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Mutazione nonsense: si può valutare con l’RNA o facendo un PTT anche se, in quest’ultimo caso,

non è detto che abbiamo il medesimo risultato poiché le condizioni in cui avviene la traduzione
sono diverse.
Mutazione silente: mutazione in terza base che non cambia codone. Tali mutazioni possono alterare
siti di splicing in regioni esoniche. Possono essere polimorfismi usati per fare analisi in linkage
( polimorfismi intragenici ).
Mutazioni missense: criterio indiretto è vedere se l’amminoacido che va incontro a sostituzione è
conservato in tutte le specie o se è conservato in tutte le isoforme. Si utilizza BLAST-P, usando
quindi direttamente la proteina e non l’acido nucleico.

Per allestire una RFLP bisogna vedere se c’è un sito di restrizione che è stato abolito o creato dalla
introduzione della mutazione. La condizione ottimale è che la mutazione crei un sito di restrizione
così si può dire quale è la base mutata.

Per fare l’ARMS bisogna dare l’oligonucleotide allele-specifico che può essere fatto o in forward o
in reverse ( si cerca l’oligo o più a valle o più a monte ). La base discriminante, la base che si vuole
interrogare, deve essere al 3’. Una volta trovato l’oligo, conviene poi introdurre un mismatch ( una
sostituzione ) in entrambi gli oligo, due o tre nucleotidi prima del 3’.
L’efficienza e la specificità di reazione devono essere verificate sperimentalmente.
E’ chiaro che per l’RFLP con un sito di restrizione interno, avrò l’oligo interno.
Per l’ARMS è sempre meglio avere un controllo interno di amplificazione nella stessa miscela di
PCR, per essere sicuri che l’amplificazione vada avanti in tutte le condizioni.

Lod score = log[ Lθ / L(0.5) ]

L= probabilità di linkage
θ= frazione di ricombinazione
L(0.5)= non linkage

Lod score=3  probabilità di 1000:1 che il marcatore sia in associazione con un determinato
fenotipo

Abbiamo valutato quali sono i tipi di informazione che si possono ottenere con le STR:
• Abbiamo considerato il gene della distrofina nel quale sono state trovate STR intrageniche,
ed abbiamo visto che con l’elettroforesi capillare su gel è facile fare l’analisi in un’unica
corsa elettroforetica anche di 15 diverse STR ( anche se sul lucido ce n’erano 12-13, ma
ultimamente se ne usano 15 )

• Abbiamo considerato il gene del fattore VIII e l’utilizzo contemporaneo di STR, RFLP e
VNTR per avere dei marcatori intragenici

• Abbiamo visto il caso dell’ipertermia maligna con marcatori che non sono intragenici ma
sono molto vicini al gene ( uno da un lato ed uno dall’altro lato del gene ), e se ne può
seguire la segregazione. Ciò può aiutarci ad impostare la diagnosi diretta, cioè la ricerca di
mutazioni in un determinato gene. Questa è una malattia ad elevata eterogeneità genetica.

• Utilizzando le STR si può fare la ricerca di nuovi loci genici in una famiglia, valutando la
segregazione di marcatori polimorfici per ogni cromosoma.
Per cercare un nuovo locus è essenziale partire da una famiglia grande, statisticamente significativa,
cioè una famiglia che ha un certo numero di individui tipizzati per la presenza o meno di una
malattia. Si calcola il lod score teorico massimo che si può raggiungere simulando la segregazione
del marcatore che sia eterozigote in tutti i soggetti ( il più possibile informativo ): se è superiore,
uguale o molto vicino a tre, si parte da STR localizzate ad esempio a 10 centiMorgan e se si trova
associazione con un marcatore si va ad indagare la regione più vicina.
Se il marcatore non è informativo ( se è omozigote ), si indagano marcatori che mappano un po’ più
a monte e un po’ più a valle di quella regione.
Questo permette di escludere o confermare se c’è associazione.

Si possono usare anche SNPs ( Single Nucleotide Polimorphysms ) che possono essere
polimorfismi o causativi di malattie ( di un fenotipo alterato ). Possono essere utilizzati come
marcatori intragenici per seguire la segregazione di malattie; o possono essere usati per studi di
farmacogenomica ( polimorfismi che non sono causativi di malattia e che sono molto frequenti;
conferiscono caratteristiche diverse al soggetto, come la predisposizione a malattie, insieme ad altri
fattori, o la risposta differenziale a farmaci ).

Come si valuta in automatico l’individuazione della frequenza di un determinato SNP nella


popolazione? Con il Minisequencing o Extension Primer

C 3’ T 3’

Ogni oligo indaga una posizione. L’acido nucleico analizzato si ibridizza perfettamente con una
sequenza; si sa che il soggetto è eterozigote; lo stesso oligo ibridizza entrambi i frammenti solo che
ad un certo punto su uno c’è una C e sull’altro c’è una T ( il soggetto è eterozigote per quella
mutazione ). Si aggiungono i quattro ddNTP marcati con un fluorocromo distinto e la DNA pol. Se
c’è una C, verrà introdotta una G; se c’è una T verrà introdotta una A. E’ una minisequenza perché
dopo non può continuare dato che sono stati introdotti ddNTP. Hanno fluorocromi diversi e si può
sequenziale.
Si prende il DNA, si denatura, si ibridizza con gli oligo che interrogano una mutazione, si separano
i prodotti ottenuti su gel di poliacrilamide o con elettroforesi elettroforesi capillare su gel.
Con oligo di lunghezza diversa si possono identificare SNPs, interrogando regioni diverse.

Nei tumori avvengono due fenomeni a livello molecolare:


1) Loss of Eterozigosity (LOH), cioè perdita di eterozigosità che consiste nella perdita in un
allele ( ad es. un gene viene deleto ). Questo fenomeno è messo in relazione con la perdita di
una regione cromosomale
2) Microsatellity Instability (MIN), cioè instabilità dei microsatelliti ( che sono le STR ),
dovuto ad errori nei sistemi di riparazione del DNA. Questo fenomeno è indicato anche con
la sigla RER. Si ritrovano diversi alleli, invece di due. I sistemi di riparo funzionano male
per cui si hanno più alleli poiché si hanno errori nella replica che non vengono più riparati.
Molti tumori presentano MIN ed LOH, ad es. il tumore della vescica, il tumore ereditario non
polipotico del colon.
Numerosi studi cercano di relazionare la prognosi ( cioè l’andamento della malattia ) con la
presenza o meno di MIN o LOH.
Come si valutano a livello molecolare? Sono stati identificati una serie di locus (10 diversi locus)
marcati da certe STR che vanno facilmente incontro, in alcuni tumori, ad LOH. Questi locus si
studiano in un’unica corsa elettroforetica usando fluorocromi diversi e lunghezze diverse di STR.
Per l’analisi di LOH si vedono quale regione vanno a mappare i marcatori.
In genere vanno a mappare geni coinvolti nel riparo o soppressori di tumori.
Un MIN è correlato ad errori di riparazione: nella sintesi di STR che vanno a mappare in una
regione non si ha riparazione ed appaiono più alleli.

Per valutare la LOH, il marcatore che deve essere considerato deve essere eterozigote. Si mette a
confronto il DNA estratto dal tessuto tumorale del paziente con il DNA estratto da un tessuto non
tumorale del paziente stesso ( quest’ultimo rappresenta il controllo ) perché noi dobbiamo valutare
gli alleli che ha quel paziente.
Per quel marcatore abbiamo due alleli:
• Nel tessuto normale abbiamo due picchi a lunghezza diversa ( questo indica che il marcatore
è informativo )
• Nel tessuto tumorale vediamo già ad occhio un picco più basso
Procediamo con una quantizzazione relativa, normalizzando i due alleli del tessuto ( non è
necessario effettuare una quantizzazione assoluta ): si calcola prima il rapporto tra l’area dell’allele
normale 1 e l’area dell’allele normale 2. Dopodiché si fa lo stesso rapporto tra le aree dei due alleli
del tessuto tumorale e si vede se i due rapporti sono uguali.

Area allele normale 1


Area allele normale 2
LOH =
Area allele tumorale 1

Area allele tumorale 2

In condizioni normali i due rapporti dovrebbero essere uguali e quindi dovremmo avere un valore
uguale ad 1 con il rapporto dei due rapporti. Se invece il valore è < 1, ad es. 0.48, ciò significa che
circa il 50% delle cellule del tessuto tumorale hanno perso l’allele normale.

Questo rapporto è importante per valutare o meno l’omogeneità del tumore.

Con la MIN si trovano più alleli. Anche qui si vanno ad indagare alcuni loci, alcuni dei quali sono
gli stessi che vanno incontro ad LOH. In questo caso una STR omozigote è informativa perché devo
valutare se nel tessuto tumorale, rispetto al tessuto normale dello stesso soggetto, c’è un numero di
alleli in più; invece nell’LOH il soggetto deve essere eterozogote per quell’allele.
Nell’esempio, nel tessuto tumorale si vede un allele aggiuntivo, mentre il tessuto normale è
omozigote. A seconda dell’omogeneità del tessuto tumorale e quindi della popolazione di cellule,
l’allele aggiuntivo può essere preponderante o apparire come una piccola spalla.
Infatti nel tessuto tumorale ci possono essere piccoli picchi aggiuntivi o piccole spalle a varie
lunghezze, un solo picco che aumenta in maniera sostanziale… tutto questo è indice di instabilità, di
varietà dei microsatelliti dovuti ad errori di riparo nel DNA ( possono essere coinvolti enzimi nel
riparo che vengono mutati o deleti ).

DIAGNOSI DIRETTA
La diagnosi diretta può essere effettuata utilizzando come tecnica un’elettroforesi capillare su gel.
L’elettroforesi capillare può essere utilizzata per sequenziare il DNA, usando ddNTP marcati con
fluorocromi diversi, si mescola il tutto e si procede con un’unica elettroforesi; si leggono poi i
prodotti nei quattro canali.

L’elettroforesi può essere usata per la valutazione della presenza di delezioni o duplicazioni ad es.
nel gene della distrofina.
Le delezioni di tale gene sono responsabili, a seconda della popolazione, del 60-70% dei casi di
DMD/Beker. Nel 98% dei casi esistono regioni dove le delezioni avvengono più frequentemente,
interessando certi determinati esoni.
Si fa un’amplificazione di 24 esoni, amplificati a gruppi in 4 differenti multiplex, i prodotti di
amplificazione si fanno correre su gel di agarosio e si vede se c’è o meno una determinata banda
che corrisponde ad un determinato esone. Ciò non permette però di vedere se c’è una duplicazione,
che rappresenta il 6% dei casi di DMD/Beker e che sono localizzate nelle stesse regioni in cui sono
localizzate le delezioni.
Femmine portatrici di duplicazioni o delezioni non possono essere diagnosticate con elettroforesi su
gel di agarosio; bisogna avere un metodo quantitativo ( quantizzazione relativa ).
Avere un metodo che fa vedere se c’è o meno una banda e nello stesso tempo la quantifichi almeno
relativamente al controllo, ci permette di valutare:
a) in un maschio se c’è una delezione ( non c’è il picco );
b) in un maschio se c’è una duplicazione ( il picco sarà maggiore );
c) in una femmina se c’è una delezione ( il picco sarà inferiore rispetto al controllo )
d) in una femmina se c’è una duplicazione

Per ogni coppia di oligo innesco che amplifica i 24 esoni, ognuno della coppia ( in genere il forward
) è marcato con un fluorocromo: giocando con la differente lunghezza d’onda a cui emettono i
fluorocromi e sulla differente lunghezza degli ampliconi, il tutto è stato risolto in due corse
elettroforetiche mescolando le multiplex a due per volta.
Tutt’oggi è stato apportata un’implementazione, per cui ora si fa un’unica corsa elettroforetica.
E’ importante avere un controllo interno di amplificazione e di doppia dose ( cioè di un gene
espresso su un autosoma o di un amplicone di un gene espresso su un autosoma ): si prende l’esone
10 della piruvato chinasi.
In ogni multiplex PCR si inseriscono anche gli oligo per la PK, usando fluorocromi diversi, in
modo che sia possibile quantizzare il picco della PK nella multiplex-PCR A e nella multiplex-PCR
B.
E’ stata inserita anche una macro, in modo che automaticamente tutti i picchi sono indicati con il
loro nome.

Nell’esempio abbiamo il fenotipo di una femmina normale e di un maschio normale, e poi i profili
di tre soggetti, un maschio e due femmine:
• nel maschio il picco dell’esone 4 ha la stessa altezza dell’esone 41, mentre nel maschio di
riferimento l’esone 41 ha un’altezza maggiore. Quindi già ad occhio noi vediamo che c’è
qualcosa di diverso e che probabilmente l’esone 4 è duplicato
• nella femmina notiamo che il picco dell’esone 47 ha la stessa altezza dell’esone 4, mentre
nella femmina di riferimento l’esone 47 è più alto. Ciò si nota anche per l’esone 41 e 45
• nella femmina normale notiamo che il picco dell’esone 51 ha un’altezza di gran lunga
inferiore all’esone 41, cosa che non accade nel profilo dell’ultima femmina.

Notiamo subito che ci sono delle differenze, ma questa è semplicemente un’analisi occhiometrica.
Teniamo presente che noi abbiamo un controllo interno, e cioè l’esone 10 della PK e che quindi
utilizziamo per normalizzare l’altezza dei nostri picchi.
Possiamo ricavare per ogni esone un rapporto definito Rx tra l’altezza del picco di quel determinato
esone e l’altezza del picco dell’esone 10 della piruvato chinasi.
In questo modo normalizziamo ogni picco rispetto al picco dell’esone 10 della piruvato chinasi, ed
otteniamo il rapporto per ogni esone.

Se R è il doppio rispetto all’R di un maschio normale, possiamo dire che quell’esone è duplicato.
Se R è circa la metà, vi è delezione.

Per avere un termine più facile, si può usare un indice diagnostico DI=Rx/Rc. Per ogni esone l’R
del soggetto in analisi viene rapportato ad un R di controllo. Sembra un calcolo difficile da fare, ma
in realtà i dati vengono direttamente esportati dal software dell’apparecchio di elettroforesi
capillare, vengono inseriti in un foglio exel che fa tutti i conti.

Utilizzando sempre come controllo una femmina:


a) in una femmina normale, DI=1 ( se è < 1 c’è delezione; se è > 1, c’è duplicazione )
b) in un maschio normale, DI=0.5 ( se c’è delezione, vi sarà assenza del picco; se c’è
duplicazione, DI >0.5 e dovrà tendere ad 1 )

Se vi sono due copie di un esone, il DI sarà uguale ad 1; ma se è superiore ad 1 vuol dire che vi
sono tre copie dell’esone perché vi è duplicazione.

DI rispetto ad R diviene assoluto perché è direttamente normalizzato rispetto al controllo ed è di più


facile comprensione per un paziente, per un medico non biologo molecolare.

Le condizioni di amplificazione ( quelle di stampo ed il numero di cicli ), siccome dobbiamo fare


un’analisi quantitativa, sono state messe a punto in modo da trovarsi nella fase log della PCR in cui
c’è proporzionalità; oppure si usa un competitore o si usa la real time PCR, che rappresenta una fase
precocissima della fase log.

Siccome l’elettroforesi capillare su gel permette di determinare la lunghezza, si può verificare anche
se vi sono microinserzioni o microdelezioni a carico di un esone, perché quell’esone avrà una
lunghezza diversa. Se abbiamo messo bene la macro, uscirà un picco ma non sarà marcato ( la
macro lo riconosce ma non lo etichetta poiché non rientra nell’intervallo: uscirà prima se si tratta di
una microdelezione, uscirà dopo se si tratta di una microinserzione ).
La macro si costruisce inserendo nell’apparecchio una tabella in cui ogni esone può variare in un
range che viene indicato con un numero.

Vi è un altro metodo complesso da preparare ma che permette di valutare un numero elevato di


esoni ( non solo, ad es. 24 esoni del gene della distrofina, ma tutti e 79 ). Si tratta della Multiple
Amplifiable Probe Hybridization ( MAPH ), ossia ibridizzazione con probe multipli amplificati
con un unico set di oligonucleotidi innesco.
Sono state preparate delle sonde, ognuna per ogni esone. Sono state amplificate ed ognuna è stata
poi clonata nel sito polilinker di un plasmide in modo da avere un polilinker ai lati. Una volta
escisse dal plasmide, tutte le sonde diverse, ognuna per uno dei 79 esoni, avevano la stessa
sequenza ai lati in modo da amplificare con lo stesso set di oligo innesco.
Per cui con lo stesso set di oligo si possono amplificare tute le sonde. Tutte queste sonde sono state
fatte in modo da avere piccole differenze di lunghezza, in maniera tale che possono essere separate
con elettroforesi capillare su gel.
Queste sonde si ibridizzano su filtro dove è presente il DNA genomico ( le sonde si legano anche in
base alla quantità di DNA che c’è ); si procede poi con dei lavaggi stringenti. Il filtro, in cui è
presente il DNA genomico e le sonde, viene messo in un tubo da PCR con la coppia di primer e con
tutto ciò che serve per la PCR.
Con i cicli di denaturazione, la sonda si stacca dal DNA genomico e diviene stampo per
l’amplificazione. Si fanno pochi cicli di PCR. Lo stampo sarà rappresentato dalle sonde legate al
DNA genomico. Si prende un’aliquota di questi primi cicli di amplificazione e si mette in un nuovo
tubo da PCR in cui si inseriscono gli stessi oligo marcati con fluorocromi; si procede con la PCR
messa a punto in fase log, in modo tale che sia quantitativa, si inserisce anche un controllo interno
di amplificazione.
I prodotti si separano con elettroforesi capillare su gel: siccome sono di lunghezza diversa, avremo
picchi diversi.
Questa tecnica è stata utilizzata per BRCA-1, BRCA-2 e per i 79 esoni del gene della distrofina.
Di questa metodologia, la preparazione è laboriosa, soprattutto la fase di clonaggio. L’ibridizzazione
su filtro è lunga, bisogna fare attenzione alle condizioni dei lavaggi…ma poi il tutto si riduce ad una
PCR e all’elettroforesi capillare su gel.

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