsi di quanto residua dopo la soddisfazione dei primi. Ci implica una diversa situazione in termini di rischio: quando i risultati dellattivit imprenditoriale sono negativi, essi pregiudicano prima la posizione dei residual claimants e solo successivamente quella dei fixed claimants.

necessario definire larea del conferibile, cio se e per quali aspetti i possibili apporti dei soci, quelli qualificati come conferimenti in senso tecnico, siano ulteriormente delimitati, rispetto a quanto gi deriva dalla loro necessaria strumentalit per lo svolgimento dellattivit sociale. Allorigine della questione si pone un confronto con lart. 2447, ed un confronto inoltre tra le specifiche esigenze delle societ di capitali e quelle delle societ di persone: linterrogativo cio se ed in che senso differente deve ritenersi nei due casi la funzione del conferimento. La nuova disposizione in tema di conferimenti in S.R.L., lart. 2464, per un verso stabilisce che possono essere conferiti tutti gli elementi dellattivo suscettibili di valutazione economica, per un altro consente che il conferimento avvenga mediante la prestazione di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria con cui vengono garantiti, per lintero valore ad esso assegnato, gli obblighi assunti dal socio aventi per oggetto la prestazione dopera o di servizi a favore della societ. Mentre, per quanto concerne le S.P.A., il sesto comma dellart. 2346 fa salva la possibilit che la societ, a seguito dellapporto da parte di soci o di terzi anche di opera o servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nellassemblea generale degli azionisti. Ne risulta un diverso trattamento del conferimento dopera o di servizi. Per esso, nella S.P.A., permane il rigido divieto dellultimo comma dellart. 2342: sicch lapporto di tali utilit non pu contribuire alla formazione del capitale sociale, non pu avvenire quindi nella forma del conferimento in senso tecnico, ed possibile soltanto che dia luogo allemissione di strumenti finanziari diversi dalle azioni cui pure possono essere attribuiti alcuni dei diritti patrimoniali od amministrativi tradizionalmente del socio. Nella S.R.L., invece, il conferimento pu avere ad oggetto la prestazione dopera o di servizi e soltanto si richiede, come condizione perch ci avvenga, che sia prestata una polizza di assicurazione o una garanzia bancaria tale da garantire lesecuzione del relativo obbligo per un importo almeno parti al valore assegnato al conferimento medesimo. Vi un diverso significato della regola, pur ugualmente formulata, che in entrambi i modelli societari vuole lintegrale liberazione delle partecipazioni corrispondenti ai conferimenti non in danaro. Il diverso trattamento dellapporto di opera o servizi mostra infatti che essa implica, per le S.P.A., limmediata messa disposizione della societ dellutilit cui il conferimento funzionale ed invece, per la S.R.L., che tale messa a disposizione sia realizzata oppure soltanto semplicemente garantita. Lapporto di opera o servizi non consente alla societ la definitiva acquisizione del relativo valore, soprattutto non le consente di avvalersene in via autonoma ed a prescindere dalla successiva cooperazione del socio. Nella S.P.A. essenziale che il conferimento si realizzi secondo modalit tali da poter assumere una propria oggettivit, un proprio autonomo valore in grado di emanciparsi dalle vicende personali del socio: deve potersi configurare come un investimento il quale, implicando un affidamento alla societ, conserva il proprio significato indipendentemente dalla sua situazione personale. Nella S.R.L. non si richiede siffatta emancipazione ed il valore del conferimento pu ancora consistere in unattivit del socio, quindi imperniato se si vuol dire sulla sua persona. Del resto che cos sia dimostrato dalla disciplina del 5 comma dellart, 2466, in virt del quale la scadenza o la sopravvenuta inefficacia della garanzia non significano di per s la mancata esecuzione del conferimento ed possibile che la prima venga sostituita con altra. Alla base della peculiare disciplina dei finanziamenti dei soci dellart. 2467 si pone la constatazione che operazioni di finanziamento dei soci a favore della societ possono trovare la loro giustificazione nella posizione stessa di socio ed essere finalizzate alla realizzazione di interessi diversi da quelli tipicamente presenti in operazioni finanziarie con terzi: possono, come spesso si dice, evidenziare una causa societatis. Si pone il problema di evitare che con finanziamenti formalmente diversi dai conferimenti il socio possa in sostanza sottrarsi al proprio tipico rischio e presentarsi per questo aspetto su un piano di parit con i creditori. La questione viene anche spesso presentata come un problema di sottocapitalizzazione nominale della societ: quando cio i soci contribuiscono in effetti a quanto economicamente necessario per lo svolgimento della sua attivit, ma solo in parte a titolo di formale conferimento ed il rimanente sulla base di rapporti omogenei con quelli instaurati nei confronti dei terzi. Con il modello della S.R.L. la partecipazione alla societ non necessariamente si riduce in quanto tale ad un investimento, ma pu qualificarsi per il coinvolgimento, se si vuol dire personale, nellattivit di impresa. 7

Nella S.P.A., ove lassunzione della partecipazione implica di per s unoperazione di mero investimento, non pu ritenersi a priori ragione di sospetto che parallelamente ad essa intercorrano altre e distinte forme di investimento. Nella S.R.L., invece, ove pu anche trattarsi di un interesse immediato nei confronti dellattivit imprenditoriale, plausibile che gi in via di principio ci si interroghi sui rapporti nel caso concreto tra la posizione di socio ed unoperazione di finanziamento a favore della societ. Nellart. 2467 pare centrale il riferimento ad una situazione finanziaria della societ nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento: in quanto laltra ipotesi di eccessivo squilibrio dellindebitamento rispetto al patrimonio netto, pi che contrapporsi a quella, sembra individuare un assetto di interessi in cui a siffatto risultato inevitabilmente induce tale criterio di ragionevolezza. In quel caso di eccessivo squilibrio dellindebitamento un finanziamento effettuato concedendo credito significherebbe lassunzione di un rischio che difficilmente un creditore consapevole sarebbe disposto ad assumere. Quel criterio di ragionevolezza in grado soprattutto di essere utilizzato a fini applicativi chiedendosi qual il comportamento tipico non tanto del socio, quanto del terzo finanziatore. Si tratta cio di chiedersi se nella situazione data potrebbe ragionevolmente attendersi che un terzo sia disponibile ad effettuare un finanziamento: con la conseguenza che la disciplina dellart. 2467 diviene applicabile essenzialmente quando a tale interrogativo debba fornirsi risposta negativa. in tal caso che risulta inevitabile la conclusione secondo cui la ragione economica del finanziamento risiede nella posizione di socio di chi lo concede. Lart. 2467 individua ipotesi in cui non consentito al socio sostanzialmente ridurre il proprio rischio tipico di residual claimant ed in cui sarebbe allora contraddittorio con le finalit politiche della norma far riferimento al suo intento. Non vi invece motivo per impedire che a tale rischio volontariamente il socio assoggetti il proprio finanziamento a favore della societ. Quando riconoscibile una scelta dellautonomia privata nel senso della postergazione di apporti finanziari dei soci diversi dai formali conferimenti, la sua efficacia pu essere analoga nei due tipi societari; ma da ci anche linterrogativo se non ci siano pure nella S.P.A. ipotesi in cui a siffatta postergazione debba imperativamente giungersi sulla base di unapplicazione analogica dellart. 2467. Del resto, che il problema abbia ragione di porsi sembra dimostrato dallart. 2497-quinquies: il quale estende, a prescindere dal tipo societario, la disciplina dellart. 2467 ai finanziamenti effettuati a favore della societ da chi esercita unattivit di direzione e coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti. Non difficile constatare che nellipotesi di finanziamenti infragruppo si presentano molti dei dati che sono parsi alla base dellart. 2467: lindividuazione in particolare di unoperazione finanziaria che non si risolve in un mero investimento, ma costituisce un momento di esercizio dellimpresa, se si vuol dire del suo governo; e che perci non pu essere sottratta al rischio tipico di tale posizione. Se cos , almeno legittimo porsi la questione se la disciplina non sia applicabile anche allazionista la cui partecipazione nel caso concreto non si riveli quella di un investitore, bens denoti caratteri imprenditoriali: come soprattutto pu avvenire per il socio di controllo. Potrebbe convincere un profilo della ratio della norma fin qui trascurato. Essa infatti, sostanzialmente imponendo una postergazione dei finanziamenti effettuati dai soci in situazioni di crisi della societ, implica una soluzione politica che vuole penalizzare la scelta di chi in tale situazione decide di proseguirne lattivit imprenditoriale in buona parte trasferendone il rischio a carico dei terzi creditori. Si tratta di una soluzione normativa che intende affrontare uno dei problemi che inducono lordinamento a dettare una disciplina speciale per la crisi dellimpresa: quello di impedire leventualit che essa prosegua la sua attivit quando ormai il relativo rischio verrebbe trasferito a carico dei creditori, di soggetti cio cui non compete decidere in merito a tale prosecuzione. Questa prospettiva potrebbe in certo modo per converso indurre a chiedersi se in effetti, al di l della lettera dellart. 2467, la sua disciplina sia in ogni caso applicabile ai finanziamenti di ogni socio di S.R.L., oppure soltanto quando nel caso concreto la sua partecipazione dimostri effettivamente i segnalati caratteri imprenditoriali. Da un punto di vista applicativo la questione potrebbe porsi nel caso in cui il socio, di fronte alla pretesa di applicare a suo carico la disciplina del 1 comma dellart. 2467, tenti di proporre uneccezione basata sulla 8

sua concreta estraneit alla conduzione imprenditoriale della societ. Se nella sua utilizzazione, dovendosi in definitiva valutare un rapporto instaurato tra il socio e la societ e potendo condurre ad una qualificazione diversa da quella formalmente adottata dalle parti, non si debba anche riconoscere uno spazio al modo in cui concretamente il primo partecipa alla seconda. LEZIONE V: Il finanziamento della societ: socio e obbligazionisti tradizionale la distinzione tra azione e quota di S.R.L.: due tecniche organizzative che diversamente risolvono il problema del modo in cui procedere ad una misurazione dei diritti del socio. Nel primo caso, con lazione, il problema risolto mediante la definizione statutaria dellunit di misura a tal fine utilizzabile. Il che avviene individuando frazioni standardizzate e quantitativamente omogenee del capitale sociale; sicch diviene possibile determinare il quantum dei diritti di ciascun socio sulla base del numero di tali frazioni, le azioni appunto, riferibili alla sua posizione. Ed soltanto una variante tecnica la circostanza che tali frazioni siano individuate attribuendo ad esse un valore assoluto, il valore nominale, oppure limitandosi a definire la proporzione che essere rappresentano del capitale. Ladozione della seconda soluzione pu semplificare alcuni problemi tecnici, in particolare quelli che si presentano in caso di modificazione del capitale sociale; in tal caso infatti, se la soluzione adottata la prima, ne risulta la necessit di modificare correlativamente il valore nominale delle azioni. Ad entrambe per in ogni caso comune la predeterminazione oggettiva in via statutaria di ununit di conto utilizzabile per il calcolo dei diritti spettanti a ciascun socio. Da ci una serie di conseguenze di rilievo: come quella della indivisibilit delle azioni, che deriva dal loro significato di unit di misura e che non consente una divisione ad opera dei soci, ma non esclude, essendo il risultato di una determinazione statutaria, una successiva modificazione di questa. Ma da ci soprattutto la loro fungibilit, che rende pi agevole la formazione di un mercato che le abbia ad oggetto; ed una loro oggettivizzazione, la possibilit cio di pensare la singola azione come una cosa e di intenderne le vicende prescindendo da quelle personali del socio che ne sia in un dato momento titolare. invece la posizione personale del socio a collocarsi in primo piano con la quota di S.R.L.: ove manca la predisposizione di ununit di misura oggettiva e la misurazione quindi dei diritti del socio avviene sulla base della proporzione con cui in concreto egli partecipa alla societ. Qui si coglie la contrapposizione che la legge di delega vuole istituire tra rilevanza centrale dellazione nella S.P.A. e rilevanza centrale del socio nella S.R.L. Lesercizio dei diritti sociali viene fondato in un caso sulle unit azionaria riferibili al soggetto, nellaltro su un accertamento della singola posizione del socio. Avviene cos una modulazione che, nella S.P.A. si traduce predisponendo differenti categorie di azioni fornite di diritti diversi; avviene invece nella S.R.L. con lattribuzione a singoli soci di particolari diritti. Con la conseguenza che la circolazione dei diritti diversi avviene necessariamente in connessione con quella delle unit azionarie da cui derivano; mentre i particolari diritti spettano individualmente al singolo socio e non si trasferiscono allacquirente della partecipazione. Con riferimento alla S.P.A. merita di essere ricordato il diffuso orientamento che circoscrive la possibilit di modulare i diritti sociali alla creazione di categorie di azioni. Il problema di maggior rilievo a questo riguardo concerne i limiti entro i quali possono essere configurati i diritti diversi di cui allart. 2348 ed i particolari diritti consentiti dallart. 2468. Quando si intende graduare la posizione del socio riguardo ai poteri nella societ, trattandosi della S.P.A., ci possibile esclusivamente indicendo sulla spettanza e sullesercizio del diritto di voto; per la S.R.L. invece possibile prevedere particolari diritti che direttamente abbiano per oggetto la gestione societaria. Se cos non forse difficile scorgere unulteriore conferma della prospettiva che nella partecipazione in S.P.A. scorge soprattutto il significato di investimento, il quale implica il riconoscimento di poteri nello svolgimento dellattivit sociale, ma necessariamente sulla base delle regole organizzative sue proprie e senza comportare la necessit che allattivit medesima concretamente e personalmente si partecipi. Mentre nella S.R.L. diviene possibile il riconoscimento in proposito di particolari diritti al socio in quanto tale. Il 5 comma dellart. 2351 consente che ai possessori degli strumenti finanziari sia riservata, secondo modalit stabilite dallo statuto, la nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco. Si tratta infatti di strumenti finanziari diversi dalle azioni e 9

con riferimento ai quali entrambe le disposizioni escludono il diritto di voto nellassemblea generale degli azionisti; ed proprio questa diversit che giustifica la possibile attribuzione di poteri in merito allamministrazione che si concretizzino in modalit diverse dal voto in assemblea e che non necessariamente quindi si risolvono in metodi di conteggio del voto medesimo. Se il voto in assemblea esclusivo della partecipazione sociale, di essa non invece nella S.P.A. conseguenza necessaria; lart. 2351 prevede infatti non soltanto unampia gamma di possibilit nel congegnare categorie azionarie differenziate per quanto concerne lesercizio del diritto di voto o nel determinarne il peso quantitativo, ma anche leventualit di azioni senza diritto di voto (per es. azioni di risparmio). Ne risulta un assetto del sistema secondo cui il diritto di voto in assemblea non pu competere se non a chi sia socio, sulla base quindi dei presupposti normativi per il riconoscimento di tale posizione giuridica, ma la sua esclusione non impedisce di per s che di posizioni sociali comunque si tratti. Si pone cos il problema di individuare gli indici sulla cui base caratterizzare e distinguere rispetto ad ogni altra la situazione giuridica propriamente di socio. Espressamente ora si ammette che una categoria di azioni possa essere caratterizzata anche per quanto concerne la incidenza delle perdite; mentre non soltanto si consente lemissione di obbligazioni con cui il diritto agli interessi , in tutto o in parte subordinato alla soddisfazione dei diritti di altri creditori della societ o pu variare in dipendenza di parametri oggettivi anche relativi allandamento economico della societ, ma inoltre si sottopongono alla disciplina delle obbligazioni strumenti finanziari che condizionano i tempi e lentit del rimborso del capitale e landamento economico della societ. Per un altro verso si ammettono anche azioni fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dellattivit sociale in un determinato settore. Ne risulta una sorta di continuum tra posizioni che sono classificate in termini di partecipazione azionaria ed altre che il legislatore inquadra invece sul piano dei rapporti di credito: cos, per quanto concerne la partecipazione al rischio dellattivit sociale e quindi la sopportazione delle perdite, si delinea leventualit che essa sia graduata nellambito degli azionisti ed inoltre successivamente graduata tra distinte categorie di finanziatori, e ci fino al punto che il negativo andamento dellimpresa pu pregiudicare persino il loro diritto al rimborso del capitale. Unindicazione importante per analizzare il punto pu trarsi dallultimo comma dellart. 2346. Esso prevede lemissione di strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali che potrebbero risultare qualitativamente omogenei con quelli degli azionisti, ma chiaramente esclude che tali strumenti possano intendersi come vere e proprie azioni; e lo prevede a seguito di apporti i quali non possono qualificarsi come conferimenti. Da ci la sensazione che la qualificazione come socio consegue alla possibilit di qualificare lapporto come conferimento; e da ci anche lulteriore sensazione che nella S.P.A. tale qualificazione si connette necessariamente ai requisiti ed alle modalit tecniche delloperazione del conferire. Rileva tecnicamente come conferimento non ogni generico apporto patrimoniale, ma quello che per le sue forme, ed in definitiva a seguito di una scelta statutaria, contribuisce alla formazione del capitale sociale. Da ci la sensazione che le azioni non si individuano per i diritti patrimoniali che ne derivano, bens in base alla circostanza che tali diritti conseguono ad una posizione giuridica dimensionata sulla base non dellapporto, ma di quanto di esso viene riferito al capitale sociale. E cos si apre leventualit di ipotesi che sostanzialmente realizzano una partecipazione al patrimonio sociale, con esposizione in effetti ai rischi relativi alla sua consistenza, ma non al capitale della medesima, non quindi nei termini tipici della partecipazione sociale in societ di capitali Potrebbe dirsi che se le azioni rappresentano un prius rispetto alla posizione del socio, il capitale a sua volta un prius nei confronti delle azioni. La prospettiva cio quella per cui non si muover dalla determinazione di un par value delle azioni e moltiplicandolo per il loro numero si stabilisce il legal capital della societ, ma da uno stated capital si desume, tramite unoperazione di divisione, il valore delle prime. Si tratta di un procedimento logico il quale si articola in realt non in due, bens in tre fasi: un primo momento con il quale si definisce la cifra del capitale sociale, in misura che deve almeno corrispondere al valore complessivo degli apporti; un secondo momento in cui il capitale sociale viene ripartito nelle sue frazioni unitarie rappresentate dalle azioni ed un terzo momento infine in cui le azioni sono assegnate ai soci. 10

Qui si spiega leventualit ora resa esplicita dalla riforma che lautonomia privata prescinda dal momento di assegnare le azioni da una rigida proporzionalit rispetto agli apporti individuali dei soci. Ci non esclude lesigenza di dover direttamente valutare i significati economici della vicenda: come potrebbe accadere, in presenza di una ripartizione delle azioni non proporzionale agli apporti, quando ci si debba interrogare sulla giustificazione causale di una vicenda che nei rapporti inter partes pu comportare unattribuzione patrimoniale. Dal punto di vista degli assetti societari leventualit di unassegnazione non proporzionale di azioni o di diritti sociali nella S.R.L. non rappresenta altro che lestensione di una possibilit gi presente nella disciplina delle societ di persone: basta considerare che lazione o la quota rappresentano essenzialmente tecniche per la misurazione quantitativa dei diritti del socio nella societ per convincersi come le soluzioni cui si accenna sostanzialmente corrispondono a quanto consentito dallart. 2263. Il profilo non si esaurisce nella precedente constatazione che gli apporti utilizzabili per lemissione di azioni debbono poter essere imputati al capitale: esso inoltre coinvolge molteplici aspetti. Si pensi cos alle azioni fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dellattivit sociale in un determinato settore e le si confrontino con gli strumenti finanziari di partecipazione allaffare previsti dalla lettera e) dellart. 2447-ter. Entrambe le tecniche possono rappresentare un modo per partecipare economicamente ai rischi connessi allandamento quindi risultare sostanzialmente equivalenti. Nel caso er delle azioni tale partecipazione realizza necessariamente sulla base di modalit che non possono prescindere dai meccanismi predisposti per la tutela del capitale medesimo; in concreto seguendo i procedimenti contabili e deliberativi che consentono la distribuzione di utili ed allora nei limiti degli utili di bilancio complessivamente realizzati dalla societ. Sicch i diritti patrimoniali di cui tali azioni sono fornite si caratterizzano in definitiva come una particolare forma di privilegio: nel senso che, accertati fli utili di bilancio ed accettati inoltre i risultati dellattivit sociale nel settore considerato, la distribuzione dei primi nei limiti di tali risultati avviene nellipotesi estrema ad esclusivo favore dei possessori di tali azioni; mentre per converso gli utili distribuibili ai possessori delle altre sono per cos dire depurati di quelli in tal modo attribuiti alle azioni correlate. Ad esse indefinitiva comune con le altre azioni il riferimento allattivit sociale nel suo complesso ed allutile che risulta dal suo bilancio; mentre il ruolo dellindividuazione dello specifico settore economico cui sono correlate si traduce in ultima analisi in un criterio interno per la ripartizione di tale utile. Nettamente diversa sotto questo aspetto la situazione degli strumenti finanziari di partecipazione allaffare, che allaffare soltanto si riferiscono e con cui quindi la partecipazione ai suoi esiti economici richiede soltanto un loro specifico accertamento e prescinde da quelli generali della societ e dal suo bilancio. Consequenziale a ci la distribuzione di utili alle azioni correlate presuppone la deliberazione prevista dallart. 2433; mentre con riferimento agli strumenti finanziari previsti dallart. 2447-ter la posizione giuridica si traduce in un diritto di credito azionabile sulla sola base del realizzarsi del suo presupposto economico. chiaro daltra parte che questa prospettiva si riflette anche su quanto riguarda la sorte del capitale investito: il suo rimborso da un lato costituisce loggetto, realizzandosene i presupposti economici, di una pretesa, dallaltro, trattandosi di azioni seppure correlate, pu eventualmente essere previsto ed avvenire soltanto sulla base del rispetto delle regole per la restituzione dei conferimenti in capitale, quindi, a seconda dei casi e delle previsioni statutarie adottate, seguendo quelle in materia di recesso oppure le altre, ai fini specifici per alcuni aspetti convergenti, relative alla riduzione del capitale. N pu dubitarsi che questo discorso assuma un carattere pi generale, riguardando anche i rapporti tra la partecipazione azionaria e gli strumenti finanziari che condizionano i tempi e lentit del rimborso del capitale allandamento economico della societ. anche chiaro che nelle due ipotesi la stessa sopportazione delle perdite, pur quando in termini non dissimili da un punto di vista economico, avviene secondo modalit tecniche differenti: la sua eventuale graduazione si realizza in un caso sulla base di una graduazione dellincidenza che sule diverse categorie azionaria ha la riduzione del capitale di cui allart. 2466, nellaltro caso in virt di un meccanismo che incide sulla pretesa al rimborso del capitale e ne condiziona lefficacia. 11

Daltra parte vi da rilevare che le caratteristiche di massa delloperazione e la caratterizzazione soprattutto finanziaria della S.P.A. conferiscono connotati particolari pure allipotesi di forme di investimento che non si realizzino tramite una partecipazione al capitale della societ. In quel caso da un lato si prevede obbligatoriamente uno specifico assetto organizzativo dei partecipanti alloperazione, dallaltro si tende in via di principio ad un equilibrato rapporto con le dimensioni dellinvestimento invece azionario. Paradigma in proposito quello tradizionale delle obbligazioni: ove appunto viene confermata la soluzione che vuole unorganizzazione della collettivit degli obbligazionisti, ciascuno dei quali assume la posizione di partecipante ad unoperazione unitaria di prestito, mediante la costituzione di un loro rappresentante comune e di una loro assemblea; e per la cui emissione vengono posti limiti quantitativi in considerazione della situazione patrimoniale e finanziaria della societ. Questo paradigma normativo infatti reso applicabile anche agli strumenti finanziari con i quali la pretesa al rimborso del capitale in vario modo condizionata allandamento economico della societ e che quindi risultano ontologicamente diversi dalle obbligazioni in senso proprio. E si tratta di un paradigma viene espressamente preso con riferimento agli strumenti finanziari di cui allart. 2447-ter, quelli cio emessi al fine della partecipazione ad uno specifico affare cui sia stata destinata parte del patrimonio della societ. Questi sono dunque i dati di cui si deve tener conto: - In via di principio lemissione degli strumenti finanziari cui si accenna trova un limite quantitativo il cui parametro definito sula base del capitale sociale e delle riserve a tal fine disponibili - Tale limite non opera quando si tratta di societ con azioni quotate in mercati regolamentati e per le obbligazioni destinate ad essere ivi quotate oppure quando gli strumenti finanziari sono destinati alla sottoscrizione di investitori professionali, ed in tal caso affermandosi una loro garanzia della solvenza della societ nei confronti dei successivi acquirenti che non possano cos qualificarsi - Nelle S.R.L. questi limiti non operano, ma in ogni caso prevista analoga garanzia, non essendo invece richiesto un assetto organizzativo del tipo di quello adottato per i prestiti obbligazionari delle S.P.A. Il tema pu ancora meglio essere illustrato assumendo il punto di vista del sottoscrittore di azioni o di altri strumenti finanziari. In entrambi i casi si tratta di una forma di investimento nella societ, se si vuol dire di partecipazione ad essa: sicch non stupisce che lordinamento richieda un equilibrio tra esse e comunque assegni rilievo alle caratteristiche in concreto assunte dalluna per definire i termini dellaltra. Quando invece si tratta della S.R.L., ove il significato della partecipazione sociale non in primo luogo e comunque non necessariamente finanziario, operazioni come quella prevista dallart. 2483 si collocano su un piano decisamente esterno alla societ, non pongono quindi esigenze di tipo organizzativo e non richiedono la definizione di un equilibrio con i profili quantitativi e qualitativi che in concreto caratterizzano il gruppo dei soci. LEZIONE VI: I poteri dei soci: lexit Vi un potere, quello di voto nellassemblea sociale, che la legge vuole sia dei soci esclusivo. La maggior parte delle situazioni giuridiche del socio sono indisponibili da parte della societ, ma disponibili da parte del socio medesimo, e per lo pi disponibili dopo il verificarsi del fatto che ne occasiona lesercitabilit in concreto. Pu essere utile il criterio che si avvale della distinzione tra poteri di exit e poteri di voice: la possibilit da un lato di influire, direttamente o indirettamente, determinandone positivamente la direzione o ponendole limiti negativi, sullattivit sociale, la possibilit dallaltro di uscire dalla collettivit e sottrarsi cos alle scelte in essa compiute. La riforma ha diversamente graduato e modellato le due tecniche utilizzabili a tal fine: il recesso e lalienazione della partecipazione. Il punto si comprende nella maniera pi chiara considerando una nuova ipotesi prevista dalla riforma, quella della societ a tempo indeterminato. In tal caso lordinamento non pu prescindere dallesigenza generale che non consente vincoli perpetui, ed a ci provvede riconoscendo in tal caso il diritto di recesso; tale diritto per esclude nellipotesi di azioni quotate in un mercato regolamentato, ove appunto la 12

negoziazione sul mercato consente ugualmente di realizzare il disinvestimento a valori, poich di mercato, equi. Nello stesso senso il diritto di recesso riconosciuto per lipotesi in cui linizio e la cessazione dellattivit di direzione e coordinamento cui soggetta la societ altera le condizioni di rischio dellinvestimento, invece escluso quando si tratta di societ con azioni quotate in un mercato regolamentato e venga promossa unofferta pubblica di acquisto. Ancora in questa prospettiva si spiega sia che la possibilit di ampliare in via statutaria le ipotesi di recesso venga riservata alle societ che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio; sia che il diritto di recesso venga imperativamente affermato in presenza di clausole statutarie che escludono la trasferibilit delle partecipazioni o comunque la condizionano a limiti non oggettivamente predeterminati. Esplicita del resto la conferma di tale prospettiva nellart. 2437-quinquies, ove appunto da una modificazione di tale possibilit consegue il riconoscimento del diritto di recesso. Ma la connessione tra le due tecniche di exit cui si accenna risulta anche chiaramente dalle modalit concrete in cui il recesso si realizza: esso infatti avviene in primo luogo mediante lacquisto della partecipazione da parte egli altri soci e solo in mancanza a spese del patrimonio sociale. Se si considera poi che la seconda evenienza presuppone la presenza di riserve disponibili oppure ladozione del procedimento previsto per la riduzione del capitale sociale e che, risultando impedita anche questultima possibilit per la giustificata opposizione dei creditori, la societ si scioglie, diviene chiaro quanto preliminarmente osservato in merito al ruolo del diritto di recesso quale strumento per incidere sulle scelte della societ ed in definitiva per tendere alla sua efficienza. Vi la previsione tra le cause di recesso per l S.R.L., ma non per la S.P.A., delle operazioni di fusione e di cessione. Che si spiega per il riconosciuto ruolo ad un interesse il quale non guarda soltanto alle condizioni economiche dellinvestimento, ma anche alla composizione del gruppo dei soci. Il punto trova del resto conferma nel modo in cui vengono considerate le operazioni di aumento di capitale ed i connessi diritti dei soci. Ad esse nella S.P.A. consegue un loro diritto di sottoscrivere le azioni di nuova emissione, il diritto di opzione, ed un diritto la cui esclusione o limitazione possibile non soltanto quando linteressa della societ lo esige, ma anche quando le nuove azioni sono emesse, nei limiti del 10% del capitale preesistente, da societ con azioni quotate in mercati regolamentati ed il prezzo si emissione corrisponde al valore di mercato. La soluzione si spiega in quanto il socio che voglia conservare la sua quota proporzionale di partecipazione pu autonomamente provvedere sul mercato acquistando azioni ad un prezzo che appunto coincide con quello di sottoscrizione delle azioni di nuova emissione. Diversa la situazione nella S.R.L., come risulta dallart. 2481-bis. Qui non soltanto manca lesplicita previsione legislativa di ipotesi in cui il diritto di opzione dei soci per cos dire escluso ex lege; non soltanto la possibilit di escluderlo presuppone unapposita clausola dellatto costitutivo che la consenta; ma nel caso in cui di tale possibilit concretamente ci si avvalga viene riconosciuto ai soci dissenzienti il diritto di recesso. Esso quindi svolge la funzione anche di strumento di controllo sulla composizione della compagine sociale. significativo che sia nella S.P.A. sia nella S.R.L. lattenzione del legislatore si volga soprattutto alle clausole di gradimento, quelle in particolare che consentono di incidere sulle vicende circolatorie con un potere discrezionale. In tal caso la clausola crea oggettivamente uno squilibrio nei rapporti tra soci e, evidenziando un interesse a controllare i mutamenti nella compagine sociale, ne affida in concreto ad alcuni soltanto la valutazione. A ci risponde lordinamento riconoscendo al singolo il diritto di recesso oppure richiedendo per lefficacia della clausola la previsione di tale diritto o di un obbligo di acquisto a carico degli altri. La portata invece delle clausole di prelazione viene ormai largamente a coincidere con quella delle clausole di gradimento, da cui essenzialmente si differenziano in quanto la decisione se consentire oppure no il trasferimento della partecipazione non viene demandata ad un organo sociale o ad un altro soggetto specificamente individuato, ma rimessa a ciascun socio il quale pu impedirlo offrendosi di acquistarla. Da un lato, con la clausola di gradimento, il diniego di placet efficace nel presupposto che sua previsto un obbligo di acquisto o la liquidazione della partecipazione ai sensi della disciplina per il caso di recesso; dallaltro, con la clausola di prelazione, ad ogni socio consentito di escludere lalienazione della partecipazione, ma a condizione che si assuma lonere del suo acquisto ed i relativi costi. 13

Con la clausola di gradimento il controllo in merito alla composizione del gruppo sociale per cos dire centralizzato presso un organo della societ o uno specifico soggetto, mentre con la clausola di prelazione attribuito in maniera diffusa ad ogni singolo socio. Vi per il problema concernente il prezzo che deve essere offerto al socio che intende alienare la propria partecipazione. Si pu utilizzare la soluzione adottata dal 2 comma dellart. 2355-bis e farsi quindi riferimento ai criteri previsti per la liquidazione della quota in caso di recesso. riconosciuto, nella S.P.A., un ampio spazio allautonomia privata. Come dispone il primo comma dellart. 2346, se normale che le azoni siano rappresentate da titoli, possibile che lo statuto ne escluda lemissione oppure preveda lutilizzazione di diverse tecniche di legittimazione e circolazione. E, come dispone il primo comma dellart. 2354, la scelta tra titoli nominativi e al portatore, nei limiti consentiti dalle leggi speciali, rimessa al socio, ma lo statuto pu escluderla. La prospettiva in sostanza che al socio viene riconosciuta la pretesa al rilascio di titoli rappresentativi delle sue azioni ed il diritto di sceglierne la forma. Tale pretesa e tale diritto sono per subordinati alle scelte statutarie. La competenza statutaria e la sua prevalenza rispetto alle scelte del socio si spiegano per la considerazione che con essa si tratta in effetti di una scelta organizzativa: una scelta cio la quale attiene essenzialmente alle modalit con cui i soci partecipano allattivit della societ. Cos nel caso di mancata emissione dei titoli azionari tale rilevanza consegue alliscrizione nel libro dei soci, che viene a costituire quindi lindice necessario per lesercizio dei diritti sociali, e richiede una cooperazione della societ medesima. Mentre, se i titoli azionari sono emessi, da tale cooperazione si prescinde e la negoziazione attuata avvalendosi della chartula in grado di per s di ottenere quel risultato: lindice di rilevanza nei confronti della societ in questo caso rappresentato dal possesso del titolo. In tutti i casi la negoziazione delle azioni avviene allesterno della societ, nei modi di diritto comune oppure mediante le tecniche cartolari. Quando per i titoli azionari sono emessi, queste stesse tecniche assumono inoltre il significato di momento per la sua rilevanza nei confronti della societ medesima. La girata mezzo di negoziazione idoneo e autosufficiente, in grado cio di comportare quella stabilit dellacquisto che tipicamente consegue allapplicazione della disciplina dei titoli di credito. Anche per i titoli allordine conserva un ruolo liscrizione nel libro dei soci: la quale, anche se non pi presupposto per lesercizio dei diritti sociali ancora imposta dalle leggi speciali e rileva ulteriormente sia ai fini della negoziazione sia per lorganizzazione della societ. Essa costituisce uno strumento mediante il quale la societ e i soci sono in grado di verificare la composizione della compagine sociale. Non stupisce che queste soluzioni vengano sostanzialmente riprodotte ed adattate con riferimento alle ipotesi in cui le azioni sono assoggettate al regime di dematerializzazione degli strumenti finanziari. In tal caso tecnica di trasferimento la scritturazione in conto e da essa consegue la legittimazione nei confronti della societ. Nettamente diversa la situazione con riferimento alla S.R.L. Qui infatti non consentito di avvalersi di tecniche di negoziazione diverse da quelle di diritto comune e di conseguenza diviene necessario utilizzare indici ulteriori per la rilevanza sociale delle prime. Perci la soluzione analoga a quella prevista nella S.P.A. quando non sono emessi i titoli azionari e, distinguendosi anche empiricamente il momento della negoziazione tra le parti e quello dellefficacia nei confronti della societ, si individua per la seconda quello delliscrizione nel libro dei soci. Il 3 comma dellart. 2470 prevede una forma di tutela dellacquisto della partecipazione in S.R.L., nel senso che in caso di conflitto tra pi acquirenti assegna la prevalenza a chi per primo ha effettuato in buona fede liscrizione nel registro delle imprese; ma lo prevede in termini ben diversi da quelli propri della disciplina cartolare. Non si tratta di risolvere un conflitto tra il titolare della partecipazione e chi labbia acquistata da altri avvalendosi di tecniche giudicate meritevoli di tutela da parte dellordinamento; il conflitto qui regolato riguarda, esclusivamente, i diversi acquirenti della medesima partecipazione ed in questo senso un parallelismo sembra piuttosto potersi istituire con lart. 1380. Il conflitto regolato riguarda soltanto i rapporti tra i suoi acquirenti: sicch la soluzione del conflitto medesimo non in grado di coinvolgere leffettivo titolare della quota. 14

LEZIONE VII: I poteri dei soci: la voice La distinzione tra i due tipi di S.P.A. e della S.R.L. risulta sotto questo aspetto ancora pi incisiva. Si tratta in sintesi di ci: che nella prima il socio in quanto tale fondamentalmente estraneo ai temi dellamministrazione sociale, e contribuisce allattivit partecipando a procedimenti che riguardano soprattutto momenti organizzativi della societ; mentre nella seconda viene riconosciuta rilevanza ad un suo interesse direttamente volto alla gestione ed inoltre possibile che egli, proprio in quanto socio e non necessariamente sulla base di un titolo ulteriore, assuma un ruolo attivo nel suo svolgimento. Il diritto di recesso gli riconosciuto anche in occasione del compimento di alcune operazioni, quelle che comportano una sostanziale modificazione delloggetto della societ determinato nellatto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma dellart. 2468, 4 comma. Sono queste ipotesi le quali possono ovviamente verificarsi anche nella S.P.A.; in questo caso, per, pongono un problema soprattutto in termini di responsabilit di coloro che loperazione hanno decisa. Mentre nella S.R.L., ove il compimento delloperazione spetta ai soci, si pone anche la questione dei modi in cui essi possono direttamente reagire. La struttura organizzativa delle s.p.a. necessariamente di tipo corporativo, caratterizzata cio da una necessaria ed inderogabile ripartizione di competenze tra distinti organi, in particolare lassemblea dei soci e lorgano amministrativo. Nella prima infatti possibile allo statuto soltanto richiedere unautorizzazione assembleare per il compimento di atti degli amministratori, atti di cui comunque permangono responsabili nella loro competenza; mentre nella seconda non soltanto la competenza dellassemblea in via di principio rimessa alle determinazioni dellatto costitutivo, ma anche possibile che su iniziativa degli amministratori o di parte dei soci un argomento sia sottoposto alla loro approvazione. In definitiva nella s.p.a. il potere di voice dei soci tipicamente concentrato nel momento del voto in assemblea. La competenza dellassemblea ha fondamentalmente per oggetto lorganizzazione della societ. Ad essa sono invece estranei compiti non soltanto concernenti la gestione imprenditoriale, ma anche riguardanti i suoi assetti finanziari ed organizzativi. Lassunzione di partecipazioni in altre imprese con responsabilit limitata misura sostanzialmente equivalente alla costituzione di un patrimonio destinato ad uno specifico affare: logico sembra perci ritenere che anche alla prima si applichi la stessa regola di competenza prevista in via di principio per la seconda. Il diritto di recesso riconosciuto dallart. 2497-quater esprime la riconosciuta rilevanza per lordinamento di un diretto interesse dei soci al riguardo: rilevanza che su tale piano non pu non esaurirsi dato che non sarebbe in alcun modo possibile riconoscere ai soci ed al loro organo assembleare una competenza in proposito. Da ci la sensazione che, quando quellalterazione consegue invece ad operazioni compiute dalla societ stessa, siffatta competenza possa essere ritenuta coerente con il sistema. Il punto riguarda soprattutto linterpretazione del primo comma dellart. 2361. Se infatti il confronto con il secondo comma della disposizione induce a ritenere che si tratti con esso essenzialmente di un problema di responsabilit degli amministratori, un trattamento particolare merita forse lipotesi in cui il patrimonio sociale viene in sostanza integralmente investito in partecipazioni in altre imprese, le quali inoltre operano in un differente settore economico. Si realizza cos un mutamento delle globali condizioni di rischio cui esposto il patrimonio sociale, ed un mutamento che potrebbe risultare persino pi incisivo rispetto a quanto avviene nelle vicende considerate dallart. 2497-quater. Merita di essere sottolineata la competenza esclusiva dellassemblea per quanto concerne i flussi finanziari dalla societ ai soci medesimi: ci sia con riferimento alla distribuzione degli utili, sia con riferimento alla riduzione del capitale sociale ex art. 2445. Per quanto concerne invece i modi in cui lassemblea opera, vi da sottolineare la ricerca di un punto di equilibrio tra lesigenza di certezza dellazione societaria e quella di fornire adeguata tutela agli interessi che possono essere coinvolti nel corso del procedimento deliberativo e dai suoi esiti. Ed significativo che linvalidit di singoli voti possa comportare quella della deliberazione solo quando siano stati determinanti ai fini del raggiungimento della maggioranza richiesta. Ne risulta che la patologia individuale del voto non assume rilievo nella prospettiva degli interessi di chi lo esprime, ma in quanto riguarda il procedimento deliberativo nel suo complesso, ed allora considerato nella sua oggettivit. E ne 15

risulta in concreto che per una tutela del socio il cui voto sia stato viziato vi spazio soltanto quando il medesimo ha contribuito, ed in misura determinante, alla formazione della maggioranza. La prospettiva in definitiva di un necessario nesso di causalit tra vizio e deliberazione concretamente adottata. Analogo discorso pu farsi con riferimento alla partecipazione allassemblea di persone non legittimate, di cui si occupa lart. 2377, 4 c. Pur essa rileva soltanto se determinante, in questo caso ai fini del quorum costitutivo. La prospettiva delineata trova ulteriore conferma nel trattamento riservato dallart. 2377, 4 c. n.2, allerrore di conteggio dei voti, che viene assoggettato alla stessa disciplina per il caso di loro invalidit e riconosciuto quindi rilevante solo quanto decisivo per la maggioranza. Significativo che anche il tal caso il rimedio sia quello dellimpugnativa e non sia consentita invece unazione di accertamento avente per oggetto leffettivo esito della votazione. Ne risulta che per deliberazione deve intendersi quella risultante dal fatto formale ed oggettivo della proclamazione, anche se non coerente con il reale andamento della votazione. Perci linvalidit di singoli voti di cui discorre lart. 2377, 4c. n. 2 deve comunque riferirsi ad anomalie oggettive del procedimento assembleare, non a vizi concernenti lespressione soggettiva del voto. Nellipotesi della deliberazione assembleare un fatto si in ogni caso realizzato, il fatto appunto della delibera, ed un fatto il cui ruolo non di per s quello di costituire situazioni giuridiche soggettive, bens di rappresentare un momento nello svolgimento dellattivit sociale. Il problema, perci, non riguarda tanto la sua efficacia, quanto se tale suo valore pu essere conservato oppure eliminato. In questo senso risultato principale dellannullamento o della dichiarazione di nullit della deliberazione di obbligare lorgano amministrativo a prendere i conseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilit. Basta ci per comprendere le ragioni sulla cui base la riforma configura i rapporti tra nullit ed annullabilit in termini ben diversi da quelli tradizionali del sistema negoziale. Esse non si distinguono per una situazione da un lato di inefficacia e dallaltro di efficacia precaria ed eliminabile, ma fondamentalmente per la legittimazione a farle valere e per il termine a tal fine previsto. Nel caso di annullabilit la prima spetta agli amministratori, o agli altri organi sociali ed ai soci che, assenti, dissenzienti o astenuti, rappresentano una determinata frazione delle azioni fornite di diritto di voto; mentre la nullit, oltre ad essere rilevabile dufficio da parte del giudice, pu essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse. Il termine per lazione di 90 giorni in caso di annullabilit e di 3 anni in quello di nullit. Non sorprende perci il convincimento che si tratti in realt di ununica azione, appunto unimpugnativa, unitaria per quanto riguarda il petitum e differenziata in considerazione della causa petendi, in concreto il tipo di vizio fatto valere, rispetto alla legittimazione ed al termine per proporla. Questa prospettiva ancora pi esplicita nella corrispondente disciplina in tema di s.r.l.: con lart. 2479-ter, -bisse da un lato in larga parte riproduce le norme per le deliberazioni assembleari di s.p.a., per molti aspetti limitandosi a specifici adattamenti tecnici, daltro lato chiaramente evidenzia trattarsi della disciplina, fondamentalmente unitaria, dei mezzi di impugnativa avverso le decisioni viziate. Anche nel caso di nullit vi un problema di rimuovere la deliberazione. Il che pu avvenire solo in virt di un ulteriore fatto a tal fine idoneo: la sentenza che la dichiara, oppure la delibera sostitutiva di cui al 7c. dellart. 2377. La sostituzione della deliberazione di cui al 6 c. dellart.2377 cos: quando il valore della delibera invalida per cos dire assorbito da quello di altra deliberazione valida; e quando il problema si riduce allora allesigenza di regolare le spese dellimpugnativa in ipotesi gi proposta ed i diritti dei terzi acquisiti in base alla deliberazione sostituita. Nella disciplina della s.r.l. espressamente prevista la possibilit di un impulso del giudice al fine di realizzare la suddetta sostituzione. Nellart. 2434, trattandosi dellimpugnativa della delibera di approvazione del bilancio, e di nuovo con soluzione comune per nullit e annullabilit, si tiene conto della circostanza che il valore di tale delibera si esaurisce di per s nelle sue conseguenze riguardo ai comportamenti da adottare nellesercizio in corso: sicch, approvato il bilancio dellesercizio successivo, per tale impugnativa non vi pi spazio. 16

Si comprende perci che in realt a sentenza con cui si accoglie limpugnativa nei confronti di una deliberazione di approvazione del bilancio non tanto possa significare una sua eliminazione retroattiva, quanto la necessit che in un nuovo bilancio si eliminino i profili di illegittimit ravvisati dal giudice. In una prospettiva parzialmente diversa si collocano le ipotesi di sanatoria previste dallart. 2379.bis. Si tratta di un caso in cui la mancanza del verbale sanata mediante verbalizzazione eseguita prima dellassemblea successiva, in cui cio il vizio formale eliminato in tempo utile per assicurare il rispetto della regola d continuit ed ordinata tenuta del libro delle adunanze e delle deliberazioni dellassemblea. Ancora pi significativa la disciplina dellart. 2379-ter. Essa riguarda le operazioni di aumento del capitale, di sua riduzione e di emissione di obbligazioni e prevede da un lato una riduzione dei termini per limpugnativa ex art. 2379, dallaltro, con specifico riferimento alle societ aperte, ma con riguardo anche allimpugnativa ex art. 2377, una sua preclusione a seguito dellesecuzione anche parziale della delibera. Si tratta di deliberazioni le quali presentano in termini particolarmente incisivi la pi volte segnalata esigenza di stabilit. Ma si tratta anche, in particolare con il 2c. dellart. 2379-ter, della constatazione che eseguita la deliberazione la sua eliminazione retroattiva si presenta praticamente impossibile nelle societ aperte e costituirebbe comunque motivo di instabilit non soltanto per lattivit sociale, ma anche per il funzionamento del mercato medesimo. Perci la tutela degli interessi individuali coinvolti non pu pi essere ricercata sul piano collettivo dellorganizzazione societaria, ma soltanto su quello, appunto individuale, del risarcimento del danno. Questultima prospettiva si manifesta nellaspetto forse pi appariscente della nuova disciplina, quello per cui la legittimazione ad impugnare le deliberazioni annullabili negata ai soci che non rappresentano una determinata parte del capitale sociale fornita di diritto di voto, e ad essi riconosciuto invece il diritto al risarcimento del danno loro cagionato dalla non conformit della deliberazione alla legge o allo statuto. Si pone lesigenza di precisare il contenuto della pretesa risarcitoria in tal modo riconosciuta al socio: unesigenza che, evocata dal legislatore richiedendo un nesso causale tra il danno e lillegittimit della deliberazione, riguarda soprattutto lindividuazione dei criteri per la determinazione quantitativa del primo. Si tratta di un reciproco anonimato tra i soci e di una considerazione del loro interesse essenzialmente in quanto investitori. Dal primo aspetto consegue lirrilevanza ai fini considerati della concreta situazione individuale del singolo socio. Si tratta qui del danno subito dal socio in quanto tale, quindi che condivide con gli altri soci e che in definitiva corrisponde alla frazione di sua pertinenza del danno provocato dalla delibera illegittima a carico dellintera collettivit. Merita di essere sottolineata la rilevanza particolare di tale soluzione per il caso del conflitto di interessi disciplinato dallart. 2373: quando lillegittimit della delibera consegue dalla possibilit di un danno sociale, a sua volta cagionato da osci che ne ricavano altrimenti un vantaggio; e quando ai soci cui negata la legittimazione dellimpugnativa riconosciuta la pretesa al risarcimento della parte di loro pertinenza di siffatto danno. Il secondo aspetto induce a volgere lattenzione al tipico interesse cui mira linvestimento azionario, quello che essenzialmente si volge alla prospettiva di un reddito e di un incremento o almeno conservazione del capitale investito. Qui la soluzione pu essere rinvenuta facendo riferimento alla regola che, nel caso di societ soggetta ad attivit di direzione e coordinamento e nelleventualit di suo abuso, riconosce al socio il diritto al risarcimento del pregiudizio arrecato alla reddittivit ed al valore della partecipazione sociale. Si tratta di un contesto in cui comune lesigenza di una tutela risarcitoria del socio estraneo al governo della societ. Anche a questi propositi generale una soluzione espressamente adottata in tema di responsabilit per abuso nellattivit di direzione e coordinamento: quella del 2c. dellart. 2497, che prevede la responsabilit solidale di chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio. Con tale soluzione per un verso si rende possibile predisporre anche una possibile tutela del patrimonio sociale, per un altro verso si richiede ai fini della responsabilit un comportamento ulteriore rispetto alla mera partecipazione alla delibera illegittima. Deve soprattutto essere sottolineato il significato generale di una scelta legislativa che per i soci con partecipazione inferiore a determinati limiti quantitativi sostituisce la legittimazione ad impugnare le deliberazioni annullabili con quella a pretendere il risarcimento dei danni da esse conseguenti. In tal modo 17

si opera una selezione tra gli interessi potenzialmente rilevanti e correlativamente si adotta una specifica caratterizzazione della posizione del socio che si trovi in tale situazione. Il legislatore ritiene che riguardo agli azionisti con ridotta partecipazione il primo tipo di tutela sarebbe per un verso eccessivo e per un altro di limitata portata concreta: eccessivo in quanto limpugnazione della delibera in grado di incidere sullintera attivit sociale, in termini quindi sproporzionati allentit degli interessi di cui titolare chi la propone; di limitata portata concreta poich gli esiti soltanto negativi cui pu pervenirsi in caso di accoglimento dellazione non modificano comunque un assetto di potere in conseguenza del quale quegli azionisti sono sostanzialmente esclusi dal governo della societ e non consentono in ogni caso di ottenere uneffettiva soddisfazione dellinteresse di cui si lamenta la lesione. Ma perci possibile constatare che la forma di tutela prescelta per quelli che potremmo chiamare i piccoli azionisti evidenzia una considerazione dei loro interessi esclusivamente in quanto investitori, estranei quindi al governo della societ; anzi, per meglio dire, ad esso interessati con riferimento soltanto ai riflessi che sulla loro posizione economica possono avere i suoi esiti, non interessati invece a contribuire positivamente alle scelte imprenditoriali che con esso si realizzano. Ben diversa la prospettiva adottata nella s.r.l. Qui infatti il modello legislativo presuppone che il socio si caratterizzi anche per un interesse di tipo imprenditoriale; e qui pertanto non sarebbe coerente limitargli quelle possibilit di influenza che derivano dal suo potere di impugnativa. Per questo motivo lart. 2479-ter tale potere gli riconosce in ogni caso e si distingue sotto questo profilo nettamente dalla disciplina in tema di s.p.a. Ed anche da un punto di vista tecnico, si manifesta la prospettiva che presuppone nel socio un interesse attivo alla partecipazione alle decisioni sociali. Cos avviene con riferimento al momento da cui decorre il termine per la loro impugnazione: esso infatti decorre da quando sono trascritte nei libri sociali ed implica quindi un modello di socio che attivamente segue landamento dellazione societaria. Si tratta peraltro di una regola la cui ragione si rinviene anche nella circostanza che le modalit di partecipazione del socio alle scelte societarie non si esauriscono nella tecnica assembleare e di conseguenza possono lasciare incerta la determinazione del momento in cui la decisione deve ritenersi adottata: da ci lesigenza di individuare un dato formale utilizzabile a tal fine. Deve notarsi infatti che il voto in assemblea rappresenta nella s.r.l. soltanto una delle possibili tecniche con cui vengono esercitate le competenze dei soci sulle materie loro riservate; e che possibile con scelta statutaria adottare anche altre e diverse tecniche. Perci si distingue tra decisioni dei soci e deliberazioni, e le seconde costituiscono una soltanto delle forme con cui le prime possono essere adottate. In particolare il terzo comma dellart. 2479 consente allatto costitutivo di prevedere che le decisioni dei soci siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. Un aspetto deve in ogni caso ritenersi chiaro: che proprio in virt della disciplina dellart. 2377, 4c. n.2, le patologie del consenso espresso dal singolo socio possono rilevare sul piano della decisione ai soli fini di una sua eventuale annullabilit. LEZIONE VIII: La tecnica assembleare nella s.p.a. Latto iniziale del procedimento assembleare la convocazione. Per quanto concerne il tema specifico della convocazione, lorientamento si traduce in tre distinti interventi tecnici: - Lagevolazione per lo svolgimento dellassemblea totalitaria, quella che pu validamente prescindere dalla convocazione, contenuta nel 4 c. dellart. 2366 - La distinzione, risultante dal 3 c. dellart. 2379 tra irregolarit e mancanza della convocazione cui consegue lapplicazione delle diverse discipline dinvalidit - La previsione , nel 1c. dellart. 2379-bis di una singolare ipotesi di sanatoria della deliberazione invalida per mancanza di convocazione Dal primo aspetto risulta una particolare accentuazione delle modalit collegiali con cui le funzioni damministrazione e controllo sono svolte nella s.p.a.: perci diviene plausibile unassemblea totalitaria in cui presente solo la maggioranza dei componenti dei relativi organi e non necessariamente di tutti gli amministratori e sindaci. 18

Forse pu qui spiegarsi la diversa soluzione adottata per la s.r.l. dal 5c. dellart. 2479-bis, ove si richiede per lassemblea totalitaria che tutti gli amministratori e sindaci siano presenti o informati. Ci in quanto, in tale tipo societario, lamministratore, pur se non socio, svolge compiti di pi immediata rilevanza nella diretta conduzione degli affari sociali. In ogni caso, ben pi rilevante la distinzione imposta dal 3 c. dellart.2379 tra irregolarit e mancanza: ci al fine di distinguere tra annullabilit e nullit della deliberazione. necessario perch di sola irregolarit possa parlarsi, un fato qualificabile come avviso. La preventiva informazione ora richiesta dalla norma non pu comunque prescindere dallesigenza di un intervallo temporale idoneo a consentire almeno una possibilit di partecipare allassemblea. Questi temi appaiono soprattutto rilevanti alla luce dalla disciplina, in particolare con riferimento al 1c. dellart. 2379-bis. Pare ragionevole che tra le ipotesi di utilizzazione della singolare forma di sanatoria si comprendano anche quelle di mera irregolarit dellavviso. Importante chiedersi quale sia il significato di una disposizione che impedisce limpugnativa della delibera a chi anche successivamente abbia dichiarato il suo assenso allo svolgimento dellassemblea. Ne risulta una soluzione che sostanzialmente equipara tale suo assenso ad una valida convocazione; una soluzione che considera rilevante sia lassenso preventivo sia quello successivo, ed allora anche, sembra inevitabile, quello stesso contestuale. La disciplina della convocazione dellassemblea in effetti una disciplina imperativa, ma ci nel senso soltanto che da essa non si pu prescindere nella configurazione dellassetto organizzativo della societ; non imperativa invece nel senso di impedire che il singolo possa rinunciare nello specifico caso concreto alla tutela dei suoi interessi individuali. Lassenso preventivo di cui allart, 2379-bis non significa in realt una sanatoria della delibera viziata, quanto unirrilevanza del vizio nei confronti del soggetto che lo ha espresso. Nei suoi confronti la delibera valida. Ne deriva che la stesa nullit per mancanza della convocazione assume inevitabilmente una caratterizzazione particolare. infatti difficile una meccanica applicazione anche in tal caso della regola generale che vuole legittimato allimpugnativa chiunque vi abbia interesse, per esempio un terzo. Possono proporsi al riguardo 2 rilievi: 1) Che nellipotesi in cui tutti i legittimati alla partecipazione allassemblea abbiano espresso il loro assenso al suo svolgimento pur mancando la convocazione, la deliberazione dovrebbe ritenersi in effetti di per s valida. 2) E che, dal punto di vista dei terzi, lipotesi non parre in realt dissimile da quella dellassemblea totalitaria, ove espressamente il legislatore esclude un interesse giuridicamente rilevante dei terzi alla regolarit ed alla stessa esistenza della convocazione. Neppure privo di rilievo, ai fini di una configurazione generale del fenomeno assembleare, che un assenso al suo svolgimento possa assumere un valore sanante anche quando successivo. In questo caso il vizio perde la sua rilevanza nei confronti del soggetto che lo ha espresso. Ci significa lindividuazione di un meccanismo ulteriore rispetto allassemblea totalitaria per realizzare una valida deliberazione pur in assenza di convocazione. Si configura leventualit in cui la mancanza della convocazione sanata mediante un atto di volont di chi a tale riunione non ha partecipato. Ma anche con riferimento ad unaltra delle fasi che classicamente caratterizzano il procedimento assembleare, quella della riunione, non mancano le novit. gi significativo che espressamente si riconosca al diritto dintervento un valore solo strumentale ai fini dellesercizio del diritto di voto: il primo compete solo ai titolari del secondo. Ma viene anche generalizzata la possibilit di una tecnica, quella del voto per corrispondenza, che evidentemente prevede un voto reso senza fisicamente intervenire, realizzando unipotesi che ben potrebbe essere qualificata con intervento tramite il voto. Questa riduzione del ruolo della discussione soprattutto confermata dalla peculiare disciplina contenuta nel numero 1 del 5 c. dellart, 2377 che esclude linvalidit della delibera quando allassemblea hanno 19

partecipato persone non legittimate e la loro partecipazione non stata determinante per la formazione del quorum. interessante osservare che cos tale partecipazione viene di per s giudicata irrilevante. Viene sostanzialmente dichiarata irrilevante linfluenza che, partecipando alla discussione o anche solo con la loro mera presenza, possono esercitare persone non legittimate; non forse luogo allora il passo per dedurne in termini pi ampi una generale irrilevanza della presenza in quanto tale allassemblea e dedurne perci che non si pu lamentare, quando essa viene illegittimamente impedita, di non aver potuto influire sulla formazione del convincimento dei presenti. Interessante constatare che analoga appare la prospettiva con riferimento ad un altro momento essenziale del procedimento assembleare, quello del voto e della votazione. Il n.2 del 5 c. dellart. 2377 esclude che linvalidit di singoli voti possa determinare lannullabilit della delibera quando non la si pu considerare determinante per il raggiungimento della maggioranza richiesta. Il vizio del singolo voto considerato esclusivamente nellottica della sua incidenza sulla formazione della maggioranza. Per esempio, nelle limitatissime ipotesi in cui potrebbe assumere rilievo un vizio della volont del socio, esso non in grado di influire sulla validit della delibera se non quando riguarda un socio il cui voto risulta in concreto determinante per la formazione della maggioranza, rimanendo privo di rilievo nellipotesi in cui riguarda un socio che a tale formazione non ha partecipato. N stupisce in questa prospettiva che in ugual modo sia considerata lipotesi di errato conteggio dei voti: anchesso pu comportare unannullabilit della deliberazione solo quando determinante per il raggiungimento della maggioranza. La radicalit della soluzione adottata dal nostro legislatore ravvisa nellipotesi di errato conteggio dei voti una mera causa di annullabilit della delibera: rimedio utilizzabile solo unazione dotata dei requisiti sostanziali e processuali per lazione di annullamento, e con essa pu chiedersi soltanto leliminazione dellefficacia precaria riconosciuta ala delibera come proclamata, non invece laccertamento di quella realmente approvata. Lo stesso momento della votazione non assume un significato autonomo, non individua la fattispecie della deliberazione, ma rileva per i suoi rapporti con le altre fasi del procedimento, per il modo in cui contribuisce a determinarne il valore giuridico complessivo. Analoga prospettiva pare presente nellulteriore fase del procedimento assembleare costituita dalla verbalizzazione. La nuova disciplina contiene elementi tali da confermare la sensazione che non si tratta di una forma della deliberazione, bens di un altro momento della sequenza. Un indizio significativo in tal senso pu essere individuato nella regola del 3c. dellart. 2379 nel quale si precisa, al fine di distinguere tra verbale mancante e irregolare, e quindi tra nullit e annullabilit della delibera, che una mancanza del verbale non sussiste quando esso sottoscritto dal presidente del CDA o del consiglio di sorveglianza. Due aspetti sono evidenziati: - Ne risulta un chiaro distacco tra il momento logico e temporale della formazione del verbale e quello delle gasi procedimentali che la precedono - Che si conferma la sensazione di non aver in realt senso di discorrere di una parte del procedimento assembleare Ma significativa anche la regola posta dal 2 c. dellart. 2379-bis ove si prevede unipotesi di sanatoria con riferimento allinvalidit per mancanza del verbale e la si individua nella verbalizzazione eseguita prima dellassemblea successiva. Ed forse nelle caratteristiche di questo momento della proclamazione che deve spiegarsi la singolare soluzione secondo cui la sanatoria ora considerata produce i suoi effetti salvi i diritti dei terzi che in buona fede ignoravano la deliberazione. Si tratta della circostanza che la proclamazione un fatto strutturalmente interno allassemblea, non idoneo di per s a fornire un adeguato livello di certezza a chi necessariamente si pone allesterno del procedimento assembleare e del gruppo societario. Diviene cos comprensibile che quellefficacia precaria della deliberazione proclamata, ma non verbalizzata, operi immediatamente nei confronti dei soggetti che si collocano allinterno della societ: con la conseguenza, tratta dal 2c. dellart. 2379-bis, che intervenendo la sanatoria non alcuna soluzione di continuit a partire dal momento della proclamazione. Mentre pu essere logico che lefficacia nei 20

confronti dei terzi presupponga invece una qualche circostanza ulteriore consistente in definitiva nella sua conoscenza o conoscibilit. Per la redazione del verbale la nuova disciplina ha individuato uno specifico intervallo temporale che inizia a partire al momento in cui deve riconoscersi un ritardo ai senso dellultimo comma dellart. 2375 e termina quando si svolge lassemblea successiva. Allinterno di tale intervallo la delibera non (ancora) verbalizzata si trova in una situazione di nullit sanabile, quindi di efficacia precaria, che possibile superare in un senso con limpugnativa e nellaltro con la successiva verbalizzazione; successivamente, invece, lefficacia della delibera resta definitivamente precaria e solo il decorso del termine triennale previsto per lazione di nullit pu assegnarle unefficacia definitiva. Il necessario coordinamento tra il numero 3 del 5 c. dellart. 2377 ed il 3c. dellart. 2379 conduce a conclusioni che potrebbero sintetizzarsi nel modo seguente: la delibera pu ritenersi annullabile solo se il vizio del verbale impedisce laccertamento del suo contenuto, effetti e validit; invece nulla quando inoltre non contiene la data della deliberazione, il suo oggetto e le richieste sottoscrizioni. La constatata tendenziale omogeneit tra le fattispecie di annullabilit e di nullit della delibera per anomalie del verbale, fattispecie che sembrano distinguersi solo sul piano di una graduazione di gravit, rende ancora pi convincente la sensazione che non avrebbe senso escludere lutilizzabilit della sanatoria del 2 c. dellart. 2379-bis nelle ipotesi di deliberazione annullabile ai sensi del n.3 del 5c. dellart. 2377. Pu anzi osservarsi che la specifica sanatoria in discorso si traduce in unagevolazione del tipo seguente: la possibilit per cos dire di integrare un procedimento assembleare di uno dei momenti in cui risulta lacunoso, senza bisogno di ripeterlo integralmente, ma solo in relazione a quello specifico viziato. Il momento della verbalizzazione viene cos ad assumere una sua collocazione in certo modo autonoma: ed possibile che esso anche successivamente venga ad integrare, e se si vuol dire sanare, un procedimento assembleare. Il 5 comma dellart. 2346 dispone che, in caso di modificazioni dello statuto, la deliberazione non produce effetti se non dopo liscrizione. La soluzione ora espressamente accolta dal legislatore non sempre e necessariamente crea difficolt nelle ipotesi in cui si manifesta lesigenza di una immediata esecuzione della delibera, per esempio quando si modifica la composizione dellrogano amministrativo e si vogliono nominare gli amministratori secondo le nuove regole. Non difficile convincersi che leventualit della nomina di amministratori in un momento in cui le norme statuarie non hanno ancora assunto il loro proprio rilievo organizzativo sia gi ben presente nel sistema: si pensi in particolare alla nomina dei primi amministratori nellatto costitutivo, quando ancora esso, secondo lopinione di gran lunga prevalente, non assume quello specifico rilievo. LEZIONE IX: Il governo dellimpresa Si tratta qui fondamentalmente del differente significato che assume loperazione societaria: che nella s.p.a. si impernia ed in quanto tale si esaurisce in un investimento, mentre nella s.r.l. pu anche implicare unattivit di partecipazione allattivit imprenditoriale. Perci nella seconda possibile che al socio in quanto tale siano attribuiti particolari diritti riguardanti lamministrazione della societ. E perci nella s.p.a. si prevede una rigida ripartizione di competenze degli organi sociali. Nella s.p.a. la rigida ripartizione di competenze e lestraneit dei soci alla gestione medesima pongono da un lato lesigenza di tecniche di controllo che in certo modo sopperiscano alla loro passivit, dallaltro la necessit di una definizione da parte del legislatore degli organi cui sono affidati tale controllo e quella gestione. La disciplina prevede ora 3 diversi sistemi di amministrazione e controllo della s.p.a., a quello tradizionale ne aggiunge uno dualistico ed un altro monistico. Cos, nel sistema tradizionale, dichiarato applicabile salvo diversa disposizione dello statuto, si muove dalla classica distinzione tra un organo amministrativo, gli amministratori, cui esclusivamente spetta la gestione dellimpresa, ed un organo di controllo, il collegio sindacale, al quale compete di vigilare sullosservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sulladeguatezza dellassetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla societ e sul suo 21

concreto funzionamento. Ad un revisore esterno invece affidato il controllo contabile, salvo che, per le societ che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, lo statuto non affidi tale funzione al collegio sindacale medesimo. Anche il sistema dualistico prevede una duplicit di organi. Al consiglio di gestione viene assegnato un ruolo in larga misura corrispondente a quello degli amministratori nel sistema tradizionale, mentre il consiglio di sorveglianza svolge compiti che per un verso riproducono quelli attribuiti ai sindaci, ma per un altro riguardano competenze che nel sistema tradizionale sarebbero dellassemblea dei soci. Ad esso soprattutto spetta nominare e revocare i componenti del consiglio di gestione, promuovere lazione sociale di responsabilit nei loro confronti ed approvare il bilancio di esercizio e quello consolidato. Il consiglio di sorveglianza pu cos assumere tramite linfluenza che in grado di esercitare sul consiglio di gestione, il significato di sede ove viene elaborata lalta strategia della societ. comprensibile che in modo parzialmente diverso siano individuate le situazioni di ineleggibilit e decadenza. Esse in particolare si distinguono per quanto concerne i rapporti di affinit e parentela con gli amministratori, che impediscono la nomina del sindaco, ma non del componente del consiglio di sorveglianza. Ancora si comprende che ai componenti del consiglio di sorveglianza non sia riconosciuto il potere individuale di ispezione invece dei sindaci; oppure che non sia prevista la decadenza dei primi per la mancata partecipazione a due riunioni del collegio. Nel sistema monistico non vi una distinzione tra organo di amministrazione ed organo di controllo, ma la seconda funzione invece attribuita ad un comitato costituito allinterno del CDA, appunto il comitato per il controllo sulla gestione. Sicch allinterno di un organo unitario di amministrazione viene enucleato e parzialmente autonomizzato un comitato cui competono, inoltre, in aggiunta cio a quelle gestionali, funzioni di vigilanza: funzioni che largamente corrispondono a quelle altrimenti svolte dal collegio sindacale. Ne consegue lesigenza che del CDA facciano parte, e siano perci in grado di contribuire anche alle scelte gestionali della societ, persone in possesso di requisiti soggettivi che le rendano idonee ai compiti di vigilanza. Ne consegue la necessit che almeno parte dei consiglieri di amministrazione, quelli tra cui potranno essere scelti i membri del comitato di controllo, sia dotata dei requisiti di indipendenza richiesti per i sindaci; e la necessit inoltre che coloro nominati a far parte del secondo neppure di fatto svolgano funzioni gestionali, si trovino cio nella posizione di amministratori non esecutivi. In ogni caso comune a tutte le ipotesi il principio che la gestione dellimpresa sociale spetta esclusivamente agli amministratori. Si comprende che il diverso assetto di interessi proprio della s.r.l. implichi differenti soluzioni. Per quanto concerne il controllo esso tipicamente esercitato in modo individuale dal singolo socio che non partecipa allamministrazione. Significativo che, anche quando le dimensioni dellimpresa o latto costitutivo richiedono listituzione di un apposito organo di controllo, ci non escluda il potere individuale del singolo socio. Per quanto concerne i modi dellamministrazione, si prevede la possibilit di tecniche che in forma pi o meno incisiva si discostano dal tradizionale metodo collegiale e quindi evidenziano soprattutto il momento della partecipazione individuale del singolo. Per un verso, pur nel caso di una pluralit di amministratori, non necessariamente essi debbono operare come componenti di un organo: anche possibile che essi non operino allinterno di un CDA, bens individualmente, secondo quindi i metodi di amministrazione disgiuntiva oppure congiuntiva tradizionalmente tipici per le societ di persone. Per un altro verso le stesse decisioni del CDA possono essere adottate prescindendo dal metodo collegiale mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. La differenza si coglie in primo luogo con riguardo ai criteri utilizzati dal legislatore per definire il grado di diligenza richiesto (duty of care) e che nella s.p.a., ma non nella s.r.l., viene indivituato sulla bse di una prospettiva che considera gli amministratori non tanto per gli interessi imprenditoriali di cui sono portatori nella societ, quanto per le loro caratteristiche professionali nella cui considerazione avvenuto laffidamento dellincarico. 22

In questo senso il 1 c. dellart. 2392 vuole ora che essi prestino la diligenza richiesta dalla natura dellincarico e dalle loro specifiche competenze. Il metodo collegiale comporta in definitiva lesigenza che le decisioni si forino a seguito di un confronto tra diversi punti di vista ed ci che spiega lopportunit di far partecipare al collegio persone dotate di differenti competenze professionali. Logico allora che a ciascuna di esse si richieda il grado di diligenza connesso alla competenza in ragione della quale avvenuta la sua nomina. significativo che di questa prospettiva non vi sia traccia nella disciplina della s.r.l. In essa manca infatti la dialettica tra chi effettua linvestimento e chi professionalmente svolge le funzioni di gestione, la dialettica tra propriet e potere: sicch il problema pu esaurirsi in quello consueto di ogni attivit gestoria nellinteresse altrui e quindi con il riferimento al paradigma del mandatario. Sono tanti i profili in cui si manifesta il differente significato che assume la premessa secondo cui nella s.p.a. si presuppone una caratterizzazione professionale degli amministratori e nella s.r.l. il loro generico ruolo di gestori di interessi altrui. Perci nella seconda la funzione di vigilanza si risolve nel generale obbligo di diligenza e nellesigenza che non vi sia volpa nellinadempimento dei propri doveri; mentre nella prima esso si specifica in un obbligo di valutare sulla base delle informazioni ricevute ladeguatezza dellassetto organizzativo, amministrativo e contabile della societ ed il generale andamento della gestione. In questo senso lobbligo di agire in modo informato si specifica nella s.p.a. alla luce dei concreti assetti organizzativi adottati dalla singola societ e nel modo in cui essi garantiscono un adeguato flusso di informazioni. Non si tratta perci, come invece avviene nella s.r.l., di valutare genericamente se il singolo amministratore ha con diligenza ricercato le informazioni necessarie per le sue scelte, ma se vi responsabilit nel modo in cui quegli assetti organizzativi sono stati apprestati e concretamente utilizzati. Ma soprattutto significativo il trattamento che nei due tipi societari riservato al tema del conflitto di interessi. Nella s.r.l. lart. 2475-ter riproduce sostanzialmente la soluzione tradizionale. Da un lato con il primo comma espressamente affermata lapplicabilit della regola posta in tema di disciplina generale della rappresentanza dellart. 1394; dallaltro si conferma linvalidit delle deliberazioni consiliari quando siano state prese con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi e cagionino un danno patrimoniale alla societ. Ben pi ampia la portata che lart. 2391 assegna al duty of loyalty degli amministratori. Qui infatti assume rilievo non soltanto lipotesi di un conflitto di interessi, ma anche qualsiasi altra concernente ogni interesse che lamministratore abbia in una determinata operazione della societ: di tale interessi deve essere data comunicazione, e ci pur quando non si presenta in contrasto con quello della societ, ma sia con questo convergente. Nella s.r.l. la posizione degli amministratori pu senza problemi essere quella di persone interessate alle operazioni sociali e si pone quindi soltanto il limite costituito dalla disciplina del conflitto di interessi in senso tecnico. Nello stesso senso viene espressamente prevista per la s.p.a., ma non per la s.r.l., una disciplina che in parte richiama i temi delle corporate opportunities soprattutto elaborati negli ordinamenti anglosassoni: lart. 2391, 5c., individua cos una specifica ipotesi di responsabilit per lamministratore che si avvalga a proprio vantaggio di dati, notizie o opportunit di affari appresi nellesercizio del proprio incarico. Anche con ci si spiega che linvalidit della deliberazione consiliare, se in ogni caso presuppone il suo essere pregiudizievole per la societ possa alternativamente conseguire al mancato rispetto degli obblighi di comunicazione o motivazione prescritti dal 1 e dal 2 comma dellart. 2391 oppure dallessere stata adottata con il voto determinante dellamministratore interessato; si spiega altres che la legittimazione allimpugnativa sia riconosciuta non solo a chi non ha consentito con il proprio voto alla deliberazione medesima, ma anche a chi vi ha consentito non essendo stata effettuata la prescritta comunicazione. Le diverse prospettive con cui lordinamento considera i due tipi societari a confronto si riflettono inoltre sul tema concernente le modalit di esercizio dellazione sociale di responsabilit. Nella prassi lazione per lo pi esercitata quando una crisi si gi altrimenti manifestata, in concreto quindi da parte degli organi preposti alle procedure per essa predisposte dallordinamento. 23

La situazione in buona parte mutata ed a tale soluzione tradizionale 8confermata dallart. 2393) si affianca la possibilit che lazione sociale di responsabilit venga esercitata, nella s.p.a., dai soci che rappresentino una determinata quota del capitale sociale, ed ora inoltre anche a seguito di deliberazione del collegio sindacale. E, nella s.r.l., da ciascun socio. Legittimato a proporre lazione sociale di responsabilit solo chi, per la rilevanza del suo interesse economico, non soltanto si assume in misura significativa il rischio di quelle conseguenze negative, ma si presenta in una posizione per la quale implicita lintenzione di contribuire alle scelte lato sensu imprenditoriali della societ. Non stupisce la diversa soluzione legislativa in tema di s.r.l. Non vi dubbio che lazione sociale, specie quando proponibile da parte di singoli soci, in grado di costituire, come anche il diritto di recesso e il potere di impugnativa, uno strumento di pressione su chi effettivamente esercita il governo della societ. Essa in questo senso pu rappresentare uno stimolo alla ricerca di soluzioni efficienti, poich in certo modo induce ad una negoziazione endosocietaria, ma pu anche prestarsi ad utilizzazioni di tipo opportunistico. Nella s.p.a., espressamente si riconosce la negoziabilit dellazione di responsabilit spettante ai soci. Cos lart. 2393-bis, 6 c., dispone che i soci che hanno agito possono rinunciare allazione o transigerla; e dispone inoltre che ogni corrispettivo per la rinuncia o transazione deve andare a vantaggio della societ. Anche nelle s.r.l. ovviamente possibile questa negoziazione da parte del socio. E ci si pu pertanto chiedere se anche in tal caso non sia applicabile questultima regola. Un interrogativo che forse merita risposta positiva: in quanto in effetti pur sempre di unazione sociale si tratta, una forma cio di actio pro socio, ed in quanto ne deriverebbe altrimenti unalterazione non giustificata dellequilibrio tra i soci. comune ai due tipi societari la possibilit che la rinuncia o la transazione siano operate da parte della societ, e ci a prescindere da chi abbia proposto lazione. Tale eventualit in effetti regolata in modo da non vanificare del tutto il potere riconosciuto individualmente ai soci (e si richiede cos, nella s.p.a., che non vi sia lopposizione della parte di capitale che consente lesercizio dellazione; e, nella s.r.l., che sia approvata da una quota particolarmente consistente dei soci senza lopposizione di quelli che rappresentano 1/10 del capitale sociale). Questa dialettica tra legittimazione individuale e dimensione collettiva dellazione anzi particolarmente esplicita nella s.r.l.: ove la prima riconosciuta a ciascun socio, mentre il potere di effettuare una rinuncia o transazione p attribuito anche ad una maggioranza, seppur particolarmente qualificata, dei soci. Mette infine conto di rilevare il parallelismo tra queste soluzioni. Un parallelismo che risulta ora ancora pi evidente sulla base del potere che il nuovo art. 2393, 3 c., riconosce ai sindaci di deliberare lazione sociale di responsabilit: potere che evidentemente si collega alla loro funzione di controllo. Il tema si pone nellipotesi di gravi irregolarit nella gestione, e riguarda leventualit in cui non tanto e non soltanto siano avvenuti singoli fatti pregiudizievoli, quanto una conduzione dellimpresa sociale non coerente con le regole per essa dettate. un tema affrontato anche nella s.p.a. mediante un apposito procedimento con il quale possibile chiedere che il tribunale nellipotesi di fondato sospetto di gravi irregolarit ordini lispezione della societ ed eventualmente, a seguito di essa, adotti gli opportuni provvedimenti, tra cui, nei casi pi gravi, la revoca degli amministratori e la nomina di un amministratore giudiziario. Ne risulta unipotesi di controllo giudiziario. La legittimazione a proporre il ricorso che avvia il procedimento in via generale limitata ai soci che rappresentano una determinata quota del capitale sociale ed agli organi sociali con funzioni di controllo; essa estesa al p.m. soltanto per le societ aperte. Ma lart., 2409, 3 c., prevede che in limine il tribunale disponga la sospensione del procedimento quando lassemblea della societ provvede essa stessa a sostituire gli amministratori ed a nominare altri con lincarico in sostanza di compiere gli accertamenti richiesti. Si comprende perci la diversa soluzione nella s.r.l. Tale modello legislativo da un lato non compatibile con lipotesi di un socio razionalmente apatico, dallaltro, proprio per questo motivo, prevede la spettanza a ciascun socio di un potere individuale di ispezione.

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Per questo tipo societario la prospettiva in definitiva incentrata su una autotutela del socio; sicch risulta coerente con essa la mancata previsione di strumenti di eterotutela come il controllo giudiziario ex art. 2409. Per questo motivo la considerazione di siffatte irregolarit pu avvenire allinterno dellazione di responsabilit. promossa dal socio, come situazione che giustifica il provvedimento cautelare di revoca degli amministratori di cui allart. 2476 3 c. Ed ancora pi chiaro diviene il ruolo negoziale della specifica vicenda processuale. LEZIONE X: Rischio imprenditoriale e business judgment rule La tematica della responsabilit nella gestione imprenditoriale da parte degli amministratori si caratterizza per una dialettica tra la ricerca di criteri oggettivi, come potrebbe essere quello del buon amministratore, e la rilevanza di profili soggettivi della singola persona coinvolta. E si potuto constatare che questa dialettica trae origine da esigenze le quali appaiono ineludibili nella considerazione del problema: quella da un lato di poter consentire alla disciplina della responsabilit lo svolgimento di un ruolo non soltanto repressivo di abusi, ma anche di deterrente rispetto al loro compimento. Perci la questione si puntualizza sul duty of care, in particolare riguardo allo specifico profilo della perizia; e perci essa si presenta fondamentalmente nella s.p.a. Si comprende allora perch nella s.p.a. si presentino in termini ben pi incisivi e soprattutto su un piano di necessit quelli che la moderna microeconomia chiama agency problems: i problemi che si pongono nellipotesi di gestione di interessi altrui e che richiedono per essere risolti misure idonee ad indurre lallineamento degli interessi di chi agisce con quelli gestiti. Se la disciplina della responsabilit destinata ad indurre quellallineamento di interessi, si pone anche leventualit che essa stessa giunga ad aggravare i costi della loro attivit e a ridurre ulteriormente la propensione al rischio degli amministratori. In termini ancora pi generali vi poi da notare che le scelte imprenditoriali contengono per ci stesso un elemento di rischio. Sicch si comprende come al riguardo si ponga il problema della ricerca di un equilibrio tra un duplice ordine di esigenze: - Che tale regime sia in grado di contribuire efficacemente alla soluzione di quegli agency problems - Che non sia esso stesso ad impedire un funzionale svolgimento dellattivit imprenditoriale In sistemi di common law, ove particolarmente sottolineato il ruolo del giudice, la questione stata soprattutto impostata sul piano della ricerca di limiti al suo apprezzamento, una forma di judicial restraint. Ed in questo senso si discorra non solo e non tanto dei criteri sostanziali per la valutazione del comportamento degli amministratori nelle scelte imprenditoriali, quanto di una business judgment rule che a tale valutazione pone limiti: il limite in sostanza che, a certe condizioni, gli impedisce di ripercorrere le loro valutazioni imprenditoriali. La formula della business judgment rule rappresenta ormai nella discussione internazionale un altro dei tanti slogans utilizzati per individuare scelte legislative e/o interpretative volte a ridurre il rischio per gli amministratori di s.p.a. nellipotesi di scelte imprenditoriali errate: il riconoscimento ad essi di un droit lerreur. Merita allora chiedersi se ed in che senso possa ritenersi che anche la nostra riforma abbia partecipato a questa tendenza. A tal fine sembra in primo luogo necessario precisare che le specificit del problema riguardano lipotesi in cui si tratta di scelte imprenditoriali caratterizzate appunto da elementi di discrezionalit e da situazioni di rischio. Il tema in definitiva circoscritto alle ipotesi nelle quali gli amministratori hanno esercitato la propria competenza decisionale nella gestione dellimpresa e non riguarda in via generale i criteri per la loro responsabilit in ogni caso in cui abbiano violato specifici obblighi. Gi cos si comprende la tendenza generale ad adottare diversi criteri valutativi quando il problema si pone soltanto in termini di duty of care ovvero anche di duty of loyalty. Nel secondo caso il problema non si esaurisce in quello dei limiti di un sindacato avente per oggetto scelte imprenditoriali (ovvero dello spazio di discrezionalit in cui esse devono potersi compiere), ma riguarda pure la diversa valutazione se il secondo obbligo stato correttamente adempiuto. 25

Ed in tal modo si spiega la previsione di una specifica ipotesi nellart. 2391, 4 c., per i danni derivanti dalla violazione degli obblighi che la norma pone a carico dellamministratore interessato; si spiega pure lulteriore previsione del 5 c. dellart. 2391 che affronta il tema delle corporate opportunities sul piano di unaltra specifica ipotesi di responsabilit e non di quello della spettanza dei proventi derivanti dal loro sfruttamento. Non forse azzardato ritenere che la riforma abbia ripreso uno dei postulati che pi diffusamente si ritengono caratterizzare la business judgment rule: quello che richiede di distinguere tra duty of care e duty of loyalty e di adottare distinti criteri di responsabilit per luno e per laltro. Ugualmente non vi spazio per invocare le caratteristiche discrezionali delle decisioni imprenditoriali quando risulti che esse non sono state assunte in buona fede, con la consapevolezza cio della loro portata pregiudizievole per limpresa sociale. Non vi ragione, ai fini della responsabilit, per distinguere questa ipotesi dallaltra specifica dellamministratore interessato: in entrambe pienamente riconoscibile una violazione del duty of loyalty, non soltanto del duty of care. La sensazione in definitiva che laccertamento di una violazione del duty of loyalty in certo modo assorba lindagine in merito al rispetto degli obblighi compresi nel duty of care. Ma vi pure un altro profilo che la riforma sembra aver introdotto nel nostro ordinamento: quello secondo cui gli amministratori son tenuti ad agire in modo informato. Lincertezza presente in ogni scelta imprenditoriale implica che al momento della sua adozione inevitabilmente limitata la conoscenza delle conseguenze che ne deriveranno: una completa cognizione delle stesse possibile solo a seguito di una verifica ex post dei suoi esiti. Ma poich, ai fini della responsabilit, il giudizio deve necessariamente essere ex ante, ne consegue che quel dovere di agire in modo informato si traduce essenzialmente in un dovere di informarsi. Perci al centro dei problemi applicativi posti dalla norma si pone lesigenza di precisare i criteri mediante i quali valutare ladempimento di questo dovere di informarsi: lesigenza che linformazione presa a base della decisione possa ritenersi adeguata, ovvero che lamministratore sia informato riguardo alloggetto della decisione in modi che ritiene ragionevolmente adeguati nelle circostanze. Vi anche da notare che, quantomeno con riferimento al singolo componente dellorgano amministrativo, la legge fornisce indicazioni in merito al procedimento mediante il quale pu acquisire informazioni. Dispone infatti lultimo comma dellart. 2381 che ciascun amministratore pu chiedere agli organi delegati che siano in consiglio fornite informazioni relative alla gestione della societ. Ne risultano due indicazioni: che al singolo amministratore non riconosciuto un autonomo potere individuale di indagine, ma le informazioni di cui abbisogna possono essere acquisite soltanto nellambito dellorgano collegiale; e che tali informazioni non sono da egli direttamente acquisite, bens a lui fornite, gli pervengono quindi da altri. Ed chiaro che in tal modo di implica la ragionevolezza e normalit di un affidamento nelle informazioni ricevute: che cio in via di principio non possa esservi responsabilit, anche quanto risultino successivamente inesatte, salvo naturalmente i casi in cui della situazione si sia concretamente a conoscenza ovvero siano riscontrabili motivi per dubitare della plausibilit delle informazioni medesime. Perci si diffusa la prassi di utilizzare per la loro acquisizione ed elaborare strutture specializzate ed esterne alla societ, in grado quindi di fornire sufficienti garanzie di neutralit ed oggettivit. Frequente cos la richiesta a consulenti esterni di verifiche che vengono in gergo denominate due diligence o in altri casi fairness opinion. La prospettiva segnalata si manifesta anche in termini pi generali. Essa in particolare si esprime nella regola del 3 c. dellart. 2381, secondo cui il CDA sulla base delle informazioni ricevute valuta ladeguatezza dellassetto organizzativo e contabile della societ. Di nuovo un riferimento alla posizione del singolo amministratore quale destinatario di informazioni e non autonomo ricercatore delle stesse; ma anche la segnalazione del ruolo che per esso assume quellassetto organizzativo, quello che si usa chiamare il sistema di controllo interno.

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LEZIONE XI: Il governo dei gruppi Il punto pu essere illustrato muovendo dalla diffusa formula che vede nel gruppo una tecnica organizzativa dellimpresa caratterizzata dalla sua articolazione in una pluralit di centri giuridicamente autonomi. Tale articolazione senza dubbio pienamente legittima ed ora anzi lordinamento ha accresciuto le tecniche giuridiche utilizzabili. Essa per pone una serie di problemi che richiedono una considerazione complessiva dellassetto di interessi che ne risulta: ci fondamentalmente in quanto le posizioni economiche di coloro che sono interessati ad uno soltanto di quei centri risentono inevitabilmente della circostanza che esso partecipa ad una pi ampia attivit. Un primo aspetto risulta dalle ipotesi di recesso previste nellart. 2497-quater, specie per quanto riguarda quelle di cui alle lettere a e c. esplicito in esse il riconoscimento che sia lappartenenza di una societ ad un gruppo sia il mutamento di obiettivi di chi il gruppo coordina e dirige possono rilevare al fine di caratterizzare il senso economico dellinvestimento nella societ medesima. Importante sottolineare come nei casi richiamati il senso dellarticolo sia sostanzialmente quello di imporre un costo per il compimento delle operazioni considerate: un costo in certo modo artificiale, ma che esprime lesigenza che nellattivit di direzione e coordinamento del gruppo si tenga conto anche degli interessi interni alle societ che le sono sottoposte. Se nelle societ quotate la promozione di unOPA esclude il diritto di recesso, ci si spiega per il loro ruolo alternativo al fine di assicurare un exit al socio. Non impedisce per di considerare la differente portata delle due tecniche: lOPA si volge in definitiva ad unesigenza di parit di trattamento sul mercato finanziario; il diritto di recesso riguarda invece gli equilibri interni alla societ e gli interessi dei soci in merito al suo assetto economico ed organizzativo. Cos si spiega la terza ipotesi di recesso prevista dallart. 2497-quater quella di cui alla lettera b. si tratta di un caso in cui lo svolgimento di tale attivit avvenuto in concreto illegittimamente pregiudicando quegli interessi ed anche qui si pu discorrere di una alterazione delle condizioni di rischio dellinvestimento nelle societ che le sono sottoposte: nel senso che la sua attivit stata diretta secondo modi non conformi al principio di correttezza, in termini quindi diversi dalle aspettative del mercato. Risultano chiare le ragioni per cui lappartenenza di una societ ad un gruppo richiede specifiche forme di pubblicit. Essa individua una delle condizioni di rischio dellinvestimento e pi in generale rileva nel determinare le aspettative del mercato riguardo ai modi concreti della sua attivit: logico perci che di tale situazione sia fornita al mercato adeguata informazione. Si pensi allipotesi di cui alla lettera c dellart. 2497-quater, in definitiva il mutamenti di chi esercita il controllo sulla societ. Essa unipotesi che in via generale di per s non rileva nelle societ non quotate; rileva invece in quelle quotate, ma rileva direttamente, in ogni caso, quando ne risulta linizio o la cessazione di unattivit di direzione e coordinamento, in definitiva linserimento in un gruppo o luscita dal medesimo. Tali vicende sono perci, di per s, considerate rilevanti per gli interessi dei soci. Significativi sono ancora, per quanto concerne le societ sottoposte ad attivit di direzione e coordinamento, sia i vincoli posti con lart. 2497-bis, sia lesigenza di una specifica motivazione per le decisioni da questa influenzate. Si riconosce che tale partecipazione pu contribuire alla definizione in concreto dellinteresse sociale, ad alterarla rispetto a quanto risulterebbe da una considerazione isolata della societ. Che sia cos sembra del resto chiaramente confermato dalla soluzione che attribuisce il diritto di recesso anche nel caso di cessazione dellattivit di direzione e coordinamento: unipotesi nella quale lesigenza di tutela si pone quando viene meno lappartenenza al gruppo e quando pertanto non si tratta di salvaguardare lautonomia della singola societ, bens di prendere atto che si modificato il contesto imprenditoriale nel quale essa opera. Noto che la sottoposizione di una societ ad attivit di direzione e coordinamento offre concrete possibilit di pregiudizio per interessi cui non si potrebbe negare rilievo, quelli in particolare dei soci cc.dd. esterni, i soci cio estranei a tale attivit, e dei creditori. Meritano di essere sottolineati gli aspetti specifici del problema, che richiedono corrispondentemente una specificit degli strumenti giuridici di soluzione. 27

Si tratta fondamentalmente della circostanza che quando una societ partecipa ad un gruppo pu risultare razionale una sua condizione non improntata a criteri di economicit: in quanto le perdite che ne derivano possono essere compensate dai vantaggi conseguiti in altri settori in cui il gruppo opera. Il che pu tradursi in un immediato pregiudizio dei creditori della singola societ e dei suoi soci esterni. Ne risulta infatti, per quanto concerne i primi, il venir meno di uno degli elementi dellequilibrio alla base del rapporto tra creditori e debitore: che entrambi sono ugualmente interessati allintegrit ed incremento del patrimonio del secondo e che, quando esso svolge unattivit imprenditoriale, ad essi comune linteresse ad un suo proficuo andamento. Quanto la societ opera nellambito di un gruppo, lobiettivo pu non essere necessariamente quello di massimizzare i risultati della singola societ, bens quelli del gruppo nella sua interezza, e ne pu derivare di conseguenza un pregiudizio per i creditori della prima. Il problema non si presta ad essere risolto sul piano dellanalisi di un singolo atto pregiudizievole della garanzia patrimoniale dei creditori. E ci per una duplice ragione: in quanto la delineata situazione di pericolo ed il conseguente eventuale concreto pregiudizio pongono soprattutto un problema di direzione dellattivit, cui potrebbe essere dato un orientamento contrastante con laspettativa di una massimizzazione dei suoi risultati economici, ed in quanto anche possibile che la partecipazione al gruppo presenti vantaggi economici in grado di equilibrarne le conseguenze negative. Analogo il discorso con riferimento ai soci esterni. Qui il problema si presenta certamente come un capitolo della pi generale questione relativa alla dialettica tra maggioranza e minoranze: poich la prima pu trovare convenienti soluzioni svantaggiose per la societ, ma vantaggiose per i propri interessi in altre societ del gruppo. Ma anche qui pu risultare non adeguata la soluzione che lordinamento predispone per lipotesi in cui tale tipo di problemi si presenta in relazione al compimento di un singolo atto. Pure qui infatti il pregiudizio pu non essere riferibile ad un singolo atto, ma alla direzione generale che si data allattivit. Sintomatico al riguardo che nella disciplina penalistica del conflitto di interessi dellart. 2364 escluda ora che sia ingiusto il profitto della societ collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi conseguiti o fondatamente prevedibili derivanti dal collegamento o dallappartenenza al gruppo. Lart. 2497 si caratterizza per la previsione di una specifica ipotesi di responsabilit e di una responsabilit riferita allesercizio di unattivit: ci sia per quanto concerne lindividuazione dei comportamenti lesivi sia con riferimento ai criteri per la determinazione del danno risarcibile. Esplicito il riferimento al piano dellattivit quando si precisa non esservi responsabilit nel caso in cui il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dellattivit di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ci dirette. Inequivocabile in tal modo la prospettiva secondo cui lazione risarcitoria in discorso non si giustifica sulla base di un singolo atto pregiudizievole, ma richiede di essere fondata su una considerazione complessiva del modo in cui svolta lattivit di direzione e coordinamento. Ancora sul piano dellattivit si coglie il senso della precisazione secondo cui la condotta pregiudizievole viene a caratterizzarsi in quanto si agito nellinteresse imprenditoriale proprio o altrui. Si sottolineano cos le specifiche caratteristiche del problema dei gruppi: che lipotesi non semplicemente quella che la sua azione sia deviata per la considerazione di interessi esterni, ma quella appunto specifica in cui tali interessi si pongano in una dimensione imprenditoriale. La fattispecie si qualifica in definitiva in quanto coesiste una pluralit di interessi imprenditoriali, quello riferibile alla singola societ isolatamente considerata e quelli delle altre imprese del gruppo, ed in definitiva del gruppo nel suo complesso. Da ci un potenziale conflitto tra luno e gli altri; e da ci lesigenza che non ne risultino pregiudicati gli interessi. Il senso del riferimento ad un interesse imprenditoriale proprio o altrui ulteriormente rafforzato dal modo in cui il 1c. dellart. 2497 individua i soggetti passivi dellazione risarcitoria ivi prevista: le societ o gli enti che esercitano unattivit di direzione e coordinamento. Ci significa escludere dalla diretta applicazione della norma le persone fisiche; ma significa anche considerare soggetti il cui interesse imprenditoriale per definizione presente. Nel 2 c. dellart. 2497 si afferma la responsabilit solidale di chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio. Una regola la 28

quale deve essere intesa nella prospettiva imprenditoriale che caratterizza lintera disposizione: nel senso cio che, consistendo quel fatto lesivo non in singoli comportamenti, ma in unattivit appunto imprenditoriale, la partecipazione al primo significa che in concreto si partecipato alla seconda; e nel senso che quel beneficio non il generico approfittamento a danno della societ, bens un vantaggio. Significativa al riguardo la distinzione operata tra le due ipotesi. Quando la responsabilit deriva da una partecipazione al fatto lesivo, lobbligo solidale disposto nella sua pienezza e con riferimento allintegrale danno risarcibile; quando invece si spiega per il beneficio che se n ricavato esso opera soltanto nei limiti del vantaggio conseguito. In definitiva larricchimento consapevolmente ottenuto in conseguenza di una gestione del gruppo che risulti imprenditorialmente scorretta ritenuto di per s ingiustificato. In questo quadro ci si potrebbe chiedere se lapplicazione del 2 c. dellart. 2497 presuppone necessariamente lintegrale realizzazione, pure nei suoi termini soggettivi, di quellillecito o non possa avvenire a prescindere da essi. La questione si pone concretamente quando ci si deve chiedere se e come sia possibile affermare la responsabilit di una persona fisica che abbia consapevolmente tratto beneficio dalla gestione non corretta di un gruppo, in ipotesi nelle quali non sia riconoscibile la responsabilit a titolo principale di una societ od ente. E riguarda soprattutto il caso spesso esaminato della c.d. persona fisica-holding, quando cio la direzione e coordinamento di una pluralit di societ operata non avvalendosi di una societ capogruppo, ma direttamente da una persona fisica che a tutte partecipa e tutte controlla. Tutto dipende dal modo in cui si costruisce la responsabilit disposta per tale caso di arricchimento. Essa senza dubbio presuppone che si siano oggettivamente realizzati i comportamenti scorretti individuati dal primo comma, un nesso di causalit tra essi e larricchimento medesimo; non richiede per che vi abbia partecipato colui cui la responsabilit viene importa, ma soltanto che ne sia stato consapevole. La disciplina dellart. 2497 ha una portata decisiva che assume il criterio tipologico utilizzato al fine di individuare il fatto lesivo da cui consegue la responsabilit. Ci si riferisce infatti ad una violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale della societ e si chiede in tal modo allinterprete di costruire un modello in grado di fungere da parametro per tale giudizio di correttezza, il modello del buon capogruppo. Il fatto lesivo, quello che potremmo chiamare labuso di potere di direzione e coordinamento, non rileva solo ai fini dellazione risarcitoria, ma anche, in virt dellart. 2497-quater 1c., come causa che giustifica il diritto di recesso dei soci esterni. Esso perci, collocandosi su un piano omogeneo con le altre cause di recesso, insieme ad esse induce ad una prospettiva che pone al centro dellanalisi il tema delle condizioni di rischio. Il legislatore riconosce che la sottoposizione di una societ ad unattivit di direzione e coordinamento caratterizza in misura rilevante il suo significato imprenditoriale, quindi le condizioni di rischio degli investimenti in essa e pi in generale le aspettative di coloro che con essa entrano in contatto: al punto che, quando si verificano sostanziali mutamenti nella funzione della societ o ente che esercitano lattivit di direzione e coordinamento ovvero quando inizia o cessa tale attivit, si pone lesigenza di tutelare gli investitori con il diritto di recesso. Quelle condizioni di rischio per e quelle aspettative non riguardano soltanto lappartenenza al gruppo e le implicazioni che ne derivano per le prospettive di reddito della societ, ma anche i modi in cui in concreto esso viene gestito. In questa prospettiva si potrebbe osservare che la violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale cui fa riferimento il 1c. dellart. 2497, proprio in quanto ne conseguono sia la pretesa risarcitoria ivi prevista sia un diritto di recesso, attiene soprattutto ad un siffatto squilibrio; non si individui cio con riferimento al compimento di singoli atti pregiudizievoli, bens nella circostanza che la sua conduzione complessiva le preclude la possibilit di operare come autonomo centro di profitto, sia pure nel contesto dato da tale appartenenza. questa in definitiva laspettativa dei soci e dei creditori che la societ del gruppo, anche se con modalit diverse da quelle della societ indipendente, operi come centro di profitto. Per i creditori si tratta della constatazione che la soggezione ad unattivit di direzione e coordinamento potrebbe alterare, dal loro punto di vista, le ragioni che giustificano in termini di efficienza il potere dei soci: la circostanza che essi assumono la posizione di residual claimants non esclude leventualit di una 29

conduzione imprenditoriale che non soltanto esternalizzi il rischio intrinsecamente presente nellimpresa cui hanno fatto credito, ma lo aggravi per cos dire sovraccaricandolo di quello relativo ad altri segmenti dellattivit di gruppo. Per i soci esterni evidentemente si tratta della tutela in concreto delle ragioni del loro investimento. In questo senso il 1 c. dellart. 2497 specifica le caratteristiche del danno risarcibile: che per i creditori viene riferito alla lesione cagionata allintegrit del patrimonio della societ e per i soci al pregiudizio arrecato alla redditivit e al valore della partecipazione sociale. Ne risulta, quanto al primo aspetto, una sostanziale coincidenza di contenuti con la tutela in via generale prevista per i creditori sociali dallart. 2394. Con una differenza sostanziale per: che per questultimo la fattispecie lesiva individuata in comportamenti degli amministratori con cui vengono violati obblighi inerenti alla loro carica; mentre nellart. 2497 si considerano le conseguenze negative che sulla direzione dellattivit potrebbero essere derivate dallinterferenza con altri interessi imprenditoriali, e le si pongono quindi a carico di chi con la sua opera di direzione e coordinamento ha indotto tale interferenza. I comportamenti in presenza dei quali lart. 2497 riconosce lazione risarcitoria potrebbero collocarsi essenzialmente nellorbita delle azioni previste dagli artt. 2393 e 2393-bis: il pregiudizio dei soci considerato dal primo riguarda in effetti i risultati che in termini di reddito e di capitale essi avrebbero potuto ricavare dalla loro partecipazione alla societ e fondamentalmente quindi come una conseguenza degli esiti economici, diversi da quelli cui avrebbe condotto una corretta gestione dellattivit sociale. Lazione prevista dallart. 2497 si caratterizza cos in termini di rilevante novit. Lart. 2393-bis affronta un problema di rapporti tra il gruppo dei soci, in quanto residual claimants e se si vuol dire proprietari della societ, e coloro che assumono lincarico professionale della sua gestione; e lo risolve riconoscendo la legittimazione ad agire non solo alla maggioranza, ma anche ad una parte qualificata dei soci medesimi. Si tratta perci di un interesse non di tipo individuale che inteso quale comune allintero gruppo dei soci. Da questo punto di vista le azioni risarcitorie previste dagli artt. 2377 e 2497 si contrappongono nettamente a quella dellart. 2393-bis. Le prime infatti sono riconosciute ai soci che, per la dimensione della loro partecipazione oppure per la loro posizione di soci esterni in una societ di gruppo, esprimono un interesse che si svolge pur sempre ai problemi gestionali della societ, ma per le loro ripercussioni sulle proprie economie individuali. Diversi sono per il contesto ed il fatto lesivo e differente quindi la portata dellazione. Nel caso dellart. 2377 linteresse del socio tutelato per il pregiudizio subito in occasione di un singolo atto, quale conseguenza dellillegittimit di una deliberazione assembleare. Il problema quello di accertare il modo in cui i suoi effetti negativi si ripercuotono sulla posizione individuale del socio e a questi specifici fini non assumono rilievo gli eventuali riflessi sullattivit sociale. Nel caso dellart. 2497 la prospettiva invece quella generale dellattivit: il fatto lesivo riguarda il modo in cui viene condotta lattivit di direzione e coordinamento ed il pregiudizio quello concernente i suoi riflessi sullattivit sociale. Essi per non sono considerati in quanto tali, bens per il modo in cui a loro volta si riflettono sulla posizione del singolo, da un punto di vista quindi in definitiva parziale. Nella societ di gruppo non si pone pi in primo piano unesigenza di salvaguardare la sua attivit in quanto tale e per le conseguenze che ne derivano per la generalit dei soci; vi invece lesigenza di tutelare coloro che in essa hanno investito, i soci appunto esterni, non quelli che, esercitando lattivit di direzione e coordinamento ed utilizzando quindi la societ medesima strumentalmente a tal fine, possono altrimenti soddisfare i loro interessi economici. In questo senso si comprende la singolare disposizione del 3c. dellart. 2497, secondo cui il socio ed il creditore possono agire contro la societ o lente che esercita lattivit di direzione e coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla societ soggetta allattivit di direzione e coordinamento. Per i primi essa prevede leventualit che le risorse economiche per riparare il pregiudizio subito dal socio esterno siano ricavate dal patrimonio stesso della societ ci partecipa. Rispetto ai secondi si tratta invece di interessi che si puntualizzano esclusivamente sulla integrit del patrimonio della societ. Sicch comprendibile che fin quando tale patrimonio sufficiente alla loro salvaguardia non vi sia spazio per unazione risarcitoria nei confronti di chi esercita lattivit di direzione e coordinamento. 30

Lattivit di direzione e coordinamento pu legittimamente svolgersi utilizzando in modo strumentale le societ ad essa sottoposte e pu anche utilizzare le risorse economiche delle stesse al fine di compensare i soci esterni delle alterazioni che ne derivano rispetto alle aspettative che si ponevano alla base del loro investimento; ci per con il limite rappresentato dallesigenza che il suo patrimonio sia comunque in grado di soddisfare i diritti dei creditori. In tal modo si prende atto, per quanto concerne i rapporti tra i soci, che lattivit di direzione e coordinamento implica strutturalmente lemersione di interessi extrasocietari e pone problemi i quali richiedono soluzioni anchesse extrasocietarie. certamente possibile individuare alla base dellattivit di direzione e coordinamento una posizione di potere. Ai fini per della rilevanza giuridica dei problemi che in proposito si pongono, non la titolarit del potere interessa, bens la circostanza che esso venga concretamente esercitato secondo modi che giustificano appunto una valutazione in termini di attivit. Si comprende perci che il 1 c. dellart. 2497-sexies individui nella situazione di controllo le ragioni di una mera presunzione dellattivit di direzione e coordinamento: in quanto il controllo rappresenta di per s una mera situazione statica, tale da giustificare limiti al compimento di operazioni come quelle previste dagli artt. 2359-bis sgg. Ma si comprende anche come la previsione del 2 c. dellart. 2497-sexies, ove si considera leventualit che essa sia esercitata sulla base di un contratto con le societ medesime o di clausole del loro statuto, non necessariamente implichi la validit in qualsiasi ipotesi di contratti o di clausole del genere. LEZIONE XII: Societ, persona, impresa La formula societ esprime un modo di intendere la disciplina societaria in quanto volta a risolvere i problemi che si pongono quando una pluralit d soggetti persegue uno scopo comune. Ma anche nota la lunga tradizione che alla formula della societ contrappone quella della persona: una dialettica che solo in una visione priva di senso storico si potrebbe considerare fondata su equivoci. In tal modo al centro del sistema non si pongono pi i singoli soggetti, bens lattivit che essi svolgono e la struttura organizzativa mediante quale la svolgono. Preme sottolineare che la dialettica evocata si spiega fondamentalmente per una prospettiva che pone al centro del discorso il soggetto ed il problema della titolarit dei diritti. La questione se non sia ora possibile e necessario individuare nellimpresa e nei suoi problemi la priori sulla cui base ricostruire la disciplina della societ. Significa chiedersi se vi sufficiente materiale normativo per poter impostare i problemi della societ come problemi dellorganizzazione e dellattivit di impresa e non soltanto della societ tra i soci. E molteplici paiono in effetti gli spunti nella riforma in grado di giustificare le linea concettuale delineata. Certamente significativa pare in primo luogo la nuova disciplina della trasformazione. Ci soprattutto per il modo in cui sono definiti i confini della trasformabilit in e da societ di capitali e viene individuato il fondamento giuridico di tale continuit medesima. Del resto, che sia metodologicamente corretto ricercare nella trasformazione enei modi in cui pu avvenire la prospettiva sistematica in cui le strutture protagoniste della vicenda sono valutate dallordinamento confermato sia dal pi diffuso approccio sul tema sia dallesperienza comparatistica. Per il primo aspetto sufficiente ricordare la lunga discussione che si interrogata sul dato che dovesse comunque permanere sul piano della fattispecie, il profilo didentit in grado di giustificarla: ci soprattutto al fine di individuare i limiti entro i quali di una trasformazione e di una continuit potesse parlarsi. Per il secondo aspetto sufficiente ricordare che analogo stato il metodo adottato dalla dottrina e giurisprudenza tedesca. Analogo approccio metodologico potrebbe condurre a sottolineare il significato delle ampie previsioni degli artt. 2500-septies e 2500-octies. Ed in tal senso appare soprattutto significativo che esse considerano possibili come ente trasformato ovvero come ente che ha effettuato la trasformazione la comunione dazienda. Il criterio valutativo sulla base di cui la continuit pu essere disposta non rappresentato dalla posizione dei soggetti o dal loro rapporto con beni e situazioni giuridiche soggettive, bens appunto dallimpresa: essa che continua, pur modificandosi la posizione rispetto ad essa sia dei soggetti sia dei beni. 31

Specificamente per le s.p.a. assume rilievo il tema concernente lassetto organizzativo amministrativo e contabile dellimpresa e rispetto ad esso vengono assegnati specifici compiti agli organi sociali. Il tema in definitiva analogo a quello che si pone quando una determinata attivit imprenditoriale riservata ad uno specifico tipo societario, non a caso quasi sempre quello della s.p.a. evidente in tali ipotesi che i problemi considerati dallordinamento non riguardano in effetti temi della societ per il suo significato di collettivit dei soci, bens dellimpresa. La prospettiva dellimpresa pu inoltre risultare evidenziata dalle nuove soluzioni in punto di strumenti finanziari ed in particolare di quelli cc.dd. partecipativi. Si osservato che gli spazi riconosciuti allautonomia statutaria riguardo al modo di congegnare sia le azioni sia gli strumenti finanziari partecipativi sembrano tali da consentire che ad essi siano assegnate funzioni sostanzialmente equivalenti; e ci sia con riferimento alla partecipazione ai risultati economici dellimpresa sia riguardo ai poteri che ne possono derivare. Perci si ritenuto che la loro distinzione non possa essere rinvenuta sul piano della funzione, se si vuol dire della causa, ma su quello che potremmo definire della forma, dei congegni tecnici cio mediante i quali nei due casi la partecipazione si realizza: la circostanza in particolare che con le azioni essa riferita al profilo del capitale ed quindi caratterizzata sulla base del suo ruolo organizzativo ed economicopatrimoniale. Con la regola posta dallultimo comma dellart. 2346 la decisione di emettere strumenti finanziari materia riservata alla competenza statutaria: il che evidenzia che con tale decisione non si tratta di costituire posizioni finanziarie che si pongono in un rapporto di alterit rispetto allorganizzazione societaria, bens che ne rappresentano un momento interno ed in questo senso di partecipazione ad essa. In definitiva, se lo statuto lo strumento che tipicamente definisce lassetto organizzativo della societ, la circostanza che solo con esso sia possibile instaurare determinate posizioni giuridiche appare un decisivo indizio della loro valutazione dallordinamento come aspetti che a tale assetto partecipano e valgono a caratterizzarlo. E ne consegue unulteriore conferma della sensazione che nella s.p.a. lorganizzazione della sua attivit non pu ridursi nel senso di unorganizzazione del gruppo dei soci; comprende anche profili pi vasti ed in questo senso si presenta come organizzazione dellimpresa. Per quanto concerne limpresa individuale evidente che la sua organizzazione non pu non tradursi giuridicamente in rapporti riferiti alla sfera dellimprenditore: sicch ogni partecipazione ad essa implica inevitabilmente una relazione in termini di alterit. Ma anche nelle societ di persone, ed ora nella s.r.l., il ruolo centrale assegnato alla persona del socio impone una netta distinzione rispetto a chi socio non pu qualificarsi e cos una sua estraneit allorganizzazione sociale. Nelle s.p.a., invece, la specifica rilevanza dei temi finanziari e la conseguente possibile estraneit dei soci stessi rispetto allattivit imprenditoriale, potendo persino presentarsi in termini di anonimato nei suoi confronti, per un verso attenua la distinzione rispetto ad altre posizioni finanziarie e per un altro consente di intenderla come un modo per organizzare non solo le posizioni dei primi, ma anche le seconde. La disciplina della s.p.a. non pu essere intesa soltanto per il suo significato di societ tra i soci, larticolazione poi delle possibili posizioni di questi rende pi difficile muovere dal presupposto di un loro interesse comune. chiaro infatti che tale presupposto sempre meno realistico. Il riconoscimento ora esplicito della possibilit di azioni postergate nella sopportazione delle perdite riduce il profilo stesso della comunanza del rischio ed in definitiva priva in buona parte di significato tecnico la caratterizzazione dellazionista come residual claimant. E si pensi ancora alle azioni correlate: che consentono di articolare per settori gli interessi dei soci in merito alla stessa attivit imprenditoriale della societ e in tal modo introducono leventualit di conflitti non pi soltanto tra interesse sociali ed extrasociali, ma anche tra interessi ugualmente dei soci, allora non pi comuni. Significativa la nuova disciplina del potere di impugnare le deliberazioni assembleari cc.dd. annullabili. Essa certamente, riconoscendo tale potere solo quando superata una soglia quantitativa di possesso azionario, si spiega soprattutto per la scelta politica di rafforzare la stabilit e certezza dellazione societaria, con la connessa esigenza di ridurre loccasione di sue utilizzazioni opportunistiche. Ma si anche rilevato che in tal modo si introduce inoltre nellambito stesso dei soci una distinzione che non pu non 32

assumere un rilievo anche qualitativo: la distinzione tra i soci i cui interessi possono essere soddisfatti con metodi risarcitori e altri per cui rilevante quello a contribuire alle scelte dellattivit sociale, con il connesso riconoscimento della legittimazione ad eliminarle quando illegittime. Ne risulta in sostanza una distinzione tra posizioni ugualmente sociali, ma che esprimono interessi di tipo imprenditoriale oppure essenzialmente finanziario. Ancora pi significativo il 3c. dellart. 2497: una disposizione certamente singolare e che deve essere interpretata in modi che rendano possibile una sua coerenza con il sistema. Il fulcro sistematico della norma sta nellesplicita previsione delleventualit che risorse patrimoniali disponibili per lattribuzione ai soci siano distribuite solo ad alcuni di essi, quelli in definitiva di minoranza. Il che pu essere plausibile soltanto nel presupposto di una distinzione tra i soci che perseguono i propri interessi economici nella societ ed altri, quelli di maggioranza, che soddisfano il proprio interesse al suo esterno, tramite cio la gestione complessiva del gruppo.

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