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LA RELIGIONE E LA MAGIA Nell'immaginario collettivo l'antico Egitto viene spesso considerato il paese del mistero, della superstizione e della

magia per eccellenza. In effetti, fin dagli albori della loro storia gli egizi hanno prodotto amuleti e scritto testi magici cui facevano ricorso per ottenere un aiuto soprannaturale nelle situazioni pi disparate. Lo studio di ci che resta della letteratura religiosa dellantico Egitto, giunta fino a noi, ha rivelato che la credenza nella magia, cio nel potere delle formule magiche, degli incantesimi e dei sortilegi ha costituito una parte importante della religione egiziana, influenzando le loro opinioni e plasmando le vedute degli antichi Egizi riguardo fatti spirituali e temporali in un modo che molto difficile comprendere. La religione egiziana La differenza fondamentale fra luomo antico e luomo moderno, dal punto di vista filosofico e religioso, risiede nel modo di concepire il mondo circostante: mentre noi abbiamo verso di esso un approccio scientifico, per gli antichi il mondo esterno era vivo, e lunico modo per comprenderlo e spiegarlo era una speculazione mitopoietica. Il mito era, nei tempi antichi, lunico procedimento attraverso il quale si poteva dare una spiegazione alla fenomenologia degli eventi; al suo interno le varie forze naturali, considerate dagli antichi come soggetti viventi, vengono antropomorfizzate, assumendo laspetto di divinit, ad immagine e somiglianza degli stessi uomini che le avevano create. Gli dei del vasto pantheon egiziano sono, quindi, una delle categorie di esseri viventi e la sua apparente mancanza di ordine (convivenza di miti spesso in contraddizione tra loro, impossibilit di dare una specificit ai vari dei, ecc.) deriva dalla natura della stessa religione egiziana, non rivelata, e dalle operazioni teologiche che il clero ha prodotto. Quando, in et preistorica, il paese era diviso in nomoi autonomi, ognuno di essi aveva un suo pantheon con a capo un dio demiurgo; lunificazione territoriale dellEgitto, ebbe anche un risvolto teologico, e si cerc di rendere uniforme la religione, tenendo per conto della sua frammentazione: i miti locali continuarono ad esistere, ed i loro di pi importanti furono elevati a livello nazionale, restando per patroni del loro capoluogo di nascita. Per citarne alcuni, nella citt di Sais risiedeva la dea Neith, a Busiri il dio Osiri, a Bubasti la dea gatta Bastet, e cos via. Uno degli argomenti pi affrontati dagli studiosi della filosofia e della religione egiziana certamente il concetto del loro politeismo: in effetti, questa religione non pu definirsi politeista in senso stretto. Questa discussione decisamente troppo estesa per essere affrontata in questa sede () ma, dato che il problema incentrato prevalentemente sulla teologia della generazione del mondo, in questo momento sufficiente sapere che la religione egizia propone tre cosmogonie principali che spiegano lorigine del mondo ad opera di un unico dio, facenti capo ai tre grandi centri teologici di Eliopoli, Ermopoli e Menfi. Il mito pi antico sembra essere quello di Eliopoli, in cui il demiurgo il dio locale Atum; egli si autocre e sorse dal Nun, loceano primordiale, levandosi su di una collinetta sulla quale diede vita alla prima coppia divina: Shu, dio dellaria e Tefnut, dea dellumidit. Da costoro e dalla loro generazione nacque la Grande Enneade (gruppo di nove dei) di Eliopoli. Il mito cosmogonico di Ermopoli sostiene invece che, prima della creazione, esistevano 8 dei in forma di rane e serpenti, i quali 1

unirono le loro forze e crearono un uovo, che venne deposto su una collina emergente dalle acque primordiali. Dalluovo nacque il dio Thot, divinit locale di Ermopoli, e da lui ebbe inizio la creazione vera e propria. La terza tradizione cosmogonica faceva capo al dio Ptah di Menfi, il quale vagava nel Nun; si ferm poi sulla collina primordiale e si assimil ad essa. Da qui cre tutti gli altri dei ed il mondo servendosi del pensiero e della parola. Egli, infatti, pens con il cuore (la sede dei pensieri) e cre pronunciando il nome di ci che aveva pensato. Lidea di una creazione per mezzo del pensiero e della parola , evidentemente, di una qualit assai pi concettuale, ma dobbiamo comunque notare che probabilmente posteriore, e quindi derivante, dalle altre due sopra citate. E evidente che questi miti cosmogonici non prendono in considerazione lorigine degli uomini. Essa citata solo presso miti regionali, come quello del dio Khnum di Elefantina, che modell i ka degli esseri umani sulla ruota del vasaio, oppure nella Leggenda dellocchio di Ra, il cui protagonista un occhio del dio sole Ra, che un giorno si stacc dal dio e fugg. Ra mand Shu e Tefnut a cercarlo, ma non trovandolo, il dio si cre un occhio sostitutivo. Passato un certo tempo, locchio fuggiasco ritorn ma, vedendosi sostituito, scoppi a piangere, e dalle sua lacrime (in egiziano remut), nacquero gli uomini (remet). Lideatore di questo mito ha, evidentemente, preso spunto dallassonanza delle due parole, seguendo il gioco di parole, espediente linguistico molto amato dagli egiziani. Alle tre cosmogonie sopra citate fanno capo numerosi altri miti secondari, che hanno lo scopo di narrare la vita degli dei, dalla cui lettura complessiva emerge un mondo divino concepito a stretta somiglianza con quello terreno, composto di famiglie (triadi) di divinit, al cui interno si verificano tradimenti, figli illegittimi, fratricidi e lotte allultimo sangue per il possesso del potere. Gli dei egiziani, dunque, non costituiscono un modello comportamentale da seguire, ma sono piuttosto concepiti come esseri umani. Essi si distinguono soprattutto dai mortali, in quanto possessori di potenze, e possono intervenire nella vita delluomo; per questo lumanit deve ingraziarseli con preghiere ed offerte. Secondo gli egiziani, infatti, gli dei sono presenti sulla terra, ed ognuno, con la propria famiglia, risiede in una citt di cui diviene il protettore, e dalla quale riceve in cambio tributi e culti. I templi, i sacerdoti, i riti I templi sono la loro dimora terrena. Essi sorgono su terreni ritenuti sacri per vari motivi: uno dei pi comuni la presunta esistenza della collina primordiale. Non sono necessariamente eretti in luogo isolato o rialzato, anzi molto spesso sono allinterno del tessuto urbano. Ciononostante, la vita del tempio era isolata rispetto a quella della citt: il tempio era infatti costituito da un avancorpo pubblico e di uno o pi cortili a cielo aperto cui poteva accedere ogni ordine sacerdotale, oltre il quale una o pi possenti mura in pietra isolavano il territorio sacro, che comprendeva il lago sacro, le abitazioni dei sacerdoti, i magazzini e la dimora del dio, preceduta da una serie di stanze disposte su un unico asse, le cui dimensioni e luminosit diminuivano progressivamente fino al Sancta Sacnctorum. Solo pochi dignitari erano ammessi ai cortili ed in particolari periodi dellanno, e solo il re o i sacerdoti di rango pi elevato potevano raggiungere il naos ove dimorava, nel buio pi completo, la statua del dio cui il tempio era consacrato. Le statue delle divinit, 2

di non grandi dimensioni, erano di metallo prezioso, o in rivestita in lamina doro, perch doro era la carne degli dei.

pietra

Il ruolo principale del tempio era di preservare la divinit dagli attacchi delle forze ostili, pronte a prendere il sopravvento sul bene riportando il caos primordiale. Il concetto di ordine cosmico fondamentale per comprendere la religione e la cultura egiziana, in cui la realt ed ogni suo aspetto venivano concepiti secondo la contrapposizione degli opposti: bene e male, luce e buio, ecc. Dal Nun ebbe inizio la creazione, ed il demiurgo costitu cos la linea di demarcazione tra caos increato e lordine delluniverso; il caos, per, non scomparve, ma resta ai margini del mondo in una sorta di precario equilibrio che lo contrappone allordine cosmico, impersonato dalla dea Maat, che in egiziano significa anche verit e giustizia, concetti positivi insiti nellidea di ordine. In linea di principio, lordine, la Maat, mantenuto dallazione degli dei, coadiuvati dagli uomini, ed in particolare dal re. Il faraone, dio vivente in terra, lunico intermediario fra gli dei ed i mortali. In teoria egli era lunico officiante addetto al culto divino, ma in pratica egli deleg questa prerogativa ai cosiddetti servi del dio, i sacerdoti, una particolare categoria di funzionari specializzati che garantivano lo svolgimento in ogni ora del giorno e della notte di determinati riti, uguali ogni giorno dellanno, poich questa ripetizione che aiuta il dio a mantenere costanti i ritmi della vita e lordine cosmico. Il rito una sequenza di azioni e parole da ripetersi in determinati momenti della giornata: le parole e la gestualit erano derivate dai miti, di cui ripetevano i momenti essenziali. Le gerarchie sacerdotali si distribuivano i compiti rituali, di diversi tipi e numerosi, in modo da costituire gruppi specializzati: dal Gran sacerdote, addetto alla cura ed al cerimoniale della statua, fino ai sacerdoti orari ed oroscopi che dovevano definire, rispettivamente, le ore del giorno e della notte per iniziare i culti ed identificare i giorni fasti e nefasti, oltre al destino dei neonati. Non tutti i sacerdoti svolgevano questo lavoro tutto lanno: pochi erano permanenti, gli altri erano divisi in 4 squadre, che si alternavano nel servizio divino. Durante il mese in cui prestavano servizio presso il tempio dovevano condurre una vita pura mentre, per il resto dellanno, svolgevano attivit laiche e solitamente rivestivano cariche pubbliche. Anche lintero tempio riproduceva strutturalmente e nelle decorazioni lordine del mondo: nelle sale interne i soffitti erano dipinti in azzurro, con rappresentazioni del cielo e dei suoi abitanti. Il pavimento aveva una colorazione scura, a richiamare il colore del limo. I bassorilievi ed i testi che decorano le pareti interne ed esterne narrano episodi di miti connessi con la divinit locale, o mostrano il faraone mentre compie particolari riti annuali e mentre porta offerte agli dei. Il tempio costituiva ununit autosufficiente: abbiamo detto che fra il tempio e il muro di cinta pi esterno lo spazio era occupato da edifici connessi solo marginalmente con il culto divino vero e proprio: ateliers in cui si fabbricavano gli oggetti di culto, le stoffe per labbigliamento dei sacerdoti e il bisso per gli abiti divini, ecc. I papiri con i rituali e i miti che venivano conservati nella biblioteca del tempio erano scritti nella Casa della Vita, centro di cultura in cui si elaboravano i miti locali e da cui partivano le direttive teologiche che artisti ed architetti dovevano rispettare 3

nella creazione delle loro opere, e in cui si redigevano le copie del Libro dei morti, acquistate dai privati come corredo indispensabile per la loro sepoltura. Vi erano poi le dimore del personale del tempio, le cucine, i magazzini che contenevano le scorte alimentari, dato che ogni tempio possedeva terreni agricoli, donati dal sovrano per il suo mantenimento. Particolare importanza religiosa avevano le processioni sacre, in cui la statua del dio usciva dalla sua casa ed attraversava la citt per recarsi in visita ad altri dei. Durante la processione essa non era direttamente visibile, poich collocata allinterno di un tabernacolo posto su di una barca sacra, copia in scala ridotta di quelle usate dal dio per navigare sul Nilo. Il popolo coglieva queste occasioni per porre quesiti oracolari al dio, ed ogni tempio aveva un proprio calendario di festivit e di uscite, alcune nazionali o regionali. Altre feste gradite erano la sacre rappresentazioni, in cui venivano mimati e recitati episodi mitologici. Gli animali sacri Nelle raffigurazioni artistiche, gli dei possono assumere tre diversi aspetti: antropomorfo, animale e misto. Nel primo caso, si distinguono gli uni dagli altri per le particolari corone ed emblemi che portano; nel secondo, la forma animale che porta alla mente un dio preciso; nel terzo caso accade che ad un corpo umano venga sovrapposta la testa di un animale, spesso coronata con i suoi emblemi. Pi raramente accade che le raffigurazioni siano di corpo animale e testa umana. Le divinit, quindi, oltre ad incarnarsi nelle statue di culto, si manifestavano agli uomini assumendo forma animale: esso diventava lemblema del dio, ed era considerato a lui sacro. E il caso dello sciacallo di Anubi, della vacca di Hathor, del falco di Horo, ecc. Poteva accadere anche che ad uno stesso animale corrispondessero pi divinit, o che una divinit sincarnasse in pi di un animale. In ogni caso, alcuni di questi, se possessori di particolari caratteristiche nel piumaggio o nel pelo, erano considerati sacri, cosa che provoc lilarit dei Greci acculturati e che gett sugli egiziani il ridicolo e lesagerazione dei primi scrittori cristiani. Tuttavia, se guardiamo allargomento pi da vicino, la sua apparente stupidit viene a cadere. Gli Egiziani onoravano alcuni uccelli, animali e rettili perch pensavano che questi possedessero alcune delle caratteristiche degli dei ai quali erano sacri: il toro, per esempio, era la tipizzazione della forza e dellenergia procreatrice del dio della riproduzione nella natura, e la vacca era la tipizzazione della sua controparte femminile. Ogni animale sacro, quindi, possedeva qualche attributo che era proprio anche di qualche dio e, dal momento che ogni divinit non era che una forma di Ra, lattributo che gli veniva dato era quello del dio sole in persona. Legiziano colto, allora, adorava un animale in quanto incarnazione di una divinit, e la riverenza con cui si trattavano gli animali in Egitto non era in alcun modo diversa da quella accordata al re, che veniva considerato divino e unincarnazione di Ra. Gli Ebrei, i Greci e i Romani non capirono mai questa logica, e rappresentarono grossolanamente la loro religione. I templi maggiori possedevano un recinto in cui vivevano uno o pi esemplari della specie cara al dio, e solo questi erano considerati sacri, poich solo in essi il dio poteva incarnarsi. Le razze di animali sacri al dio cittadino costituivano un tab alimentare nel territorio della citt nel nomos. Quando un animale sacro moriva, 4

infine, il dio che esso rappresentava cercava un altro animale della stessa specie nel quale rinnovare la sua incarnazione, e il corpo morto dellanimale, per il fatto che era stato la dimora di un dio, veniva mummificato e trattato nello stesso modo di un corpo umano dopo la morte, affinch potesse godere dellimmortalit. La situazione mut a partire dallEpoca Tarda, quando la gente comune inizi a dedicarsi ala zoolatria, considerando sacri tutti gli esemplari della specie cara al dio. Tutti dovevano essere riveriti e mummificati alla morte, e cos sorsero ipogei dedicati al culto e alla sepoltura degli animali mummificati, mentre chi li avesse uccisi era perseguibile con la pena capitale. Questa connessione del divino con il mondo animale deriverebbe dal totem preistorico, dal feticcio della comunit locale che si mut in divinit mantenendo caratteristiche ferine. Questa concezione, per, presuppone che, risalendo indietro nel tempo, tanto pi gli dei dovrebbero essere rappresentati in forma animale: questa si sarebbe poi lentamente voluta in quella antropomorfa attraverso un momento di transizione, corrispondente alle raffigurazioni miste uomo-animale; i documenti, invece, sembrano indicare il contrario. La vita dopo la morte Alla base delle credenze religiose egiziane sta la convinzione che luomo sarebbe sopravvissuto alla morte per vivere unaltra vita. Con la morte si scindevano tutte quelle parti di cui luomo era composto; gli Egizi, infatti non si accontentavano del semplice dualismo anima e corpo, ma per loro lidentit delluomo era costituita da svariate componenti: - il corpo materiale - lombra - lo spirito immortale - lanima (Ba) - la forza vitale (Ka) Ognuno di queste componenti sopravviveva alla morte in maniera diversa: il corpo fisico doveva essere protetto dalla putrefazione; il Ba, rappresentato di solito sotto forma di uccello dalla testa umana, si poteva separare dal corpo, ma doveva periodicamente farvi ritorno; il Ka doveva rifocillarsi con gli alimenti collocati nella tomba come offerte sacrificali dai familiari del defunto. Per vivere dopo la morte era indispensabile che ognuna di queste parti sopravvivesse e per questo motivo, durante la vita, gli uomini cercavano di costruirsi una tomba adeguata e di acquistare quanto era necessario a questo scopo. Un altro elemento di grande importanza era il nome: conoscere il nome di una persona o di un dio significava riconoscerne lindividualit, e poter stabilire con lui delle relazioni. Se il nome poteva essere usato durante invocazioni, preghiere o riti propiziatori, esso poteva essere usato anche da stregoni nel corso di maledizioni. Ma la conditio sine qua non luomo poteva sopravvivere nellaldil era la conservazione del suo corpo, che la mummificazione sottraeva alla decomposizione e che era collegato alle altre parti dellindividuo: se il corpo si disintegrava, anche lindividuo veniva distrutto. La mummificazione A detta degli esperti, la mummia perfetta leggera come un guscio duovo e dura come una statua. In quanto corpo destinato alleternit essa deve poter sopravvivere milioni di anni1: il fatto 1 Spesso, nelle tombe veniva collocata una statua per rimpiazzare, in una simile emergenza, il corpo originario. Questa statua non doveva necessariamente riprodurre le fattezze del defunto, ma doveva riportarne il nome, altra componente 5

che, negli anni Settanta, la pi famosa delle mummie, quella del faraone Ramsete II, abbia corso il rischio di decomporsi, lo si deve esclusivamente alle condizioni climatiche del Museo del Cairo ove ospitata, non al lavoro degli eccellenti specialisti che nel 1212 a.C. avevano eseguito le operazioni necessarie. A quel tempo, dopo migliaia di anni di sperimentazione, le tecniche di imbalsamazione avevano raggiunto il vertice della perfezione. Prima che venisse sviluppata questa tecnica, gli Egizi avvolgevano i loro morti in una stuoia o in una pelle di animale, e li seppellivano nella sabbia. Grazie al calore e allarieggiamento assicurato dal vento del deserto, gran parte dei cadaveri si disseccava prima che iniziasse il processo di decomposizione. In seguito essi vollero produrre artificialmente questo meccanismo di conservazione naturale. Limbalsamazione richiedeva settanta giorni e veniva eseguita sulla riva occidentale del Nilo, lontano dalle aree abitate. I corpi venivano anzitutto alloggiati in tende ariose vicino alla riva del fiume, perch per lavarli cera bisogno dellacqua, poi venivano portati nella sala di imbalsamazione, la casa della bellezza o luogo della purificazione, dove intervenivano i sacerdoti che eseguivano riti religiosi. Se le raffigurazioni di cui disponiamo sono veritiere, gli officianti indossavano maschere che riproducevano limmagine del dio Anubi, il dio dei morti con la testa di sciacallo: come dio tutelare della necropoli gli Egizi avevano scelto deliberatamente lanimale che si aggirava nei suoi paraggi, in cerca di cadaveri da disseppellire. In questo modo speravano di placarlo. Lunica maschera di Anubi che si conservata fatta di argilla, e ha fessure per gli occhi che, probabilmente, servivano anche per la respirazione. Dal momento che, a volte, gli imbalsamatori erano distratti e lasciavano i loro attrezzi allinterno della mummia, abbiamo potuto sapere che tipi di strumenti usassero nel loro lavoro: uncini di bronzo, pinzette, cucchiai, aghi e punteruoli biforcuti che venivano utilizzati per aprire, svuotare e richiudere il corpo, ed un vaso con beccuccio per versare il tiepido olio consacrato. Non esistono documenti scritti che ci diano indicazioni su quali fossero le tecniche di imbalsamazione, anche perch, come abbiamo gi detto, gli Egizi non erano soliti registrare per iscritto quanto si riferiva agli aspetti pi tecnici della loro cultura. Dovremo perci fare nuovamente riferimento ad Erodoto, il quale ci racconta che, una volta iniziati i lamenti per il defunto, il cadavere veniva portato agli imbalsamatori: La procedura pi sofisticata la seguente: per prima cosa, con un uncino di ferro, estraggono il cervello attraverso le narici del naso, poi, con unaffilata pietra etiope, operano unincisione nel fianco attraverso la quale estraggono tutti gli organi interni. Quindi puliscono linterno del corpo sciacquandolo con vino di palma e spezie pestate nel mortaio; infine riempiono lo stomaco con mirra allo stato puro e ricuciono lincisione. A questo punto il corpo veniva immerso nel natron2 per settanta giorni, dopo i quali il cadavere veniva avvolto dalla testa ai piedi con bende di lino. Per una mummia potevano essere utilizzati fino a quasi 400 mq di lino; i colori preferiti erano il rosso e il rosa, e non si faceva necessariamente ricorso a materiale nuovo. Si pensa, infatti, che nella maggior parte delle case egizie esistesse un baule dove venivano importante dellindividuo, senza la quale non esisteva n personalit n possibilit di sopravvivenza. 2 La soluzione di natron veniva usata solo in unepoca antica: a partire dal Medio Regno venne utilizzata la pi efficace polvere di natron, un composto chimico che era disponibile in grande quantit in Egitto nella vallata desertica di Wadi Natrun, da cui prende il nome. Se ne utilizzava una quantit pari a varie volte il peso del cadavere, ed era possibile riutilizzarla, anche se la sua efficacia era decrescente. 6

riposti i vecchi abiti da cui era possibile, alloccorrenza, ricavare le bende per la mummia. Le bende erano impregnate di olio consacrato e resine, elementi che avevano unazione antibatterica ed impedivano la formazione di funghi. Questi ingredienti provocavano anche lirrigidimento del cadavere ormai vuoto, disidratato e leggero, che a volte restava incollato al fondo della bara, come nel caso di Tutankhamon: la mummia, staccata a colpi di scalpello, cadde subito in pezzi. Al momento della deposizione nel sarcofago, sul volto della mummia veniva applicata una maschera di lino stuccato che, tuttavia, non assomigliava minimamente alla persona defunta; si cominci a ricercare questa somiglianza soltanto a partire dallepoca della dominazione romana. La mummia, ben protetta, veniva infine adagiata leggermente girata su un fianco, in modo che guardasse ad oriente, dove risiedevano i vivi. Gli occhi che venivano dipinti sul lato della bara si potevano aprire soltanto se qualcuno recitava le apposite formule mentre lopera di pittura veniva compiuta. Al principio, i nobili venivano sepolti in bare di forma rettangolare, poi sistemate in sarcofagi di pietra. A partire dal Medio Impero si cominci a modellare la bara sulla forma del corpo umano, consuetudine che incontr un successo sempre maggiore. Nelle tombe, accanto alle bare, si trovano sempre altri contenitori, per lo pi scatole di legno, in cui erano contenuti quattro vasi dargilla o di alabastro. Gli egizi li chiamavano vasi canopi, dal villaggio di Canopo, ad est di Alessandria. Venivano usati per conservare gli organi interni prelevati dal cadavere e, poich il corpo era incompleto senza di loro, venivano lasciati vicino alla bara: il fegato, i polmoni, lintestino e lo stomaco venivano avvolti uno per uno in panni di lino, e qui riposti. Si versava poi olio resinoso consacrato ed infine si chiudevano i vasi che dovevano custodire tali organi per leternit. Il cervello, al contrario, veniva buttato perch lo si considerava poco importante: la sede dello spirito, dellintelletto e dei sensi era considerato il cuore che, avendo unimportanza cos cruciale, veniva sempre rimesso nel corpo non appena ultimato il processo di mummificazione. I morti ne avevano bisogno come consigliere al momento di comparire dinanzi al tribunale ultraterreno. I preziosi organi interni erano affidati alla protezione divina dei quattro figli di Horo, le cui teste, di solito, adornano i vasi canopi: Amset, dalla testa umana, il cui nome significa aneto, unerba ancora oggi utilizzata come conservante proteggeva lo stomaco; Hapi, dalla testa di babbuino, proteggeva gli intestini; Duamutef, somigliante ad un cane, era responsabile dei polmoni; Qebehsenuf dalla testa di falcone proteggeva il fegato. Nellet del Nuovo Regno, altre quattro dee tutelari venivano raffigurate ai quattro angoli delle scatole canopiche, ed anchesse, con le loro ali spiegate, nel proteggono il contenuto. Le stesse dee si inginocchiano agli angoli dei sarcofagi e compaiono sulle bare a forma umana. Infine Nut, la dea del cielo, spesso dipinta sulla parte interna del coperchio della bara, e con il suo corpo stellare copre e protegge il morto. Il viaggio nellaldil Un funerale egizio era unautentica festa. Esso rappresentava il culmine dellesistenza. Dopo le procedure di imbalsamazione, la mummia giaceva nella bara aperta che, adagiata su una slitta, veniva lentamente trainata da una pariglia di buoi attraverso le sabbie del 7

deserto, seguita da parenti ed amici del defunto, da sacerdoti che spargevano incenso e da lamentartici urlanti con i capelli sciolti e il petto nudo. Gli schiavi portavano i beni destinati alla tomba, gli arredi, le casse di indumenti, i gioielli e i cosmetici. Una volta dinanzi alla tomba, la mummia veniva estratta dalla bara e messa in piedi, sorretta da un sacerdote imbalsamatore con addosso la maschera di Anubi. Un officiante laico, di solito il figlio maggiore, bruciava dellincenso, mentre il sacerdote lettore leggeva formule magiche da un rotolo di papiro. Poco prima della sepoltura, il sacerdote sem, vestito con una pelle di pantera, procedeva al rituale magico della apertura della bocca, che veniva eseguito con utensili del fabbricante di bare e dellimbalsamatore (unaccetta, un coltello e uno speciale strumento a forma di coda di pesce). I sacerdoti aprivano la bocca, gli occhi, le orecchie e il naso della mummia che cos riguadagnava luso dei sensi ed era in grado di accettare le offerte di cibo. A questo punto i familiari si potevano congedare dal defunto, e la mummia veniva rimessa nella bara. Infine venivano offerti dei sacrifici, ad esempio dei buoi uccisi ritualmente, arrostiti e poi mangiati dai familiari nel corso del banchetto funebre presso la tomba. Nella Tebe del Nuovo Impero, questo rituale veniva ripetuto ogni anno in occasione dello splendido banchetto nella valle desertica, una sorta di Ognissanti egizio in coincidenza del quale si compivano sacrifici e si organizzavano festose celebrazioni sopra e dentro le tombe. Per il defunto cominciava, invece, il viaggio nel mondo ultraterreno. Il giudizio dei morti Dopo la morte, il defunto si trova al cospetto della corte giudicante, riunita nella sala dellassoluta giustizia, allintersezione dei due mondi. A dire il vero, il tribunale degli dei un elemento nuovo poich, durante tutto lAntico Regno, il mondo ultraterreno era estremamente elitario, raggiungibile solo dal re, che vi accedeva per diritto divino, e da coloro che ricevevano in dono dal re una tomba, o almeno parti di essa. Successivamente, durante il primo periodo intermedio, un processo di democratizzazione dellaldil apr laccesso al mondo ultraterreno a tutti, ma si inseriva nel tessuto religioso un giudizio sulle azioni compiute durante la vita terrena. Ne consegue che, nellAntico Regno, i testi incisi sulle pareti delle piramidi, da Unis in poi, e noti come Testi delle piramidi erano ad esclusivo beneficio del re: essi rappresentano i pi antichi scritti di argomento teologico che si conoscano. Si tratta di una raccolta di formule suddivise in stanze che aiutano, per lappunto, il re defunto a raggiungere gli altri dei in cielo. Lampliamento del mondo ultraterreno ad una cerchia pi vasta di persone vede anche una modifica di questi testi, i quali, modificati con aggiunte di formule derivanti da tradizioni locali, vengono ora iscritti sui sarcofagi, prendendo ora il nome, per lappunto, di Testi dei sarcofagi. Durante il Nuovo Regno si assistette ad un proliferare dei testi funerari ed il cosiddetto Libro dei morti, il cui nome originale era Libro per uscire al giorno, sicuramente la raccolta di formule pi diffusa. I privati ne acquistavano presso i templi, copie redatte su papiro, mentre i re, i nobili ed i funzionari ne adornavano le pareti pi interne delle loro tombe presso la Valle dei Re. Inoltre, come spesso accade, anche per il Libro dei Morti certi brani erano pi efficaci di altri, e recitare queste parti veniva considerato

altrettanto efficace della recitazione di tutto il testo3. La guida alloltretomba, redatta dallo stesso Thot, dio della sapienza, non solo aiutava il defunto a raggiungere la vita dopo la morte, ma si rivelava particolarmente utile nel momento della cosiddetta Psicostasia, o Pesatura dellanima: nella Sala della Verit vi una grande bilancia su cui viene pesato il cuore del defunto sotto la supervisione di Anubi e di Thot, dio della scrittura. Sullaltro piatto della bilancia viene poggiata una piuma, simbolo della dea della giustizia Maat e dellordine divino. Il defunto supera la prova solo se il cuore risulta leggero come la piuma, ed era cos degno di continuare a vivere nellaldil con lepiteto di giustificato. Il comportamento tenuto in vita da una persona, viene dunque giudicato alla luce dei severi parametri della giustizia celeste, e tutti ne erano terrorizzati dato che, accanto alle bilance, stava il grande divoratore, un mostro che era un incrocio tra un coccodrillo, un grosso gatto e un ippopotamo, pronto a sbranare chiunque avesse il cuore troppo pesante. Questa sarebbe stata la peggiore delle punizioni possibili, coincidendo con lannientamento totale: la seconda morte definitiva, senza speranza di rinascita. La pesatura del cuore era preceduta dalla cosiddetta confessione negativa, una serie di frasi, peraltro analoghe ai nostri dieci comandamenti, che iniziavano con la negazione non (Non ho fatto del male a nessuno, non ho maltrattato nessun animale, ecc.). Tutto questo non doveva essere necessariamente vero e, anzi, lo si doveva dichiarare proprio per impedire che la verit venisse a galla: i due piatti della bilancia erano tenuti in equilibrio dalle formule e dai disegni magici del papiro, e gi da questo cominciamo ad individuare quale valenza avesse la magia allinterno del credo egiziano. LA MAGIA L'antica parola egizia utilizzata per designare la magia heka, termine che definisce una forza soprannaturale di cui sono dotati tutti gli dei, i sovrani, i defunti e i maghi (hekau). La magia egiziana risale al tempo in cui gli abitanti pre-dinastici e preistorici dellEgitto credevano che la terra, linferno, laria e il cielo fossero popolati da creature, visibili ed invisibili, che venivano considerate favorevoli od ostili alluomo a seconda che le azioni della natura, di cui si credeva che esse presidiassero, gli fossero favorevoli o sfavorevoli. Lo scopo principale della magia consisteva nel dare alluomo predominio sopra questi esseri, molto simili a lui nel carattere, nelle qualit e nelle passioni. Il loro favore poteva essere ottenuto tramite doni o offerte, ma la cessazione delle ostilit da parte di coloro che si mostravano ostili si poteva ottenere solo con lusinghe, oppure usando un amuleto, un nome segreto, una formula magica, che avevano leffetto di portare in aiuto del mortale che la possedeva la potenza di un essere pi forte di quello nemico. La magia egiziana aveva, dunque, lo scopo di fornire alluomo i mezzi per costringere forze sia amichevoli, sia ostili, anzi, pi in l addirittura, Dio in persona a fare quello che egli voleva, fosse daccordo o no. La fede nella magia pi antica, in Egitto, della fede in Dio, ed certo che un cospicuo numero delle cerimonie religiose dellepoca tarda, compiute come parte integrante di un culto religioso, ebbero la loro origine in usanze superstiziose che risalgono ad un periodo in cui Dio non era ancora nato nelle menti degli Egiziani. E probabile che persino luso del segno che rappresenta unascia, e che sta per il 3 Analogamente gli Arabi attribuiscono alla Fatha, o capitolo di apertura, e al capitolo che tratta dellunit di Dio altrettanta importanza che al resto del Corano. 9

carattere geroglifico che significa Dio, indichi che questo strumento di lavoro ed arma allo stesso tempo, sia stata usata per compiere cerimonie collegate con la magia religiosa durante la preistoria. Dai libri religiosi dellantico Egitto veniamo a sapere che si credeva che il potere posseduto da un sacerdote o da un uomo abile nella magia fosse senza limiti: egli poteva guarire il malato, fare uscire gli spiriti malvagi che provocavano il dolore e la sofferenza negli ammalati, riportare i morti in vita e concedere al defunto il potere di trasformare il suo corpo, soggetto a corruzione, in un corpo incorruttibile, nel quale lanima avrebbe potuto vivere per leternit. Le sue parole mettevano gli esseri umani in grado di assumere aspetti diversi e di proiettare le loro anime negli animali e in altre creature. Inoltre, obbedendo ai suoi comandi, immagini e dipinti inanimati diventavano creature viventi. Nella magia bianca e nera degli egiziani si ritrova gran parte della magia degli altri paesi; impossibile, tuttavia, dire esattamente quanto le credenze e i sistemi religiosi delle altre nazioni ne fossero influenzati, ma non vi dubbio che alcune opinioni e idee religiose di molte sette pagane e cristiane vi possano essere direttamente ricondotte. Resta il fatto che gli Egiziani credevano in un Dio Uno, onnipossente, eterno ed invisibile, che cre il cielo e la terra e tutti gli esseri e le cose sopra di essa; e nella resurrezione del corpo in forma diversa e pi gloriosa, che avrebbe vissuto per leternit in compagnia degli spiriti e delle anime dei giusti in un regno governato da un essere che aveva unorigine divina, ma che aveva vissuto sulla terra e sofferto una morte crudele per mano dei suoi nemici, ed era risorto, diventando il dio e il re del mondo delloltretomba. La cosa sorprendente che gli Egiziani non sembrano notare alcuna incongruenza in un tale miscuglio di magia e religione. Ad esempio, addetti al servizio di Ra, il dio sole a Tebe, vi erano numerosi ordini di sacerdoti i cui doveri consistevano tanto nel copiare libri religiosi e nel mantenere vive le tradizioni divine, quanto nellamministrare il culto degli dei. I membri di questi ordini, istruiti alla magia tramite i testi sacri che si trovavano nelle Case della vita, le biblioteche dei templi, sostenevano il potere e lonnipotenza di Dio onnipotente, eppure ricopiarono opere contenenti testi da recitarsi ad ore specifiche del giorno e della notte, e davano istruzioni perch si compissero cerimonie magiche il cui scopo era quello di impedire che il mostro mitico Apopi sconfiggesse il dio sole. E si afferma in tutta seriet che se un foglio di papiro, sul quale sia stata disegnata unimmagine del mostro, e una figurina di cera dello stesso, vengono bruciate in un fuoco prodotto con un certo tipo di erbe, e se le parole prescritte vengono recitate su di esse mentre bruciano, il dio sole sfuggir ad Apopi. La storia ha trasmesso i nomi di alcuni personaggi venerati per la loro saggezza e i loro poteri soprannaturali: uno per tutti, Imhotep, l'architetto del faraone Gioser. Antichit delle pratiche magiche in Egitto Nei testi e nelle opere religiose, la magia si trasform in ancella della religione, e compariva in alcuni brani fianco a fianco delle concezioni spirituali pi elevate, ed certo che lo scopo principale delle cerimonie magiche era quello di beneficiare coloro che avevano raggiunto una conoscenza sufficiente ad utilizzarle. Queste parole potevano essere scritte su papiro o su pietre preziose, e portate indosso dalla persona. Dal momento che quasi tutti quelli che potevano permetterselo portavano un amuleto o un talismano, non c da 10

meravigliarsi se anticamente popolo di maghi e stregoni.

gli

Egiziani

fossero

considerati

un

Dagli Ebrei riceviamo notizie rilevanti sui poteri dei maghi egiziani. Santo Stefano, ad esempio, proclama che Mos fu istruito in tutta la sapienza egiziana e che era energico nei suoi discorsi come nelle sua azioni4. In effetti, ci sono diverse caratteristiche nella vita di questuomo che dimostrano la sua familiarit con molte pratiche della magia egiziana. La frase energico nei suoi discorsi probabilmente significava che egli, come la dea Iside, era forte di lingua, pronunciava le parole magiche che conosceva con dizione esatta, non si arrestava nel discorso ed era perfetto sia nel dare il comando, sia nel dire la parola. La trasformazione di un serpente in quello che apparentemente un bastone di legno inanimato5 e la ritrasformazione del bastone in un serpente che si torce, sono fatti accaduti in Oriente dai tempi pi antichi: il potere di controllare i movimenti di rettili era una delle cose di cui gli Egiziani andavano pi orgogliosi e in cui erano i pi abili gi allepoca della costruzione delle Piramidi. Sia Mos, sia Aronne, come tutti i maghi egiziani, possedevano una verga magica con la quale compivano i loro prodigi. Alla parola pronunciata da Mos, Aronne sollevava la verga e colpiva le acque che si mutavano in sangue, la stendeva verso lacqua e comparivano moltitudini di rane, percuoteva la polvere della terra ed essa si mutava in zanzare, e cos via. E quasi certo che ogni mago egiziano era convinto di poter compiere azioni tanto straordinarie quanto quelle di Mos pronunciando il nome di una delle sue divinit, ma si deve fare una distinzione tra la magia esercitata da Mos, che veniva plasmata dal comando del Dio degli Ebrei, e quella degli Egiziani, foggiata dalle divinit egiziane al comando delluomo. Pi in l nella storia dei rapporti tra Mos e gli Egiziani, troviamo levento dellapertura del mar Rosso. La capacit di comandare alle acque fu rivendicata dai maghi egiziani molto tempo prima dellepoca di Mos, come possiamo notare da uninteressante storia raccontata al re Cheope, svoltasi ai tempi di suo padre Snefru e conservata nel papiro Westcar. Questo documento fu scritto nel primo periodo della XVIII dinastia, ma evidente che le storie in esso conservate risalgono al primo Impero. Un giorno, il re Snefru, sentendosi depresso, si rivolse al sacerdote e scrittore Tchatcha-em-ankh perch trovasse un modo per rallegrarlo. Egli consigli al re di recarsi al lago, di prendere una barca e fare una gita. Il re obbed e port con s anche venti giovani vergini che dovevano cantare e remare per lui. Mentre stava remando, una delle giovani simpigli con i capelli, e uno dei suoi ornamenti cadde e fu sommerso dallacqua; ella smise di remare, e con lei anche le altre. Rivolto alla prima, il re chiese cosa fosse successo, la ragazza raccont laccaduto ed il re promise che avrebbe recuperato il suo ornamento. Ordin allora che Tchatcha-em-ankh fosse condotto da lui affinch risolvesse la situazione. Il sacerdote pronunci alcune parole magiche e, avendo cos fatto in modo che una parte del lago andasse sullaltra, ritrov lornamento e lo diede alla fanciulla. Il mago pronunci poi altre parole magiche e le acque del lago ritornarono comerano prima. Notiamo che il manoscritto della storia risale a prima che vivesse Mos, quindi non c alcuna possibilit di considerarlo una versione 4 Atti, VII, 22 5 Esodo, VII, 10 11

distorta del miracolo delle acque del mar Rosso, anche se non da escludere una qualche correlazione tra i due eventi prodigiosi. Anche il potere di riportare in vita i morti fu rivendicato dai Savi dEgitto alcune migliaia di anni prima di Cristo, come si pu vedere in unaltra storia tratta dal papiro Westcar. Un figlio del re Cheope parlava un giorno con suo padre di argomenti che riguardavano la magia posseduta dagli antichi. In risposta a qualche osservazione di Cheope, gli parl allora di un mago loro contemporaneo, un tale chiamato Teta che sa come attaccare di nuovo al suo corpo una testa che sia stata tagliata; sa come farsi seguire da un leone mentre il suo laccio striscia sul terreno e conosce il numero degli aptet 6 del santuario di Thot. Alle parole di suo figlio, Cheope gli disse di andare e di condurre il saggio alla sua presenza. Herutaf part per il luogo dove abitava il saggio e, giunto alla meta, gli disse che era venuto da molto lontano per portargli un messaggio di Cheope suo padre. Il saggio gli diede cordialmente il benvenuto e predisse che Cheope avrebbe molto innalzato il suo rango. Dopodich Herutaf discese il Nilo con Teta e lo condusse da Cheope, che gli chiese: E vero quello che si dice, che tu sai attaccare di nuovo al suo collo una testa che stata staccata? e il saggio rispose Si, in verit, mio Principe e Signore, so come far ci.. E Cheope disse: Che un prigioniero chiuso nelle galere venga portato a me, s che io possa infliggergli la sua condanna., ma Teta replic: No mio Signore Sovrano, non permettere che questa cosa venga eseguita su di un uomo, bens su di una creatura che faccia parte degli animali sacri. Allora qualcuno condusse unoca ed egli, dopo averle tagliato la testa, poggi il corpo delloca sul lato occidentale del colonnato, e la testa sul lato orientale. Teta allora si alz e pronunci alcune parole magiche, alla qual cosa il corpo incominci a muoversi e la testa fece altrettanto e, ogni volta che si muoveva, luna veniva pi vicina allaltro, fin quando, alla fine, la testa si mise al posto giusto sul collo del volatile che immediatamente cominci a starnazzare. Dopodich Teta si fece portare un uccello ed un bue, per compiere su di loro lo stesso miracolo e provare che possedeva un eguale potere su tutto il mondo animale. Lalchimia Uno dei nomi pi antichi dellEgitto Kamt, parola che significa nero o oscuro, e fu attribuita al paese a causa del colore scuro del fango del Nilo. Gli Egiziani convertiti al cristianesimo, o Copti, tramandarono ai Greci, ai Romani, ai Siriani e agli Arabi la parola sotto forma di Kheme. In tempi molto antichi gli Egiziani erano famosi per la loro abilit nella lavorazione dei metalli e nella capacit di trasformarli. Secondo gli scrittori greci usavano per le loro lavorazioni argento vivo per cui separavano loro e largento dal minerale originale. Da queste operazioni veniva fuori una polvere nera che si credeva possedesse i poteri pi straordinari e contenesse le peculiarit dei vari metalli; in essa si riconosceva misticamente il corpo che Osiride possedeva nellaldil e ad entrambi, al corpo di Osiride e alla polvere, venivano attribuite qualit magiche e si credeva che fossero fonti di vita e di energia. Si svilupp cos in Egitto la credenza che esistessero dei poteri magici nelle fusioni e nelle leghe. Larte di lavorare il metallo e la conoscenza della chimica dei metalli furono descritte con il nome di Khemeia, vale a dire la preparazione del minerale (o polvere) nero. Gli Arabi apposero a questa parola larticolo al, da cui 6 Attualmente impossibile dire cosa fosse laptet, probabilmente un oggetto o uno strumento usato in connessione a qualche attivit magica. 12

abbiamo la parola Al-Khemeia, o Alchimia, che perpetuer la reputazione degli Egiziani di studiosi di successo sia nella magia bianca, sia nella magia nera. Difficolt di comprensione In aggiunta alla loro abilit di artigiani, gli Egiziani erano esperti nella composizione letteraria e nella produzione di libri, soprattutto del tipo riguardante le cerimonie compiute per il benessere dei morti, e sembra certo che essi si guadagnarono la loro reputazione di operatori di miracoli principalmente grazie a queste formule. Una testimonianza di quanto queste iscrizioni, redatte sulle tombe e sui templi, risultassero oscure agli altri popoli, data da una storia che pu chiarire le opinioni che avevano gli Arabi su di esse e sulle immagini delle divinit nei templi, in Egitto. Sembra che quando lesercito del faraone fu sommerso dalle acque del Mar Rosso, le donne e gli schiavi furono presi dal terrore di essere assaliti dai re della Siria e dellOccidente; in tale occasione nominarono loro regina una donna di nome Dalukah, perch era saggia, prudente ed abile nelle arti magiche. La prima azione di Dalukah consistette nel cingere lEgitto con un muro che fece sorvegliare da uomini appostati a brevi distanze luno dallaltro; inoltre, colloc intorno al muro immagini di coccodrilli e di altri animali formidabili. Nel corso del suo regno, durato trentanni, riemp lEgitto dei suoi templi e di simulacri di animali; costru anche immagini di uomini che avevano laspetto degli abitanti dei paesi vicini allEgitto e degli animali che questi cavalcavano. Si dice che, grazie alle sue stregonerie, se un esercito proveniente dallArabia o dalla Siria si fosse messo in cammino per attaccare lEgitto, la regina faceva in modo che i simulacri di quei soldati e degli animali che cavalcavano sparissero sotto terra, e la stessa sorte sarebbe capitata alle creature viventi che essi rappresentavano. In breve, i grandi simulacri degli dei, scolpiti o dipinti sulle pareti, e le iscrizioni di geroglifici che li accompagnavano, venivano considerati da coloro che non potevano n capirli n leggerli, niente di pi di immagini o formule, destinate a servire da talismani. E forse questo il momento ottimale per dare qualche breve delucidazione sulla scrittura geroglifica: la civilt egizia , per eccellenza, una civilt di scrittura, ed il ricordo dellEgitto inevitabilmente associato a pareti di templi e di tombe interamente coperti di iscrizioni e di immagini. Tradotta soltanto dal 1822, grazie alle prime decifrazioni di Champollion sulla Stele di Rosetta, la scrittura geroglifica era confinata, per lo pi, ad un uso monumentale, ed impiegata largamente sulle pareti dei templi. Fu per questa ragione che i greci chiamarono sacri (hiera) i segni incisi (gliphica). La caratteristica principale dei geroglifici che essi sono figurativi, o iconici, e rappresentano esseri o oggetti delluniverso egiziano. Ma questo suo carattere figurativo non deve indurci a credere che si tratti di una scrittura puramente ideografica: i suoi segni si distinguono, al contrario, in fonogrammi (che indicano un suono), ideogrammi (che indicano un oggetto o unidea) e determinativi (che indicano la classe cui un sostantivo appartiene. Per es., la figura di un uomo barbuto indica un essere prestigioso, e cos via.). La riduzione di unimmagine da pura raffigurazione a scrittura geroglifica segue anche alcune regole, rappresentate dal calibro (le proporzioni dei segni, gli uni rispetto agli altri, sono uniformati su un'unica scala; ne consegue, per es., che una giraffa pu avere le stesse dimensioni di un pulcino), dalla densit di disposizione (uniscrizione su un monumento deve occupare tutto lo spazio possibile) e lorientamento (i geroglifici possono essere disposti in entrambe le direzioni: per capire quale sia da seguire occorre 13

guardare i segni che hanno un verso ed andare loro incontro. Non si leggono comunque mai dal basso verso lalto). Gli amuleti Si chiamano amuleti quegli oggetti, ornamenti, articoli di vestiario fatti di diverse sostanze, che venivano usati dagli Egiziani per proteggere il corpo umano, sia di un vivo sia di un morto, da influenze maligne e dagli attacchi dei nemici visibili ed invisibili. La parola amuleto ha una radice araba che significa portare, trasportare, perci amuleto significa qualcosa che viene portato, o indossato. Originariamente, pare che gli amuleti venissero indossati per proteggere il loro proprietario dagli animali feroci e dai serpenti. Con il passare del tempo le idee e le credenze religiose progredirono e, di conseguenza, furono creati nuovi amuleti che rappresentassero queste nuove tendenze. Furono, infatti, i corpi dei morti a divenire dei veri e propri depositi di amuleti: dal momento che la conservazione del corpo perfettamente intatto era di vitale importanza per la vita del corpo spirituale che da esso nasceva, con linfluenza delle nuove credenze ogni membro venne sottoposto alla protezione specifica di qualche amuleto, al fine di evitarne la corruzione. Ne venivano messi a profusione, sotto, sopra e intorno al corpo, e fra le bende con le quali era stato avvolto. Non siamo in grado di dire quando in Egitto si cominci a ricoprire i corpi dei defunti di amuleti, ed ugualmente impossibile dire quando divennero effettive le credenze nellefficacia di questo o quellamuleto; sembra evidente, tuttavia, che certi amuleti rappresentassero credenze e superstizioni cos antiche che persino gli Egiziani nutrivano, talvolta, dubbi sulla loro origine e sul loro significato. Vi sono due tipi di amuleti: quelli su cui vi sono incise formule magiche e quelli su cui non vi sono incisioni. Questo perch, nei tempi pi antichi, venivano recitate formule o preghiere sugli amuleti da parte dei sacerdoti, sennonch, dato che non tutti i destinatari degli amuleti sapevano poi come utilizzarli, in data relativamente antica, quelle stesse formule furono incise. Gli amuleti vennero cos a possedere un doppio potere: quello inerente alla sostanza di cui lamuleto era fatto, e quello delle parole incise su di esso, il cui nome pi antico di cui siamo a conoscenza hekau, o, per lappunto, parole magiche. Per dare unidea di quanto queste hekau fossero necessarie per il morto, si pensi che nel cosiddetto Libro dei Morti fu inserita una sezione speciale7 che aveva lo scopo di fare in modo che gli amuleti ritornassero al morto, da qualunque parte si trovassero, pi rapidi di un levriero e pi veloci della luce. I pi antichi amuleti egiziani conosciuti sono di forme animali o simili, e venivano deposti sul petto del morto; se ne trovano in gran numero sulle tombe preistoriche o pre-dinastiche. Nel periodo successivo le forme di animali furono sostituite da placche di forma rettangolare, su cui sono incise immagini di animali. Anche labitudine di scrivere hekau su papiro antichissima tant che, dalle iscrizioni che si trovano nella piramide di Unis vediamo che un libro con parole di potere magico venne seppellito con lui. Altrove ci viene raccontato che il libro che Teta, che regn in Egitto intorno al 3266 a. C., aveva con s influenzava il cuore degli dei. Non vi quindi dubbio che lo scopo di ogni testo religioso scritto su 7 Libro dei morti, capitolo XXIV, intitolato Il capitolo del portare parole magiche ad Osiride nei mondi sotterranei. 14

una tomba, pietra tombale, amuleto, bara, papiro ecc., era di condurre gli dei in potere del morto, cos che egli potesse obbligarli a compiere la sua volont. Ushabti Se osserviamo le tombe del primo periodo, vediamo dipinte sulle pareti un numero di scene nelle quali il defunto rappresentato mentre fa offerte agli dei e compie cerimonie religiose, ed altre scene in cui viene mostrato mentre dirige i lavori nelle sue tenute e governa la sua casa. LEgiziano credeva e sperava che queste fossero veramente rappresentazioni di quello che avrebbe fatto nel mondo a venire, ed aveva fiducia che le parole delle sue preghiere avrebbero trasformato le immagini in realt, ed i disegni in corpi. Gli Egiziani, per, non avevano alcuna intenzione di continuare le fatiche anche nel mondo delloltretomba, perci fecero di tutto per evitarlo, facendo fare il lavoro per delega. Venne inventata una formula8 che, una volta recitata, si credeva avrebbe dispensato il defunto dalla necessit di fare qualunque lavoro e veniva sepolta con il defunto una figurina che lo raffigurasse, chiamata ushabiti, sulla quale i sacerdoti avevano preventivamente recitato opportune parole magiche che avrebbero fatto in modo che essa svolgesse qualsiasi lavoro fosse stato assegnato al defunto nel regno di Osiride. Pi tardi le parole magiche furono incise sopra limmagine, e pi tardi ancora essa fu ornata con rappresentazioni di cesti di corda, aratri e correggiati; luso degli ushabti continu fino al periodo romano, quando vennero sepolte nelle tombe scatole piene di figurine di porcellana, malformate e senza iscrizioni. Unaltra immagine magica che ritroviamo spesso nelle tombe dobbiamo il cosiddetto Ptah-Seker-Ausar, una figurina di solito fatta in legno, spesso inserita su un sostegno, anchesso in legno, rettangolare. La trinit di Ptah, Seker (Socharis)e Ausar (Osiride) rappresentano il dio dellalba (Ptah), il dio del sole notturno (Socharis) e il dio della resurrezione (Osiride). Il nome di Ptah significa Apritore, e viene di solito riferito al sole come apritore del giorno, mentre il nome Seker significa colui che viene chiuso dentro, cio il sole durante la notte, considerato come temporaneamente sepolto. La vita di un uomo sulla terra veniva identificata con quella del sole: apriva, o incominciava, la sua vita come Ptah e, dopo la morte, veniva anchegli chiuso dentro in un feretro. Ma il sole sorge di nuovo quando la notte finita, con rinnovata forza e vigore, e questo divenne lemblema della nuova vita che gli Egiziani speravano di vivere nelloltretomba. La difficolt consisteva nellottenere la protezione di Ptah, Seker ed Osiride e, per raggiungere questo scopo, veniva modellata una figurina tale da racchiudere in s le caratteristiche principali di queste divinit; essa veniva poi su di un sostegno rettangolare di legno che aveva lo scopo di rappresentare la bara da cui la trinit Ptah-SekerAusar venne fuori. Sulla stessa figurina e ai lati del sostegno venivano poi incise preghiere a favore del defunto, che avrebbero fatto s che la forza e i poteri delle tre divinit si stabilissero nella statuetta. Al fine di rendere il sostegno della figurina il pi simile possibile ad un feretro, una piccola parte del defunto veniva mummificata e messa l dentro: le tre divinit avrebbero protetto e conservato la parte e tutto lintero corpo sarebbe stato protetto, preservato e rivificato. 8 Libro dei Morti, capitolo V 15

Sembra che limmagine della trinit Ptah-Seker-Ausar fosse molto in uso in Egitto durante lultimo periodo, dal momento che ne sono stati trovati molti esemplari; probabile che fossero usati in gran parte dai poveri, presso i quali pare che facessero la funzione delle tombe costose. Immagini magiche La magia egiziana si estendeva anche alle decorazioni funerarie, oltre che alla statuaria. Secondo una credenza molto antica, i morti andavano in una regione chiamata Sekhet-Aaru, dove conducevano una vita non molto diversa da quella sulla terra. Dalle immagini di questo luogo, dipinte sui muri delle tombe della XI dinastia, vediamo che era un luogo circondato da corsi dacqua e da canali, molto simile ad un normale possedimento ben tenuto della zona del Delta. Una finta porta, unimitazione in pietra di una porta vera, rappresentava una sorta di collegamento tra questo e laltro mondo; era accessibile unicamente ai defunti che potevano varcarla per ricevere le offerte sacrificali. Secondo un articolo di fede, infatti, se lanima del defunto non fosse stata opportunamente nutrita sarebbe stato costretta a vagare e a raccogliere sporcizia o qualunque cosa del genere avesse incontrato nel suo cammino. I morti, secondo le credenze egizie, avevano gli stessi bisogni degli esseri umani, di mangiare e di bere: venivano quindi portati pane, vegetali, frutta, pollame e, nei giorni di festa, anche carne. Particolarmente graditi erano anche lincenso per il naso, la birra e lacqua fresca, poich i morti vivevano al margine del deserto. LEgiziano ricco lasciava dietro di s i mezzi per fare le offerte di cui aveva bisogno tramite listituzione di fondazioni per leternit atte a provvedere al mantenimento della sua tomba e dei sacerdoti che se ne occupavano. Ma lesperienza fatta in tempi caotici come i periodi intermedi dimostr che anche le fondazioni eterne sparivano: nacque cos lusanza di dipingere le offerte sacrificali sulle pareti della tomba e di elencarle per iscritto. Il defunto, inoltre, aveva anche il terrore che nel mondo sotterraneo gli dovessero mancare aria ed acqua: per questo motivo che venivano dipinte sul suo papiro delle immagini che lo raffiguravano mentre teneva in mano una vela (simbolo dellaria, del vento e del respiro) e mentre stava nellacqua fino alle caviglie. Dalla letteratura religiosa e da quella profana dEgitto veniamo anche a sapere che gli dei e luomo, nella vita futura, erano in grado di assumere a piacimento laspetto di qualsiasi animale, pianta o cosa vivente essi volessero, e una delle delizie maggiori cui un uomo mirava era proprio il possesso di tale capacit. Questo veniva provato dal fatto che non meno di dodici capitoli del Libro dei Morti sono indirizzati a fornire al defunto le parole magiche la cui recita era necessaria per metterlo in grado di trasformarsi. Fornito di questo potere era in grado di vivere nellacqua, di strisciare e volare, e sotto forma di loto aveva il comando delle piante dei campi. Oltre che negli usi funerari, il potere della magia egiziana si estendeva anche alla vita quotidiana. Abbiamo detto precedentemente che gli Egiziani credevano si potesse trasmettere allimmagine riprodotta di un essere vivente, lanima dellessere che rappresentava, le sue qualit e i suoi attributi. La statua di un dio in un tempio, per esempio, racchiudeva lo spirito della divinit che rappresentava, e gli Egiziani credevano che ogni statua ed ogni immagine fosse posseduta da uno spirito immanente. Quando gli Egiziani convertiti al Cristianesimo si scagliarono contro 16

gli idoli dei pagani dimostrarono di avere questa credenza, poich abbatterono le statue degli dei, sapendo che, una volta ridotte in pezzi, gli spiriti che le abitavano non avrebbero avuto pi alcuna dimora e sarebbero stati privati del loro potere. Ricorderemo che, nei Vangeli Apocrifi, si dice che quando la Vergine Maria e suo figlio arrivarono in Egitto vi fu un sommovimento ed un tremare di tutta la terra, tutti gli idoli caddero gi dal loro piedistallo e si frantumarono. Allora i sacerdoti ed i nobili si recarono da un certo sacerdote a cui un diavolo parlava dallidolo e gli chiesero il significato di quanto accadeva. Questi spieg loro che il figlio del dio segreto e nascosto aveva messo piede in terra dEgitto. I sacerdoti e i nobili seguirono allora ci che questi aveva loro consigliato: di costruire un simulacro di quel dio affinch almeno una parte dello spirito del dio segreto e nascosto venisse a dimorarvi. Uno degli esempi pi antichi delluso di unimmagine magica riportato dal papiro Westcar, dove leggiamo la storia di un evento che ebbe luogo ai tempi della III dinastia: La moglie di un ufficiale del re si era innamorata di uno dei soldati. La donna gli aveva mandato la sua cameriera con un regalo, e sembra che informandolo dei desideri della sua padrona; la cameriera ritorn con lui dalla moglie dellufficiale, e le chiese un appuntamento nella casetta che si trovava nella tenuta del marito di lei, e la signora ordin ad uno dei camerieri di preparare la casa per larrivo suo e del suo amante. Quando tutto fu pronto, ella si rec alla casa, e l rimase a bere e a fare lamore con luomo fino al tramonto; quando venne la sera, egli si alz e scese al fiume dove la cameriera lo lav. Ma il servitore che aveva preparato la casa inform il suo padrone del fatto: lufficiale non diede alcuna risposta alla notizia comunicatagli dal suo servitore, ma gli ordin di portargli certi materiali ed una scatola fatta di ebano e metalli preziosi. Tir fuori dalla scatola della cera e ne fece la figurina di un coccodrillo, quindi, recitando su di essa delle parole magiche, disse: Quando luomo scender per bagnarsi nelle mie acque, tu afferralo. Poi diede il coccodrillo di cera al servitore e gli disse: Quando luomo scender a bagnarsi nellacqua, tu gli getterai dietro il coccodrillo. La moglie venne unaltra volta alla casa con luomo e trascorse qualche ora l con lui, poi, giunta la notte, luomo scese al fiume per lavarsi, come era solito fare. Il servitore gli gett dietro il coccodrillo di cera che immediatamente si trasform in un coccodrillo vivo, che afferr luomo e la trascin gi nellacqua. Oroscopi, previsioni e trasformazioni Gli Egiziani credevano che il destino di un uomo fosse stabilito prima della sua nascita, e che egli non avesse alcuna facolt di modificarlo. La dea del fato o del destino si chiamava Shai, e accompagnava di solito unaltra dea, chiamata Renetet, signora della fortuna. I saggi egiziani sostenevano di essere in grado di prevedere quale potesse essere il destino, ammesso che venissero date loro alcune informazioni, in particolare la data di nascita dalla quale potevano ricavare le posizione dei pianeti e delle stelle in quel momento. La vita di un uomo poteva, infatti, essere felice o infelice a seconda se lora del giorno o il giorno stesso della sua nascita fortunato o sfortunato. Ogni giorno dellanno egiziano veniva diviso in tre parti, ognuna delle quali era, a seconda, o fortunata o sfortunata. Nei papiri magici viene spesso detto di non compiere cerimonie magiche in determinati giorni, con lidea che forze ostili le avrebbero rese inutili, e che divinit pi potenti di quelle cui il postulante si sarebbe rivolto, sarebbero state in posizione di superiorit. Ci sono pervenuti papiri che contengono copie del calendario egiziano: in esso, ogni terzo di ogni giorno dei 360 giorni dellanno viene segnato 17

come sfortunato o fortunato, e sappiamo da altri papiri perch alcuni giorni venissero considerati fausti o infausti, e perch altri lo fossero solo in parte. Dalla vita di Alessandro il Grande veniamo a sapere che gli Egiziani erano abili nellarte di fare oroscopi, e che dal momento esatto della nascita di un uomo riuscivano a costruire il suo schema natale. Luso delloroscopo, tuttavia, risale a molto tempo prima di Alessandro il Grande, poich, ad un oroscopo greco che si trova al British Museum aggiunta una lettera dintroduzione da qualche maestro dellarte dellastrologia a un suo discepolo, in cui lo prega di essere molto preciso e prudente nellapplicare le leggi che gli antichi Egiziani avevano scoperto e che avevano trasmesso ai posteri. Abbiamo cos validi motivi per riconoscere lEgitto come luogo natale degli oroscopi.

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