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LA QUESTIONE DI DIO OGGI

In questa unità presenteremo dei dati, succinti ma sostanziali, sulla


situazione in cui versa la questione di Dio oggi. Essi ci forniranno un
punto di partenza più realistico per la nostra ulteriore ricerca.

1. Perché affrontare questa problematica?


Partiamo da alcune constatazioni facilmente verificabili da chiunque
ha gli occhi sufficientemente aperti per vedere la realtà.
In passato, fino a non molto tempo fa, la questione radicale su Dio,
quella che riguarda la sua esistenza, in genere non si poneva. O
almeno non si poneva ad un livello veramente esistenziale, nel senso
che partisse da un dubbio vero e reale.

• Infatti, nell'umanità in genere l'esistenza di Qualcosa di superiore, di


divino, di luminoso che dava consistenza e senso a tutto, costituiva
un'evidenza scontata, non tanto intellettuale quanto esperienziale,
vissuta. Era una certezza che "si respirava" sin dalla nascita e che
accompagnava tutta la vita personale e sociale dei singoli e delle
collettività. La religiosità, come tentativo almeno generico di rapporto
con il divino, era una delle componenti essenziali di tutte le culture.
Queste risultavano infatti costituite da tre componenti basilari,
svariatamente articolate tra di loro: natura, uomo. Dio.
Un'articolazione in cui Dio occupava senza discussioni sempre
gerarchicamente il primo posto. Di conseguenza, l'ateismo era
praticamente inconcepibile e, se in qualche raro caso isolato si dava,
veniva visto come una vera anormalità, perfino sociologica. Un
ateismo massiccio era praticamente impensabile.

• Nelle chiese cristiane, a sua volta, il Dio "cristiano", ossia il Dio


rivelato da Cristo, costituiva ugualmente un'evidenza scontata. La
domanda veramente impegnativa su Dio non era in realtà quella
radicale del "se ci sia" (an sii), ma piuttosto quella del "cosa sia" (quid
sit). Si discorreva, in ambito teologico, sulla sua natura e sui suoi
attributi, dando per scontata la sua esistenza. La questione
sull'esistenza di Dio, se veniva presa in considerazione, era affrontata
a scopo soprattutto apologetico, per rendere perspicue le ragioni della
fede in essa1.
1
Si vedano, per es., la Summa Theologica, nella sua Pars prima, quaestio secando, e la Summa contra Gentiles, nel suo
Liber primus, capp. 10-13, dove S.Tommaso tratta la questione dell' an sit in due contesti diversi.

1
Ciò vale certamente fino alla fine del Medio Evo. Ma anche dopo,
quando questo Dio della cristianità venne messo in dubbio o perfino
rifiutato, come successe nell'ambito del deismo2, la certezza del Dio
fondamento e rettore ultimo della natura, e della società rimase
intatta.
Oggi, invece, la situazione è globalmente molto diversa, almeno per
buona parte
dell'umanità.

• Da una parte l'illuminismo, nato quale legittima difesa nei confronti


delle controversie religiose dell'epoca, con la sua esaltazione della
ragione quale strumento di emancipazione dell'uomo da ogni forma di
asservimento finì col provocare un radicale cambiamento dal punto di
vista religioso, specialmente - ma non solo – nel mondo occidentale3.
Nati dalla sua matrice, tanto le contestazioni formulate a livello
teorico dai cosiddetti "maestri del sospetto" (Marx, Freud, Nietszche),
quanto i profondi e radicali mutamenti avvenuti su scala mondiale a
causa soprattutto del processo scientifico-tecnico, misero in crisi non
soltanto la fede cristiana, fondata su una determinata idea di Dio, ma
anche e semplicemente la religiosità in quanto accettazione e
adesione a una qualsiasi divinità.
Effetto di questi fattori fu ed è il fatto che per non pochi uomini e
donne d'oggi Dio non è più una realtà ovvia e scontata. Anzi, in alcuni
paesi dell'antica cristianità europea l'essere cristiani o semplicemente
credenti è diventato quasi un'eccezione. Infatti si parla oggi di
situazione di post-cristianità in diversi paesi centro-europei, situazione
che è poi concretamente una condizione di post-cristianesimo e, in
molti casi, di post-fede e post-religione. Pur con le innegabili
manifestazioni di un certo risveglio religioso a cui accenneremo
subito. Al comune e implicito consenso di altri tempi si è di fatto
sostituita in larga misura il dissenso, oppure, ancora molto più
frequentemente, l'indifferenza nei confronti delle fede cristiana e di
Dio stesso.
Ma anche in quei posti dove questa crisi non ha avuto le proporzioni e
la radicalità appena ricordate, come nei paesi non ancora raggiunti in
pieno dal processo scientifico-tecnico, o in cui predominano le antiche
religioni cosiddette naturali o cosmiche, l'impatto degli sconvolgimenti
2
Cf G. CAPONE BRAGA, Deismo, in CENTRO DI STUDI FILOSOFICI DI GALLARA, Enciclopedia Filosofìca,
Sansoni, Firenze 1957,1 1435-1446.
3
Cf H. ZAHRNT, La ricerca di Dio. Dialogo teologico tra fede e indifferenza, Rizzoli, Milano 1992, specialmente il primo
capitolo (11-26).

2
in corso nell'umanità intera si è fatto sentire con maggiore e minore
intensità e in svariati modi nell'ambito della fede e della religione.

• Dall'altra parte, quasi come dalle ceneri generate da questa crisi


stanno sorgendo con forza quasi incontenibile delle nuove forme di
religiosità che sconvolgono tutte le previsioni fatte precedentemente
sul futuro di Dio e della religione nel mondo.
Ora, davanti a questa panoramica per ora appena sommariamente
abbozzata, chi è preoccupato di continuare ad annunciare Dio, e più
precisamente il Dio della fede cristiana, non può oggi restare
indifferente. È sollecitato invece a sottoporre a revisione questo suo
annunzio. A meno che si accontenti di continuare a ripetere
meccanicamente l'annuncio formulato in altre condizioni storiche,
come se niente fosse avvenuto. Cosa che, come vedremo, comporta
generalmente delle conseguenze molto negative. È anche questa
nuova situazione quella che spiega, in parte almeno, lo spostamento
del centro di attenzione tacita problematica vissuta dalla chiesa - e
dalle chiese in genere - nel periodo che seguì la celebrazione del
concilio Vaticano II. Come è facile rilevare da uno sguardo sulla
produzione bibliografia corrispondente a questo periodo, nel
postconcilio si è passati da una preoccupazione prevalentemente
ecclesiologica, presente già nello stesso Concilio e nel periodo
immediatamente susseguente, ad una preoccupazione
accentuatamente cristologica in un primo momento e poi, più
recentemente, a una è contrazione sul problema di Dio4. Oggi è,
quindi, il problema propriamente teo-logico, nel senso stretto del
termine, ad occupare il centro dell'attenzione.

2. Pluralità di situazioni
Come è già apparso dall'accenno generico fatto sopra, non sarebbe
oggettivo affermare una omogeneità nel modo in cui gli uomini e le
donne d'oggi si mettono davanti alla questione di Dio. Tale
omogeneità in realtà non esiste. Ciò che invece esiste è una vera
pluralità di situazioni. E tra esse non c'è solo di dettaglio, ma una
diversità molto profonda. Il mondo attuale si presenta come un vero
mosaico da questo punto di vista.
Affronteremo ora, in un tentativo di sistematizzazione, queste
molteplici situazioni raggruppandole nei principali modi in cui viene
4
Cf K. HEMMERLE, Trasformazioni dell'immagine di Dio a partire dal ) in, A. MARRANZINI (a cura). Correnti
teologiche postconciliari, Città Nuova, Roma 1974, 235-253.

3
affrontata la questione di Dio. Si tratta di un semplice tentativo,
chiaramente consapevole dei suoi limiti. La realtà, come sempre,
supera ogni sistematizzazione.

2.1. Il modo "tradizionale"


Ci sono oggi, anzitutto, dei gruppi e degli individui che continuano
porsi ancora davanti alla questione di Dio in maniera sostanzialmente
uguale a quella in cui lo si faceva in passato, quando i mutamenti cui
abbiamo accennato non erano ancora avvenuti.
Diciamo "sostanzialmente uguale", perché è innegabile che l'influsso
dei cambiamenti si fa sentire in qualche misura anche in questi
ambiti.
All'interno di questa vasta area possiamo annoverare due grossi
blocchi:
• quello di coloro che vivono una religiosità di tipo cosmico o naturale,
• e quello di coloro che vivono una religiosità cristiana popolare, in cui
si congiungono, più di una volta in modo sincretistico, elementi di fede
cristiana ed elementi di religiosità cosmica5.
Ci sono certamente delle diversità di rilievo tra questi due blocchi.
Eppure si può dire che la radice dalla quale procede il loro modo di
porsi davanti al problema di Dio è sostanzialmente la stessa: in esse il
divino viene vissuto e pensato a partire da una determinata
esperienza di rapporto con la natura, quella propria dell'uomo pre-
scientifico-tecnico.
La genesi della religiosità cosmica o naturale è dovuta, spiega uno
studioso del fenomeno, al contrasto che l'uomo "primitivo" sperimenta
tra ciò che gli è abituale, usuale e comune, e ciò che invece gli risulta
insolito, non comune, sorprendentemente diverso. Esperienza che si
verifica specialmente davanti ai fenomeni straordinari - in intensità o
in qualità - della natura. Una delle reazioni spontanee dell'uomo nei
confronti di tale contrasto è quella di cercarne la spiegazione
attribuendo ciò che gli appare come insolito a "forze superiori". Il
processo di tale attribuzione si completa con la personificazione di
queste forze e la creazione, nella sua coscienza, del mondo del divino.

5
La bibliografia sulla religiosità popolare è oggi molto abbondante. Indichiamo alcuni utili repertori bibliografici di una
certa ampiezza: R. BRIONES - P. CASTON, Repertorio bibliogràfico para un estudio del tema de la religiosidad popular,
in "Communio" (Siviglia) 10 (1977) 155-192; R. TROLESE, Contributi per una bibliografia sulla religiosità popolare, in
Ricerche sulla religiosità popolare, Dehoniane, Bologna 1979, 273-324; ID., Contributi per una bibliografia sulla
religiosità popolare, in "La Scuola" 110 (1982) 65-84.300-313.451; 111 (1983) 450-515; 113 (1985) 546-574; GUUARRO
ALVAREZ I. - MORATA BARROS J., Bibliografìa sobre religiosidad popular, in Comunidades 81 (1994) [fìchero de
materias] 1-39.

4
A contatto con l'irruzione del divino nel mondo dell'esperienza
quotidiana, cioè con il "sacro" come epifania delle forze superiori nel
suo mondo usuale, la prima reazione istintiva dell'uomo primitivo è
quella dello stupore. Ma questa reazione spontanea si evolve
successivamente a seconda dell'immagine che egli si fa delle forze
superiori e sotto la spinta di altri sentimenti da essa suscitati. Se tale
forze vengono pensate come avverse o minacciose alla sicurezza e al
benessere, lo stupore iniziale sfocia nella paura, se invece vengono
pensate come almeno parzialmente benevole e benefiche, il primo
sentimento di stupore si trasforma in ammirazione.
L'uomo cerca inoltre di entrare in rapporto con le forze superiori che si
manifestano nel mondo, e così nasce la religione. Essa è però diversa
nelle sue espressioni, a seconda dell'immagine o idea del divino che si
fa. Se il divino viene da lui concepito come avverso o temibile, sotto la
spinta prevalente della paura si possono generare due diverse
espressioni religiose: il tabù e la magia.
• II tabù è espressione del tentativo dell'uomo di creare un muro di
contenimento che impedisca al divino temibile e minaccioso di
irrompere nell'ambii
• La magia invece è la pretesa di manipolare, mediante determinati
gesti rituali, la potenza divina al servizio della sicurezza e del
benessere intramondani.
Se invece il divino viene concepito come almeno parzialmente
benevolo dell’ammirazione che provocano i suoi interventi sgorgano la
lode e il ringraziamento da parte dell’uomo, due forme più nobili di
religiosità.
Occorre tener presente che, in realtà, queste diverse forme di
religiosità difficilmente allo stato puro tra i popoli cosiddetti "primitivi".
Sono piuttosto momenti integrativi della religiosità cosmica o
naturale, con la prevalenza però di quelle derivate dalla paura.
L'immagine di Dio che presiede questi tipi di religiosità è di carattere
principalmente cosmico, poiché, come è chiaro, Dio viene identificato
in tutto o in parte con la natura (cosmos). Quest'immagine incide poi
profondamente sul modo di concepire e vivere l’intera esistenza
umana: tutto - fenomeni naturali e anche sociali – viene più o meno
intensamente sacralizzato, ossia collegato in forma immediata e
diretta con il divino.
Per gli uomini e le donne che si muovono all'interno di questi due
blocchi, Dio è qualcosa di evidente, di non problematico. La religiosità
permea con naturalezza l’intera esistenza, personale e sociale. Tale

5
evidenza può tuttavia andare soggetta a momenti di crisi. Non tanto
nell'ambito della religiosità puramente cosmica, che considera ogni
manifestazione della realtà come un intervento diretto e immediato
del divino (fatum), ma piuttosto in quello della religiosità popolare
cristiana.
Il motivo più frequente di tale crisi è l'esperienza problematica del
male, e specialmente della sofferenza ingiusta, incolpevole6. Si fa
fatica a conciliare quel tratto eminente del Dio della rivelazione
cristiana, che è la bontà illimitata, e quell'altro, tipico dell'immagine di
Dio nella religiosità cosmica, che è il suo dominio assoluto e
immediato su quanto accade nel mondo, con l'esistenza del dolore
innocente. La crisi che ne scaturisce o si risolve mediante un
rassegnato appello alla misteriosa "volontà di Dio", oppure sbocca
nella negazione della sua esistenza.
Oggi, poi, tale crisi viene acuita, presso non pochi, dalla presa di
coscienza sempre più diffusa della situazione di ingiusta povertà in cui
giacciono milioni di uomini e donne per via delle strutture economico-
socio-politiche che si sono venute creando nel mondo all'insegna del
processo scientifico-tecnico7.
Bisogna notare, per finire questo punto, che non è raro trovare nei
due blocchi sopra accennati delle persone che, avendo ormai subìto in
qualche misura l'impatto della civiltà scientifico-tecnica, hanno già
abbandonato a livello intellettuale la loro immagine cosmica di Dio,
ma continuano a viverla a livello esistenziale. Ragione frequente di
questa specie di schizofrenia è la paura. Si teme cioè che, lasciando
cadere certe credenze o certe pratiche religiose, crolli l'intero edificio
della fede. Oppure si ha paura di incorrere nel castigo di Dio. Gli
antichi atteggiamenti della religiosità cosmica rimangono quindi
spesso come comportamenti residuali.

2.2. Un modo segnato dalle conseguenze della modernità


illuminista

6
Vedere il n.37/3 della rivista "Lumen Vitae" interamente dedicato a questa tematica sotto il titolo: Comment parler de la
soujfrance?', e anche L. BOFF, Passione di Cristo, passione del mondo. Il fatto, le interpretazioni e il significato ieri e oggi.
Cittadella, Assisi 1978, specialmente i capitoli 6-8, pp. 118-175; E. SCHILLEBEECKX, Cristo. La storia di una nuova
prassi, Queriniana, Brescia 1980, 783-847.
7
Cf TERZERÀ CONFERENCIA GENERAL DEL EPISCOPADO LATINOAMERICANO, Puebla. La evangelización
en e! presente y en el futuro de America Latina, nn. 28-30.90.-437.452.509.ecc. (trad. ital.: Puebla. L'evangelizzazione nel
presente e nel futuro dell'America Latina. Testo definitivo. Unica versione autorizzata, EMI, Bologna 1979), e G.
GUTIERREZ, Hablar de Dios desde el sufrimiento del inocente. Una reflexión sobre el libro de Job, CEP, Lima 1986 (trad.
ital.: Parlare di Dio a partire dalla sofferenza dell'innocente. Una riflessione sul libro di Giobbe, Queriniana, Brescia 1986).

6
Ci sono oggi dei gruppi e degli individui che si pongono
davanti alla questione di Dio in un modo diverso da quello
"tradizionale".

Nel contesto di tale novità si riscontrano però anche delle differenti


prese di posizione. Nel punto che segue prenderemo in considerazione
quel modo di rapportarsi alla questione di Dio che appare
profondamente segnato dalle conseguenze della modernità
illuminista.

2.2.1. Le diverse forme di ateismo teoretico


Troviamo, anzitutto, la posizione (oggi in sensibile declino) degli atei
teoretici ossia di coloro che negano l'esistenza di Dio per motivi
riflessi. Alcuni di essi, sotto l’influsso della critica marxista alla
religione, altri sotto quello della critica freudiana. La questione da essi
comunemente sollevata è se si possa essere veramente uomini,
individualmente o collettivamente, ammettendo l'esistenza di Dio. La
loro risposta è decisamente negativa. Per essi, Dio è una "ipotesi
nociva".
• Com'è ampiamente conosciuto, la critica freudiana alla religione
prende di mira una concezione di quest'ultima strettamente collegata
allo psichismo8. Per Freud, infatti, la religione è in sostanza il culto del
Padre onnipotente, legislatore, di un, Dio che è provvidenza
protettrice.
La genesi di questa concezione si ritrova ultimamente, secondo lui, in
un plesso di
fattori pulsionali, alla cui base c'è la "libido", ossia il desiderio di
soddisfare il narcisismo primitivo esistente in ogni uomo. La "libido"
poi si incarna nel complesso psicologico fondamentale, il "complesso
di Edipo" (la rivolta contro il padre visto
come principale ostacolo alla realizzazione del desiderio narcisista di
unità con la madre), il quale a sua volta conduce al desiderio di
uccidere il padre, generando di conseguenza il complesso di colpa e il
bisogno di espiazione.
Per antitesi, sorge poi un altro sentimento complementare, quello
dell'ammirazione e della nostalgia del padre, che sbocca nella
sublimazione e nella divinizzazione del
medesimo. Finché resta in vigore questo sentimento, l'uomo non può

8
Un'analisi della critica freudiana alla religione la si può trovare nell'opera di H. Kùng op. cit. pp. 226-232.

7
crescere personalmente; egli resta infantile, perché è incapace di
assumere le proprie responsabilità nella vita.

Freud applica questo schema, inizialmente individuale, anche


all'ambito sociale: secondo lui, nella psyche collettiva avviene
qualcosa di simile a ciò che in quella degli individui, il che è all'origine
alla religione. Il complesso collettivo di Edipo conduce anzitutto
l'umanità primitiva all'assassinio del padre (ipotesi-postulato che
Freud afferma senza dimostrare), assassinio che, attraverso il senso di
colpa, sfocia nel riconoscimento del Padre grandioso. Dio. I giudei, più
tardi, mossi dallo stesso complesso, ripetono lo stesso processo
nell'uccisione prima del loro padre Mosè, poi dei profeti, e infine di
Gesù. In questo modo si arriva, con il cristianesimo, alla più pura
spiritualizzazione e divinizzazione della figura paterna, il Dio-Padre.

Ecco dunque la concezione della religione nel pensiero di Freud: essa


è paragonabile a una nevrosi ossessiva, non però di tipo individuale
bensì sociale. È un'illusione collettiva. Costituisce tuttavia uno stadio
necessario nell'evoluzione dell'umanità. Per arrivare alla fine del
processo di maturazione, l'umanità deve accettare in pieno la sua
colpevolezza, rinunciare alla soddisfazione della religione (=
superamento della "libido") ed entrare nel regno dell'etica della
ragione e dell'onestà (chiaro influsso illuministico).

Nell'opinione di Freud, quindi, ammettere l'esistenza di Dio equivale a


impedire al-
l'uomo di essere vero uomo, dal momento che Dio costituisce una
mera proiezione alienante dei suoi desideri che non gli permette di
assumersi le proprie responsabilità. Dio, quindi, anche il Dio della fede
cristiana che proclama la paternità divina, è una ipotesi nociva perché
mantiene l'umanità in stato di infantilismo.

Anche se nata nell'ambito ristretto degli "addetti ai lavori" psicologici,


questa posizione ateo-psicologica ha avuto una notevole diffusione a
livello popolare, almeno in occidente. Un certo approccio psico-
analitico all'esperienza è alle volte finito con lo spazzare via ogni fede
e ogni religione.

8
• Le prospettive fondamentali della critica marxiana alla religione
sono, invece, le due riduzioni a cui quest'ultima viene sottoposta
da Marx.
Anzitutto, la riduzione antropologica (una chiara eredità feuerbachiana
e, quindi,
anche illuminista, nel pensiero di Marx): consiste nell'affermare che
ciò che la religione attribuisce a Dio è soltanto una realtà umana: è
l'uomo che fa Dio a sua immagine e somiglianza, e non il contrario.
La riduzione sociologica della religione (una novità marxiana nei
confronti di Feurbach) consiste nell'affermare che la religione nasce
non dall'esperienza psicologica della propria finitudine - cosa secondo
lui ancora astratta -, ma da una situazione sociale concreta: essa è
una sovrastruttura di origine economica, è espressione della
situazione economica in cui vive l'uomo, e allo stesso tempo una
protesta - alienata certamente - contro di essa. Ciò che caratterizza
questa sovrastruttura e la distingue dalle altre (politica, arte, ecc.), è il
fatto di essere essenzialmente reazionaria, cioè non assimilabile in
ordine all'umanizzazione dell'uomo.

La genesi di questa seconda riduzione si trova in diversi conflitti


acutamente percepiti da Marx al suo tempo: quello creato dal rapporto
tra fede cristiana e mondo pluralista in formazione (guerre di
religione), che lo porta a giudicare la falsità della religione dai suoi
effetti sociali negativi; quello creato dal rapporto tra religione e
politica (uso della religione per appoggiare i diritti divini dei re), che lo
porta concezione della religione come sovrastruttura nata da e in un
determinato gruppo sociale per sostenere i suoi privilegi; quello creato
dal rapporto tra religione e giustizia sociale (i ricchi la usano contro gli
operai e questi trovano in essa un'anestesia), che lo porta alla
concezione della religione come ideologia, nel senso di un sistema di
idee mirto a giustificare la situazione di privilegio di un gruppo sociale.

La caratterizzazione del pensiero di Marx come semplice negazione (=


a-teismo) è quindi insufficiente e inadeguata. Il marxismo vuole essere
soprattutto un umanesimo. La tesi fondamentale del marxismo ateo
non è in realtà "Dio non esiste", bensì "l'uomo esiste" (sempre
l'istanza illuminista di fondo). Ma è pure chiaro che da questo
umanesimo scaturisce, di fatto e come logica conseguenza, un
ateismo. E questo ateismo porta con sé una determinata concezione
di Dio: Egli è nient’altro che la proiezione sociale dell'uomo; è anche, e

9
perciò stesso, una forza alienante dell'uomo, un ostacolo alla sua
realizzazione come uomo.

Quanto questa presa di posizione teoretica, elaborata da specialisti in


materia, abbia avuto un'ampia diffusione nel mondo, lo attesta la
recente storia, soprattutto dei popoli che sono stati (o sono ancora)
sotto i regimi comunisti. In essi si è passato dalla teoria alla pratica,
dando origine a delle persecuzioni di ogni tipo allo scopo di far
scomparire la religione.

In poche parole, davanti all'alternativa "o Dio o l'uomo", tanto i


seguaci di Freud
quanto quelli di Marx decidono per l'uomo. La loro conclusione pratica
è che bisogna quindi eliminare Dio o, meglio ancora, non Dio, che non
esiste perché è un semplice prodotto dell'uomo, ma la religione che ne
afferma l'esistenza. Il Dio creato dalla religione è, per loro, "un'ipotesi
nociva"9.
Va tuttavia tenuto presente che, prima ancora della recente caduta
dei regimi comunisti, ci sono state nel marxismo delle correnti
revisioniste le quali hanno tentato di ripensare il ruolo della religione
nella società10; come pure che, mentre una forte corrente
psicoanalitica continua ad essere radicalmente atea, ci sono dei
psicanalisti che hanno rivisto la posizione di Freud ammettendo una
possibilità non-atea del suo progetto di pensiero e di intervento in
ordine alla umanizzazione dell'uomo11.

• Il terzo tipo di ateismo teoretico è quello propugnato da F.


Nietszche, ed è più radicale ancora dei due precedenti nel suo
giudizio sulla religione. Ai suoi occhi il Dio della fede cristiana, e
specialmente quello della teologia elaborata in Occidente a
partire da essa, si rivela come la suprema menzogna, come la
"maschera del nulla"12, un nulla che porta fatalmente con sé
anche il nulla di tutti i cosiddetti valori tradizionali. Questo Dio è,
secondo lui, l'assurdo nemico della vita dell'uomo. E ciò perché
su di Lui si sono fondati quei pseudovalori che hanno impedito
per secoli lo sprigionarsi della volontà di potenza dell'uomo.
9
Cf D. ANTISERI, Semantica del linguaggio religioso, in "Civiltà delle macchine. Religione e cultura" 27 (1979) 101.
10
Cf per es. M. MACHOVEC, II problema di Dio e l'ateismo moderno, in AA.W., Dio e l'ateismo moderno, Cittadella, Assisi
1974, 44-62.
11
Si veda, per esempio, V. FRANKL, Dio nell'inconscio. Psicoterapia e religione, Morcelliana, Brescia 1975.
12
E. FINK, La filosofia di Nietszche, Marsilio, Milano '1980, 165.

10
Nietszche ritiene che Dio deva morire per poter dar passo all'avvento
del "oltre-
uomo" (il "super-uomo"), dell'uomo vero, attualmente schiacciato dai
valori imposti dalla religione e della conseguente morale occidentale.
Solo morendo Dio può risuscitare l'uomo.
II pensiero di Nietszche, anche se forse riflessamente accolto, almeno
in parte, solo
da diversi di coloro che si dedicano ex professo alla riflessione
filosofica, non ha,
lasciato di esercitare il suo influsso anche, indirettamente, su un più
vasto pubblico. Il suo nichilismo dei valori è oggi ampiamente diffuso,
specialmente nel mondo giovanile.

Tra gli atei teoretici occorre annoverare anche quelli, più recenti e
molto meno
numerosi dei gruppi precedenti, che si professano tali in forza dei loro
presupposti semantici. Quelli cioè per i quali il problema di Dio è
semplicemente un pseudo-problema, dal momento che i termini stessi
della sua formulazione mancano di senso.

La loro presa di posizione è espressa bene in queste poche frasi di uno


studioso del fenomeno:
"Chiedersi se Dio esiste ha solo l'apparenza grammaticale di un
problema genuino (quale il chiedersi 'se esiste il protone'), ma la
realtà è che la logica e la semantica mostrano come in effetti siamo
davanti ad un inganno linguistico. Il problema di Dio non è un
problema, ma una Sinniosigkeit [senza senso]"13.

L'ateismo semantico è una logica conseguenza della filosofia del


"Circolo di Vienna"14. Per il Neopositivismo logico da esso professato,
infatti, il principio di verificazione è quello che porta a distinguere tra
proposizioni sensate e proposizioni insensate. Sono sensate le
proposizioni passibili di verifica empirica o fattuale, cioè quelle che
13
Cf ANTISERI, Semantica del linguaggio religioso, 101.
14
Circolo di Vienna Gruppo di filosofi e scienziati che tenne periodici incontri di discussione a Vienna negli anni Venti e nei
primi anni Trenta del XX secolo, avviando il programma di ricerca del neopositivismo. Al circolo, che si riuniva intorno al
filosofo Moritz Schlick, aderirono, tra gli altri, Rudolf Carnap, Otto Neurath e Kurt Gödel. Le tesi del circolo di Vienna
furono sviluppate sulla base delle idee del "primo" Wittgenstein, di Ernst Mach, Gottlob Frege e Bertrand Russell.
Caratteristica del circolo fu la sua opposizione alla metafisica, accusata di elaborare teorie fondate su proposizioni prive di
significato.

11
appartengono all'ordine delle scienze empiriche. La metafisica,
l'estetica e la religione sono invece un insieme di proposizioni solo in
apparenza sensate ma in realtà insensate, dal momento che non
possono venire verificate. Esse servono, tutt'al più, ad esprimere
determinate emozioni o stati d'animo (ancora l’influsso illuministico).

Parlando specificamente di Dio si afferma in questo ambito:


"La nozione di una persona i cui attributi essenziali sono non empirici,
non è neppure una nozione intelligibile [...]. La pura e semplice
esistenza del sostantivo basta ad alimentare l'illusione che vi
corrisponda una entità reale o almeno possibile. Solo quando andiamo
a cercare quali siano gli attributi di 'Dio', scopriamo che Dio', in questo
uso tradizionale, non è un nome autentico"15.

Per questi atei, quindi. Dio non solo non è utile, ma non è neppure
formulabile: è
una ipotesi in-sensata.

2.2.2. L'indifferenza religiosa

Assieme ai quattro gruppi di atei teoretici che abbiamo


appena elencato, dobbiamo accennare anche oggi ad altri
gruppi o individui che non si pongono (o non si pongono più)
la domanda su Dio. Ne sono semplicemente indifferenti.

Troviamo però diversi tipi di indifferenza16.

Come in altri tempi, continuano ad esserci, anzitutto, dei


praticamente indifferenti.
Sono quelli uomini e donne che hanno trovato il loro assoluto in
qualche realtà di
questo mondo, che li appaga talmente da eliminare dal loro orizzonte
la domanda
su un altro Assoluto che trascenda il mondo. Tra queste realtà
mondane assolutizzate attualmente prevalgono il denaro, il potere, il
piacere, l'ideologia politica, ecc. Occorre tuttavia osservare che non
pochi di questi indifferenti pratici si trascinano dietro, sia per
educazione ricevuta sia per condizionamenti psicologici o sociologici,

15
l.c.
16
Si veda l'intero numero XIX,5 della rivista "Concilium" (1983), dedicato appunto al tema dell'indifferenza religiosa.

12
un bagaglio religioso che, in certi momenti soprattutto difficili della
loro vita, fa riemergere in loro la domanda su Dio.

Si possono includere tra gli indifferenti pratici anche i nichilisti attuali.


Sono tutti quelli che, come abbiamo detto sopra, sulla scia conscia o
inconscia di Nietszche vivono "in pratica un nichilismo di valori". Si
tratta di un "nichilismo sommesso, latente, per nulla patetico - privo
cioè del pathos di un Zarathustra, ma non meno pericoloso”. La logica
conseguenza è che essi si disintendono di Dio.
Tale nichilismo si può considerare una conseguenza pratica, non
sempre tematizzata, non inevitabile certamente ma storicamente
innegabile, del processo di autonomia del pensiero moderno.

• Ci sono poi i teoreticamente indifferenti. Per essi Dio è "un'ipotesi


inutile". Molti di questi sono arrivati a una tale conclusione a
conseguenza della loro mentalità scientifica.
Secondo essi, nel mondo tutto si può spiegare sufficientemente senza
dover ricorrere a quel misterioso "fattore X" che le religioni hanno
chiamato Dio, per ignoranza.

• Altri, specialmente nel mondo più ricco e industrializzato, sono


approdati a quest'indifferenza a causa del processo di
secolarizzazione, frutto della nuova esperienza del rapporto tra uomo
e natura che fa passare gli uomini dalla condizione di servi sottomessi
a quella di sempre più liberi signori17. Essi sono convinti che tutto può
funzionare perfettamente al mondo senza bisogno di un Dio. Alcuni
anni fa questo impatto si fece sentire vivamente anche nell'ambito
cristiano, soprattutto nord-occidentale. Ne nacque la cosiddetta
"teologia della morte di Dio"14, che non è certamente una forma di
indifferenza religiosa, ma che pur tuttavia ne risente l'influsso.

2.3. Il fenomeno del risveglio religioso


Accanto al fatto dell'ateismo teoretico di diversi tipi, alcuni
dei quali sono oggi in forte crisi nella maggior parte del
mondo, e accanto al fatto ampiamente diffuso
dell'indifferenza religiosa teorica e pratica, si registra oggi un
altro modo di porsi davanti alla questione di Dio. In questi
ultimi anni si assiste infatti a un crescente fenomeno di
17
Tra l'abbondante bibliografia sulla secolarizzazione citiamo solo l'eccellente articolo di J.RAMOS REGIOOR,
Secolarizzazione, desacralizzazione e cristianesimo, in Rivista Liturgica 5-6 (1979) 473-495, con amplia bibliografia su
quanto era stato scritto fino a quel momento.

13
risveglio della religiosità, anche lì dove prima si era arrivati a
situazioni di ateismo.

Le previsioni che facevano pensare, quale effetto del processo di


secolarizzazione, ad
una rapida e quasi totale scomparsa della religione, sono smentite dai
fatti18

Si coglie un pò dappertutto un ritorno al sacro, al religioso. Tale


risveglio religioso si manifesta spesso come una "fame di contatto
immediato con Dio", come un'ansia di esperienza diretta del divino.
La ragione profonda di ciò la si ritrova, come si è visto dalla
citazione fatta poco sopra, nello sbocco a cui è approdata la
modernità illuministica. Come sostiene lo studioso citato, "l'eccesso di
risultati positivi si è tradotto in una sfida che non ha precedenti.
L'illuminismo moderno ha evocato quattro minacce: lo sterminio
nucleare - la devastazione del creato - la miseria del terzo mondo - la
regressione dell'uomo al livello di beato analfabeta". Proprio perché
l'illuminismo aveva concentrato tutta la sua attenzione sulla ragione,
trascurando quasi completamente le altre componenti dell'esistenza
umana, le conseguenze negative (oltre a quelle indubbiamente
positive, innegabili) sono quelle menzionate, e la reazione si sta
facendo sentire intensamente. L'approccio puramente razionale alla
realtà - l'impero del lògos - non soddisfa le attese più profonde
dell'uomo, ne la sua fame di senso e di esperienza. Il ricorso così
frequente, specialmente ma non esclusivamente da parte dei giovani,
a forme di religiosità orientali, nelle quali la dimensione del sacro e del
mito è fortemente presente, ne è un vistoso segno.
Siamo quindi, specialmente in Occidente, ma anche nelle zone del
mondo da esso influenzate, davanti a un vasto fenomeno di "nuova
religiosità". Si tratta, in realtà, non di una religione con un messaggio
ben definito, ma piuttosto di una religiosità generica,
accentuatamente sincretistica, dove trovano spazio le più svariate
componenti delle religioni, antiche e moderne. La parola chiave,
tuttavia, che sta al suo centro è "esperienza". Essa esprime allo stesso
tempo una reazione e un bisogno; la reazione nei confronti delle
religioni ufficiali, segnate da una forte tendenza intellettualistica, e il
bisogno di "sentire" il divino (non ragione, ma sentimento; non

18
Vedere al riguardo, tra l'altro, l'intero numero XIX, 1 della ri-vista "Concilium" (1983) sui nuovi movimenti religiosi.

14
intelletto, ma istinto; non riflessione, ma intuizione; non razionalità,
ma emotività).
Questa nuova religiosità è di solito accompagnata da una
concezione "olistica" del
mondo, nella quale l'elemento fondamentale è l'esperienza dell'unità
universale, del legame che unisce l'individuo a tutto il mondo vivente.
Per arrivare all'esperienza della totalità cosmica occorre dilatare i
confini della propria coscienza. In questo modo, si produce un
"reincantamento del mondo" e, con esso, l'"operazione salvezza".
Perché è appunto prendendo coscienza di questa profonda unità con il
mondo che quest'ultimo riacquista la sua sacralità e che l'uomo trova
la sua salvezza. Da questo punto di vista, la nuova religiosità può
essere considerata come una nuova gnosi, una gnosi moderna. In
definitiva, ancora una conseguenza dell'illuminismo.

3. La problematica all'interno del cristianesimo


In ambito cristiano si constata in primo luogo che, tra coloro che
hanno subito più fortemente l'impatto del cambio culturale provocato
dal processo scientifico-tecnico, la domanda su Dio si è
frequentemente convertita in uno stimolo alla ricerca di un nuovo
volto del Dio della rivelazione.
Non pochi di essi hanno preso coscienza dell'influsso che i
condizionamenti culturali hanno avuto in passato sul modo di pensare
e di vivere il Dio della loro fede. Perciò il loro sforzo attuale consiste
principalmente nel coinvolgere anche l'immagine di Dio nel processo
di cambio culturale che si sta verificando nell'umanità odierna. Tale
coinvolgimento verrebbe ad implicare diverse cose. Negativamente, la
non-identificazione di Dio con la natura, mediante il riconoscimento
reale dell'autonomia del mondo (cf GS 36b); positivamente, la rilettura
del suo volto in chiave storica19.
Oltre a questa problematica generale, non si può ignorare un altro
problema, di tipo settoriale, oggi fortemente sentito presso quelli
(cristiani o meno) che rispondono affermativamente alla questione
radicale su Dio; quello del discorso religioso in quanto tale. A renderlo
più acuto ha contribuito quella recente corrente filosofica che, in
buona parte stimolata dal già citato ateismo semantico, lo ha fatto
oggetto centrale della sua attenzione20. Essi si domandano se si possa
19
Si veda, al riguardo, l'opera di E. SCILLEBEECKX, Dio il futuro dell'uomo, Paoline, Roma 1970.
20
Anche su questa tematica la bibliografia si fa oggi sempre più abbondante. Ne accenneremo più avanti, nella quinta unità.
Per ora scegliamo due scritti a carattere generale: D. ANTISERI, La filosofia del linguaggio. Metodi, problemi, teorie,
Morcelliana, Broscia 1973; P. RICOEUR, Langage, in Encyclopedia universalis, Encyclopedia universalis France, Parigi

15
fare oggi un discorso su Dio, se lo si debba fare e, in caso di una
risposta affermativa, come lo si possa fare.

• In questo contesto non mancarono alcuni che, tenendo conto di tutta


la problematica suaccennata, hanno sostenuto la necessità di un
periodo di silenzio totale su Dio. Secondo loro sarebbe meglio tacere
su di Lui finché non scompaia una sua immagine ormai inadeguata. Se
essa continua a sussistere, non fa che favorire l'adorazione di un idolo.

• Altri, invece, non si pongono così radicalmente la questione. Pensano


che sia sufficiente adeguare il modo di parlare di Dio alle attuali
esigenze culturali, tenendo presenti soprattutto le istanze dei grandi
"maestri del sospetto" del nostro secolo.

4. Conclusione
Abbiamo presentato questa veloce - e forse troppo schematica -
carrellata sulle principali prese di posizione davanti alla questione di
Dio oggi. Esse costituiscono, come dicevamo all'inizio, il punto di
partenza realistico per la ricerca di un adeguato annuncio del Dio di
Gesù Cristo agli uomini e alle donne d'oggi. Senza di esso tale
annuncio correrebbe il rischio di cadere verticalmente su di essi, e
conseguentemente di non calare nella loro realtà. L'importante sarà
trovare il modo di venire incontro a questa situazione affinché
l'annunzio acquisti le modalità da essa richieste.

1968, IX 771-781, con segnalazioni bibliografiche. Per la ripercussione di questa problematica sull'ambito teologico, si veda
B. MONDIN, Il linguaggio teologico: come parlare di Dio oggi, Paoline, Roma 1977; C. MOLARI, Linguaggio, in G.
BARBAGLIO - S. DIANICH (a cura). Nuovo Dizionario di Teologia, Paoline, Roma 1977, 778-814.

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