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Il manicomio di Reggio Emilia nasce come lebbrosario nel XII secolo, ma diviene luogo di ricovero riservato all'assistenza degli

alienati solo nel corso del Settecento. Nel 1821 ne assume la direzione il medico Antonio Galloni, il quale pone mano a un'operazione di rinnovamento della vita dell'istituto: ispirandosi ai principi della moderna alienistica francese, abolisce i primitivi e diffusi sistemi repressivi e organizza numerose attivit lavorative in cui vengono occupati i ricoverati. Negli anni della direzione Galloni la fama del manicomio reggiano cresce tanto da fare dell'istituto "uno dei pochi ospizi pubblici a cui ricorressero anche famiglie agiate [...] per collocarvi i loro malati". La sua struttura viene ampliandosi: l'istituto diviene una vera e propria "cittadella", costituita da numerosi padiglioni, presso i quali gli ammalati vengono occupati quotidianamente nei lavori agricoli. La fine dell'"era Galloni" segna un momento di crisi del manicomio. Sotto la direzione di Luigi Biagi le condizioni di vita dei ricoverati peggiorano progressivamente. Toccher a Ignazio Zani, succeduto a Biagi nel 1871, por mano a un'operazione di rinnovamento e rinascita dell'Istituto. Ma nel 1873 la morte prematura di Zani impone un nuovo cambio della guardia. Arriva allora a Reggio Emilia Carlo Livi. Il nuovo direttore ha la ferma intenzione di fare del San Lazzaro un punto di riferimento non solo dell'assistenza psichiatrica, ma anche della ricerca scientifica. Vanno lette in questa direzione le sue iniziative: la creazione di un sodalizio con la Clinica psichiatrica dell'Universit di Modena; l'organizzazione di una ricchissima biblioteca; l'allestimento di un museo craniologico; la fondazione della Rivista sperimentale di freniatria. Questa idea del manicomio come luogo di cura e centro di ricerca verr tenuta ferma dal successore di Livi, Augusto Tamburini. Docente di psichiatria a Modena, Tamburini arriva a Reggio Emilia nel 1877. Subito si impegna per il potenziamento dell'attivit di ricerca, istallando nel manicomio i laboratori scientifici di batteriologia, chimica, istologia, psicologia sperimentale. Presso quest'ultimo svolgono le loro ricerche Gabriele Buccola, Giulio Cesare Ferrari e Giuseppe Guicciardi. Sotto la sua direzione l'istituto diventa un punto di riferimento imprescindibile per quanti vogliano dedicarsi alle "scienze della mente". Vi lavoreranno, tra gli altri, personaggi come Enrico Morselli, Eugenio Tanzi, Camillo Golgi, Luigi Luciani, Giuseppe Seppilli, Ernesto Belmondo, Arturo Donaggio, Carlo Ceni, Carlo Besta, Francesco De Sarlo e Augusto Giannelli. La direzione di Tamburini lunga: dura dal 1877 al 1907, anno in cui gli succede Giuseppe Guicciardi. Il manicomio ha a quel punto una propria distinguibile fisionomia: diventato un centro di cura e di ricerca rinomato sia in Italia che all'estero. Dopo la prima guerra mondiale, durante la quale diviene sede del Centro di raccolta per militari affetti da disturbi mentali, il San Lazzaro sviluppa un centro di assistenza neuropsichiatrica infantile (1921): la Colonia-Scuola Marro. La seconda guerra mondiale segna invece un momento di grande crisi e difficolt per il manicomio. Nel 1944 subisce infatti ingenti danni a seguito dei bombardamenti. Vengono chiuse le ammissioni di nuovi ammalati. Si riapriranno solo nel 1945 e saranno seguite da un vertiginoso incremento dei ricoverati.

Negli anni sessanta, dopo una parentesi postbellica segnata da un impiego massiccio nel manicomio degli psicofarmaci, si avvia all'interno dell'istituto un processo di radicale trasformazione terapeutica e assistenziale. "Ne testimonianza il convegno del 1970 su psichiatria ed enti locali, organizzato proprio a Reggio: un incontro di importanza storica dal quale emerse con chiarezza la volont di sottrarre l'assistenza psichiatrica alla dimensione manicomiale e di inserirla nella rete decentrata delle unit sanitarie locali". Il manicomio di Reggio Emilia nasce come lebbrosario nel XII secolo, ma diviene luogo di ricovero riservato all'assistenza degli alienati solo nel corso del Settecento. Nel 1821 ne assume la direzione il medico Antonio Galloni, il quale pone mano a un'operazione di rinnovamento della vita dell'istituto: ispirandosi ai principi della moderna alienistica francese, abolisce i primitivi e diffusi sistemi repressivi e organizza numerose attivit lavorative in cui vengono occupati i ricoverati. Negli anni della direzione Galloni la fama del manicomio reggiano cresce tanto da fare dell'istituto "uno dei pochi ospizi pubblici a cui ricorressero anche famiglie agiate [...] per collocarvi i loro malati". La sua struttura viene ampliandosi: l'istituto diviene una vera e propria "cittadella", costituita da numerosi padiglioni, presso i quali gli ammalati vengono occupati quotidianamente nei lavori agricoli. La fine dell'"era Galloni" segna un momento di crisi del manicomio. Sotto la direzione di Luigi Biagi le condizioni di vita dei ricoverati peggiorano progressivamente. Toccher a Ignazio Zani, succeduto a Biagi nel 1871, por mano a un'operazione di rinnovamento e rinascita dell'Istituto. Ma nel 1873 la morte prematura di Zani impone un nuovo cambio della guardia. Arriva allora a Reggio Emilia Carlo Livi. Il nuovo direttore ha la ferma intenzione di fare del San Lazzaro un punto di riferimento non solo dell'assistenza psichiatrica, ma anche della ricerca scientifica. Vanno lette in questa direzione le sue iniziative: la creazione di un sodalizio con la Clinica psichiatrica dell'Universit di Modena; l'organizzazione di una ricchissima biblioteca; l'allestimento di un museo craniologico; la fondazione della Rivista sperimentale di freniatria. Questa idea del manicomio come luogo di cura e centro di ricerca verr tenuta ferma dal successore di Livi, Augusto Tamburini. Docente di psichiatria a Modena, Tamburini arriva a Reggio Emilia nel 1877. Subito si impegna per il potenziamento dell'attivit di ricerca, istallando nel manicomio i laboratori scientifici di batteriologia, chimica, istologia, psicologia sperimentale. Presso quest'ultimo svolgono le loro ricerche Gabriele Buccola, Giulio Cesare Ferrari e Giuseppe Guicciardi. Sotto la sua direzione l'istituto diventa un punto di riferimento imprescindibile per quanti vogliano dedicarsi alle "scienze della mente". Vi lavoreranno, tra gli altri, personaggi come Enrico Morselli, Eugenio Tanzi, Camillo Golgi, Luigi Luciani, Giuseppe Seppilli, Ernesto Belmondo, Arturo Donaggio, Carlo Ceni, Carlo Besta, Francesco De Sarlo e Augusto Giannelli. La direzione di Tamburini lunga: dura dal 1877 al 1907, anno in cui gli succede Giuseppe Guicciardi. Il manicomio ha a quel punto una propria distinguibile fisionomia: diventato un centro di cura e di ricerca rinomato sia in Italia che all'estero. Dopo la prima guerra mondiale, durante la quale diviene sede del Centro di raccolta per militari affetti da disturbi mentali, il San Lazzaro sviluppa un centro di assistenza neuropsichiatrica infantile (1921): la Colonia-Scuola Marro.

La seconda guerra mondiale segna invece un momento di grande crisi e difficolt per il manicomio. Nel 1944 subisce infatti ingenti danni a seguito dei bombardamenti. Vengono chiuse le ammissioni di nuovi ammalati. Si riapriranno solo nel 1945 e saranno seguite da un vertiginoso incremento dei ricoverati. Negli anni sessanta, dopo una parentesi postbellica segnata da un impiego massiccio nel manicomio degli psicofarmaci, si avvia all'interno dell'istituto un processo di radicale trasformazione terapeutica e assistenziale. "Ne testimonianza il convegno del 1970 su psichiatria ed enti locali, organizzato proprio a Reggio: un incontro di importanza storica dal quale emerse con chiarezza la volont di sottrarre l'assistenza psichiatrica alla dimensione manicomiale e di inserirla nella rete decentrata delle unit sanitarie locali".

Strumenti di Contenzione e Terapia


La questione della contenzione fisica accompagna da sempre la storia della psichiatria. Latto di Pinel (1794), che simbolicamente d avvio alla nuova scienza psichiatrica, apparentemente libera gli individui folli reclusi al Bictre da "ceppi e catene" per collocarli in un nuovo spazio, il manicomio, utile allo sviluppo degli studi e della cura della follia. In effetti il nuovo progetto terapeutico, che prende il nome di trattamento morale, si accompagna fin da subito ad atti costrittivi: "il trattamento morale lunico ad avere uninfluenza diretta sui sintomi della follia.. presuppone limpiego ragionato di tutti i mezzi che agiscono direttamente sullintelligenza e sulle passioni degli alienati". Le catene lasciano il posto a nuovi mezzi di coercizione: sedie di contenzione, cinture di cuoio, manette, collari, camicie di forza. Nel corso dell800 rimane inascoltata lesperienza condotta da Conolly (1856) che abolisce ogni forma di contenzione fisica allinterno di un ospedale psichiatrico inglese. Agli inizi del 900 si discute a lungo allinterno della comunit psichiatrica italiana, circa lopportunit di abolire i mezzi di contenzione; il dibattito tuttavia non modifica la pratica coercitiva che rimane pressoch inalterata fino agli anni 60-70, allorch nellambito dei profondi cambiamenti che produrranno il superamento dellOspedale Psichiatrico, la contenzione fisica viene denunciata e combattuta come espressione di una pratica violenta e disumana, antitetica a qualunque tipo di terapia. Tutto ci non ha evitato che la pratica della contenzione fisica si diffondesse di nuovo ai giorni nostri. > Indice schede

Stigma, psichiatria e malati psichici

Lo Stigma, il marchio indelebile che caratterizza il malato psichico e si proietta sul gruppo sociale di appartenenza, ancora oggi uno dei principali ostacoli ai programmi di terapia e di assistenza dei pazienti psichiatrici, che continuano a rimanere discriminati e ghettizzati, perch della pazzia ancora ci si vergogna.

inimmaginabile una psichiatria priva di riferimenti e di rimandi sociali. Anzi, di pi, la psichiatria probabilmente il settore delle scienze mediche nel quale risulta particolarmente evidente come i fattori ambientali giochino un ruolo fondamentale, ruolo spesso non inferiore a quello dei fattori di ordine biologico, nello spiegare la genesi, il decorso, gli esiti e i risultati dei trattamenti delle diverse forme di disagio psichico. Innumerevoli sono i passi avanti che sono stati attuati, ma diversi interrogativi e criticit ancora permangono. Grazie ad un insieme di normative, si sono gettate le basi per creare le condizioni per andare al di l dello stigma e della discriminazione nei confronti delle persone che soffrono di disagio mentale, restituendo loro, almeno in parte, la possibilit di sviluppare la consapevolezza e la garanzia dei fondamentali diritti della persona umana. Si tratta di una questione di "cultura", secondo Alarcn, la quale svolge alcune fondamentali funzioni rispetto alla psicopatologia. La prima consiste nel farsi strumento rappresentativo ed esplicativo poich serve a dare un senso al disturbo psichico, rendendolo cos meno patologico; un'altra funzione della cultura quella patogena e patoplastica. Alcuni eventi culturali, infatti, possono contribuire alla genesi di un disturbo oppure proprio la cultura pu plasmare vari aspetti della mente umana, come ad esempio il contenuto di deliri o allucinazioni, il significato di manifestazioni ansiose e il significato dei sintomi. Avendo trasformato ogni problema ed emozione umana in una malattia mentale, la psichiatria ha assunto il ruolo di autorit sulle faccende umane con drammatici effetti sulla vita di miliardi di persone e ingenti e macabri ricavi per le aziende farmaceutiche. Pomposamente, inoltre, illustri psichiatri partecipano a varie trasmissioni televisive rispondendo ad ogni domanda come se sapessero ogni cosa e tutti sono pronti a prendere come oro colato ogni singola sillaba proferita. Dagli aspetti relazionali e sociali della psichiatria nasce cos il problema dello stigma e della stigmatizzazione. Succede cio che la psichiatria, ma anche altre discipline mediche per la verit, rimangono condizionate da pregiudizi nuovi e vecchi. Pregiudizi che offuscano e sviliscono non solo le persone che soffrono ma anche i curanti, gli oggetti terapeutici e le modalit curative, con possibili effetti a cascata.

Importante rimane l'interpretazione della malattia mentale come devianza: "La follia - afferma Jervis - anzitutto un giudizio di devianza; in pratica il nome che si d a certe violazioni delle regole del vivere sociale". La diagnosi psichiatrica non avrebbe un valore scientifico, ma dipenderebbe da categorie socioculturali ed etichetterebbe le persone non corrispondenti a un determinato modello sociale secondo i passaggi: deviante, non normale, anormale, malato. Alla psichiatria spetterebbe quindi una funzione organica al "sistema": farsi carico dei devianti, provvedere al loro recupero e reinserimento sociale e, nel caso non fosse possibile, garantire la loro esclusione per mezzo dell'istituzionalizzazione. Questi concetti vengono spesso integrati in una concezione marxista, per cui la malattia psichica conflitto psichico, ripercussione di contraddizioni e di tensioni sociali. Come, secondo Marx la storia storia della lotta di classe, cos, per una psichiatria di orientamento marxista, la storia del malato una storia di oppressione. Quindi, secondo lo psichiatra Franco Basaglia "l'unica possibilit che ci resta di conservare il legame del malato con la sua storia - che sempre storia di sopraffazioni e di violenze mantenendo chiaro da dove provenga la sopraffazione e la violenza".

La trasformazione dei modelli di assistenza psichiatrica ha determinato inoltre un aumento del carico esercitato dai pazienti psichiatrici sulle famiglie. La valutazione del carico familiare e della disabilit sociale insieme alle ricerche sui costi e sulle prestazioni sono diventate cos strumenti necessari per un corretta organizzazione dei servizi di salute mentale. I bisogni delle famiglie ed il funzionamento sociale del paziente sono utili strumenti per valutare lefficacia degli interventi psichiatrici e per programmare, ad opera del servizio territoriale, interventi specifici atti alla cura delle varie psicopatologie. Una moderna psichiatria dal volto umano quella quindi che si immerge nel grande grembo della filosofia per cercare di analizzare e comprendere fino in fondo il buio in cui affonda lanimo umano, la sua disperata richiesta di senso. E quella che ha trasformato in esperienze alternative di diagnosi e cura lapproccio fenomenologico del grande medico svizzero Binswanger, la daseinanalyse di Heidegger, la prospettiva esistenzialista sartriana della libert e dellindividualit. E quella, soprattutto, che ha abbattuto i muri dei manicomi lager dove la diversit o la semplice sofferenza mentale venivano trattate da aberrazioni della natura, nascoste alla sensibilit collettiva, sequestrate e violentate con elettroshock, contenzione, psicofarmaci, tecniche di isolamento e stigmatizzazione.

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