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Della triste storia dei due maggiori partiti politici italiani

1-Il Partito Democratico Pur essendo stato all'epoca della sua fondazione ancora un fedele elettore d'opinione di AN (non avendo mai preso tessere di partito, nemmeno quando me le volevano regalare), ho seguito da aspirante politologico la nascita del PD con grande attenzione. Non nascondo che vedevo nella nascita del PD un evento grandioso, che speravo il centrodestra potesse copiare. Fin dall'inizio, il progetto mi piacque molto, perch sembr che si stesse realizzando un vero e grande partito al contempo di massa, d'opinione, partecipato e moderno. Bench esso sia indiscutibilmente superiore in decenza rispetto al PDL e bench i suoi leaders continuino a ripetere che il partito sia giovane, appena nato e che necessita di tempo per arrivare alle grandi percentuali a cui ambisce, il PD non riuscito a spiccare il volo. Anzi, un fallimento colossale. Innanzitutto, l'affermazione che il PD sia un partito giovane e che per questo non possa arrivare a superare da solo il 35% o il 40% una giustificazione ridicola, perch il PD non partito nato dal nulla o in un qualche quartiere periferico di una citt di periferia. Il PD nato mettendo insieme DS e Margherita nella convinzione che tale unione avrebbe assicurato al PD almeno il 30% come nocciolo duro di votanti. Questo perch, dalla somma dei voti ottenuti mediamente da questi partiti in tutte le elezioni a cui avevano partecipato, si ricavava che il loro elettorato corrispondeva grosso modo a questa percentuale. Dunque, che il partito oggi sia al di sotto di questa soglia, la certificazione del suo fallimento. come se una squadra di calcio fosse allestita per vincere il campionato, per poi finire quinta! Non bisogna eludere quanto abbia inciso il tanto disprezzato Porcellum sulla sua nascita. Il Porcellum, infatti, una legge elettorale che conferisce un premio di maggioranza utile a raggiungere il 55% dei seggi alla Camera al partito o alla coalizione di partiti pi votato. Questo significa che un partito che prendesse da solo il 35% e si affermasse tra gli altri partiti e le altre coalizioni, otterrebbe necessariamente il 55% dei seggi alla Camera e dunque la possibilit di costituire un governo maggioritario senza fare ricorso ad alcuna coalizione. Presso gli Inglesi, questa cosa abituale e prende il nome di party government. I governi monopartitici sono i pi stabili e i pi funzionali, perch il loro programma e la loro composizione coincidono con il programma del partito di maggioranza e con il suo stato maggiore. Non ci sono piccoli partiti che fanno i capricci, che vogliono poltrone, che aggiungono emendamenti su emendamenti, ma un solo partito e la sua leadership a comandare. Il PD era stato preteso da Veltroni in questa prospettiva. Il fatto, quindi, che adesso il PD sia costretto a cercarsi degli alleati la negazione del motivo stesso per cui fu fondato, perch non affatto vero che DS e Margherita si fusero perch si volevano tanto bene. Fin qui, le ambizioni velleitarie di Veltroni (a cui va dato anche il grande merito d'aver trasformato l'IDV da partito

minuscolo a potenza in ascesa alla sua sinistra del PD, avendolo egli scelto come unico suo alleato nel 2008. Considerando che l'IDV, poi, s' messo a rosicchiare pure voti proprio al PD, concludo che Veltroni ha un'intelligenza politica pari a quella di un Tamagochi, bench sia considerato bravo, bello ed intellettuale). L'altro grande ispiratore del PD fu Romano Prodi, al tempo Presidente del Consiglio. Siccome sia Romano che Walter avevano gi da tempo sostenuto l'idea di un partito democratico, si ritiene che essi avessero la stessa opinione su cosa avrebbe dovuto essere questo partito democratico. Nulla di pi sbagliato, perch le idee non vengono in mente agli uomini per essere contemplate, bens per servire un qualche scopo: Walter non aveva il potere e bramava d'averlo; Romano ce l'aveva, ma non poteva esercitarlo a suo piacere. Entrambi avevano bisogno di essere leader di un partito. Romano Prodi, dicevo, era all'epoca capo del governo e pi volte ho sostenuto quanto sia difficile esercitare le funzioni di capo del governo in Italia, giacch in effetti il Presidente del Consiglio non nemmeno un capo di governo, bens colui che presiede il Consiglio dei Ministri e che detiene un qualche potere d'agenda e di indirizzo. Nella pratica, il Presidente del Consiglio capo del governo se ha la forza politica per esserlo, altrimenti il semplice presidente di un collegio di ministri e null'altro. Berlusconi ha sempre avuto questa forza politica, perch il suo partito, FI, raccoglieva mediamente pi della met dei voti dell'intera coalizione di centrodestra e gli era fedelissimo. Prodi, invece, non aveva neanche un partito, con la conseguenza che la sua leadership nel governo era sempre messa a dura prova dai segretari dei partiti che lo sostenevano, i quali sostanzialmente lo tolleravano (perch persona competente e validissimo candidato da opporre a Berlusconi) ma non lo amavano. Se i partiti del centrosinistra, per, fossero confluiti in un unico soggetto di cui egli fosse stato il leader, allora sarebbe stato lui a dettare la linea a tutti. Questo soggetto sarebbe stato il Partito Democratico. evidente che fin dall'inizio i suoi due maggiori ispiratori ebbero opinioni diverse su questo soggetto politico e su cosa intendessero per partito democratico. C' un fatto che ha palesato lo scontro tra Prodi e Veltroni, ma di cui non si parla mai abbastanza, perch i mezzi d'informazione ciascuno secondo la propria strategia editoriale preferiscono disinformare, piuttosto che fare quello che ci si attende che facciano. Il PD ha un presidente ed un segretario. Il progetto di Prodi era che il PD dovesse avere un presidente che fosse al contempo il capo amministrativo del partito ed il suo segretario politico. Il suo candidato per tale ruolo era lui medesimo: Prodi, insomma, necessitava del controllo del partito per poter controllare il governo. Veltroni, dal canto suo, non poneva veti al fatto che Prodi dovesse essere il presidente del partito, ma sosteneva che questo avrebbe dovuto avere anche un segretario che fosse il candidato alla presidenza del consiglio alle

prossime elezioni. Inutile dire che Veltroni riservava a s quest'altra carica. Su questo punto, DS e Margherita furono l l per non fare alcuna fusione e ricordo ancora gli inviati dei telegiornali che aspettavano che finisse la riunione dei loro leaders per poter annunciare in diretta la nascita del nuovo partito e che, poveracci, persero il piacere della diretta, visto che Prodi e Veltroni presumibilmente litigarono a morte, tanto che quella riunione che doveva finire all'ora dei TG dell'ora di pranzo fin alle due o tre di notte. Ma per i mezzi d'informazione, fu una cordiale e produttiva riunione. Da quel momento in poi, Veltroni prese ad atteggiarsi da candidato alla presidenza del consiglio in pectore e a dare lezioni e ammonimenti a Prodi, a dire con chi si sarebbe alleato e con chi non l'avrebbe fatto (bench mancassero poco meno di quattro anni alle successive elezioni!) col risultato di mandare all'aria il governo ben prima che la moglie di Mastella fosse arrestata. Il governo Prodi II mor politicamente con l'elezione di Veltroni alla segreteria del PD; il voto di sfiducia al Senato fu solo l'atto che formalmente apr la crisi (per la cronaca, Prodi s' da tempo dimesso da presidente del partito, visto che non ci serva a nulla esserlo) Una delle cause del mancato decollo del PD nella sua indeterminatezza. Essendo scaturito da quello che fu il partito dei proletari (il PCI) ed essendo diretto da coloro che fino a poco tempo fa costituivano la classe dirigente di questo partito, il PD pensato come un partito di sinistra. Pensare il PD come un partito di sinistra , per, una deformazione mentale, dovuta all'abitudine di pensare le persone che lo costituiscono e che lo votano come persone di sinistra. D'altra parte, molti suoi elettori hanno avuto la tessera del PCI, del PDS e dei DS; conseguentemente ritengono che il PD sia semplicemente l'ennesima trasformazione immotivata del loro partito. Immotivata, perch essi continuano a considerarsi comunisti o compagni. Questa considerazione di grande rilievo, malgrado che apparentemente non lo sia, perch spiega il motivo per cui l'elettorato veramente di sinistra voti per Di Pietro o per Vendola, piuttosto che il PD. Il PD non un partito di sinistra, malgrado le apparenze e che voglia far credere agli ex-elettori PCI/PDS/DS e ai giovani idealisti e contestatori del sistema, di rappresentare ancora il mondo della sinistra. Il PD fa parte della grande area di centro. Sotto un profilo strettamente ideale, cos' il PD? Anche per rispondere a questa domanda si dovr ricorrere alla competizione per la leadership tra Prodi e Veltroni. Prodi non mai stato un uomo di sinistra, bens un democristiano doroteo. Di questa corrente facevano parte i sostenitori del centrosinistra e del compromesso storico tra DC e PCI. Il leader di questa corrente fu Aldo Moro. I democristiani di sinistra, diciamo cos, erano quelli che avevano una visione pi sociale del cristianesimo, mentre gli altri erano dell'idea che la DC dovesse essere un partito conservatore sotto tutti gli aspetti. La visione sociale della corrente di Moro non si ispirava al socialismo, bens alla dottrina sociale della chiesa e, politicamente parlando, si traduceva

in un sostanziale statalismo paternalista. Ecco, a mio giudizio, il partito democratico di Prodi avrebbe dovuto essere il definitivo incontro tra DC e PCI e dovuto adottare un programma politico di rigoroso risanamento pubblico (secondo il motto che lo Stato siamo noi; affermazione che io contesto, ma che molto diffusa nell'opinione pubblica), nonch di spesa sociale in cui lo Stato a decidere cos' di cui le persone hanno bisogno, perch lo Stato risponde ad un'intelligenza imperscrutabile, s, ma superiore a qualunque persona e solo lui sa cosa i cittadini vogliono e debbono volere, sobbarcandosene felicemente i costi. A suo modo di vedere, quindi, i comunisti avrebbero dovuto farsi fagocitare dai dorotei. Veltroni aveva un'opinione completamente differente. A suo modo di vedere, il PD avrebbe dovuto ispirarsi al partito democratico americano, un partito di miliardari e capitalisti che per s' fatto nell'ultimo secolo portatore delle idee e delle istanze dei sindacati e dei diritti civili. Il modello sociale previsto da Veltroni, quindi, non era quello statalista paternalista di Prodi e nemmeno quello socialdemocratico post-keynesiano nordeuropeo; bens un modello di mercato arricchito da programmi sociali (per esempio, contro la povert, contro le discriminazioni razziali, a favore dei giovani, etc..). Walter Veltroni si ispirava a John F. Kennedy e, a modo suo, pure a Obama (senza tenere in debito conto che, quando Veltroni era segretario del PD, Kennedy era gi un mito per il fatto suo, mentre Obama era ancora solo e soltanto un fenomeno della comunicazione. E che egli fosse solo questo, ne abbiamo avuto sostanzialmente la riprova negli anni successivi). Sulla base di questa fissazione americana e nutrito dalla presunzione che gli intellettuali di sinistra abbiano sempre ragione, ritenne che la sinistra italiana dovesse abbandonare la struttura di massa e puntare sulla comunicazione e sull'immagine, per potere andare dietro Berlusconi. Da superiore e raffinata intelligenza di sinistra, infatti, Veltroni aveva capito che Berlusconi vinceva le elezioni grazie alle sue televisioni. Cos, decise di mandare all'aria quello che restava di quella macchina da guerra straordinaria per penetrazione sociale e culturale che era la struttura del PCI/PDS/DS e volle fondare YouDem, tappezzare le citt col suo faccione con su scritto You care (mentre Obama aveva scritto You can) e fare tutto quello che aveva fin l fatto Berlusconi. Sfortunatamente per lui, nel frattempo Berlusconi aveva abbandonato il modello del partito televisivo per radicarsi sul territorio: quello che le grandi menti illuminate della sinistra non riescono a capire e vedere, che Berlusconi riuscito a ricondurre attorno a s coloro che votavano e, soprattutto, cercavano voti per la DC. Il risultato apparentemente paradossale che, mentre Berlusconi abbandon presto l'idea del partito televisivo e aziendale per basare la sua forza politica non gi sulla mera propaganda, ma su di un'articolata rete di notabili che in precedenza avevano portato voti alla DC distribuita su tutto il territorio italiano, il PD ha fatto il percorso inverso: ha distrutto la sua presenza sul territorio e la sua identit culturale per seguire solo la strategia della comunicazione. La verit che gran parte degli intellettuali di sinistra sembra incapace di comprendere il

comportamento degli elettori: se fossero stati in grado di farlo, infatti, si sarebbero accorti che gli elettori di centrodestra votano i candidati alle cariche di deputato e di senatore, piuttosto che per Berlusconi medesimo. Per essere estremamente chiari, far un esempio pratico, malgrado non mi piaccia doverlo fare. Nella provincia di Agrigento la gente vota in massa Michele Cimino perch si aspettano da lui e dai suoi grandi elettori favori e ricompense e non perch sia il candidato di Berlusconi. Ne consegue che l'ordine corretto delle cose che sia Cimino a favorire l'elezione di Berlusconi, non il contrario: Michele Cimino non viene votato perch Berlusconi ha le televisioni! Continuare a ripetere la solita litania che Berlusconi abbia vinto solo e soltanto perch ha le televisioni, significa avere la vista annebbiata dall'ideologia. Infatti, un conto essere idealisti ossia avere delle belle idee per cui lottare altro conto l'essere ideologisti, ossia degli imperterriti mistificatori e falsificatori della realt. Avere delle belle categorie mentali non serve a nulla, se esse hanno il grande difetto di non coincidere con il mondo esterno al nostro cervello. Ora: che un partito, che si dice di sinistra e che ritiene di essere moralmente e materialmente idoneo pi degli altri a rappresentare il popolo e salvaguardare la democrazia, non sia nemmeno in grado di comprendere questo popolo e la sua condizione ma, al contrario, pretenda di imporre alla realt delle forme che non le sono proprie, mi sembra davvero paradossale e credo che sia il principale motivo a cui imputare il suo fallimento.

2-Il Popolo della Libert La nascita del Popolo della Libert avvenuto in modo completamente differente da come si arrivati alla fondazione del Partito Democratico. Il Popolo della Libert fu costruito su di un equivoco di fondo, la cui incomprensione stata la principale causa del successivo e precoce fallimento del partito. L'equivoco di fondo a cui accennavo nel fatto che si ritenuto da parte degli elettori, della membership dei partiti che vi confluirono nonch delle loro stesse dirigenze che esso sarebbe stato costituito come fusione tra i diversi partiti che avevano in precedenza costituito l'alleanza denominata Casa delle Libert, con un processo analogo a quello che era gi avvenuto nel centrosinistra. Il PDL fu concepito da Silvio Berlusconi come un partito nuovo, sostitutivo di FI, con l'ambizione di estendersi verso destra e verso il centro fagocitando AN, UDC e tutti gli alleati minori. Silvio Berlusconi, infatti, non aveva la stessa necessit di Romano Prodi (di cui ho parlato nel precedente articolo sul Partito Democratico) di porsi alla testa di un partito unitario per potere controllare meglio il governo, poich Berlusconi era indiscutibilmente il leader dell'alleanza di centrodestra,

avendo FI ottenuto mediamente circa la met dei voti dell'intera coalizione di cui faceva parte. Ci che serviva a Berlusconi, per, era liberarsi dei suoi alleati AN e UDC, i quali erano da lui rimproverati di paralizzare la sua azione di governo. Per quanto si possa anche affermare che il suo non governo sia stato preferibile alla possibilit che governasse per davvero, c' da dire che effettivamente Berlusconi non mai stato nelle condizioni di poter applicare i suoi grandiosi programmi. senz'altro vero che abbia dovuto dedicare molto tempo alla cura dei suoi interessi personali; nondimeno, da sottolineare che sono stati i suoi stessi alleati a consentirgli di farli. Detto diversamente, quegli stessi alleati che non hanno mai condiviso in pieno i suoi progetti riformistici pur essendogli alleati per vincere le elezioni, in quanto i partiti pensano principalmente a questo e non lo hanno fatto governare, lo hanno comunque e sempre assecondato quando si trattato di evitare i processi, di sgravarsi le tasse e via dicendo. Senza entrare nel merito di questi propositi riformistici perch essi sono del tutto irrilevanti ai fini della mia trattazione faccio notare che egli comunque ne disponeva e non ha potuto realizzarli perch i suoi stessi alleati non l'opposizione non glielo hanno permesso, permettendogli invece di curare i propri affari egregiamente. A prescindere da quali fossero queste riforme, per Berlusconi erano indispensabili per consentirgli di governare. Per lui le riforme costituzionali non erano una cosa tra le altre nel suo programma, bens la cosa che avrebbe consentito la realizzazione di tutte le altre. Senza le riforme istituzionali, Berlusconi non avrebbe mai potuto governare. D'altra parte, egli era sceso in campo proprio con lo scopo di fondare la IIRepubblica e gli elettori del 1994 lo avevano votato perch sembrava una persona credibile (all'epoca) in quanto outsider. Senza le riforme e la fondazione della IIRepubblica, Berlusconi diventato un soggetto politico ingombrante ed imbarazzante. La pretesa di un leader politico di fondare un nuovo ordine istituzionale non inconsueta, giacch non pochi sono stati i grandi personaggi del passato che hanno subordinato la loro presa del potere alla possibilit di riscrivere la costituzione, poich senza tale atto politico pensavano che non sarebbero stati nelle condizioni di realizzare l'epocale cambiamento che dicevano di poter arrecare. Fra questi personaggi vi sono stati, tra gli altri, Napoleone Bonaparte e Charles De Gaulle. Sfortunatamente per lui (e molti diranno fortunatamente per noi), Berlusconi non ha mai avuto lo stesso spessore di questi due eroi francesi. In conseguenza di tutto ci, si capisce perch egli ebbe la necessit di trovare un modo equivoco per scaricare Fini e Casini e sottrarne gli elettori. Il PDL nacque come una forma di ricatto, un'iniziativa del tutto personale con cui egli disse: O con me o contro di me! A tale ricatto l'UDC e Casini non abboccarono; AN e Fini invece lo fecero. In verit, Fini sapeva benissimo quali fossero gli scopi di Berlusconi; tuttavia, egli non aveva altra scelta perch un partito di destra, se non si allea con quello di centrodestra pi contiguo, rimane

emarginato e confinato all'opposizione. AN non poteva ritornare nel ghetto dell'estrema destra in cui era rimasto per cinquantanni sotto le forme del MSI. Per poter ambire al governo (e alla
Presidenza della Repubblica, ma diciamolo sottovoce), AN e Fini erano costretti a seguire Berlusconi.

La posizione di Casini era pi comoda, giacch egli avrebbe potuto anche allearsi col PD o costituirsi come Terzo Polo. Da politico astuto e col compito facilitato e le possibilit migliori in quanto collocato al centro, per un periodo Casini ha addirittura provato a sfruttare le difficolt di Fini con l'idea del Partito della Nazione. Vi immaginate voi un politico democristiano fondare un Partito della Nazione? L'Italia non ha mai avuto un tale partito nemmeno ai tempi di D'Annunzio; che lo facesse un democristiano come Casini mi sembrato piuttosto strano. La stranezza, tuttavia, solo un'apparenza dovuta alla non conoscenza degli intenti altrui. Con l'operazione Partito della Nazione, Casini stava cercando di succhiare a propria volta l'elettorato conservatore cattolico di AN, disorientato e a disagio nel PDL. Non un caso che questo riferimento forte alla tradizione sia cessato quanto Fini venuto fuori dal PDL per riunirsi a Casini in quello che oramai l'indefinito Terzo Polo. In termini estremamente semplici, l'equivoco di fondo del PDL il seguente: come poteva Fini pensare di fondare il partito unico di centrodestra su di un piano di parit con Berlusconi? Davvero Fini poteva pensare di essere considerato da Berlusconi un co-fondatore del partito e, dunque, un suo pari? Berlusconi sapeva benissimo che Fini non aveva altra scelta che aderire, pena la sua sparizione politica, e su questa convinzione si altamente disinteressato del suo alleato, pensando di averlo infine comprato concedendogli la carica di Presidente della Camera. La rivolta di Fini ha, per, palesato questo equivoco e ha definitivamente segnato le sorti del PDL, quale ulteriore esperienza fallimentare della politica italiana. Lasciando le dotte ciarle sul partito televisivo e aziendale agli ideologisti e limitandomi a dire che le loro argomentazioni sono ferme all'anno del Signore 1994, esprimo il parere che il PDL stato concepito come un partito di notabili. Berlusconi non ha mai gradito la stessa dizione di partito, avendo sempre preferito l'espressione movimento per indicare Forza Italia e quella di popolo per riferirsi a quell'accozzaglia amorfa che il PDL, dove popolo un chiaro riferimento al Rassemblement di Charles De Gaulle (d'altra parte, nota la passione di Berlusconi per la Francia). Per partito di notabili s'intende la sostituzione della struttura burocratica del partito di massa, con una capillare e diffusa rete di persone importanti sul territorio nazionale. Questi notabili si comportano come dei veri e propri grandi elettori (o meglio, sono io a preferire di chiamarli cos) e non sono altro che in termini terra-terra coloro che cercano voti e che portano i candidati

(come si usa dire in Sicilia). I notabili, inoltre, si caratterizzano per la loro estrazione sociale, che sempre ragguardevole e che li fa apparire quali persone importanti nel paese o in un ambiente professionale. La struttura di notabilato tipica dei partiti liberali e dei partiti cattolici, specie quando essi sono divisi in correnti costantemente in competizione, come fu la Democrazia Cristiana. Molti di questi notabili svolgono libere professioni o lavoro dipendente nelle pubbliche amministrazioni. In quest'ultimo caso, essi sono spesso dei falsi pubblici dipendenti, poich vengono impiegati nel settore pubblico affinch ricevano la retribuzione che il partito non pu loro garantire in assenza della struttura burocratica dei partiti di massa ( il PCI, per esempio, stipendiava funzionari di partito,
giornalisti, scrittori e altri perch aveva un apparato enorme e forniva la possibilit a queste persone di fare costantemente propaganda politica senza doversi preoccupare di cercarsi un lavoro. D'altra parte, erano rivoluzionari di professione. E non sto scherzando) mentre, in verit, non fanno altro che vivere di

politica nel modo pi pratico possibile: ossia, facendosi i voti distribuendo prestazioni previdenziali non dovute come le pensioni d'invalidit (o dovute, ma fatte apparire come un risultato che non si sarebbe potuto ottenere senza il loro sforzo e interessamento) ovvero disbrigando le pratiche burocratiche di anziani e semianalfabeti (e ce ne sono tanti) oppure andando a parlare all'Onorevole o al Vescovo di turno per far sistemare i figli. Esprimendomi nei termini che ho introdotto nei miei precedenti articoli, posso indicare i notabili nella lite tradizionale di potere. A questo punto, qualcuno potrebbe argomentare che anche i partiti di sinistra cercano voti in questo modo e che, dunque, non ci sarebbe alcuna distinzione tra un partito di notabili ed un partito di sinistra. La mia ribattuta che, per quanto riguarda il Partito Democratico, questo l'ennesima dimostrazione dell'opinione espressa nel precedente articolo, secondo cui il Partito Democratico non deve essere affatto considerato un partito di sinistra. Inoltre, tenendo conto che un'altra caratteristica dei partiti di notabili di non possedere un'ideologia ed essere costituiti da persone praticone che cercano di mettere a posto le cose senza dover rivoluzionare il mondo perch il mondo va bene cos com' e necessita solo di qualche aggiustamento individuale per consentire a tutti di vivere in qualche modo questi partiti non hanno alcun particolare afflato e vengono votati perch utile farlo, bench gli elettori non ne abbiano nemmeno un grande entusiasmo. In questo senso, i partiti veramente di sinistra non sono a struttura di notabilato, bench possano egualmente distribuire prebende a scopi elettorali.

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