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La definizione canonica di guerra civile quella filologica, che risale allantichit classica latina: essa indica, dunque, un conflitto

o che vede schierati, gli uni contro gli altri, cittadini (cives) che appartengono alla stessa comunit (civitas). Si tratta, come spesso accade per le definizioni classiche, di un concetto estremamente generale, data la sua volont di universalizzare il termine e, insieme, di applicarlo ad una situazione storica ben precisa, ossia lo sviluppo della civitas, intesa come insieme geopolitico dei cittadini di uno stato. Non a caso, la guerra civile per antonomasia sempre stata quella combattuta da Cesare e Pompeo, per il dominio su Roma. Inevitabilmente, uninterpretazione cos specifica e riduttiva del concetto di guerra civile, oggi non assolutamente proponibile: e non lo era, per la verit, forse neppure nel mondo antico, se applichiamo al passato la nostra capacit di analisi. Che differenza ci sarebbe, in questo senso, per esempio, tra il Bellum Civile romano e le lotte intestine delle poleis greche, tra oligarchi e democratici? Perch le guerre messeniche non furono guerre civili, visto che interessarono gruppi etnici affini? Un romano risponderebbe che i Messeni non erano concives degli Spartiati, e che quelle tra oligarchi e democratici non furono guerre, ma sedizioni. Per lo stesso motivo, nella stessa Roma, non furono catalogate come guerre civili le numerose rivolte armate che videro la plebe scontrarsi col patriziato o, a maggior ragione, le guerre servili. Per i padri del diritto, la guerra civile era una cosa ben precisa e non un concetto che si potesse applicare a differenti categorie di eventi: nellidea classica di guerra civile dovevano convivere i due elementi denotativi che caratterizzano questo concetto, ossia la guerra e la cittadinanza. Se mancava uno dei due, si doveva parlare di altro: di rivolta, di tumulto, di ribellione, di rivoluzione, di rissa, ma non di guerra civile. Cos, perch si possa parlare di guerra civile, in ambito classico, necessario tenere presenti queste due componenti: lelemento militare e quello giuridico. Perch un evento militare possa essere annoverato tra le guerre, deve sussistere, almeno di fatto, se non di diritto, una condizione di belligeranza: la presenza di eserciti, con dei comandanti e dei mandanti. Tra questi mandanti deve esserci la consapevolezza reciproca di trovarsi in uno stato di guerra, che pu essere implicita come esplicita, ma che elemento irrinunciabile di qualunque conflitto canonico. Gli esempi, nella storia, sono numerosi: tra i pi eclatanti possiamo citare, oltre al predetto caso di Cesare e Pompeo, Cromwell e Giacomo I, nella guerra civile inglese, oppure Lee e Grant in quella americana. Tutti conflitti in cui la straordinariet non stava nelle modalit della conduzione della guerra, quanto nella cittadinanza dei contendenti, che era la medesima, e, semmai, nella sorte toccata agli sconfitti. Questo, per far capire che a Naseby o a Gettysburg non si combatt seguendo regole diverse da quelle in uso nelle guerre coeve quella dei trentanni o quella austroprussiana ma furono molto diverse le regole applicate alla sorte di chi aveva perduto: il patibolo, per Giacomo Stuart, e la depressione socio-economica per i confederati. Insomma, quello che, nel passato, caratterizz una guerra civile, rispetto ad un conflitto convenzionale, furono le cause e gli effetti, non lessenza militare, che rimase, sostanzialmente, invariata rispetto alle guerre, chiamiamole cos, normali. Non a caso, la pubblicistica e la storiografia sottolinearono sempre gli aspetti catastrofici per la politica di una guerra civile: la discordia tra cittadini, nellambito del pensiero tradizionale, sempre stata un autentico spauracchio per lordine costituito (quale che fosse), e la guerra civile ne ha sempre rappresentato il quod deus avertat, la conclusione da evitare ad ogni costo. Ma si tratta di un pensiero di tipo eminentemente politico, che esula dai caratteri polemologici: che non commenta n analizza la conduzione di una guerra civile, dal punto di vista militare, perch quel punto di vista, pi che ininfluente, si sarebbe detto, invariato, rispetto ad un normale conflitto di tipo tradizionale. Viceversa, l'idea di guerra civile maturata nel XX secolo parte da presupposti affatto contrari: la chiave di lettura del fenomeno non pi quella politica o, se si preferisce, etico-politica, bens quella militare. Con una sintesi estrema, potremmo postulare che, per luomo contemporaneo, lidea di guerra civile confini con quella di guerra senza regole: un conflitto che rinunci alle garanzie giuridico-militari che furono alla base della civilt militare novecentesca una pia illusione, intendiamoci e che, nellimmaginario

occidentale avrebbero dovuto rendere le guerre pi umanitarie o, quantomeno, pi umane. Le due convenzioni dellAja (1899 e 1907) e quelle, probabilmente assai pi note, di Ginevra (1864 e 1906), furono determinate dallo sviluppo esponenziale del potere distruttivo delle armi da fuoco e dal conseguente ingigantirsi delle dimensioni tragiche dei conflitti: lEuropa e gli Stati Uniti, perci, credettero di limitare la perniciosit delle guerre, imponendo loro il rispetto di particolari clausole, che riguardavano le categorie pi deboli ovvero coloro che non erano pi in grado di nuocere nel conflitto, vale a dire, essenzialmente, i feriti ed i prigionieri. Questa idea, un poco utopistica, di guerra civile, ossia combattuta con una certa civilt, fece s che, per converso, esistessero delle guerre percepite come incivili, che erano quelle in cui la sorte dei feriti e dei prigionieri, ma anche della popolazione inerme, fossero lasciate allalea dei vincitori e non venissero in alcun modo tutelate dal diritto internazionale. Se si perdona il calembour, queste guerre incivili erano proprio le guerre civili di cui ci stiamo occupando. Delle guerre non perbene: guerre senza quartiere e in cui la cavalleria e lumanitarismo non trovavano spazio. Va da s che, oggi, questa distinzione un po capziosa, questa fiducia cieca nella diplomazia e nel diritto internazionale, ci faccia sorridere, sia pure con amarezza: in quel periodo, per, le magnifiche sorti e progressive dellumanit non erano ancora state incrinate e, in seguito, sbriciolate, dalle due guerre mondiali e da tutto il loro spaventoso corollario di conflitti, guerreggiati o meno. Non cerano stati i totalitarismi e quella guerra civile europea, intelligentemente descritta da Nolte, era di l da venire. Per questo, qualunque ragionamento che abbia come tema lessenza della guerra civile non pu che partire da questa considerazione: oggi quello di guerra civile ha subito, come molti altri concetti, un radicale cambiamento di significato, passando dallindicare una guerra tra concittadini o compatrioti al sottintendere uno scontro privo di tutele umanitarie. Daltronde, viviamo in unepoca in cui lidea stessa di guerra stata largamente esorcizzata, dal punto di vista denotativo, per mezzo di neologismi che, spesso, agli occhi dello storico, rappresentano veri e propri ossimori: peacekeeping, danni collaterali, bombardamento chirurgico, bombe intelligenti, forza militare dinterdizione, sono tutte definizioni il cui unico scopo presentare, agli occhi del pubblico, la guerra senza sangue e senza vittime. Laddove, invece, ovviamente, abbondano ancora luno e le altre. Ecco, una guerra civile, al momento, si potrebbe definire una guerra per cui i mezzi di comunicazione non siano in grado di applicare le categorie semantiche di cui sopra: una guerra a colpi di mitra e di cannone, spietata e sanguinosa. Una guerra vera, insomma. Avendo ben presente questo cambio di prospettiva, possiamo cercare di indicare, molto sommariamente, almeno alcune tra le guerre civili pi esemplari della storia, evidenziandone differenze ed analogie. La guerra civile romana Come si detto, la guerra tra Cesare e Pompeo, allindomani del fallimento del primo triumvirato, fu una guerra, per cos dire, giuridica: non civile in senso stretto, giacch, da tempo, nelle fila dellesercito romano militavano soldati provenienti da diverse nazioni. Quel che cera di civile in questo conflitto era il diritto di governare Roma, rivendicato dai due comandanti: entrambi generali di enorme popolarit e politici navigati. Fu una guerra itinerante e, in qualche modo, globale, che percorse loriente romano, fino al suo epilogo, nel remoto Egitto di Tolomeo. In ballo, oltre che il dominio su Roma, vi era la concezione stessa di stato: Roma comera contro Roma come sarebbe stata. Allepoca, Cesare, leader dei popolari, venne visto dai suoi avversari come un potenziale tiranno (lidea di unprinceps che accomunasse su di s numerose cariche era ancora lontana), che voleva togliere al senato le sue prerogative: unaccusa spesso reiterata, negli anni a venire, a diversi imperatori o aspiranti tali. Pompeo, viceversa, rappresentava gli ottimati e, con essi, la difesa di una vasta oligarchia senatoria, che, sotto il nome di res publica, manteneva uno status quo che non si adattava pi al gigantismo romano. Fu, quindi, una guerra tra modernit e tradizione, in un certo senso.

Ma fu anche uno scontro tra uomini, comera stato quello tra Silla e Mario e come sarebbe stato, poco dopo, quello tra Ottaviano ed Antonio: tuttavia, se ci si fa caso, in tutti e tre questi conflitti civili fa capolino la solita vecchia storia, che la storia di Roma, in fondo, dello scontro tra aristocratici e plebei. Quella s una lunga e tormentata guerra civile: lintera storia romana repubblicana, in definitiva, la storia di questa alterna guerra tra i patrizi e la plebe. E, se accogliamo la teoria secondo cui, allorigine, plebe e patriziato avessero rappresentato gruppi tribali ed etnici diversi, questa interpretazione troverebbe ancora maggiore suffragio: solo che non si tratterebbe pi di una guerra civile, almeno dal punto di vista romano. Le guerre feudali Nel caso delle guerre feudali, qualcuno potrebbe obiettare che, in assenza di cittadini e di citt degni di questo nome, parlare di guerra civile sarebbe inappropriato. Anche qui bisogna intendersi sui termini. Il feudalesimo, fin dallinizio, ha portato con s i germi della propria estinzione: il capitolare di Quiertzy (877 e.v.) rappresent il primo chiodo sulla sua bara. Quando, per la prima volta, la Realpolitik carolingia mise da parte la legge, ritenendola sorpassata, il feudalesimo, che su quella legge poggiava le proprie fondamenta, cominci a morire o, perlomeno, a trasformarsi in altro. Il feudo non era, in origine, una propriet patrimoniale, ma un accordo (pheos, foedus) tra due potenti, uno pi grande ed uno pi piccolo, a questo sottomesso: il potere e la terra erano affidati al feudatario in virt di questo patto, ma restavano di propriet dellimperatore, che poteva avocarli a s in qualunque momento e che, comunque, li avrebbe riavuti in pieno possesso, alla morte del vassallo, salvo il concederli ai suoi eredi. Una sorta di usufrutto temporaneo, in definitiva. Rendere il feudo un bene ereditario signific non solo travisarne il senso giuridico, ma anche decretarne la decadenza: i grandi feudatari, ormai padroni delle proprie terre, cominciarono a combattere tra loro per aumentare i propri domini, a scapito dellautorit imperiale, che, a parte saltuarie renovationes imperii, divenne sempre pi pleonastica. In questo gioco, ben preso fecero capolino anche i feudatari minori che, approfittando di un momento di particolare debolezza dellimperatore (Corrado II) ottennero a loro volta la trasmissibilit dei feudi agli eredi, con la consitutio de feudis del 1037. Quando entrarono in campo anche il Papa e le repubbliche comunali, il feudalesimo mor. I cavalieri francesi massacrati a Crecy, a Poitiers e ad Agincourt, in realt, erano gi morti da secoli: erano i fantasmi del feudalesimo, cancellati dalle milizie borghesi armate di arco lungo e di balestra. Possiamo ben dire che, se il Sacro Romano Impero era la Respublica Christianorum, le guerre feudali furono ununica, ininterrotta, guerra civile, e lanarchia feudale ne fu, per cos dire, la compagna di giochi. Le guerre comunali Nel caso delle repubbliche comunali, si pu parlare in molti casi di una vera e propria guerra civile: tanto per cominciare perch esisteva ed era assai ben delineata una cittadinanza, esattamente come nel caso delle poleis greche, e poi perch lavanzata delle classi subalterne fu, in molti comuni italiani, piuttosto contrastata e turbolenta. La lotta serrata tra capitanei e milites a Milano, tra magnati e popolo grasso a Firenze, fu senza dubbio una guerra civile: se prendiamo ad esempio la Firenze duecentesca, possiamo vedere almeno tre momenti in cui la semplice lotta tra consorterie si trasform in vera guerra civile. Il primo momento fu allepoca della vittoria ghibellina di Montaperti, il secondo al tempo di quella guelfa di Benevento e il terzo tra gli ordinamenti di Giano della Bella e il colpo di stato nero di Corso Donati, a cavallo tra il XIII ed il XIV secolo. Si tratt sempre di lotte tra opposte fazioni che, per, si appoggiarono a potenze internazionali (il Papa e lImpero) per regolare i propri conti: alla fine, si giunse a vere e proprie guerre guerreggiate, che appaiono assai diverse da episodi, pure tragici ma non riconducibili alla fattispecie di cui ci stiamo occupando,

come la congiura dei Pazzi, nel XV secolo. Quelle duecentesche furono delle vere guerre, suscitate dallesasperazione di attriti, comuni a tutte le repubbliche comunali, a causa di fattori di politica europea che fecero perno su alcune citt pi che su altre. Non ci sentiremmo di definire guerre civili, invece, quelle guerre che, a partire dal XIV secolo, portarono alla nascita dei cosiddetti stati regionali, poich, di fatto, si tratt di guerre convenzionali tra stati sovrani, bench questi stati avessero, allincirca, le dimensioni di unodierna provincia ed appartenessero ad etnie e nazioni affini, come nel caso di Firenze e delle altre citt toscane da lei progressivamente sottomesse. Le guerre di religione Alle guerre di religione, che devastarono lEuropa nel XVI e in parte del XVII secolo, possibile, in un certo senso, attribuire il titolo di guerre civili. Si tenga presente che le grandi guerre europee di quel periodo, a cominciare da quella franco-asburgica per arrivare a quella dei trentanni, si combattevano su diversi fronti ed in diversi paesi del continente: erano, per cos dire, guerre itineranti. Accadde, in molti casi, che, allinterno di questi conflitti o a causa di essi, scoppiassero guerre intestine, che interessarono ununica popolazione e furono una specie di guerra civile allinterno del pi vasto scenario della guerra generale. Questo si verific soprattutto in quei paesi in cui la riforma protestante aveva diviso abbastanza equamente la popolazione: con qualche generalizzazione di troppo, potremmo dire che il nord dellEuropa scelse Lutero, che il sud rimase fedele a Roma e che, nel mezzo, ossia prevalentemente in Germania e in Francia, si form il terreno ideale per delle spaventose guerre fratricide. Si possono inserire in questo scenario anche le prime guerre di religione, ossia la cosiddetta guerra dei cavalieri (1522-23) e quella dei contadini (1524-26), bench la prima ebbe soprattutto carattere feudale, mentre la seconda fu pi propriamente una rivolta a sfondo sociale e religioso. Va da s che la pi celebre tra queste guerre civili a sfondo religioso fu, per, quella francese, culminata, nel 1572, col massacro di San Bartolomeo. Si tratt, secondo il parere di chi scrive, di autentiche guerre civili, purch si accetti di porre la questione confessionale al posto di quella politica come motore dei conflitti. Furono guerre e non, come nel caso dei Catari o degli Hussiti, rivolte soffocate nel sangue, poich alle diverse fedi corrisposero diversi eserciti e, nel caso della Francia, perfino diversi pretendenti al trono, come nel caso eclatante della guerra dei tre Enrichi. La rivoluzione inglese Della rivoluzione inglese, in parte abbiamo gi detto: lInghilterra, tra la fine della guerra dei centanni e gli inizi del XVIII secolo, ebbe una storia dinastica e religiosa soprattutto a causa della diversa professione confessionale dei sovrani che si succedettero sul trono - tuttaltro che pacifica. Intorno alla met del XV secolo, per via dello spaventoso stillicidio della guerra secolare contro la Francia, che aveva, di fatto, indebolito enormemente laristocrazia insulare, il vecchio sistema messo in piedi dai Plantageneti entr in crisi, e ci fu una prima guerra, quella delle due rose, che, per, non pu essere detta civile, poich vi parteciparono solo oligarchi e milizie, mentre la popolazione britannica rimase, di fatto indifferente a chi ne sarebbe uscito vincitore. Invece, nel caso della rivoluzione del 1649, si decisero le sorti religiose del popolo inglese e questo fece s che la gente partecipasse molto pi attivamente alla lotta. Alla fine, col prevalere delle Roundheads di Cromwell, contro i Cavaliers del re Giacomo, lInghilterra scelse la riforma e scart lassolutismo di matrice francese, definendo il proprio destino futuro. Si tratt indubbiamente di una guerra civile, anche se, possiamo dire che la rivoluzione non fu che il culmine di un processo omogeneo, iniziato molto prima e terminato con il regno della regina Anna e del principe dOrange. Le guerre dinastiche

La prima met del XVIII secolo fu caratterizzata da una serie di guerre dinastiche, note come guerre di successione: allinterno di queste guerre vi furono, certamente, episodi di guerra civile, soprattutto se intendiamo lAustria, la Baviera e la Prussia come facenti parte di ununica comunit nazionale. Tuttavia, ci pare di poter dire che, in realt, nel meccanismo delle alleanze europee, che, allepoca determinava le guerre e le paci, ben poco di questa comunit nazionale emerse. Mancava, per cos dire, una coscienza pantedesca, perch si possa parlare davvero di conflitti tra compatrioti. La guerra dindipendenza e la guerra civile Usa A ben vedere, sia la guerra dindipendenza americana (1775-1783), che la guerra tra unionisti e confederati (1861-65) furono guerre civili: anzi, ebbero, in un certo senso, motivazioni simili. La prima venne mossa da dei cittadini inglesi contro la madrepatria, a causa del mancato riconoscimento dei loro diritti e per una semplice questione politicoeconomica (no taxation without representation): fu, dunque, una guerra civile in ogni senso, allinterno della quale venne proclamata, unilateralmente, lindipendenza. Questo la rese, agli occhi dei coloniali insorti una guerra tra diverse sovranit, ma, di fronte al diritto internazionale, essa fu una guerra civile senza possibilit di equivoci, in cui sudditi di una medesima corona si combatterono. Non a caso, la rivoluzione americana si sarebbe potuta evitare con una pi oculata politica riformista da parte di Londra. Nel caso, invece, della guerra del 1861, la ragione principale che mosse i confederati ad aprire il fuoco su Fort Sumter, dando inizio alle ostilit, risiede soprattutto nellintolleranza del nord nei confronti della politica dilatoria del sud riguardo alla peculiare istituzione, ossia lo schiavismo. In realt, i confederati avrebbero rinunciato volentieri ad una manodopera che non era pi loro indispensabile, ma temevano unenorme problema sociale e ritenevano le pressioni del nord come unindebita ingerenza nei loro confronti. Fu una guerra civile: la prima guerra civile moderna, almeno dal punto di vista militare. Mancarono, vero, gli episodi di barbarie contro i nemici, che, anzi, furono trattati piuttosto cavallerescamente, ma, alla fine, il sud sconfitto venne severamente punito, in termini economici e politici. Va detto che, per gli unionisti, non si tratt di una guerra civile, quanto di unenorme operazione di polizia federale, contro dei ribelli che avevano messo in pericolo lunione. Le guerre rivoluzionarie e le guerre antirivoluzionarie Una serie di guerre civili, sanguinose e decisamente moderne, esplosero in Europa allindomani della Grande Guerra: ne fu linnesco, inevitabilmente, la rivoluzione dottobre, che rappresent un modello da imitare, per i vari bolscevismi europei, che cercarono di approfittare della debolezza dei governi del primo dopoguerra per imporre delle dittature comuniste. Queste interessarono particolarmente la Mitteleuropa e i paesi nati dalla frammentazione degli imperi centrali, come lUngheria, la Polonia, la Baviera, il Brandenburgo, lAustria e cos via. Quasi ovunque, si formarono, agli inizi del 1919, due opposti schieramenti, entrambi armati e ben decisi ad assumere il controllo della situazione: quello socialcomunista e quello nazionalista-reducista. Possiamo citare, a titolo di esempio, Bela Kun in Ungheria, la repubblica sovietica bavarese o gli spartachisti brandenburghesi, cui si contrapposero le forze paramilitari dei Freikorps, gli Stahlhelm di Kapp, i reduci magiari di Horty o la Amwehr austriaca: due diverse rivoluzioni, che deflagrarono e si scontrarono negli stessi anni fatali, tra il 1919 ed il 1920. Da questi tumultuosi avvenimenti derivarono, da una parte, gli agguerriti rivoluzionari degli anni 20 e, dallaltra, i grandi movimenti militaristi e xenofobi di destra, non ultimo il NSDAP. Possiamo parlare di guerre civili perch, in primo luogo, si tratt certamente di veri e propri conflitti, sia pure a bassa intensit e, poi, perch essi, in virt dellideologia, ebbero carattere di particolare spietatezza e ferocia. Potremmo anche postulare che, tra le guerre civili moderne, si sia assistito ad una escalation dellideologia, a discapito di motivi religiosi o nazionalistici: correttamente, Nolte

attribuisce proprio al fanatismo ideologico quel vastissimo fenomeno che, come si detto, definisce guerra civile europea, e questo fenomeno tocc anche lItalia, nel cosiddetto biennio rosso, sebbene con danni limitati. La guerra civile spagnola La guerra che devast la Spagna tra il 1936 ed il 1939 fu, al contempo, una guerra civile ed una guerra mondiale. Certamente, essa fu una guerra civile, giacch vide lo scontro ferocissimo delle due anime della Spagna moderna: quella cattolica e monarchica contro quella socialista e repubblicana. Sarebbe lungo ricapitolare in questa sede come si arriv allalzamiento del Tercio, attaverso la debolezza della corona, la dittatura di Primo de Rivera e il socialismo demenziale di Azaa: il dato di fatto che spagnoli combatterono, senza quartiere, contro altri spagnoli, e tanto basta per definire questa guerra civile. In realt, per, la guerra di Spagna rappresent anche il campo di battaglia in cui, per la prima volta, fascismo e socialismo si trovarono a contatto, e vennero allo scontro: da una parte combatterono le brigate internazionali, ma anche, non dimentichiamolo, le armi e gli aerei sovietici, mentre, dallaltra vi erano i volontari obbligati di Mussolini e la legione Kondor di Hitler, che facevano le prove tecniche di guerra mondiale. Il conflitto iberico mostr al mondo che si poteva combattere con terribile slancio in nome di unideologia e che lodio politico era un formidabile motore bellico. Il milione di morti che cost quella guerra fu soltanto il prologo di uno scontro ideologico che, di l a pochi mesi, avrebbe sterminato il dieci per cento della popolazione del Vecchio Continente. Le guerre civili postcoloniali Numerose guerre civili, che unirono la matrice ideologica a quella religiosa, etnica o sociale, scoppiarono nei paesi decolonizzati, dopo la fine della seconda guerra mondiale: la storiografia tende a sorvolare su questo fenomeno, perch potrebbe dare adito a rivalutazioni, almeno nel senso del mantenimento dellordine, del colonialismo, tuttavia, sarebbe opportuno darne notizia, per ragioni di obbiettivit storica. Citiamo soltanto le guerre civili che interessarono lAsia sud-orientale, perch furono quelle, in qualche modo, pi eclatanti, sia pure sotto falso nome e sotto mentite spoglie. La prima fu la guerra tra induisti e musulmani nellIndia indipendente: gli scontri furono tanto cruenti da costringere il Congress Party a dividere in due il paese, creando lo stato gemellonemico del Pakistan, che, ancora oggi, ha rapporti al limite della guerra guerreggiata con i suoi vicini indiani. La seconda fu quella che, nel 1950, port il mondo ad un passo dalla prima battaglia atomica: la Corea del Nord invase quella del Sud, proponendo un modello che si sarebbe ripetuto nel SE asiatico. LAmerica intervenne, mascherata da truppe dellOnu, a proteggere il sud, mentre la Cina sosteneva il nord: si tratt, a ben vedere, della riproposizione, su scala coloniale, del solito conflitto tra comunisti ed anticomunisti. Da guerra civile, quella di Corea divenne guerra per arginare lavanzata comunista: e tale rimase nellimmaginario collettivo. Sostanzialmente analoga fu la guerra civile che insanguin il Viet-Nam e che assunse, in seguito, valenze mitologiche tali da stravolgerne del tutto il contesto storico e politico originario: quando, alla met degli anni 70, la guerra termin, nessuno, in Europa, sarebbe stato disposto a definirla una guerra civile. Essa fu una guerra tra limperialismo americano (o, se si preferisce, la difesa del capitalismo americana) e la volont di libert e di indipendenza del Viet-Minh: gli unici che, probabilmente, avrebbero avuto da obiettare a questa definizione erano i vietnamiti del sud, ma, ormai, essi non potevano pi fare sentire la propria voce. Va detto che la guerra dindipendenza, combattuta dai vietnamiti contro i francesi, a met degli anni 50, contribu a falsare la percezione della guerra del Viet-Nam, facilitando lassimilazione dei due conflitti: il che , storicamente, poco corretto. La ex jugoslavia e il Kosovo

Lultima e, forse, la pi moderna in senso politico delle guerre civili fu quella che si combatt, tra il 1991 ed il 1999 nella ex Jugoslavia. La morte di Tito, che garantiva lunione della repubblica grazie al suo indubbio ascendente personale, diede il via ad una serie di movimenti nazionalisti e centrifughi, che portarono, come noto, alla dichiarazione dindipendenza di Slovenia e Croazia: a poco pi di dieci anni dalla scomparsa del suo fondatore, la RFJ si era sgretolata. Bisogna premettere che, per chi la combatt dalla parte degli insorti, non si tratt di una guerra civile, ma di una guerra dindipendenza (samostojne vojna), in cui i serbi erano visti come degli oppressori stranieri. Di fatto, invece, essa somigli molto, almeno concettualmente, alla guerra civile americana: alcuni stati di una federazione, scontenti di come stavano le cose, decisero di andarsene. Naturalmente, a questo andarono combinandosi forti elementi nazionalisti, ma la sostanza delle cose questa: la Serbia, burocratica e militare, dominava la federazione, a scapito delle pi dinamiche repubbliche ex asburgiche, che mal sopportavano questo giogo. Teatro, inevitabilmente, principale dello scontro tra i fortissimi nazionalismi serbo e croato fu la repubblica di Bosnia-Erzegovina, dove le comunit avversarie vivevano a stretto contatto, se non del tutto mescolate: di qui deriv la questione degli enclave e tutta la lunghissima trafila diplomatica che port agli accordi di Dayton. Fu una guerra civile terribile e lOnu ebbe molte colpe nella gestione della crisi. Alla fine, si giunse ad un compromesso che accontent tutti senza accontentare nessuno: esso fu la dimostrazione patente della debolezza delle NU e dellinadeguatezza delle risoluzioni e delle forze dinterdizione, che non riuscirono ad impedire stragi e pulizie etniche. Il termine pulizia etnica, anzi, nacque proprio in Bosnia, quando un generale serbo defin ist, ossia pulito, un villaggio i cui abitanti musulmani erano stati eliminati. Parliamo di musulmani, come se si trattasse di unetnia e non di un credo, perch, ai motivi nazionalistici e, in parte, politici (la Serbia rimase socialista, mentre i suoi avversari no), in Bosnia ebbe una grande importanza anche il fattore religioso: anche per questo, potremmo dire che quella nella ex Jugoslavia sia stata una guerra civile esemplare: essa racchiuse in s i principali motivi di conflitto che, storicamente, abbiano causato delle lotte fratricide. Caso bizzarro fu, invece, quello del Kosovo: autentica appendice fuori tempo massimo delle guerre jugoslave. Il Kosovo, divenuto nei secoli progressivamente a maggioranza illirica (cio albanese), era, un tempo, il cuore pulsante della Serbia medievale: l si trovavano i principali monasteri ortodossi e l, nel XIV secolo, era avvenuta la terribile sconfitta del campo dei merli (Kosovo Polje), che aveva segnato linvasione musulmana del regno balcanico. Per questi motivi, Tito aveva concesso ai kosovari ampie autonomie, ma nessun serbo si sarebbe mai sognato di considerare la regione un enclave albanese. Nel resto dEuropa, non si sa se per malizia o per ignoranza, il Kosovo venne, invece, presentato come un territorio albanese, incluso a forza nella RFJ, che lottava per la propria indipendenza: va tenuto presente che il principale partito indipendentista kosovaro, lUCK, aveva contatti strettissimi ed imbarazzanti con la mafia albanese, che controllava il traffico di droga in molte regioni europee e che, con i proventi di quel traffico, finanziava la guerra civile. E difficile, per la verit, spiegare in uno spazio cos ridotto la molteplicit dei problemi legati alla guerra civile nella ex Jugoslavia. Una cosa, per, va detta: quando la Nato bombard Belgrado, i Serbi, almeno allinizio, non capirono la ragione di questo attacco. Loro si sentivano un baluardo dellEuropa e lEuropa difendeva i discendenti di quelli che avevano vinto a Kosovo Polje. Ma, forse, dietro ogni guerra civile c un mistero, che lo storico non in grado di svelare, e anche il Kosovo ne nasconde qualcuno. Qui si conclude questo breve e del tutto incompleto excursus: gli interventi che seguiranno saranno, di sicuro, pi precisi e completi. Rimane la speranza di aver, se non altro, dato limpressione della complessit, della variet e delle modificazioni storiche che il concetto di guerra civile reca con s.

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