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Il teatro sociale

1. Definizione Il teatro sociale si occupa dell'espressione, della formazione e dell'interazione di persone, gruppi e comunit, attraverso attivit performative che includono i diversi generi teatrali, il gioco, la festa, il rito, lo sport, il ballo, gli eventi e le manifestazioni culturali. Il teatro sociale si differenzia dall'animazione sociale1 e teatrale, pi decisamente orientata alla drammaturgia di comunit, per il primato che assegna alla formazione degli individui Si distingue dal teatro d'arte, commerciale o d'avanguardia, perch non ha come finalit primaria il prodotto estetico, bens le pubbliche e private relazioni. L'altro confine del teatro sociale la teatroterapia, le diverse tecniche espressive di psicologi e psicoanalisti utilizzate per risolvere i problemi interiori e relazionali di individui o di piccoli gruppi2. I confini tra questi tre aree teatriche sono in realt molto fluidi e non difficile trovare casi di teatro d'arte promotore di interventi e progetti sociali, o idee estetiche notevoli negli spettacoli e nei laboratori di terapia teatrale e nelle performance della drammaturgia di comunit. Il teatro sociale parte dell'etica antropologica i cui punti forti sono la costruzione sociale della persona, la dinamica delle relazioni interpersonali e le comprensioni intersoggettive, la struttura delle comunit e delle forme sociali di piccola scala3; si propone quindi come azione o liturgia delle comunit, minacciate di estinzione dall'omogeneizzazione e personalizzazione della cultura da parte della societ mediale, e come ricerca del benessere psicofisico dei membri di qualsiasi comunit attraverso l'individuazione di pratiche comunicative, espressive e relazionali, capaci di attenuare almeno il malessere e lo stress individuale e sociale tipico della civilt occidentale, cos come vengono descritti dall'antropologo Stanley Tambiah:
alto tasso di divorzi, rottura delle famiglie, aumento del numero dei bambini figli di genitori separati o di famiglie con un solo genitore, grande emergenza di furti e omicidi - tutte azioni violente che riflettono, tra l'altro, una relativa deprivazione in un'atmosfera di ricchezza. E ancora, frequenti stupri che tradiscono un intenso isolamento nel mezzo di un'umanit brulicante, antagonismo razziale, e aggressione contro le donne in un'epoca di avanzamento del femminismo; rivolte spasmodiche e violente in un terreno di diversit etnica, intolleranza e discriminazione; un diffuso abuso di droghe e alcolismo, non solo tra gli adulti ma anche tra un agghiacciante numero di adolescenti, che prendono il salto generazionale e il conflitto come la realt della vita. L'alta incidenza di depressione mentale, di ulcere gastriche, attacchi coronarici e disturbi di fegato non possono essere separati dalle tensioni e dalle pressioni del contesto sociale pi ampio4.

Claudio Bernardi

Non facile dire cosa tiene insieme uno stato, una comunit, un gruppo. Anche il ragionevole e illuministico contratto sociale alla prova dei fatti dimostra che occorre il sacro o una religione laica, come il culto della nazione o un'utopia politica o la dea Ragione, per impedire la disgregazione sociale, la lotta fratricida e gli insanabili conflitti di interesse tra i membri di uno stesso stato. Non per nulla fin dalla fondazione del mondo il potere politico e religioso sono strettamente uniti. L'eccezione pi vistosa costituita dalla storia occidentale, in cui i due poteri sono entrati in
1 O Sull'animazione socio-culturale si veda la recente sistemazione teorica di G. CNTESSA, L'animazione. Manuale per animatori professionali o volontari, Milano, Citt Studi, 1996. 2 Per una sintetica conoscenza dell'argomento cfr. L. CNTARELLI, Teatro e terapia. Modelli, problemi, prospettive, in A C. BERNARDI, L. CANTARELLI (a cura di), Emozioni. Riti teatrali nelle situazioni di margine, Cremona, Provincia di Cremona, 1995 (Quaderni dell'Ufficio di Promozione Educativa e Culturale 2), pp. 93-109. 3 S. J.TAMBIAH,Culture, Thought, and Social Action. An Anthropological Perspective, Cambridge [Mass.], Harvard University Press, 1985, tr. it. Rituali e cultura, Bologna, Il Mulino, 1995, p. 397. 4 Ibi, p. 391.

conflitto con l'avvento del monoteismo ebraico e cristiano. Nonostante i mille tentativi del potere politico di assorbire la religione cristiana, la cui affermazione della libert di coscienza ha reso di fatto impossibile il controllo del cittadino (del suo pensiero, del suo spirito), o di costituirsi esso stesso, laicamente, come religione (della ragione, della oggettivit scientifica, della scienza, della tecnica), il cammino dell'Occidente segnato dal disincanto e dalla demitizzazione, in altre parole dalla negazione di un orizzonte certo di verit. Ren Girard ha spiegato le ragioni di questo processo di desacralizzazione, dimostrando la stretta connessione tra violenza (legittima, perch quella del potere politico-religioso) e sacro5. Ci che tiene insieme gli uomini il sacrificio, un capro espiatorio, un individuo o un gruppo ritenuto la causa dei mali sociali che viene periodicamente eliminato. Che la vittima umana sia poi sostituita da un animale o da offerte agli dei meno cruente, o che l'invenzione di un nemico da combattere sia un cemento dei popoli da lunga data, non cambia la conclusione che l'alleanza tra politica e religione intrisa di violenza e inondata di sangue. Per far cessare il continuo sterminio dell'umanit, Cristo istituisce il regno dell'amore e della non-violenza, uccidendo Dio sulla croce, uccidendo cio la Potenza, la Verit, il Sacro, la Violenza, ovvero qualsiasi certezza culturale attraverso la quale si condizionano le persone e si legittima l'eliminazione, il controllo e la sottomissione degli altri. Nella prospettiva cristiana la morte di Dio, del sacro e della verit, costituisce la carta costituzionale della libert dell'uomo, il cui rapporto col divino diventa diretto, interiore, inaccessibile al giudizio umano. Al cristianesimo si deve dunque imputare la fondazione radicale dell'individualismo, la delegittimazione di qualsiasi potere politico sacrale, la riduzione del rito a comportamento ipocrita e il cambiamento del modo di fare comunit, non pi attraverso il sacrificio e la tradizione, ma attraverso la donazione e l'invenzione di cose nuove. Le comunit antiche vivevano infatti sotto il segno della violenza sacra o almeno della coazione e dell'obbligatoriet. Il cristianesimo come movimento di affermazione della libert e di liberazione della storia ha cercato - nelle culture che riuscito ad influenzare - di trasformare gradualmente tutti i poteri, tutte le religioni, tutti i vincoli che tenevano prigionieri gli uomini, proponendo non pi relazioni fondate sul sangue e sulle vittime, ma sul pane condiviso e il vino, ovvero la carit, che una espressione d'amore molto pi disinteressata dell'erotismo in quanto estende la fraternit a tutti gli uomini, anche verso quelli per i quali non si ha alcun tipo di attrazione (e quindi si ricade nella tentazione di farli fuori). In termini molto semplici si pu dire che nelle relazioni umane la forza ha ceduto il posto alla seduzione. La cultura da maschile diventata femminile6. Anche se non si accetta il cristianesimo come promotore della distinzione tra sacro e profano e come religione della uguaglianza, libert e fraternit, si pu concordare sul fatto che l'Occidente si caratterizza per la cultura liberale e libertaria, oppone in altre parole il comportamento individuale al comportamento collettivo, quest'ultimo contrassegnato dall'omogeneit, dalla visibilit, dalla coazione dell'obbligo sociale, dal controllo pubblico, dalla presenza in definitiva dell'identit tra religione e politica7. Un esempio emblematico e recente del conflitto antropologico che sto cercando di delineare rappresentato dalla Turchia, uno stato diventato laico senza cristianesimo alle spalle. Come noto, nel 1923, Mustaf Kemal Atartuk impose una rivoluzione laica al paese, introducendo l'alfabeto latino, la legislazione occidentale, la domenica festiva, la laicizzazione dello stato e delle scuole.
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Cfr. R. GIRARD, La Violence et le sacr, Paris, Grasset, 1972, tr. it. La violenza e il sacro, Milano, Adelphi, 1980 e ID., Des choses caches depuis la fondation du monde, Paris, Grasset & Fasquelle, 1978, tr. it. Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo, Milano, Adelphi, 1983 (seconda edizione 1996). 6 Per maggiori approfondimenti sull'argomento cfr. C. BRNARDI, Corpus hominis. Riti di violenza, teatri di pace, E Milano, Euresis, 1996. 7 Interessante campo di riscontro la diffusione della democrazia nel mondo, che incontra molti ostacoli nei paesi di cultura confuciana o islamica, religioni notoriamente ostili alla separazione fra sacro e profano. Sull'argomento cfr. S. P. HUNTIGTON, The Third Wawe. Democratization in the Late Twentieth Century, Norman, University of Oklahoma Press, 1993, tr. it. La terza ondata. I processi di democratizzazione alla fine del XX secolo, Bologna, Il Mulino, 1995, in particolare le pp. 311-323.

Con la vittoria alle elezioni del 1996 del Refah, il partito islamico, si fatto evidente il mutamento dei costumi: sono aumentate enormemente le donne velate dal chador, ma anche le barbe islamiche degli uomini. Le scuole religiose, un tempo quasi inesistenti, sono cresciute in modo impressionante. Il digiuno del Ramadan, quasi dimenticato negli anni laici della Turchia, osservato ora dalla gran parte della popolazione. Le moschee fino a poco tempo fa semi-deserte vengono oggi prese d'assalto. La classe dirigente occidentale vive isolata, confidando sulla fedelt dell'esercito al credo laico di Atartuk. Finisce sulle prime pagine dei giornali la lite tra il capo di Stato Maggiore dell'esercito e il premier islamico per l'assenza di alcol ad un party del primo ministro. Gli intellettuali quando devono fare dichiarazioni alla stampa chiedono l'anonimato. I rettori dell'Universit temono l'abolizione delle discipline occidentali, come la pittura e la scultura, vietate dal Corano perch considerate una usurpazione della qualit della creazione, opera solo di Allah. Le donne occidentali non escono di sera. Se non sono velate, per strada vengono ricoperte di insulti volgari accompagnati da gesti sconci. I venditori delle concessionarie non vendono auto alle donne. Gli autobus extraurbani hanno uno scomparto per gli uomini e uno per le donne. All'immagine vuota delle televisioni commerciali piene di scempiaggini, volgarit e donnine nude, gli islamici oppongono una televisione seria, con donne completamente velate, in cui vengono discussi temi collettivi che ridanno una speranza di riscatto e una forte identit ai milioni di poveri e poverissimi non occidentalizzati8. In Turchia ritornato in testa a tutto il principio del Kismet, che significa Fato, in senso religioso. I turchi mettono il kismet in ogni frase, ed il perfetto opposto di libero arbitrio. Siccome il kismet deciso da Allah inutile o addirittura diabolico opporvisi. Se sono nata donna il mio kismet, se sono nato povero il mio kismet, se muore un figlio si dice: Kismet! Allah te lo ha dato, Allah te lo toglie. Questa filosofia passiva per scelta, segue il suo 9. destino, domani potrebbe accettare di morire per l'Islam 2. Performance rituali e culturali La rivolta dell'Islam contro l'Occidente, non solo in Turchia, in gran parte motivato dalla distruzione della collettivit, da ci che Charles Taylor ha definito il disagio della modernit, articolato in tre principali problemi. Il primo che l'individualismo spinto appiattisce e restringe il 10 senso della vita ad un anormale e deplorevole assorbimento in s medesimo dell'individuo , privo di orizzonti d'azione sociali e cosmici, senza alti scopi e imperativi etici. Il secondo il primato della ragione strumentale, che calcola il migliore rapporto costi-prodotto, per cui la vita delle persone, le scelte sociali o le iniziative per la salvaguardia dell'ambiente diventano calcoli grotteschi. L'analisi dei costi-benefici cela la perdita dei fini ideali di una societ e minaccia la libert dei cittadini11. La caduta del livello politico e comunitario il terzo guaio della modernit.
Una societ in cui gli esseri umani si riducono nella condizione di individui rinchiusi nei loro cuori una societ in cui pochi vorranno partecipare attivamente all'autogoverno. La maggioranza preferir starsene a casa e godersi le soddisfazioni della vita privata (...). Ci fa emergere il pericolo di una forma di dispotismo nuova, specificamente moderna, che Tocqueville chiama dispotismo morbido (...). Il governo sar mite e paternalistico. Potr perfino conservare le forme democratiche, con elezioni periodiche. Ma di fatto ogni cosa sar governata da un potere immenso e tutelare, su cui gli uomini avranno ben scarso controllo. Secondo Tocqueville, l'unica difesa una vigorosa cultura

Le notizie sono tratte dal dossier curato da A. GIORDANO, Stregati dall'Islam, Il Venerd suppl. de la Repubblica, 13 settembre 1996, pp. 65-78. 9 Ibi, p. 76. Altro esempio attuale di conflitto tra laicit e religione quello dell'Algeria, per il quale cfr. E. H. CERIF, H Algerie.La modernit enjeux en jeu, tr. it. Integralismo e modernit. Il caso dell'Algeria, Roma, Edizioni Lavoro, 1995. 10 C. TAYLOR, The Malaise of Modernity, Canadian Broadcasting Corporation, 1991, tr. it. Il disagio della modernit, Roma-Bari, Laterza, 1994, p. 7. 11 Ibi, pp. 7-11.

politica che attribuisca un alto valore alla partecipazione (a una molteplicit di livelli) alla struttura di governo, e anche 12. alle associazioni volontarie. Ma l'atomismo dell'individuo assorbito in s medesimo milita contro quest'ipotesi

Se da una parte la forza coesiva dello Stato-Chiesa sacrifica l'individuo, dall'altra la frammentazione dell'individualismo occidentale sacrifica la comunit e la solidariet sociale. Il nostro problema dunque costruire comunit, ma non con la coazione delle societ sacre. Resta il fatto che sono i riti e i miti, il pensiero e l'azione simbolici che realizzano e costruiscono la compagine sociale e politica. Il rito infatti il linguaggio della societ. Non si pu uscire dal rito e dal rituale. La differenza tra cultura occidentale e non sta quindi nel tipo di performativit rituale. I riti occidentali devono essere riti di libert. Anche l'adesione ad una religione non pu essere imposta, ma deve essere una scelta. Le forme di aggregazione e di socializzazione non sono date, ma devono essere inventate, costruite, sottoposte alla verifica del consenso. E' in questa prospettiva che si comprende la funzione modellizzante dello spettacolo nella comunicazione pubblica della societ contemporanea. Finiti i grandi racconti, crollate le ultime ideologie che proponevano l'ultimo modello totalitario di vita collettiva, l'unit tra le persone, i gruppi, le nazioni si ottiene attraverso performance spettacolari, siano esse gare sportive, concerti, manifestazioni, feste, convenzioni democratiche, in cui viene comunque garantita libert di scelta e di accesso. I valori oggi sono incerti, la verit drammatica, nel senso che appare in molte vesti e si deve decidere quale scegliere e quale praticare. Il comportamento quotidiano che illustra perfettamente la differenza tra stile collettivo di vita e stile individuale la moda. Come ha osservato Lipovetsky13, proprio in Occidente che nasce e si sviluppa la moda, la libert di vestirsi sconosciuta in altri tempi, in altre societ e in altri luoghi, caratterizzati invece da una permanenza di lunga data e da una codificazione rigida dei vestiti. Victor Turner ha coniato i termini liminale e liminoide per indicare con il primo i riti collettivi e obbligatori delle societ preindustriali e con il secondo le attivit individuali e opzionali del tempo libero delle societ moderne14. Vale per i riti quello che vale per i vestiti. Non conta pi la tradizione, ma l'innovazione. La libert vince sulla regola. L'individuo sul gruppo. Per questi motivi il rito pi importante del nostro tempo lo spettacolo, in quanto azione sociale, opzionale, libera, ludica e non violenta. Rispetto al passato, cambia tuttavia il tipo di spettacolo che non pi da vedere, ma da fare. Victor Turner osserva che la svolta dal moderno al postmoderno implica la processualizzazione dello spazio, la sua temporalizzazione, in quanto opposta alla spazializzazione 15 del processo o del tempo che (...) era l'essenza del moderno . Se la visione prospettica costituiva l'azione moderna della razionalizzazione o conoscenza precisa, matematica, ma statica del mondo, la performance,
considerata come comportamento linguistico, presentazione di s nella vita quotidiana, dramma scenico o dramma sociale oggi al centro dell'osservazione e dell'attenzione ermeneutica. La teoria postmoderna vede proprio nelle incrinature, nelle esitazioni, nei fattori personali, nelle componenti delle performance incomplete, ellittiche, dipendenti dal contesto, situazionali, gli indizi della vera natura del processo umano e ritiene che la novit genuina e la creativit

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Ibi, pp. 12-13. Cfr. G. LIPOVETSKY, L'empire de l'phmre. La mode et son destin dans les socits modernes, Paris, Gallimard, 1987, tr. it. L'impero dell'effimero. La moda nelle societ moderne , Milano, Garzanti, 1989. 14 V. TURNER, From Ritual to Theatre. The Human Seriousness of Play, New York, Performing Arts Journal Publications, 1982, tr. it. Dal rito al teatro, Bologna, Il Mulino, 1986, p. 84: Il fenomeno liminoide pervaso di volere, quello liminale di dovere. L'uno fatto tutto di gioco e di scelta, divertimento, l'altro una faccenda terribilmente seria, addirittura minacciosa, tassativo, obbligatorio. 15 V. TURNER, The Anthropology of Performance, New York, Performing Arts Journal Publications, 1986, tr. it. Antropologia della performance, Bologna, Il Mulino, 1993, p. 151.

emergano dalla libert della situazione di performance, da ci che Durkheim (...) ha chiamato effervescenza sociale, esemplificata per lui nella produzione di nuovi simboli e significati da parte delle azioni pubbliche16.

Come avverte Richard Schechner, parlando del futuro del rituale, le quattro grandi sfere della performance - intrattenimento, terapia, formazione e ritualit - sono strettamente correlate. La performance la pratica comunicativa che attraversa la politica, la medicina, la religione, la cultura popolare e le interazioni quotidiane tra persone. La fluidit delle aree interessa anche le arti e le discipline accademiche. I confini non sono pi rigidi. Generi un tempo rigorosamente distinti come la musica, il teatro, la danza sono mescolati e correlati in un modo assolutamente impensabile qualche anno fa. Queste interazioni tra arti, saperi, pratiche e stili di vita sono il segno di un grande sommovimento culturale in atto nel mondo e l'indicazione di un metodo interculturale per costruire pacificamente e in modo non violento rapporti tra religioni, comunit e persone diverse17.

3. Un caso di teatro sociale Per capire concretamente cos' il teatro sociale, descriviamo brevemente il progetto della provincia di Cremona. Dal 1987 l'amministrazione provinciale di Cremona ha sviluppato la propria politica culturale in due direzioni: la prima era finalizzata alla valorizzazione e conoscenza del patrimonio culturale cremonese, attraverso la creazione e sostegno di spazi e sedi per la cultura, l'istruzione e lo spettacolo nonch l'organizzazione di eventi di rilievo nazionale ed internazionale (come le mostre di pittura dedicate alle sorelle Anguissola o al Manfredi, le celebrazioni per Stradivari, Monteverdi, il rilancio del Teatro Ponchielli di Cremona, l'istituzione del Sistema Teatrale Cremonese, ecc.) (cultura elitaria). La seconda era rivolta alla formazione di una cultura di base, intesa come allargamento del diritto all'espressione e come costruzione di un territorio simbolico, di linguaggi, di riti, di feste, in cui ad ognuno fosse offerta la possibilit di sentirsi incluso, e non emarginato, e si costituissero nuovi modi di essere della comunit (cultura popolare o democratica). Mentre nel campo della cultura elitaria le procedure di intervento erano collaudate, nella cultura di base emergeva subito il problema di inventarsi una politica culturale e nuovi metodi di lavoro in quanto non si trattava di mettere le luci su un monumento, ma di costruire da zero un paesaggio, alternativo da una parte alla cultura dei mass-media, dall'altra aggiornato nei confronti dei valori della civilt tradizionale (contadina e borghese) spazzata via in poco tempo dalla societ di massa. L'era elettronica non ha messo in crisi solo la comunit tradizionale e i suoi modi di comunicare. Oggi il problema riguarda anche qualsiasi apparato istituzionale che fonda il proprio potere sul territorio, sui vincoli di spazio e di gruppi residenti. Nell'era della comunicazione in tempo reale con qualsiasi punto della terra, il paese, la citt e la provincia contano sempre meno per la vita dell'individuo, e lo stesso destino subiscono la patria e lo stato. Se il vincolo comunitario non pi lo spazio, ma il tempo, l'interazione con gli altri non un obbligo, ma una scelta. Ci significa - per un ente come la provincia - che mentre prima la comunit provinciale in qualche modo aveva senso per la contiguit geografica dei centri di produzione e di scambio, oggi tale comunit non ha pi senso o se lo ha perch questo senso viene inventato. L'ente pubblico, in altre parole, si sforza di offrire opportunit e vantaggi per l'individuo e le diverse comunit locali non reperibili altrove o altrimenti.
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Ibi, pp 152-153. Cfr. R. SCHECHNER, The Future of Ritual. Writings on Culture and Performance, London and New York, Routledge, 1993, pp. 20-21.

Stabilito l'obiettivo, l'invenzione della comunit, l'amministrazione provinciale cremonese passata a stabilire le tappe del lungo cammino. La scelta di privilegiare il segmento adolescenziale e giovanile era strategica per diversi motivi: - i giovani sono i primi diffusori e interpreti delle mode comunicative e delle novit culturali, gli antiprovinciali per eccellenza; - denunciano le cose che non vanno nella cultura della scuola e degli adulti; - ma accanto alla contestazione cercano modelli di vita e forme di comunicazione autentiche; - non hanno il complesso del passato (si stava meglio quando si stava peggio) - possono inventare e diventare i protagonisti della nuova cultura di base. Il lavoro della provincia incominciato nelle scuole superiori, proponendo, a piccoli livelli, laboratori teatrali, con l'intento di dare spazio e voce ai progetti e alle idee dei giovani, e, a grandi livelli, il Mast (Mostra Arte Spettacolo Tecnica: una periodo di manifestazioni dei giovani e per i giovani, nel 1988 durato 10 giorni alla Fiera di Cremona e un mese nel 1990 in diversi luoghi della citt e provincia). Le numerose scoperte del primo triennio di lavoro culturale confermavano la correttezza delle analisi e l'urgenza di risolvere una serie di problemi. Il primo era quello del disagio giovanile, in gran parte determinato proprio dalle istituzioni - come la scuola o i comuni - ancorate a un modello antiquato di risposta ai bisogni dei giovani (osservatori, studi, parole e convegni sui misfatti, invece di spazi, tempi, modi, persone per agire). Il secondo era quello della formazione. Una cultura nuova ha bisogno di nuove professionalit, nuovi strumenti, nuovi metodi. Il terzo evidenziava la necessit di lavorare in modo coordinato nei tre settori della vita sociale: la sfera pubblica (scuole, comuni, sanit, enti pubblici), la sfera privata della realizzazione personale (lavoro, affetti, tempo libero), la sfera opzionale o del volontariato (gruppi formali ed informali, associazioni culturali e sportive, bande musicali, oratori, ecc.). 3.1 Scuole L'arrivo dei progetti Giovani e progetti salute nelle scuole superiori permise, a partire dal '90, di avere dalle scuole quello che era delle scuole: la promozione di attivit di benessere per gli studenti governate e progettate da docenti e studenti. La Provincia poteva cos dirottare parte dei finanziamenti e degli operatori culturali nel campo extrascolastico. Partita con un solo laboratorio teatrale nelle scuole superiori (il liceo classico di Casalmaggiore), oggi la Provincia registra la diffusione di atttivit molteplici (teatrali e non) in quasi tutte le scuole superiori, con notevoli cambiamenti mentali e organizzativi all'interno della dirigenza scolastica, dei docenti e degli studenti18. 3.2 Disagio Nel settore del disagio giovanile si partiti nel 1991 con una riflessione progettuale sul problema, il convegno Altre Visioni19, e con l'organizzazione di un biennio di formazione per operatori teatrali, educatori e volontari a contatto con il mondo del disagio, giovanile e non (centri di igiene mentale,
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Per una parziale documentazione del teatro nelle scuole e dei progetti giovani nelle superiori presenti nella provincia di Cremona, si veda il quaderno curato da N. ARRIGONI (a cura di), Veglie d'invernoCremona, Provincia di Cremona, , 1995 (Quaderni dell'Ufficio di Promozione Educativa e Culturale 1), e D. (a cura di), Bancoscenico. Dieci anni di I Teatro-Scuola nella provincia di Cremona, Cremona, Provincia di Cremona, 1996 (Quaderni dell'Ufficio di Promozione Educativa e Culturale 4) . 19 Cfr. AA. VV., Altre visioni. Percorsi espressivi nei luoghi del disagio, Atti del Convegno di Cremona, 24 maggio 1991, [s.l., s. e., s. d., ma Cremona, Provincia di Cremona, 1992].

comunit di recupero per tossici, alcolisti, detenuti, anziani ricoverati in ospizi, handicappati ecc.). La formazione, curata dallo psicologo Giulio Nava secondo innovativi criteri di intervento (denominato poi teatro degli affetti), prevedeva l'addestramento teorico e pratico per il primo anno, il tirocinio nel secondo anno, la supervisione continua e costante del lavoro nel periodo successivo. 3.3 Malati psichici. Un secondo ambito di formazione e sperimentazione si avuto con il progetto l'Accademia della Follia, curata dalla cooperativa teatrale Velemir di Trieste (che si ispira al lavoro con i malati psichici di Franco Basaglia). In accordo con le USL di Cremona, Crema e Casalmaggiore si tenuto dapprima un corso di aggiornamento sulla comunicazione teatrale per infermieri ed educatori sanitari dei centri di igiene mentale. Dal corso sono poi emersi due progetti distinti - a Crema e Cremona - di laboratori teatrali con malati psichici. Gli obiettivi del progetto non erano quelli di aggiungere alle altre una nuova attivit, terapeutica o meno, ma quella di trovare uno strumento di invenzione, sperimentazione e verifica non tanto di una terapia, ma di una diversa comunicazione interna, un modo insomma per migliorare la vita dei degenti, ma anche il lavoro degli operatori, le gratificazioni dei dottori, i rapporti con i familiari e l'ambiente dei normali. 3.4 Carcere. Molto pi difficile ed ostico, per la particolare rilevanza simbolica giustizialista che ha presso l'opinione pubblica la detenzione, risultato il lavoro in carcere, sia per il laboratorio teatrale, testa di ponte per l'interazione tra esterno ed interno, sia per il Comitato Citt e Carcere che si propone il riscatto umano e il reinserimento sociale dei detenuti. A parte i motivi di ordine umanitario, il lavoro in carcere di rilevante importanza per la serie di indicazioni sulle problematiche giovanili che vengono offerte, ma soprattutto per la verifica della capacit di suscitare nei detenuti azioni costruttive e non pi distruttive non solo da parte dei laboratori teatrali, ma dall'insieme delle attivit proposte. Molto lontano , attualmente, il sogno di vedere diminuire il divario numerico tra addetti alla sorveglianza del detenuto e addetti al cambiamento degli irrecuperabili. 3.5 Anziani. Handicap. Comunit di recupero. Indirettamente seguita dalla Provincia la sperimentazione di attivit di animazione in alcuni ospizi per anziani, affidati alla Cooperativa. Altana di Cremona. La supervisione del progetto infatti del dott. Nava il cui modello di formazione e intervento stato adottato dalla Provincia. Analogo rapporto indiretto si stabilito con il Gruppo H (handicap) che raccoglie docenti e operatori per disabili che frequentano le scuole dell'obbligo. La Provincia invece responsabile di un progetto per svantaggiati in un Centro di recupero e formazione di Casalmaggiore. Coordinatore del progetto Roberto Mazzini che con le metodiche del Teatro dell'Oppresso di Augusto Boal si propone soprattutto di modificare gli atteggiamenti negativi e i pregiudizi dell'ambiente. Altre esperienze sono state portate a termine presso comunit di recupero, con risultati confortanti, ma che devono essere continuate fino a che gli interni dei diversi istituti e comunit non abbiano acquisito le tecniche e i metodi da utilizzare nella vita quotidiana20.

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Per maggiori dettagli sui diversi ambiti trattati si rimanda alle relazioni del convegno tenutosi a Cremona il 31 maggio l995, come conclusione, discussione e verifica del lavoro svolto dalla Provincia dopo il Convegno del 1991, in C. BERNARDI, L. CANTARELLI (a cura di), Emozioni. Riti teatrali nelle situazioni di margine, cit.

3.6 Volontariato. Giunta alla quinta edizione la festa del volontariato raccoglie dalle 150 alle 200 associazioni di volontari presenti nel territorio cremonese. La festa, nata in collaborazione con il Forum delle associazioni del Comune di Cremona, aveva come obiettivo il contatto, l'organizzazione, la crescita e l'espansione del settore no-profit. E' questo il settore che, secondo gli esperti, avr uno sviluppo enorme nei prossimi anni in relazione ad una contrazione generalizzata del tempo produttivo (il lavoro) e la liberazione del surplus di tempo per altre attivit ed il ridimensionamento dell'assistenza pubblica. L'attenzione verso il mondo del volontariato deriva dal fatto che sono esse a costituire la rete di rapporti tra persone non istituzionali. Il mondo dell'associazionismo ha caratteristiche particolari, differenti e non riducibili a quelle dell'ente pubblico n tanto meno a quelle del settore privato. Si tratta infatti di una combinazione di pubblico e privato, in cui l'autorealizzazione si coniuga con la solidariet ed un alto senso civico. I difetti dell'associazionismo sono per molteplici: spesso i gruppi non vanno d'accordo, la continuit dell'intervento precaria per il fatto che si tratta di organizzazioni piccole e fragili che non riescono a garantire fondi, personale, strutture. Le associazioni inventano mille iniziative, ma non coordinate fra loro. L'intervento della Provincia stato quello di far dialogare, con il pretesto della festa, le diverse associazioni, ma soprattutto di organizzare il settore in associazione di associazioni e in servizi per gli associati, al fine di dare molta pi forza e coerenza all'insieme e potere infine, predisporre, in comune accordo, progetti annuali o pluriennali relativi ai problemi pi gravi o delicati dello scenario locale. Accanto all'organizzazione del sistema associativo (il terzo settore) sono stati organizzati, sempre con il Forum, corsi di formazione a problemi specifichi, incontri, trasmissioni televisive e radiofoniche, convegni, dibattiti, progetti speciali (come campi di lavoro, serate di beneficenza, corsi di tolleranza verso i nomadi, ecc.).

3.7 Extracomunitari. Pi che l'integrazione si cercato di sviluppare l'interazione tra il pensiero occidentale e le idee e gli usi di altri popoli, soprattutto attivando progetti con le rappresentanze pi forti presenti nel territorio (nigeriani, latino-americani, slavi ecc.), diffondendo e sostenendo i corsi di educazione alla mondialit, educazione alla pace (con la realizzazione di una ambasciata di pace in un piccolo paese della Bosnia), il commercio equo e solidale, e collaborando alle diverse campagne di aiuto e sensibilizzazione internazionali. Il quadro delineato non tutto quello che stato fatto e si fa nella provincia di Cremona, ma dovrebbe essere sufficiente a capire gli ambiti e le potenzialit del teatro sociale. Citt, province, regioni e stati in una societ postmoderna, dove cio i valori e i racconti istituzionali vengono picconati quotidianamente, non possono pi evitare il problema della edilizia culturale, l'investimento massiccio di risorse in ci che oggi garantisce la ricchezza economica, lo sviluppo, la formazione, la coesione comunitaria e il senso di solidariet, di un territorio, ovvero la cultura. Il cui manifesto si pu riassumere nei seguenti punti: - ognuno di noi cerca due cose contraddittorie, l'affermazione del s, il riconoscimento degli altri - ad ognuno devono essere offerte le possibilit e le opportunit per autorealizzarsi

- l'individualismo non va disgiunto dalla socialit e dalla solidariet. Le comunit per non esistono pi. Bisogna crearle. - individuo e comunit si affermano attraverso l'espressione di s e l'esercizio della responsabilit nei confronti di se stessi e degli altri21. La societ non un dire, ma un fare simbolico. Il rito pi efficace il teatro. Sociale, naturalmente.

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Sulla concezione negoziale o transazionale della prassi educativa e sociale cfr. J. BRUNER, Actual Minds, Possible Worlds, Cambridge (Mass.) - London, Harvard University Press, 1986, tr. it. La mente a pi dimensioni, Roma-Bari, Laterza, 1988.

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