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PREDICHE NEL DESERTO - Il meglio di Paolo Barnard (2008-2013)
PREDICHE NEL DESERTO - Il meglio di Paolo Barnard (2008-2013)
PREDICHE NEL DESERTO - Il meglio di Paolo Barnard (2008-2013)
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PREDICHE NEL DESERTO - Il meglio di Paolo Barnard (2008-2013)

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About this ebook

Una raccolta di articoli dal 2008 sino al giorno prima della fine del mandato di Mario Monti, il 28 aprile 2013. Si tratta di politica internazionale, nazionale ed economia. Barnard è stato un profeta inascoltato e maledetto. Un personaggio radicale e unico nel panorama autoreferenziale italiano.

Paolo R. Barnard è stato uno dei creatori della trasmissione Report nel 1994. Ha fatto da corrispondente estero per varie testate, spesso in prima linea, scrittore, saggista, anti euro e anti Europa della fi nanza in doppiopetto. E’ stato corteggiato da grandi personaggi, come Tremonti, Amato, Berlusconi, Minoli, Sgarbi e tanti altri, ma ha sempre detto di non essere in vendita. Disprezza Travaglio, Prodi, Mario Monti, Maroni, Napolitano, Gomez e vien da loro disprezzato.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJun 10, 2020
ISBN9788831679794
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    PREDICHE NEL DESERTO - Il meglio di Paolo Barnard (2008-2013) - Angelo Paratico

    Paolo Barnard

    Prediche nel Deserto

    Il meglio di Paolo Barnard

    (2008-2013)

    Gingko Edizioni

    2020

    Prediche nel Deserto

    Il meglio di Paolo Barnard (2008-2013)

    di Paolo Barnard

    Copyright © 2020 Gingko Edizioni

    Vicoletto Valle n° 2, 37122 - Verona (VR)

    www.gingkoedizioni.it

    Progetto grafico: Ploy Web Studio

    Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in qualsiasi forma con qualsiasi mezzo elettronico o meccanico, incluse fotocopie, registrazioni, memorizzazione e recupero di informazioni senza l’autorizzazione scritta dell’editore.

    Abbiamo compiuto il passo che non andava fatto, cioè aprire l’accesso dei cittadini allo strumento di potere che le élite hanno sempre tenuto per sé: l’Economia, e l’unica economia che il Vero Potere teme, la Modern Money Theory, il Circuitismo, cioè John Maynard Keynes portato a oggi. Questo, e solo questo, terrorizza il Vero Potere. Solo questo può davvero fermare la loro pianificazione

    Prof. William K. Black, Rimini, 24 febbraio 2012

    Introduzione dell’Editore

    Paolo Barnard ci ricorda Paldem Lhamo, di cui egli dev’essere una reincarnazione, la divinità protettrice del Tibet, animata da una ruthless compassion una spietata compassione. Questa divinità era sposata con un monarca sanguinario. Lei lo minacciò, dicendogli che se non avesse mitigato le sue crudeltà, avrebbe ucciso il loro unico figlio, per fargli provare quel dolore che infliggeva agli altri. Il re, suo consorte, le rise in faccia non ritenendola capace di quel gesto estremo. Paldem Lhamo uccise il loro figlio, lo scuoiò e usò la sua pelle come sella per cavalcare su di un mulo, come monito, rivolto a tutti i negatori della legge del Dharma, che la sua fermezza era incorruttibile.

    Paolo Barnard è un filosofo radicale, che ha predicato, per anni, nel deserto ad anacoreti e stiliti. Oggi questo libro intende portare la sua parola e le sue analisi, perlopiù già avverate, ai gentili e agli increduli. Il suo uso dell’insulto e del turpiloquio va visto solo come uno stimolo al risveglio di coscienze assopite.

    Postiamo nelle pagine seguenti una biografia, scritta di suo pugno. Questo libro è una silloge che raccoglie una parte dei suoi articoli, usciti su varie testate, dal 20 ottobre 2008, al 28 aprile 2013. Questi articoli, e molto altro, si trovano nel suo Blog https://www.paolobarnard.info.

    Terminiamo con la caduta del governo retto da Mario Monti, che seguendo invisibili passaggi carsici, il 16 novembre 2011, era emerso per diventare Primo Ministro. Forse fu George Soros a suggerire il suo nome? A vent’anni di distanza dalla grande speculazione da lui orchestrata contro alla lira italiana, nel 1992, che gli valse una laurea ad Honorem dell’Università degli Studi di Bologna, oltre che un enorme profitto, egli pareva ancora esercitare una forte influenzava sulle scelte politiche ed economiche italiane. Mario Monti parlò di Soros alla trasmissione Otto e Mezzo del 8 ottobre 2018. Disse che, all’apice della crisi del debito sovrano europeo: Soros mi chiamò, suggerendomi di chiedere aiuto all’Europa, ma noi volevamo evitare di far entrare la Troika e non seguimmo quel consiglio. Ma Soros era molto preoccupato per la situazione italiana. La preoccupazione di uno squalo per un delfino sanguinante? ¹ Monti disse che non seguì quel consiglio, in quanto ci avrebbe portati a essere nella stessa situazione della Grecia. Una situazione che lui, con rara prescienza, tempo addietro aveva definito: La più grande manifestazione del successo dell’euro.

    L’Editore


    1. Nel 1999 l’economista premio Nobel Paul Krugman definì così l'effetto Soros: "Nessuno che abbia letto una rivista d’affari negli ultimi anni può ignorare che in questi giorni ci sono davvero investitori che non solo spostano denaro in previsione di una crisi monetaria, ma che effettivamente fanno del loro meglio per innescare tale crisi, per divertimento e per profitto. Questi nuovi attori sulla scena non hanno ancora un nome standard; il termine che io propongo è ‘Soroi’."

    Chi è Paolo Barnard? di Paolo Barnard

    Ho iniziato a fare il giornalista ‘alla vecchia’ (piccoli pezzi per un piccolo ma ottimo giornale) Gazzetta di Parma mentre vivevo a Londra sotto al ‘Nazismo’ Neoliberista di Margaret Thatcher. Anni ’80. Lavoravo con schiavi sociali in un tunnel a sgrassare auto, in nero. Ho vissuto come vivono gli schiavi delle ‘riforme’ del lavoro.

    Mi sono specializzato in politica estera vivendo anche negli USA. Lì ho visto di peggio parlando di sadismo sociale Neoliberista, cose che in Italia arriveranno fra 20 anni. Di certo.

    Nel 1988 approdo alla stampa italiana importante, Mondadori, perché ho l’idea di essere il primo giornalista al mondo che intervista Roger Waters, Pink Floyd, unicamente sulle tematiche sociali di The Wall. Waters aveva appena rifiutato una richiesta di Rolling Stone Magazine. Accetta me perché nessuno si era mai interessato alle sue idee politiche.

    Nel 1991 inizio una collaborazione con Samarcanda di Michele Santoro, dove, con l’aiuto della compianta Jill Tweedy, faccio lo scoop del testimone americano che, all’insaputa del mondo intero, era rinchiuso al Al-Rasheed hotel di Baghdad durante la I Guerra del Golfo, e che aveva smentito con foto tutta la versione della CNN/Pentagono su bombardamenti di civili. Vengo minacciato di arresto dal deputato Giuliano Ferrara e salvato da Andreotti che, col Papa, si opponeva alla Guerra. Mai incontrato Andreotti, la cosa mi fu rivelata dopo da Paolo Liguori.

    1993, vengo minacciato di morte da un agente CIA a Roma, che mi dice: "Se ti offriamo 5 milioni di lire al mese per andare a fare il giornalista all’ufficio turistico del Trentino, tu accetta. Mi stai capendo?". Offerta mai giunta, perché fui allontanato dalla RAI immediatamente, quindi non ero più un pericolo.

    Nel 1993 scopro per primo le torture dei soldati italiani in Somalia nell’Operazione Restore Hope, le pubblico sul La Stampa di Torino. Silenzio generale. (anni dopo Panorama fece lo ‘scoop’).

    Nel frattempo, lavoro per quasi tutte le testate nazionali di stampa, inclusi il Corriere della Sera e La Voce di Indro Montanelli, poi per Paolo Flores D’Arcais a Micromega, e per il Golem del Sole 24 Ore con l’ex PM di Mani Pulite, Gherardo Colombo. Sempre da esterno.

    Nel 1994, Roberto Quagliano, Milena Gabanelli ed io, con 4 altri, fondiamo REPORT, sotto alla direzione di Giovanni Minoli, (allora si chiamava EFFETTO VIDEO8).

    Nello stesso anno sono in Africa a lavorare sulla guerra in Angola e soprattutto in Sudafrica, dove Mandela rischia di non poter essere eletto, per via delle violenze. Vedo stragi, corpi dilaniati, rischio due volte di morire. La seconda volta ero sdraiato sul fondo di una cabina del telefono per mandare una corrispondenza, mentre dei proiettili AK47 mi volavano sopra alla testa. Dall’altra parte del telefono, un idiota mi dice "Richiama, c’è Berlusconi in diretta". Lì decisi che l’Italia…stocazzo.

    All’elezione di Mandela sputtano Henry Kissinger di fronte a tutta la stampa mondiale. Nessun italiano presente. Pensai che non avrei lasciato il Paese vivo.

    Alla fine del 1995 intervisto in esclusiva il leader serbo bosniaco Radovan Karadzic, che faccio infuriare quando gli dico che Milosevic ha tendenze suicide e sta portando tutto il Paese alla morte. Al tempo non eravamo al corrente degli accordi segreti USA-Israele per fomentare la guerra, rivelati poi.

    Nel 1998 faccio un’inchiesta (REPORT, RAI3) sull’assistenza ai morenti (Hospice) del tutto inesistente allora in Italia.

    Sono il primo in Italia a fare un’inchiesta (REPORT, RAI3) sul debito dei Paesi Poveri che li sta ammazzando per il sadismo del Fondo Monetario Internazionale, che insiste nei pagamenti da parte di gente disperata. Vedo la fame, cosa sono i poveri davvero, l’orrore dell’Africa fuori dai club vacanze.

    Sono il primo, in Italia, nel 1999, a fare un’inchiesta (REPORT, RAI3) sulla Globalizzazione e sugli Istituti Sovranazionali padroni del mondo, che comandano i Parlamenti di chiunque, (oggi tutti lo sanno…). Da lì inizio la mia indagine sul Vero Potere, intuisco cioè che la vita di tutti noi non è comandata dai singoli governi.

    Sono il primo in Italia a fare un’inchiesta (REPORT, RAI3) dove denuncio USA, ISRAELE e GRAN BRETAGNA come i maggiori terroristi del mondo. Tratto il caso Palestina senza peli sulla lingua, per Israele. Ricevo il plauso di Noam Chomsky, Ilan Pappe, John Pilger, fra gli altri.

    Sono il primo in Italia a fare un’inchiesta (REPORT, RAI3) sullo sfruttamento degli ammalati da parte delle Multinazionali del farmaco, che costa alla RAI la prima querela in civile mai ricevuta, e a me l’abbandono da parte di Milena Gabanelli, "l’eroina del giornalismo libero". Mi abbandonarono perché non si creasse un precedente in RAI dove un giornalista viene difeso e gli viene pagata l’eventuale condanna pecuniaria. In tribunale, RAI e Gabanelli, chiedono la mia condanna in esclusiva, come se l’inchiesta l’avessi messa in onda io da solo! Perdo il lavoro e il reddito e non ho fondi per difendermi.

    Sono il primo in Italia a fare un’inchiesta (RAI EDUCATIONAL di Minoli) su come una Commissione di Grandi Clinici ammalati gravi, che quindi hanno conosciuto la sofferenza e la paura, saprebbe rifare la Sanità in senso più umano e più efficiente. Fondiamo la Commissione, arriviamo fino al Ministro della Sanità, Livia Turco, ma il suo governo cade poche settimane dopo.

    Sono il primo in Italia a scrivere un libro di altissima documentazione internazionale (archivi segreti USA e GB et al.) sul TERRORISMO OCCIDENTALE nel mondo Povero, sull’orrore neonazista d’Israele in Palestina, e di come questo nostro terrorismo, in un secolo di violenze immani, ha poi portato a Bin Laden e ad altri gruppi armati di resistenza nel mondo. Il libro è edito da Rizzoli BUR, col titolo Perché ci Odiano. Scrivo altri cinque libri, ma non voglio che li compriate, perché gli editori sono delle merde e non meritano soldi.

    Giovanni Minoli mi chiede di tornare in RAI. Gli dico NO. Prima RAI e Gabanelli devono chiedermi scusa in pubblico. Sì, certo...

    Scrivo due saggi, fra altri, intitolati Per Un Mondo Migliore e L’Informazione è Noi dove parlo di concetti che forse verranno capiti fra 90 anni.

    Nel 2009 intuisco che tutta l’Eurozona è un immenso crimine sociale guidato da Poteri forti, cioè il Vero Potere. Studio un’economia alternativa e di altissimo Interesse Pubblico, la Mosler Economics-MMT (ME-MMT), dal nome dell’economista americano Warren Mosler (un genio). La porto in Italia per primo, e nel 2010 pubblico la storia, la denuncia, e i rimedi (la ME-MMT) del crimine chiamato Eurozona in Il Più Grande Crimine (online). Vengo deriso per anni da tutti, specialmente dagli economisti di ‘sinistra’. Oggi tutti ‘sti pezzenti mi copiano parola per parola, senza citarmi. Racconto per anni cosa sia il Vero Potere, come funziona, dico cose che appaiono alla gente e ai ‘colleghi’ come follie, ma sono io avanti 50 anni su questo perché ho vissuto fra Il Vero Potere, e infatti tutto ciò che dissi si sta avverando.

    Nel 2012, al palazzo dello sport di Rimini, io e altri attivisti organizziamo la più grande conferenza di economia della Storia, con oltre 2000 partecipanti, paganti. Portiamo la ME-MMT in Italia in grande stile. Nessun media, neppure quelli di quartiere ci coprono. Santoro manda una ragazzina a filmare, che poi dirà che le cassette furono…rubate.

    La ME-MMT diventa un fenomeno nazionale organizzato per gruppi regionali. Facciamo migliaia di conferenze. Io vengo chiamato da L’Ultima Parola RAI2 diverse volte, da TGCom24, da La Zanzara da Radio3, e poi divengo editorialista economico di punta di La Gabbia a La7. Verrò cacciato per motivi, non pretestuosi, ma ridicoli, da Gian Luigi Paragone di La Gabbia ben tre volte. La verità la sa solo lui (e Berlusconi). Creo quindi ciò che lo stesso Warren Mosler chiama il più grande fenomeno ME-MMT del mondo. Purtroppo, pochi anni dopo, Mosler mi accoltella alle spalle, col beneplacito del 99% dei miei collaboratori. Oplà.

    Divento un ‘appestato’, il primo Giornalista-Ebola d’Italia. Una carriera, la mia, che va dal top nazionale al non essere più chiamato neppure da una radio di parrocchia.

    Sono il primo in Italia a inventarsi LA CRISI ECONOMICA SPIEGATA ALLA NONNA, dove racconto il crimine epocale dell’Eurozona con termini comprensibili alle nonne. Oggi gentaglia economica di ogni sorta, e i miei stessi ex collaboratori, mi stanno copiando tutto senza citarmi.

    Sono il primo in Italia a inventarsi LA STORIA DELL’ECONOMIA (CHE TI DA’ DA MANGIARE) SPIEGATA AL BAR. Idem come sopra, copiatori inclusi.

    Sono il primo in Italia a inventarsi L’ECONOMIA CRIMINALE SPIEGATA AI RAGAZZI ATTRAVERSO I TESTI DELLE CANZONI POP. Questa non me l’hanno ancora copiata, ma fra un poco, vedrete…

    Nel 2017 mi sono reso conto, proprio mentre credevo di combattere il nemico Maggiore chiamato Economicidio, che dietro ad esso era già nato un mostro immensamente peggiore, ovvero TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE. E’ l’era del tutto pianificata e già pronta nelle tecnologie dove le Artificial Intellicences (A.I.) e i colossi che le stanno creando, come Google-Alphabet, D-Wave Systems, Facebook, Apple, IBM, NVIDIA o Bosh, e le migliaia di start up mondiali nate con loro, saranno padroni di intere Piattaforme mondiali di Comunicazioni, Aria che respiriamo, Sanità, Materie prime, Industria, Energia, Finanza, Clima, Genetica di ogni cosa vivente... padroni della vita stessa in Terra, altro che euro.

    Mi sono reso conto che la mole d’investimenti mondiali in queste A.I. di Deep Learning, Deep Patient, Deep Genomics, Visual Abstraction & Recognition, o Virtual Reality... è talmente smisurata e assetata di remunerazione, che il Pianeta sarà diviso fra chi potrà pagare la vita stessa e chi no. I secondi saranno doppiamente TECH-GLEBA SENZA ALTERNATIVE. Su questo lavoro oggi per avvisare i cittadini, naturalmente ascoltato da forse 28 italiani, mentre il resto del mondo è tutto su quanto detto sopra.

    Nella mia vita professionale ho mandato al diavolo ogni singola occasione di divenire famoso. Ho criticato aspramente (mandato a fanc…) per senso di giustizia ed etica: Minoli (disse "se vedo Barnard gli tiro un armadio, ma Minoli rimane un ‘grande’) - la Gabanelli (che rimane una m…) - Flores D’Arcais - Gherardo Colombo - Marco Travaglio - Beppe Grillo (che mi chiamò a Quarrata un grande) - Lorenzo Fazio che è il boss di Chiarelettere e del Fatto Quotidiano - Giuliano Amato (che mi chiamò a casa) - Vittorio Sgarbi che mi voleva in una sua trasmissione – il ministro Tremonti che mi chiamò per capire ‘la moneta’… - Cruciani e Parenzo in diverse puntate - Gianluigi Paragone - e ho rifiutato ogni singola offerta di candidatura politica, fra cui quella di Berlusconi per voce di Marcello Fiori (con testimoni). Ho ignorato un migliaio di paraculi, più o meno noti, che mi volevano come volto pubblico. Ho detto a Maroni in diretta TV che è un deficiente, ho chiamato Mario Monti, Prodi, Napolitano e molti altri criminali" sempre in diretta TV, mi feci cacciare dal Ministero dell’Industria dal ministro Piero Fassino; ho sputtanato Romano Prodi alla Commissione Europea; ho detto a Peter Gomez che è un falsario (con Travaglio) e che ha ignorato la distruzione del Paese per far soldi coi libri su Berlusconi. Infatti, sono l’unico italiano che non ha un blog sul Fatto Quotidiano. Quando compresi che il 99% dei miei collaboratori nel Movimento ME-MMT erano dei fagiani che non capiscono il Vero Potere per nulla, parecchio vigliacchini o che erano perfidi carrieristi, li ho tutti buttati nel cesso. E… ho ignorato un tal Roberto Mancini che si è alzato da un tavolo per stringermi la mano. Non sapevo che è una star del calcio… :((

    Ho fatto volontariato per decenni in aiuto a gente che voi neppure immaginate, ho messo le mani nel dolore, nella devastazione sociale, nella morte. E forse sarà l’unica cosa che mi ricorderò quando crepo.

    Paolo Barnard

    2008

    Abbagli

    In Italia c’è una congiura accidentale fra la politica e l’antipolitica che ha come risultato il medesimo punto d’arrivo: impedire ai cittadini di agire sui problemi più gravi che li affliggono. In questo senso, Silvio Berlusconi, Gianni Letta, Bruno Vespa e soci vanno a braccetto con Beppe Grillo, Marco Travaglio, Piero Ricca e compagni. I primi hanno un preciso interesse nell’agire: il mantenimento del loro potere e quello dei loro sponsor nazionali e internazionali. I secondi hanno un interesse non dissimile: il mantenimento della loro fama e del loro ego ipertrofico, che alla fine sono potere, travestito da passione civica.

    I metodi però sono molto differenti. Quelli del potere politico sono noti. Più subdoli e meno citati sono quelli dell’antipolitica, ovvero dei leader dell’antipolitica. Essi hanno lavorato e lavorano ormai da anni per contagiare i cittadini attivi con una febbre, con una sorta di frenesia incontrollabile, un’ossessione esponenziale che riguarda Silvio Berlusconi e ogni suo trascorso, ogni suo collaboratore, contatto, conoscenza, ogni sua mossa, processo, lite, decisione, idea, parola, battuta, tic, smorfia, tutto. Decine di migliaia fra dibattiti, libri, blog, articoli, documentari, film, serate, comunicati, volantini, manifestazioni, discussioni, notti insonni, grida e furie rincorrono ossessionati il Cavaliere e i suoi, ogni giorno, da anni, moltiplicato per centinaia di migliaia di italiani in un chiasso che fa uscire di senno. E infatti sono tutti usciti di senno. Come se Arcore fosse il centro cosmico dei destini di questo nostro Paese.

    Invece, i fondamentali problemi che ci stanno sequestrando la vita sono altri, e soprattutto esistono da ben prima del berlusconismo politico. Non sono le leggi ad personam, le ruberie delle Caste, o gli inciuci degli amministratori. Quella roba è patrimonio comune di quasi tutti i regimi politici, e anzi, in Paesi da noi considerati più civili si scoprono, a voler scavare, fenomeni molto più aberranti di qualsiasi cosa il Cavaliere o i dalemiani abbiano mai fatto da noi.

    Mi prendo qui la responsabilità di elencare alcuni dei grandi problemi reali e invalidanti che stanno affossando la nostra vita e il futuro di chi abbiamo messo al mondo, ma ai quali viene dedicata una frazione dell’energia che si impiega ad alimentare il movimento No Cav. Ne cito, fra tanti, solo cinque.

    Le donne italiane. Sono passate nella Storia dall’essere considerate 3/5 umane - dunque animali da soma liberamente stuprabili dal padre o bruciabili in piazza - alla modernità del manageriato, dello spinning, dell’università o del parto indolore senza acquisire la cosa più preziosa: una soglia di dignità invalicabile. L’immagine e il corpo della donna in Italia sono abusati come in pochi altri casi sull’intero pianeta. Ma come siete arrivate a permetterlo? Come permettete che milioni di vostre figlie crescano in un Paese che vi umilia con una sistematicità giunta al grottesco? Come tollerate che quasi ogni media e sistema commerciale esistenti vi chiedano preferibilmente di essere viste (nude) ma non udite? Cioè delle immagini mute ma tirate a lucido perennemente preda di voluttuosi spasmi al solo contatto con lo yogurt, con i collant, con la superficie di una cucina economica. Per non parlare di ciò che vi accade negli ordinari ambienti di lavoro. E allora ditemi, a chi toccava tutelarvi? A Berlusconi e alla sensibilità delle sue tv commerciali? Ma figuriamoci! No, toccava a voi. E non lo avete fatto. È, questa, una tara che voi permettete venga trasmessa in dote a ogni singola ragazza italiana nella relazione col mondo maschile, e che così spesso ne sfigura senza rimedio la dignità, l’autostima, lo spirito. Altro che la vicenda Carfagna. Ne compromette sia le chances di affermazione paritaria in ogni sfera della vita adulta, che la collocazione come genere nella modernità civile internazionale. Ecco un vero e urgente problema italiano per cui mai avete fatto un No Day, una marcia su Roma o uno sciopero generale di tutte le lavoratrici italiane.

    E poi c’è il tempo. Ce lo siamo rubato, l’abbiamo reso inconcepibile, ormai insperabile e neppure più sognato. Non abbiamo più tempo, neanche per salvarci la vita. Abbiamo acconsentito a uno stile di vita che porta in sé un paradosso assurdo: l’esplosione della tecnologia che ha ridotto enormemente i carichi di lavoro in ogni campo (immaginate oggi un’archiviazione di un ministero senza computers, la trebbiatura a mano di cento ettari), ma che non ha liberato alcun tempo per noi, anzi. La mancanza di tempo è poi uno dei fattori di maggior importanza nella strategia del Potere per mantenere sé stesso, come spiego più sotto. Siamo masse di milioni di persone prive di tempo per imparare a costruire una relazione vera con i figli, non c’è il tempo per la cura della propria anima fuori dalla parrocchia di default, eppure dobbiamo tutti morire, o per la conoscenza delle più basilari regole di salute; non c’è tempo per sopravvivere a un lutto, per trovar senso se un senso viene a mancare, per accorgerci se la vita ci sta deformando e per trovare rimedio prima di fare danni tragici a noi stessi o ai nostri figli. Lavoriamo tutta la vita adulta e più nessuno osa immaginare che potremmo ottenere un nuovo diritto, un passo avanti epocale di civiltà: il diritto a non dover lavorare sempre. Il diritto ad avere tempo per noi, finché il corpo funziona, finché possiamo goderne. E poi questo: chi non ha tempo, mai, come fa, ditemi, a informarsi oltre le narrative preconfezionate (solo questo richiede tempi enormi), e poi a partecipare, a organizzare, a lottare, e a dare di sé stesso/a per cambiare il proprio tempo? Come fa, in altre parole, a contrastare il Potere? Impossibile, non può farlo, e infatti la maggioranza non lo fa. Ecco perché la società civile organizzata realmente e costantemente attiva si assesta in media sullo 0,25% degli elettori italiani. E per il Potere il gioco è fatto. Ecco un vero gravissimo nostro problema. Altro che lodo Alfano.

    Ce ne sono altri, come la scuola, dove non è assolutamente una questione di Moratti o Gelmini, ma di obbrobrio strutturale dell’istituzione stessa. La scuola è sempre stata, e rimane, una macchina il cui compito primario è distruggere l’autostima della persona entro l’età di otto anni, per annientarne la futura capacità di essere cittadino attivo, temuta dal Potere. Nell’istruzione superiore essa insegna, da sempre, contenuti del tutto irrilevanti alle priorità essenziali ed esistenziali dei giovani. In generale, lungo tutto il suo iter essa impartisce due insegnamenti, che saranno poi alla base del congelamento delle coscienze civiche dei futuri cittadini: non avete diritti, siete ricattati. Dall’età di sei anni fino alla maggiore età l’alunno/a impara soprattutto questo: inutile ribellarsi alle tante plateali storture o follie del regime scolastico, inutile contestare un insegnante o un metodo, non si ottiene nulla, anzi, ci si rimette. Devastante, da tempi immemorabili e ben prima di Berlusconi. Altro che depenalizzazione del falso in bilancio, qui parliamo dei nostri bambini, tutti.

    E poi l’autostima. Nella mia vita ho avuto il pregio di vivere quasi sempre fuori dalla cerchia dei miei simili, e nel mondo maggioritario. Sono un giornalista, scrittore, ho studiato, ho avuto una carriera che mi ha portato a contatto coi miei pari, cioè con una gamma ampia fra professionisti, intellettuali, attivisti, pensatori. In genere ci collochiamo saldamente all’interno della cerchia dei nostri affini a da lì non ci spostiamo più. Finiamo per fonderci in essa e da essa osserviamo e giudichiamo il mondo (folli!). Ma in tal modo, in realtà, perdiamo contatto con esso, chiusi come siamo nella nostra torre d’avorio d’appartenenza. Io invece no. La gran parte del mio tempo l’ho speso in mondi che col giornalismo, l’intelletto e il potere che essi comportano non avevano nulla, ma proprio nulla da spartire, e nei quali mai ho incontrato un mio pari. Sono i mondi maggioritari, quelli che non comprano il giornale, che vivono con Rete 4 perennemente accesa, che Santoro sanno vagamente chi è, e Travaglio proprio non l’hanno mai sentito nominare. Sky Calcio, Super Enalotto, le rate della casa e della macchina, Franco Rosso, il venerdì sera fuori con le amiche e lui con gli amici, Piero Angela ogni tanto, governo ladro…ma che ci vuoi fare? e soprattutto la loro vita ordinaria ovunque si trovino. Nati alla Fantuzza di Medicina, a Piazzola sul Brenta, a Termoli, o nelle periferie di tutta Italia, impiegate in un’acciaieria, magazzinieri da Pittarello, o taxisti, camiciaie, bariste sull’Eurostar, studenti degli istituti professionali, postini…

    Milioni di persone così, soprattutto giovani, con un problema asfissiante, o meglio, una domanda asfissiante: "Chi sono io? Sono qualcuno io? Cioè, come mi colloco nella scala dei valori in cui sono nato/a? Perché quella scala, che mi martellano nella testa da quando sono venuto/a al mondo mi dice una e solo una cosa: io non sono nessuno. Nel trionfo smisurato della Cultura della Visibilità (leggi Vip) che oggi tutto pervade (anche l’antisistema), io non ho chances. Non sono visibile, non lo sono i miei genitori, non lo sarò mai. Non ho la cultura, non ho la bellezza shock, non ho la ricchezza, non ho le conoscenze che contano, non ho potere, la mia parola non conta, mai, non ho accesso ai luoghi che contano, la mia vita è il tran-tran. Io sono la massa, indistinta, che non piace, che non muove nulla, che non ha accesso a nulla, che subisce sempre, che assiste di continuo alla vita degli altri, quelli Visibili, quelli che contano, i ‘Personaggi’, onnipresenti, strapresenti, vincenti. Vivo in un mondo che mi insegna ogni giorno che noi, ‘the little people’, non siamo nulla, anzi, non siamo". Fine di ogni brandello di autostima.

    Non so come esprimerlo in queste righe, forse non ci sono le parole, ma la devastazione che la totale mancanza di autostima, in tal modo indotta, infligge a questi esseri umani spezza il cuore a vederla. La si spia con chiarezza anche solo se si è vagamente ‘qualcuno’, come sono io. Non appena costoro apprendono che tu sei ‘qualcuno’, perché ti hanno visto in tv per caso e anche una sola volta, perché gliel’hanno detto, o per qualunque altro motivo, si trasformano, si piegano su sé stessi, si paralizzano spesso. E regolarmente, quando ti si rivolgono per una domanda o altro, la premessa è "io non sono nessuno, ma. Sempre, quel terribile io non sono nessuno, Dio quante volte! Poi, mi scusi se la disturbo, lei è impegnato (riflettete su questa valutazione dell’impegno di chi è ‘qualcuno’, che è automaticamente valutato come più importante dell’identico impegno di chi ‘qualcuno’ non è), o addirittura ti mandano a dire che ti vorrebbero chiedere qualcosa, non osano. O ancora, se in una situazione pubblica prendi le loro difese, li vedi improvvisamente divenire baldanzosi, proprio mettersi dietro di te con un fervore da bimbi e con un afflato che commuove, perché per una volta qualcuno che conta" li ha considerati. Per una volta!

    Per sfuggire al soffocamento del non essere, essi fanno di tutto. E spesso sono comportamenti fatui, deleteri, persino aberranti, solo perché quelli che contano, i Vip, fanno esattamente la stessa cosa, che però a loro garantisce impunità, anzi ancor più fama, e ancor più privilegi.

    Persone che crescono così private di qualsivoglia autostima, e sono milioni, muoiono dentro fin dall’adolescenza. Soprattutto perdono per sempre ogni speranza di incontrare sé stessi, di amarsi, e di sentirsi degni. E chi non si sente degno, non osa, non partecipa, non può cambiare il proprio tempo. È così che milioni di cittadini vengono resi inattivi, e la società civile muore. Questo fa la Cultura della Visibilità, quest’orrore incalcolabile. Altro che leggi ‘salva premier’.

    Direttamente collegata a quanto appena detto è l’emergenza nazionale di questo Paese, che si chiama Prolasso Civico. Dimenticate i politici, le loro ruberie e la loro immoralità che, lo ripeto, sono intrinseche nella natura di ogni politico del mondo. Il dramma non sono loro, siamo noi, che non reagiamo a sufficienza. Il Prolasso Civico italiano siamo noi, tutti noi, è la disabilità civica cromosomica propria degli italiani sopra a ogni altro popolo, è tutto, è la ragione di tutto ciò per cui soffriamo come collettività, è Il Punto.

    Un’osservazione onesta di ciò che ciascuno di noi ha visto e udito dai propri simili in questo Paese (ma anche in e da sé stesso/a) non può che spingerci a dichiarare che siamo impastati di inciviltà, di indisciplina, di un’etica del lavoro traballante, di omertà, di mafiosità, di egoismo. In diverse misure, ma tutti lo siamo. Ed è per questo che in così tanti adoriamo la pratica della fustigazione della Casta e i suoi sacerdoti, perché essa ci autoassolve in massa dalla verità: l’Italia di Berlusconi, Cuffaro, Ricucci, dei casalesi, di Andreotti, di Briatore, delle Veline, di Mediaset, di Moggi, Fassino o Sircana… siamo noi. Essi sono solo le nostre ombre sul muro. Il più grande problema di questo Paese, mi si perdoni la scurrilità, è questo: siamo circondati da feci che galleggiano? Bene, perché allora da sessant’anni noi cittadini non tiriamo lo sciacquone? Noi. La risposta è probabilmente nelle righe appena sopra.

    Altro che conflitto d’interessi.

    24 ottobre 2008

    Così non va, studenti.

    No, così non va, cari studenti, cari insegnanti, cari attivisti. L’opposizione e l’indignazione sono fallate quando sono selettive, quando cioè si animano contro l’uno ma non contro l’altro. Poi: nulla di buono potrà mai scaturire se è solo un’ossessione per l’Odioso Designato (Silvio Berlusconi) che vi ha infiammati fino a questo livello. Infine: la protesta è ancor più vana quando sbaglia clamorosamente il target.

    Sarò subito chiaro. Le masse di voi giovani che oggi sconquassano istituti e atenei per protestare contro l’assalto all’istruzione dell’attuale ministro, rimasero inerti quando quell’assalto veniva pianificato dal governo Prodi, con colpi di scure assai più profondi di quelli oggi in gioco. Dov’eravate ragazzi? E i vostri docenti? Eppure, leggete qui di seguito:

    L’incontro di ieri mattina tra il presidente del Consiglio, Romano Prodi, e i sindacati della scuola è stato il detonatore che ha fatto esplodere l’inquietudine sotterranea che da settimane attraversava l’intero versante sindacale di fronte all’incognita della Finanziaria (2007, nda). Il confronto si è arroventato di colpo quando Enrico Panini, leader della Flc Cgil, ha estratto dalla sua cartellina un foglio contenente le misure che la prossima Finanziaria dedica alla scuola. Sotto accusa tre articoli: 17, 18 e 19. Il primo stabilisce che, dal 2007/08 al 2012/13, sarà innalzato progressivamente fino a 12 il rapporto tra alunni e docente… un giro di vite che alla fine porterebbe alla riduzione di quasi 100mila posti per gli insegnanti. Inoltre, stretta sui posti di sostegno e sul personale Ata…provvedimenti che potrebbero costare la cattedra a circa 10mila docenti. E altrettanti potrebbero essere cancellati dalla paventata abolizione della deroga nella formazione delle classi nelle quali sono presenti alunni con handicap. «Più che una proposta di legge Finanziaria siamo di fronte a un chiaro esempio di come si può far impallidire anche un concetto come quello di macelleria sociale», ha attaccato Panini.

    Così scriveva il Sole 24 Ore il 27 settembre del 2006. E, notate: l’articolo parla di "inquietudine sotterranea che da settimane attraversava l’intero versante sindacale", dunque il tempo per sollevarsi c’era. Si parlava di ben oltre 100.000 cattedre a rischio, ben più delle odierne 87 mila della Gelmini. Perché in quelle settimane non vi mobilitaste? Perché nessun allarme e nessuna occupazione per oltre un anno? Vero, nell’autunno del 2007 scendeste in piazza, ma le agitazioni di allora furono minuscole rispetto a quanto state facendo oggi, e soprattutto si accesero nella maggioranza di voi quando l’allora ministro Fioroni minacciò i vostri interessi di parte (obbligo dei debiti , maturità ecc.) e non prima quando, ribadisco, in gioco c’erano i medesimi tagli che oggi sembrano così scandalizzarvi. Perché? Vero anche che la minaccia dei colpi di scure del buon Prodi rientrò, ma poi…leggete qui:

    Giungono a maturazione i frutti avvelenati di una Finanziaria (2007 nda) che ci avevano detto avrebbe fatto piangere i ricchi e finalmente rilanciato l’impegno dello Stato a sostegno della scuola. La situazione economica e strutturale della scuola pubblica diviene ogni giorno più drammatica. I tagli alle superiori sono i più evidenti e vistosi, resi ancor più gravi dall’aumento delle iscrizioni a livello nazionale… Il crollo dei finanziamenti sta minacciando il Tempo Pieno e prolungato, sta impedendo di pagare e fare le supplenze quasi ovunque, con decine di migliaia di classi che ogni giorno restano senza insegnanti. Molte scuole non hanno più i soldi neanche per le spese più elementari, gesso o carta igienica… I professionali stanno per essere massacrati, si annunciano riduzioni vistose dell’orario settimanale… Dopo un ridicolo balletto con i sindacati ‘amici’, il governo ha ribadito che nel 2007 non darà un euro per il rinnovo del contratto di docenti ed Ata, deprimendo ancor più una categoria al limite del tracollo… E dire che basterebbe che il governo rinunciasse a costruire gli F35 (i caccia, nda) destinando all’istruzione almeno la metà di quei soldi.

    Così si esprimevano, nel maggio del 2007, i Cobas Scuola. E allora?

    No, così non va cari ragazzi. Lo slancio civico, la difesa dei diritti, sarebbero in voi una manifestazione straordinaria, se non fosse che, ancora per una volta, l’evidenza mi costringe a concludere che ciò che anima questo vostro insolito livello di indignazione è la deleteria febbre contro l’Odioso Designato, e non la sostanza delle ingiustizie. Ancora una volta. Come ai tempi del desolante spettacolo del ‘pacifismo’ italiano di cinque anni fa. Ricordiamo tutti quell’epocale 15 febbraio del 2003, quando una massa di quasi tre milioni di italiani marciò su Roma per protestare contro l’intervento italiano in Iraq e in Afghanistan. In Iraq l’Italia è rimasta per nove mesi del governo di centrosinistra, in Afghanistan ancora ci siamo. Ma dei tre milioni di ‘pacifisti’ del 2003, quanti scesero in piazza nei mesi del mandato Prodi dall’aprile del 2006? Lungo cioè la terrificante strage di civili che le cosiddette coalizioni hanno perpetrato in quei due Paesi e che oggi arriva a una stima di oltre un milione e seicentomila morti? Poche centinaia si agitarono nelle piazze, di cui neppure uno dopo l’annuncio lanciato da Luciano Bertozzi su Nigrizia che ci rivelava come il buon Prodi avesse previsto nella finanziaria 2008 qualcosa come…23 miliardi di euro in spese militari, armando poi Paesi come la Turchia o Israele, vere e proprie bestie nere dei Diritti Umani. Perché allora, col centrosinistra a Palazzo Chigi, neppure una frazione dell’indignazione febbrile che oggi vi percuote fece capolino nelle strade? Mi dite perché?

    Infine. Dove state andando a sbattere? Contro chi? Ha senso indignarsi con il pescecane che ha azzannato la rete del pescatore? Mi spiego, è semplice. Le destre politiche di tutto il mondo sono cromosomicamente programmate dai loro padroni per fare una e solo una cosa: distruggere il bene comune e il senso di collettività, per sempre, e imporre il privato individuale, ovunque. Sono nate per fare questo. Punto. Esattamente come gli squali sono nati per azzannare. Significa demolire scuola pubblica, sanità pubblica, servizi pubblici. Possiamo certamente inorridire, ma che senso ha indignarsi con chi sta facendo il proprio dovere? L’indignazione se la meritano coloro il cui compito era di impedire che la destra facesse il suo dovere: e cioè la sinistra, la miserevole inesistente patetica sinistra. Quella cosa che oggi sta appiattita sotto allo stuoino della destra pur continuando a biascicare retoriche di sinistra. Le leggi dell’Odioso Designato si disfano in poche settimane se c’è il consenso politico (cioè popolare). Il problema è che quel consenso non c’è, o meglio, la sinistra non ha saputo crearlo, non ne è stata capace, anzi: non ha voluto. Questo è il problema. Invece di perdere tempo a odiare Berlusconi e il suo clan, perché non vi chiedete le ragioni per cui le sinistre sono finite a brandelli, svendute alle destre, protettrici del piduista Silvio, privatizzatrici, precarizzatrici, traditrici del nostro bene comune?

    Indignatevi con loro ragazzi, strattonatele, prendetele a schiaffi, fate i sit-in e le lezioni in strada di fronte alla CGIL, alle sedi del PD, sotto casa di Romano Prodi. Questo ha senso. La destra fa il suo dovere. È la sinistra che non l’ha fatto.

    24.10.2008

    Un diritto da 20 miseri centimetri?

    È l’estate del 2000, sono a Boston per la mia prima intervista a Noam Chomsky. A chi non lo conoscesse rammento che Chomsky è il più noto intellettuale dissidente americano, di sempre, definito dal New York Times "probabilmente il più importante pensatore vivente", ed è il linguista di maggior calibro del XX e XXI secolo. Insegna al prestigioso Massachusetts Institute of Technology (MIT), dove è professore ordinario.

    Bene, sto per incontrare questo mostro sacro della cultura accademica nel suo ufficio al MIT e vengo avvisato dal suo segretario che l’intervista non potrà durare più di 60 minuti, poiché "Chomsky ha un importante appuntamento alle 17 precise". Non nascondo a costui il mio disappunto: rappresento un network televisivo nazionale (RAI), sono venuto da oltreoceano per intervistare il professore, ho preso questo appuntamento 3 mesi prima, e ora ho solo 60 minuti per montare la telecamera, i microfoni, fare le prove audio e video, poi sbrigare un tema come il Debito del Terzo Mondo, Fondo Monetario, Banca Mondiale, sperequazione della ricchezza… Niente da fare, il prof. ha un impegno. Fine della discussione.

    L’intervista è piacevole, Chomsky è gentile, tutto fila liscio, ma dopo 59 minuti, accidenti a lui, il segretario bussa lievemente alla porta e si mostra a Chomsky attraverso il riquadro di vetro della stessa. Sessanta secondi dopo è l’intellettuale in persona che con un sorriso mi dice "time’s up, sorry…", il tempo è finito, spiacente. Un rapido saluto, stretta di mano e fuori dallo studio con tutti i marchingegni del mio mestiere. Chomsky richiude l’uscio alle mie spalle.

    Sono nell’anticamera indaffarato ad arrotolare cavi, riporre microfoni, controllare le cassette, ma non manco di guardarmi intorno in attesa dell’arrivo di questo ospite così imprescindibile. Non c’è, non arriva, nessuno ha suonato, non ci sono colleghi di altri network in coda per un’intervista. Il segretario armeggia col suo pc, un paio di tizi (presumibilmente docenti) camminano da un ufficio all’altro senza alcuna intenzione di dirigersi da Chomsky, un ragazzino meno che ventenne se ne sta seduto alla mia destra sfogliando testi e appunti. Per il resto calma piatta. Ma dov’è sto pezzo da novanta per cui mi hanno messo le braci al sedere?

    Saranno passati sette minuti, quando Chomsky riapre l’uscio dello studio e con fare cortese invita il ragazzino a entrare. I due si accomodano e iniziano la conversazione, li vedo attraverso il riquadro in vetro. Ancora la mia mente si rifiuta di arrendersi all’ovvia realizzazione, e in un residuo sforzo di capricciosa incredulità mi spinge a chiedere al segretario "ma è quel giovane l’appuntamento importante?. Sì, è uno del primo anno, un ordinario colloquio col prof.", giunge serafica la risposta del mio interlocutore. Riparto per l’Italia.

    Devo fare rewind e proprio spiegarvelo? No, sicuramente non serve. Cari studenti, questa scena affatto isolata nel panorama accademico statunitense appartiene a un ‘film’ che se mai verrà proiettato in Italia sarà forse fra un secolo, o probabilmente di più. Essa ci parla di un essere nell’università che dista da noi italiani come Marte dalla Terra, di una riforma vera, epocale, di un concentrato di democrazia, diritti, intelligenza, umiltà, pedagogia, libertà che nessuno qui da noi neppure si sogna di sognare. Noi, poveracci, siamo arditamente alle prese con la preistoria della riforma del sapere e dell’insegnare. Qualcuno, qui, se lo immagina un grande barone universitario italiano sbarazzarsi velocemente della CBS, di France 2 o della ZDF tedesca per onorare un colloquio con un ‘primino’ di neppure vent’anni?

    E allora. Chiedo a tutti e con vero pathos: perché abbiamo rinunciato a immaginare un ‘altro mondo’? Perché ci facciamo sempre ingannare da chi ci convince che il cambiamento significa conquistare due metri quadri in più di pollaio puzzolente, e non, come dovrebbe essere, miglia e miglia di prati e colline, valli e montagne dove respirare veramente? Perché ci scanniamo per ottenere due metri quadri in più di finanziamenti o di risicate riformucole da strappare alla Gelmini e non lottiamo invece per un’istruzione nuova, a cominciare dalla dignità di ogni singolo studente che deve essere il protagonista importante, il numero uno delle priorità di ogni docente, imprescindibile appuntamento senza se, né ma, oggetto-soggetto di un diritto attorno a cui ruota tutto il sistema istruzione, e vi ruota con UMILTA’?

    Non capite, studenti, che il gioco più perverso dell’era politica contemporanea è proprio il riformismo? È quella cosa che ci ha tutti convinti che lottare per i diritti del nostro futuro significhi ottenere qualche decimetro in più nella catena che ci hanno messo ai piedi. Oggi ci hanno convinti, e lo ripeto, che libertà e rivoluzione, che riforma e miglioramento, significhino potersi allungare di altri 20 centimetri dal muro cui siamo incatenati, nel pollaio in cui siamo rinchiusi. E ce l’hanno fatta: noi siamo proprio ridotti così, completamente dimentichi della possibilità di avere Diritti Veri e una Vita Inedita, ma del tutto inedita, in questo caso un’istruzione da secolo nuovo. Insomma, un’altra esistenza dirompente nel cambiamento, così come l’umanità ha sempre saputo fare nella sua uscita dalla barbarie verso la civiltà. No, nel XXI secolo del riformismo siamo stati ridotti a sentirci trionfanti se un Walter Veltroni riuscirà col referendum a donarci 20 centimetri di riforma dell’istruzione in più. Ed è così in ogni campo del nostro vivere.

    No, no e no! Cosa avrete risolto quando e se la Gelmini avrà fatto marcia indietro? Perché non mettiamo tutta questa energia, oggi esplosa nelle piazze, per arrivare a una

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