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IMPIANTOLOGIA

IMPIANTI: Sono dispositivi che, fondamentalmente hanno la funzione di sostituire gli elementi dentari nel loro compito di supportare le protesi. Possono essere distinti in 2 grandi categorie: gli impianti iuxtaossei vengono appoggiati allosso; la loro collocazione avviene tra il periostio e losso. (periostio=membrana di natura connettivale che riveste tutte le ossa tranne una cartilagine). Si presentano sotto forza di griglie metalliche dalla cui superficie superiore sporgono dei pilastri metallici destinati a supportare la protesi. Per la loro stabilit fondamentale che essi siano i pi estesi possibili e quanto pi conformati alla superficie ossea. Per aumentare la stabilit di questo tipo di impianti possibile fare ricorso a un uso di microviti che, attraversano a tutto spessore il corpo dellimpianto, si avvitano nellosso.

IMPIANTI ENDOOSSEI
E la tipologia di impianto di pi frequente utilizzo e si caratterizzano per il fatto che viene ubicata allinterno dellosso. Possono essere di varie tipologia: ad ago, a lama e impianti a vite; questi ultimi possono essere di tipo osteointegrato ( i pi moderni) e non osteointegrati. IMPIANTI AD AGO: Sono impianti che non si utilizzano mai singolarmente, ma a tripode (tre impianti infissi nellosso con andamento divergente e partenti da un unico punto). Non vengono mai utilizzati come pilastri terminali ma solo come pilastri intermedi. Dal punto di vista strutturale presentano un corpo cilindrico, una estremit a lama, e una testa detta nodo dinserzione, che la porzione del impianto che sporger nel cavo orale. IMPIANTI A LAMA: Sono degli impianti caratterizzati da un corpo sottile ma esteso. Il corpo presenta delle fenestrature che, permettendo la ricrescita dell osso sono in grado di garantire la stabilit dellimpianto. Dal margine superiore del corpo prendono origine dei pilastri implantari i quali supporteranno la protesi. Sono state proposte da muratori lame universali caratterizzate dal fatto di avere un corpo di dimensioni standard, ma individualizzabile dallodontoiatra.. IMPIANTI A VITE: Sono impianti che possono essere di tipo osteointegrato o di tipo non osteointegrato. Quelli di tipo non osteointegrato vengono avvitati nellosso con il quale contraggono un semplice rapporto di contiguit. Gli impianti osteointegrati, invece, contraggono con losso nel quale sono inseriti un vero e proprio rapporto di continuit. Questo grazie alla generazione di legami chimici tra la superficie esterna dellimpianto, sulla quale si crea uno strato di ossido di titanio, e il tessuto osseo. Le viti non osteointegrate sono costituite da 3 porzioni: la testa che sporge nel cavo orale, il collo, pi ristretto della testa e che occupa lo spessore della corticale ossea e della mucosa, e il corpo, che la porzione dellimpianto infissa nellosso. Le viti non osteointegrate possono essere a corpo pieno oppure a corpo cavo. Quelle a corpo cavo permettono la ricrescita dellosso tra le spire, per qui aumenta la ritenzione della vite nellosso. E da notare, a proposito dellcollo della vite, che la sua ristrettezza rispetto al corpo utile per evitare, nella fase di inserimento, le invaginazioni della mucosa, le quali potrebbero portare a ristagno della placca batterica con possibili fenomeni infiammatori della mucosa perimplantare.

Stefan Krstic

GLI IMPIANTI A VITE OSTEOINTEGRATI


Sono impianti di ultima generazione e si caratterizzano per il fenomeno del osteointegrazione, cio per la connessione diretta che si viene a stabilire tra limpianto e losso. Ne esistono di 2 tipologie fondamentali: a vite e a cestello. Quelli a cestello sono privi di filettatura, pertanto presentano un corpo cilindrico sprovvisto di spire. Losteointegrazione con questo tipo di impianti risulta fondamentale, in quanto lunico mezzo che permette di stabilizzare limpianto nellosso. Talvolta questi impianti sono provvisti di una fenestratura apicale. Gli impianti osteointegrati a vite, invece, si caratterizzano per il corpo filettato che perette di scaricare i carichi masticatori allosso anche per il tramite delle pareti laterali. Ai fini della stabilit, per questa tipologia di impianti losteointegrazione non un fattore determinante. Ambedue tipologie di impianti (fixture) possono essere nudi oppure rivestiti; quelli rivestiti presentano uno strato di idrossiapatite. Le componenti fondamentali di una struttura implantare osteointegrata sono 5: il pilastro implantare (abutment), la vite di copertura, il tappo di guarigione, limpianto vero e proprio (fixture) e la vite di bloccaggio. IMPIANTO VERO E PROPRIO (FIXTURE): la componente implantare che viene posizionata nellosso dopo avere preparato il sito implantare. Zona implantare dellimpianto vero e proprio il collare implantare, il quale permette la connessione con il pilastro. Fondamentalmente i collari implantari possono essere di 2 tipi: rotondi e esagonali. Quelli rotondi non sono antirotazionali, percui non opportuno utilizzare impianti con questa tipologia di collare per protesizzare i singoli denti. LA VITE DI COPERTURA: chiude limboccatura del impianto e rimane al di sotto dei tessuti per tutto il tempo del osteointegrazione (3 mesi per il mascellare inferiore, circa 6 mesi per quello superiore). Questa vite viene collocata appena posizionato limpianto. TAPO DI GUARIGIONE: viene posizionato a osteointegrazione avvenuta una volta incisa la mucosa ed il periostio. La sua morfologia permette di conformare la mucosa in modo tale che sia in grado di adattarsi al futuro pilastro; infatti il tappo di guarigione presenta un corpo la cui morfologia riprende quella del pilastro implantare. Esso ha anche la funzione di proteggere limboccatura dellimpianto. I COLLARI IMPLANTARI( COLLARE IMPLANTARE= la porzione superiore dellimpianto che entra in contatto con il pilastro): esagonali, invece sono del tipo anti-rotazionale; lesagono pu essere in rilievo o a incastro. E ovvio che la connessione tra limpianti e il pilastro, in questo caso, avviene per il tramite di una vite che attraversa il corpo del pilastro e si va ad avvitare nellimpianto. I PILASTRI IMPLANTARI: rappresentano la componente implantare destinata a supportare la protesi. Ne esistono vi varie tipologie; tuttavia vi si possono distinguere 3 porzioni fondamentali: una testa, un corpo e una base. La testa entra in connessione con la protesi e pu essere di tipo circolare, di tipo troncoconico rotondo oppure di tipo troncoconico ad incastr. La testa circolare permette la rotazione della protesi sul pilastro, per cui non va utilizzata nel caso di monoimpianti, a meno che non si creino punti antirotazionali. I pilastri a testa troncoconica sono vantaggiosi nel caso di piccoli disparallelismi tra gli impianti.
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Si sfrutta, in questo caso langolo di conicit che, per, e dato dalla somma degli angoli di conicit dei singoli pilastri. Il limite oltre il quale, comunque, non si pu andare di 30. La testa di questi pilastri pu essere anti-rotazionale se, anzich essere liscia, presenta delle superfici piane. Il corpo del pilastro ha la funzione di superare lo spessore mucoso e di portare, quindi, la testa al di sopra del piano mucoso. La base del pilastro la struttura che connette il pilastro al impianto per il tramite del collare implantare; deve essere complementare a questo. Unaltra tipologia di pilastri rappresentata da quelli preangolati. Essi vengono utilizzati in caso di disparallelismi tra impianti oppure tra impianti e dentatura residua. Questi pilastri sono sempre a base esagonale e presentano angolazioni diverse tra lasse della testa e lasse del corpo. Unulteriore tipologia di pilastri rappresentata dal pilastro-moncone. Questi pilastri si differenziano da quelli tradizionali per il fatto di possedere un corpo ed una testa pi lunghi del normale; essi vengono adattati alle singole necessit direttamente nel cavo orale o sul modello in gesso. In questo caso la protesi sul pilastro viene cementata. Possono essere metallici oppure calcinabili. ANELLO DI CONGIUNZIONE: la struttura implantare destinata a collegare la protesi al pilastro. Deve essere complementare al pilastro implantare; pu essere di tipo metallico o calcinabile. In questo caso, per potersi adattare perfettamente al pilastro implantare deve essere soggetto ad alesatura. VITE DI BLOCCAGGIO: la componente della struttura implantare che permette di fissare la protesi al pilastro, nel cui corpo viene avvitata. La testa di questa vite pu essere a taglio( in questo caso per il serraggio si utilizza un apposito gira viti, oppure a brugola). Le ditte produttrici di sistemi implantari danno indicazioni di quale debba essere la forza di serraggio della vite, al fine di evitarne il danneggiamento. In questo caso opportuno utilizzare delle apposite chiavi (chiavi dinamometriche) che forniscono lindicazione della forza di serraggio che si sta applicando alla vite di bloccaggio. TRASFERIMENTO DELLA POSIZIONE DELLIMPIANTO DAL CAVO ORALE AL MODELLO IN GESSO Questa operazione di fondamentale importanza in quanto consente al odontotecnico di lavorare in condizioni simili a quelli presenti nel cavo orale del paziente. Anche minimi errori, in questa fase, possono compromettere la riuscita del lavoro. Per questa operazione necessario utilizzare 2 elementi: un transfer e un analogo da laboratorio. Il transfer ha la funzione di rilevare la posizione dellimpianto nel cavo orale del paziente e trasferire questa posizione nel modello in gesso. Lanalogo da laboratorio, invece, sostituisce limpianto vero e proprio nel modello in gesso. I transfer possono essere di 2 tipologie fondamentali: quelli riposizionabili e quelli non riposizionabili. Il transfer riposizionabile un transfer che viene avvitato distalmente sullimpianto. Un transfer non-riposizionabile, invece, viene fissato allimpianto per il tramite di una vite secondaria, il cui corpo lungo tanto da permetterle di attraversare lo spessore del materiale da impronta e del cucchiaio e di sporgere nel cavo orale.

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TECNICHE DI RILEVAMENTO TRANSFER RIPOSIZIONABILI (non corpo ritentivo) Lodontoiatra avvita direttamente il transfer sullimpianto presente nel cavo orale; quindi procede al rilevamento dellimpronta. Avvenuta la polimerizzazione del materiale da impronta, estrae il cucchiaio e svita il transfer dellimpianto presente nel cavo orale. A questo punto riposiziona, con la massima attenzione il transfer nellimpronta; il minimo errore in questa fase, determina un posizionamento non corretto dellanalogo da laboratorio, nel modello in gesso. Se la fase successiva viene eseguita in laboratorio, lodontotecnico avvita lanalogo sul transfer e cola il modello in gesso. Una volta che il gesso ha fatto presa, estrae il cucchiaio e svita il transfer dallanalogo. TRANSFER NON-RIPOSIZIONABILI (corpo ritentivo) Lodontoiatra fissa il transfer allimpianto presente nel cavo orale utilizzando una apposita vite caratterizzata da un corpo lungo tanto da superare lo spessore del materiale da impronta e del cucchiaio e permetterle di sporgere nel cavo orale. Limpronta viene rilevata con un cucchiaio che presenta un foro in corrispondenza dellimpianto e, quindi, del corpo della vite. A polimerizzazione avvenuta del materiale da impronta, svita la vite di bloccaggio del transfer ed estrae il cucchiaio; il transfer quindi rimane inglobato nel materiale da impronta. Lodontotecnico posiziona lanalogo da laboratorio sul transfer presente nellimpronta e lo fissa a questo per il tramite della vite di bloccaggio; di seguito cola il modello in gesso. A gesso indurito svita la vite che blocca i transfer sullanalogo ed estrae il modello in gesso dallimpronta.

I transfer non riposizionabili si caratterizzano per il fatto di possedere un corpo provvisto di ritenzioni che ne impediscono i movimenti nel materiale da impronta. Gli analoghi da laboratorio, dal canto loro, presentano un corpo anti-rotazionale. Inoltre lanalogo da laboratorio deve obbligatoriamente presentare un collare implantare identico a quello dellimpianto posizionato nel cavo orale. BIOMECCANICA DEGLI IMPIANTI Il principio fondamentale che ci deve guidare nella scelta dellimpianto che deve essere il pi lungo possibile, compatibilmente ovviamente, con lanatomia delle ossa mascellari. Due strutture, in particolare, ne possono condizionare la lunghezza: il seno mascellare nellarcata superiore, il canale mandibolare in quella inferiore. Il fatto che limpianto debba essere il pi lungo possibile da ricercare nella conseguente stabilit. Il mercato offre impianti di lunghezza variabile, normalmente, tra gli 8 e i 18 mm. Non mancano, per, anche gli impianti short o corti (5mm). Lo spessore (diametro) medio degli impianti variabile tra i 3 e i 4 mm, anche se oggi si producono impianti con diametri minori. Nel loro posizionamento nellosso bisogna osservare alcuni principi: 1) Rispetto al centro cresta vanno posizionati in modo sfalsato; 2) La distanza minima che deve intercorrere tra il centro di un impianto e il centro di un impianto vicino di 7mm; questo perch necessario che il setto osseo degli impianti deve avere uno spessore adeguato alla trasmissione dei carichi; inoltre, impianti troppo ravvicinati non consentirebbero la creazione di strutture protesiche rispondenti ai requisiti estetici e funzionali.
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Da quanto accentuato in precedenza, si desume che una procedura importante da eseguire la valutazione degli spessori ossei disponibili. Per raggiungere questo obiettivo si utilizzano delle dime (mascherine in resina) che inglobano elementi radio-opachi di misura predeterminata. Una volta posizionata la dima nel cavo orale si esegue il radiogramma, sul quale si valuta se la dimensione del oggetto radio-opaco corrisponde alla sua immagine. In questo caso tutte le misurazione effettuate sul radiogramma risulteranno affidabili. In campo implantare sono utili anche le dime chirurgiche. Come indica il nome, sono mascherine in resina forate a tutto spessore nella zona in cui si presume di posizionare limpianto. La dima guider la punta del trapano, con la giusta direzione, nella fase di preparazione del sito implantare.

FATTORI CHIAVE DEL OSTEOINTEGRAZIONE Come sappiamo, losteointegrazione il risultato della formazione di legami di natura chimica che si vengono a generare tra lo strato di ossido che si forma sulla superficie del impianto e il tessuto osseo. Una serie di fattori assumono particolare importanza in questo processo; tra essi ricordiamo: 1) 2) 3) 4) Il materiale con cui realizzato limpianto; La forma del impianto; Il tempo e il modo di caricare gli impianti; La temperatura di lavoro;

-Per quanto concerne (riguarda) il materiale con cui realizzato limpianto, trattandosi del titanio non esistono problematiche particolari; esso infatti perfettamente biocompatibile. -Relativamente alla forma del impianto, particolare attenzione deve essere posta nella preparazione di un sito implantare destinato ad ospitare un impianto a cestello. Questo, infatti, essendo privo di filettatura tenderebbe allinstabilit se lo alloggiamo in un sito implantare di dimensioni inidonee; il tutto a detrimento del osteointegrazione. -Per quanto attiene al tempo e al modo di caricare gli impianti, sebbene oggi trovi sempre maggiore impiego il carico immediato, la metodica tradizionale prevede lapplicazione del carico solo ad osteointegrazione avvenuta (3-6 mesi). -Ultimo aspetto, di importanza capitale, la temperatura di lavoro. Nella preparazione del sito implantare prioritario lutilizzo di strumenti sterili e perfettamente taglienti. Ci riduce il carico da applicare per la perforazione della corticale ossea e, di conseguenza, riduce lattrito tra fresa e osso. Un eccessivo aumento della temperatura pu danneggiare la vitalit del tessuto osseo con conseguente mancata osteointegrazione. Per ridurre la possibilit di un eccessivo aumento locale della temperatura, la perforazione dellosso va effettuata ad un basso numero di giri. La temperatura del osso non deve superare i 43C.

LE PROTESI SU IMPIANTI Contrariamente a quanto si pu fare per le protesi tradizionali nella loro classificazione, per le protesi su impianto, si preferisce fare riferimento al tipo di appoggio; queste infatti, sono protesi ibride. Per tanto, esse vengono distinte in protesi ad appoggio implantare, ad appoggio implantoparodontale e protesi ad appoggio implanto-mucoso. Le prime poggiano esclusivamente sui impianti; le seconde poggiano in parte sui impianti e in parte sui denti naturali; le terze poggiano in parte sui impianti e in parte sulla mucosa.

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LA CARIE Si tratta di un processo morboso che, almeno in fase iniziale, interessa i tessuti duri e non vascolarizzati del dente. Dal punto di vista topografico possiamo distinguerla in carie della corona, carie della radice e carie del colletto. E ovvio che la carie della radice si pu sviluppare solo se questa esposta. In base ai tessuti interessati possiamo avere: - Carie dello smalto - Carie della dentina (linteressamento primario della dentina possibile solo quando questa risulta scoperta). - Carie del cemento (questo tipo di carie possibile solo se la radice esposta). In base alla localizzazione delle lesioni cariose a livello coronale, Black le ha raggruppate in 5 classi: 1) Lesioni cariose a livello di solchi e fossette degli elementi dentali. 2) Lesioni cariose localizzate a livello degli spazi interprossimali dei denti latero-posteriori. 3) Lesioni localizzate a livello delle facce interprossimali dei denti anteriori senza il coinvolgimento del angolo incisale. 4) Lesioni localizzate in corrispondenza delle facce interprossiamli dei denti anteriori con il coinvolgimento del angolo incisale. 5) Lesioni cariose localizzate in corrispondenza del 3^ cervicale dei denti. La carie pu anche essere distinta in semplice e complicata. - La carie semplice interessa i tessuti duri del dente; quella complicata si estende al tessuto pulpare. Nel processo evolutivo della carie possiamo distinguere 2 momenti fondamentali: quello cariogeno e quello cavitogeno. -Il primo caratterizzato dalla demineralizzazione e dalla proteolisi dei tessuti duri del dente; il secondo caratterizzato da disfacimento e solubilizzazione dei tessuti dentali. -Il momento cariogeno reversibile, in quanto interrompendo il circolo vizioso, possibile la remineralizzazione dei tessuti dentali. -Il momento cavitogeno risulta, invece, irreversibile in conseguenza della perdita di sostanza dentale con formazione di una vera e propria cavita. Necessita quindi di un intervento medico protesico. Nella genesi della carie possiamo inoltre distinguere fattori predisponenti e fattori determinanti. I fattori predisponenti sono tutti quei fattori che facilitano linsorgenza della malattia, pur non determinandola. I fattori determinanti, invece, sono quei fattori senza i quali la malattia non si pu determinare. Tra i fattori predisponenti di carattere generale possiamo annoverare lereditariet, fattori ambientali, lalimentazione, stati fisiologici. Ereditariet importante in relazione alle caratteristiche morfologiche del dente e alla qualit dei tessuti duri dello stesso. Per quanto riguarda i fattori ambientali, assumono importanza lirraggiamento solare oppure la quantit di fluoro presente nelle acque. Lalimentazione particolarmente importante in quanto diete ricche di carboidrati semplici predispongono allinsorgenza della carie. Tra gli stati fisiologici, infine, possibile ricordare la gravidanza. Tra i fattori predisponenti locali possiamo ricordare linadeguata igiene orale, le malattie concomitanti del cavo orale, le cause iatrogene.
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Linadeguata igiene orale favorisce laccumulo e il ristagno della placca batterica. Tra le possibili malattie concomitanti del cavo orale da ricordare la malattia paradontale, specialmente quando si viene a determinare la formazione di tasche, che facilitano laccumulo ed il ristagno della placca batterica. I fattori iatrogeni sono tutti quelli fattori legati ad interventi medici quali otturazioni mal eseguite oppure protesi non curate(chiusura marginale). Tra i fattori determinanti sono da menzionare la placca batterica e gli zuccheri semplici. La placca batterica non altro che un accumulo di mucopolisaccaridi, di origine salivare che formano un intelaiatura che favorisce ladesione e la colonizzazione da parte dei batteri. In origine la placca, definita materia alba (chiara) priva di batteri (sterile), ma con il passare del tempo viene colonizzata dai batteri che variano in tipologia a seconda della vetust (vecchiaia) della placca. Al inizio i batteri sono fondamentalmente aerobici, ma con laumentare di spessore della placca, la flora batterica diventa anaerobica, e questo soprattutto negli starti pi profondi. I batteri responsabili del processo carioso appartengono agli streptococchi, in particolare lo streptococcus mutans. La placca batterica, quindi, per essere cariogena deve essere colonizzata da batteri che possegono le seguenti caratteristiche:

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