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LUIGI PIRANDELLO Se Pascoli e DAnnunzio rappresentano, anche se in modi diversi, i nuovi atteggiamenti e le nuove tendenze della borghesia italiana

allinizio del Novecento, Pirandello e Svevo sono i due grandi scrittori dopposizione,cio coloro che dallimperialismo sono riusciti a scorgere le contraddizioni, le inquietudini in una ricerca letteraria che rinnova profondamente le forme del teatro, del romanzo, della novella, in accordo con i nuovi orientamenti della cultura europea. VITA E OPERE Nasce a Caos frazione di Agrigento nel 1867 da Stefano e Caterina Ricci Gramitto, antiborbonici e sostenitori dellunit dItalia. Frequenta luniversit di Palermo e Roma da dove va via in seguito a un battibecco con un docente. A Bonn si laurea nel 1891sugli sviluppi fonetici dei dialetti greco-siculi e vi resta come lettore ditaliano. Nel frattempo aveva gi iniziato la sua produzione letteraria, scrivendo poesie e una tragedia. Lesperienza in Germania fu molto produttiva per lautore poich lo fece entrare in contatto con la cultura tedesca e con gli autori romantici che ebbero profonda influenza sulla sua opera e sulle teorie riguardanti lumorismo. Nel 1893 torna a Roma e conosce Luigi Capuana che lo introduce nellambiente letterario e comincia a collaborare con le grandi riviste del tempo: La nuova antologia, e il Marzocco con saggi critici e componimenti poetici. Nel 1894 si sposa e dal 1897 allIstituto Superiore del Magistero insegna letteratura italiana. Dal 1892, grazie ad un assegno fornitogli dal padre, si stabil a Roma dedicandosi completamente alla letteratura. Nel 1893 spos a Girgenti Maria Antonietta Portulano, dalla quale non si separer mai. Nel 1908 divenne docente di ruolo in un istituto romano. Nel 1903, in seguito allallagamento della zolfara del padre fu colpito da fallimento economico, che ebbe ripercussioni gravi anche sulla salute della moglie, che in seguito al fallimento comincia a dare segni di squilibrio mentale. Il 1903 fu un anno buio per lo scrittore, infatti un allagamento della miniera di zolfo provoc il dissesto economico della famiglia; ci fece aggravare ancora di pi il fragile equilibrio mentale della nuora che ebbe una crisi e sprofond nella follia. La convivenza con la donna(che era ossessiva e gelosa patologicamente) costitu per Pirandello un tormento continuo che pu essere visto come ci che fece scaturire nello scrittore l idea della famiglia come trappola che imprigiona e soffoca luomo. Con la perdita delle rendite mut anche la condizione sociale di Pirandello da agiato borghese a piccolo borghese. Ci non gli imped di continuare la sua intensa attivit di scrittore, che vanno dalle novelle, ai saggi, dai romanzi alle opere teatrali. Tra le pi importanti in ordine cronologico sono: Lumorismo1908; I romanzi: Lesclusa 1901, Il turno 1904, Il fu Mattia Pascal 1904, I vecchi e i giovani, Suo marito1911. Negli anni della guerra il suo interesse si volse al teatro: Cos se vi pare, Pensaci Giacomino!, Liol, Se non cos, Il berretto a sonagli, Il gioco delle parti, Tutto per bene. Egli lavor anche per lindustria cinematografica e nel 1910 ebbe il primo contatto con il mondo teatrale. Negli anni della guerra il figlio si arruol anche con il favore del padre, ma sfortunatamente mor e in conseguenza di questo la malattia della moglie di P. si aggrav ed egli fu costretto a ricoverarla in una casa di cura dove rest fino alla morte. Dal 1920 il teatro di Pirandello conobbe il successo pubblico, la condizione dellautore cambi radicalmente: abbandon la vita sedentaria e piccolo borghese del professore e segu le sue opere teatrali nelle tournes in Europa e America. Lesperienza del Teatro darte fu resa possibile anche dal finanziamento dello Stato, egli infatti si iscrisse al partito del fascismo per avere pi che altro consensi e sovvenzioni economiche. Ben presto per dovette rendersi conto del carattere di vuota esteriorit del regime e pur evitando ogni forma di rottura accentu il distacco. Negli ultimi anni lo scrittore segu particolarmente la pubblicazione organica delle sue opere, in numerosi volumi: le Novelle per un anno e le Maschere nude. Pirandello ebbe fama, dopo la Seconda guerra mondiale, in tutto il mondo con lopera Sei personaggi in cerca dautore1922 a Londra e New York e a Parigi. Le sue opere

teatrali sono portate in giro per il mondo da importanti compagnie e dal 1925-28 dalla Compagnia Teatro dArte che Pirandello fond con Bontempelli, Oriani e Prezzolino. Opere come Luomo dal fiore in bocca, Ciascuno a suo modo, Lazzaro, Questa sera si recita a soggetto, I giganti della montagna,Uno, nessuno,centomila, I quaderni di Serafino Gubbio operatore e altre novelle che saranno raggruppate con il titolo di Novelle per un anno che saranno pubblicate da Mondadori nel 1937-38. Nel 1934 riceve il premio Nobel per la letteratura. Pirandello si ammal di polmonite e mor il 10 dicembre 1936 mentre negli stabilimenti di Cinecitt veniva girato il film de Il fu Mattia Pascal . La visione del mondo >La visione del mondo-il vitalismo, la trappola sociale, il rifiuto della socialit, il relativismo conoscitivo Alla base della visione del mondo pirandelliana vi una concezione vitalistica : la vita un flusso continuo, incandescente indistinto, come lo scorrere di un magma vulcanico. Tutto ci che si stacca da questo flusso e assume una forma in distinta e individuale , si rapprende, si irrigidisce e comincia, secondo Pirandello, a morire. Cos avviene dellidentit personale delluomo. In realt noi non siamo che parte indistinta nelluniversale ed eterno fluire della vita, ma tendiamo a cristallizzarci in forme individuali , a fissarci in una realt che noi stessi ci diamo, in una personalit coerente e unitaria. In realt questa personalit unillusione e scaturisce solo dal sentimento soggettivo che noi abbiamo del mondo , che proietta intorno a noi come un cerchio di luce e ci separa fittiziamente dal resto della vita, che resta al buio. Noi crediamo di essere uno per noi stessi e per gli altri, mentre siamo tanti individui diversi, a seconda della visione di chi ci guarda. Ciascuna di queste forme una costruzione fittizia, una maschera che noi stessi ci imponiamo e che ci impone il contesto sociale. Sotto questa maschera non c un volto definito, immutabile: non c nessuno, o meglio vi un fluire indistinto e incoerente di stati in perenne trasformazione , per cui un istante pi tardi non siamo quelli che eravamo prima. Queste forme sono sentite come una trappola come un carcere in cui lindividuo si dibatte, lottando invano per liberarsi. Pirandello ha un senso acutissimo della crudelt che domina i rapporti sociali, al di sotto della civilt e delle buone maniere. La societ gli appare come unenorme pupazzata, una costruzione artificiosa e fittizia che isola irreparabilmente luomo dalla vita, lo impoverisce e lo irrigidisce , lo conduce alla morte interiore anche se egli apparentemente continua a vivere. Anche se la sua vita si svolge lungo i binari del perbenismo esteriore, Pirandello nel suo fondo un anarchico, un ribelle insofferente dei legami della societ contro cui si scaglia la sua critica impietosa e corrosiva. Il rifiuto della vita sociale d luogo nellopera pirandelliana ad una figura ricorrente, emblematica: il forestiere della vita, colui che ha capito il giuoco, ha preso coscienza del carattere del tutto fittizio del meccanismo sociale e si esclude, si isola, guardando vivere gli altri dallesterno della vita e dallalto della sua consapevolezza. Caratteristico della visione pirandelliana un radicale relativismo conoscitivo, ovvero : ognuno ha la sua verit, che nasce dal suo modo soggettivo di vedere le cose. Ne deriva uninevitabile incomunicabilit fra gli uomini, essa accresce il senso di solitudine dellindividuo che si scopre nessuno, mette ulteriormente in crisi la possibilit di rapporti sociali e contribuisce a svelarne il carattere convenzionale e fittizio. LA POETICA >I temi della poetica pirandelliana si possono ridurre a quattro: 1)Quello strettamente legato ai rapporti storico - sociali e culturali che possiamo considerare il tratto distintivo di Pirandello :Il contrasto tra illusione e realt, in cui lillusione uguale a inganno o a un ideale irrealizzabile la realt meschina e avvilente

inadeguata alla speranza. Da qui il sentimento dello scacco, dellimpotenza, dellinettitudine. 2)Quello che il poeta stesso chiama Sentimento del contrario,cio lintervento del momento critico della riflessione non per ridimensionare ed equilibrare la piena dei sentimenti, ma al contrario, per vanificare ogni possibile illusione mettendo sempre in luce il suo contrario. 3) Il sentimento della casualit,cio limprevedibilit,relativit delle vicende umane, naturale conseguenza degli altri due sentimenti. 4) Il suo atteggiamento antiretorico, la ricerca di una letteratura di cose e non di parole, il rifiuto di ogni sperimentazione linguistica e la ricerca di una lingua comune, comprensibile al pubblico medio cui si rivolge. Nel saggio Lumorismo, si trova racchiusa la poetica pirandelliana. Il Nostro, per farci capire cosa intende per sentimento del contrario fa ricorso allesempio della vecchia signora parata da pappagallo: Una signora che si veste con abiti colorati e vistosi perch vuole attirare lattenzione del marito, pi giovane di lei.Nel vederla conciata in quel modo si avverte il sentimento del contrario, cio unimpressione comica che la signora suscita in chi la vede. Ma un giudizio superficiale perch, dice Pirandello, se io faccio la riflessione che magari la signora non contenta di agghindarsi in quel modo, e che forse soffre e pietosamente e singanna pensando di trattenere a s il marito pi giovane di lei , tale riflessione, mi fa andare oltre quel primo avvertimento del contrario per giungere al sentimento del contrario o umorismo. Ci vale a dire che le cose e gli uomini non sono mai cos come appaiono, ma c sempre il rovescio della medaglia. LA FORMA E LA VITA Ci che noi conosciamo di noi stessi secondo Pirandello una piccolissima parte di quello che siamo in realt. Percezioni ragionamenti, stati di coscienza che noi mai pensavamo di poter avere, far vivere li troviamo invece in certi nostri atteggiamenti. Certi ideali, tendenze che noi pensavamo tramontati ininfluenti nelle nostre azioni, affetti, atti forse persistono ancora in noi inconsapevoli di possederli. A questo proposito lesempio dellalto funzionario che si crede ,ed , poveretto, un galantuomo. Domina in lui lanima morale cio sa bene cos il male e cos il bene. Un giorno per lanima immorale, istintiva bestiale, che per Pirandello sta acquattato nellanimo di ogni uomo fa si che il galantuomo rubi. Egli stesso meravigliato dal suo gesto, stupito, piange, si dispera e domanda a se stesso: come, come ho potuto fare questo? Oppure, laltro uomo dabbene che ammazza. Lanima istintiva passionale, che prevale su quella morale lasciata libera a se stessa arriva al furto e al delitto. La vita , dice Pirandello un flusso che noi cerchiamo darrestare, fissare in forme stabili e determinate,dentro e fuori, perch noi gi siamo forme fissate, forme che si muovono in mezzo ad altre immobili, che seguono il flusso della vita fino a che il movimento viene piano piano a cessare. Le forme in cui noi cerchiamo darrestare, di fissare in noi questo flusso continuo, sono concetti, sono ideali a cui vorremmo essere coerenti, le funzioni che ci creiamo, le condizioni, lo stato in cui tendiamo a stabilirci. Questa condizione per una tortura. Spesso allo specchio ci domandiamo perch dobbiamo essere cos con questa faccia, con questo corpo?Alziamo la mano e questa ci resta in sospeso. Ci pare strano che labbiamo fatto noi. Ci vediamo vivere.(dallUmorismo) Il pessimismo di P. di fronte alle possibilit che luomo ha di conoscere se stesso e la realt e persino di comunicare con gli altri, sono i problemi che hanno travagliato il suo spirito. La realt un flusso continuo, un divenire incessante che manifesta sempre forme nuove e nuovi modi di essere. La consapevolezza che ogni cosa muta intorno a s e dentro di s costituisce per luomo la sua condanna per il fatto che mentre gli altri animali vivono senza sentirsi vivere mentre luomo si vede vivere. Per ci luomo vuole dare consistenza alla propria individualit e attribuire un valore oggettivo alla sua conoscenza del mondo, cercando di fissare stabilmente in forme il flusso della vita.

Queste forme sono i concetti, gli ideali, le funzioni, i valori e ogni costruzione della mente. Con laiuto della logica macchinetta infernale che la natura volle regalargli aggiustandogliela dentro , luomo tende a fissare ci che mobile, mutabile, fluido; tende a dare un valore assoluto a ci che relativo. In questa visione della vita, dove la consapevolezza della casualit, imprevedibilit, relativit delle vicende umane, genera inquietudini o maschera le illusioni d luogo a un sentimento di scacco e di impotenza sono riflesse le ragioni storiche(politiche, sociali, culturali, psicologiche) di una crisi profonda, che si sviluppa in Italia alla fine dellOttocento e ai primi del Novecento. Questa concezione relativistica si giustifica con una visione del mondo che caratterizza la cultura occidentale con quella sua tendenza progressiva a staccarsi dal dogma, dalle certezze e da tutti gli assoluti della metafisica, etica ed epistemologica. In questa prospettiva si muove anche la tendenza letteraria con lelaborazione di nuove forme narrative e di rappresentazione della realt, come il romanzo: Questa concezione relativistica la ritroviamo in tutte le opere pirandelliane e divengono tematiche fondamentali: il frantumarsi dellIo in molteplici aspetti, la sconcertante oscillazione tra ci che e ci che appare, tra due o pi verit, tra le ragioni degli uni e le ragioni degli altri e un esempio pu essere la novella Il treno ha fischiatoin cui linterpretazione di un fatto(il comportamento di Belluca) analizzata e considerata relativamente attraverso il variare del punto di vista da cui lo si considera ( I colleghi dellufficio, il narratore testimone,Belluca stesso) Il fischio del treno limprevisto che sconvolge la vita di Belluca piccolo impiegato che dopo ci si ribella. Questa ribellione ci porta ad avvertire il contrario, appare manifestazione di pazzia, poi attraverso la riflessione i punti di vista il lettore arriva al sentimento del contrario.

LA CONCEZIONE DELLARTE Sempre nel saggio sullUmorismo, nellultimo paragrafo, considera il fatto che tutte le concezioni artistiche si ispirano a modelli e ideali collaudati, che come ogni altra costruzione della nostra mente si rivelano illusori e astratti perch tendono a fissare la mobilit della vita, a ridurre a uno i mille volti della personalit. Lartista fissa la statua in un gesto nella realt senza tenere conto che nella realt vi sono azioni che mettono in rilievo particolari,vicende fatti. Gli scrittori non si curano di questi particolari vicende e fatti che considera privi di valore, inutili e trascurabili. Ne fa tesoro lumorista che riesce a cogliere e ricerca i particolari pi intimi, minuti che possono essere considerati volgari e triviali se confrontati con lideale dellarte. Lumorista fonda la sua arte sulla ricerca dei contrasti e delle contraddizioni in opposizione alla coerenza cercata da altri, da qui tutto lo scomposto, lo slegato, il capriccioso e le digressioni che si notano nellopera umoristica in opposizione alla coerenza, alla composizione dellopera darte in genere. Coerente con i punti della sua poetica P. porta avanti unidea della narrazione e della rappresentazione drammatica, attraverso la sperimentazione ininterrotta di forme diversificate. Egli non ha e non da un modello congeniale, le sue opere sono intercomunicabili tra loro. Per lui importante la tecnica nella composizione dellopera letteraria e in uno dei suoi Foglietti afferma che lartista deve appropriarsi del linguaggio tecnico dellarte perch a ogni arte corrisponde una scienza che bisogna conoscere, un insieme di procedimenti da impiegare ed esperienze da fare. Il lettore con P. ha modo di partecipare in modo creativo quando nel leggere unopera non pu non riconoscerne la tecnica narrativa ed analizzarne il contenuto in modo critico.

Da questanalisi lOttocento superato sia nei contenuti che nelle forme. Nelle forme perch larte umoristica fondata sul sentimento del contrario con il quale cose, personaggi, oggetti, sono deformati cosi larte del Novecento. Nei contenuti perch il contrasto fra l'ideale e il reale, fra illusione e la vita, fra il volto e la maschera non pi ancorato a nessuna certezza sia pure di totale pessimismo-come avveniva nellOttocento- ma da luogo al sentimento dello scacco, dellimpotenza, alimenta una sensazione di casualit, imprevedibilit, relativit delle vicende umane, si nutre dinquietudini nascoste nei recessi pi remoti dellanima umana nei quali larte ottocentesca non sapeva e non voleva affondare il suo scandaglio. Per questo il Novecento non ha segreti per il Nostro e anche se con limiti teorici tutte le produzioni pirandelliane in sintonia con le scoperte fondamentali delle scienze della filosofia e della psicologia contemporanea. Egli sa della condizione alienata delluomo moderno della mancanza di tessuto sociale organico che lo sostenga e lo colleghi ad altri uomini del dominio sulluomo delle cose che sono estranee alla sua volont Lumorismo Dalla visione complessiva del mondo scaturiscono anche la concezione dellarte e la poetica di Pirandello. Possiamo trovarle enuniciate in vari saggi, fra cui il pi importante e famoso detto : Lumorismo, del 1908. Secondo Pirandello nellopera umoristica la riflessione non si nasconde non una forma di sentimento, ma si pone davanti ad esso come un giudice che analizza e scompone il fatto. Da qui nasce il sentimento del contrario , che il tratto caratteristico dellumorismo per Pirandello. La riflessione nellarte umoristica coglie cos il carattere molteplice e contraddittorio della realt, permette di vederla da diverse prospettive contemporaneamente. Se coglie il ridicolo di una persona , di un fatto, ne individua anche il fondo dolente e viceversa. In una realt vasta e multiforme il tragico e il comico vanno di pari passo e sono luno lombra dellaltro. Lumorismo per Pirandello anche lunico modo per poter contrastare la finzione delle forme che ognuno di noi si imposto. LA VITA E LA FORMA La vita secondo Pirandello un flusso continuo, incandescente ed indistinto che non pu essere incatenato ed imprigionato. Luomo travolto da questo flusso e perci vorrebbe capirlo e comprenderlo al meglio ma per poterlo capire dovrebbe staccarsi per un momento da esso (e quindi dalla vita) e, in un certo senso guardarsi vivere; egli dovrebbe riuscire a guardare il suo modo di vivere dallesterno per poterlo analizzare. Provandoci luomo riesce a cogliere solo aspetti parziali del flusso e in ogni caso questi aspetti che riesce a cogliere risultano falsi. Riporto un passo del romanzo Uno, nesuno e centomila per chiarire il concetto: Non volevo gi come un commediante studiar le mie mosse, compormi la faccia all'espressione dei vari sentimenti e moti dell'animo; al contrario: volevo sorprendermi nella naturalezza dei miei atti, nelle subitanee alterazioni del volto per ogni moto dell'animo ()Ma, prima di tutto, quella maraviglia, quel cordoglio, quella rabbia erano finte, e non potevano esser vere, perch, se vere, non avrei potuto vederle, ch subito sarebbero cessate per il solo fatto ch'io le vedevo; in secondo luogo, le maraviglie da cui potevo esser preso erano tante e diversissime, e imprevedibili anche le espressioni, senza fine variabili anche secondo i momenti e le condizioni del mio animo; e cosi per tutti i cordogli e cosi per tutte le rabbie. Al concetto di flusso si aggiunge quello di forma ovvero la costruzione e la maschera che ognuno di noi si crea per poter vivere nella societ, questa forma reprime il flusso (che la vita) e impedisce di poter vivere liberamente. La forma comprende tutti i riti, le istituzioni e le convenzioni sociali che luomo si impone di rispettare, compresi gli ideali le leggi e la vita nella societ. La forma pu essere smascherata dallumorismo che ne denuncia i meccanismi e ne mette in luce lartificiosit e linnaturalezza.

La forma porta come diretta conseguenza la trasformazione da persona a personaggio, ovvero un individuo che indossa una maschera da lui stesso costruita (queste maschere non sono altre che il ruolo che ognuno di noi sceglie di interpretare nella vita). La maschera porta lindividuo ad avere una determinata opinione di s e, quindi, a riuscire ad occupare e interpretare serenamente il suo ruolo allinterno della societ; questo sistema entra per in crisi quando qualcun altro non ci riconosce in quel ruolo e ci porta cos ad una frantumazione dellio e a non sapere pi chi siamo. Ed ecco che ci sentiamo uno, nessuno e centomila. Il fu Mattia Pascal Il terzo romanzo di Pirandello (Il fu Mattia Pascal ) presenta novit in campo stilistico e narrativo, esso infatti narrato direttamente dal protagonista che ha lasciato un memoriale delle sue vicende e i fatti vengono raccontati come se fossero intrapresi per la prima volta proprio dal protagonista. Anche qui presente la trappola della forma e della vita sociale. Mattia Pascal ha una forma, ha una famiglia e un lavoro, ma il caso lo fa uscire dalla forma Mattia Pascal per entrare nella forma di Adriano Meis (il suo alter ego). Adriano si accorge che la sua forma non migliore della prima e vorrebbe tornare ad essere Mattia, ma questo non pu accadere perch il passare del tempo proibisce di rientrare nella stessa forma. Il secondo tema principale la famiglia, che pu essere vista come una prigione da cui evadere, come la convivenza con la moglie e la suocera. Il tema centrale dell'opera quello della perdita dell'identit che Mattia prima perde e poi ottiene di nuovo. L'identit qualcosa di importante che ogni individuo deve preservare per far s che il suo ricordo rimanga per sempre. Pascal sempre in cerca dell'identit ma non riesce mai a trovarla. >Trama Il protagonista, Mattia Pascal, si trova costretto a ricostruirsi un'identit perch, dopo la sua presunta morte, deve crearsi un personaggio tutto nuovo inventandogli un passato e perci si trova a vivere in una situazione alquanto strana. Un uomo e due vite. La prima parte del romanzo e' molto narrativa; racconta della sua giovent trascorsa nell'ozio e nell'agiatezza pi sfrenata senza curarsi minimamente della sua situazione finanziaria, poich sua madre aveva preso la decisione di far amministrare tutto il patrimonio lasciatole dal marito, morto in seguito ad un naufragio, ad un certo Malagna, che si era offerto volontariamente di aiutare la vedova Pascal nella gestione del patrimonio, ma che in realt aveva come unico fine quello di frodare la famiglia e di speculare sull'eredit. Mattia Pascal narra delle sue prime avventure amorose, dapprima con Oliva, da cui avr un figlio, ma che non sposer mai, perch gi fidanzata con il Malagna, ed in seguito con Romilda Pescatore, la ragazza che inizialmente Mattia voleva far fidanzare col suo amico Pomino, ma che poi sposer in seguito ad un fidanzamento e da cui avr due figli che moriranno pochi mesi dopo. Questo matrimonio non fu altro che la rovina sia economica sia psicologica di Mattia, perch causo' una serie di disagi, grazie soprattutto alla suocera, la ved. Pescatore, (che era contraria al matrimonio tra i due) che lo condurranno al punto di fuggire da casa. Dovette abbandonare il posto di bibliotecario fattogli assegnare dal padre di Pomino, che gli aveva dato modo di guadagnarsi da vivere. Infatti Pascal era un classico incompetente neanche tanto istruito e perci era molto difficoltoso per lui trovare un lavoro, soprattutto per i problemi finanziari in cui si trovava. Dopo la sua scomparsa, si reco' a Montecarlo dove la fortuna l'assisti' e gli fece vincere al casino' oltre ottantamila lire, ma nel frattempo vicino al canale all'interno del suo podere della Stia venne trovato il cadavere di un uomo che gli somigliava perfettamente e che tutti identificarono come Mattia Pascal. Mentre tornava a casa, sul treno, mentre leggeva un giornale, trova il necrologio con scritto il suo nome e questo fatto sconvolge radicalmente la sua esistenza. Infatti dapprima decide di rientrare a Miragno, la sua citt, per smentire la notizia, ma poi si rende conto che non e' il caso di tornare a casa

per farsi defraudare dai suoi creditori e tornare alla monotona vita di sempre, perci prende la decisione di cambiare vita. E' proprio quest'evento la scintilla che fa nascere, o forse emergere, il suo desiderio di libert suprema che lo far vivere per oltre due anni viaggiando senza meta, costretto ad inventarsi una nuova identit e una nuova vita per paura di ridar vita ad una persona ormai creduta morta. Infatti nel costruire il personaggio di Adriano Meis deve tener conto di tanti particolari in modo da non destare alcun sospetto riguardo la sua vera identit. Dopo aver viaggiato per molte citt decide di stabilirsi a Roma dove trova alloggio in casa del Sig. Anselmo Paleari, un anziano borghese squattrinato ormai solo accecato dalla fissazione dell'occulto e dal mondo della magia. In casa vive anche un'ex pianista, la signorina Caporale, zitella ossessionata dalla sua bruttezza e dalla mancanza di un uomo. Il Paleari tiene in casa con se la figlia Adriana che accudisce alla casa e si prende cura sia della caporale che di Adriano Meis, soprattutto nel periodo della convalescenza. Infatti Mattia Pascal era strabico per via della cateratta e fu questo un particolare che gli fece pensare di cancellare definitivamente la sua vecchia personalit facendosi operare e cambiando cosi' il suo aspetto che non gli era mai piaciuto. Col passare dei mesi il protagonista s'innamora di Adriana e giunge fino quasi al punto di decidere di sposarla, ma una serie di problemi alla fine gli fanno cambiare idea in modo del tutto inaspettato. Infatti Adriano non avrebbe mai potuto sposarla perch in realt era un altro, Mattia Pascal, che era a sua volta sposato con Romilda Pescatore. Tuttavia, in seguito ad un furto operato dal fratello del Paleari, Adriano Meis decide di tornare a Miragno per riprendersi la sua vera identit che aveva perso non a causa della sua presunta morte, ma solamente per sua volont. Il cambio di identit gli ha creato molti problemi: nel caso in cui avesse avuto bisogno di enti pubblici, lui risultava essere morto. Si reso conto che solo Romilda e la madre si sono liberate di lui e non il contrario, perch si sente in prigione e non pu entrare in relazioni strette di amicizia con nessuno per non svelare la sua vera identit. Lascia quindi un biglietto d'addio su un ponte firmato Adriano Meis, in modo da far credere di essersi suicidato; il giorno seguente i giornali annunciarono la morte di Adriano Meis. Prima di giungere al suo paese passa a trovare il fratello Berto, che alla vista rimane esterrefatto. E' proprio qui che viene a conoscenza del matrimonio di Romilda con Pomino e perci decide di rovinare tutto riprendendosi sua moglie. Tornato a Miragno e giunto in casa di Pomino trova addirittura una bambina, figlia dei due coniugi ed e' questa la ragione per cui Mattia infine decide di non riprendersi Romilda. Lo sgomento che suscita la ricomparsa di Mattia e' notevole tanto da mettere in agitazione Pomino, Romilda e la vedova Pescatore,che non lo sopportava Nonostante la lunga litigata con questi, Mattia decide alla fine di riprendersi la sua vera identit, ma di non rovinare il matrimonio dei due e perci si reca a farsi riconoscere dai concittadini, in particolar modo da don Eligio, e va a vivere insieme alla zia Scolastica. La frase conclusiva del libro: "Io sono il fu Mattia Pascal" significa che ritornato ad essere ci che era. Il treno ha fischiato_Novella Belluca, in un certo momento della sua frustrante vita, non riesce pi a contenere il flusso nella forma e questo sfocia un giorno nella pazzia (rappresentata dal fischio del treno). La differenza con gli altri personaggi pirandelliani che lui non cerca di crearsi un'altra vita come Mattia Pascal in Il fu Mattia Pascal o si ribella continuamente con tutte le regole della societ come fece Moscarda in Uno, nessuno e centomila, ma ritorna semplicemente a condurre la sua vita nello stesso modo di prima, e riesce ad evadere dalla forma che si costruito con la fantasia, sognando posti esotici e viaggi in terre lontane. TESTO

Farneticava. Principio di febbre cerebrale, avevano detto i medici; e lo ripetevano tutti i compagni d'ufficio, che ritornavano a due, a tre, dall'ospizio, ov'erano stati a visitarlo. Pareva provassero un gusto particolare a darne l'annunzio coi termini scientifici, appresi or ora dai medici, a qualche collega ritardatario che incontravano per via: Frenesia, frenesia. Encefalite. Infiammazione della membrana. Febbre cerebrale . E volevan sembrare afflitti; ma erano in fondo cos contenti, anche per quel dovere compiuto; nella pienezza della salute, usciti da quel triste ospizio al gajo azzurro della mattinata invernale. Morr? Impazzir? Mah! Morire, pare di no... Ma che dice? che dice? Sempre la stessa cosa. Farnetica... Povero Belluca! *E a nessuno passava per il capo che, date le specialissime condizioni in cui quell'infelice viveva da tant'anni, il suo caso poteva anche essere naturalissimo; e che tutto ci che Belluca diceva e che pareva a tutti delirio, sintomo della frenesia, poteva anche essere la spiegazione pi semplice di quel suo naturalissimo caso. Veramente, il fatto che Belluca, la sera avanti, s'era fieramente ribellato al suo capo ufficio, e che poi, all'aspra riprensione di questo, per poco non gli s'era scagliato addosso, dava un serio argomento alla supposizione che si trattasse d'una vera e propria alienazione mentale. Perch uomo pi mansueto e sottomesso, pi metodico e paziente di Belluca non si sarebbe potuto immaginare. Circoscritto... s, chi l'aveva definito cos? Uno dei suoi compagni d'ufficio. Circoscritto, povero Belluca, entro i limiti angustissimi della sua arida mansione di computista, senz'altra memoria che non fosse di partite aperte, di partite semplici o doppie o di storno, e di defalchi e prelevamenti e impostazioni; note, libri mastri, partitarii, stracciafogli e via dicendo. Casellario ambulante: o piuttosto, vecchio somaro, che tirava zitto zitto, sempre d'un passo, sempre per la stessa strada la carretta, con tanto di paraocchi. Orbene, cento volte questo vecchio somaro era stato frustato, fustigato senza piet, cosi per ridere, per il gusto di vedere se si riusciva a farlo imbizzire un po', a fargli almeno drizzare un po' le orecchie abbattute, se non a dar segno che volesse levare un piede per sparar qualche calcio. Niente! S'era prese le frustate ingiuste e le crudeli punture in santa pace, sempre, senza neppur fiatare, come se gli toccassero, o meglio, come se non le sentisse pi, avvezzo com'era da anni e anni alle continue solenni bastonature della sorte. Inconcepibile, dunque, veramente, quella ribellione in lui, se non come effetto d'una improvvisa alienazione mentale. Tanto pi che, la sera avanti, proprio gli toccava la riprensione; proprio aveva il diritto di fargliela, il capo ufficio. Gi s'era presentato, la mattina, con un'aria insolita, nuova; e cosa veramente enorme, paragonabile, che so? al crollo d'una montagna era venuto con pi di mezz'ora di ritardo. Pareva che il viso, tutt'a un tratto, gli si fosse allargato. Pareva che i paraocchi gli fossero tutt'a un tratto caduti, e gli si fosse scoperto, spalancato d'improvviso all'intorno lo spettacolo della vita. Pareva che gli orecchi tutt'a un tratto gli si fossero sturati e percepissero per la prima volta voci, suoni non avvertiti mai. Cos ilare, d'una ilarit vaga e piena di stordimento, s'era presentato all'ufficio. E, tutto il giorno, non aveva combinato niente. La sera, il capo ufficio, entrando nella stanza di lui, esaminati i registri, le carte: E come mai? Che hai combinato tutt'oggi?

Belluca lo aveva guardato sorridente, quasi con un'aria d'impudenza, aprendo le mani. Che significa? aveva allora esclamato il capo ufficio, accostandoglisi e prendendolo per una spalla e scrollandolo. Oh, Belluca! Niente, aveva risposto Belluca, sempre con quel sorriso tra d'impudenza e d'imbecillit su le labbra. Il treno, signor Cavaliere. Il treno? Che treno? - Ha fischiato. Ma che diavolo dici? Stanotte, signor Cavaliere. Ha fischiato. L'ho sentito fischiare... Il treno? Sissignore. E se sapesse dove sono arrivato! In Siberia... oppure oppure... nelle foreste del Congo... Si fa in un attimo, signor Cavaliere! Gli altri impiegati, alle grida del capo ufficio imbestialito, erano entrati nella stanza e, sentendo parlare cos Belluca, gi risate da pazzi. Allora il capo ufficio che quella sera doveva essere il malumore urtato da quelle risate, era montato su tutte le furie e aveva malmenato la mansueta vittima di tanti suoi scherzi crudeli. Se non che, questa volta, la vittima, con stupore e quasi con terrore di tutti, s'era ribellata, aveva inveito, gridando sempre quella stramberia del treno che aveva fischiato, e che, perdio, ora non pi, ora ch'egli aveva sentito fischiare il treno, non poteva pi, non voleva pi esser trattato a quel modo. Lo avevano a viva forza preso, imbracato e trascinato all'ospizio dei matti. Seguitava ancora, qua, a parlare di quel treno. Ne imitava il fischio. Oh, un fischio assai lamentoso, come lontano, nella notte; accorato. E, subito dopo, soggiungeva: Si parte, si parte... Signori, per dove? per dove? E guardava tutti con occhi che non erano pi i suoi. Quegli occhi, di solito cupi, senza lustro, aggrottati, ora gli ridevano lucidissimi, come quelli d'un bambino o d'un uomo felice; e frasi senza costrutto gli uscivano dalle labbra. Cose inaudite; espressioni poetiche, immaginose, bislacche, che tanto pi stupivano, in quanto non si poteva in alcun modo spiegare come, per qual prodigio, fiorissero in bocca a lui, cio a uno che finora non s'era mai occupato d'altro che di cifre e registri e cataloghi, rimanendo come cieco e sordo alla vita: macchinetta di computisteria. Ora parlava di azzurre fronti di montagne nevose, levate al cielo; parlava di viscidi cetacei che, voluminosi, sul fondo dei mari, con la coda facevan la virgola. Cose, ripeto, inaudite.Chi venne a riferirmele insieme con la notizia dell'improvvisa alienazione mentale rimase per sconcertato, non notando in me, non che meraviglia, ma neppur una lieve sorpresa. Difatti io accolsi in silenzio la notizia. E il mio silenzio era pieno di dolore. Tentennai il capo, con gli angoli della bocca contratti in gi, amaramente, e dissi: Belluca, signori, non impazzito. State sicuri che non impazzito. Qualche cosa dev'essergli accaduta; ma naturalissima. Nessuno se la pu spiegare, perch nessuno sa bene come quest'uomo ha vissuto finora. Io che lo so, son sicuro che mi spiegher tutto naturalissimamente, appena l'avr veduto e avr parlato con lui.Cammin facendo verso l'ospizio ove il poverino era stato ricoverato, seguitai a riflettere per conto mio: "A un uomo che viva come Belluca finora ha vissuto, cio una vita "impossibile", la cosa pi ovvia, I'incidente pi comune, un qualunque lievissimo inciampo impreveduto, che so io, d'un ciottolo per via, possono produrre effetti straordinarii, di cui nessuno si pu dar la spiegazione, se non pensa appunto che la vita di quell'uomo "impossibile". Bisogna condurre la spiegazione l, riattaccandola a quelle condizioni di vita impossibili, ed essa apparir allora semplice e chiara. Chi veda soltanto una coda, facendo astrazione dal mostro a cui essa appartiene, potr stimarla per se stessa mostruosa. Bisogner riattaccarla al mostro; e allora non sembrer pi tale; ma quale dev'essere, appartenendo a quel mostro. Una coda naturalissima. ''Non avevo veduto mai un uomo vivere come Belluca.

Ero suo vicino di casa, e non io soltanto, ma tutti gli altri inquilini della casa si domandavano con me come mai quell'uomo potesse resistere in quelle condizioni di vita. Aveva con s tre cieche, la moglie, la suocera e la sorella della suocera: queste due, vecchissime, per cataratta; I'altra, la moglie, senza cataratta, cieca fissa; palpebre murate. Tutt'e tre volevano esser servite. Strillavano dalla mattina alla sera perch nessuno le serviva. Le due figliuole vedove, raccolte in casa dopo la morte dei mariti, l'una con quattro, l'altra con tre figliuoli, non avevano mai n tempo n voglia da badare ad esse; se mai, porgevano qualche ajuto alla madre soltanto. Con lo scarso provento del suo impieguccio di computista poteva Belluca dar da mangiare a tutte quelle bocche? Si procurava altro lavoro per la sera, in casa: carte da ricopiare. E ricopiava tra gli strilli indiavolati di quelle cinque donne e di quei sette ragazzi finch essi, tutt'e dodici, non trovavan posto nei tre soli letti della casa. Letti ampii, matrimoniali; ma tre. Zuffe furibonde, inseguimenti, mobili rovesciati, stoviglie rotte, pianti, urli, tonfi, perch qualcuno dei ragazzi, al bujo, scappava e andava a cacciarsi fra le tre vecchie cieche, che dormivano in un letto a parte, e che ogni sera litigavano anch'esse tra loro, perch nessuna delle tre voleva stare in mezzo e si ribellava quando veniva la sua volta. Alla fine, si faceva silenzio, e Belluca seguitava a ricopiare fino a tarda notte, finch la penna non gli cadeva di mano e gli occhi non gli si chiudevano da s. Andava allora a buttarsi, spesso vestito, su un divanaccio sgangherato, e subito sprofondava in un sonno di piombo, da cui ogni mattina si levava a stento, pi intontito che mai.Ebbene, signori: a Belluca, in queste condizioni, era accaduto un fatto naturalissimo. Quando andai a trovarlo all'ospizio, me lo raccont lui stesso, per filo e per segno. Era, s, ancora esaltato un po', ma naturalissimamente, per ci che gli era accaduto. Rideva dei medici e degli infermieri e di tutti i suoi colleghi, che lo credevano impazzito. Magari! diceva Magari! Signori, Belluca, s'era dimenticato da tanti e tanti anni ma proprio dimenticato che il mondo esisteva. Assorto nel continuo tormento di quella sua sciagurata esistenza, assorto tutto il giorno nei conti del suo ufficio, senza mai un momento di respiro, come una bestia bendata, aggiogata alla stanga d'una nria o d'un molino, sissignori, s'era dimenticato da anni e anni ma proprio dimenticato che il mondo esisteva. Due sere avanti, buttandosi a dormire stremato su quel divanaccio, forse per l'eccessiva stanchezza, insolitamente, non gli era riuscito d'addormentarsi subito. E, d'improvviso, nel silenzio profondo della notte, aveva sentito, da lontano, fischiare un treno. Gli era parso che gli orecchi, dopo tant'anni, chi sa come, d'improvviso gli si fossero sturati. Il fischio di quel treno gli aveva squarciato e portato via d'un tratto la miseria di tutte quelle sue orribili angustie, e quasi da un sepolcro scoperchiato s'era ritrovato a spaziare anelante nel vuoto arioso del mondo che gli si spalancava enorme tutt'intorno. S'era tenuto istintivamente alle coperte che ogni sera si buttava addosso, ed era corso col pensiero dietro a quel treno che s'allontanava nella notte. C'era, ah! c'era, fuori di quella casa orrenda, fuori di tutti i suoi tormenti, c'era il mondo, tanto, tanto mondo lontano, a cui quel treno s'avviava... Firenze, Bologna, Torino, Venezia... tante citt, in cui egli da giovine era stato e che ancora, certo, in quella notte sfavillavano di luci sulla terra. S, sapeva la vita che vi si viveva! La vita che un tempo vi aveva vissuto anche lui! E seguitava, quella vita; aveva sempre seguitato, mentr'egli qua, come una bestia bendata, girava la stanga del molino. Non ci aveva pensato pi! Il mondo s'era chiuso per lui, nel tormento della sua casa, nell'arida, ispida angustia della sua computisteria... Ma ora, ecco, gli rientrava, come per travaso violento, nello spirito. L'attimo, che scoccava per lui, qua, in questa sua prigione, scorreva come un brivido elettrico per tutto il mondo, e lui con l'immaginazione d'improvviso risvegliata poteva,

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ecco, poteva seguirlo per citt note e ignote, lande, montagne, foreste, mari... Questo stesso brivido, questo stesso palpito del tempo. C'erano, mentr'egli qua viveva questa vita " impossibile ", tanti e tanti milioni d'uomini sparsi su tutta la terra, che vivevano diversamente. Ora, nel medesimo attimo ch'egli qua soffriva, c'erano le montagne solitarie nevose che levavano al cielo notturno le azzurre fronti... s, s, le vedeva, le vedeva, le vedeva cosi... c'erano gli oceani... Ie foreste... E, dunque, lui ora che il mondo gli era rientrato nello spirito poteva in qualche modo consolarsi! S, levandosi ogni tanto dal suo tormento, per prendere con l'immaginazione una boccata d'aria nel mondo. Gli bastava! Naturalmente, il primo giorno, aveva ecceduto. S'era ubriacato. Tutto il mondo, dentro d'un tratto: un cataclisma. A poco a poco, si sarebbe ricomposto. Era ancora ebro della troppa troppa aria, lo sentiva. Sarebbe andato, appena ricomposto del tutto, a chiedere scusa al capo ufficio, e avrebbe ripreso come prima la sua computisteria. Soltanto il capo ufficio ormai non doveva pretender troppo da lui come per il passato: doveva concedergli che di tanto in tanto, tra una partita e l'altra da registrare, egli facesse una capatina, s, in Siberia... oppure oppure... nelle foreste del Congo: Si fa in un attimo, signor Cavaliere mio. Ora che il treno ha fischiato...

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