Professional Documents
Culture Documents
1
Ciò vale certamente fino alla fine del Medio Evo. Ma anche dopo,
quando questo Dio della cristianità venne messo in dubbio o perfino
rifiutato, come successe nell'ambito del deismo2, la certezza del Dio
fondamento e rettore ultimo della natura, e della società rimase
intatta.
Oggi, invece, la situazione è globalmente molto diversa, almeno per
buona parte
dell'umanità.
2
in corso nell'umanità intera si è fatto sentire con maggiore e minore
intensità e in svariati modi nell'ambito della fede e della religione.
2. Pluralità di situazioni
Come è già apparso dall'accenno generico fatto sopra, non sarebbe
oggettivo affermare una omogeneità nel modo in cui gli uomini e le
donne d'oggi si mettono davanti alla questione di Dio. Tale
omogeneità in realtà non esiste. Ciò che invece esiste è una vera
pluralità di situazioni. E tra esse non c'è solo di dettaglio, ma una
diversità molto profonda. Il mondo attuale si presenta come un vero
mosaico da questo punto di vista.
Affronteremo ora, in un tentativo di sistematizzazione, queste
molteplici situazioni raggruppandole nei principali modi in cui viene
4
Cf K. HEMMERLE, Trasformazioni dell'immagine di Dio a partire dal ) in, A. MARRANZINI (a cura). Correnti
teologiche postconciliari, Città Nuova, Roma 1974, 235-253.
3
affrontata la questione di Dio. Si tratta di un semplice tentativo,
chiaramente consapevole dei suoi limiti. La realtà, come sempre,
supera ogni sistematizzazione.
5
La bibliografia sulla religiosità popolare è oggi molto abbondante. Indichiamo alcuni utili repertori bibliografici di una
certa ampiezza: R. BRIONES - P. CASTON, Repertorio bibliogràfico para un estudio del tema de la religiosidad popular,
in "Communio" (Siviglia) 10 (1977) 155-192; R. TROLESE, Contributi per una bibliografia sulla religiosità popolare, in
Ricerche sulla religiosità popolare, Dehoniane, Bologna 1979, 273-324; ID., Contributi per una bibliografia sulla
religiosità popolare, in "La Scuola" 110 (1982) 65-84.300-313.451; 111 (1983) 450-515; 113 (1985) 546-574; GUUARRO
ALVAREZ I. - MORATA BARROS J., Bibliografìa sobre religiosidad popular, in Comunidades 81 (1994) [fìchero de
materias] 1-39.
4
A contatto con l'irruzione del divino nel mondo dell'esperienza
quotidiana, cioè con il "sacro" come epifania delle forze superiori nel
suo mondo usuale, la prima reazione istintiva dell'uomo primitivo è
quella dello stupore. Ma questa reazione spontanea si evolve
successivamente a seconda dell'immagine che egli si fa delle forze
superiori e sotto la spinta di altri sentimenti da essa suscitati. Se tale
forze vengono pensate come avverse o minacciose alla sicurezza e al
benessere, lo stupore iniziale sfocia nella paura, se invece vengono
pensate come almeno parzialmente benevole e benefiche, il primo
sentimento di stupore si trasforma in ammirazione.
L'uomo cerca inoltre di entrare in rapporto con le forze superiori che si
manifestano nel mondo, e così nasce la religione. Essa è però diversa
nelle sue espressioni, a seconda dell'immagine o idea del divino che si
fa. Se il divino viene da lui concepito come avverso o temibile, sotto la
spinta prevalente della paura si possono generare due diverse
espressioni religiose: il tabù e la magia.
• II tabù è espressione del tentativo dell'uomo di creare un muro di
contenimento che impedisca al divino temibile e minaccioso di
irrompere nell'ambii
• La magia invece è la pretesa di manipolare, mediante determinati
gesti rituali, la potenza divina al servizio della sicurezza e del
benessere intramondani.
Se invece il divino viene concepito come almeno parzialmente
benevolo dell’ammirazione che provocano i suoi interventi sgorgano la
lode e il ringraziamento da parte dell’uomo, due forme più nobili di
religiosità.
Occorre tener presente che, in realtà, queste diverse forme di
religiosità difficilmente allo stato puro tra i popoli cosiddetti "primitivi".
Sono piuttosto momenti integrativi della religiosità cosmica o
naturale, con la prevalenza però di quelle derivate dalla paura.
L'immagine di Dio che presiede questi tipi di religiosità è di carattere
principalmente cosmico, poiché, come è chiaro, Dio viene identificato
in tutto o in parte con la natura (cosmos). Quest'immagine incide poi
profondamente sul modo di concepire e vivere l’intera esistenza
umana: tutto - fenomeni naturali e anche sociali – viene più o meno
intensamente sacralizzato, ossia collegato in forma immediata e
diretta con il divino.
Per gli uomini e le donne che si muovono all'interno di questi due
blocchi, Dio è qualcosa di evidente, di non problematico. La religiosità
permea con naturalezza l’intera esistenza, personale e sociale. Tale
5
evidenza può tuttavia andare soggetta a momenti di crisi. Non tanto
nell'ambito della religiosità puramente cosmica, che considera ogni
manifestazione della realtà come un intervento diretto e immediato
del divino (fatum), ma piuttosto in quello della religiosità popolare
cristiana.
Il motivo più frequente di tale crisi è l'esperienza problematica del
male, e specialmente della sofferenza ingiusta, incolpevole6. Si fa
fatica a conciliare quel tratto eminente del Dio della rivelazione
cristiana, che è la bontà illimitata, e quell'altro, tipico dell'immagine di
Dio nella religiosità cosmica, che è il suo dominio assoluto e
immediato su quanto accade nel mondo, con l'esistenza del dolore
innocente. La crisi che ne scaturisce o si risolve mediante un
rassegnato appello alla misteriosa "volontà di Dio", oppure sbocca
nella negazione della sua esistenza.
Oggi, poi, tale crisi viene acuita, presso non pochi, dalla presa di
coscienza sempre più diffusa della situazione di ingiusta povertà in cui
giacciono milioni di uomini e donne per via delle strutture economico-
socio-politiche che si sono venute creando nel mondo all'insegna del
processo scientifico-tecnico7.
Bisogna notare, per finire questo punto, che non è raro trovare nei
due blocchi sopra accennati delle persone che, avendo ormai subìto in
qualche misura l'impatto della civiltà scientifico-tecnica, hanno già
abbandonato a livello intellettuale la loro immagine cosmica di Dio,
ma continuano a viverla a livello esistenziale. Ragione frequente di
questa specie di schizofrenia è la paura. Si teme cioè che, lasciando
cadere certe credenze o certe pratiche religiose, crolli l'intero edificio
della fede. Oppure si ha paura di incorrere nel castigo di Dio. Gli
antichi atteggiamenti della religiosità cosmica rimangono quindi
spesso come comportamenti residuali.
6
Vedere il n.37/3 della rivista "Lumen Vitae" interamente dedicato a questa tematica sotto il titolo: Comment parler de la
soujfrance?', e anche L. BOFF, Passione di Cristo, passione del mondo. Il fatto, le interpretazioni e il significato ieri e oggi.
Cittadella, Assisi 1978, specialmente i capitoli 6-8, pp. 118-175; E. SCHILLEBEECKX, Cristo. La storia di una nuova
prassi, Queriniana, Brescia 1980, 783-847.
7
Cf TERZERÀ CONFERENCIA GENERAL DEL EPISCOPADO LATINOAMERICANO, Puebla. La evangelización
en e! presente y en el futuro de America Latina, nn. 28-30.90.-437.452.509.ecc. (trad. ital.: Puebla. L'evangelizzazione nel
presente e nel futuro dell'America Latina. Testo definitivo. Unica versione autorizzata, EMI, Bologna 1979), e G.
GUTIERREZ, Hablar de Dios desde el sufrimiento del inocente. Una reflexión sobre el libro de Job, CEP, Lima 1986 (trad.
ital.: Parlare di Dio a partire dalla sofferenza dell'innocente. Una riflessione sul libro di Giobbe, Queriniana, Brescia 1986).
6
Ci sono oggi dei gruppi e degli individui che si pongono
davanti alla questione di Dio in un modo diverso da quello
"tradizionale".
8
Un'analisi della critica freudiana alla religione la si può trovare nell'opera di H. Kùng op. cit. pp. 226-232.
7
crescere personalmente; egli resta infantile, perché è incapace di
assumere le proprie responsabilità nella vita.
8
• Le prospettive fondamentali della critica marxiana alla religione
sono, invece, le due riduzioni a cui quest'ultima viene sottoposta
da Marx.
Anzitutto, la riduzione antropologica (una chiara eredità feuerbachiana
e, quindi,
anche illuminista, nel pensiero di Marx): consiste nell'affermare che
ciò che la religione attribuisce a Dio è soltanto una realtà umana: è
l'uomo che fa Dio a sua immagine e somiglianza, e non il contrario.
La riduzione sociologica della religione (una novità marxiana nei
confronti di Feurbach) consiste nell'affermare che la religione nasce
non dall'esperienza psicologica della propria finitudine - cosa secondo
lui ancora astratta -, ma da una situazione sociale concreta: essa è
una sovrastruttura di origine economica, è espressione della
situazione economica in cui vive l'uomo, e allo stesso tempo una
protesta - alienata certamente - contro di essa. Ciò che caratterizza
questa sovrastruttura e la distingue dalle altre (politica, arte, ecc.), è il
fatto di essere essenzialmente reazionaria, cioè non assimilabile in
ordine all'umanizzazione dell'uomo.
9
perciò stesso, una forza alienante dell'uomo, un ostacolo alla sua
realizzazione come uomo.
10
Nietszche ritiene che Dio deva morire per poter dar passo all'avvento
del "oltre-
uomo" (il "super-uomo"), dell'uomo vero, attualmente schiacciato dai
valori imposti dalla religione e della conseguente morale occidentale.
Solo morendo Dio può risuscitare l'uomo.
II pensiero di Nietszche, anche se forse riflessamente accolto, almeno
in parte, solo
da diversi di coloro che si dedicano ex professo alla riflessione
filosofica, non ha,
lasciato di esercitare il suo influsso anche, indirettamente, su un più
vasto pubblico. Il suo nichilismo dei valori è oggi ampiamente diffuso,
specialmente nel mondo giovanile.
Tra gli atei teoretici occorre annoverare anche quelli, più recenti e
molto meno
numerosi dei gruppi precedenti, che si professano tali in forza dei loro
presupposti semantici. Quelli cioè per i quali il problema di Dio è
semplicemente un pseudo-problema, dal momento che i termini stessi
della sua formulazione mancano di senso.
11
appartengono all'ordine delle scienze empiriche. La metafisica,
l'estetica e la religione sono invece un insieme di proposizioni solo in
apparenza sensate ma in realtà insensate, dal momento che non
possono venire verificate. Esse servono, tutt'al più, ad esprimere
determinate emozioni o stati d'animo (ancora l’influsso illuministico).
Per questi atei, quindi. Dio non solo non è utile, ma non è neppure
formulabile: è
una ipotesi in-sensata.
15
l.c.
16
Si veda l'intero numero XIX,5 della rivista "Concilium" (1983), dedicato appunto al tema dell'indifferenza religiosa.
12
un bagaglio religioso che, in certi momenti soprattutto difficili della
loro vita, fa riemergere in loro la domanda su Dio.
13
risveglio della religiosità, anche lì dove prima si era arrivati a
situazioni di ateismo.
18
Vedere al riguardo, tra l'altro, l'intero numero XIX, 1 della ri-vista "Concilium" (1983) sui nuovi movimenti religiosi.
14
intelletto, ma istinto; non riflessione, ma intuizione; non razionalità,
ma emotività).
Questa nuova religiosità è di solito accompagnata da una
concezione "olistica" del
mondo, nella quale l'elemento fondamentale è l'esperienza dell'unità
universale, del legame che unisce l'individuo a tutto il mondo vivente.
Per arrivare all'esperienza della totalità cosmica occorre dilatare i
confini della propria coscienza. In questo modo, si produce un
"reincantamento del mondo" e, con esso, l'"operazione salvezza".
Perché è appunto prendendo coscienza di questa profonda unità con il
mondo che quest'ultimo riacquista la sua sacralità e che l'uomo trova
la sua salvezza. Da questo punto di vista, la nuova religiosità può
essere considerata come una nuova gnosi, una gnosi moderna. In
definitiva, ancora una conseguenza dell'illuminismo.
15
fare oggi un discorso su Dio, se lo si debba fare e, in caso di una
risposta affermativa, come lo si possa fare.
4. Conclusione
Abbiamo presentato questa veloce - e forse troppo schematica -
carrellata sulle principali prese di posizione davanti alla questione di
Dio oggi. Esse costituiscono, come dicevamo all'inizio, il punto di
partenza realistico per la ricerca di un adeguato annuncio del Dio di
Gesù Cristo agli uomini e alle donne d'oggi. Senza di esso tale
annuncio correrebbe il rischio di cadere verticalmente su di essi, e
conseguentemente di non calare nella loro realtà. L'importante sarà
trovare il modo di venire incontro a questa situazione affinché
l'annunzio acquisti le modalità da essa richieste.
1968, IX 771-781, con segnalazioni bibliografiche. Per la ripercussione di questa problematica sull'ambito teologico, si veda
B. MONDIN, Il linguaggio teologico: come parlare di Dio oggi, Paoline, Roma 1977; C. MOLARI, Linguaggio, in G.
BARBAGLIO - S. DIANICH (a cura). Nuovo Dizionario di Teologia, Paoline, Roma 1977, 778-814.
16