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NOTE E RASSEGNE

MICHELANGELO PICONE, GIUSEPPE DI STEFANO, ET PAMELA D. STEWART GENSE, CODIFICATION ET RAYONNEMENT D'UN GENRE MEDIEVAL. LA NOUVELLE Actes du Colloque International de Montral (McGill University, 14-16 octobre 1982). Montral: Plato Academic Press, 1983. 241 pp.

In questo volume si indagano le problematiche della narrativa medievale riguardanti la formazione della novella, di cui vengono delineate le modalit di sviluppo tra il XII e il XIII secolo, i generi letterari e le aree geografiche di formazione quale la Francia, l'Italia e l'Inghilterra. Il volume suddiviso in cinque parti che raccolgono venti saggi relativi a problemi teorici, al racconto breve nel Medioevo, al Decameron, alla novella in Italia nel XV secolo e alla novella in Francia nel XVI secolo. Di stampo teorico la prima parte che si apre con il saggio "La brivet comme forme" di Paul Zumthor il quale si propone di "saisir ce qu'elle [la brivet] implique" (p. 3). La brevitas connessa con l'ambiente culturale e dipende dall'oralit. La lunghezza di un testo "dans sa matrialit linguistique ne donne pas ncessairement la mesure de sa dure" (p. 4). Nell'intervento di Karl D. Uitti ("Rcit et vnements: perspective et sens") si affronta il problema della "verit" di un racconto. L'autore intende stabilire "une sorte de filiation potique, dans le but, enfin, de dmontrer l'existence de certaines analogies expressives dont la fcondit, au douzime et au treizime sicles, fut particulirement grande" (p. 9) per cui si deduce che "la valeur" (senso, verit e storicit) di ci che viene raccontato dipende dal genere di testimonianza del protagonista. Costanzo Di Girolamo e Charmaine Lee ("Writers and Reworkers: Forms of Interlextuality in

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Medieval Narrative") trattano della rielaborazione di un testo e della sua utilizzazione come fonte. Gli autori sono "concerned with some of the intertextual relationships to be found in narrative texts, from the reworking to the use of a source in the traditional sense" (p. 16). Vengono dunque trattate le tecniche riguardanti intreccio, il motivo e il tema di una fonte, e come essi possano passare ad altri testi subendo varie mutazioni. Nel complesso gli interventi "from the modification made by a scribe to the exploitation of a source from a distance (a distance that can be linguistic, literary, or cultural) may be viewed as aspects of a single phenomenon" (p. 22) alla cui base si trova "the same medieval conception of the reuse of a literary heritage that ranges from classical to contemporary texts" (pp. 22-3). La seconda parte del volume sullo statuto del racconto breve medievale inizia con il saggio di Michel Zink ("Le temps du rcit et la mise en scne du narrateur dans le fabliau et dans l'exemplum") in cui viene discussa la questione che: "la littrature est modele par le prsent du moi" (p. 27). Zink affronta due generi il fabliau e Vexemplum e dimostra che si fondono "sur une dmarche commune: imposer le prsent du monde travers la prsence d'une subjectivit" (p. 44). Luciano Rossi ("Jean Bodel et l'origine du fabliau") ci offre un'analisi comparata dei fabliaux del Gombert, del Meunier e della novella boccacciana e si sofferma su un argomento di particolare interesse: "la revendication de la nouveaut de la forme du rcit" (p. 49). Lo studioso conferma che esiste "dans la tradition du rcit en France au moyen age, un fil conducteur qui joint l'oeuvre de Jean Bodel la naissance de la nouvelle" (p. 49). Rossi considera attentamente il miscuglio di stile e di generi che conferisce originalit all'opera del Bodel e preannuncia quel nuovo genere letterario di cui Boccaccio sar il pi illustre rappresentante (p. 53). Lo studio del Rossi si conclude con un'accurata edizione critica del fabliau Gombert et des deus clers di Bodel. Dalla discussione relativa alla trasmissione del fabliau da un genere all'altro ad opera del Rossi, si passa allo studio ("Les lais de Marie de France ou le recueil comme forme") della Ollier su "un groupe de rcits autonomes" (p. 64) che comprende i lais. Tale raccolta frutto di un singolare "assemblage," privo di conjointure, che distingue in termini di struttura narrativa il lai dal fabliau e dalla novella. Peter F. Dembowski ("Traits essentiel des rcits hagiographiques") affronta le diverse versioni pervenuteci della Vie de sainte Marie l'Egyptienne, tracciandone la trasmissione e ponendo l'accento sull'agiografia volgare

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spesso trascurata come genere. Il Dembowski conclude che le versioni "prsentent grosso modo un ventail des diffrents types de rcits hagiographiques" (p. 86) provenienti sia dal fondo cosiddetto ufficiale che da quello pi moderno. La seconda parte del volume si chiude con il saggio di Paolo Cherchi ("From Controversia to Novella") in cui si tratta del modo in cui le controversiae furono adattate per poi essere trasferite nel genere della novella. A partire dal Trecento le Gesta Romanorum influenzarono molti novellieri e Cherchi studia la morfologia sia della controversia che della declamatio, vale a dire le formes simples da cui l'autore delle Gesta Romanorum ricav le forme narrative. Gli esempi tratti dalle controversiae di Seneca il vecchio e dalle declamationes dello pseudo-Quintiliano rivelano come l'autore delle Gesta Romanorum abbia riscritto declamazioni classiche. La lunga tradizione che intercorse tra la prima novellistica e le controversiae/declamazioni "met the medieval penchant for controversial arguments" (p. 95) tra cui la casistica cortese che tuttavia, e a differenza di quanto era avvenuto con le fonti classiche, non forn tematiche alla novellistica. A questo proposito Cherchi sostiene che "the courtly casuistry especially the partimens and the jeux-partis is a projection, a fictional transposition in a dialectical debate of the ambiguity of courtly love. This ambiguity is essentially a restless immobility, devoid of any action and with no narrative potential whatsoever" (p. 98). La terza parte del volume si apre con il saggio di Hans-Jrg Neuschfer ("Boccace et l'origine de la nouvelle: le problme de la codification d'un genre mdival") in cui vengono ripresentate questioni gi discusse in un suo studio precedente. Qui Neuschfer delinea brevemente il nesso tra l'exemplum e la novella; esamina un exemplum proveniente da una raccolta latina del XIII secolo dal titolo Salomon et Marcalfus e lo paragona alla novella di Ghismonda (Decameron VI, 1). Infine esamina il modo in cui il Boccaccio prende in considerazione il rapporto natura-nutritura. Alla luce delle sue ricerche Neuschfer precisa che "il est ainsi possible de prciser la diffrence entre l'exemplum et la nouvelle [...] en dpit de l'opposition entre pulsion et ducation morale, l'exemplum tranche pour un seul principe." Nel sistema dell'exemplum regna, dunque, una gerarchia ben stabilita mentre in quello della novella "on fait du rapport des deux principes une relation de bipolarit et de tension, au sein de laquelle les deux ples ont fondamentalement les mmes droits"; ci spiega che le esigenze dei
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due principi di natura e nutritura non possono che "faire l'objet de compromis particuliers" (p. 108). L'opposizione esistente tra desiderio (natura) e norma (nutritura) distingue la novella del Boccaccio dalle altre forme narrative. La novella di Chichibio viene studiata da Michelangelo Picone ("Dal fabliau alla novella: il caso di Chichibio [Decameron VI.4]") che paragona le strutture e gli elementi culturali in essa presenti con un fabliau delle Perdriz perch in quest'ultimo componimento "le similarit e le diversit con la novella boccacciana, sia al livello del contenuto (dell'evoluzione dell'intreccio) sia al livello dell'espressione (della realizzazione linguistica della storia), possono essere colte in maniera per cos dire esemplare e paradigmatica" (pp. 112-13). Dopo aver segmentato il testo delle Perdriz in tre parti (prologo, narrazione ed epilogo), Picone passa ad un'analisi altrettanto ben articolata della novella boccacciana. L'articolo, che si apre con alcune considerazioni sulla "parola" ("tratto distintivo della civilt umana" [p. 111] la cui realizzazione si manifesta nell'arte del racconto), si conclude con il trionfo della parola nella novella di Chichibio. Secondo Picone proprio questo trionfo della parola l'elemento che distingue la novella dal fabliau: "in tale prospettiva ogni novella pu essere definita come una metanovella, nella misura in cui riesce a coinvolgere lo stesso processo artistico sottostante alla sua composizione; in quanto riesce cio ad innalzare l'arte della parola, e quindi l'arte del racconto" (p. 122). La discussione sul Boccaccio viene ulteriormente approfondita da Antonio D'Andrea ("Esemplarit, ironia, retorica, nella novella interrotta del Decameron"), il quale si dedica alla spiegazione della novella delle papere da lui ritenuta interrotta incompleta, tenendo ben presente i tre elementi (esemplarit, ironia, e retorica) a suo avviso indispensabili per una corretta comprensione del testo. D'Andrea ritiene che si tratti di un apologo per "il grande rilievo retorico ed insistente uso delle metafore" (p. 123). Quanto alla dichiarata incompletezza della novella, essa va attribuita, sia alla sua funzione esemplare, che si esplica col suo "fermarsi all'ammirazione del giovane per le donne e alla naturale attrazione che esse esercitano su di lui" (p. 126) e con l'evitare, quindi, gli sviluppi erotici che ne avrebbero spostato il fine, sia alle ironiche pretese di modestia dell'autore. Per D'Andrea "l'insistenza del Boccaccio sul 'difetto' della novella , dunque, un'implicita asserzione dell'importanza che egli annette all'epilogo, dal punto di vista della sua codificazione della novella" (p. 128).

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Tutto incentrato sull'articolazione lessicale della bellezza femminile nel Decameron poi l'articolo di Pamela Stewart ("Lessico e casistica della bellezza femminile nel Decameron"). Il tema della bellezza femminile "solo in pochissimi casi [...] costituisce [...] oggetto di amplificatio" (p. 131) e "la variet delle combinazioni potrebbe difficilmente essere considerata, data la distanza delle occorrenze, come risultato di una preoccupazione stilistica. Essa se mai indizio della puntuale attenzione del Boccaccio alla variet delle situazioni e dei personaggi in esse coinvolti [...] si tratta [...] di variazioni, sul tema di una costante erotica, comune a tipi fisici e umani molto diversi, collocati in situazioni diverse e a diversi livelli sociali" (p. 138). Il contributo di Lisa M. Muto ("La novella portante nel Decameron: la parabola del piacere") verte infine sulla cornice in generale, vale a dire "sulla vita della lieta brigata, prescindendo per quanto possibile dal suo rapporto con le novelle" (p. 145). La studiosa vuole dimostrare che la novella portante ha uno sviluppo parabolico che raggiunge il livello massimo "quando la brigata acquista la naturalezza onesta e innocente che necessaria per il passaggio alla Valle delle Donne" (p. 151). Dopo di che si attua una discesa e il ritorno va visto come un ritiro sia dalla Valle delle donne che dalla campagna. La quarta parte del volume tratta della novella in Italia e si apre con il contributo di Armando Balduino ("Fortuna e sfortune della novella italiana fra tardo Trecento e primo Cinquecento") il quale indica subito "una duplice esigenza: da un lato l'invito a ricavare diagrammi di geografia letteraria [...] dall'altro la necessit di considerare i singoli episodi [...] entro la complessa parabola del boccaccismo" (p. 157). La fortuna del Boccaccio romanziere si esemplifica meglio in alcuni testi del Piccolomini, dell'Alberti, del Gherardi da Prato, del Caviceo e del Colonna. La fortuna del Decameron fece mutare l'intero panorama della narrativa italiana, basti tenere conto della raccolta di Assempri del senese Filippo degli Agazzari. Le raccolte di "novellieri di professione" (Sacchetti, Sercambi, Ser Giovanni di Firenze, Sennini, Sabbadino degli Arienti, Masuccio Salernitano) furono decisamente ispirate al Decameron. Dopo aver discusso le produzioni novellistiche apparse negli ambienti culturali di Firenze, Venezia, e della corte aragonese, Balduino conclude che il Decameron dispiega "una vasta gamma di tipi narrativi," una variet di cui non si trova l'uguale nei novellieri discussi; in essi, infatti, risulta netta "la preferenza accordata alle strutture pi elementari (novella esemplare, contrasto, mimo)" (p. 168). La

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novellistica post-decameroniana si rif raramente all'intreccio elaborato dal Boccaccio e, non sempre possibile riscontrare un'imitazione dello stile del Boccaccio un'eloquenza paragonabile a quella dell'autore del Decameron. Nell'articolo seguente ("Dal cantare romanzesco al cantare novellistico: vicissitudini di una forma"), Maria Bendinelli Predelli "adotta il metodo del confronto fra generi narrativi diversi, in particolare fabliau, novella, cantare, scelti per quanto possibile fra quelli che hanno la stessa trama" (p. 174), riconducendoci al Boccaccio, il cui genere di narrazione nel Decameron consta di quel tipo di discorso "atto a produrre l ' e l l u s i o n e del reale." La Bendinelli Predelli punta l'attenzione "sul cantare, e sull'evoluzione che si verifica nell'accoppiamento fra trama novellistica e composizione in ottava rima" (p. 175) e, dopo un'attenta analisi, conclude che nonostante il cantare tenti "di adeguarsi alla struttura novellistica spostando il centro d'interesse su elementi interni al racconto" (p. 188) non si arriva mai ad abbracciale gli elementi "realistici" connessi alla novella boccacciana perch il cantare "si rif [...] al linguaggio e agli stilemi degli antichi poemi cavallereschi" (p. 188). Lo studio di Franco Fido ("Fra Decameron e Cortegiano: l'autunno della novella nei Diporti del Parabosco") chiude la quarta parte del volume concentrandosi su Girolamo Parabosco, poligrafo che operava nella Venezia cinquecentesca e autore dei Diporti (1550), una raccolta di novelle che si presta "allo studio dell'uso [...] che si poteva fare del Decameron nel pieno Rinascimento" (p. 189). Anche nei Diporti ci si trova in presenza di un gruppo di novellatori i quali tuttavia, diversamente da quanto avviene nel Boccaccio, non sono costretti a lasciare la citt per fuggire un cataclisma ma solo per trovare riparo dal cattivo tempo. Fido avverte che la scelta allora "determinata da una 'poetica del piacere' [...] che va assaporato non proprio fuori, ma ai margini del centro politico [...] in una zona dove la realt si smorza" (p. 190). Sia la scelta degli interlocutori (gentiluomini tipici della societ dell'epoca) che la ricerca di un passatempo "utile e piacevole" (p. 191) ci riportano al Cortegiano. Nel corso dell'opera del Parabosco ricorrono giochi combinatori, imitazioni e variazioni su temi boccacciani specialmente in quelle novelle "che si prestano pi facilmente a una riduzione di tipo teatrale" (p. 193), ma permane la netta distinzione di lingua e di tono fra commedia e novella. Fido conclude affermando: "Nei Diporti la letteratura, ci che ne resta in forma di repertorio, serve a decorare la vita, che a sua volta aspira a dissolversi nella letteratura" (p. 196).

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La quinta parte: sulla novella in Francia, si apre con il contributo di Per Nykrog ("Entre le fabliau et la nouvelle: rflexions sur une longue absence"), in cui lo studioso indaga "la rupture [...] entre la floraison du lai, du fabliau, etc., en France, et la floraison de la nouvelle bien plus d'un sicle plus tard" (p. 199), e ne trova la spiegazione nella vita culturale del periodo in cui la produzione letteraria era "ple et pour ainsi dire impuissante comme invention cratrice nouvelle" (p. 200). Lo studioso-specialista dei fabliaux prosegue la sua indagine traendo spunti dalle Cent nouvelles nouvelles, dall'Histoire de Jehan de Saintr et de la Dame des Belles Cousines e conclude che "si la littrature peut servir de baromtre pour un tat de civilisation, on pourra conclure de la longue et a priori surprenante absence de ce genre de contes dans la littrature franaise un tat de civilisation qui n'admettait pas [...] les infractions la Rgle" (p. 204). Per concludere Nykrog afferma che le Quinze Joyes de mariage, opera che raccoglie "textes extraordinaires" (p. 205) considerati da alcuni studiosi come appartenenti al genere della novella, rappresenta un'infrazione alla regola perch nelle Quinze Joyes si ha "un moyen technique extraordinaire et dconcentrant, qui consiste racconter avec vivacit un scandale individuel, dans la meilleure tradition du fabliau et de la nouvelle, tant en le prsentant comme la rgle elle-mme" (p. 207). Il contributo di Deborah . Losse ("Modes du rcit dans la nouvelle franaise du seizime sicle") ha lo scopo di analizzare la rappresentazione del discorso in tutte le sue forme. stato attestato da pi studiosi che la novella frutto della tradizione orale, il che spiega il ruolo dominante del dialogo. I racconti di Bonaventure Des Prirs e di Margherita di Navarra rappresentano "les deux ples du continuum narratif (p. 209). Nel caso delle Nouvelles Rcrations et Joyeux Deus, il Des Prirs conscio del fatto che "c'est le dialogue qui ranime le rcit pur, d'o vient l'agencement des deux modes dans la structure du conte" (p. 209). A differenza del Des Prirs che utilizza l'elemento comico, nell'Heptamron Margherita di Navarra sfrutta l'aspetto psicologico del dialogo per accentuare il gioco dei rapporti umani. La Losse aggiunge che "la disposition entre discours narrativis, discours direct et discours indirect est plus quilibre que dans les nouvelles de Des Prirs" (p. 212), che comunque si avvicinano maggiormente alle "origines de la nouvelle franaise o tous les lments du rcit prparent la pointe ou le bon mot la conclusion" (p. 215). L'opera di Margherita di Navarra viene esaminata anche da Isida Cremona ("Les Cordeliers et la notion de justice dans l'Heptamron de

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Marguerite de Navarre") per provare il fondamentale ed estremo attaccamento della regina di Navarra alle strutture sociali tradizionali (p. 223), il che spiega la sua presa di posizione contro i Cordelieri. Il volume si chiude con l'articolo di Jane Everett ("La langue figure dans la nouvelle") in cui la studiosa espone le conclusioni a cui giunta dopo uno spoglio delle locuzioni figurate di stampo "socio-sessuale" in testi narrativi medio-francesi. Il volume degli atti del convegno di Montreal rappresenta un eccellente esempio del sempre crescente interesse suscitato dal filone novellistico e dei rinnovati tentativi della critica per una maggiore comprensione del genere, della sua genesi e del suo sviluppo. A Picone, a Di Stefano e alla Stewart va il merito di aver riunito gli studiosi forse pi rappresentativi di tendenze e metodologia diverse, e di aver offerto con questo volume sia un ottimo strumento di lavoro che un invito ad ulteriori studi e letture. ENRICO VICENTINI Victoria University (University of Toronto), Toronto, Ontario

NOTA
Hans-Jrg Neuschfer, Boccacio und der Beginn der Novelle. Strukturen der Kurzerzhlung auf der Schwelle zwischen Mittelalter und Nuezeit (Mnchen: W. Fink, 1969).
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