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SAGGI DI STORIA DEL DIRITTO MODERNO PRESENTAZIONE Domenico Alfeno Vario,Giuseppe Maria Galanti,Luigi deMedici sono tre autorevoli

giuristi che operarono sullo sfondo dellepilogo dellantico regime pur avendo scenari politici e funzioni diverse. NISI UTILE EST QUOD AGIMUS,STULTA EST GLORIA LE INSTITUTIONES JURIS NEAPOLITANI DI DOMENICO ALFENO VARIO

1.La storia e l'utile Tale massima fu posta dal giurista campano in apertura di unimportante RAPPRESENTANZA e sintetizzava il suo pensiero. Fu lettore di Pandette e di diritto feudale presso la Regio-Imperiale Universit di Pavia.Egli pensava che per preparare meglio gli studenti al foro era necessario lo studio della codificazione adrianea dello jus praetorium e non lopera di Einecio. Incentrando lo studio dello ius civile sullanalisi delle diverse actiones si riusciva a proiettarlo pi direttamente sul piano fattuale. Ma questo tipo di approccio alle fonti romane,che si presentava meno austero apparve unopzione troppo distante dalle forme ufficiali,e fu ostacolato a tutti pi livelli. La formazione culturale e ideologica dei futuri giuristi e interpreti del diritto,anche in virt dellesperienza personale,secondo Vario,doveva essere completa. Tale formazione doveva partire dalluniversit:il vero giurista,per differenziarsi dagli squallidi pratici o decisionanti,non doveva utilizzare le brevissime somme delle leggi,n la molteplicit delle opinioni dottrinali,egli piuttosto avrebbe dovuto acquisire le RATIONES profonde,i principi generali su cui sincarnava tutto il sistema ordinamentale;ma questo processo di apprendimento doveva svilupparsi mediante metodi induttivi e non deduttivi. Di qui la preferenza per leditto perpetuo,che era,tra le fonti romane,quella pi permeata di concretezza e la pi adatta a fornire i lumi per intraprendere una sana e corretta attivit nei tribunali. Lo stesso carattere pratico fu presente nella metodologia didattica di Vario: egli afferm la necessit che,dopo la dettatura il latino,il docente spiegasse la lezione in lingua italiana. Solo attraverso dispute verbali svolte nellordinario idioma gli studenti avrebbero potuto decodificare i testi e coglierne appieno il messaggio. La proposta era di chiara matrice illuministica e gi collaudata nelle scuole meridionali. Secondo il giurista campano,linnovazione mirava a combattere lignoranza dei discenti,e talvolta anche dei docenti;tuttavia non si creava cos una completa rottura con la tradizione tardo umanistica,perch si realizzava una combinazione mista e quindi per molti aspetti ancora moderata. Nel XVI secolo la lingua nazionale si rivel uno strumento efficacissimo che agevol la diffusione di importanti svolte ideologiche e religiose,fondamentali anche nella definizione degli equilibri tra le potenze del continente. Lo stesso Vario aveva avuto modo di sperimentarla in prima persona,quando era studente,e di apprezzarne lutilit grazie alle riforme di Carlo di Borbone. Il programma culturale enunciato dallo studioso di Sala Consilina,se coincideva nelle linee generali con le vedute e con il piano scientifico elaborato dal conte Firmian per la ristrutturazione delluniversit pavese,rilevava anche una notevole indipendenza intellettuale ed un temperamento irruento,elementi che pesarono molto nei suoi rapporti con lambiente lombardo e sui successivi sviluppi di carriera. Letta in questo contesto,risulta chiaro che la RAPPRESENTANZA,concepita come strumento di autodifesa contro le incomprensioni le animate critiche rivoltegli,ebbe un significato ben pi rilevante. La memoria,elaborata a Pavia negli anni della piena maturit,rappresenta il manifesto dei traguardi intellettuali raggiunti da Vario. Era ispirata allUTILITAS e riusciva a conciliare razionalismo cartesiano e classicismo. Per correggere i difetti della giurisprudenza,il giurista di Sala era convinto che bisognasse operare allinterno del diritto comune,conservando intatto il sistema ed invertendo

specialmente sullinsegnamento delle discipline giuridiche in modo da influire sulla formazione tecnica dei futuri giuristi.

2.Un genovesiano neoumanista Alle affilate critiche rivolte contro un sistema epistemologico ingombrante e improduttivo,il professor Vario ancorava la sua esplicita e decisa propensione antigesuitica. Egli intendeva porsi sulla scia di Costantino Grimaldi e di Gian Vincenzo Gravina. Ladesione al razionalismo e la condanna del metodo aristotelico-scolastico furono ribadite nel periodo pavese,tuttavia non portarono mai Vario ad immaginare una svolta complessiva,che superasse i confini della cultura e della scientia. Il suo orientamento ideologico,segnato dalla fiducia nel sistema giuridico-politico e nella possibilit di risolvere gli squilibri dallinterno,fu tipico dei giuristi che operarono nellambito del diritto comune. Se i contatti con la cultura genovesiana lo aprirono agli sviluppi del pensiero cartesiano,le circostanze di vita e di carriera lo riportarono sulle vie della moderazione e ad inquadrarsi,in qualche maniera,nei binari tracciati dalla tradizione. Nellampia schiera degli allievi di Genovesi,Vario non raggiunse quel risalto che avrebbe meritato e che ebbero altri giuristi dindirizzo illuministico. Comunque quella di Vario fu una personalit poliedrica,in cui si mescolavano la passione neoumanistica per gli studi storico-filosofici e di letteratura classica con quella non meno forte per le scienze naturali. Il realismo critico conosciuto da Vario rappresent una costante anche nella sua attivit dinterprete e di storico del diritto. Quando nel periodo pavese gli fu attribuita la cattedra delle Pandette,divenne primaria lesigenza di approfondire e dinquadrare le tematiche giuridiche tradizionali in una prospettiva pi generale. Limpianto teorico del discorso doveva oltrepassare gli schemi di una disciplina specialistica e circoscritta,quale lo IUS REGNI NEAPOLITANI,in cui Vario era assai ferrato,per incentrarsi sulle strutture portanti e sui principi del diritto. Se gli interessi dellintellettuale salese,con il trasferimento nella Lombardia austriaca,si polarizzavano prevalentemente sulle fonti giuridiche romane,in particolare pregiustinianee,la singolarit degli argomenti trattati(EDITTO PERPETUO) e limpostazione del metodo prescelto (latino-italiano) confermarono pienamente il pragmatismo critico della sua formazione intellettuale. Il diritto del passato aveva la sua ragion dessere nella possibilit di congiungersi allesperienza giuridica del presente,senza paralizzarla,e di offrire sani criteri di razionalit agli operatori,nellapplicazione delle norme. Creando un continuo collegamento tra le vicende della societ antica e di quella coeva,la storia del diritto diventava funzionale alla comprensione e al miglioramento dellattualit giuridica.

3.Ius Regni e gerarchia delle fonti Vario,mentre era a Napoli,aveva profuso il suo impegno nello studio del diritto patrio e della sua storia istituzionale. Per motivi professionali lerudita salese sincammin nellimpresa non facile di esplorare le origini dello IUS REGNI e di farne emergere le profonde RATIONES. In tale prospettiva,la sua prima opera pubblicata,le ISTITUTIONES IURIS NEAPOLITANI(1767),merita attenzione,perch permeata da un approccio storico che apriva una stagione fiorente di trattazioni manualistiche,sviluppatasi a Napoli nei successivi anni70 e80 e collegata allinsegnamento privato.Vario si mostrava attento agli atteggiamenti sociali e di governo. Nella sua ricostruzione,il giurista tentava di rintracciare le peculiarit delle strutture che avevano conferito una precisa identit allordinamento statuale e che continuavano a caratterizzarlo. Egli tracciava una sorta di snella e moderna storia delle istituzioni giuridiche del Regno. Che il diritto,oltre che con i percorsi della SCIENTIA,sintrecciasse con le scelte operate dalla societ e dalla politica,fu uno dei principiguida del lavoro intrapreso. Le tematiche affrontate dallo storico,per,si discostano dal progetto enunciato,che attribuiva al primo libro la trattazione degli IURA PERSONARUM,per privilegiare

pi direttamente la parte plubbicista dello IUS REGNI. E chiaro che per Vario la vita delle situazioni giuridiche e delle istituzioni non godeva di unautonomia propria,ma era fortemente condizionata dai fattori esterni,in particolare dalle scelte sociali e politiche,per cui linterprete era tenuto a storicizzare e contestualizzare i fenomeni. Per quanto riguarda il riferimento al divino,Vario preferisce interpretarlo sul piano dei contenuti materiali e non metafisici e ne d un significato espositivo,riferendo che erano UTILITER comprese nello IUS REGNI anche disposizioni riguardanti le chiese e i suoi ministri e largamente quelle contro le eresie. Appare imperniato su un criterio non meno sostanziale lesame del delicato e vastissimo argomento delle fonti giuridiche e della loro attuale gerarchia. Il primato della VOLUNTAS PRINCIPIS e delle sue SANCTIONES era indiscusso. Il REGIUM IUS,accanto alla produzione giuridica di diretta emanazione del sovrano,aveva recepito e conferito validit a molte norme consuetudinarie traducendole in atti scritti e formali. Limportanza riconosciuta da Vario ai MORES,veri pilastri dellordinamento giuridico napoletano,emerge anche da altre considerazioni di seguito formulate. Al secondo posto della scala egli collocava proprio le consuetudini,ed in particolare quei corpi normativi corpi normativi derivati AB EXTERARUM GENTIUM,ossia quelle consuetudini feudali di origine longobarda e a quelle marittime di origine spagnola. Vario,per,riconosceva il valore legislativo delle sentenze del Sacro Regio Consiglio:operava,a questo punto,una difficolt oggettiva. Mentre lintento di Vario era di rafforzare,mediante lanalisi filologica,la MENS LEGIS,ossia la VOLUNTAS del legislatore o del sistema,egli non poteva trascurare un dato di fatto assai evidente:il magistrato godeva di larghi spazi di discrezionalit interpretativa,e diventava,in concreto,creatore del nuovo diritto.

4.Diritto romano e ius langobardorum Per delineare la fisionomia e le peculiarit dello IUS REGNI,nella sua matrice consuetudinaria,bisognava volgere lo sguardo indietro di oltre un millennio,soffermarsi sulle vicende che avevano segnato la fine di unepoca florida,quella giustinianea,governata con AEQUIS LEGIBUS. A seguito delle invasioni barbariche,specialmente da parte dei longobardi,si era verificato un profondo sconvolgimento politico e sociale che,oltre ad infrangere lunit politica della Penisola,aveva spezzato quel solido vincolo di appartenenza che legava le popolazioni italiche alla pi raffinata civilt e cultura romana. Che il diritto dei longobardi ,al confronto di quello romano,risultasse rozzo era dimostrato da una delle pi significative innovazioni introdotte dagli invasori:IL DUELLO GIUDIZIARIO. Considerando che la giustizia ufficiale era affidata a soluzioni violente e private,emergeva -secondo Vario- unaltra grave conseguenza:lassenza del giudice pubblico impediva che si pervenisse a una soluzione imparziale,e lautorit del potere costituito ne usciva largamente sminuita e delegittimata. Intanto,proprio quella cesura,creata dallavvento dello IUS LANGOBARDORUM,diede lavvio nel Mezzogiorno alla formazione di un ordinamento nazionale specifico,con una sua particolare ed autonoma fisionomia. Lo IUS ROMANORUM,sempre secondo Vario,aveva subito una lunga fase di declino,iniziata con let longobarda,e solo pi tardi aveva riassunto vitalit e prestigio. A seguito del crollo di effettivit,quel diritto si era tramandato attraverso i franchi in maniera esigua e marginale,mentre il clero aveva continuato ad utilizzarlo pi massicciamente. Solo dopo la scoperta,avvenuta ad Amalfi,del Digesto(Littera Fiorentina),fu sancita una generale ripresa di quella tradizione normativa,nelle forme dellIUS COMMUNE. Si escludeva che nel Regno il popolo avesse SCIENTIA diretta di quegli antichi testi normativi romani. Alcuni stralci dellautorevole diritto erano pervenuti alle generazioni successive attraverso la tradizione e i MORES,in cui si erano fusi elementi romanistici e longobardi. A Napoli,tra laltro,prima della dominazione sveva non esistevano accademie e centri di studio,per cui la nascente cultura giuridica ebbe limitate possibilit di circolazione. Le affermazioni di Vario concordavano con quelle di Pietro Giannone,secondo cui solo con Federico II le PANDETTE cominciarono ad essere lette ed avere sempre maggior peso.

Non a caso prima del ritorno in uso del digesto,il diritto prevalente nel SUD sarebbe stato il longobardo.

5.Dai duchi normanni ai monarchi svevi I modelli giuridici e istituzionali introdotti dai longobardi erano sopravvissuti a lungo,resistendo anche alla dominazione normanna. Il re RUGGIERO impegnato nella risoluzione di urgenti problemi esterni e di situazioni da affrontare sul piano militare,non fu ancora in grado di predisporre interventi veramente innovativi riguardo allassetto interno del regno. lo stesso Vario perveniva a soluzioni analoghe affermando che non si erano verificate grandi svolte. Il carattere territoriale della potest monarchica conferiva al sovrano il compito primario di amministrare la giustizia,lo considerava garante e tutore dei diritti particolari,vigenti per tradizione nel territorio del regno,e capace di modificarli se in contrasto con lAEQUITAS. RUGGERO II dAltavilla,dopo aver dismesso la sua autorit di conte per auto procurarsi re di Sicilia,per assicurarsi la dipendenza dalla Corona di tutti i territori sottomessi,aveva perpetuato i meccanismi del modello feudale e quindi mantenuto in vita unorganizzazione pattizia e pluralistica. La feudalit affondava le sue radici nellet longobarda ,quando in base al diritto di guerra le terre conquistate erano ripartite,come BENEFICIA,tra i pi valenti e fidati guerrieri. Quanto ai pi estesi poteri giurisdizionali,secondo Vario,lacquisizione da parte dei baroni inizialmente era stata determinata dai MORES e non da una specifica volont regia.La fonte di legittimazione quindi rimaneva interna al feudo. Vario cit una costituzione del normanno GUGLIELMO II per dimostrare che nel tempo erano state poste significative limitazioni riguardo alle competenze giurisdizionali. Erano state istituite piccole corti locali e contestualmente definiti i relativi giudici dappello. Vario dedic una lunga disanima alle ragioni delloblio in cui era finita la costituzione di Guglielmo II,ed apport molte critiche allinterpretazione riduttiva operata dai glossatori ed in particolare da Andrea dIsernia. Lintento della trattazione di Vario era di stabilire un punto fermo che valesse anche nellattualit:al superamento della REGALITA NEGOZIATA altomedievale e del sistema costituzionale veteropattizio,aveva contribuito sensibilmente laffermazione del principio secondo cui il regime di ciascun feudo dipende strettamente dallatto dinvestitura. Lorientamento enunciato da Vario si ancorava palesemente ad una linea regalistica,che coincideva con quei fermenti culturali che a Napoli gi germogliavano e che avevano trovato riscontro anche negli ambienti ministeriali. Cominciavano a maturare idee di rinnovamento giuridico-istituzionale ancora moderate,tendenti pi a colpire gli abusi del baronaggio,che a formulare veri progetti eversivi con soluzioni radicali. Ricondurre il sistema feudale nellorbita della VOLUNTAS REGIA significava assoggettarne lestensione allAUCTORITAS PRINCIPIS,arginandone per il momento lautonomia e gli eccessi. In tale direzione si rammentava la svolta costituzionale che si era realizzata con lascesa di FEDERICO II alla guida del Mezzogiorno. Non un caso che il titolo III dellopera DE SUMMA REGIS MAIESTATE fosse dedicato quasi interamente a tale sovrano. La fondazione della monarchia,infatti,secondo Vario non poteva che collegarsi allet sveva;sulla stessa posizione si era attestato anche GIOVAN BATTISTA VICO,ma il giurista salese aveva colto il limite di alcune generalizzazioni fotmulate. Lassetto conferito da Federico allorganizzazione dello Stato poggiava su principi ben definiti,orientati a realizzare laccentramento delle funzioni e ad esaltare un apparato tecnico e laico. Limperatore era intervenuto sul settore giurisdizionale:aveva riassunto il potere di nomina dei giudici e disciplinato le possibilit di ricorso alla giustizia degli arbitri;tale argomento fu un tema assai caro al professore di Sala.

6.I secoli delloppressione feudale

Federico II era stato un grande re perch aveva avviato nel regno di Napoli un processo di riorganizzazione amministrativa e giudiziaria. Listituzione dello Studio pubblico a Napoli era stato del tutto funzionale a quel disegno. Puntando sui giuristi e sulla loro preparazione,ordine ed efficienza diventarono i criteri di gestione del governo centrale. Nello stesso tempo Federico,propugnando la derivazione regia delle funzioni giurisdizionali e militari regolament anche la potenza feudale e riusc a ridimensionarla. Attraverso le dominazioni che seguirono,questi risultati subirono un forte appiattimento. Le riforme giurisdizionali disposte da ROBERTO DANGIO attraverso 4 capitoli,le EPISTOLAE ARBITRARIE,avevano regolamentato e accresciuto lAUCTORITAS IUDICANDI dei presidi provinciali. Poi quelle disposizioni erano state estese anche ai baroni cos linversione di rotta rispetto allet fridericiana appariva a Vario quanto mai limpida. Con ALFONSO dARAGONA il MERUM ET MIXTUM IMPERIUM fu concesso a tutti i baroni. Questa volta lelargizione non fu il sintomo di un particolare FAVOR del sovrano,piuttosto fu dettata da ragioni di opportunit politica. Solo mantenendo stabili gli equilibri di potere gi esistenti e mostrando una generale benevolenza,la futura successione dinastica non avrebbe incontrato ostacoli e FERRANTE sarebbe stato riconosciuto come legittimo re. Intanto la ricaduta sullorganizzazione del regno di Napoli non pot che risultare negativa,e per la Corona destabilizzante. Solo con il vicer don PEDRO de TOLEDO la potenza baronale fu arginata con una mirata e pi specifica politica di diritto. Vario,tuttavia,aveva piena consapevolezza che i numerosi provvedimenti emanati non erano riusciti a risollevare completamente i vassalli dalle angherie e dalle vessazioni a cui erano sottoposti. La sua analisi si fermava alla met del 500,senza alcun riferimento allattualit. La scelta operata probabilmente scaturiva dalla fondata consapevolezza che nel SUD il sistema feudale era rimasto in vita integro e ancora ben radicato.

7.Diritto e cultura moderna Attraverso molti brani delle INSTITUTIONES,Vario manifest i punti salienti della sua linea interpretativa,dimostrando che dai primi secoli del II millennio la dinamica del diritto e delle istituzioni era stata largamente condizionata dalle vicende reali della societ e della gestione politica. Oltre alle oppressioni emergenti sul piano socio-politico,che derivava dal sistema feudale,il giurista poneva in luce come il MEDIOEVO era stato segnato da altre forme di tirannia,meno esplicite ma altrettanto dirette .Contro la libert del pensiero e delle idee,la cultura ufficiale aveva risentito delle pressanti influenze esercitate dalla CHIESA e dalla SCOLASTICA. Erano passati secoli prima che nel panorama italiano si arrivasse a demolire le astrazioni acritiche e monistiche su cui poggiava gli schemi consolidati. Il quadro teorico complessivo aveva iniziato a sgretolarsi ad opera di alcune figure chiave tra cui: LORENZO VALLA,TELESIO e GALILEI. Il momento di svolta effettiva e generalizzata,per,doveva collegarsi alla diffusione del pensiero moderno francese. Vario esaltava la positivit di questi fermenti culturali da lui pienamente condivisi,che avevano finalmente espulso le barriere e sbloccato tutte le discipline da una lunga fase di stasi. Anche luniversit aveva incamerato alcuni risultati di questi cambiamenti intellettuali ed il contributo,anche economico,di BARTOLOMEO INTIERI per listituzione della cattedra di MECCANICA e COMMERCIO ne era prova tangibile. A Napoli laltro vero promotore del ritorno agli STUDI LIBERI era stato CELESTINO GALIANI,convinto cartesiano ma anche lockiano e newtoniano. Egli oper prima che si concludesse il felice periodo del XVIII sec.,iniziato con lavvento di CARLO dASBURGO e chiuso dalla partenza da Napoli di MONTEALEGRE(1707-1746),in cui governo assoluto e cultura illuministica ebbero facili relazioni. In linea con il governo del Segretario di Stato sivigliano,il monaco celestino si era fatto promotore di grandi riforme per tentare una rigenerazione degli studi superiori. Suo nipote FERDINANDO era presentato da Vario come degno erede di quel filone culturale. Non causale che lerudito di PRINCIPATO CITRA,avvinto dalle idee laiche ed

illuministiche,citasse tra i maggiori giuristi politici del REGNO il ministro FRANCESCO VENTURA,reggente di Cancelleria e riformatore illuminista. Su progetto di PIETRO CONTEGNA,quel LEADER del ministero togato era stato lartefice primario del SUPREMO TRIBUNALE del COMMERCIO,nonch presidente di quella nuova corte di giustizia. Lorgano presentava caratteristiche assolutamente moderne,che lo separavano in tutto dal vecchio apparato giurisdizionale:vantava competenze esclusive in materia economica e di scambi,era composto anche da mercanti e soprattutto procedeva secondo un rito snello e meno formale,trattando le controversie in punto di fatto e non di diritto. Allo stesso ambiente,permeato dalla cultura moderna,era legato anche NICCOLO FRAGGIANNI,giurista e potente magistrato,di cui Vario riconosceva lo spessore intellettuale ed i meriti professionali. La sua linea,realistica e prudente,anche dopo il governo di CARLO di BORBONE,era stata un efficace elemento di raccordo tra corte e cultura illuminista. Vario cita,anche,CARLO MAURI,leminente uomo di legge ed esperto uomo politico che nel 1735 forn un intelligente contributo alla riforma delle magistrature.

8.Libertates Ecclesiasticae Guidato da un acuto spirito critico,il giurista campano nel suo trattato non aveva mai trascurato di soffermarsi sul ruolo assunto dalla CHIESA di ROMA e dal suo diritto. Lanalisi storica consentiva di decifrarne gli apporti culturali complessivi e linfluenza esercitata relativamente agli sviluppi della vita civile napoletana. Non deve meravigliare che un sacerdote come Vario,guardando allutilit pubblica,assumesse un atteggiamento problematico e si ponesse in una prospettiva laica. Certamente egli non fu estraneo a quei fermenti che si conclusero,nello stesso anno di pubblicazione del volume,dellespulsione della COMPAGNIA di GESU dal Regno. In direzione simile si erano mossi CONTEGNA,GALIANI e GENOVESI. La caduta dellimpero romano e le invasioni barbariche avevano segnato,anche per la CHIESA,la chiusura di unepoca e linizio di una lunga fase di crescita e di espansione. Il prerequisito di questo sviluppo,secondo Vario,era stata lemancipazione da ogni forma di sottoposizione,giuridica e potestativa,allautorit civile. Attraverso il fenomeno giuridico e lassimilazione dei principi romanistici,le strutture ecclesiastiche avevano trovato un fondamento solido su cui costruire la propria identit e consolidare la raggiunta autonomia. La debolezza del potere statale aveva chiaramente avvantaggiato la posizione dei ministri della fede,generando a loro favore immunit reali e personali,con conseguenze di rilievo specialmente in campo giurisdizionale;sul concetto di LIBERTA ECCLESIASTICHE Vario dichiarava di essere stato ammonito dal censore ecclesiastico. Nel rispetto di tale non trascurabile suggerimento,alla fine del libro,il giurista era intervenuto su quellargomento specifico. Rettificando il giudizio espresso su quelle LIBERTATES,tentava di ridurne il potenziale ideologico e di proporre un significato pi equilibrato. Tuttavia il senso del discorso non si era ammorbidito. Secondo Vario lestensione delle prerogative ecclesiastiche aveva ricevuto una notevole spinta anche dal FALSO EDICTO M. CONSTANTINI che avrebbe sottoposto allIMPERIO PONTIFICIS lItalia e le altre province dellEuropa occidentale. Egli tentava di dimostrare che il testo dellimperatore romano era stato usato proficuamente per legittimare lautorit crescente delle strutture ecclesiastiche. In tale direzione il diritto dasilo aveva rappresentato,per la potest ecclesiastica ,un altro punto di vista. Ripercorrendo la storia,si riscontrava che a monte dell immunit locale non vi era stata una specifica elargizione di papa SILVESTRO,come suggerivano alcuni storici ecclesiastici,ma una mera pratica consuetudinaria. Una prima regolamentazione era stata disposta con il CODICE TEODOSIANO in cui sindicavano le aree franche dalla giurisdizione regia ed i casi esclusi,ma da allora il privilegio riconosciuto alla CHISA era accresciuto. Vario afferm che il diritto dasilo era stato allorigine di continui scontri con lautorit civile. Contro i molti abusi perpetrati,il concordato

del 1741 aveva compiuto unampia trattazione della materia,disciplinando dettagliatamente la tipologia dei luoghi sacri compreso nel privilegio. Che Vario intendesse tutelare il sovrano dallo strapotere ecclesiastico emerge anche da altri elementi. Nelledizione delle CONSTITUTIONES REGNI SICILIARUM,da lui curata ed edita nel 1773, singolare che alla sola PREDECESSORUM NOSTRORUM avesse aggiunto un suo COMMENTARIUS. La particolare attenzione manifestata per quella costituzione sveva,era rivolta a richiamare fonti pi antiche,addirittura bizantine,per dimostrare che gi in epoche lontanissime la chiesa era stata ostacolata e contrastata dallautorit civile. Fondandolo sul retaggio della tradizione e sulle situazioni consolidate,lobiettivo di difendere le prerogative dello STATO sicuramente acquisiva maggiore energia e si fortificava. Un argomento analogo fu oggetto della dissertazione elaborata dal 47enne campano per il concorso,del 1777,per la cattedra di DIRITTO DEL REGNO. Il tema dei DIRITTI REGALI,questa volta,era esaminato attraverso una costituzione di RUGGIERO II che andava oltre i rapporti con la sfera ecclesiastica,per estendersi ai diritti fiscali,gi imposti dagli imperatori bizantini,ed alla necessit dellassenso nella vendita dei feudi. Ai diritti della sovranit e al loro primato sattribuiva unimmagine certamente vincente.

9.Conclusioni Il complesso delle considerazioni,e dei relativi richiami alle fonti,prova che il giurista campano svilupp fin dallinizio della sua formazione culturale un forte interesse per il collegamento tra cultura e societ. Quelle suggestioni provenivano da un ambiente napoletano che attraversava una fase dintenso fermento critico e di rapido approccio verso lilluminismo. Vario era anche un esperto della storia e della documentazione giuridica. A Napoli,ed ancor pi a Pavia,fu questelemento della sua preparazione il punto di forza su cui pot fondarsi per far fronte alle esigenze materiali. Nellillustre Universit lombarda,il suo metodo dinsegnare e di pensare fu posto in discussione,ed stato analizzato il significato della sua scelta a favore del metodo culto francese,che era ,per altro,gi fortemente consigliato dalla RATIO STUDIORUM prescritta dagli statuti di quellistituzione. Anche lopzione verso quella tecnica interpretativa riceve luce da una serie varia e coerente di preferenze manifestate da Vario. Basti ricordarne alcune:lesaltazione della monarchia fridericiana quale modello luminoso di organizzazione politica;lammirazione con cui guardava allesperienza statale francese;le lodi pertinenti e molto orientate a favore dei giuristi napoletani AFRANCESADOS,che erano stati capaci di fondere specializzazione tecnica e ampia visione socio-economica;la considerazione delle CONSUETUDINES fonti legittimate dalla PRINCIPIS REDACTIO,e tali perci da configurare una fonte popolare della sovranit,che riceveva il crisma della legittimazione entrando a far parte di un armonico ordine statale. In queste manifestazioni indirette e professionali del suo pensiero da scorgere la cifra particolare e profonda del giurista campano. Ogni riferimento alle realizzazioni pi riuscite del costituzionalismo moderno sarebbe andato oltre i tempi storici di Vario viveva,e ben al di l dei limiti accademici chegli era costretto ad imporsi e che comunque frenavano il suo comportamento esterno,fin troppo ardimentoso. Tuttavia appare sufficientemente chiaro che Vario guardava intensamente ad una civilt pi moderna,pi dinamica,pi libera,come quella che si stava organizzando OLTRALPE. Non mancano precisi appigli testuali che possono documentare la sintonia dello sfortunato docente pavese con altri intellettuali regnicoliche pagarono un prezzo altissimo per contribuire al risveglio e riscatto della PATRIA COMUNE napoletana ed italiana.

TESTAMENTO FORENSE. LINEE DI UN PROGETTO COSTITUZIONALE

1.Unopera dautore A conclusione di unintensa esperienza scientifica e,di l a poco anche esistenziale,GIUSEPPE MARIA GALANTI nel 1806 realizz la sua ultima opera:Il TESTAMENTO FORENSE che era anonima,divisa in due tomi,e prima della morte dellautore non ebbe altre repliche;fu dato in stampa con la falsa data di VENEZIA.[Il primo tomo si apre con la fantasiosa genesi del testo:un avvocato veneziano,di ritorno da un viaggio a Napoli,port con se due manoscritti,uno intitolato TESTAMENTO FORENSE DI UN MAGISTRATO,laltro SAGGIO STORICO SUI PROGRESSI DELLE COGNIZIONI NEL REGNO PUGLIESE.]La scelta consapevole di un titolo agile e non tematico rivela subito che si di fronte ad unelaborazione complessa non indenne dalle umane contraddizioni. Per una personalit brillante ed eccentrica,come GALANTI,la decisione di rimanere nellombra fu una necessit dettata da motivi contingenti,una mossa prudente adottata al cospetto del nuovo regime. I contenuti ed i toni di TESTAMENTO FORENSE risultano tuttaltro che pacati:lautore,sempre in bilico tra moderazione e radicalismo,sviluppava una critica serrata allANCIEN REGIME mettendo in rilievo le ragioni profonde della prolungata e caotica convivenza,nel SUD,del regno forense e della feudalit. Nel corso degli anni 80 il pensiero critico,superando la moderazione e i limiti del messaggio genovesi ano,mostrava chiari segni di apertura verso le tematiche costituzionalistiche. Le puntuali analisi dei riformatori risultavano oramai pronte a spostarsi su un piano ideologico complessivo e quindi a dar vita ad un progetto generale di rinnovamento. Questo traguardo fu raggiunto anche dallintellettuale sannita che spaziava dal piano finanziario-fiscale a quello storico-giuridico e dalla filosofia alla politica. Egli comp continui approfondimenti,anche teorici,in rapporto allambiente napoletano,ma non solo:si mostr aperto al confronto e pronto a recepire i nuovi orientamenti di pensiero provenienti dOltralpe.

2.Diagnosi corografica e proposte di riforma Che sotto il nome modesto di FORO,Galanti intendesse riferirsi alla STATISTICA DI OGNI PAESE, dichiarato espressamente nel suo TESTAMENTO. Ispirandosi alla tradizione romana classica,ma anche alla sistematica radicata dalla REPUBBLICA DEI TOGATI,con quel termine il giurista sannita si riferiva specificamente alla costituzionemateriale dello STATO,alla sua organizzazione civile e politico-economica. Egli si era pi volte occupato di questi temi in altri contesti antecedenti,ma la variazione in TESTAMENTO FORENSE,pu indicarsi come lelemento di assoluta novit,il segno maturo di una visione complessiva e unificante,che superava nettamente le posizione ricognitivo e frammentarie espresse in passato. Le 1000 sfaccettature dellordine giuridico instauratosi nel REGNO si riassumevano nel diritto,e soprattutto nella gestione che di esso i LEGUM DOCTORES praticavano. La fisionomia assunta dal Regno e le relative logiche gestionali furono tratteggiate da Galanti con una precisione sintetica e sostanziale:lavvocato sannita intendeva porre in risalto come nel succedersi delle varie dominazioni avesse preso avvio un processo di stratificazione normativa,che convogliava in un unico ordinamento corpi giuridici e costumi diversi. Tale composizione aveva generato a livello istituzionale una serie di scompensi ed anomalie;su un terreno tanto sconnesso,la cultura giuridica era riuscita a muoversi con competenza e disinvoltura:aveva legittimato la monarchia e il potere degli apparati burocratico-giurisdizionali.

Sotto linfluenza dellesperienza francese,GALANTI,elabor progetti di riforma che riuscirono a spingersi oltre la ragione economica,per investire la ragion civile e le leggi fondamentali dello stato. Ma mancando di dati precisi la situazione di fine secolo non consentiva una diagnosi completa;quindi lavvocato sannita utilizz la prospettiva diacronica ed indic un principio valido per ogni tempo:attraverso lindagine storica risultava agevole vedere se si migliorati o no nel mistero della giustizia e verificare quando si disposti a cambiare. Dei 2 obiettivi lultimo governo borbonico aveva accolto solo il primo. La compresenza di numerosi materiali un altro elemento che contraddistingue peculiarmente lopera del 1806,si tratta dei principali progetti di rinnovamento che il giurista sannita elabor,e che quando lantico regime si era ormai concluso decise di ricucire. Che lo scenario economico-politico del SUD richiedesse una svolta costituzionale decisiva fu una convinzione espressa da Galanti gi prima che terminasse il secolo XVIII. Lidea di un profondo rinnovamento nel periodo della crisi post-repubblicana rinverd il suo spirito:fu allora che decise di raccogliere le sue principali proposte di riforma accanto alle delusioni finali. Su quella scelta editoriale incisero anche gli stimoli e le nuove occasioni di confronto,che gli forn il viaggio appena concluso nelle pi sofferenti regioni centrosettentrionale.

3.Con la corte e Per la sua fedelt alla MONARCHIA,Galanti,aveva pagato un prezzo molto alto;continui disagi e difficolt anche economiche avevano accompagnato la sua attivit. Se durante e dopo la morte della breve REPUBBLICA del 1799 il giurista sannita fu vittima della comune indifferenza e poi costretto a nascondersi,le esperienze maturate negli ultimi lustri del secolo non erano state meno travagliate. Attratto da promesse di una facile carriera aveva lasciato lattivit forense per affidare alla corte napoletana le sue competenze e disponibilit. Le materie economiche e politiche avevano prodotto subito ammirazione e larghi consensi:le inchieste compiute dallavvocato rilevavano conoscenze scientifiche e modernit di vedute,premesse necessarie per instaurare un rapporto di costruttiva collaborazione con gli ambienti di governo. Nella politica ENECESSARIO AVERE LO SPIRITO LIBERO DA PREGIUDIZI,ISTRUITO DELLE LEGGI,DEGLI AVVENIMENTI PASSATI,DELLO STATO DELLE NAZIONI:MA BISOGNA,ANCHE,ESSERE ANIMATO DA VIRTU,CIOE DA TALENTI DI UN CERTO CALIBRO. Tutte qualit presenti in Galanti e funzionali alla rappresentazione che la Corona in quegli anni voleva dare di se. La somma degli avvenimenti,che dopo il 1780 aveva cambiato il clima politico napoletano e compromesso limmagine e la credibilit della regina e della corte,era lindice di una crisi gravissima e incombente,da arginare con immediati cambiamenti di rotta e di uomini. Il ritorno dalla Sicilia di DOMENICO CARACCIOLO ,nel 1786,la carica di primo ministro,avrebbe certamente ridato lustro al governo. Questa iniziativa fu adottata in linea con un disegno pi generale di rinnovamento che mirava ad incidere sullopinione pubblica:le riforme dovevano risultare tangibili e vistose. Gli incarichi affidati ad uomini come Galanti,erano gratificanti sul piano personale,ma non destinati a scalfire limmobilismo del sistema;queste erano le regole del nuovo gioco. Il sannita visse una fase di grande ottimismo e speranze:la possibilit di elaborare un programma di riforma globale per soddisfare i bisogni pubblici in maniera definitiva,fu una vera missione ma anche un modo per esibire il suo talento. Pensando di poter influire significativamente sulle scelte politiche,accanton le linee moderate espresse alcuni anni prima per attestarsi su soluzioni radicali. Lo STATUS QUO appariva paralizzato dalla persistenza dei vecchi centri di potere,che opprimevano le province e annientavano i rapporti civili. La situazione delle finanze statali era posta in primo piano:i MALI della patria non derivavano soltanto dalla quantit dei tributi e di dazi imposti,ce nerano di maggiori,il giurista si riferiva ai meccanismi di gestione e di riscossione,in particolare al sistema parassitario degli ARRENDAMENTI,che moltiplicava

allinfinito il debito pubblico con vantaggi limitati e per pochi. Lo scenario mostrava una condizione economica assolutamente debilitata,insostenibile per i sudditi e rovinosa per il governo. Si profilava quindi la necessit di un intervento organico e razionale,non diverso da quello promosso in Francia da TURGOT e gi vigente in Inghilterra. Le maggiori responsabilit del sottosviluppo sociale del regno e di uneconomia scarsamente produttiva erano da attribuirsi al sistema feudale. Su questa fondamentale problematica lintellettuale si era soffermato a lungo nelle sue opere,ma variando continuamente atteggiamento e punto di vista. Il perno intorno a cui ruotava la proposta formulata nel 1786 era rivolto da un totale abolizione di quel SISTEMA. Queste stesse posizioni furono ripercorse in TESTAMENTO FORENSE,ma per ora gli sembrava inaccettabile il rimedio di puntare sulla devoluzione e,come in Sicilia,di realizzare gradualmente il recupero dei feudi alla Corona ricorrendo a strumenti giuridici e processuali. Il giurista si poneva dalla parte del governo ma non era disposto a trascurare gli interessi della collettivit:i due piani erano complementari per cui bisognava mirare alla sicurezza sia del trono che dei cittadini. In nome della pubblica felicit,ingenuamente,arriv da immaginare la trasparenza delle finanze e dei conti pubblici. Questidea,ben lontana da quella che aveva ispirato listruzione del CONSIGLIO DELLE FINANZE,faceva parte del disegno galantiano di offrire al governo napoletano un progetto politico-istituzionale illuminante,che progettava la trasmutazione verso un modello produttivo che avrebbe dato risultati proficui in tempi brevi,per lerario e per la societ. Non fu certo un caso che le accorate pagine in cui Galanti raccolse queste idee fossero comprese in quella parte della DESCRIZIONE DELLE SICILIE che risult pi sgradita alla corte e che,dopo ledizione del 1788,egli non riusc a ripubblicare prima del 1806.

4. con lEuropa Levoluzione dellassolutismo costituzionale verso una forma di dispotismo sedicente illuminata aveva creato forti scompensi nel tradizionale sistema di gestione del regno:indebolendo gli apparati,negli ultimi lustri del 700 cominciavano a vacillare anche i pi consolidati equilibri di potere. Mentre la struttura di governo si militarizzava e rispondeva ad una linea verticistica,le magistrature supreme apparivano tese ad affilare i loro strumenti tecnici di difesa per resistere agli scossoni che minacciavano di spegnere la plurisecolare autorevolezza e segreta politicit. Lautonomia residuata fu gestita nellottica della continuit ideologica con le antiche tradizioni e con il vecchio sistema ministeriale;pur seguitando a muoversi nellambito della IURIS PRUDENTIA,da cui si poteva aspettare ancora qualche garanzia,linteresse prevalente coincise con lautoconservazione. Galanti fu abile smascherare le logiche ingombranti,anche private,del potere. Durante la sua lunga pratica dei tribunali e delle Segreterie di Stato egli aveva acquisito piena consapevolezza dei meccanismi legali dellantico regime e della loro invasivit. I principi su cui si fondava lORDINE CIVILE rispecchiavano la mentalit dei togati e gli interessi settoriali. Il realismo critico del sannita,di formazione genovesiana,non costitu mai un limite allo sviluppo del pensiero personale. Dallultimo quarto di secolo,gli ambienti pi allavanguardia del continente avevano maturato lidea che lesperienza giuridica non era materia soltanto tecnica e riservata a DOCTORES esperti:mentre gli addetti ai lavori ammantavano di legalit le vicende mondane il popolo cominciava a reclamare chiarezza e una diretta partecipazione. Contro quei meccanismi sofisticati le istanze di fondare lordinamento dello Stato sulla base di coordinate democratiche penetravano con rapida progressione. La maggioranza degli illuministi era al corrente di questo nuovo sentire:percepiva che lintera societ aveva preso coscienza del significato politico dei diritti e che pretendeva di diventarne soggetto attivo autorappresentandosi. Galanti aveva il significato delle sollecitazioni provenienti da tutta Europa,che elabor e trasfuse in molti suoi progetti,poi in TESTAMENTO FORENSE. Mostr di condividere appieno lidea di Rousseau di instaurare un ORDINE

POLITICO rinnovato,che fosse naturalmente giuridico,ma lontano dagli schemi tradizionali,fondato sul diritto pubblico e sullinteresse comune

5.Un giurista scomodo? I rapporti di Galanti con il governo e le Segreterie divennero intensi solo dopo gli anni 80 del secolo;dal 1790,per,fu inviato in giro per il Regno come VISITATORE. Le cognizioni acquisite durante i continui spostamenti costituirono la base su cui presero corpo numerose relazioni,poi convogliate in dettagliati piani di riforma:i viaggi compiuti e i dati raccolti incentivavano il moltiplicarsi delle sue riflessioni,ma lattuazione di tante valide proposte fu continuamente differita e poi accantonata. Questo sistema rientrava nei disegni di MARIA CAROLINA:serviva ad appagare nellimmediato le diffuse esigenze di rinnovamento,ma non a innovare realmente. Lintento del governo era di lasciare largo spazio alle trattative e,nellattesa di risoluzioni definitive,di mantenere ferma la gestione intrapresa e le possibilit di arbitrio. Su un piano pi specifico,le peregrinazioni di GALANTI offrivano il vantaggio di allontanare dai posti di comando un personaggio troppo audace e potenzialmente pericoloso. Galanti riteneva che,per abbattere le minacce rivoluzionarie,il governo dovesse porsi,come obiettivo primario,il benessere del Regno;gli appariva indifferibile lattuazione di riforme valide e durature e che avessero incidenza a livello costituzionale. Questo era in sintesi il messaggio pi volte ribadito con schietta lealt e a volte con toni duri,nelle relazioni presenti in TESTAMENTO FORENSE. La generosa fiducia accordata alla Corona si abbinava a decise sollecitazioni,ma in realt motivi soggettivi ed oggettivi impedirono a tante idee un effettivo decollo.

6.Segni di un rinnovato radicalismo Nel percorso ideologico di GALANTI la rivoluzione francese rappresent una tappa fondamentale. Per quanto nei suoi scritti siano riscontrabili riferimenti espliciti scarsissimi,egli fu consapevole della cesura realizzata e delle prospettive di generale riordinamento che tale vicenda apriva sul piano della politica e del diritto. Il crollo degli schemi del passato,anche se era avvenuto in forma clamorosa e a discapito della monarchia,mostr che per lANCIEN REGIME il destino era ormai segnato. Si faceva strada una nuova percezione dellordine,esterno al mondo giudiziario e forense,di cui lo stato,in uneccezione molto allargata,diventava attore e protagonista;ma con lemergere della NAZIONE si paventavano ripercussioni anche estreme riguardo alla stabilit del regime regalistico e alla sua sopravvivenza. Lopzione galantina,invece,manteneva il sovrano in una posizione centrale,quale depositario della volont e delle esigenze generali:pi concretamente lavvocato cerc dilluminare e persuadere la corte che,per scongiurare la diffusione nel Regno del contagio rivoluzionario,si dovesse adottare una DIFESA preventiva,ossia investire nelle riforme senza ulteriori rinvii;loperazione di vendita dei latifondi,gestita dal duca di CANTALUPO(1793),apparve proprio come linizio di queste riforme. Se nella fase post-rivoluzionaria GALANTI si mostr disposto a stemperare il radicalismo totalizzante,il suo atteggiamento fu dettato pi dallambiente esterno e dalle particolari vicende contingenti,che dalloggetto specifico della questione;infatti la politica complessiva di MARIA CAROLINA,che era impegnata a fronteggiare innanzi tutto le emergenze militari e finanziarie,ristagnava in un immobilismo di fondo,compromettendo la riuscita di interventi ampi e razionali. Al problema feudale,il cui impianto giuridico-istituzionale stava subendo i primi colpi,il sannita rivolse attenzione continua,vigilando sugli aspetti controversi e sulleffettivit dei risultati che il processo evolutivo prometteva. Per quanto operazione politicamente rilevante,la vendita dei feudi

devoluti non conduceva ad uneffettiva distruzione del sistema feudale,ma ne perpetuava gli svantaggi,facendo del compratore un nuovo sovrano sullacquisto fatto.Non era poi da sottovalutare la particolare situazione che si verificava allinterni dellerario:i pesi feudali gravanti sul bene non si estinguevano mai del tutto per la duplicazione della figura del fisco,allodiale e della Corona. Questo stava a dimostrare che era urgente realizzare la RIFORMA DEI TRIBUTI diretti e indiretti aggiornando il CATASTO,in modo che ognuno pagasse in proporzione alle ricchezze possedute. Ma la buona riuscita di tante operazioni non era poi cos automatica,era condizionata dalla ristrutturazione del settore giudiziario e forense. Il ritorno di Galanti alla moderazione fu unesperienza di breve durata.

7.Contro lo spirito forense Lelemento che maggiormente distingue TESTAMENTO FORENSE dalle altre opere giuridichopolitiche di Galanti la convinzione che per incidere sullorganizzazione dello stato bisognava rinnovare il TEMPIO DELLA GIUSTIZIA.La sua esperienza di avvocato gli aveva insegnato che il potere dei TOGATI era pi forte della feudalit e pi tenace della monarchia. Il vero ostacolo alla piena realizzazione di qualunque cambiamento,giuridico istituzionale o economico che fosse,da vari secoli si annidava nelle logiche forensi. La forza dei DOCTORES IURIS e gli spazi di autonomia che essi avevano acquisito poggiavano su una mentalit arcaica,emersa in epoca medievale e mai pi dimessa. Il carattere sacerdotale,di cui si fregiavano i ministri regi,era sorretto dallidea che i giuristi con la loro SCIENTIA fossero gli unici soggetti in grado di rilevare valori oggettivi e universali e,perci,di trasfonderli nella realt;finendo ovviamente per dominarle. Contro quel retaggio culturale che elevava i giuristi a PADRI DELLA PATRIA,Galanti volle perpetrare la sua ultima battaglia. Lo spirito forense dimostrava di essere resistente,difficile da abbattere:era sopravvissuto ai duri attacchi che,negli anni 70,avevano colpito il PARLAMENTO di PARIGI e le magistrature napoletane;il che lasciava presagire che solo un attacco frontale,rivoluzionario o politico,potesse distruggere quel baricentro del sistema. Secondo lultimo Galanti le riforme dovevano investire principalmente il REGNO FORENSE,compiendone una generale revisione,da articolare almeno su due livelli:il primo era quello dei principi fondamentali,inerente al piano costituzionale;laltro era pi strettamente tecnico,rivolto alla riorganizzazione interna delle funzioni giurisdizionali e quindi al superamento dello schema piramidale accentrato. In uno Stato,in cui il diritto pubblico risultava privo di una fisionomia autonoma,poich costruito e ancora modellato sul diritto civile e sullINTERPRETATIO fornita dai giuristi,non si poteva pensare che a interventi ampi. Per lungo tempo i giuristi avevano gestito il caos normativolegislativo,districandosi in un sistema complicato di ecclesiastico e feudale e costruendo un ordine del tutto simile ad una monarchia GIURISPRUDENZIALE. La loro tradizionale funzione istituzionale e civile,paragonata al pensiero critico europeo di quegli anni,appariva inadeguata;era impensabile,secondo Galanti,che una svolta costituzionale innovativa potesse derivare dalla cultura giuridica e in particolare dalla mediazione dei ministri togati che tendevano continuamente a ricongiungere IMPERIUM e IURISDICTIO. Al contrario bisognava agire allesterno dellambiente legale e porsi come obiettivo primario di riforma proprio il foro. Attribuendosi larduo compito dilluminare i programmi di governo della monarchia,Galanti le riconosceva lautorit di costituire un DIRITTO PUBBLICO per il Regno,quindi di procedere alla ristrutturazione dellordinamento politico e di tutta la sua classe dirigente. La VOCAZIONE PUBBLICISTA fu un atteggiamento tipico dellilluminismo giuridico e Galanti ne fu un convinto e tenace assertore. Lidea originale che lo stato si desse una costituzione ispirata ai principi del diritto naturale,e vi improntasse il suo programma di governo,era confortata dallesempio di FEDERICO II.

Limperatore svevo , infatti ,nella storia politica del SUD, rappresentava ancora un valido modello:egli aveva riordinato lassetto dei poteri e stabilito una MONARCHIA REGOLARE,dando rilevanza allinteresse comune e allargando la base sociale della partecipazione politica; sottoponendo i cittadini ai magistrati e soprattutto i magistrati alla legge. Quellorganizzazione con un intervento diretto della Corona poteva essere aggiornata e ripristinata,ma a condizione che i delicati compiti prospettati,i doveri pubblici,non finissero per confondersi ancora una volta con le funzioni giurisdizionali. Con unintuizione moderna,che per molti aspetti si ricongiungeva alla lezione genovesiana,il giurista auspicava che la PUBBLICA UTILITAS,le discipline economiche e sociali,gli interessi generali si emancipassero dalla sfera della IURISDICTIO e della SCIENTIA IURIS,per collocarsi,nel rinnovato sistema di governo,in primo piano,come obiettivo autonomo.

8.Uno Stato di diritto? Le dritte,che lesperienza filosofica e politica maturata Oltralpe dettava,circolavano largamente anche nel regno di Napoli e non potevano essere pi trascurate. Nellottica galantina,limpegno e la funzione ordinate della Corona diventavano assolutamente peculiari:rivedendo le posizione di governo intraprese,i regnanti dovevano optare per una linea dinamica e razionale,mirante ad una riforma della sfera pubblica. Anche il consenso ne sarebbe uscito rinnovato. Per il giurista sannita questa costituiva lunica opportunit di salvezza per il SUD. Ma la possibilit di compiere uno sforzo decisivo per cambiare la rotta,alla luce della realt,rappresentava unalternativa molto ipotetica:di fatto la monarchia perseguiva altri disegni e quel progetto,cui lavvocato-geografico si affid alla fine del secolo XVIII,fin per essere risposto nel cassetto delle mere illusioni. Nellimmaginario galantiano si assegnava ampio spazio allo STATO di DIRITTO,ad uno Stato in cui lespletamento delle funzioni ordinarie,ben distinte tra loro,era legittimato e temperato dalle leggi costituzionali. La separazione delle funzioni legislative da quelle prettamente giurisdizionali o amministrative implicava la ridefinizione in maniera precisa delle competenze dei vari organi,secondo un apparato normativo che ne fissasse contemporaneamente le aree di competenza ed anche i limiti. Labbattimento dei meccanismi di potere consolidati,della mentalit FORENSE e di quanto rimaneva del sistema assolutistico-ministeriale,era interfacciale al riassetto del Regno secondo una costituzione politica definita,stabile e conforme al diritto naturale. Il modello da istaurare si riconosceva in quello di una monarchia AMMINISTRATIVA attenta alla legalit e alle garanzie fondamentali.

9.Verso un moderno decentramento La piena attuazione di tale progetto costituzionale implicava anche un intervento mirato di razionalizzazione delle istituzioni amministrative e giudiziarie,che incidesse sulla loro natura e sulla collocazione topica. Questa idea,che GALANTI aveva espresso nella riforma della giustizia, elaborata nel 1792,in vestiva la funzione giurisdizionale nella sua interezza,perch attraverso nuovi criteri di riassetto tendeva a depotenziare le supreme magistrature centrali favorendo lo sviluppo dei tribunali e degli uffici provinciali. Le ispezioni condotte nelle varie regioni del SUD gli avevano fornito un quadro nitido della desolazione e della miseria in cui viveva gran parte delle provincie. Lo stato di arretratezza economica e di degrado sociale si presentava grave e generalizzato, accompagnato a forti egoismi individuali. Emergeva chiaro come prevalessero gli interessi personali sul bene della patria.

Per la stabilit del trono questa estenuante situazione rappresentava certamente una non trascurabile minaccia,ma poteva ancora essere sanata,stabilendo una nuova configurazione istituzionale,pi rispondenti ai bisogni della societ. Le province,che dovevano rappresentare l HUMUS delleconomia nazionale,la FORZA PRINCIPALE dello Stato,erano avvilite da una capitale MOSTRUOSA e prevaricante. Per risollevarle anche demograficamente,non era pi sufficiente disporre interventi a livello periferico e locale,bisognava rifondare tutto il corpo giurisdizionale,tutto il potere giudiziario anche al centro. Proponendo tale schema ordinamentale il riformatore sannita sviluppava pi lucidamente lidea,gi lanciata nella DESCRIZIONE DELLE SICILIE,di rendere indipendenti le province dallo spirito amministrativo della capitale. La prospettiva del decentramento investiva il settore giudiziario e amministrativo,abbinandosi alla divisione del Regno in 5 PARTIZIONI GENERALI. Si trattava di una sorta di distretti regionali,composti da pi province,per la cui gestione Galanti suggeriva di attingere personale qualificato dalle societ patriottiche,entit radicate nelle realt locali,che stavano spuntando un po ovunque e che gi coagulavano tanti ingegni BUONI SOGGETTI. Se depotenziare e sovvertire la gemma pi preziosa di Napoli,cio la gerarchia forense e tutto lordine giudiziario,costituiva per Galanti il presupposto indispensabile per fondazione di uno stato nuovo,la sua idea nelle sedi ufficiali incontr pi opposizioni che consensi. Quel progetto rifletteva una linea di pensiero fin troppo avanzata,fortemente destabilizzante e per questo venne insabbiato. Tra le perplessit dei 4 segretari di Stato,laudace piano colp molto favorevolmente ACTON,che per distratto da altri pensieri non si termin alla formale esecuzione;i ministri invece non guardavano di buon occhio la riforma del Galanti;soprattutto SIMONETTI che non tollerava che venisse minacciata la gerarchia del FORO. Con la scusa ufficiale della carenza di fondi,la proposta fu sfrondata delle parti pi significative e rielaborata:mentre la riorganizzazione istituzionale rimaneva in sospeso,per poi naufragare,nel 1795 il congresso dei 4 segretari di Stato deliber gli interventi da approvare,propinandoli come gli unici possibili senza far ricorso a nuove spese;il piano sincentr soprattutto sulle misure di polizia,che nellemergenza controrivoluzionaria,apparvero decisamente pi utili. Ma ben altri sarebbero stati secondo Galanti i progetti per scongiurare il pericolo di contagi eversivi. Se il suo interventismo innovatore creava perplessit negli apparati non dissimile fu latteggiamento dei regnanti,impegnati in una gestione molto personale;in tali condizioni era quasi naturale che il giurista sannita finisse per mettersi tutti contro e per rimanere isolato. Dopo circa 10 anni,Galanti riguardava con tristezza le idee in cui aveva creduto fermamente;renderle pubbliche nel 1806 fu solo un modo per dare libero sfogo alle sue tante delusioni

LUIGI DE MEDICI LE IDEE DI UN GIURISTA DI CULTURA EUROPEA DALLA FORMAZIONE ALLA PRASSI

1.Le ragioni di unanalisi retrospettiva Nel consegnare i suoi PRIVATI COMMENTARI alla memoria dei posteri,LUIGI DEMEDICI, principe di OTTAVIANO,dichiarava che il solo pregio dellopera risiedeva nel tenero amore per il benessere dei suoi concittadini e per lumanit,che ha sempre nutrito nel suo cuore a costo di pericoli e pregiudizi comuni,e la malignit altrui,gli hanno fatto correre. Era lanno 1810;le tante incertezze derivanti da una complessa vicenda esistenziale e ministeriale si erano sommate a quelle originate dal recente assetto politico assunto dal SUD dItalia.Con la conquista napoleonica del territorio napoletano ed il trasferimento della monarchia borbonica in Sicilia,i destini dei due regni si erano separati ed i nuovi equilibri ordinamentali,specialmente nellisola,apparivano alquanto instabili. Luigi deMedici,che aveva seguito i BORBONE in Sicilia alla guida delle reali Finanze,dissentiva da molte scelte prese al vertice,perch come macigni si abbattevano su una situazione socioistituzionale gi dissestate e fragile,tra laltro in un territorio al centro di una delicata contesa internazionale. La strategia politica e militare intrapresa da Ferdinando IV e Maria Carolina non era formato nellottica del riformismo e del progresso;la linea del governo borbonico invece limitava il suo operato nellisola,traducendosi in interventi del tutto improduttivi. Ben diverse erano le posizioni ideologiche propugnate dal principe-giurista e suggerite ai regnanti: per superare tale difficile ed intricato momento storico,il governo monarchico doveva puntare su altri e pi solidi punti di forza;riconquistare larea continentale era un obiettivo assai ambizioso che pretendeva maggiori impegno ed anche sacrifici economici. Per operare efficacemente in siffatta direzione occorreva far leva su una nuova e sicura energia,quella di matrice spirituale ed umana,che sarebbe emersa sollecitando limpeto nazionale e la fedelt delle masse. I disegni di Medici erano animati dalla speranza di una sana politica economica gestita nella rinuncia alloppressione fiscale e con un utilizzo dei cospicui sussidi inviati dallInghilterra;in lui era ancora viva la fiducia nella corona e nelle sue capacit di una retta conduzione della RES PUBBLICA che perseguisse il raggiungimento dellUTILITAS collettiva. Gli aventi rivoluzionari francesi e napoletani avevano dimostrato che la partecipazione sociale non era pi unidea remota,in grado di produrre grandi novit istituzionali e costituzionali;il principe di Ottaviano era convinto che,migliorando le condizioni di vita del paese,gli isolani non avrebbero esitato,alloccorrenza,ad amarsi contro i nemici,offrendo spontaneamente tutto il loro supporto; tuttavia la gestione di Ferdinando e di Maria Carolina fu determinata da un orientamento completamente diverso,privo di un programma lungimirante e di ogni attenzione per linteresse comune e per la prosperit sociale. Sebbene Luigi deMedici continuasse ad immaginare i favorevoli effetti di una virata,non gli sfuggiva la consapevolezza di muoversi in controtendenza e di essere isolato. Per lui,che a Napoli aveva assistito da vicino al crollo della monarchia,era facile stabilire una comparazione tra quella vicenda ed i possibili sviluppi della situazione politica siciliana. La percezione del rischio di una caduta in ulteriori irreparabili errori,pertanto,lo induceva a guardare indietro,riesaminando le cause di una disfatta che era stata inevitabile.

2.Un alibi per Acton Da giurista intelligente,Medici poteva formulare un bilancio degli eventi di fine secolo, che si erano conclusi con la rapida e definitiva dissoluzione,nel continente,di un sistema giuridico e

costituzionale consolidato nella tradizione. Dal dopo Tanucci la monarchia temperata si era affievolita lasciando spazio ad un governo dispotico e personale;il binomio IMPERIUMJURISDICTIO aveva subito un forte sbilanciamento quando la VOLUTTAS PRINCIPIS aveva preso il sopravvento in ogni campo,a svantaggio delle magistrature e soprattutto della JURIS PRUDENTIA. LUIGI DEMEDICI inizi il racconta di tale epoca presentando il personaggio che,stabilitosi a Napoli per oltre un ventennio dalla fine del 1778,aveva influito in maniera determinante sulle vicende politiche e giuridici-istituzionali del REGNO e,non meno,sul corso della sua vita:JOHN ACTON. Fu un giudizio sintetico ed essenziale formulato in poche battute che,oltre ad indicare i tratti peculiari della figura e dellattivit del comandante inglese ,esprimeva una diagnosi politica molto efficace,non infondata. La fine dellantico regime non valeva ad assolvere loperato e la fama di un uomo che era stato tra i principali artefici della disfatta del Regno sebbene tutto fosse poi apparso come una naturale proiezione dei tragici avvenimenti francesi. In verit lappena cinquantenne ministro avrebbe voluto continuare a descrivere lattivit svolta da quel personaggio;ma,in corso dopera,compresse quel suo ardente perch scoraggiato dal presagio di una nuova estromissione dai posti di comando. Non arduo constatare che lingresso del giovane Medici sulla scena,avvenuta nel 1783 con lassunzione della carica di giudice della Vicaria civile,era gi stato preceduto da alcuni importanti avvenimenti che avevano finito per sconvolgere i consolidati equilibri giuridici e costituzionali a vantaggio di un NASCENTE FEMMINILE IMPERO. Medici delineando la fisionomia dei regnanti disse che il re si dedicavi a trastulli come la caccia e la pesca,invece la regina partecipava attivamente alla politica e di fatto ne teneva le redini. La svolta decisiva si era verificata nel 1776 con la caduta del vecchio ministro toscano TANUCCI e lassegnazione della Segreteria di Stato ad un personaggio assai modesto e manovrabile,il marchese della SAMBUCA;infatti venne accresciuto smisuratamente il potere della regina e dei suoi favoriti. Con la fine del vecchio ministero togato e del primato della JURISDICTIO divenne netta la distinzione tra corte e governo;si afferm allora una nuova MENTALITA DI GOVERNO ,basata sul potere personale ed assoluto di MARIA CAROLINA,che si congiunse di l a breve con quello di ACTON;lo stesso MEDICI dichiara che lanno 1780 aveva segnato per il Regno linizio di profonde trasformazioni istituzionali.

3.La carriera di Medici nelle Due Sicilie Del nuovo assetto di governo,reso assai complesso anche dai pressanti interessi economici internazionali,LUIGI DEMEDICI matur,attraverso la sua lunga attivit ministeriale,una visione lucida e realistica;avendo vissuto per molti anni allinterno della magistratura e nella politica centrale napoletana,gli si erano presentate continue occasioni di conoscerne i meccanismi e di verificare le cause di quei fenomeni che avevano condotto sempre pi le SICILIE verso il tracollo finanziario ed istituzionale;daltro canto la sua carriera e la sua personale esperienza erano state segnate dal favore della regina e dalla presenza dominante di ACTON,che ne aveva condizionato in larga misura le tappe e le fasi del successo. Introdotto nellambiente di corte da sua sorella MARIA CATERINA,marchesa di san Marco, Medici fu subito apprezzato per le sue doti intellettuali e per i suoi pregi che erano risaltate dal suo bel aspetto fisico. Oltre che per il prestante aspetto fisico,che certamente soddisfaceva linteresse di MARIA CAROLINA,si distinse anche come accreditato giurista ed autorevole magistrato. La sua ascesa al governo incontr liniziale e pieno consenso del ministro inglese,cosciente dei limiti delle proprie capacit e della effettiva incompetenza negli affari di Stato;concertando con la regina il rinnovamento della classe politica,Acton infatti suggeriva di utilizzare intellettuali di un certo peso e di nobile rango,tra cui(su sua espressa segnalazione)il principe di Ottaviano e GAETANO FILANGIERI.

Da giudice della VICARIA civile a consigliere del SACRO REGIO CONSIGLIO e della REALE UDIENZA di GUERRA e CASA REALE,nel giro di pochissimi anni Medici comp una rapida scalata ai vertici dellapparato giurisdizionale centrale;apertasi la strada verso il successo,per ordine di MARIA CAROLINA,nei primi mesi del 1787 ottenne interessanti benefici economici;che poi furono allargati anche alla sorella. Appariva chiaro che la protezione della marchesa di San Marco costitu per il fratello un grande ausilio ed un valido sostegno,rilevatosi efficace non solo nelle relazioni mondane;il giovane Medici si serv delle assidue ed intime frequentazioni della sorella con la regina per arrivare alle pi alte vette del potere. In realt non soltanto la scelta e la cooptazione iniziale,ma anche i successivi avanzamenti di carriera e le sorti degli uomini di governo furono assai spesso determinanti con criteri del tutto singolari e macchinosi,da cui anche Medici non rimase indenne. Laddove re Ferdinando ed Acton individuavano dei possibili e pericolosi rivali nei favoriti della regina,subito si mostravano concordi nelle manovre da attuare:concedevano promozioni che tuttavia necessitavano lallontanamento dalla corte e dalla capitale. Medici non fu risparmiato da tale sistema;poco pi che trentenne,nel 1791,con il favore dei sovrani, fu investito dellinfluente carica di reggente della Vicaria,assumendo la guida della corte criminale pi prestigiosa della capitale e insieme il comando della polizia urbana;onorando lufficio conferitogli,appena dopo la nomina,con polso fermo provvide a ripristinare in Citt la sicurezza ed il compromesso ordine pubblico;si prodig anche per lattuazione di un progetto di riforma che, senza liquidare il vecchio sistema di polizia giurisdizionale,mirava tuttavia ad attribuire una maggiore autonomia finanziaria ed istituzionale al corpo armato da lui diretto. Le sue coraggiose sollecitazioni ideologiche e le tante iniziative di riforma avviate collocarono il principe di Ottaviano al centro di conflitti di potere;intervennero contro di lui esplicite denunce per le invadenti e continue interferenze delle Segreterie di Stato da una parte,per gli arbitrii reiterati e per la palese concorrenza esercitata dallUdienza generale di Guerra e Casa Reale dallaltra. Lintraprendenza manifestata e la sua tenacia diedero cos inizio alle prime ostilit personali e ad una serie di disavventure politiche.

4.Il contrasto con Acton Il potente primo ministro era animato dalla reale preoccupazione di essere oscurato e soprafatto da un uomo capace e troppo vicino alla corte,cos alla fine del 1793 linglese pens dinviare Medici,per alcuni mesi,in missione segreta a GENOVA,al fine di ottenere un ingente prestito;ma durante quella permanenza allestero,lagente STEFANO RATI avrebbe dovuto mettersi a disposizione del reggente e,anche,indagare sulla sua attivit e sui suoi eventuali contatti con i rivoluzionari francesi. I primi sospetti e le accuse di giacobinismo rivolte al principe di Ottaviano devono leggersi anche alla luce della mutata situazione internazionale Infatti,a seguito degli accordi conclusi con lInghilterra alcuni mesi dopo lesecuzione di Luigi XVI,i rapporti tra le Sicilie e la Francia furono messi in crisi,dando lavvio a Napoli a numerose inchieste politiche. Fu cos che il reggente Medici divenne inquisito come coautore di una congiura,che vedeva coinvolto anche il defunto e temuto principe di CARAMANICO;in conseguenza con larresto avvenuto nella notte del 27/02/1795 ed il trasferimento a GAETA usc di scena per diversi anni. Il contrasto con Acton era in realt molto pi complesso:il principe di Ottaviano apparteneva alla scuola del CARACCIOLO e del CARAMANICO. Questi autorevoli ministri,inviati per motivi analoghi come vicer in Sicilia,furono decisi sostenitori del pensiero progressista e riformatore maturato nel Regno grazie a CELESTINO GALIANI;erano legati allambiente che abbracciava linsegnamento genovesi ano,mostrando notevoli aperture verso il pensiero e le tante sollecitazioni culturali che provenivano dOltralpe.

Quelle idee si riflettevano sulla visione politica sostenuta dal marchese CARACCIOLO, ambasciatore a Parigi per un decennio,con cui il giovane Medici aveva familiarizzato;dalle posizioni del Caracciolo usciva riconfermata,nei tratti generali,la validit del modello che poggiava su un assolutismo temperato,in linea con lo STATO GIURISDIZIONALE,in cui la pluralit dei centri di potere e di diritti era ricomposta ed equilibrata attraverso gli strumenti tecnici e la CIVIL PRUDENZA dei LEGUM DOCTORES. Appariva chiara la disparit di vedute tra i PHILOSOPHES meridionali e i regnanti,infatti si limitarono la forza e lautorit delle strutture giudiziarie a favore dellesercito,di cui nello stesso tempo si potenzi lorganizzazione,creando i presupposti per la nascita dello Stato di polizia. Riguardo alle compromissioni con i GIACOMINI di cui Medici fu accusato rimane ancora poco agevole stabilire lampiezza del suo coinvolgimento e definirne la reale valenza politica;come giurista dimpronta genovesiana egli non perse mai di vista le finalit generali,ebbe di mira la sintesi sociale e non gli interessi di parte. Secondo la moda parigina Apr la sua casa a tutti gli spiriti illuminatie mentre era reggente della Vicaria,tra la fine del 1792 ed i primi del 1793,acconsent allapertura di unaccademia di chimica su richiesta del matematico ANNIBALE GIORDANO senza lespressa licenza del re. Tuttavia,dopo 3 lustri,Medici curava di prendere le distanze da quel singolare consesso, trattandosi di un CLUB dove si leggevano le gazzette francesi e si propagandavano idee di libert e uguaglianza abbinate a progetti antimonarchici.

5. Lapprendistato a Torino Gli interessi di Medici si erano gi rilevati in et giovanile,quando non ancora diciottenne si era recato a Torino,presso lAccademia Reale:egli manifest un deciso rifiuto per la carriera militare e gli esercizi marziali. La sua famiglia versava in ristrettezze economiche,quindi egli era consapevole che per vivere in maniera agiata doveva assicurarsi una professione dignitosa;presto il giovane Medici giunse alla conclusione che gli sarebbe risultato utile ampliare quelle limitate e sommarie conoscenze che aveva acquisito frequentando il collegio gesuitico di NOLA. Valut anche la necessit di applicarsi nello studio della storia e della geografia,dellidioma francese e delle opere classiche,greche e latine;ma non tralasci di dedicarsi alla lettura degli scritti pi moderni e in voga,ed in particolare di ROUSSEAU. Inoltre,dopo aver terminato il corso di diritto,frequent per diversi mesi anche le lezioni di fisica e di matematica tenute presso lUniversit della capitale piemontese dal padre GIOVAMBATTISTA BECCARIA,noto sostenitore del moderno indirizzo newtoniano. Oltre al tempo trascorso a Torino,furono proficue per la sua formazione intellettuale ed ideologica la permanenza a Parigi e in altre capitali europee. I diversi sistemi di governo,in cui il principe di Ottaviano si era imbattuto durante lassenza da Napoli,costituirono un supporto molto valido anche per una conoscenza pi profonda dei meccanismi praticati nella gestione del potere. Si realizzava cos,secondo lideale formativo di PAOLO MATTIA DORIA e poi da GENOVESI,lampliarsi della cultura giuridica oltre la mera tecnica professionale ed oltre gli interessi cetuali. Aveva potuto sperimentare,sulla scia di MONTESQUIEU,che le formule del vivere civile non erano affatto omogenee,anzi molto variegate e con unidentit ordinamentale specifica,forgiata sulla base dei caratteri propri dellorganizzazione socio-politica e dellambiente,della religione e delle abitudini feudali. Nelle MEMORIE,Medici,dedicava una particolare attenzione a Torino dove si era trattenuto per circa due anni;sebbene fisicamente lo Stato sabaudo risultasse assai vicino alla Francia,agli occhi di Medici appariva molto distante da quel modello,sia per organizzazione politica che per complessit istituzionale. Allesercito era attribuita la peculiare funzione di difendere costantemente i confini,mantenendo stabile lequilibrio interno e anche il ruolo europeo;in questo sistema Medici aveva appurato lesistenza di almeno due vizi gravissimi tra loro strettamente collegati:la

diplomazia e la pace avrebbero posto un ostacolo pi saldo delle arti della guerra allavanzata francese. Invece il rigore del modello sabaudo e il rilevante peso costituzionale della forza militare producevano conseguenze assai varie;se per un verso lordine pubblico e la tranquillit sociale,dallaltro leconomia veniva penalizzata. I monarchi puntavano allefficienza militare trascurando completamente il popolo e di operare sulle loro condizioni di vita;qui presente linflusso del pacifismo di ROUSSEAU,che tuttavia riportava Medici su posizioni moralistiche che;dopo FERNDINANDO GALIANI ed ai tempi di FILANGIERI,possono apparire alquanto ritardatarie;ma bisogna tener conto sia dellinfluenza esercitata in lui dalla prevalente cultura giuridica,sia dalla umorale opposizioni agli eccessi del militarismo di Acton. Il generale malcontento e la pericolosa inquietudine che si erano creati nella societ piemontese,tanto da agevolare la conquista napoleonica,rappresentavano un prezioso monito ed un invito,rivolto ai re in Sicilia,a rivedere il loro attuale indirizzo di governo. Vi era un altro elemento che aveva reso quel sistema soffocante:lazione e la libert individuale risultato assolutamente compromesse oltre che prive di espressione;non esisteva alcuna forma di rappresentanza n nazionale,n provinciale. Insomma,i principati italiani non si erano evoluti mediante unosmosi tra la base ed il vertice del potere,non erano il frutto di un movimento per cui il potere centrale si sentisse al servizio della comunit. Anche in questo caso Medici mostra di aver appreso molto dalla struttura della societ francese;linsofferenza alle divise ed alle pratiche cavalleresche si collegava nello statista napoletano alle istanze ed agli umori sociali;a Torino era tutto in mano al re. Per soppesare gli arbitrii e lestensione politica dellassolutismo piemontese tuttavia non si poteva prescindere da un parametro fondamentale e tra i pi efficaci:il potere delle magistrature. Daltro canto era proprio sotto il profilo giuspubblicistico,che Torino e Parigi diventavano due realt incomparabili. Le funzioni di supplenza esercitate dalle grandi corti di giustizia producevano un duplice risultato:riuscivano ad impedire gli abusi e gli eccessi in cui potevano scivolare il potere del monarca tutelando gli interessi generali del paese. Diversamente nel regno sabaudo,secondo quanto Medici aveva potuto rilevare,la mancanza di organi rappresentativi non era compensata dallautorit dei giudici che godevano di scarsissima autonomia e non riuscivano affatto a contemperare lautorit regia. Trapelava la chiara convinzione che solo in presenza di una casta forte di giuristi il correttivo della BALANCE dei poteri riuscisse a diventare pienamente operativo.

6. Lesperienza parigina In Francia,bench fosse venuta meno la convocazione degli Stati generali fin dal 1614,i parlamenti avevano sopperito a quellassenza,ricoprendo a lungo un ruolo di primo piano. Contro una gestione dissennata degli affari di governo ,la mediazione giuridica risultava ancora valida ed in grado di offrire delle garanzie ai fini della tutela del VIVER CIVILE. Lordinamento francese dantico regime,per quanto il giovane Medici lo giudicasse gi in dissoluzione,aveva comunque destato la sua ammirazione,innanzitutto per laccertata valenza politico-costituzionale della BILANCIA DEI POTERI ma anche lemergente efficientismo nel settore econ0omico e commerciale laveva colpito molto favorevolmente. Pur accomunata da unanaloga crisi morale ed istituzionale,la situazione delle Sicilie negli anni 90 risultava ancora molto arretrata e non riusciva proprio a reggere il confronto;lorganizzazione dei trasporti anzich fare del regno una citt ben collegata,aveva penalizzato le zone periferiche ed escluso la possibilit di avviare uno sviluppo economico oltre i confini. Le arti della pace,che nella vita privata Medici aveva dimostrato di preferire alle arti della guerra,si erano rilevate gli strumenti pi idonei a far acquisire alla Francia un alto livello di

omogeneit e di compattezza interna. In virt di tali caratteri era diventata una potenza trainante ergendosi con evidenti superiorit sugli stati confinanti che pure si proiettavano sul Mediterraneo. La monarchia francese aveva esteso la lingua,le sue leggi e i suoi usi ad ogni territorio annesso,creando subito unomogeneit giuridica ed istituzionale e spegnendo ogni rivendicazione autonomistica. Laccorpamento diventava cos una perfetta fusione,in cui le strutture giuridiche si legavano allimpianto della nazione. Qui Medici coglie il fattore centrale che distingueva la monarchia,che era apparsa gi a MACHIAVELLI ben organizzata,e quindi efficiente ed espansiva,e la modestia dei principati italiani che costituivano versioni rivedute e ben poco corrette delle signorie medievali.

7. Uno sguardo alla Spagna ed allItalia Gi dal XV secolo i re cattolici non avevano seguito piani di governo simili a quelli francesi. La mancata imposizione di un sistema amministrativo,istituzionale e giuridico uniforme,aveva ritardato il raggiungimento di una forte coesione centrale varie province iberiche. Per quello che riguarda gli altri domini in Europa,essi lasciarono sussistere nelle varie province assoggettate le antichi leggi,usi e costumi. Il rispetto degli ordinamenti vigenti lasciava sopravvivere le identit nazionali ed istituzionali pi diversificate,tanto da alimentare lodio verso quei stranieri;intanto specialmente nel SUD,si erano radicate forme di gestione del territorio arretrate che,insieme allignoranza ed ai pregiudizi,rappresentavano degli enormi ostacoli alla felicit pubblica;quello stato di deperimento generale,per Medici,aveva impedito che la societ facesse qualche progresso. La pesante incidenza del sistema feudale e delle immunit ecclesiastiche aveva ridotto i sudditi delle Sicilie in una condizione di SERVITU,che rimaneva molto gravoso. Medici aveva potuto constatare che il popolo di Venezia non era mai stato n schiavo n libero ma aveva partecipato alluna o allaltra condizione;il sistema oligarchico vigente in quella REPUBBLICA,bench non avesse mai favorito alcuna forma di partecipazione sociale,n garantito unamministrazione imparziale della giustizia,tuttavia perseguiva una saggia politica istituzionale,volta a procurare la fiducia oltre che lobbedienza. Il ministro napoletano si soffermava a descrivere altri modelli ordinamentali presenti nel panorama italiano che monarchi memorabili,da PIETRO LEOPOLDO a PIO VI,avevano abilmente risollevato imboccando la strada delle riforme e delle libert. Il significato di quei riferimenti non pu leggersi che come un sincero auspicio indirizzato ai sovrani di Sicilia affinch,tra le mire espansionistiche inglesi e napoleoniche,riuscissero a resistere mantenendo il controllo dellisola ed una propria stabilit politica. Si doveva mettere mano alle virt politiche ed optare necessariamente per soluzioni che attivassero forme di crescita economica concrete e prossime al rinnovamento civile;com evidente,in Medici linteresse3 si era spostato dallanalisi delle vecchie strutture normative agli aspetti di partecipazione della comunit alla diretta conduzione della RESPUBLICA. Erano anni difficili e Medici,da giurista e pubblico amministratore,guardava alla storia europea pi recente traendone insegnamenti per il futuro. Di quegli stati che aveva fatto sfilare nella sua narrazione,nel nuovo secolo,in realt rimaneva ben poco,tuttavia lorganizzazione costituzionale di qualcuno poteva rappresentare ancora un esempio valido. Le sue convinzioni personali erano nette ed orientate in una direzione decisamente FRANCOFILA,ma moderata. Lequilibrio tra regime,istituzioni e societ,che allinterno di quella grande potenza lassolutismo temperato dal potere dei parlamenti era riuscito a realizzare,aveva spianato la strada allo sviluppo culturale e produttivo del paese. Una determinata era stata data da TURGOT che,posto alla guida delle finanze francesi dallestate del 1774,aveva tentato di salvare la monarchia promuovendo le riforme e razionalizzando il prelievi fiscale. Accomunati da una stessa ratio i rimedi proposti da Medici ricalcavano limpostazione che

lalto ministro aveva seguito durante il suo incarico. Vicino alle posizioni dei PHILOSOPHES ed alla idee propugnate dai fisiocratici,lo statista francese aveva cercato di ridurre la spesa pubblica e nello stesso tempo di accrescere le entrate dello Stato sostenendo la libert del commercio e lo sviluppo dellindustria. 8. Riforme contro rivoluzioni Tra le opere moderne che nella seconda met del 700 avevano trovato maggiore diffusione,il CONTRAT SOCIAL si collocava tra i primi posti;Medici laveva letto pi volte,affascinato da tante idee innovative,ma presto si era ravveduto valutandone la scarsa e difficile attuabilit. Il progetto politico di ROUSSEAU in Francia aveva avuto pi oppositori che seguaci,e a lui,sin dallet giovanile,era apparso una mera utopia. Lunica parte,concretamente applicabile secondo Medici,era quella della separazione dei poteri. Egli non poteva sottacere il grandissimo merito degli autori dellENCYCLOPEDIE:quelle idee erano apprezzate dal principe di Ottaviano nei limiti in cui non oltrepassavano il recinto della moderazione e non rinnegavano il fondamento costituzionale della formula monarchica. Il benessere sociale,lutilit pubblica,il vivere civile erano gli obiettivi prioritari che lo Stato doveva porsi ed il principe-magistrato laveva esternato in varie occasioni,anche direttamente allonnipotente Acton. Appena dopo lo scoppio della rivoluzione francese Medici era stato inviato in giro per la Calabria al fine verificare il peso politico assunto dalle logge massoniche,la loro popolarit e pericolosit;dalla sua inchiesta risultava che una regione cos infelici e depressa,specie dopo il devastante terremoto del 1784,costituiva un terreno fertile per lespansione delle societ dei LIBERI MURATORI. Se ne contavano almeno tre importanti in contatto diretto con la loggia madre di MARSIGLIA;certo non costituivano ancora unemergenza ma una nuova pratica di governo pi attenta alle esigenze della collettivit,avrebbe potuto essere un adeguato ed utile rimedio preventivo. Sulle cause e gli esiti della rivoluzione francese,il principe di Ottaviano invece preferiva non sbilanciarsi,omettendo ogni sorta di giudizio personale e diretto;lunica constatazione che esternava era rivolta ad escludere qualunque forma di dipendenza,se non come pretesto,di tale evento dalla rivoluzione Americana a danno dellInghilterra. Anche con riferimento con quanto era accaduto a Napoli Latteggiamento prudente di Medici scaturiva anche da chiare ragioni di opportunit,se si considera che per motivi politici sub 3 arresti:nel 1795 come repubblicano,poi sotto la Repubblica partenopea e dopo il rotino al potere del re fu arrestato a casa di ZURLO. Tuttavia riguardo al primo di questi episodi una memoria del 1797 dei patrioti di Napoli affermava che il ministro in realt non poteva definirsi n repubblicano n rivoluzionario,ma soltanto dominato da uninsaziabile ambizione,e che egli non aveva cospirato contro la monarchia,ma contro Acton,assecondato in Sicilia dal principe di CARAMANICO.

9. Per una nuova costituzione:da sudditi a cittadini Negli anni della maturit Medici tendeva a bandire le soluzioni eccessive e radicali:la conclusione troppo spinta cui portava il pensiero di MONTESQUIEU di abbattere completamente il sistema feudale gli appariva improponibile,egli pensava,invece,ad una riforma di tale sistema. Daltronde tale soluzione,dettata anche da ragioni di politica contingente,era perfettamente coerente ed allineata alla situazione siciliana,in cui il baronaggio si proponeva sulla scena politica come uno stabile interlocutore della monarchia ed un imbattibile centro di potere. Proseguendo sul tema,valeva anche la pena rievocare gli interventi disposti a Napoli con saggia e ragionevole prudenza da BERNARDO TANUCCI. Godendo della massima fiducia di CARLO di BORBONE,dopo il 1759,con lassunzione del sovrano al trono di Spagna,egli aveva governato per

diversi decenni;il maggior vanto di quel ministero erano stati gli interventi effettuati per determinare labbassamento,e non la soppressione,del numero di preti e baroni,specialmente se si considerava le modalit di attuazione:il muro dellIMPASSE era stato varcato senza scontri diretti,puntando su un mnage a quattro in cui la magistratura assumeva il delicato compito di ago della bilancia. Tuttavia entrava in gioco anche una componente nuova,la volont generale,che assolutamente non poteva essere trascurata. Per sopravvivere la vecchia monarchie borbonica doveva iniziare a misurarsi con un altro interlocutore primario,il popolo,il cui sostegno a Medici appariva imprescindibile. Infatti era ingenuo sperare di rinvenire la soluzione alle tante emergenze,fidando solo sulla solidariet degli agenti esterni allordinamento giuridico-istituzionale. Inoltre gli atteggiamenti di MARIA CAROLINA accrescevano il livello di tensione,mostrandosi del tutto insofferenti allidea che gli alleati inglesi mirassero ad interferire nella definizione della forma di governo e degli affari di Stato. Che la monarchia stesse vivendo una fase cruciale Medici mostrava di averne la netta percezione;da l scaturiva anche la convinzione che le attivit di resistenza ostinata e passive non fossero pi sufficienti allo scopo di conservare la sovranit. Sostanzialmente suggeriva il ministro bisognava ripensare il rapporto STATO-SOCIETA ,operando nellottica di un rinnovamento costituzionale,perch il legame tra sudditi e sovrano non poteva pi fondarsi sul mero principio dinastico. I consigli elargiti dal ministro Medici erano volti a dimostrare la necessit dintervenire e di procedere alla riforma dellordine politico-giuridico concedendo alla Sicilia una nuova costituzione,equilibrata e non lesiva degli interessi della monarchia;una svolta che avrebbe soddisfatto le aspettative dei vari interlocutori(inglesi,baronaggio e popolo) e contribuito a ristabilire un clima di generale e reciproca fiducia perpetuando il dominio borbonico. Il principe di Ottaviano si era espresso pi volte sulla convenienza di ispirarsi al modello britannico;lammirazione per quel singolare ordinamento giuridici-istituzionale laveva colpito gi in giovane et,infondendogli il desiderio di visitare lInghilterra dopo Parigi. Daltro canto,mentre il sistema assolutistico francese,per quanto bilanciato dalla mediazione dei supremi tribunali,era finito insieme allANCIEN REGIME,il modello parlamentare inglese aveva resistito agli scossoni di fine secolo mostrando tutta la sua bont;e,quando le sollecitazioni di lord BENTICK si fecero pressanti in tale direzione,il giurista napoletano manifest esplicitamente e liberamente,il suo generale favore per il modello inglese. Le riflessioni di Medici si polarizzavano sullopportunit di predisporre e promulgare un nuovo diritto pubblico,che tendesse ad adottare la base sociale ed a comprimere molti privilegi baronali. Ridefinendo le funzioni primarie dello Stato e la relativa organizzazione istituzionale le aree di competenza e i limiti di ciascun organismo di potere andavano rivisti e fissati secondo i nuovi principi stabiliti;su questi presupposti i sudditi si sarebbero sentiti protetti,liberi da quello stato di soggiogazione e semischiavit in cui versavano da diversi secoli,e finalmente con dei diritti civili e garantiti dallordinamento. Quindi il concetto di cittadinanza utilizzato dal principe di Ottaviano si riferiva ad uomini non schiavi ma neanche liberi: la condizione di cittadino era considerata in uneccezione intermedia e moderata,ben pi estesa e vantaggiosa rispetto a quella mortificante di sudditi-schiavi,ma pi ristretta al confronto di quella troppo democratica,che i principi costituzionali del sistema anglosassone potevano implicare. Pur abbracciando lidea di revisionare la condizione giuridicoeconomica dei sudditi,a Medici appariva prematuro disporre una riforma costituzionale che avesse la libert politica per oggetto.

10. Medici e la vicenda siciliana

Negli anni compresi tra il 1806 e il 1812 le linee di governo adottate dalla monarchia borbonica,confinata in SICILIA,apparivano sensibilmente modificate:avvertendo la precariet del suo regime politico,la corona aveva assunto un atteggiamento pi accomodante e di maggiore disponibilit verso il baronaggio locale,attestandosi comunque su posizioni molto variabili. Mentre si creavano i presupposti per stabilire nuovi compromessi socio-istituzionali,rimaneva napoletani. Accanto alla particolare congiuntura bellica aleggiava anche il timore di una rivolta giacobina,per cui i sovrani, tentarono di assicurarsi la sopravvivenza politica ripristinando vecchie alleanze con il potere feudale e con gli ecclesiastici,partners di governo che invece i riformisti avevano osteggiato. Tale debolezza della monarchia,manifestata da MARIA CAROLINA gi sul finire del secolo XVIII,privava defficacia le posizioni di DONATO TOMMASI e MEDICI;intanto la nobilt siciliana trovava nella crisi politica riformista le basi per realizzare un progetto costituzionale oligarchico,vantaggioso per s e debilitante per la corona. La presenza dominante della potenza baronale aveva distorto il senso di molti concetti,comportando che per libert e costituzione sintendesse il governo feudale e,per pubblica rappresentanza,la rappresentanza dei baroni;contro un sistema di potere,che si dispiegava attraverso abusi e diritti illiberali,il vicer CARACCIOLO aveva combattuto con incisiva tenacia:tra le tante imprese rimaneva memorabile il tentativo di colpire il diritto dimprigionamento arbitrario. Intanto le iniziative del baronaggio furono indirettamente favorite anche dallincrinarsi dei rapporti interni alla coalizione,tra gli inglesi e la regina,su cui gravavano fondati sospetti di un avvicinamento a NAPOLEONE per riottenere il regno di Napoli;con lavvento di BENTINCK nel 1811,infatti,si deline chiaramente linteresse britannico a fidare sullaristocrazia per assicurare una loro stabile presenza navale nel MEDITERRANEO. Fu nei primi mesi del 1810 che Medici,contrastando lapprovazione del progetto di globale riforma dellordinamento tributario,dellabate PAOLO BALSAMO e sostenuto dal braccio feudale del Parlamento siciliano,rese troppo esplicito il suo orientamento antibaronale;oltre a porre in evidenza le violazioni costituzionali che quel piano comportava,egli indic le profonde ingiustizie sociali che sarebbero scaturite dallabolizione degli usi civici e dallunificazione del regime giuridico dei beni feudali e di quelli allodiali. Senza perdere tempo avanz una contro proposta nella speranza di ridurre i privilegi dellaristocrazia e di rompere la compattezza cetuale:ma il suo piano fu bocciato e si tramut in un boomerang contro le prerogative dello Stato assolutistico e della monarchia,e in primis contro se stesso. Pertanto,mentre per non rompere le trattative in corso con la feudalit la corte manifestava uninterna difformit di vedute,Medici fin per esporsi in prima persona subendo una serie di critiche e di attacchi diretti. Anche se cercava di difendersi e quindi di negarlo,anche con vittimismo,il suo atteggiamento di ostilit nei confronti della feudalit isolana traspariva comunque e fin con metterlo in cattiva luce presso gli inglesi;anche re FERDINANDO lo considerava un oppositore cavilloso e legalista,poco disponibile ad effettuare gli accomodamenti che le situazioni richiedevano. E cos si era innescata una spirale perversa,che aveva finito per denigrare la figura di Medici su tutti i fronti e per indurlo a pensare seriamente alle dimissioni. Questi ragionamenti incisero profondamente sui programmi di lord Beintick che,nel dicembre del 1811,sollecit un tempestivo ricambio dei vertici dellamministrazione statale;ma gi nel 1810,non essendosi sopite le tensioni politiche,il re Ferdinando aveva rimaneggiato il Consiglio privato allargandolo con presenze locali;lapertura di quel distretto consesso ai potenti principi di BUTERA e di CASSERO apportava rilevanti cambiamenti nei posti di comando e negli equilibri interni. Fu il primo segnale che Medici stesse per cadere di nuovo in disgrazia. Sul finire del 1811 Medici dichiar che avrebbe giovato un suo allontanamento da Palermo; lassenso del re non tard ad arrivare e cos agli inizi del 1812,il principe di Ottaviano,incaricato di una missione diplomatica,fu tra i primi ministri borbonici ad essere imbarcato con destinazione Londra.

11. Una convinta anglomania Mentre la sovranit monarchica sembrava vacillare sotto i colpi e gli attacchi che riceveva da pi parti,la regina individuava gli Inglesi come coloro che volevano la corona del Re. In realt MARIA CAROLINA viveva uno stato di profonda agitazione e cominciava seriamente a preoccuparsi per la sua incolumit fisica. Approfittando di quel clima di tensione,il principe PARTANNA intanto aveva perfezionato un preciso programma costituzionale che rispecchiava,in larga misura,le posizioni di tutta la nobilt siciliana. Nel nuovo equilibrio prospettati dalla feudalit isolana il Parlamento veniva ad assumere una posizione di primato,in quanto,oltre a porsi come titolare esclusivo delle competenze in maniera fiscale in virt dellantico sistema pattizio,acquisiva il potere legislativo sottraendolo al sovrano. Quella similitudine con il sistema inglese basata sulla separazione dei poteri,se catturava il sicuro potere degli alleati,suscitava perplessit nel giurista napoletano. Dietro lesaltazione del Parlamento e delle sue funzioni di rappresentanza nazionale no era difficile scorgere il fine pi concreto di perpetuare la potenza del baronaggio. Per approdare a quel vantaggioso traguardo,il piano aveva ridotto al minimo le prerogative regie e la partecipazione sociale. Riguardo al riconoscimento poi delle libert civili e dei diritti attivi e passivi dei cittadini nel piano non vi erano tracce significative. Una pericolosa interazione di interessi diversificati,interni ed esterni al sistema,incombeva sulle sorti della monarchia e del regno,sotto le mentite spoglie di una riforma ispirata al modello britannico. Contro la minaccia di un imminente cambiamento la dichiarata anglomania di MEDICI laveva indotto a non lasciare niente dintentato. Prima di abbandonare la Sicilia,sostenuto dallammirazione per una civilt che reputava culturalmente molto avanzata rispetto a quella meridionale,si era annunciato a lord BENTINCK per un confronto finale. Tale colloquio non fu turbato e nel complesso risult sereno e in molti punti unanime. Loccasione,tuttavia,consent di mettere in luce le ragioni dellallontanamento del giurista napoletano che,per quanto consone alle mire della feudalit siciliana,collimava perfettamente con una logica operativa tutta britannica.

12. Un progetto costituzionale per il principe FRANCESCO Anche quando le sue sorti apparivano senza speranza,il principe-giurista non perse occasione di mettere le proprie idee al servizio della corona. Con labdicazione di FERDINANDO e linsediamento del figlio FRANCESCO di BORBONE,in veste di vicario generale del re dal 1812,le pressioni inglesi e baronali sintensificarono. In un contesto che diventava ogni giorno pi stringente occorreva far ricorso alle armi del diritto ed utilizzarle in maniera adeguata,al fine di sconfiggere in un colpo solo tutti gli antagonisti e ripristinare il dominio borbonico sullintera Italia Meridionale. Fu appena dopo la partenza dalla capitale siciliana,nel febbraio del 1812,che Medici formul la sua soluzione costituzionale;che il principe ereditario,diversamente dai genitori,non dissentisse dallidea di percorrere la via del rinnovamento allo statista napoletano era chiaro:approfittando della titubanza in cui vagava il vicario generale e del fatto di non essere gi sul continente,Medici punt su unaltra strategia da avviare prima che la sua missione sullisola si concludesse del tutto. Perci si apprest a redigere,in forma non ufficiale,le linee di massima di un progetto di riforma costituzionale;con un breve scritto da recapitare al principe Francesco,il giurista napoletano cerc di spiegarli lurgenza si uscire dalle stasi con un suo intervento. I tempi erano maturi per un rinnovamento che agisse in profondit e,su questo punto,il giovane Borbone doveva concentrare tutta la sua attenzione,affinch il sistema di governo non ne fosse investito sfavorevolmente sotto il profilo del regime,ma soltanto per quello che riguardava lamministrazione.

Insomma la corona doveva battere sul tempo le spinte eversive e conquistare il consenso degli alleati,uniformandosi alla loro forma di governo;tuttavia il principe ereditario,guardando al modello inglese,doveva realizzarne gli opportuni adattamenti. Se la costituzione inglese rappresentava un valido punto di riferimento per levoluzione pubblicista dellordinamento siciliano,tuttavia non poteva ipotizzarsi unestensione tout court di quello schema ad una realt cos arretrata. Cera un punto fondamentale da cui bisognava prendere assolutamente le distanze:quello della distribuzione dei poteri tra sovrano e parlamento. Era noto che in Inghilterra,per mantenere la bilancia della Costituzione,il Re non aveva il totale potere legislativo,ma poteva solo rigettare e non determinare le leggi;in realt,in siffatto ordinamento si registrava unarmonica sinergia tra le parti,perch poggiava su una base rappresentativa molto larga e ben proporzionata che in Sicilia non esisteva. Il sistema dei contrappesi nel parlamento isolano non funzionava affatto,bench le sezioni fossero tre:le camere del CLERO,del DEMANIO e dei BARONI. Questa ricorrente situazione implicava che si dovesse intervenire pi che sulla struttura in s,proprio contro la consolidata supremazia nobiliare. Il progetto di Medici prevedeva,infatti,di ridimensionare il calibro di tali BRACCI e se necessario,di ridurli a non meno di due,quello del Demanio e laltro dei Baroni,incorporando in questultimo la componente ecclesiastica legittimata al voto. Realizzata la bipartizione sullo schema inglese delle camere dei LORDS e dei COMUNI,occorreva procedere ancora in una duplice direzione aumentando il numero dei votanti della camera Demaniale e accrescendo il numero dei rappresentanti della citt. A Medici appariva primario il risultato di comprimere il potere baronale e daltra parte era per lui inconcepibile una libera e paritaria partecipazione di tutti i cittadini alla vita pubblica;anche il modello monocamerale elaborato per la Spagna antinapoleonica e formalizzato nella costituzione di CADICE era da respingere. Tuttavia,se nella nuova impalcatura costituzionale bisognava comunque accogliere il principio della separazione dei poteri,rispetto al modello britannico cera qualche correttivo da apportare. Oltremanica il monarca,in quanto titolare del potere esecutivo,interveniva in parlamento per realizzare un perfetto bilanciamento delle forze. Nel piano prospettato da Medici,al contrario,il governo monarchico sembrava mantenere intatti i suoi poteri,sebbene temperati direttamente dalla partecipazione nazionale;al sovrano era affidata la direzione dellesecutivo ed un ruolo preminente nel parlamento. In linea con un rigenerato assetto verticistico,al re era riservato anche il pieno diritto di convocare e sciogliere il parlamento;la disparit tra sovrano e parlamento,che si desiderava mantenere nellesclusivo interesse dinastico,con queste affermazioni si poneva in grande risalto. Daltronde anche il sistema tradizionale di limitazione del potere regio offerto dai CORPI INTERMEDI sembrava tuttaltro che superato. La differenza pi rilevante rispetto al passato era la confluenza della pluralit dei contrappesi in un unico CORPO RAPPRESENTANTE,formalmente investito della funzione legislativa,ma di fatto subordinato al potere regio. Vi erano delle ragioni ben precise che consigliavano di adottare una linea ancora moderata e di non acconsentire a pi radicali cambiamenti politici:era viva la speranza di recuperare il Regno di Napoli. Riguardo al potere giudiziario,la revisione ordinamentale disegnata da Medici invece si uniformava largamente al sistema britannico,mirando a garantire la piena indipendenza dei giudici dalle altre autorit istituzionali e da eventuali pressioni esterne;l il sovrano era il solo distributore della Giustizia in tutto il regno,ma non aveva potere di revocare la nomina di un magistrato. Analogamente in Sicilia i membri degli organi giudicanti dovevano essere eletti dal re ma non amovibili:in tal modo le corti di giustizia una volta insediatesi,avrebbero gestito direttamente anche le operazioni di controllo sui propri componenti;fissato questo principio fondamentale,il giurista napoletano auspicava che si procedesse ad uno svecchiamento generale delle leggi civili e criminali. Anche nel congedarsi definitivamente,con toni appassionati Medici esortava Francesco a scegliere lunica via che gli avrebbe consentito un futuro:quella dellazione.

13. Memorie ufficiali e memorie riservate

Che i primi due lustri del secolo XIX per Luigi deMedici non fossero stati facili emerge anche dalle prime pagine delle MEMORIE redatte nel 1810;se il dualismo con ACTON era ormai superato dalluscita di scena dellex ufficiale di marina,per il principe di Ottaviano,nella nuova realt politica permanevano. La sua diretta partecipazione allevolversi di unepoca densa di avvenimenti destabilizzanti,vissuta allinterno del sistema di governo,laveva indotto a redigere una propria versione della recente storia europea,con una trattazione diffusa sullo stato politico della monarchia delle due Sicilie;con quello scritto Medici intendeva rivolgersi ad un pubblico vasto,per far comprendere come lequilibrio tra monarchia istituzioni e societ,fondatosi per secoli e non senza inconvenienti sulla meditazione giuridica delle magistrature,a Napoli fosse stato del tutto scompigliato con lavvento di ACTON. Che il giurista napoletano non avesse mai optato per la via del silenzio dimostrato anche dalle MEMORIE RISERVATE che compose,nel 1812,partendo dalla Sicilia. La natura privata e quasi segreta di questo testo non ne riduce lo spessore e lintensit dei concetti,si giustifica considerando la singolare importanza dellargomento;mentre richieste esplicite e pressioni indirette insistevano sulla necessit di disporre una riforma costituzionale,LUIGI DEMEDICI faceva leva su quella complicit quasi familiare,con il principe ereditario,per esaltare i ruolo guida della corona. Lordinamento giuridico dello Stato poteva essere migliorato senza scossoni,con ricorso a misure graduali che allargassero la capacit di partecipazione sociale e le basi della rappresentanza;nello stesso tempo occorreva calibrare il peso costituzionale delle istituzioni primarie alla luce delle ideologie maturate su tutti i versanti e ispirandosi ai pi validi modelli costituzionali europei;intanto la funzione giudiziaria era definitivamente privata della sua antica veste politica. Volendo trarre una conclusione da ci che Medici osserv e scrisse quale frutto delle sue esperienze di studio e di pratica compiuti al servizio della monarchia borbonica,si pu dire che la formazione di una valida sintesi tra societ e governo processo molto lento,che richiede ampia ed attiva partecipazione. Per realizzare questo coefficiente di sviluppo necessaria,nei meccanismi di gestione della cosa pubblica,una certa chiarezza e trasparenza,oltre al presupposto,da parte dei governi,di manifestare il massimo impegno a favore del benessere collettivo. Molti secoli di primato di poteri arcani e delle PRIVATAE RATIONES,sommandosi allestraneit dei poteri viceregi e regi rispetto agli interessi sociali,costituivano nel SUD difficolt che avevano creato FORMAE MENTIS non innovabili in tempi brevi. Luigi deMedici,mentre nelle MEMORIE sulla sua formazione a Torino,a Parigi ed a Napoli descrisse le sue idee e le diagnosi generali sulla politica e sul pensiero moderno in Europa,nella MEMORIA RISERVATA si dimostr statista capace di rapportare gli ampi modelli culturali alle specifiche vicende sociali,con intelligente realismo,con moderazione e con raro equilibrio

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