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GIORGIO PASQUALI

molti romanzieri contemporanei hanno spesso difficolt a interessare il lettore al destino degli uomini, sia pure nelle vesti dei loro personaggi, vi stato uno scrittore, che romanziere non era, il quale in un suo libro, saggistico e tecnico se mai ce ne fu uno, non ne ha avuta nessuna ad appassionare il lettore nientemeno che alle vicende dei codici. Giorgio Pasquali, infatti, non stato solo il principe dei filologi classici italiani della prima met del Novecento. Se cos fosse forse non ne parleremmo qui a centoventi anni dalla nascita, infatti egli era nato a Roma nel 1885 e mor tragicamente a Belluno nel 1952. La grande personalit di un clerc cos agguerrito e insieme cos singolare stata consegnata certo ai libri, e che libri, ma anche alla tenacia della tradizione orale. Quando egli venne commemorato nel 2002 a mezzo secolo dalla morte, un uomo come il presidente Ciampi afferm lapidariamente daver sempre applicato il metodo da lui appreso alla Scuola Normale Superiore di Pisa, e tanto mi sembra che basti. I libri di Pasquali, sono numerosi, e noti, o almeno dovrebbero esserlo, agli studiosi, ai maestri di scuola, ai colti, ai curiosi di cose culturali. Dovrebbero esserlo, appunto, perch raramente capita di leggere su tali argomenti (e non solo) pagine cos divertenti, piene di contenuti umani, pagine che coinvolgano di pi. Anche se si vogliono lasciare i libri su Orazio lirico e Preistoria della poesia romana a chi fa il classicista proprio di mestiere, rimangono gli altri, che la casa editrice Le Lettere di Firenze ha riproposto una decina di anni fa, e che sono fortunatamente ancora disponibili. Uno Storia della tradizione e critica del testo, cui alludevo allinizio parlando della vicenda dei codici, che Pasquali riesce a rendere una narrazione appassionante. Ma naturalmente il piatto forte per il lettore di Pasquali che non sia legato al suo specifico magistero per le necessit quotidiane del mestiere Pagine stravaganti di un filologo, due splendidi volumi che contengono gli scritti collaterali del grande studioso su vari problemi di cultura e di scuola. Sono scritti a volte di origine giornalistica, il che la dice lunga su quanto si poteva leggere fino a non moltissimi anni fa sulle terze pagine dei nostri quotidiani. Sono scritti brevi, non pretenziosi allapparenza, che rimangono impressi in modo indelebile per sentenze e immagini che sintetizzano in modo secco e icastico alcune idee fondamentali fondendole in modo perfetto con vivide realt umane. Chi potr mai dimenticare la accorata solitudine del giovane principe sabaudo affidato a un arcigno colonnello e presso cui il sommo filologo si reca come precettore, ben consapevole di non poter rimediare al difetto fondamentale della sua educazione che lassenza di socialit? Ogni problema culturale tale perch sociale, sociale perch storico. Fuori da questa dimensione non si d cultura ma arida e sterile ripetizione. Da qui il severo avvertimento di Pasquali, che dovremmo far nostro, di dar tregua ai nostri ragazzi come recita il titolo di uno scritto per noi immortale. La cultura per essere viva e vissuta richiede precisi tempi di assimilazione, deve divenire carne e sangue. Pasquali, chiudiamo con questa immagine cui spesso ci capita di ripensare, conversa la mattina allUniversit con i suoi studenti (chi lo fa ancora?). Da un passaggio apparentemente banale della conversazione, lora dinizio di un acquazzone, scopre la dura necessit, per un giovane, dello studio notturno.

Mentre

Il maestro prende assai sul serio questo disagio, ne scandaglia le ragioni, lo riconduce allordinamento dellUniversit italiana, ai suoi troppi esami (che direbbe oggi?) ai tempi di riflessione, di assimilazione, di serena discussione troppo ridotti. Ma ci che davvero conta la unica, plastica, emozionante capacit di rinvenire amorosamente un reale problema umano nelle pieghe pi riposte della vita quotidiana.

Renato Calapso

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