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STORIA DELLUNIONE EUROPEA. CAPITOLO PRIMO: I TRATTATI ISTITUTIVI E GLI SVILUPPI DELLINTEGRAZIONE EUROPEA.

SOMMARIO PRIMO CAPITOLO: 1. La dichiarazione Schuman e la nascita della CECA. 2. Il progetto CED ed il suo fallimento. 3. Dallincontro di Messina ai Trattati di Roma. 4. Il periodo transitorio (1957-1969). 5. Il Trattato di Lussemburgo del 1970 e i nuovi poteri del Parlamento Europeo. La Corte dei Conti. 6. Ladesione di Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca. 7. Lelezione a suffragio universale del Parlamento Europeo. 8. Ladesione di Grecia, Spagna e Portogallo.

1. LA DICHIARAZIONE SCHUMAN E LA NASCITA DELLA CECA. A) La dichiarazione Schuman. Il 9 maggio 1950 (giorno che in seguito sar indicato come festa dellUnione europea) lallora ministro degli esteri francese Robert Schuman rendeva pubblica una dichiarazione con la quale proponeva di mettere lintera produzione francese e tedesca del carbone e dellacciaio sotto una comune Alta Autorit, nel quadro di unorganizzazione alla quale possono aderire gli altri Paesi europei. Letta ad oltre cinquantanni di distanza potrebbe sembrare una proposta banale, poco pi di un accordo di produzione commerciale tra due stati. In realt essa si fondava su un ragionamento che in seguito si sarebbe rivelato rivoluzionario. Per capire il senso della proposta francese, infatti, si deve ricordare che lo sfruttamento dei ricchi giacimenti di carbone e di acciaio della Ruhr e della Saar era stato in passato spesso motivo di guerre tra la Francia e la Germania. Inoltre, a cinque anni dalla fine della seconda guerra mondiale, gli Stati occidentali volevano evitare ci che era successo dopo la prima guerra mondiale, vale a dire un nuovo isolamento della Germania, anche nellottica di contrastare laffermarsi del blocco sovietico nellEuropa centro-orientale. Lesperienza che si voleva realizzare con la costruzione dellunione carbo-siderurgica era del tutto originale; a differenza delle altre organizzazioni, in questo caso si trattava di cedere un pezzo di sovranit dello Stato (anche se in un settore limitato) ad un altro organismo, che avrebbe gestito in modo autonomo la politica comune nel settore. Si inaugurava in questo modo quello che in seguito sarebbe stato individuato come approccio funzionalista al processo di integrazione europeo. Secondo i funzionalismi, infatti, lintegrazione europea doveva attuarsi attraverso il graduale trasferimento di compiti e funzioni in settori ben determinati a istituzioni indipendenti dagli Stati, capaci di gestire in modo autonomo le risorse comuni. Lidea di inaugurare una terza via alla collaborazione tra gli Stati europei nasceva dalla constatazione dellestrema difficolt di avviare nellimmediato dopoguerra una cooperazione a tutto campo, con lobiettivo di giungere ad una vera e propria unione di tipo federale; lunica alternativa alla non collaborazione poteva essere soltanto una collaborazione settoriale. In realt il modello funzionalista pu essere visto come una tappa intermedia verso una unione di tipo federale; lidea di fondo che lintegrazione settoriale determina inevitabilmente una cooperazione anche in settori strettamente collegati e in ultima analisi porta ad un sempre pi esteso passaggio di competenze dagli organismi nazionali a quelli sopranazionali. La favorevole accoglienza alla proposta Schuman, che nel frattempo aveva ricevuto anche ladesione dellItalia, del Belgio, del Lussemburgo e dei Paesi Bassi, port alla firma del Trattato di Parigi del 18 gennaio 1951 con il quale fu creata la Comunit Economica del Carbone e dellAcciaio (CECA). B) La Nascita della Ceca. Il 18 aprile 1951 a Parigi i sei paesi aderenti firmarono vari atti comprendenti il Trattato istitutivo della Comunit Europea del Carbone e dellAcciaio (CECA), un protocollo sui privilegi e le immunit della Comunit, un protocollo sullo statuto della Corte di Giustizia ed un protocollo sulle relazioni con il Consiglio dEuropa; il trattato entr in vigore il 23 luglio 1952. Vennero in tal modo gettate le basi dellEuropa comunitaria, intesa come aggregazione associativa tra Stati con possibilit di espansione, di potenziamento di stabilizzazione e, nel tempo, di integrazione con vincoli sempre pi stretti. La CECA rappresentava non solo la prima reazione concreta alle forze disintegratici scatenate dalla guerra, ma anche la prima ricerca del benessere del singolo Stato nazionale nello

sviluppo della Comunit europea non ch una embrionale reazione alle politiche di rigido isolamento. Questa istituzione faceva s che ciascuno degli Stati aderenti abdicasse alla propria sovranit in un settore limitato (quello carbo-siderurgico), conservando peraltro inalterate le proprie prerogative in altri settori. Di qui la sua configurazione come struttura sopranazionale e non gi internazionale, dotata di poteri propri e di una propria Assemblea munita di poteri consultivi e di controllo politico, decisamente pi consistenti di quelli accordati agli organi del Consiglio dEuropa. AllAlta Autorit era affidato non solo il potere esecutivo, ma anche il potere normativo nei confronti degli Stati membri, delle imprese e delle associazioni di imprese di produzione e di distribuzione di prodotti carbosiderurgici. Al Consiglio dei ministri (composto da rappresentanti dei governi di ciascuno Stato membro) spettavano compiti consultivi: lo stesso esprimeva infatti pareri vincolati sulle proposte avanzate dallAlta Autorit. Alla Corte di Giustizia veniva assegnato il potere giurisdizionale, con il compito specifico di interpretare e di vigilare sulla corretta applicazione delle norme del diritto comunitario contenute nel Trattato istitutivo della CECA. La Comunit non solo venne riconosciuta, fin dalla sua istituzione, come ente sopranazionale, ma anche come ente dotato di propria personalit giuridica a livello internazionale, e come primo nucleo della futura federazione europea. Come tale essa ottenne il riconoscimento di molti Stati, primi fra tutti gli Stati Uniti che nel 1952 nominarono il primo ambasciatore (William C. Thomlinson) presso la Comunit. La nascita della CECA ha costituito il punto darrivo di un compromesso tra i fautori della integrale unificazione del continente e coloro che, invece, non avrebbero tollerato una eccessiva ingerenza nella propria sfera di sovranit territoriale. Al riguardo nel corso degli anni si sono delineate tre diverse posizioni: 1. la tesi dei federalisti. Il loro obiettivo era quello di creare uno Stato federale europeo che, pur rispettando le singole identit nazionali, fosse in grado di instaurare una vera coesione tra i popoli europei ed evitare un futuro il ripetersi dei conflitti che fino ad allora avevano ridotto il continente europeo ad un campo di battaglia. Pur nella diversit di sfumature, lidea di fondo dei federalisti europei era quella di scavalcare lo Stato nazionale, ritenuto il principale fattore di attrito che aveva portato a due sanguinose guerre mondiali, attraverso listituzione di una autorit politica dotata di poteri gerarchicamente sovraordinati a quelli dei singoli Stati membri; in pratica si trattava di istituire unorganizzazione pi vicina al modello di uno Stato federale che non un organismo internazionale che ricalcasse il classico modello della cooperazione intergovernativa. Chiaramente gli organismi comuni (federali) avrebbero dovuto essere espressione dei popoli europei (attraverso lelezione a suffragio universale) e non dei governi nazionali; 2. la tesi avanzata dai confederalisti, secondo la quale la cooperazione in ambito europeo doveva ricalcare sostanzialmente un modello di cooperazione intergovernativa, che lasciasse intatte tutte le prerogative sovrane dei singoli Stati aderenti. Questi ultimi, infatti, pur potendo attribuire, anche in via esclusiva, determinate competenze ad un organismo confederale e rinunciare di fatto alla propria sovranit in determinate materie, restavano comunque i soli legittimati ad esprimere la volont comune e a determinare, di comune accordo, lindirizzo da imprimere al processo di cooperazione. Alla concezione confederalista sono sottesi due importanti corollari: in primo luogo la collaborazione tra gli Stati deve instaurarsi e pu proseguire soltanto se tra i membri vi una volont comune, rendendo di fatto indispensabile lunanimit dei consensi; in secondo luogo gli organismi comuni istituiti dagli Stati membri devono avere come unico compito quello di gestire le politiche comuni, esulando dalle loro prerogative la possibilit di svolgere attivit indipendenti senza lavallo dei paesi aderenti. La tesi di una costruzione europea di tipo confederale fu propugnata soprattutto da Winston Churchill e da Charles De Grulle. I britannici non hanno mai nascosto il loro timore di una eccessiva autonomia delle istituzioni comunitarie rispetto agli Stati

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membri; per questo motivo si rifiutarono di aderire inizialmente alle Comunit e anche dopo hanno sempre tenuto un atteggiamento estremamente critico. Per il Presidente francese la preminenza della volont degli Stati membri rispetto a quella degli organismi comunitari stata una costante di tutto il periodo in cui rimase in carica e fu alla base della c.d. crisi della sedia vuota. la tesi (che si colloca in una posizione intermedia tra i due orientamenti precedenti, detta funzionalista. Secondo i sostenitori di questa tesi, lintegrazione europea doveva attuarsi attraverso il graduale trasferimento di compiti e funzioni in settori ben determinati a istituzioni indipendenti dagli Stati, capaci di gestire in modo autonomo le risorse comuni (cd. sector by sector approach). Lidea di inaugurare una terza via alla collaborazione tra gli Stati europei nasceva dalla constatazione dellestrema difficolt di avviare nellimmediato dopoguerra una cooperazione a tutto campo, con lobiettivo di giungere in futuro ad una vera e propria unione di tipo federale. Lunica alternativa alla non collaborazione poteva essere soltanto una collaborazione settoriale, come in effetti avvenne con la creazione nel 1951 della CECA e dellEuratom (cd. Comunit di settore). In realt il modello funzionalista pu essere visto come una tappo intermedia verso una unione di tipo federale; lidea di fondo che lintegrazione settoriale determina inevitabilmente una cooperazione anche in settori strettamente collegati e in ultima analisi porta ad un sempre pi esteso passaggio di competenze dagli organismi nazionali a quelli sopranazionali (il cd. spillover). I maggiori esponenti della teoria funzionalista furono Jean Monnet e Robert Schuman, convinti sostenitori della nascita di una organizzazione che mettesse in comune le risorse carbosiderurgiche degli Stati membri (la futura CECA).

2. IL PROGETTO CED ED IL SUO FALLIMENTO. Il modello CECA esercit la sua prima influenza nel settore militare. Infatti, in seguito allo scoppio della guerra in Corea, che aument il timore di una sempre pi profonda divisione del mondo in due blocchi contrapposti, prese vita il progetto di una Comunit militare europea sul modello della CECA. Tale progetto, che prevedeva listituzione di una Comunit europea di difesa (CED), incontr numerose difficolt soprattutto per il contrasto legato al riarmo della Germania, ostacolato dalla Francia e favorito dagli Stati Uniti, nel quadro della ricostruzione della efficienza militare occidentale. Il trattato per listituzione della CED venne firmato il 27 maggio 1952 e, in attesa della ratifica da parte dei Parlamenti nazionali, i compiti previsti dallart. 38 vennero affidati allAssemblea della CECA. Il trattato prevedeva lintegrazione dei corpi darmata degli originari sei Stati membri sottoposti al comando di un Commissariato, nominato di comune accordo dai governi degli stati membri ed investito di poteri di azione e di controllo. Esso sarebbe stato assistito nel suo operato da unAssemblea e da un Consiglio dei ministri, mentre la Corte di giustizia della CECA lo avrebbe controllato. Tuttavia, sia per la mancata ratifica da parte del Parlamento francese, malgrado le pressioni statunitensi, sia per le ostilit della Gran Bretagna, contraria a qualsiasi accordo continentale a sei che la escludesse, il progetto CED non trov possibilit di attuazione. In ogni caso lesperienza positiva della CECA e il crescente entusiasmo dellopinione pubblica europea intorno ai primi dibattiti su un progetto relativo allistituzione di un mercato comune, diedero nuovo slancio al processo di integrazione. 3. DALLINCONTRO DI MESSINA AI TRATTATI DI ROMA. In linea col contesto prima visto, ebbe luogo lo storico incontro di Messina fra i ministri degli esteri dei paesi membri della CECA. A Messina (1 giugno 1955) vennero delineate le tappe del processo dintegrazione europea prendendo come base due campi che si consideravano interdipendenti, quello del mercato

comune e quello dellenergia nucleare. Dopo travagliate vicende si sarebbe poi giunti allaccoglimento di due progetti relativi rispettivamente alluno ed allaltro dei due campi. Venne deciso, inoltre, di costituire un Comitato di delegati governativi, presieduto dal ministro degli esteri belga Paul Henri Spaak, con il compito di esaminare, perfezionare e trasformare in strumenti concreti le direttive e le idee scaturite dalla conferenza. In sostanza, a Messina si abbandon la precedente politica dintegrazione europea per settori (cui restava fedele soltanto la Francia) e si cominci ad operare in vista della cd. integrazione orizzontale, cio lunione economica dellEuropa nel suo insieme da realizzare mediante la creazione di un mercato comune in cui avrebbero avuto libera circolazione i vari fattori della produzione (lavoro, capitali, merci e servizi). Il 30 maggio 1956 i ministri degli esteri dei sei paesi membri della CECA si riunirono a Venezia per negoziare la trasformazione del cd. rapporto Spaak in veri e propri trattati. Tale rapporto, infatti, gi precedentemente approvato dallAssemblea della Comunit carbo-siderurgica, proponeva listituzione di una Comunit economica europea (CEE) e di una Comunit europea per lenergia atomica (CEEA/Euratom). I negoziati si protrassero fino al febbraio del 1957 (Conferenze di Bruxelles e Parigi) e, finalmente, il 25 marzo dello stesso anno si giunse alla firma a Roma dei Trattati istitutivi della CEE e dellEuratom; i due trattati entrarono in vigore il 1 gennaio 1958. A causa del rilievo prevalente della Comunit economica europea rispetto alle altre comunit settoriali, la trattazione che segue sar incentrata in particolare sulla CEE. Il ruolo preponderante assunto da questultima stato in seguito sottolineato anche dal Trattato di Maastricht che ne ha mutato la denominazione in Comunit Europea (CE), tout court. Mentre il Trattato CECA prevedeva linstaurazione di unarea di libero scambio limitatamente al settore del carbone e dellacciaio (che implica labolizione dei dazi doganali interni e la soppressione di qualunque limitazione allimportazione e allesportazione di tali prodotti tra gli Stati membri), i Trattati CEE ed Euratom gettavano le basi per la creazione di ununione doganale, che implica anche ladozione di una tariffa doganale comune nei confronti dei paesi terzi, in aggiunta alle misure prima citate. Lobiettivo dellinstaurazione dellunione doganale fu raggiunto nel 1968 allorch fu fissata una tariffa doganale comune (TDC); dopo questa data tutti gli sforzi dei paesi membri furono indirizzati alla realizzazione di una unione economica, cio di uno spazio interno in cui fosse assicurata la piena libert di circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone, nonch il perseguimento di politiche economiche comuni. 4. IL PERIODO TRANSITORIO (1957-1969). A) I primi passi, gli accordi di associazione, lEFTA. I trattati di Roma furono approvati dai Parlamenti nazionali dei sei paesi firmatari con larghe maggioranze nel giro di pochi mesi. Tuttavia, si evit di prevedere limmediata instaurazione del mercato comune e si opt per la realizzazione graduale dello stesso. Venne previsto un periodo transitorio, scaglionato in tre tappe, ciascuna della durata di quattro anni, nel corso delle quali lintegrazione economica si sarebbe attuata progressivamente. Inizialmente si cominci con ladozione di misure economiche, finanziarie e monetarie necessarie a ravvicinare le legislazioni dei vari Stati al fine di fronteggiare la nuova realt del mercato comune. Gi nel 1960 cominciarono a palesarsi gli effetti positivi sulle economie nazionali della riduzione dei dazi e delle barriere doganali. Nello stesso periodo (1960) un gruppo di altri sette paesi europei guidati dalla Gran Bretagna si andavano organizzando nellEFTA (European Free Trade Association), unarea di libero scambio limitata per lo pi ai prodotti industriali. Ladesione allEFTA permetteva alla Gran Bretagna di mantenere la sua posizione di privilegio negli scambi commerciali con il Commonwealth in una misura che non sarebbe stata possibile qualora fosse entrata a far parte della Comunit. Eppure proprio in quegli anni il governo inglese stava cominciando a rivedere le sue posizioni

relativamente alla sua adesione. Nellestate del 1961 il governo MacMillan present la propria candidatura alla Comunit. La richiesta delladesione della Gran Bretagna si scontr con lopposizione del governo francese del generale De Grulle. Tale opposizione non era dovuta tanto a considerazioni di carattere economico o alloggettiva difficolt di raggiungere un compromesso tra le regole del mercato e le richieste britanniche (incentrate intorno alla preoccupazione di conservare i legami preferenziali con il Commonwealth): il vero motivo del veto francese era, invece, il carattere politico. La Francia, infatti, oltre a considerare la Gran Bretagna una specie di quinta colonna della penetrazione economica degli USA in Europea, temeva di perdere la sua posizione preminente sugli orientamenti relativi alla politica comunitaria.

B) La crisi del 65 e lallontanamento della Francia. Una crisi scoppi nel 65 allorch la Commissione propose listituzione di un bilancio autonomo della Comunit (da finanziare non pi con i contributi versati dagli Stati membri, bens con i versamenti dei prelievi e dei diritti doganali), ed un rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo. La reazione della Francia fu estremamente dura e port i transalpini a disertare i lavori della Comunit. Dopo che il ministro degli esteri francese Couve de Murville oppose un netto rifiuto alle proposte della Commissione, il governo francese inaugur quella che poi sar definita la politica della sedia vuota, cio della assenza e boicottaggio di tutte le sedute degli organi comunitari, con conseguente arresto (per ben sette mesi) dellattivit della Comunit nonostante i tentativi dei cinque paesi membri di far funzionare ugualmente le strutture comunitarie e di raggiungere un accordo con la Francia. Dal momento che, prima dellentrata in vigore dellAtto Unico, lunanimit costituiva la regola e la maggioranza leccezione si pu ben comprendere come il potere decisionale degli organi comunitari fosse cos paralizzato. La situazione si sblocc nel dicembre dello stesso anno, a seguito del parziale insuccesso elettorale di De Grulle ed anche perch i sette mesi di linea dura francese erano stati in sostanza avari di risultati. C) Lincontro di Lussemburgo e la ripresa. Il 29 gennaio 1966 i ministri degli estri dei sei paesi membri si incontrarono a Lussemburgo e riuscirono a raggiungere unintesa che pose fine alla crisi. In quella sede si decise che il principio dellunanimit avrebbe sostituito il criterio del voto a maggioranza in seno al Consiglio tutte le volte in cui sarebbero stati in gioco interessi molto importanti anche per uno solo degli Stati membri (cd. compromesso di Lussemburgo). Si evit, peraltro, di specificare chiaramente quali interessi nazionali potevano essere definiti come molto importanti, lasciando in tal modo agli Stati un ampio margine di libert di scelta. I francesi non riuscirono, per, ad ottenere quel ridimensionamento dei poteri della Commissione da essi auspicato e sul quale aveva a lungo insistito Couve de Murville. Laccordo raggiunto a Lussemburgo costitu la tangibile prova del fatto che, nonostante lesistenza di un persistente disaccordo tra i paesi membri su numerose questioni, prevaleva, comunque, una volont europea comune, tale da consentire alla Comunit la piena ripresa del suo cammino. D) La fusione degli esecutivi. Nel luglio 1967 entr in vigore il Trattato di Bruxelles sulla fusione degli esecutivi, firmato nellaprile del 1965, due mesi prima dellinizio della crisi della sedia vuota. Il trattato sulla fusione degli esecutivi prevedeva listituzione di un Consiglio Unico e di una Commissione unica per le Comunit europee, segnando, cos, un ulteriore passo avanti nel processo dintegrazione. La fusione era, per, soltanto di carattere organico, poich permanevano tre ordinamenti distinti e ciascuna istituzione conservava, rispetto alle singole Comunit, le competenze che le erano state attribuite dai trattati istitutivi. Di non minore importanza stata la riunificazione, in un unico atto, del bilancio amministrativo delle tre Comunit, ad opera del Trattato del 1965.

5. IL TRATTATO DI LUSSEMBURGO DEL 1970 E I NUOVI POTERI DEL PARLAMENTO EUROPEO. LA CORTE DEI CONTI. A) La Commissione Rey e il programma 1969-1972. Primo presidente della Commissione, dopo la fusione degli esecutivi, fu Jean Rey, cui spetto il difficile compito di uscire dalla crisi, acuita dalla rinnovata domanda della Gran Bretagna di adesione alla Comunit, e di proseguire nel programma di integrazione europea. Jean Rey fronteggio con successo il suo compito dando nuovo slancio alla politica agricola comune (piano Mansholt) ed eliminando i residui ostacoli tariffari allunione doganale. B) Il vertice dellAja e la nuova politica francese. Il vertice dellAja, del dicembre 1969, tenutosi poco prima dello scadere del periodo transitorio (31 dicembre 1969), segn la fine del gallismo relativamente alle questioni comunitarie. Infatti, il nuovo presidente francese Pompidou adott un atteggiamento pi conciliante in merito al problema dellingresso della Gran Bretagna e degli altri paesi candidati della Comunit. Inoltre il governo francese, facendo propria la posizione espressa dal cancelliere tedesco Willy Brandt, propose urgenti e concrete misure per lunione monetaria, per il coordinamento delle politiche economiche a breve e medio termine e per la concentrazione delle politiche sociali. Dalla linea di sostanziale armonia scaturirono gli Accordi sul finanziamento della politica agricola comune; una intesa di massima sulla assegnazione alla Comunit di risorse proprie a partire dal 1978, ed il rafforzamento dei poteri di bilancio del Parlamento europeo, sino ad allora ad una semplice funzione consultiva. Fu inoltre consacrato (nello stesso vertice) il carattere irreversibile dellopera della Comunit europea nel senso di unattuazione progressiva delle stesse e della definitivit delle riforme attuate (cd. acquis communautaire). C) La nuova politica finanziaria e la Corte dei conti. Il 21 aprile 1970 venne raggiunto a Lussemburgo un accordo definitivo per la realizzazione di quella sostituzione dei contributi finanziari degli Stati membri con risorse proprie della Comunit concordata allindomani del vertice dellAja. In tal modo si conferiva alla Comunit una solida autonomia finanziaria che costituiva il necessario presupposto per la sua indipendenza dai poteri nazionali. Nel precedente sistema, infatti, era latente un certo grado di insoddisfazione, dato che ogni Stato era chiamato a contribuire in percentuale alla sua capacit contributiva, nonch al suo peso politico. Gli Stati pi agiati, i cd. pagatori netti, pur versando contributi maggiori, ricevevano in saldo cifre di minore entit, per compensare lo squilibrio con gli altri Stati. Col sistema delle risorse proprie, invece, la Comunit poteva disporre di un proprio budget costituito da determinate voci di imposta. Il giorno successivo fu ratificato, sempre a Lussemburgo, il Trattato sullampliamento dei poteri del Parlamento in materia finanziaria, dando attuazione alle disposizioni previste dallart. 201 del Trattato CEE in materia. Il nuovo indirizzo della politica finanziaria comunitaria e le nuove attribuzioni delle istituzioni comunitarie resero anche necessaria listituzione di una Corte dei Conti comunitaria (che sarebbe entrata in funzione nel 1977), subentrata alla precedente Commissione di controllo del bilancio. 6. LADESIONE DI GRAN BRETAGNA, IRLANDA E DANIMARCA. Nel maggio 1967 i governi inglese, irlandese e danese inoltrarono nuove domande di adesione alle Comunit. Verso la fine di quellanno il confronto fra i sei si era arenato e non si era riusciti a raggiungere alcun accordo. Successivamente, grazie al mutato atteggiamento francese, si giunse (giugno 1970) a veri e propri negoziati, in vista anche di uneventuale adesione della Norvegia. Il 22 gennaio 1972, nel palazzo di Egmont a Bruxelles i Dieci (i 6 membri originari, pi Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca e Norvegia) firmarono gli atti di adesione.

Tuttavia il 26 settembre dello stesso anno essi si ridussero a nove per il rifiuto che il governo norvegese fu costretto ad annunciare (in seguito allesito negativo dun referendum popolare interno) in merito alladesione del paese scandinavo alle Comunit. Diversamente il 1 gennaio 1973 Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, in seguito ai responsi popolari favorevoli, entrarono a far parte delle Comunit. 7. LELEZIONE A SUFFRAGIO UNIVERSALE DEL PARLAMENTO EUROPEO. Sin dal maggio 1960 era stato preso in esame, a livello comunitario, un progetto per lattuazione dellelezione a suffragio universale del Parlamento europeo, cos come previsto dallart. 138 (ora 190) del trattato istitutivo. Eppure, fu soltanto nel corso della riunione del Consiglio europeo tenutasi a Roma il 1 dicembre 1975, che i capi di Stato e di governo dei paesi membri riuscirono ad accordarsi definitivamente sulla data della prima elezione a suffragio universale diretto del Parlamento Europeo, che venne fissata per la primavera del 1978. In linea generale lelezione a suffragio universale diretto del Parlamento pu essere considerata un passo avanti verso lintegrazione europea, sia per le ripercussioni che tale riforma ebbe sullopinione pubblica dei paesi membri, sia per il nuovo vigore dato a tale istituzione dalla presenza di un mandato diretto da parte dellelettorato degli Stati europei. 8. LADESIONE DI GRECIA, SPAGNA E PORTOGALLO. Nel 1974 caddero due regimi autoritari dellEuropa mediterranea: quello portoghese, in seguito alla rivoluzione dei garofani, e quello greco sulla spinta della crisi di Cipro. Inoltre tra i 1975 e il 1978 si comp il processo di democratizzazione della Spagna dopo quasi quaranta anni di dittatura. Il ritorno dei paesi europei mediterranei alla democrazia apr le prospettive per un loro ingresso nella Comunit europea. La Grecia aveva presentato domanda di adesione alla Comunit nel luglio 1976; il Portogallo nel marzo 1977 e la Spagna nel luglio dello stesso anno. Lallargamento della Comunit ai Paesi del Mediterraneo offriva nuove prospettive di sviluppo allUnione europea; essa, per, presentava notevoli problemi in quanto si temeva potesse alterare i delicati equilibri politici e commerciali esistenti tra i paesi della Comunit, in particolare nel settore agricolo. Interessante al riguardo fu levoluzione della posizione dellItalia. Inizialmente, infatti, allorch venne prospettata la possibilit di una adesione dei Paesi mediterranei alla Comunit, nel nostro Paese da pi parti vennero avanzati dei timori circa le conseguenze negative per la nostra agricoltura da tale evento. Si temeva fortemente la concorrenza, in particolare quella spagnola, in settori quali ola produzione di olio, di vino, di agrumi ed in generale di alberi da frutta. Tuttavia nel corso degli anni 80 la posizione del nostro governo si progressivamente evoluta verso una sempre pi ferma adesione alla prospettiva di allargamento della Comunit ai Paesi dellEuropa meridionale. In particolare, nel caso delladesione della Spagna e del Portogallo la mediazione svolta dal nostro governo nel tentativo di ridurre la resistenza francese stata decisiva. La Grecia entrata a far parte della Comunit dal 1 gennaio 1981, la Spagna e il Portogallo dal 1 gennaio 1986.

CAPITOLO SECONDO: DALLUNIONE ECONOMIA ALLUNIONE MONETARIA.


SOMMARIO CAPITOLO SECONDO: 1. Il Libro Bianco per il completamento del mercato interno. 2. LAtto Unico europeo. 3. Il mercato unico europeo. 4. Il trattato di Maastricht. 5. Ladesione della Finlandia, dellAustria e della Svezia. 6. Il Trattato di Amsterdam. 7. Il Trattato di Nizza. 8. Lunione monetaria e lintroduzione delleuro.

1. IL LIBRO BIANCO PER IL COMPLETAMENTO DEL MERCATO INTERNO.

Con il raggiungimento delloriginario obiettivo dellunione doganale e lampliamento ad altri Paesi europei, si rese necessaria, a partire della met degli anni 80, una completa revisione della struttura e degli obiettivi della Comunit. Dopo la crisi mondiale che caratterizz gli anni settanta ed il rallentamento del processo dintegrazione comunitario che ne segu, era ormai unanimemente avvertita lesigenza di ridare nuovo slancio e vigore alla cooperazione europea. Limpulso decisivo venne dalla Commissione presieduta da J. Delors, che nel giugno 1985 present un Libro bianco per il completamento del mercato interno. In questo documento venivano analizzati tutti gli ostacoli che si frapponevano ad una completa realizzazione dellunione economica tra gli Stati della Comunit e si avanzavano proposte volte a superare tali ostacoli. In particolare i tre obiettivi principali del programma erano: 1. integrare i mercati nazionali della Comunit per trasformarli in un immenso mercato unico; 2. rendere questo mercato unico un mercato in espansione, estremamente dinamico; 3. garantire la necessaria flessibilit, al fine di canalizzare al meglio le risorse umane, materiali e finanziarie verso i settori di utilizzazione ottimali. 2. LATTO UNICO EUROPEO. I problemi e le soluzioni individuate nel Libro bianco costituirono la base della Conferenza intergovernativa che si riun a Lussemburgo il 9 settembre 1985 e nella quale furono predisposte le strategie per il rilancio del processo di integrazione europeo. I lavori della Conferenza, infatti, ebbero termine a Bruxelles il 28 febbraio 1986 con ladozione dellAtto Unico Europeo, entrato successivamente in vigore il 1 luglio 1987 a seguito della ratifica dei parlamenti degli Stati membri. In Italia lAtto in parola stato ratificato e reso esecutivo con la L. 23 dicembre 1986 n. 909. Lobiettivo pi importante dellAtto Unico era la realizzazione entro il 31 dicembre 1992 del mercato unico, cio di uno spazio senza frontiere interne, nel quale assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Affinch il grande mercato interno potesse sfociare in un autentico spazio economico e sociale comune, basato sulla solidariet e dominato dalle regole del mercato ma al tempo stesso dalla cooperazione tra le istituzioni politiche e le parti sociale era necessario il raggiungimento di una convergenza economica, e lapplicazione di politiche di accompagnamento (21 Rel. Gen. CE). Altre disposizioni contenute nellAtto Unico Europeo: modifiche istituzionali, nuove politiche, cooperazione europea. 3. IL MERCATO UNICO EUROPEO. Il periodo che va dallentrata in vigore dellAtto Unico europeo alla fatidica data del 1 gennaio 1993, fissata per lavvio del mercato unico, stato un periodo di intensa attivit per gli organi comunitari. La necessit di procedere ad una completa armonizzazione delle diverse legislazioni degli Stati membri, al fine di eliminare tutte le barriere (fisiche, tecniche e fiscali) che si frapponevano al processo di integrazione comunitaria, ah reso necessario un lungo e paziente lavoro da parte della Commissione. Nonostante le inevitabili difficolt lobiettivo stato comunque centrato e, a partire dal 1 gennaio 1993, tra i Paesi membri della Comunit europea sono cadute tutti gli ostacoli di natura burocratica e tariffaria che ostacolavano la circolazione dei beni e dei servizi tra gli Stati membri. Il laborioso ed interessante lavorio finalizzato al completamento del mercato unico proseguito parallelamente ad unintensa attivit volta a creare le basi per delineare le future tappe dellintegrazione comunitaria. Preso atto dellimminente raggiungimento dellobiettivo 1993, le istituzioni comunitarie hanno avviato gi dal 1988 i contatti che poi sarebbero sfociati nella firma del Trattato di Maastricht, che ancora una volta sottolinea lottica nella quale si muove il processo di integrazione della Comunit: periodicamente vengono fissate delle scadenze, raggiunte le quali, si passa ad una nuova fase di collaborazione e vengono delineati nuovi e pi ambiziosi traguardi. Quello del Trattato di Maastricht ha portato ad una completa unione economica e monetaria. 4. IL TRATTATO DI MAASTRICHT.

A) Generalit. Con la firma del Trattato di Maastricht (ufficialmente noto come Trattato sullUnione Europea o TUE) stata inaugurata una nuova fase del progetto di integrazione europea, avviando la costruzione di una vera federazione (nonostante lambigua denominazione di Unione europea voluta da alcuni Stati) e mettendo in moto un processo le cui conseguenze saranno rilevanti sia per quanto riguarda i rapporti dellEuropa con il resto del mondo, sia per quanto riguarda lordine interno europeo. La portata estremamente innovativa di questo trattato implicitamente confermato dal travagliato processo di ratifica che pi volte ha fatto temere un completo abbandono del progetto. Esso stato, infatti, agevolmente ratificato in Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Grecia, Spagna, Belgio, Lussemburgo ed Irlanda, mentre ha incontrato notevoli opposizioni in altre Stati. In Francia stato sottoposto a referendum ed passato solo di stretta misura (51,4% dei voti a favore). In Gran Bretagna stato approvato soltanto dopo che il governo ha posto la questione di fiducia. Il Parlamento tedesco ha ratificato il trattato gi nel dicembre 1992, ma ha dovuto attendere una pronuncia della Corte Costituzionale prima di poter depositare (ultimo Stato) la propria ratifica. Le maggiori opposizioni sono per venute dalla Danimarca che con un primo referendum ha bocciato il trattato: dopo aver ottenuto delle deroghe, si svolta una seconda consultazione referendaria che questa volta ha ottenuto esito positivo. Il trattato entrato in vigore il 1 novembre 1993. B) I pilastri dellUnione Europea. La struttura dellUnione Europea, cos come delineata dal Trattato di Maastricht, una struttura tripolare. I tre pilastri che compongono il figurato tempio dellUnione sono: 1. la dimensione comunitaria, disciplinata dalle disposizioni contenute nei Trattati istitutivi delle Comunit europee (cd. primo pilastro); 2. la politica estera e di sicurezza comune (PESC) disciplinata dal titolo V del TUE (cd. secondo pilastro); 3. la cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (CGAI) contemplata dal titolo VI del Trattato sullUnione europea, divenuta, in seguito alle modifiche introdotte dal Trattato di Amsterdam, cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e che costituisce il terzo pilastro dellUnione. La struttura a tempio il risultato di un compromesso faticosamente raggiunto fra le volont contrapposte degli Stati membri al momento della firma del Trattato di Maastricht. In quelloccasione alcuni Stati, temendo che una netta separazione potesse provocare la disgregazione della costruzione europea, propendevano per linserimento delle tre colonne in un testo giuridico unitario, assimilando di fatto le nuove politiche a quelle gi previste dai trattati originari. Altri sostenevano invece la necessit di salvaguardare il potere decisionale degli Stati membri nei settori della politica estera nonch degli affari interni e della giustizia. Il risultato finale fu questa anomala struttura che attribuisce alle diverse istituzioni ruoli diversi a seconda del pilastro in cui operano. La principale differenza tra i tre pilastri data dal fatto che per le politiche avviate nellambito del primo pilastro si applica il cd. metodo comunitario, che marginalizza il ruolo dei governi nazionali a favore delle istituzioni europee. I governi degli Stati membri, infatti, possono intervenire soltanto nelle forme e secondo le procedure previste dai trattati, bilanciando il loro ruolo con quello delle altre istituzioni; ci vuol dire, ad esempio, che nessun atto pu essere adottato nellambito del primo pilastro dal Consiglio dellUnione, istituzione che pi direttamente ripresenta gli interessi degli Stati membri, senza la preventiva iniziativa legislativa della Commissione europea; i trattati istitutivi, infatti, riservano liniziativa legislativa alla sola Commissione che esercita in tal modo una sorta di controllo a priori sullattivit legislativa comunitaria. La collaborazione nellambito degli altri due pilastri invece di carattere tipicamente intergovernativa, attribuendo tutto il potere decisionale agli Stati membri. Gli strumenti tipici della cooperazione nellambito del secondo e del terzo pilastro sono i principi e gli orientamenti generali, le strategie comuni, le azioni comuni, le posizioni comuni, la cooperazione sistematica, le decisioni-quadro e le decisioni, tutti scarsamente vincolanti per gli Stati membri e comunque quasi sempre adottabili soltanto allunanimit. Lunico atto veramente vincolante,

previsto soltanto nellambito della cooperazione del terzo pilastro, la convenzione internazionale che per impegna lo Stato soltanto nel momento in cui ha ricevuto la ratifica; non a caso quasi tutte le convenzioni elaborate sulla base della cooperazione in materia di giustizia e affari interni non sono ancora entrate in vigore. C) La struttura del trattato. Il trattato che stato firmato a Maastricht costituisce un coacervo di disposizioni, alcune delle quali sono di portata estremamente innovativa. Allo stesso trattato sono aggiunti vari protocolli e dichiarazioni, tra cui spiccano i due protocolli che definiscono lo statuto del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC), dellIstituto monetario europeo (IME) E DELLA Banca Centrale Europea (BCE). In particolare il trattato articolato nelle seguenti sezioni: disposizioni comuni (titolo I). Questa prima sezione definisce le linee guida che ispirano lazione comunitaria, il cui compito quello di organizzare in modo coerente e solidale le relazioni tra gli Stati membri ed i loro popoli. Nellart. 2 sono delineati gli obiettivi che si prefigge lUnione: promuovere un progresso economico e sociale equilibrato, mediante la creazione di uno spazio senza frontiere interne, il rafforzamento della coesione economica e sociale e linstaurazione di una unione economica e monetaria che comporti, a termine, una moneta unica; attuare una politica estera e di sicurezza comune e definire a termine una politica di difesa comune che potrebbe, successivamente, condurre ad una difesa comune; rafforzare la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini degli Stati membri mediante listituzione di una cittadinanza dellUnione; sviluppare una stretta coesione nel settore della giustizia e degli affari interni.

modifiche al Trattato CEE (titolo II). Questa sezione rappresenta la parte pi innovativa dellintero Trattato di Maastricht a cominciare dallalto valore simbolico da attribuire alla disposizione che sostituisce lespressione Comunit Economica Europea con Comunit Europea in tutto il Trattato di Roma del 1957. La modifica un evidente segnale della volont di non limitare pi lazione della Comunit alle sole relazioni economiche ma di estenderla anche ad altri campi finora considerati di esclusiva competenza degli Stati membri. Principi fondamentali di questa parte del trattato sono: 1. linstaurazione di una unione economica e monetaria; 2. listituzione di una cittadinanza europea; 3. laffermazione del principio di sussidiarit, secondo il quale la comunit, nelle materie che non sono di sua esclusiva competenza, pu intervenire soltanto qualora gli Stati membri non possono agire o quando preferibile procedere ad unazione comune; 4. lampliamento delle politiche poste in essere dalla Comunit (in particolare, industria, sanit pubblica, educazione e cultura); 5. la revisione dei poteri attribuiti ad alcuni organi comunitari ed, in particolare, lampliamento delle funzioni del Parlamento europeo; modifiche ai Trattati CECA ed Euratom (titoli III e IV). Le disposizioni contenute in questi due titoli si limitano ad estendere anche ai Trattati CECA ed Euratom le modifiche gi previste per il Trattato CEE; disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune (titolo V). Rappresenta una delle novit pi importanti del Trattato di Maastricht ed il risultato finale dei lunghi negoziati intrapresi nellambito della conferenza intergovernativa convocata nel 1990. Le disposizioni contenute in questo titolo non introducono alcuna modifica ai Trattati istitutivi delle Comunit europee; disposizioni relative alla cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale (titolo VI). Lapertura delle frontiere tra i Paesi comunitari a partire dal 1 gennaio 1993 ha inevitabilmente imposto un notevole ridimensionamento delle possibilit di controllo frontaliere. Al fine di realizzare una pi efficace cooperazione in questo settore con il Trattato di Maastricht si deciso di delineare alcune strategie comuni tra gli Stati

membri, tra cui rientra anche la costituzione di un Ufficio europeo di polizia (Europol). Tuttavia molte delle disposizioni contenute in questo titolo (che originariamente era denominato cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni) sono state comunitarizzate con il Trattato di Amsterdam; disposizioni su una cooperazione rafforzata (titolo VII). Non era previsto dalloriginario Trattato di Maastricht, ma stato aggiunto dal Trattato di Amsterdam. Prevede la possibilit che alcuni Stati membri possano perseguire autonomamente determinate politiche quando non possibile raggiungere lunanimit; disposizioni finali (titolo VIII). Oltre allart. 49, che disciplina la procedura per ladesione di nuovi Stati, la disposizione pi importante (ora abrogata) era quella che prevedeva la convocazione, entro il 1996, di una conferenza intergovernativa per apportare eventuali modifiche al trattato: da questa norma nato il Trattato di Amsterdam.

5. LADESIONE DELLA FINLANDIA, DELLAUSTRIA E DELLA SVEZIA. Nel corso del 1993 le istituzioni comunitarie hanno avviato una serie di negoziati con quattro paesi che avevano da tempo fatto richiesta di adesione allUnione Europea: lAustria, la Finlandia, la Svezia e la Norvegia. Dopo aver ottenuto lassenso del Consiglio, del Parlamento e della Commissione, le trattative per lampliamento della Comunit sono state ufficialmente avviate l11 dicembre 1993. Dopo una crisi scoppiata tra i Paesi membri relativamente alla questione della maggioranza in seno al Consiglio dellUnione (risolta con il compromesso di Ioannina) latto di adesione stato ufficialmente siglato il 24 giugno 1994 e successivamente sottoposto alla ratifica degli Stati gi membri (in Italia ci avvenuto con L. 14-12-1994, n. 686) ed in quelli che dovevano aderire. In questultimo caso la ratifica era subordinata al voto favorevole espresso dai cittadini tramite una consultazione referendaria, che ha dato esito positivo in Austria, Svezia e Finlandia: in Norvegia, invece, il referendum tenutosi il 28 novembre 1994 ha portato ad una nuova bocciatura (dopo quella del 1972) della possibile adesione allUnione Europea. Dal 1 gennaio 1995 gli Stati membri sono passati da 12 a 15. 6. IL TRATTATO DI AMSTERDAM. A) La conferenza intergovernativa e lapprovazione del trattato. Come era stato stabilito dalle disposizioni finali del Trattato di Maastricht, il 29 marzo 1996 i capi di Stato e di governo degli Stati membri si sono riuniti per fare il punto della situazione e proporre alcune modifiche al trattato. A conclusione del Consiglio europeo di Amsterdam del 18 giugno 1997 stato raggiunto un accordo su un nuovo trattato per lEuropa. Frutto dei lavori svolti dalla conferenza intergovernativa (CIG) dal marzo 1996 al giugno 1997 il trattato di Amsterdam stato ufficialmente firmato il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1 maggio 1999. Il nuovo trattato ha introdotto sostanziali modifiche ed integrazioni ai trattati delle Comunit europee ed al Trattato sullUnione in vista dellallargamento della CE verso i Paesi dellEuropa orientale. B) Le modifiche al primo pilastro. La pi importante novit introdotta dal Trattato di Amsterdam nellambito delle politiche comunitarie sicuramente limpegno assunto per la promozione di un pi alto livello occupazionale; nel Trattato istitutivo della Comunit europea stato aggiunto un nuovo titolo interamente dedicato alle problematiche occupazionali, con il quale, pur ribadendo che la responsabilit in materia di occupazione posta principalmente a carico degli Stati membri, si tenta di introdurre un coordinamento anche a livello europeo. Un altro capitolo dedicato al mondo del lavoro quello relativo alla politica sociale, finora relegata in un protocollo allegato al Trattato sullUnione e che ora entra a far parte a pieno titolo delle politiche comuni, essendo cadute tutte le obiezioni britanniche. Altre modifiche hanno riguardato la politica ambientale, la sanit pubblica e la tutela dei consumatori. Per quel che riguarda le modifiche istituzionali, esse rappresentano indubbiamente un campo nel quale con il Trattato di Amsterdam non sono stati raggiunti risultati particolarmente incoraggianti.

Ciononostante alcune novit sono state inserite nel testo del nuovo accordo: il Parlamento europeo diventa un vero e proprio co-legislatore dellUnione, dal momento che la procedura di codecisione, introdotta dal Trattato di Maastricht, trova una generalizzata applicazione, con la sola eccezione delle questioni concernenti lunione economica e monetaria, per la quale continuer ad applicarsi la procedura di cooperazione; allo scopo di snellire il processo decisionale le ipotesi nelle quali il Consiglio vota a maggioranza qualificata (e non allunanimit) sono estese anche ad altre settori, in particolare orientamenti e misure dincentivazione in materia di occupazione, sanit pubblica, ricerca e sviluppo tecnologico, ecc., il Presidente della Commissione assume un ruolo sempre pi incisivo, come figura di guida e impulso delloperato dellintero organo. C) Le modifiche al secondo pilastro. Gli scarsi risultati raggiunti nel campo della politica estera e di sicurezza comune costituisce indubbiamente uno dei maggiori fallimenti del Trattato di Amsterdam. Sebbene estremamente limitate rispetto alle iniziali aspettative, non mancano comunque anche in questo settore rilevanti novit. In particolare: previsto che lUnione possa adottare strategie comuni per le azioni da intraprendere nellambito della politica estera, fissando gli obiettivi, la durata e i mezzi che gli Stati membri devono mettere a disposizione per il perseguimento dellazione fissata; viene introdotto il principio dellastensione costruttiva, che potrebbe consentire una pi efficace azione da parte degli Stati membri; tra le priorit dellazione comunitaria rientrano le missioni umanitarie, di soccorso e di mantenimento della pace, secondo le indicazioni contenute nella dichiarazione di Petersberg; viene creata una cellula di programmazione politica e di tempestivo allarme, che avr il compito di individuare le zone di conflitto potenziale e anticipare eventuali situazioni di crisi. D) Le modifiche al terzo pilastro. Le pi importanti novit del Trattato di Amsterdam sono sicuramente quelle che hanno radicalmente trasformato la cooperazione in materia di giustizia e affari interni. Coerentemente con unindicazione gi contenuta nel Trattato di Maastricht, quasi tutti i settori che rientravano nellambito del terzo pilastro sono ora stati trasferiti nel primo pilastro, comunitarizzando materie che in precedenza erano trattate esclusivamente in ambito intergovernativo (rilascio di visti, concessione di asilo, azione comune in materia di immigrazione, cooperazione doganale, cooperazione giudiziaria in materia civile e pi in generale tutte le questioni attinenti alla libera circolazione delle persone). In seguito al completamento del processo di comunitarizzazione, nellambito del terzo pilastro restano soltanto le disposizioni concernenti: la cooperazione tra le forze di polizia, le autorit doganali e le altre autorit competenti degli Stati membri; la cooperazione giudiziaria in materia penale, in particolare per quanto riguarda lesecuzione di sentenze di altri Stati, la facilitazione dellestradizione e la prevenzione dei conflitti di giurisdizione; la progressiva adozione di misure per la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e delle sanzioni, per quanto riguarda la criminalit organizzata, il terrorismo e il traffico illecito di stupefacenti. La radicale modifica delle disposizioni contenute nel titolo VI del Trattato sullUnione europea si riflette anche nella nuova denominazione introdotta dal Trattato di Amsterdam: non pi cooperazione in materia di giustizia e affari interni, ma cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. E) La cooperazione rafforzata. La possibilit che per alcune politiche il processo di integrazione europea proceda secondo ritmi e scadenze diverse da Stato a Stato ormai un fatto acquisito in ambito comunitario; negli

ultimi anni si sono moltiplicati i casi in cui uno o pi membri dellUnione non hanno partecipato allattuazione di determinate politiche sia per cause oggettive (, ad esempio, il caso della Grecia, fino al 31 dicembre 2000, rispetto allunione monetaria) che per una decisione autonoma (, ad esempio, il caso della Danimarca e della Gran Bretagna sempre rispetto allunione monetaria). La novit del Trattato di Amsterdam quella di aver in qualche modo istituzionalizzato la facolt di procedere ad una integrazione differenziata, attraverso il meccanismo della cooperazione rafforzata; in pratica si sancisce il diritto per quegli Stati membri che intendono perseguire determinate politiche comuni a procedere anche in assenza di una volont comune di tutti i membri. Lidea sottesa allaffermazione del principio della cooperazione rafforzata chiara; si tenta infatti di legare il processo di integrazione europea al ritmo imposto dagli Stati pi dinamici, superando le difficolt frapposte dai Paesi meno entusiasti. altrettanto chiaro per che un utilizzo indiscriminato di tale facolt potrebbe accentuare ulteriormente il divario tra gli Stati membri e creare non pochi problemi di ordine politico e giuridico. Il rischio quello di favorire quel fenomeno che nel linguaggio comunitario viene definito Europa la carte, intendendosi con tale espressione la possibilit che ciascuno Stato membro decida di partecipare soltanto alle politiche di suo interesse, perdendo di vista la globalit del processo di integrazione. F) Semplificazione e codificazione dei trattati. Nel corso degli anni i Trattati istitutivi delle Comunit europee sono stati pi volte modificati sia dai vari atti approvati successivamente (Trattato sulla fusione degli esecutivi, Atto Unico europeo, Trattato di Maastricht, lo stesso Trattato di Amsterdam, ecc.) che dai diversi trattati di adesione; inoltre molte delle disposizioni approvate negli anni 50 risultavano ormai del tutto superate, come ad esempio quelle che disciplinavano nel dettaglio le varie fasi dellunione doganale. Con il Trattato di Amsterdam si proceduto ad unopera di razionalizzazione e semplificazione di questo groviglio di disposizioni; la seconda parte del nuovo trattato interamente dedicata a questa operazione. Con gli articoli 6, 7 e 8 sono state abrogate tutte le disposizioni ormai obsolete e sono stati corretti tutti gli errori puramente formali presenti nei trattati istitutivi, mentre con larticolo 12 stata introdotta una nuova numerazione degli articoli secondo tabelle di corrispondenza allegate al Trattato di Amsterdam, con conseguente adattamento di tutti i riferimenti incrociati; questopera di semplificazione ha portato alla stesura di una versione consolidata del Trattato di Maastricht e del Trattato istitutivo della Comunit europea. 7. IL TRATTATO DI NIZZA. Uno dei nodi irrisolti con lapprovazione del Trattato di Amsterdam era il nuovo assetto istituzionale da dare allUnione europea in previsione del futuro allargamento che porter ad unEuropa con 27 (o 28) Stati membri. Il problema era quello di dotare le istituzioni comunitarie di procedure decisionali pi semplici ed efficaci. Con lattuale iter, infatti, spesso ladozione degli atti in determinati settori risulta unoperazione laboriosa, a causa degli ostracismi dei diversi Stati membri; con una Unione allargata si potrebbe arrivare alla completa paralisi del processo di integrazione. Proprio per dare una risposta a questi problemi il 14 febbraio 2000 stata convocata una nuova conferenza intergovernativa, incaricata di elaborare una bozza di trattato contenente le necessarie modifiche istituzionali in vista dellallargamento dellUnione. I lavori si sono conclusi nel corso del Consiglio europeo del 7-9 dicembre 2000 e gli Stati membri hanno potuto ufficialmente procedere alla firma del Trattato di Nizza il 26 febbraio 2001. Il nuovo testo apporta ai trattati preesistenti modifiche estremamente tecniche, ma indispensabili per delineare il nuovo equilibrio istituzionale dellUnione. A differenza dei precedenti trattati non fissa nessun obiettivo di ampio respiro (come poteva essere la realizzazione dellunione doganale per il Trattato di Roma, il mercato interno per lAtto Unico o la moneta unica per il Trattato di Maastricht) ma delinea un quadro istituzionale dellUnione che le consenta di assorbire il pi grande allargamento della sua storia. Tra le novit pi significative introdotte dal trattato ricordiamo: la nuova ripartizione del numero di rappresentanti degli Stati membri nelle istituzioni e negli organi comunitari (Parlamento, Commissione, Consiglio economico e

sociale, Comitato delle Regioni), in vista dellallargamento dellUnione. Per il Consiglio, invece, stata introdotta una nuova ponderazione dei voti; lampliamento dei poteri del Presidente della Commissione europea, che ora si vede attribuito un vero e proprio potere direttivo sul collegio, con la possibilit di decidere sulla struttura interna, sulla nomina dei vicepresidenti e con la facolt di richiedere le dimissioni di un Commissario; una drastica riduzione dei casi in cui il Consiglio deve deliberare allunanimit. Con il nuovo trattato la regola per ladozione delle decisioni in seno al Consiglio costituita dalla votazione a maggioranza qualificata, mentre restano residuali le ipotesi di votazione con il consenso di tutti gli Stati membri; le modifiche allordinamento giudiziario comunitario. Per poter assorbire laumentato carico di lavoro la competenza del Tribunale di primo grado estesa anche ad altre materie in precedenza di esclusiva competenza della Corte. In pratica si viene a creare un vero e proprio doppio grado di giurisdizione tra il Tribunale e la Corte. Sempre nellottica dello snellimento, stato introdotto un nuovo articolo che fornisce la base giuridica per la creazione di sezioni giurisdizionali specializzate incaricate di esercitare, in settori specifici, le competenze giurisdizionali previste dal trattato. In questultima ipotesi il Tribunale di primo grado diventerebbe una giurisdizione di appello; lintroduzione di una procedura di preavviso nel caso in cui siano constate violazioni dei diritti fondamentali da parte di uno Stato membro. Prima di adottare decisioni gravi, infatti, il Consiglio pu, dopo aver sentito lo Stato interessato, rivolgergli appropriate raccomandazioni; uno snellimento delle procedure per poter procedere ad una cooperazione rafforzata, attraverso la soppressione del diritto di veto in precedenza attribuito agli Stati membri.

8. LUNIONE MONETARIA E LINTRODUZIONE DELLEURO. La realizzazione dellunione economica e monetaria rappresenta uno degli obiettivi pi significativi del Trattato di Maastricht. Questultimo, riprendendo le indicazioni contenute nel rapporto Delors, ha scandito il processo di integrazione monetaria attraverso fasi successive che sono culminate nelladozione di una moneta unica europea, leuro. Durante la prima fase, che ha avuto inizio il 1 luglio 1990 e si conclusa nel 1993, stato completamente liberalizzato il movimento dei capitali con la conseguente necessit di un maggiore coordinamento tra le politiche monetarie degli Stati membri, obiettivo principale della seconda fase. Dal 1 gennaio 1994 al 31 dicembre 1998, infatti, gli Stati membri hanno cercato di far convergere le loro economie attraverso il rispetto di quattro criteri stabiliti dal protocollo allegato al Trattato di Maastricht: inflazione, finanze pubbliche, tassi dinteresse e moneta nazionale. Il controllo del rispetto dei parametri stabiliti dal trattato stato affidato ad un istituto ad hoc, lIME, che il 25 marzo 1998 ha pubblicato un rapporto sullo stato di convergenza fra i paesi dellUnione. Sulla base di questo documento, unitamente alla relazione della Commissione europea che ha raccomandato al Consiglio i Paesi che a suo giudizio hanno soddisfatto i criteri di convergenza, durante il vertice dei Capi di Stato e di governo tenutosi a Bruxelles dall1 al 2 maggio 1998 sono stati scelti gli Stati che potevano adottare la moneta unica sin dallinizio della terza fase. Nella stessa sede si proceduto anche alla nomina del Presidente della BCE e alla fissazione dei tassi di cambio bilaterali tra le monete degli Stati partecipanti. La terza fase dellUEM iniziata il 1 gennaio 1999 con la fissazione dei tassi di cambio irrevocabili tra leuro e le valute partecipanti. Da quella data partita una lunga fase di transizione che si conclusa il 1 gennaio 2002 quando la nuova moneta entrata materialmente in circolazione. 9. LALLARGAMENTO. A partire dal 1 maggio 2004 lUnione europea passata da quindici membri a venticinque, con un cambiamento destinato a modificare non solo laspetto dellUnione stessa, ma anche la percezione dellEuropa come realt economica e geopolitica. Nulla di simile era successo con gli

allargamenti preceddenti. Il primo di essi, nel gennaio 1973, aveva visto la CEE passare dai sei stati fondatori a nove membri: Regno Unito, Irlanda e Danimarca (la Norvegia, che aveva aderito in un primo tempo, poi rinunci dopo un referendum popolare) aumentavano le potenzialit commerciali della Comunit rendendola di fatto la prima potenza commerciale mondiale: su un totale mondiale di 300.000 milioni di dollari di scambi commerciali, la nuova CEE da sola ne rappresentava ben 112.000 milioni, diventando il primo mercante del pianeta. Tuttavia la sorpresa in quel caso era minore: si trattava di un allargamento a lungo atteso, fermato per ben due volte dal veto di Charles de Grulle allingresso della Gran Bretagna nella CEE (nel 1963 e nel 1967), ma destinato comunque a giungere in porto. Neppure i successivi allargamenti (Grecia nel 1981 e Spagna e Portogallo nel 1986) avevano squilibrato troppo le dinamiche interne della Comunit, ridimensionando semmai il ruolo delle produzioni agricole nordiche a favore di quelle pi propriamente mediterranee. Tali allargamenti erano stati assorbiti agevolmente dalla Comunit, anche se si trattava di paesi meno sviluppati degli altri membri. Ancora meno problemi sono stati causati dallingresso di Austria, Svezia e Finlandia nel 1995, ponendo termine alla farsa della neutralit austriaca, prodotto della seconda guerra mondiale, e inserendo i paesi scandinavi nel circuito commerciale continentale a pieno titolo. Infine lo consideriamo un allargamento anche se sui generis- nel 1989-1990 si avuta la riunificazione tedesca, con unarea paragonabile a 5 volte il Belgio che ritornata a far parte della Repubblica federale di Germania ponendo fine alla divisione del 1948-49. Ma stavolta si tratta di qualcosa di diverso, un evento storico non solo a parole. I dieci paesi si sono presentati alla porta dellUnione europea con un fardello di problemi e di sottosviluppo neppure lontanamente paragonabile a quello a suo tempo affrontato dal Piano Marshall statunitense, lanciato nel 1947 per salvare il continente dalle conseguenze della guerra. I nuovi arrivati non sono fattori di rafforzamento commerciale-economico dellUnione, come nel caso degli allargamenti precedenti: hanno da chiedere pi di quanto non possano dare. Se si prendono come termine di paragone i dati 1999 del PIL pro capite dei quindici paesi membri, ponendo il valore medio a 100, si vede che i quindici dellUnione si collocano in un range che va dal 189 del Lussemburgo al 66 della Grecia, con solo tre paesi al di sotto della media: Spagna (84), Portogallo (69) e, appunto, la Grecia. I nuovi entrati sono in una condizione ben differente: Lettonia, Lituania e Polonia stanno intorno al 30, Estonia e Slovacchia intorno al 40, Malta, Ungheria e Repubblica Ceca dal 55 al 60 e solo Cipro e Slovenia sopra il 70. Al di l delle cifre nude e crude e considerando comunque i limiti di ogni calcolo statistico, questo significa in altre parole che il compito principale dellUnione nei prossimi anni sar [fu] di raddoppiare il reddito di circa ottanta milioni di persone, garantendo allo stesso tempo che tale aumento non si traduca in sperequazioni, nuove ingiustizie, la creazione di caste di nuovi ricchi e di masse di vecchi poveri, solo meno poveri rispetto alle condizioni sperimentate durante gli anni del socialismo reale. Purtroppo, lesperienza insegna che il passaggio dal socialismo reale al capitalismo reale non sempre garanzia di maggiore giustizia sociale e di aumento del tenore di vita; un aumento di benessere sempre indubbio ma il pi delle volte, come nella Russia e in alcuni paesi gi parte dellex Unione Sovietica, esso si concentrato nelle mani di pochi abili, fortunati, furbi o profittatori, toccando solo marginalmente il sistema economico nel suo complesso e introducendo lentamente e a fatica quelle elementari regole di tutela e di garanzia dei cittadini lavoratori che sono una delle conquiste principali dellEuropa occidentale. La Commissione, vero motore e artefice principale dellallargamento, sin dai tempi di Jacques Delors e poi con Romano Prodi, ha pi volte richiamato il principio della tutela dei diritti politici ed economici, ponendolo come uno dei presupposti fondamentali per dare il via allingresso di un candidato nellUnione. Monitorando una serie di parametri applicati alla realt dei paesi candidati, ladesione diventa un cammino a tappe, rappresentato da tante caselle che vanno spuntate prima di poter entrare a far parte dellUnione a pieno titolo. Lallargamento incide direttamente non solo sulla composizione dellUnione e sugli equilibri istituzionali ma anche sulle politiche di coesione e sugli aiuti strutturali ai quali siamo abituati dagli anni 80 in poi: in altre parole, si tratta di quegli interventi che hanno permesso a paesi come la Spagna e il Portogallo di colmare il loro deficit di sviluppo nel giro di una decina di anni e hanno portato nel Meridione italiano una grande quantit di contributi non sempre impegnati in maniera oculata o convincente; sono i contributi del Fondo sociale europeo; i sostegni alla formazione e allaggiornamento; i fondamentali contributi agricoli per mantenere i prezzi delle produzioni europee artificiosamente alti e redditizi per gli agricoltori francesi e tedeschi e

olandesi. Tutto questo sistema complesso e frutto di innumerevoli negoziati e confronti verr riorganizzato, ed logico che sia cos: se fino a oggi il limite di reddito medio di una regione o di unarea depressa per accedere ai contributi europei stato del 75% rispetto alla media europea, chiaro che larrivo di paesi che si presentano con redditi pari al 30 o al 40% della media ridisegna i valori verso il basso e fa diventare improvvisamente ricco, in termini relativi, chi prima era arretrato. Questo apre dei fronti di discussione e propone il tema della solidariet attiva allinterno dellUnione verso paesi interi con carenze importanti nello sviluppo. Allo stesso modo si presenta il problema del costo intrinseco per ovviare ai danni del passato. Basti pensare solo allinquinamento, con paesi come la Romania o la Polonia che presentano aree industriali che sono vere e proprie bombe ecologiche. Per non parlare dei ritardi nel campo della formazione scolastica e accademica, della necessit di differenziare le produzioni industriali portando alla chiusura di quelle poco convenienti producendo quindi ulteriore disoccupazione che va assorbita e affrontata da chi impone la chiusura, non da chi la subisce. Si tratta di mutamenti che ogni paese della CEE ha vissuto a suo tempo (ad esempio, la vicenda della siderurgia in Italia o il trauma della chiusura delle miniere di carbone in Gran Bretagna nel 1980-1990), ma diluendoli in tempi relativamente lunghi. Nei paesi appena entrati invece, proprio per la dimensione dei problemi e per la drasticit degli interventi richiesti dalla situazione, vi sar meno tempo per assorbire i traumi, e meno tempo anche in Occidente per intervenire in maniera efficace. Questo vale a maggior ragione per altri due paesi che sono in predicato per ladesione cio la veterana Turchia e la Croazia. Tutto questo non mette in discussione il processo di integrazione, ma deve contribuire a renderlo un processo responsabile e non ubbidiente solo alle leggi del clamore politico o della storia che si deve fare. Non sta scritto da nessuna parte che il processo di integrazione europea dallAtlantico agli Urali sia una necessit storica; come ogni processo evolutivo esso ha delle leggi che si formano via via che il processo si compie e un costo totale che si pu quantificare solo ogni volta che una fase si conclusa e si fa un primo bilancio delle perdite e dei guadagni. Esso risponde a degli interessi che non sono solo economici, e non deve ubbidire solo a leggi di mercato; coinvolge riferimenti culturali, come le lingue, provoca un confronto tra sistemi giuridico-sociali e soprattutto mette in gioco quellagire impalpabile che in modo conscio o inconscio si manifesta in ciascuno di noi nel valutare ci che gli accade intorno: lesperienza, il vissuto personale, la conoscenza diretta. Su questultimo punto di vista, non si pu dire che la media dei cittadini dellUnione abbia una conoscenza approfondita dei nuovi arrivati: in media solo il 34% dei cittadini dei quindici dichiara di conoscere almeno uno dei nuovi paesi dellUE. Si va dall81% degli austriaci evidentemente favoriti dalla vicinanza dellUngheria- all8% dei portoghesi. LItalia, paese europeista per definizione, si pone al 21%, come i francesi. Pare incredibile che a dieci anni dalla caduta del muro di Berlino, 8 italiani su dieci non abbiano mai visitato un paese di quella che una volta si chiamava lEuropa oltrecortina. La Commissione per tranquillizza e invita al confronto: Lignoto spesso fonte di preoccupazioni. Incontrare i nostri vicini ci dimostrer che essi sono pi simili a noi di quanto immaginiamo, in termini di speranze e di aspirazioni. 10. I PRINCIPI COSTITUZIONALI DELLUNIONE. Anche per la nuova dimensione dellUnione, ha un senso domandarsi qual il suo ethos ideale. Quali i diritti fondamentali, i doveri e gli obiettivi proclamati nei trattati che, dal 1957 in poi, hanno segnato la marcia dellintegrazione comunitari e che infine sono stati integrati, prima in una Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea, quindi nel progetto di trattato istitutivo della Costituzione europea. Sotto questo profilo, la CEE che era succeduta alla CECA nel 1957 presentava delle novit di rilievo rispetto alle costruzioni istituzionali che solitamente scaturivano dai trattati internazionali. Prima di tutto, essa non prevedeva una scadenza, ma aveva durata illimitata; i suoi obiettivi erano principalmente quelli di instaurare un mercato comune tra i sei paesi firmatari, ispirato ai principi di uneconomica aperta e in libera concorrenza, attraverso il rispetto di quattro libert fondamentali, la libert di circolazione delle merci, dei servizi, delle persone e dei capitali. Pi in generale per, ci si proponeva di favorire uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attivit economiche nellinsieme della Comunit, unespansione continua ed equilibrata, una stabilit accresciuta, un miglioramento sempre pi rapido del tenore di vita e pi strette relazioni fra gli stati che a essa partecipano (art. 2 Trattato CEE). Come si vede,

non si trattava solo di enunciazioni relative allambito economico, ma anche di un pi generale programma di promozione del benessere delle popolazioni europee. Bisognava per attendere la firma dellAtto unico e soprattutto del Trattato di Maastricht perch nei principi ispiratori entrassero anche valori pi strettamente attinenti alla sfera della politica. Il preambolo dellAtto unico parla infatti per la prima volta di Unione Europea, di cooperazione in politica estera, di promozione della democrazia allinterno dei paesi membri, di difesa dei diritti umani, di libert, uguaglianza e giustizia sociale. Tali valori positivi sono accostati poi a un altro principio, che non quasi mai ricordato a questo proposito: quello dellindipendenza dellEuropa, intesa come una realt politica unitaria, e non pi come un insieme di stati che devono difendere, separatamente, la propria indipendenza. Questo rivolgersi anche ai valori della politica, prima assenti, poi corollario, e infine funzione dellintegrazione economica, stato definitivamente sancito nel Trattato di Maastricht. Esso infatti considera acquisiti i risultati dellintegrazione economica, da approfondire con il raggiungimento della completa unione economica e monetaria, per rivolgersi quindi a valori come lidentit europea sulla scena internazionale, la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini dellUnione mediante una cittadinanza comune, la considerazione dellUnione come spazio di libert, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alla frontiere esterne, lasilo, limmigrazione, la prevenzione della criminalit e la lotta contro questultima. Inoltre, altro punto fondamentale nel Trattato di Maastricht, laffermazione del principio della sussidiariet, secondo il quale ogni problema va affrontato al livello di governo pi basso possibile, cio il pi vicino ai cittadini, sottolineando cos il valore e il rispetto delle autonomie primarie (enti locali, regioni, stati membri) nel processo decisionale. Questi principi costituzionali, dal Trattato di Roma a quello di Nizza, hanno avuto tuttavia unapplicazione diversificata. Ad esempio, il principio della cittadinanza comune attende ancora di essere realizzato in tutte le sue implicazioni, ma gi da adesso ogni cittadino di un paese dellUnione garantito dalle rappresentanze consolari e diplomatiche degli altri paesi membri, qualora si trovi allestero senza la protezione diplomatica del proprio paese; sono invece lontani altri aspetti connessi alla parola cittadinanza: il pagamento delle imposte direttamente allUnione oltre che al proprio paese, oppure un servizio militare europeo. Lapprovazione della Carta dei diritti dellUnione europea, presentata durante il vertice di Nizza, nel 2001, non ha modificato di molto la situazione dei diritti politici dei cittadini dellUnione: raccogliere in un testo i diritti comunemente garantiti nelle costituzioni occidentali (libert di movimento, diritto alla salute, diritto al lavoro, ecc.) stato considerato un passo molto importante per creare un preambolo della futura Carta costituzionale dellUnione, ma tale riconoscimento ha un valore puramente simbolico. La Carta quindi destinata come parte II della Costituzione dellEuropa- ad avere un senso solo allinterno di un testo pi organico e complessivo. Il trattato costituzionale, attualmente in fase di stand by dopo la bocciatura dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi, ha totalmente recepito i diritti dellUnione indicati nella Carta e ne ha ampliato la portata, aprendosi con la definizione dei principi dellUnione: il valore della dignit umana, della libert, della democrazia, delluguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, [] i diritti delle persone appartenenti a una minoranza. [] in una societ fondata sul pluralismo, sulla non discriminazione, sulla tolleranza, sulla giustizia, sulla solidariet e sulla parit tra donne e uomini (art. I-1 del Trattato che istituisce una Costituzione per lEuropa). Se il Trattato venisse ratificato, il quadro di riferimento per la tutela dei diritto fondamentali potr dirsi maturo e pressoch completo. Sotto un altro aspetto, quello economico, completamente assicurata la libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone, anche grazie allacquisizione della Convenzione di Schengen (1995) nellinsieme della legislazione dellUnione. Questi accordi, sottoscritti nel tempo da Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, definiscono un sistema di cooperazione articolato che prevede tra laltro la cooperazione tra polizie; concretamente, per i cittadini dei paesi aderenti, ha significato la progressiva eliminazione di ogni controllo tra le frontiere interne: oggi essi possono spostarsi tra gli stati membri con la stessa semplicit con la quale si spostano allinterno del proprio paese. Tuttavia, anche in questo ambito rimangono ancora notevoli incertezze e ritardi sul controllo contro i traffici internazionali e il crimine organizzato.

Nel caso dei principi enunciati dai trattati istitutivi dellUnione (da Maastricht in poi), si assiste in definitiva a una riedizione aggiornata di quella distinzione che segn i primi anni di vita della Costituzione italiana: la divisione in norme precettive e norme programmatiche, cio in norme che vincolano a un comportamento e altre che possono essere tenute come principio generale, in attesa di unapplicazione concreta. Cittadinanza europea, libera circolazione, equit, giustizia sociale, spazio di libert sono affermazioni impegnative, che lUnione cerca di attuare non di rado scontrandosi con i vincoli imposti dalle legislazioni nazionali e da strutture sociali diverse e complesse. Se mai esistita una Costituzione in divenire, questa quindi quella europea, che si sviluppa attraverso il consolidamento della doppia appartenenza e fedelt dei cittadini alle istituzioni nazionali e a quelle comunitarie, in un bilancio che fa segnare ancora molti punti a favore della dimensione nazionale: almeno fino a che, per esempio, non diverr prassi comune da parte dei cittadini rivolgersi agli organi giurisdizionali dellUnione nel caso di violazioni di norme dei trattati europei e almeno finch le istituzioni comunitarie verranno considerate non un mondo lontano ma elementi decisivi nel determinare le nostre condizioni di vita. FINE.

LIBRO: LUNIONE EUROPEA. CAP. 1: UN PO DI STORIA DAL 1945 A OGGI. La ricostruzione allombra degli USA. LEuropa che si sveglia tra le macerie del maggio 1945 molto diversa dallorgoglioso insieme di stati nazionali che aveva dato il via, nel settembre 1939, al secondo grande conflitto mondiale combattuto in meno di trentanni sul suolo europeo. La Germania era divisa in due zone doccupazione, una controllata dia sovietici (che dar vita nel 1949 alla Repubblica democratica tedesca) e unaltra sotto il controllo degli Alleati occidentali (che sempre nello stesso anno diverr la Repubblica federale tedesca); le strutture industriali e civili erano state letteralmente rase al suolo e, in confronto con essa, altri paesi come lItalia e la Francia registravano danni relativamente lievi, ma erano rimasti ben pi colpiti dalle tragiche vicende della guerra civile interna. Come conseguenza di tutto questo, sembrava si fosse avverata la profezia politica che il francese Alexis de Tocqueville aveva avanzato un secolo prima: il centro politico e militare del mondo non era pi il vecchio continente, ma era pi o meno equamente diviso tra due nuovi soggetti: gli Stati Uniti dAmerica e lUnione Sovietica. LEuropa si scopre povera, affamata, percorsa da fiammate di risentimento e di odio verso la Germania, con masse di militari da inserire nella vita civile, con il pesante fardello di anni e anni di economia di guerra. Grande fame: non esiste altra espressione per descrivere lo stato dellEuropa anno zero. E accanto alla grande fame la grande paura: la pressione espansionistica dellUnione Sovietica, giocata strategicamente sia sul piano militare sia su quello ideologico. Nel 1945 tutto portava a credere che lespansione verso ovest dellURSS non si sarebbe fermata ai vecchi confini del 1939, ma sarebbe andata ben oltre (gli scenari strategici dei wargames elaborati nel 1950 dai generali statunitensi della NATO, davano per scontata la perdita, in caso di conflitto con lURSS e i suoi alleati, di tutta la Germania e della Renania, nonch della Valle Padana). Di fronte a tale minaccia, gli Stati Uniti sostituirono rapidamente la Gran Bretagna nel ruolo di tutori dellordine europeo. Ma mentre la Gran Bretagna aveva per anni sviluppato una politica europea basata sulla creazione e il mantenimento dellequilibrio tra le potenze continentali, gli USA non avevano una politica europea di lunga tradizione e si trovarono poco preparati di fronte alla pesante responsabilit di organizzare la difesa del continente. Lidea di unificare lEuropa politicamente ed economicamente, che aveva avuto durante la guerra e la resistenza i suoi profeti e i suoi progetti, parve essere in quel momento una scelta a portata di mano. Le numerose tendenze antifasciste che avevano proposto lunificazione dellEuropa erano diffuse in tutti i paesi del continente e avevano coerentemente lottato non solo per labbattimento del totalitarismo europeo, ma anche per lunificazione del continente

quale unico antidoto al risorgere dei fascismi. Per lItalia basti ricordare Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, due antifascisti con matrici politiche diverse (Spinelli, un ex comunista espulso nel 37 dal PCI perch critico verso lo stalinismo; Rossi, uno degli esponenti pi in vista del movimento socialista liberale Giustizia e Libert di Carlo Rosselli e Gaetano Salvemini). Essi, durante la loro detenzione nellisola di Ventotene, avevano scritto il documento per unEuropa federale che poi diverr noto come Manifesto di Ventotene (1941). In Francia si pronunciarono apertamente per la federazione europea personaggi come Albert Cams ed Emmanuel Mournier, nonch gran parte del socialismo moderato, riuniti entrambi nel Comit Franais pour la Fdration Europenne; in Inghilterra poi era sorto sin dagli anni 30 un vivace movimento intellettuale Federal Union- che aveva riflettuto a fondo sul problema del federalismo europeo e lidea trovava una buona accoglienza anche in settori del Labour Party. Altri movimenti e tendenze europeiste esistevano in Olanda, Norvegia, Danimarca, Polonia, persino nella piccola Albania (due albanesi confinati dal fascismo a Ventotene, Stavo Skendi e Lazar Fundo, presero parte attiva alle discussioni che precedettero la stesura del Manifesto di Ventotene). Immediatamente dopo la guerra anche gli stessi Stati Uniti, gli unici reali vincitori del conflitto, si pronunciarono, con una mozione del Congresso, a favore degli Stati Uniti dEuropa quale formula per il riordino postbellico del continente. La riorganizzazione dellEuropa per non segu la via del federalismo (che prevede, per dirla in breve, che ogni stato abdichi a una parte dei suoi poteri sovrani in materia di politica estera, difesa, moneta, politica economica, a favore della federazione, la quale li gestisce in maniera esclusiva), ma si bas sulla ricostruzione istituzionale degli stati nazionali preesistenti al conflitto, gelosi custodi delle loro prerogative. Questo fu dovuto sia alla tradizione storica europea (che aveva s visto tentativi di unificazione politica, ma frutto esclusivamente di manovre da parte di uno stato per imporre la sua egemonia su tutto il continente), sia soprattutto alla resistenza degli apparati burocratici e politici nazionali, che ritennero lidea dellunificazione europea un salto nel buoi, un passo affrettato e preferirono continuare a mantenere i consueti punti di riferimento. La situazione postbellica e il sorgere della guerra fredda misero ben presto in chiaro che uEuropa priva di istituzioni comuni e basata unicamente sugli stati era un progetto impraticabile, forse quanto lidealismo rimproverato a chi sperava di unificare immediatamente il continente dopo la sconfitta della Germania. Gli Stati Uniti furono i primi a rendersene conto. Favorevoli allunificazione economica dellEuropa, essi la vedevano anche come lunico mezzo per bilanciare la pressione espansionistica dellURSS e quindi, per tutto il periodo 1945-1954, essi furono entusiasti sostenitori dei primi tentativi di integrazione settoriale che gli stati europei misero in cantiere. Lo stesso Piano Marshall, annunciato nel giugno 47 dal Segretario di stato americano, aveva come obiettivo quello di favorire lintegrazione economica dellEuropa e, in prospettiva, quella politica. Lintento del piano statunitense era squisitamente politico. UnEuropa impoverita sarebbe stata facile preda di movimenti insurrezionali comunisti o fiancheggiatori, e gli USA erano ormai coscienti di quanto la loro stabilit economica e prosperit dipendessero dalla mancanza di tensioni nel Vecchio Continente e da un sistema commerciale internazionale libero da protezionismi. Il Piano Marshall prevedeva quindi la fornitura ai paesi europei da parte degli USA di beni che andavano dagli indumenti alle derrate alimentari (pi del 50% delle importazioni previste per il quadriennio 1948-52) e per il restante combustibili, fertilizzanti, attrezzature industriali, mezzi di trasporto. Il tutto per un ammontare previsto oscillante tra i 20.024 e i 22.686 milioni di dollari a prezzi correnti. Tale imponente massa di importazioni necessarie per la ripresa dellEuropa sarebbe stata fornita solo in parte con la formula del prestito; la maggior parte era prevista sotto forma di grants in aid, vale a dire assegnazioni gratuite contro precisi impegni sul loro utilizzo, la formula che era stata alla base degli interventi del New Deal rooseveltiano. Non mancava certamente nel Piano Marshall una vena filantropica (che alcuni hanno poi enfatizzato), ma soprattutto vi era un interesse preciso alla stabilit del sistema europeo nella parte sotto linfluenza degli Alleati angloamericani. E stabilit voleva dire efficienza nella gestione degli aiuti. E tale efficienza non poteva essere raggiunta se non coordinando e armonizzando strettamente le economie dei sedici paesi che aderirono alliniziativa americana. Si ponevano insomma le basi per ununificazione economica dellEuropa. La risposta europea fu deludente. I sedici paesi interessati al Piano si riunirono in Conferenza a Parigi e furono estremamente chiari nellesporre la sommatoria delle necessit materiali per la loro ricostruzione. Ma furono molto meno decisi sul piano della risposta politica al nocciolo

della proposta statunitense. Se unificare le economie voleva dire rinunciare a porzioni importanti di sovranit, gli stati europei non ne volevano sapere. Le diplomazie preferivano rimanere sul piano della collaborazione tra stati sovrani, con concessioni verbali al comune interesse ma poco pi. La minaccia sovietica e la necessit di superare le contrapposizioni tra gli stati europei, che avevano portato a due guerre mondiali, si incaricarono di spingere nella direzione auspicata dagli Stati Uniti. Gi nel settembre 1946 Churchill aveva pronunciato allUniversit di Zurigo un discorso che era un appello alla riconciliazione franco-tedesca e un invito alla costruzione degli Stati Uniti dEuropa. Nel dicembre q946 era sorta a Parigi lUnione europea dei federalisti (UEF) che riuniva i movimenti federalisti dellEuropa occidentale. Tra le forze politiche le iniziative si erano moltiplicate dal maggio al giugno del 1947: Winston Churchill fondava in Gran Bretagna lo United Europe Movement, di tendenza moderata, che propugnava una collaborazione intergovernativa pi che una vera e propria unione; nello stesso anno nasceva anche il Consiglio francese per lEuropa unita, promosso da Ren Courtin, anchesso comunque avverso al federalismo, e a Liegi (1 giugno 47) venivano fondate le Nouvelles quipes internationales, movimento democratico-cristiano vicino al federalismo. Neppure i socialisti stettero a guardare, e sempre nel messe di giugno 47 costituirono a Montrouge il Movimento per gli Stati Uniti socialisti dEuropa (che lanno seguente diventer Movimento socialista per gli Stati Uniti dEuropa). Buoni ultimi i federalisti tedeschi, che nellagosto dello stesso anno crearono il movimento Europa Bund. Tutti questi movimenti, sia quelli federalisti sia quelli unionisti (per unionisti si intendono, con un qualche equivoco nel nome, i sostenitori della collaborazione tra i governi senza nessuna concessione allidea di cedere sovranit) si riunirono alla fine dellanno nel Cimue Comitato internazionale di coordinamento dei movimenti per lEuropa unita- e lo stesso Comitato fu lorganizzatore, dal 7 all11 maggio 1948, del Congresso dellEuropa allAja, che riun ottocento delegati di diciannove paesi. Fu una solenne manifestazione europeista, abile regista Winston Churchill, che mise in luce la diffusione dellideale di unEuropa unita, ma soprattutto rese palese il confronto fra le varie tendenze: 1. quella federalista, che aveva negli italiani un importante esponente nel fondatore del Movimento federalista europeo italiano, Altiero Spinelli, 2. quella funzionalista unire gradualmente settori singoli delleconomia per giungere al risultato auspicato dai federalisti, gli Stati Uniti dEuropa; 3. e infine gli unionisti, che vedevano lEuropa come un insieme di entit sovrane che tali dovevano restare. Si tratt del primo incontro postbellico tra le tendenze europeiste maturate negli ultimi venti anni; incontro che si affiancava alle contemporanee iniziative diplomatiche per la collaborazione intereuropea (nascita dellUnione occidentale Patto di Bruxelles- tra Belgio, Gran Bretagna, Francia, Paesi Bassi e Lussemburgo nel marzo 1948; nascita dellOece Organizzazione europea di cooperazione economica- per la gestione degli aiuti Marshall nellaprile dello stesso anno). Il primo parto dei governi e dei movimenti europeisti fu poco pi che simbolico: dietro la pressione degli europeisti moderati alla Churchill e con la benedizione dei governi dellUnione occidentale, nel maggio 1949 venne firmato a Londra lo statuto del Consiglio dEuropa, organismo consultivo dotato di unAssemblea parlamentare, esistente tuttora come arena oratoria sui valori e sulla cultura europei e forte, allora, della partecipazione di dodici paesi del continente. Si trattava e si tratta- di un organo sostanzialmente impotente, ancora meno impegnativo della vecchia Societ delle Nazioni (che almeno aveva i mezzi per imporre sanzioni economiche, comunque di dubbia efficacia). La sovranit degli stati europei non veniva intaccata affatto. Se pure queste iniziative indicavano lesistenza di un bisogno di europeismo, esse non fecero fare molti passi avanti alla causa dellunificazione europea. Fu di fatto la pressione della guerra fredda e la necessit di eliminare le occasioni di contrasto tra i paesi europei a far superare una fase caratterizzata unicamente da realizzazioni istituzionali pi simboliche che efficaci, e a preparare il terreno per la nascita delle prime istituzioni sopranazionali. Da parte americana vi era un notevole interesse a favorire lunificazione economica dello spazio europeo, ma anche gli europei stessi si mossero verso forme di integrazione economica dettate, pi che dallideale di unEuropa unita (sempre comunque presente come riferimento ideologico necessario), dalla necessit di evitare nuovi possibili motivi di scontro tra Francia e Germania. Liniziativa part

dalla Francia, e fu rivolta alla messa in comune della produzione e del commercio del carbone e dellacciaio. Dal carbone allEuropa. Lidea, maturata dalla mente del diplomatico francese Jean Monnet, era semplice ma geniale: porre la produzione e il commercio del carbone e dellacciaio sotto il controllo di unautorit sopranazionale indipendente dai governi degli stati partecipanti. Questo progetto doveva dare risposta alle questioni aperte nei due paesi principali (nonch a pressioni statunitensi): 1. la crisi tra Francia e Germania per lo statuto della regione della Saar, il cui destino era ancora in bilico dopo la fine delle ostilit (essa torner definitivamente alla Germania solo nel 1955); 2. la ricostruzione tedesca ed europea che richiedeva un aumento delle quote di produzione di carbone e acciaio tedeschi (quote che la Francia sapeva bene che sarebbero state imposte dagli USA); 3. il problema di un riarmo della Germania che si fece ancora pi pressante con lo scoppio della guerra di Corea nel giugno 1950; 4. la possibilit francese di imporre un controllo sulla Ruhr in maniera pacifica e senza il ricorso alla forza militare; 5. il desiderio della Germania di essere reinserita nello scenario europeo come stato fra pari, e non come entit sotto osservazione; 6. infine, ma non ultimo, la prosaica valutazione francese del rapporto costi/benefici di unazione concertata e volontaria di integrazione rispetto a una situazione latente di permanente conflitto. Quando il progetto del ministro degli Esteri francese Schuman, che traduceva la proposta di Jean Monnet, venne presentato nel salone dellorologio del Quai dOrsay il 9 maggio 1950, sembr cominciare una nuova era nella storia europea. Per la prima volta i due nemici storici in Europa accettavano volontariamente di rinunciare agli strumenti per sostenere uneconomia di guerra e fare una politica estera offensiva: controllare in comune la produzione e il commercio del carbone e dellacciaio significava sostanzialmente questo. LItalia e i tre paesi del Benelux (Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo) accettarono immediatamente di negoziare sulla base della dichiarazione Schuman. La Gran Bretagna invece rifiut, affermando per bocca di Churchill che il governo di Sua Maest non avrebbe mai accettato interferenze sopranazionali nella sua sfera sovrana, soprattutto per quanto riguardava la politica industriale ed economica. La Comunit europea del carbone e dellacciaio (CECA, costituita nel 1951 con il Trattato di Parigi e composta dai paesi del Benelux, da Francia, Italia e Repubblica federale tedesca), nasceva con unAlta autorit, che la gestiva di fatto, unAssemblea parlamentare (i cui 78 membri erano nominati dai Parlamenti nazionali dei paesi partecipanti), una Corte di Giustizia, un Consiglio dei ministri che fungeva da collegamento tra i governi nazionali e lAlta autorit, e infine un Consiglio consultivo di 51 membri, con rappresentanti dei sindacati, dei produttori e dei consumatori. Il primo presidente dellAlta Autorit della CECA fu Jean Monnet, riconoscimento al suo ruolo nella nascita di questa Europa dei Sei. Lo schema di ripartizione dei poteri e delle funzioni adottato per la CECA, diverr un punto di riferimento per ogni successiva realizzazione della Comunit e per i nuovi organismi che sorsero negli anni successivi. Le reazioni alla CECA furono varie, ma sicuramente opposti a essa furono da un lato i comunisti e i socialisti, dallaltro i trusts dei grossi produttori europei che temevano di vedere penalizzata la possibilit di far risorgere cartelli europei per il controllo della produzione e dei prezzi. Limpossibile esercito europeo. Sia la CECA sia la successiva Comunit europea di difesa (CED), sembravano stabilire un nesso necessario tra il procedimento funzionalista (come si detto, la tecnica del carciofo: foglia dopo foglia per arrivare al cuore) e il risultato finale della federazione europea. Dopo il carbone e lacciaio, la situazione internazionale pose allordine del giorno la foglia successiva: il problema della difesa del continente. Proprio mentre cominciavano a Parigi i negoziati per la CECA, le truppe comuniste nordcoreane invadevano la Corea del Sud. Cominciava una guerra che sembrava la prova generale di quello che sarebbe potuto succedere in Germania, con la

parte occidentale invasa dalle truppe tedesco-orientali e sovietiche. Anche se era gi partita lorganizzazione delle forze della NATO (il Tratato del Nord Atlantico era stato firmato a Washington il 4 aprile 1949) era evidente che senza il riarmo della Germania ovest ogni difesa dellEuropa occidentale sarebbe stata impossibile. Furono ancora i francesi, sotto la pressione statunitense che richiedeva limmediato riarmo di almeno dieci divisioni tedesche, a tentare di nuovo la via funzionalista. Il 24 ottobre 1950 il presidente del Consiglio Ren Pleven sottopose allAssemblea nazionale francese un progetto di Comunit europea di difesa che avrebbe dovuto coinvolgere gli stessi sei stati impegnati nella negoziazione del Trattato CECA. Il progetto prevedeva la nascita di un esercito integrato, sostenuto da un bilancio comune e sotto un comando unico. Era, nelle intenzioni del Primo ministro francese, lunica via per evitare un riarmo tedesco incontrollato; nello stesso tempo si ponevano le future forze armate tedesche sotto un controllo ben pi vasto e vincolante, evitando cos il rinascere di uno Stato Maggiore tedesco indipendente. Dopo qualche incertezza, anche gli Stati Uniti accettarono il progetto della CED e il Trattato venne firmato il 27 maggio del 1952 a Parigi. La CED, contrariamente alla CECA, toccava un ambito estremamente delicato e sensibile per lintegrit della sovranit degli stati partecipanti: unificare le forze armate dei Sei, significava anche stabilire la nascita di un potere politico responsabile di tale forza miliare, e quindi in grado di gestire una politica estera e una politica di bilancio autonoma. I movimenti europeisti federalisti furono particolarmente abili (litaliano Spinelli in testa) a evidenziare questo legame non insignificante e la loro influenza sui negoziatori si fece sentire in pi di unoccasione. In particolare il democristiano Alcide De Gasperi fu tra i pi attivi nel richiedere ai colleghi europei linserimento nel Trattato della CED di un articolo (lart. 38) che prevedesse lelaborazione di uno statuto per una futura Comunit politica europea da affiancare alla CED come necessario quadro istituzionale dellesercito unico. Tale statuto (allepoca si evit di parlare di costituzione, anche se di fatto di questo si trattava) sarebbe stato elaborato dallunica assemblea parlamentare in funzione tra i sei paesi interessati alla CED, quella della CECA, integrata da nove membri per ottemperare ai dettami dello stesso Trattato della Comunit di difesa. Lincarico allAssemblea della CECA allargata (che prese il nome di Assemblea ad hoc: ancora una volta si evit di parlare di Assemblea costituente) venne formalizzato dai ministri degli Esteri dei Sei il 10 settembre 1952. In sei mesi esatti il progetto era pronto, e infatti il 9 marzo il belga Paul Henri Spaak consegn nelle mani di Georges Bidault, presidente del Consiglio dei ministri della CECA, il progetto di statuto per la Comunit politica europea. Il progetto di statuto segnava il punto pi alto della fase federalista/funzionalista dellintegrazione europea. Veniva previsto un nuovo soggetto istituzionale, la Comunit politica europea (CPE), di natura pre-federale, che solo la ratifica del Trattato CED avrebbe potuto mettere in funzione e trasformare in senso pienamente federale. E tale ratifica, come si gi ricordato, manc, sia per linerzia italiana sia per le opposizioni francesi. Anche i contemporanei mutamenti nello scenario politico internazionale contribuirono al fallimento di questo tentativo. Il 5 marzo del 53 moriva Stalin, giusto cinque giorni prima che il progetto di statuto per la CPE venisse consegnato ai governi da Spaak. Si registr immediatamente un certo affievolirsi della tensione tra i due blocchi, fino ad allora altissima, e cominci una fase di studio in attesa della transizione russa, durante la quale sembr possibile risolvere i problemi della convivenza est-ovest con lusuale strumento delle conferenze diplomatiche. Ma cominci anche il ripensamento francese su tutto il discorso CED/CPE. Ratificare il Trattato CED, e dare quindi via libera al Trattato sulla Comunit politica europea, significava perdere la sovranit sulle forze armate, dare vita a un organismo nuovo e inusuale per la storia europea. Molti parlarono di salto nel buio. Il governo di Mends-Frances non ebbe il coraggio (o la volont) di fare della questione della ratifica la via obbligata della sua politica estera, e la CED divenne bersaglio sia dellopposizione comunista francese, che seguiva pedissequamente il copione sovietico, sia delle forze scioviniste interne che tremavano allipotesi della perdita della sovranit sulle forze armate nazionali. Il momentaneo rilassamento della tensione internazionale seguito alla morte di Stalin e alla lotta per la sua successione, ma allo stesso tempo landamento catastrofico delle operazioni militari in Indovina (lannientamento dellimportante base francese di Dien Bien Phu da parte delle forze del generale Giap, della primavera), contribuirono grandemente a questa involuzione.

Alla fine di agosto il nuovo presidente del Consiglio francese si ritrovava cos tra le mani la patata bollente della CED, stretto tra lincudine delle opposizioni interne e il martello dello spettro di un riarmo tedesco incontrollato. Mends-Frances scelse la via della tergiversazione. Dal 19 al 22 agosto incontr a Bruxelles gli alleati e partner della CED, presentando una serie di emendamenti al trattato che, se accettati, avrebbero snaturato grandemente tutta la portata della Comunit europea di difesa. Veniva richiesta una dilazione di otto anni allentrata in funzione degli organismi sopranazionali previsti, e soprattutto si richiedeva che lintegrazione militare fosse limitata solo al territorio tedesco. Su queste basi, e sul conseguente irrigidimento della diplomazia americana, indisponibile a ogni ritardo per paura dei sovietici, si giunse al voto del Parlamento francese il 30 agosto 1954. Quel giorno lAssemblea nazionale francese di Palazzo Borbone decideva di rinviare sine die il voto di ratifica del Trattato CED (gi ratificato dalla Germania e dai tre paesi del Benelux), condannando cos tutto il lavoro fatto dal 1950 fino a quella data e facendo sparire la politica estera e di difesa comune dallorizzonte europeo per decenni. Il risultato immediato fu che la minacciata agonizing reappraisal (revisione angosciosa) della loro politica europea, port gli Stati Uniti a riconsiderare le alleanze in Europa facendo della Germania il proprio partner principale, a scapito della Francia, consentendo cos la rinascita di uno Stato Maggiore tedesco. Ci che aveva ispirato il progetto della CED, quello che con esso si intendeva evitare, si verificava ora in tutta la sua potenziale pericolosit per Parigi. Da parte sua lItalia, scomparso De Gasperi nel 1954, mise in scena con il presidente del Consiglio Pella un piccolo ricatto, subordinando la ratifica italiana alla risoluzione della questione di Trieste contesa dagli jugoslavi. La cautela interessata dellItalia influ anche sulla mancata ratifica francese. Cominciava la stagione di quello che stato definito limperialismo su invito degli Stati Uniti, posti dallinerzia europea nella condizione di svolgere un ruolo molto pi penetrante e pervasivo sulle politiche interne dei paesi occidentali, proprio al fine di garantire la difesa della parte di Europa sotto la loro influenza. Pochi episodi come questo della CED mostrano in tutta la loro evidenza il declino e il velleitarismo che animavano le politiche estere degli stati nazionali europei. Ma soprattutto falliva lapproccio istituzionale dellintegrazione europea. Di l a pochi anni, con i rilancio europeo della Conferenza di Messina (1955) e la successiva nascita (Trattati di Roma, 25 marzo 1957) della comunit economica europea (CEE) e della Comunit europea per lenergia atomica (CEEA, meglio nota come Euratom), avrebbe preso definitivamente piede il metodo economico dellintegrazione, basato sullabbattimento delle barriere doganali, sul principio della libert di movimento di merci, persone e capitali e, in prospettiva, sulla nascita di strumenti monetari ed economici comuni. Lobiettivo era migliorare lo sviluppo economico della Comunit, attraverso linstaurazione di un mercato comune; laspetto politico dellintegrazione restava sospeso nel limbo dei sogni possibili, cos come quello militare e relativo a una politica estera comune. La politica cede il passo alleconomia. Ci si soffermati un po sulle vicende CECA, CED e CPE, poich esse furono caratterizzate da alcuni problemi che rimarranno costanti nella storia dellintegrazione europea: prima di tutto la resistenza alla creazione di istituzioni sopranazionali da parte degli apparati governativi nazionali, che pure intuirono (e parzialmente perseguirono) i vantaggi che lintegrazione economica offriva. Nella lunga marchia che ha portato dai Trattati di Roma (1957) al Trattato di Nizza (2001) e al varo della Costituzione per lEuropa (2004) possono essere individuate alcune fasi caratteristiche. Gli anni 60 furono dominati dallatteggiamento della Francia guidata dal generale de Grulle. LEuropa delle patrie del generale era impostata su due cardini: conservare alla Francia il ruolo di punto di riferimento per lEuropa comunitaria (opponendosi quindi allingresso della Gran Bretagna nella Comunit), e battersi affinch non passasse il principio dellesistenza di finanziamenti propri agli organi decisionali della Comunit, prima di tutto la Commissione. La fermezza del generale nel negare ogni sviluppo sopranazionale della giovane Comunit economica europea ha anche un nome nella storia dellintegrazione: la crisi della sedia vuota. In conseguenza della richiesta della Commissione di aumentare le competenze comunitarie in materia economica, la Francia scelse la via dellassenza sistematica dalle sedi comunitarie, fino a quando, con il Compromesso di Lussemburgo (gennaio 1966), fu riconosciuto il diritto di uno stato membro di opporsi alle decisioni prese a maggioranza dal Consiglio della Comunit, laddove queste decisioni ledessero interessi vitali.

Peraltro, durante gli anni 60, la giovane Comunit economica europea si rafforz sul piano organizzativo, e vennero impostate alcune politiche comuni, prima fra tutte quella agricola. La Comunit cominciava a strutturarsi anche sul piano dellintegrazione economica, soprattutto sotto il profilo dellabbattimento delle barriere doganali cadute fra i sei stati membri nel 1968pur stentando ancora ad acquistare una fisionomia politica chiara, a tutto vantaggio degli stati nazionali, che preferivano gli accordi intergovernativi al rafforzamento delle istituzioni comuni. Era questo, ad esempio, lo scopo del Piano Fouchet, iniziativa francese che spingeva verso unaccresciuta collaborazione tra i governi per una politica estera comune, a scapito del ruolo della ancora debole Commissione. Queste difficolt si accentuarono negli anni 70, travagliati dalle due pesanti crisi energetiche del 1973 e del 1979: i singoli stati furono indotti ad adottare misure protezionistiche cariche di conseguenze fortemente negative sul mercato comune, che comportarono un vistoso rallentamento nel processo di integrazione economica. Nondimeno, i risultati gi raggiunti sul piano dellintegrazione dei mercati attirarono nuovi membri: il 1 gennaio del 1973 finalmente la Gran Bretagna ader alla Comunit insieme allIrlanda e alla Danimarca, mentre la Norvegia, che era inserita nel pacchetto di nuove adesioni, non entr per un successivo voto popolare contrario alla ratifica. Inoltre, nel 1972, era nato il cosiddetto serpente monetario. Il serpente, unito al successivo Sistema monetario europeo (SME, 1979), si proponeva di svolgere una funzione stabilizzatrice tra i cambi delle diverse valute e costitu la preparazione remota della moneta unica. Ma lEuropa cresceva anche attraverso acquisizioni simboliche, capaci di rafforzare unidentit comune: nel 1972 la comunit scelse un proprio inno, lInno alla gioia della XI Sinfonia di Beethoven, su versi di Schiller. In questo stesso decennio, lAmerica inaugur una politica pi guardinga nei confronti dellEuropa economica, dove cresceva limportanza del marco proprio a scapito del dollaro. Sono gli anni in cui si cominci a progettare una politica estera europea comune, incentrata sugli aiuti ai paesi in via di sviluppo: dopo il precedente degli accordi di Yaound con diciotto stati africani (1963), il 28 febbraio 1975 venne firmata limportante Convenzione di Lom tra la CEE e 46 stati dellAfrica, dei Carabi e del Pacifico (detti anche paesi ACP), che prevedeva accordi commerciali e di sostegno tecnologico da parte della Comunit. Nel 1979, infine, si tennero le prime elezioni a suffragio universale del Parlamento europeo, ancora dotato di poteri limitati ma forte, da quel momento in poi, di maggiore legittimit dovuta allelezione diretta da parte dei cittadini europei. Gli anni 80 vengono ricordati per leurosclerosi, cio per limpasse politico-istituzionale della politica della Comunit, i cui stati membri furono anche segnati da crisi economiche e crescente disoccupazione. Lallargamento della CEE ai paesi del Mediterraneo (Grecia 1981, Spagna e Portogallo 1986) pose tra laltro problemi di bilanciamento nella politica agricola comune, fino ad allora incentrata principalmente sulle produzioni nordiche. Per uscire da questa situazione, Altiero Spinelli e un gruppo di parlamentari da lui riuniti nel Club del coccodrillo (dal nome del ristorante di Strasburgo dove avvennero le prime riunioni della lobby parlamentare) elaborarono un progetto di riforma delle istituzioni che mirava a riequilibrare i rapporti tra Parlamento, Commissione e Consiglio dei ministri dellUnione a favore dellorgano rappresentativo, e che, se approvato dai governi, avrebbe segnato la nascita di unUnione politica su basi pi autenticamente federali. Il Progetto Spinelli, pur elaborato dal Parlamento europeo e da esso votato a larga maggioranza il 14 febbraio 1984, non venne neppure preso in considerazione dai singoli governi, ma spian in un certo senso la strada al compromesso rappresentato dallAtto unico, firmato nel febbraio 1986 ed entrato in vigore nel 1987 tra i Dodici, cio tra Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Irlanda, Danimarca, Grecia, Spagna, Portogallo, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo. LAtto unico segn una sorta di ripresa dellEuropa comunitaria, poi integrata dalla firma del Trattato di Maastricht sullUnione europea. Infatti, con lAtto unico si introdussero importanti modifiche procedurali (per snellire i processi decisionali), si potenziarono gli strumenti per lattuazione delle politiche comuni e si precis la nozione di mercato interno; ma soprattutto, si fece emergere con forza la necessit di accompagnare le convergenze delle economia con la creazione di istituzioni economiche e finanziarie comuni. Fu in questo contesto che, alla fine degli anni 80, matur il progetto dellUnione economica e monetaria (UEM). Tale progetto, elaborato da un comitato presieduto da Jacques Delors, prevedeva tre fasi successive:

la prima fase (dal 1990 al 1993) si poneva come obiettivo la liberalizzazione dei capitali e un maggiore coordinamento delle politiche economiche; la seconda (dal 1994) aveva come scopo la creazione di un Istituto monetario europeo per rafforzare il processo di convergenza monetaria; la terza fase cominciata il 1 gennaio 1999 e si conclusa con leffettiva entrata in vigore della moneta unica nel gennaio 2002. Allinterno di questo processo, il Trattato sullUnione firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 (dora in poi TUE) si propose di integrare i trattati precedenti, elaborando nuove regole per favorire i processi economici e politici in corso tra i paesi membri. In particolare, fiss alcuni importanti criteri di convergenza economica in vista di una piena integrazione fra gli stati; per essere ammessi alla terza fase della UEM, i parametri di Maastricht stabilirono tra laltro precisi e contenuti livelli di inflazione, un deficit entro il 3% del PIL e un debito pubblico non oltre il 60% del PIL. Inoltre, il successivo Patto di stabilit e crescita del 1997 previde, per i paesi dellarea delleuro che si fossero discostati dai parametri ricordati (in particolare dal rapporto del 3% tra deficit e PIL), lapplicazione di ampie pene finanziarie. Ma Maastricht signific anche lintroduzione di altre, importanti modifiche: esso sanc anche la nascita di unUnione europea basata, accanto al pilastro centrale costituito dalle comunit gi esistenti (CECA, CEE E CEEA), su due nuovi pilastri, la Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) e la Cooperazione in Materia di Giustizia e Affari Interni (GAI). Inoltre, vennero anche ampliati i poteri dellorgano rappresentativo, il Parlamento europeo, coinvolgendolo pi direttamente nel processo di formazione delle leggi comunitarie; gi con lAtto unico si era introdotta la procedura di cooperazione tra Parlamento e Consiglio dellUnione europea, mentre ora si attivava la procedura di codecisione tra Commissione, Parlamento e Consiglio (queste procedure verranno tratteggiate nel capitolo successivo). Sebbene il modello a pilastri sia stato sostanzialmente cancellato dai lavori della Convenzione, esso ha ancora un valore simbolico, almeno fino a che il Trattato istitutivo della Costituzione dellUnione europea non diventer la legge fondamentale per i venticinque paesi membri. Dunque, tra la fine degli anni 80 e linizio degli anni 90, la Comunit economica europea, diventata Unione europea, si data obiettivi precisi e una tabella di marcia ben definita relativamente allallargamento dei suoi confini; ha indirizzato i propri sforzi verso ununione economica e monetaria e verso una moneta unica, governata da una Banca centrale europea; infine, ha cercato di precisare il funzionamento delle istituzioni e le prospettive di unificazione politica. In questo ultimo decennio, il motore principale stato sempre laccordo tra la leadership tedesca e quella francese, quellasse Parigi-Bonn che bene o male ha retto anche al cambiamento di guida politica nei governi dei rispettivi paesi. Notevole impulso in questa fase venuto dal crollo del sistema comunista nel 1989 e dalla riunificazione tedesca; in un certo senso si pu dire che sia Maastricht sia il successivo Trattato di Amsterdam sono figli delle speranze e dei rivolgimenti che le trasformazioni nellest europeo hanno prodotto. Dopo il 1992 si apr unaltra fase importante. Le clausole di Maastricht configuravano certamente importanti cessioni di sovranit, a fronte delle quali per non erano previsti meccanismi compensativi sul piano delloccupazione e degli ammortizzatori sociali. Le regole della stabilit economica e monetaria erano state poste in primo piano per il futuro dellintegrazione economica e della moneta unica, senza prevedere tuttavia interventi nellambito politico e sociale, capaci di creare le premesse per tale stabilit. La contraddizione non ci mise molto a emergere. Gli interventi in queste direzioni erano stati delegati a una conferenza intergovernativa prevista per il 1996. Nel frattempo, Austria, Finlandia e Svezia erano entrate a far parte nel 1995 dellUnione, ma soprattutto erano intervenuti dei cambiamenti importanti nella politica francese e in quella inglese: in Gran Bretagna i laburisti di Tony Blair vincevano le elezioni del maggio 1997 spodestando i tories di John Major, mentre in Francia le elezioni volute anticipatamente dal presidente Chirac- davano la vittoria alla coalizione guidata dal socialista Lionel Jospin, inaugurando una fase di difficile coabitazione con linquilino dellEliseo. La svolta a sinistra nei due paesi europei (alla quale va aggiunta la vittoria dellUlivo di Romano Prodi nella primavera del 96, che ribaltava leuroscetticismo del governo di Silvio Berlusconi e del ministro degli Esteri Antonio Martino) metteva rapidamente in crisi limpostazione fino ad allora seguita: alla religione della stabilit monetaria professata dalla Banca centrale tedesca e dal cancelliere tedesco Helmut Kohl si affiancava linteresse marcato

per unEuropa sociale, pi attenta ai problemi delloccupazione e del lavoro, promossa soprattutto dal leader francese Jospin. Il confronto tra le due tendenze (quella tedesca rappresentata da Kohl e quella francese che ebbe lappoggio partecipe del governo dellUlivo italiano) si svolse al vertice europeo di Amsterdam del giugno 1997. Al Patto di Stabilit Jospin pretendeva di affiancare un Patto sulla crescita e occupazione per ammorbidire i parametri di Maastricht e rivolgersi a quei temi che il TUE aveva lasciato sullo sfondo. Il Trattato di Amsterdam che scatur da quel Consiglio europeo manc tuttavia lo scopo. Infatti, se la pressione della Francia e dellItalia ha favorito linserimento nel nuovo Trattato di una Carta sociale e di una parte del Trattato (il Titolo VIII) dedicato ai problemi del lavoro e delloccupazione, tuttavia tali temi non sono stati sostenuti adeguatamente dal bilancio dellUnione, e le azioni in quella direzione sono condotte sostanzialmente attraverso la cooperazione intergovernativa. Da Maastricht ad Amsterdam quindi sensibilmente aumentata lattenzione e linteresse per la dimensione politica e sociale dellintegrazione, ma lUnione non si ancora data degli strumenti efficaci e chiari per raggiungere tali scopi; la discussione avviata con il Trattato di Nizza e la Conferenza intergovernativa (CIG) del 2004, che ha discusso i risultati dei lavori della Convenzione europea, hanno tentato di chiarire il posto che i temi dellintegrazione politica dovranno occupare nella nuova Unione allargata; il risultato non tuttavia definitivo, sebbene le modifiche introdotte dal progetto di costituzione europea (r.i.p.) indichino una serie di competenze concorrenti tra Unione e stati membri, definite nella parte III del Trattato elaborato dalla Convenzione. Accanto a questo aspetto delle politiche sociali europee, va poi aggiunto laltro importante tema che con Amsterdam si intendeva trattare (e che pure si meglio definito in seguito alle recenti crisi balcaniche): quello della difesa e della politica estera comune. Come abbiamo visto, la PESC costituisce uno dei tre pilastri dellUnione ma se il primo ha un profilo e un funzionamento consolidato, la PESC (ma anche la GAI) ha contorni molti imprecisi, e attende quella dimensione politica dellintegrazione che sola potr darle significato. Ma sul senso politico di questi trattati e sulle possibilit che hanno aperto per i cittadini dellUnione torneremo nel prossimo paragrafo. Dopo Amsterdam, il processo di unione economica e monetaria entrato nel suo stadio finale; dal 1 gennaio 1999, undici paesi (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna) sono entrati nella terza fase, destinata a trasformare leuro da semplice moneta contabile a oggetto quotidiano nella vita di noi tutti. Anche il nostro paese, dopo una lunga sequenza di manovre economiche tese al risanamento dei conti pubblici, ha potuto soddisfare i parametri richiesti e, sotto il governo Prodi, stato ammesso nel gruppo delleuro; altri quattro stati dellUnione (Danimarca, Grecia, Regno Unito e Svezia) hanno ricevuto una deroga per motivi economici o politici che, nel caso della Grecia durato fino ai primi mesi del 2001, quando anchessa entrata. La nascita della moneta unica conclude dunque un processo di consolidamento e di formazione della Comunit-Unione; processo durante il quale essa si dotata di organi e istituzioni che hanno lentamente aumentato le proprie competenze e attribuzioni, fino a togliere di fatto ai governi e ai parlamenti nazionali una parte consistente di poteri effettivi. Una fase successiva tuttora in corso: quella di una costituzionalizzazione dellUnione, cio il tentativo di dare un senso alla molteplicit di norme e trattati che si sono susseguiti nel tempo, accavallandosi e integrandosi fino al Trattato di Nizza. Un processo che non mira a far nascere un nuovo superstato sovrano, come paventato da molti esponenti politici, ma a dare un carattere definito e organicamente regolamentato allUnione esistente.

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