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L’utilizzo quindi nelle botteghe della cartapesta, sia per modelli realizzati
per prova o per soggetti finiti, non collocabili nella produzione seriale, ci
induce a pensare ad essi come a vere e proprie significative testimonianze
di momenti elaborativi di un progetto artistico. L’ulteriore diffusione di
modelli, attraverso disegni, calchi e stampe, 11 assieme alla diffusione delle
notizie circa l’impiego dei vari materiali utilizzati e utilizzabili, potrebbe
quindi aver influito a determinare la produzione di un tipo di statuaria dai
costi relativamenti bassi per la povertà del materiale impiegato, ma dalla
resa estetico-formale paragonabile alle opere prodotte in materiali più
nobili. In special modo là dove una maggiore richiesta di mercato non era
controbilanciata da una committenza particolarmente danarosa. Soprattutto
se il tutto viene visto in un clima di celebrazione legato al ruolo di centro
della cristianità voluto dalla Chiesa e sostenuto dai vari ordini religiosi. 12
L’estensione dell’uso della cartapesta dalla realizzazione di oggetti
artigianali al suo impiego a livello industriale attraverso la produzione
seriale è documentata a partire dal XVIII secolo, almeno per il Settentrione
d’Italia e il resto d’Europa. 13 Per ciò che riguarda i secoli precedenti le
notizie sui manufatti, peraltro ancora da indagare, dei tanti scultori non
consentono al momento una esatta definizione circa gli antichi metodi e
tecniche di lavoro.14 Sarà bene quindi volgersi a qualche aspetto
particolare, analizzando da un altro punto di vista il cambiamento che
avvenne in area salentina nel passaggio dalla produzione settecentesca a
quella ottocentesca.
L’inizio della produzione seriale a Lecce avviene con l’apertura nel 1897
dell’Istituto di arti plastiche di Luigi Guacci (1871-1934), uno stabilimento
attrezzato di tutto punto per la lavorazione del marmo e della cartapesta. E’
utile ricordare che il Guacci, prima di passare alla produzione seriale,
aveva compiuto un percorso artistico di tutto rispetto, sia nell’apprendere
l’uso del colore sia nell’arte dell’intaglio. 15 Dopo la formazione romana
egli giunse a Lecce con un bagaglio di conoscenze e soprattutto di
immagini del barocco tali da, a mio avviso, ignorare o addirittura in alcuni
casi superare la scultura indigena. E i prestiti romani attraverso il Guacci,
in realtà, non fecero altro che giovare agli artisti leccesi, almeno ai più
capaci e attenti. L’eredità del passato fungeva quindi come magazzino dal
quale attingere a volontà.
Solo successivamente vi fu una ripetitività formale riscontrabile oggi
dall’esame dei numerosi simulacri ancora esistenti.
4
Salvatore P.Polito
6
1
Cfr. Rossi-Roiss, Cartapesta & cartapestai, Maestà di Urbisaglia (Mc), 1983, pp.18-19
2
Cfr. C.S.Salerno, “Cartapeste d’autore” berniniane e algardiane. Contributo alla storia, alla tecnica e al restauro della
cartapesta nelle botteghe rinascimentali e barocche. in “Bollettino d’arte”, 1997, n° 99, pp.67-98
3
Ibid., p.68
4
La maggior parte delle statue, cinquantatré, sono costituite da uno scheletro in legno, rivestito di vari materiali e tra
questi la “cartapesta”.cfr. “Grazie, storia da rifare” in “La Gazzetta”, Mantova 31 marzo 1993, p.33
5
Cfr. “Indagine eseguita sull’impalcata lignea del santuario delle Grazie”. Relazione tecnica, a c. del Consorzio di
Restauro “A.Mantegna”, giugno1993, dattiloscritto.
6
Cfr. G.Carito, Guida.......................................
7
Cfr. R.Bagarotto, L.Savio, B.Boucher, The Madonna delle Muneghette. A new work of Jacopo Sansovino, in “The
burlington Magazine”, CXXII, (1980), pp. 22-29
8
Cfr. P.De Nuzzo, G.Giangreco, La statuaria sacra in Cartapesta nell’area di Casarano, Parabita, 1999, p. 60.
9
Cfr. C.S.Salerno, “Cartapeste d’autore” berniniane e algardiane,cit., p. 73
10
Un interessante esempio di modello può essere il “San Tommaso di Villanova distribuisce elemosine”, (1661) di
Melchiorre Caffà, conservato nel Museo di La Valletta (Malta).
11
Cfr. J. Montagu, La scultura Barocca. Un’industria dell’arte, (1989), Torino 1991, pp.16-19
12
In epoca barocca nelle città venivano allestiti, in occasione di eventi religiosi, grandiosi apparati, così che il territorio
urbano rappresentava un immenso scenario. Valga per tutti l’esempio nella Roma del Seicento. Dove artisti della
levatura del Bernini, Pietro da Cortona, Carlo Rainaldi, Carlo Fontana si sono attivamente impegnati nella progettazione
ed esecuzione di molte scenografie e apparati. Essi fecero ricorso a tecniche e materiali diversi, tra cuila cartapesta. Un
unico intento animava allora questi artisti: suscitare la meraviglia nello spettatore. “Il mirabil composto”, così chiamato
dal Bernini, si prestava quindi bene a questo scopo, fungendo da terreno di sperimentazione e, contemporaneamente, da
momento ispiratore per successive realizzazioni.
13
Cfr. R.Wittkower, Sculpture. Process and principles, New York 1977, pp. 85-175
14
Cfr. C.S.Salerno, “Cartapeste d’autore” berniniane e algardiane., cit., p. 67
15
Cfr. C.Ragusa, Guida alla cartapesta Leccese, a c. di M.Cazzato, Galatina 1993, pp. 80-83
16
La serialità dei soggetti in esame non consente un’attribuzione certa, anche a causa delle successive ridipinture, per il
Sacro Cuore di Gesù, è utile però, il confronto con la statuaria dello stabilimento di G.Malecore, dove simulacri delle
stesse dimensioni erano prodotti appunto in serie con un costo che variava dalle 500 alle 670 lire, a sercondo del tipo di
decorazione. Non è da escludere che anche il Nostro provenga dallo stesso stabilimento, particolarmente attivo in quel
periodo.
17
Cit. in E.Rossi,“Gli artisti della cartapesta leccese nella pubblicistica salentina“ in “La Zagaglia”, Urbania,
Settembre 1964, pp. 311-312