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I l d ebi to

non l o paghiamo,
l o ri vol ti am o!
Cos' il debito pubblico
contempo, dal 1990 a oggi, si registra una crescita dei redditi da capitale (rendite) pari a oltre l87%. Gli effetti della gestione del debito pubblico si condensano in queste cifre. Non solo, sempre secondo la ricerca della Cgil landamento degli investimenti in rapporto ai profitti, negli ultimi trentanni, calato del 38,7%. I profitti, cio, non sono stati reinvestiti nella crescita economica ma nella rendita finanziaria che ha garantito ulteriori profitti grazie agli interessi dei debiti pubblici, agli interessi dei debiti privati dei lavoratori cresciuti per effetto della riduzione dei salari - alle speculazioni monetarie e dei prodotti derivati, trasformando la finanza globale in un Casin. Quando il gioco finito, quando i debiti sono divenuti troppo alti sopraggiunta la crisi. Ma con la nazionalizzazione delle perdite prodotte dai grandi istituti finanziari il debito privato stato trasportato nel debito pubblico facendolo pagare a tutti noi. E ora si vogliono applicare politiche di austerit per ridurre un debito pubblico che si formato nel tempo per foraggiare gli interessi del profitto e non certo per migliorare le condizioni di vita di lavoratori e lavoratrici, di precari e di giovani.

Per debito pubblico si intende il debito accumulato dallo Stato nei confronti di altri soggetti, individui, imprese, banche o stati esteri, che hanno sottoscritto un credito sotto forma di obbligazioni o titoli di Stato (Bot, Btp, Cct etc) destinate a coprire il disavanzo di bilancio cio il deficit. Il debito pubblico italiano a met 2011 di 1.911 miliardi di euro, il 120,6 per cento rispetto al Prodotto interno lordo. Nel periodo tra il 1950 e il 1969 quel rapporto stato del 30%, tra il 1970 e il 1979 salito al 65%, al 94,7 nel 1990, fino al 108,8 del 2001. Il debito si cos mantenuto poco sopra il 100 per cento per schizzare al 120 per cento tra il 2010 e il 2011.

Come si formato e cosa c'entra con la crisi

Nel corso degli anni 70 e 80 la spesa pubblica italiana stata inferiore tra i 5 e i 10 punti del Pil rispetto a Francia e Germania, ma la pressione fiscale ancora inferiore, tra i 10 e i 15 punti! Allorigine dello specifico debito italiano c meno Stato sociale ma molte meno tasse per i ricchi. La dilatazione dei debiti stata una precisa scelta delle politiche degli ultimi decenni allinsegna del neoliberismo. Pur dicendosi contro la spesa pubblica le politiche liberiste hanno aumentato il debito. Anche perch la spesa stata necessaria per sostenere i profitti delle grandi imprese. Propagandando la necessit di garantire i profitti per aumentare gli investimenti, e quindi loccupazione, quelle politiche hanno prodotto una riduzione drammatica dei salari, dello Stato sociale e una generalizzazione delle privatizzazioni. Secondo lIres-Cgil, in dieci anni, dal 2000 al 2010, i salari hanno perso circa 7000 euro del loro potere di acquisto mentre i profitti netti delle maggiori imprese industriali italiane (campione Mediobanca) dal 1995 al 2008 sono cresciuti di circa il 75,4% e, al

Debiti pubblici, crediti privati

Dividendo i 1.911 miliardi di euro di debito pubblico italiano (al 31 luglio 2011) per i 60 milioni di cittadini ne deriva un debito personale per ognuno, ognuna di noi di 31.863 euro. Chi possiede il credito? Piccoli risparmiatori? Principalmente Italiani? No. Secondo i dati della Banca dItalia solo il 13 per cento del debito italiano posseduto da privati residenti in Italia, il 26,8 per cento nelle mani di istituzioni finanziarie monetarie (banche, fondi comuni), il 13,5 per cento da assicurazioni e fondi pensione, il 3,65 per cento direttamente dalla Banca dItalia e il 43 per cento nelle mani di soggetti non residenti, cio allestero, presumibilmente grandi istituzioni finanziarie.

Le nostre vite valgono pi del debito

Il peso del debito utilizzato per giustificare politiche di austerit uguali in tutto il mondo: riduzione delle spese sociali, riduzione del sistema pensionistico, congelamento o riduzione degli stipendi pubblici, aumento della flessibilit del lavoro, privatizzazione di settori vitali come lacqua, lenergia, i trasporti, la saluta e la scuola, riduzione delle sovvenzioni ai ceti pi disagiati, giro di vite su stipendi e salari. Lo spostamento di risorse nel bilancio pubblico dai servizi sociali al pagamento di interessi sul debito brillantemente illustrato dallultima nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza per il 2011: la spesa per interessi di 70,4 miliardi del 2009 destinata a salire a 94,3 miliardi nel 2014 e la sua incidenza sugli stipendi dei dipendenti pubblici passer dal 58 al 78 per cento, quella sulle pensioni dal 30 al 35 per cento mentre lincidenza sulla spesa sanitaria passa dal 63,7 per cento del 2009 al 77,6 per cento del 2014.

Non pagare il loro debito

E giusto chiedere lannullamento della parte illegittima del debito, cio quello realizzato per sostenere i profitti, per garantire la speculazione delle grandi banche e per sorreggere uneconomia capitalistica in crisi di sbocchi, e quindi di margini di profitto, e bisognosa di una bolla finanziaria in grado di garantire lattivit. Come giusto contestare la legittimit di un debito contratto per applicare politiche sociali ingiuste, in violazione dei diritti economici, sociali, culturali e civili dei popoli. Nei paesi europei la scelta di indebitarsi per favorire le classi pi agiate e il capitalismo pi sfrenato del tutto evidente: salvataggio delle banche e riduzione delle aliquote per i pi ricchi e, per quanto riguarda lItalia, il vero e proprio favoreggiamento di unevasione fiscale che ingrassa i profitti delle grandi imprese e i redditi pi alti. Anche guardando al diritto internazionale non esiste lobbligo assoluto di rimborsare i debiti: per gli Stati viene prima lobbligo di proteggere i diritti umani e i diritti economici, sociali e culturali delle loro popolazioni. Si guardi larticolo 103 della Carta dellOnu, in cui si prescrive la superiorit dello Statuto delle Nazioni Unite, quando ad esempio impone lelevamento dei livelli di vita, il pieno impiego o lo sviluppo dellordine economico e sociale, su tutti gli altri obblighi contratti dagli Stati. Analoghi esempi possono essere fatti per la Dichiarazione universale dei diritti delluomo (1948, articolo 28), i Patti sui diritti economici, sociali e culturali(1966, articolo 1), la Dichiarazione sul diritto allo sviluppo (1986, articolo 2).

Il caso della Grecia

La dittatura greca tra il 1967 e il 1974 ha quadruplicato il debito del paese facendolo rientrare nella casistica del debito odioso. Per i Giochi olimpici del 2004 si passati da un costo di 1,3 miliardi preventivo nel 1997 a circa 20 miliardi finali. La Grecia si resa responsabile di grandi episodi di corruzione da parte di multinazionali europee (Siemens e altre). Dal 2000 in poi, inoltre, il debito privato cresciuto grazie ai bassi tassi di interesse e le banche greche ed europee, grazie alleuro forte, hanno potuto prestare denaro a basso costo utilizzando a piene mani la liquidit messa loro a disposizione dalla Banca centrale. Tutti hanno prestato allegramente alla Grecia pensando di ricavarne importanti benefici. Il crack, inevitabile, viene invece fatto pagare ai lavoratori per salvare quelle stesse banche. E questo che deve essere dichiarato illegittimo.

Paesi che odiano il debito

Quando un debito illegittimo o odioso

Questo fondamento giuridico riscontrabile in diversi testi internazionali. Tra le cause illecite o immorali che generano lillegalit di un debito possiamo trovare: lacquisto di materiale militare sulla base dellarticolo 26 della Carta dellOnu; i debiti contratti per applicare piani di aggiustamento strutturale (vedi Convenzione di Vienna del 1983 ); debiti contratti senza che i popoli ne siano a conoscenza e altri casi ancora. Si tratta di debiti odiosi perch finalizzati a misure non conformi al diritto internazionale, alla protezione dei diritti umani, sociali, economici e culturali. Sono illegittimi anche i debiti privati trasformati in debiti pubblici.

Ecuador: sette mesi dopo essere stato eletto il presidente Rafael Correa ha deciso di effettuare unanalisi del debito del paese e delle condizioni alle quali era stato costituito. Si insediata, cos, nel luglio 2007, una commissione daudit composta da 18 membri che ha riscontrato la violazione delle regole elementari in molti prestiti. Nel 2008 il presidente ha deciso di sospendere il rimborso dei titoli in scadenza nel 2012 e nel 2030 . LEcuador ha risparmiato 7 miliardi di dollari in larga parte utilizzati per aumentare le spese in sanit, educazione, sussidi sociali e infrastrutture. LArgentina ha rifiutato il rimborso del suo debito tra il 2001 e il 2005. Paradossalmente, la rottura delle relazioni finanziarie internazionali ha dato un grande slancio economico. Il default ha facilitato il negoziato con i creditori e dopo aver sospeso il rimborso del debito l Argentina lo ha rinegoziato nel marzo del 2005 al 45 per cento del suo valore. Il paese tra il 2003 e il 2010 cresciuto tra l8 e il 9% lanno. LIslanda figurava ai primi posti per lindice di sviluppo umano dellUnpd, davanti a paesi come gli Usa o la Gran Bretagna. Nondimeno, il debito pubblico schizzato verso lalto a partire dal 2003. Sullonda di politiche liberiste si scelgono le privatizzazioni, le liberalizzazioni e le banche si espongono nella speculazione internazionale. Il loro debito arriva nel 2008 a 10 volte il Pil e la crisi Lehman Brothers le costringe al crack. Anche qui, la nazionalizzazione socializza le perdite e

Gran Bretagna e Olanda, intervenute per rimediare ai danni, presentano un conto da 3,9 miliardi. LIslanda dovrebbe rimborsare i suoi debiti ma un referendum nel marzo del 2010 dice No con il 93 per cento dei voti. Un nuovo referendum si svolge nel 2011 e anche questa volta i no, con il 57 per cento, hanno la meglio.

Moratoria del debito e audit pubblico

Noi proponiamo una misura semplice e complessa allo stesso tempo: la sospensione unilaterale del rimborso del debito per dare vita a un Audit pubblico (una verifica dei conti) sotto controllo dei cittadini al fine di determinare quali debiti devono essere annullati o ripudiati o rinegoziati a causa della loro illegittimit, illegalit o per il loro carattere odioso. Si tratta del primo passo necessario a costituire un rapporto di forza adeguato per raffreddare la stessa tensione finanziaria. Ottenuta la moratoria bisognerebbe realizzare lAudit, fondamentale per radiografare il debito e per il quale essenziale la partecipazione di cittadini e cittadine, dei movimenti, delle associazioni, dei sindacati. I quali possono designare un proprio rappresentante nella Commissione di Audit che deve insediarsi. Ovviamente, un simile obiettivo richiede una forte mobilitazione sociale perch non esiste, oggi, un governo in grado di accettare una simile proposta. Allo stesso tempo, questa proposta pu aiutare a selezionare un governo possibile del paese: chi davvero abbia a cuore il futuro della popolazione, dei lavoratori e delle lavoratrici, dei giovani e dei pensionati, dei vari strati sociali colpiti dalla crisi non dovrebbe che sposare una simile tesi e voltare le spalle agli interessi delle grandi banche e delle societ finanziarie.

dovessero emergere dallAudit come responsabili di illeciti legati al debito dovrebbero essere puniti e costretti a delle riparazioni finanziarie. La moratoria unilaterale serve anche a rinegoziare tassi di interesse e tempi di rimborso per il debito considerato legittimo o legale considerando che la quota parte del bilancio statale consacrato a tale voce non pu inficiare la soddisfazione dei bisogni fondamentali della popolazione: sanit, educazione, stato sociale, stipendi. Nel 1953 laccordo di Londra sul debito di guerra tedesco stabil, ad esempio, che il rapporto tra il servizio del debito e le entrate da esportazioni non dovesse superare il 5 per cento. Vanno fissati rapporti di questo tipo: ad esempio il costo del rimborso non pu superare il 5 per cento delle entrate (a fine 2010 era del 9,7 per cento).

Non paghiamo il debito: un disastro?

Tra le obiezioni fondamentali al non pagamento del debito, ovvero alla moratoria e al congelamento degli interessi, vi sono quelle che provengono dal mondo delle banche, del grande capitalismo e della finanza e che, ovviamente, si dicono contrarie alla proposta perch vi vedono minacciati i propri interessi. Ve ne sono per anche altre che provengono da sinistra. Ne utilizziamo tre...

1 ) il default sarebbe pagato dalla popolazione e da lavoratori e pensionati. Il problema sarebbe per ovviato da un atto, sovrano, di moratoria e non di fallimento, default da cui sarebbero esplicitamente esclusi quei settori da proteggere proprio in virt degli interessi della collettivit. Ad esempio i risparmi dei lavoratori, dei pensionati e di tutti coloro che, con un reddito da lavoro dipendente, hanno sempre pagato le imposte dovute. 2 ) Dopo la moratoria uno Stato farebbe una fatica immensa a fi-

nanziarsi di nuovo sui mercati interni e internazionali: nessuno gli farebbe pi credito.
I casi di Argentina o Ecuador mostrano il contrario, dipende dalle situazioni. In ogni caso, per lItalia, si tratta di riequilibrare il ricorso al prestito interno. Di fronte a un debito di 1.763.8 miliardi di euro la ricchezza netta in Italia (al netto dei debiti privati) nel 2009 ammontava a 8.600 miliardi (9.448 miliardi, quella lorda, di cui 4.800 miliardi in ricchezza immobiliare). Della ricchezza lorda il 37.7 per cento ricchezza finanziaria pari a 3.561 miliardi, pi del doppio del debito cos composta: il 29,8 per cento in biglietti, monete, depositi bancari e risparmio postale; il 44,2 per cento in obbligazioni private, titoli esteri, azioni, partecipazioni e fondi comuni; il 17,7 per cento in riserve tecniche di assicurazione; il 3 per cento in crediti commerciali e solo il 5,5 per cento in titoli di Stato. Quasi mille miliardi, invece, detenuta in forme liquide. Basterebbe incentivare questa massa monetaria per riequilibrare eventuali scompensi.

Chi paga?

Una volta selezionato il debito illegittimo o illecito, la sua quota deve essere addebitata a quelle istituzioni finanziarie e a quei soggetti dai redditi pi elevati che hanno una responsabilit diretta nello scoppio della crisi. Annullare un debito il cui costo, altrimenti, sarebbe scaricato sui pi poveri, sul lavoro dipendente, sui precari e gli studenti, costituirebbe un primo passo per ristabilire una giustizia sociale. Occorre poi definire un elenco preciso dei detentori di titoli per tutelare coloro che hanno un piccolo reddito e per i quali i titoli oggetto del debito rappresentano il risparmio di una vita (come si gi visto, si tratta di una decisa minoranza). Va anche detto che coloro che

3 ) Un default significa uscire dalleuro e scontrarsi con una forte svalutazione con il crollo del potere di acquisto dei salari. Landamento dei salari degli ultimi dieci anni, quelli in cui vigore leuro, non autorizza a parlare di mantenimento del potere di acquisto. LEuropa pu imboccare una strada diversa, quella dellEuropa Sociale che rifiuti la dittatura delle banche. In alternativa luscita dallEuro non avrebbe conseguenze peggiori di rimanerci a queste condizioni.

Non pagare il debito e oltre

La ristrutturazione del debito una operazione che per risultare efficace non pu essere realizzata nel vuoto ma presuppone un programma pi ampio. Si tratta, infatti, di accompagnare questa operazione con una politica che aumenti i salari, riduca la precariet, ristabilisca i diritti sociali e li estenda, ad esempio ai migranti, salvaguardi i beni comuni. Serve un processo di nazionalizzazione di banche e assicurazioni, a cui il grande capitale ha fatto ricorso solo per salvare i proprio interessi e che invece serve per gestire diversamente il debito e garantirsi dalla speculazione finanziaria. Serve una riforma fiscale che finalmente aggredisca levasione fiscale in larga parte appannaggio delle grandi imprese come dimostrano scatole cinesi finanziarie e largo utilizzo dei commercialisti alla Tremonti e che faccia pagare di pi i redditi pi alti e di meno, molto di meno, chi riesce appena a sopravvivere. Una riforma fiscale fortemente progressiva, con poche e chiarissime agevolazioni fiscali per il lavoro dipendente, in grado di cumulare la tassazione dei grandi redditi con la propriet e quindi il patrimonio, la rendita, la speculazione. Una vera Patrimoniale per ridistribuire radicalmente le risorse. Occorre rimettere in discussione questa Europa, compresa la moneta unica, per realizzare unUnione davvero democratica

e fondata sul consenso e la partecipazione dei popoli. Per questo partecipiamo alla petizione popolare per chiedere un referendum sullEuropa. Bisogna ridurre drasticamente le spese militari, tramite riduzione delle missioni allestero e abbattimento della spesa per armamenti da trasformare in spesa per le infrastrutture ecologiche e il risanamento dei territori. Dobbiamo rimettere al centro delleconomia la variabile indipendente, il vincolo insuperabile, del lavoro e della sua dignit, dei diritti, dellestensione delle garanzie sociali: salario minimo garantito, reddito sociale, riduzione dellorario di lavoro, diritto al lavoro contro la precariet dilagante. Occorre affrontare con decisione il tema della sostenibilit ambientale dello sviluppo economico con la difesa ecologica dei territori dai sventramenti prodotti dal Profitto e dagli interessi delle grandi imprese multinazionali. E tutto questo ha un senso se si garantisce una nuova partecipazione popolare con forme di democrazia diretta e di autogoverno a tutti i livelli. Questi Parlamenti e i loro governi hanno concluso il loro tempo, siamo per una rivoluzione delle forme della partecipazione e della gestione del potere: referendum su tutti i dossier cruciali, organi di partecipazione diretta, autogestione e gestione razionale e democratica delleconomia attraverso nuove istituzioni democratiche e dal basso.

CHI SIAMO ////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////


Siamo lavoratori e lavoratrici, studenti, precari, attivisti e attiviste dei movimenti sociali, di difesa dei beni comuni, delle donne, lgbt, della solidariet internazionale, convinti che occorra sollevarsi contro il capitalismo e la sua crisi. Ci sentiamo parte del Movimento spagnolo 1 5M, della rivolta greca, delle rivoluzioni arabe, dei movimenti americani e di tutti coloro che hanno deciso di prendere parola, di mettersi in gioco, di sollevarsi contro lingiustizia. La crisi economica globale una crisi del capitalismo, dei suoi politici e delle caste che lo difendono, dei suoi meccanismi interni di funzionamento: massimizzazione del profitto e compressione dei diritti sociali, distruzione ambientale, guerra e povert. Noi pensiamo che le nostre vite valgono pi dei loro profitti. Rivolta il debito pi di uno slogan, campagna nel movimento che vuole ribaltare il tavolo su cui giocano banchieri e capitalisti per far pagare a noi questa crisi. Rivolta il debito una iniziativa aperta, virale, contagiosa, fatta di azioni dirette e dibattiti, approfondimenti e manifestazioni, partecipata da tutti e tutte coloro che la condividono e vogliono utilizzarla per organizzare la rivolta! Vogliamo costruire una grande campagna per lannullamento del debito e ci sentiamo parte della grande assemblea del 1 ottobre nata sullonda dellappello Dobbiamo fermarli. Facciamo riferimento allesperienza internazionale del Cadtm, il movimento per lAnnullamento del debito del terzo mondo che ormai si concentrato sui debiti dei paesi del nord del mondo. Ma vogliamo andare ancora oltre: puntiamo a un grande movimento di massa, plurale, democratico e soprattutto, autorganizzato come metodo decisivo dellazione politica. Rivoltare il debito per attraversare, suscitare e mettere in rete tutti i nodi dello scontro sociale e dei movimenti, come premessa indispensabile per difendere i diritti del lavoro, spezzare la precariet, affermare i diritto allo studio, garantire la dignit e i diritti delle donne, la libert sessuale, garantire i territori dallassalto del profitto. Vogliamo costruire un movimento generale per la trasformazione del nostro paese e di un mondo che sembra non reggere pi il peso delle proprie contraddizioni. Vogliamo un altro mondo fondato sui bisogni e non sui profitti. Vogliamo un'altra societ, alternativa al capitalismo, al suo sfruttamento unito ad autoritarismo e corruzione. Una societ fondata sulla democrazia radicale, la partecipazione e in cui a ciascuno sia dato secondo i suoi bisogni e da ciascuno provenga a seconda delle proprie capacit. Servirebbe una bella botta, una rivoluzione ha detto il grande Monicelli. Noi vogliamo esserne parte.

Servirebbe una bella botta, una rivoluzione. Mario Monicelli

www.rivoltaildebito.org

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