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Relazione de "La coscienza di Zeno" di Svevo Notizie sull'autore Svevo, Italo Pseudonimo di Ettore Schmitz (Trieste 1861 - Motta

di Livenza, Treviso 1928), romanziere italiano, la cui opera costitu un momento di passaggio tra le esperienze del decadentismo italiano e la grande narrativa europea dei primi decenni del Novecento. La coscienza di Zeno, in particolare, avrebbe influenzato la narrativa italiana degli anni Trenta e del dopoguerra. Di famiglia ebraica, Svevo riusc, grazie anche alle caratteristiche culturali di una citt come Trieste, allora parte dell'impero austroungarico, ad assimilare una cultura mitteleuropea, che gli consent di acquisire uno spessore intellettuale raro negli scrittori italiani del tempo. Al centro di questa sua formazione stanno da una parte la conoscenza della filosofia tedesca (soprattutto di Nietzsche e Schopenhauer) e della psicoanalisi di Freud e, dall'altra, l'interesse per i maestri del romanzo francese, da Stendhal a Balzac fino al naturalismo di Zola, e per i grandi narratori russi quali Gogol', Turgenev, Tolstoj, Dostoevskij e Cechov. Svevo comp o approfond queste letture nel tempo libero che gli lasciava il suo lavoro di impiegato in banca, che dovette iniziare nel 1880 dopo il fallimento della ditta paterna. Intanto collaborava come critico teatrale e letterario a "L'indipendente", giornale triestino sul quale nel 1890 comparve a puntate la sua novella L'assassinio di via Belpoggio. La sua esperienza di impiegato gli ispir la prima opera pubblicata in volume, Una vita (1892). Il romanzo, che portava in origine il titolo "Un inetto", incentrato sul personaggio di Alfonso Nitti, incapace di adattarsi alle leggi e all'ambiente dell'ufficio e infine sconfitto dalla sproporzione tra le alte aspirazioni (la pubblicazione di una grande opera, il successo in societ) e la sua incapacit di tradurre l'ideale in azione. Il romanzo successivo porta il titolo Senilit (1898), dove il riferimento non al dato anagrafico bens alla patologica vecchiaia psicologico-morale di Emilio Brentani. Questa seconda figura sveviana dell'"inetto" circondata da altri personaggi che acquistano nuovo spessore rispetto al romanzo precedente: la sorella Amalia, malinconica e "incolore"; Stefano Balli, scultore di poca fama ma uomo energico nella vita e fortunato con le donne; e la procace, sensuale ed esuberante Angiolina. Emilio, letterato di scarso successo, prende a modello l'amico Balli e, nel tentativo di riscattare la mediocrit e il grigiore della propria vita, intreccia con Angiolina una relazione che si riveler fallimentare per l'incapacit di Emilio di tradurre in pratica la lezione dell'amico e per la tenacia con cui proietter nella donna i propri sogni idealizzanti. L'insuccesso dei primi due romanzi indusse Svevo a circa vent'anni di silenzio letterario, ma, nonostante le responsabilit imposte dalla sua nuova posizione di dirigente nella ditta di vernici del suocero, Svevo non cess del tutto di coltivare la letteratura, come testimoniano alcuni suoi racconti: l'inizio della stesura della Madre, ad esempio, risale al 1910, sebbene il racconto sia stato pubblicato postumo, nel 1929, nella raccolta La novella del buon vecchio e della bella fanciulla; e prima del 1912 si colloca anche la scrittura di alcune delle prose brevi raccolte nel volume Corto viaggio sentimentale, pubblicato nel 1949. Nel 1905 Svevo cominci a prendere lezioni di inglese da James Joyce, con il quale intrecci un'amicizia che si sarebbe rivelata feconda per il suo futuro percorso letterario. Joyce, che soggiorn a Trieste fino al 1915, lesse con entusiasmo le opere di Svevo (soprattutto Senilit) e lo incoraggi a scrivere un nuovo romanzo. Svevo, da parte sua, pot leggere non soltanto le opere joyciane gi pubblicate ma anche i manoscritti di quelle ancora in fase di stesura (certamente lesse Dedalus). Intanto, nel 1908, si era accostato all'opera di Freud, che gli avrebbe fornito altri fondamentali strumenti per scandagliare la "coscienza" del terzo inetto, Zeno Cosini. Fu durante la prima guerra mondiale che Svevo cominci a elaborare La coscienza di Zeno (1923), unanimemente considerato il suo capolavoro. In questo romanzo l'autore sviluppa un'analisi psicologica di straordinaria profondit e costruisce tecniche narrative modernissime, soprattutto per la tradizione del romanzo italiano. La prima pagina, scritta nella finzione letteraria dallo psicoanalista di Zeno, presenta la narrazione come un'autobiografia del paziente, una rievocazione del passato richiesta dal medico come tappa preliminare alla terapia analitica. E attraverso la rappresentazione interiore della nevrosi del protagonista e narratore, l'autore riesce a rendere la soggettivit del pensiero e dei ricordi, in una narrazione che appare ormai quasi completamente svincolata dalle convenzioni realistiche ottocentesche. Ma la novit di Svevo sta anche nella sua dissacrante ironia, nella costruzione di un protagonista radicalmente antitragico e antieroico. Furono Eugenio Montale e Joyce ad avviare la "scoperta" di Svevo, il primo pubblicando nel 1925 Omaggio a Italo Svevo sul periodico milanese "L'Esame" e il secondo parlando dello scrittore triestino agli amici Benjamin Crmiex e Valry Larbaud, che nel 1926 dedicarono a Svevo un numero della rivista parigina "Le Navire d'Argent". Tuttavia la fortuna critica ebbe

consacrazione ufficiale un anno dopo la morte dello scrittore - avvenuta in un incidente automobilistico - con un numero speciale dedicato a lui dalla rivista fiorentina di letteratura "Solaria". Rapporto con la psicanalisi Se si sa con certezza che le teorie psicanalitiche di Freud, sviluppatesi fra '800 e '900 influenzarono notevolmente Svevo, non si sa di preciso quando egli le conobbe, sembrerebbe fra 1908 e 1912, infatti, inizi ad occuparsi di psicanalisi nel 1911, discutendone con un allievo di Freud e leggendo alcune opere del filosofo. Svevo non condivise pienamente le teorie freudiane, accettandone solamente quelle che confermavano quanto lui gi pensava della psiche umana; il suo rapporto con la psicanalisi pu essere definito duale, infatti, da un lato egli ne fu affascinato, poich ne apprezzava l'attenzione riservata ai gesti quotidiani pi banali (lapsus, vuoti di memoria.), ma soprattutto perch vedeva la coincidenza fra l'inconscio di Freud e la volont di vita irrazionale di Shopenauer; d'altro canto Svevo fu turbato dalla psicoanalisi, perch l'analisi dell'inconscio spesso porta il soggetto a prendere coscienza di verit rimosse, e quindi molto sconvolgenti, ma anche perch diffidava della possibilit di guarire le malattie psichiche con qualsiasi mezzo, come sosteneva anche Shopenauer. Per questi motivi Svevo decise di seguire la teoria psicoanalitica non tanto come terapia medica quanto come mezzo letterario; l'analisi psicologica diventa l'argomento principale dei suoi romanzi, e questa analisi viene resa dal punto di vista letterario con il "flusso di coscienza", una tecnica che consiste nel narrare le idee del personaggio cos come si presentano alla sua mente, senza cercare necessariamente un legame logico fra le cose narrate, ma raccontando per "associazione di idee", come avviene realmente nella nostra psiche (e in ci fu influenzato anche da Joyce). Un altro elemento che Svevo rese dalle tesi di Freud fu la coscienza della complessit della psiche umana: ogni singolo individuo quello che e causa delle innumerevoli esperienze che ha vissuto durante la sua esistenza, e fra queste un ruolo fondamentale lo ha la societ per questo motivo Svevo analizza la societ a partire dalla psiche dei suoi personaggi e pu quindi criticarne i difetti, cosciente del fatto che essa non dice sempre la verit e possiede degli aspetti di cui il soggetto non ha piena padronanza. Rapporto con la societ Il nome "Italo Svevo" uno pseudonimo creato da Ector Schmitz per due motivi: distinguere l'impiegato (Ector) dal letterato (Italo), ma soprattutto per evidenziare la multietnicit delle sue origini, egli, infatti, un in s le culture italiane, tedesca, ebrea e slava. Questa sua multietnicit gli permise di conoscere e apprezzare diverse culture, ma a ci contribu anche la citt in cui egli visse: Trieste, appartenente all'Impero Austro-Ungarico, ma al confine con l'Italia e la Jugoslavia, un crocevia commerciale e culturale. Trieste ebbe un ruolo fondamentale nella formazione di Svevo, ispirando e limitando al tempo stesso il suo modo di vedere la vita e l'arte: fu ispiratrice fornendogli diverse culture cui fare riferimento e fornendogli anche una serie di problematiche su cui riflettere, ma lo limit, appunto perch le problematiche che offriva potevano essere capite solo se viste entro i limiti di Trieste stessa, caratterizzata da un forte provincialismo. Questo provincialismo, che si riflette in tutte le opere di Svevo (caratterizzandone i personaggi nelle idee, nei modi di fare, negli accenti.) era dovuto soprattutto alla sua posizione geografica, poich essendo al confine di due stati che se ne contendevano il possesso, risultava isolata; tuttavia si trattava di un provincialismo tutto particolare perch le caratteristiche di Trieste nascevano dalla fusione di tre culture, con il contributo anche di altri stati, con cui intratteneva un fiorente commercio. Nello studio di Svevo non bisogna per sottovalutare un altro aspetto importante: il suo ebraismo, Italo fu ebreo fin dalla nascita, ma questa sua fede non appare nelle sue opere, quasi come se egli nello scrivere rinunciasse a una parte fondamentale di s, risultando meno vero da un punto di vista artistico; in realt Svevo non nascose il proprio ebraismo, egli era talmente amalgamato nella cultura triestina, si sentiva talmente accettato in un clima culturale cos aperto, da non aver bisogno di sottolineare questo aspetto della sua vita. In realt, osservando bene, si possono s scorgere nelle opere di Svevo alcuni elementi che potrebbero richiamare il suo ebraismo: la passivit, l'inettitudine e la femminilit dei suoi personaggi, tutti ritratti tipici della psicologia ebraica. Svevo conobbe molto bene la cultura contemporanea sia grazie alla sua citt d'origine, sia perch egli da autodidatta studi autori a lui contemporanei come Darwin, di cui condivise l'idea secondo cui esistono delle leggi naturali immodificabili che sono causa dei comportamenti degli uomini, Nietzsche di cui ridicolizz la figura del superuomo, ritenendola una mera utopia, Shopenauer, l'autore che ebbe pi peso nella sua ideologia, con la teoria

secondo cui l'uomo si auto inganna di avere libero arbitrio ma in realt dominato dalla sua stessa "volont di vita", e Freud. Tematiche dei romanzi Le opere di Svevo furono inizialmente dei grandi fallimenti, forse perch andavano contro i gusti del tempo, stimolando i lettori ad osservarsi, confrontarsi con personaggi scomodi, perch mostrano difetti e problemi comuni a tutti. Il periodo in cui Svevo scrisse era caratterizzato da una profonda crisi sociale (la "crisi delle certezze"), dovuta alla perdita di importanza del positivismo e alla crisi della borghesia; ci port l'uomo alla consapevolezza che non bastavano la sola razionalit, il determinismo scientifico, la causalit necessaria a spiegare la realt, a tale presa di coscienza spinse l'uomo a cercare una via di fuga in mondi fantastici o in ideali di uomo immaginari; a ci gli scrittori reagirono in modo diverso: D'Annunzio con la teoria del superuomo, Pascoli col mito del fanciullino, Svevo anzich inseguire miti o inventarsi eroi decise di parlare e descrivere l'uomo in crisi, cos com'era, dandone un'immagine in cui gli uomini del suo tempo obbligati a riflettere su se stessi non amarono rispecchiarsi. La tipologia che ne emerge quella dell'"inetto", che costituisce il tema cardine di tutta l'opera sveviana, in pratica dell'uomo incapace, che non sa vivere e realizzare i suoi progetti. L'inettitudine dell'uomo, secondo Svevo, una debolezza interiore che rende inadatti alla vita, e caratterizza tutti coloro che sono nella societ borghese, ma si distinguono da essa come dei diversi, soprattutto perch non ne condividono i valori come il culto del denaro e del successo personale. Questo non riuscire a adattarsi alla societ diventa negli individui una vera impotenza psicologica, perch non riesce pi ad identificarsi con la figura vincente tipica della borghesia, e si auto-esclude, rifugiandosi in mondi fittizi (grazie alla letteratura) e vedendo in ogni altro uomo un antagonista, in grado di agire e reagire n elle varie situazioni, uscendone sempre vincenti, ma anche dei punti di riferimento a cui appoggiarsi e tentare, invano, di sollevarsi dalla propria inettitudine. Se inizialmente per Svevo questa figura fu estremamente negativa, lentamente il suo punto di vista mut, perch l'analisi su s e sugli altri a cui porta la malattia mostr come fosse relativo il concetto di sanit, perch ognuno ha i suoi problemi, le sue "inettitudini", ma l'inetto risulta forse il pi avvantaggiato nella vita, infatti, non avendo sviluppato le proprie possibilit in nessun ambito della societ ha in s un grande potenziale, che lo rende adatto ad emergere in qualsiasi situazione. L'inetto diventa dunque colui che sa osservare il mondo dal di fuori, e pu criticarlo, evidenziandone i difetti, minando alla base le certezze che lo guidano, e per questo diventa un personaggio positivo. Un'altra tematica fondamentale dell'opera sveviana, strettamente legata al tema precedente, la malattia; Svevo sostiene che i veri malati sono coloro che hanno delle certezze immodificabili su cui basano la propria esistenza e che non sanno analizzare se stessi, pertanto il confine fra sanit e malattia si assottiglia notevolmente, in un clima di malattia universale, in cui tutto soggetto ad una generale degradazione, e questo atteggiamento sintomo della crisi delle certezze che caratterizza l'inizio del '900. Altre tematiche sveviane sono la morte e il suicidio, visti come una liberazione dalle sofferenze del mondo (e da ci si allontana da Shopenauer); Svevo parla anche di degenerazione, cio vede ogni realt della natura soggetta a crescita, decomposizione e morte, e di molteplicit dell'individuo, perch nelle sue opere mostra di essere cosciente della pluralit dei piani della psiche, dell'esistenza nell'individuo di aspetti di cui neanch'egli pienamente cosciente, tutto ci rende il soggetto "multisfaccettato" e non pi unico, ma questa sua complessit che lo rende degno di interesse letterario. Ideologia e poetica A Svevo non mai interessato rientrare in quelle esperienze culturali italiane volte a superare la crisi post-risorgimentale nella valorizzazione della realt e dei problemi regionali (ad es. il Verismo). N gli premeva di ricercare nuovi miti e modelli di comportamento per una borghesia velleitaria o delusa (ad es. Decadentismo, Futurismo, ecc.). Il suo orientamento va piuttosto in direzione di una tematica esistenziale, verso la rappresentazione della solitudine e dell'aridit degli individui che avvertono con disperazione la loro incapacit di aderire alla vita. La sua poetica, in un certo senso, rientra nel vasto movimento decadentistico. Della vita dell'uomo gli interessano non i rapporti sociali, ma gli impulsi pi segreti e oscuri, che paralizzano, ovvero gli aspetti dissociati e contraddittori del pensiero e dell'agire. Nei suoi romanzi appare evidente che la solitudine e l'alienazione dei protagonisti sono manifestazioni di una "malattia mortale" che corrode non solo i singoli individui, ma l'intera societ borghese, per cui non c' alcuna speranza che la situazione possa migliorare. C' insomma un abisso incolmabile fra la consapevolezza con cui si avverte questa tragedia e la possibilit di un'azione

costruttiva: anzi, quanto pi forte la consapevolezza, tanto pi forte l'incapacit di reagire. Svevo e Pirandello, in questo senso, si somigliano molto. Svevo si inserisce perfettamente in questa scoperta dell'inconscio (fatta da Freud), che la strada anche di Proust e di Joyce, ed questa la vera novit del suo romanzo. Svevo s'interess molto di psicanalisi freudiana, che era stata divulgata negli anni successivi alla I guerra mondiale, ma il suo interesse caratterizzato da uno spirito polemico e sottilmente ironico nei confronti di questa nuova disciplina. La psicanalisi viene vista come una terapia cui il protagonista dell'ultimo romanzo si sottopone scetticamente, per giungere, quasi contro questa stessa terapia, a ricostruire da solo le motivazioni profonde del suo comportamento.

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