You are on page 1of 10

Palazzo Campi - Tavonati

ovest del Municipio sorge uno dei pi grandi palazzi del borgo di Lavis, il palazzo Campi Tavonati. La facciata delledificio scandita dalle ampie finestre disposte su due piani con le cimase a forte aggetto, dalla modanatura a fascia che sottolinea le aperture rettangolari del sottotetto e dalle semplici finestre del pianterreno. Qui lorrizzontalit delledificio viene accentuata dalle fasce longitudinali a rilievo. Il grande portale settecentesco, archivoltatato a tutto sesto, con arco attorniato da una modanatura appiattita coronato da una possente cimasa aggettante. La chiave di volta ornata da uno scudo senza stemma. Molto importanti sono le stufe a olle che si conservano nelle ampie stanze del palazzo, alcune risalgono al XVII secolo. Sul cortile interno sporgono i bellissimi poggioli sostenuti da poderose mensole di pietra. Nel giardino retrostante visibile un interessante gloriette, padiglione in metallo a cupola a bulbo impreziosito da volute, ove nel XIX secolo i nobili si intrattenevano in piacevoli conversazioni sorseggiando il t. I Campi giunsero a Lavis, dalla valle di Non, sul finire del XVI secolo, molto noto a Lavis nel Seicento era il daziere Pancrazio Campi che, con il fratello Francesco, si alternar nella carica di sindaco del Colomello di Lavis dal 1667 al 1671. Successivamente anche Pompeo Pietro Pangrazio Campi de Monte Santo, von Heiligenberg, occup la stessa carica dal 1720 al 1722. I Campi originari di Campodenno ottennero la concessione di uno stemma trasmissibile nel 1538. Nel 1597 fu riconosciuta la nobilt del S.R.I., vedi stemma sulla facciata della chiesetta di maso San Valentino. Il 14 luglio 1678 ottengono il predicato von Heiligenberg (de Monte Santo). Mentre, il 15 luglio del 1737, Carlo VI concede il titolo di baroni del S.R.I. a Giovanni Antonio e Pancrazio Campi di Lavis con un miglioramento dellarma e i predicati von Rover und Spon. Il loro stemma, visibile sulla facciata della chiesetta di Maso San Valentino sopra labitato di Sorni, cos descritto: trincato: dargento e rosso, al leone di rosso, salente una scalinata di rosso posta sulla trincatura; cimiero il leone dello scudo, nascente. Sotto lo stemma vi la data 1579. Verso la met del XVIII secolo i Campi vendono il loro palazzo ai baroni Tavonati da Tavon che nel 1782 avevano costituito una Societ Mercantile con il Capitano, poi Maggiore, dei Bersaglieri di Lavis Carlo Sebastiani Toldin. I Tavonati erano per venuti in possesso della Signoria di Sachsengang presso Vienna, dove trasferiscono la loro sede e i loro interessi, cos vendono tutti i loro beni presenti nella giurisdizione di Knigsberg. Nel 1794 il libero barone Tomaso Antonio de Thavonat in Thavon e Signore in Sachsengang vende a Carlo Sebastiani il palazzo Tavonati fu Campi e la vicina casa dallAlbero. Ma il nuovo proprietario, Maggiore dei Bersaglieri Tirolesi appena un anno dopo permuta la Casa Signorile e rurale di Coppi coperta, con la Cappella privata; Mobili: in Sala 4 quadri grandi istoriati, 6 quadri ovali; 5 quadri della Cappella fornita con 4 Statue, Crocefisso grande, genuchiatoio, paramenta; Casa rurale con 2 caldere coi suoi attreci dellaquvita, 6 Botti, Ceverelli, Cantine, Boidori, Granai a Francesco Eggen dalle due Spade. Nel 1807 il palazzo Campi Tavonati, messo allasta dalla famiglia Eggen, viene acquistato da Francesco Cordin. Ma qualche tempo dopo il palazzo figura propriet della ditta Riccabona e C. Negoziazione Legname Val di Fiemme. Sul finire del XIX secolo appare proprietario Fortunato Romani. Sucessivaente nel 1935 passa alla assa di Risparmio di Trento e Rovereto, per venire poi acquistata nel 1941 dagli attuali proprietari: la famiglia Zadra.

In collaborazione con:

Circolo culturale Lavis

grache

avisio

San Giovanni Neomuceno

Chiesetta di

In collaborazione con:

Circolo culturale Lavis

ero gioiello del barocco fu probabilmente progettata e costruita attorno al 1755 dal maestro Domenico de Costa di Badia, incaricato di terminare lattiguo palazzo de Coredo, che vi introdusse elementi di gusto tirolese. Nella Visita vescovile del 1767 compresa quale cappella domestica dei baroni de Coredo, ancora visibile infatti il segno dellapertura che dal primo piano del vicino palazzo de Coredo portava alla cantoria della chiesetta. Nel 1769 la cappella non pi riservata alla sola famiglia, ma pubblica. Nel 1834 il Comune di Lavis compr la chiesetta, ma lasciata in abbandono provoc le pretese di restituzione dei vecchi proprietari. Nel 1782 viene detta Cappella San Johannis Nepomuceni: il Santo a cui era dedicata era il confessore della regina di Boemia, fu torturato e gettato nella Moldava perch non aveva violato il segreto confessionale come richiesto dal re Venceslao IV, re di Boemia e di Germania. San Giovanni Nepomuceno considerato nella mitteleuropa il protettore dalle inondazioni di fiumi e torrenti e a Lavis trov un culto particolare, vista la vicinanza del terribile torrente Avisio. La sua figura, infatti, campeggia su pale, capitelli, edicole e affreschi su facciate di edifici.Pur essendo certo che il titolare della chiesetta San Giovanni Nepomuceno, le attribuzioni nel tempo furono diverse: nel 1833 detta cappella di San Giovanni e Carlo, nel foglio catastale austriaco del 1857 la localit detta San Giuseppe e in documenti di inizio XX secolo detta chiesa di San Giuseppe. Succesivamente dopo la Prima Guerra Mondiale verr detta anche chiesa di Nostra Signora in onore della Madonna del Rosario che giornalmente veniva qui pregata. Nel 1855 nella chiesa vi era la grande statua di San Giovanni Nepomuceno oggi conservata nel capitello vicino al ponte di ferro che porta a San Lazzaro. Estermo: La facciata esterna in stile barocco, con il grande finestrone centrale archivoltato e il fastigio arcuato poggiante sui due capitelli dei pilastri laterali, motivo ripeturo sul campaniletto a vela a due luci. La chiesetta riceve luce anche da due finestre semicircolari sul lato ovest. Nel 1917 il governo austriaco sequestr le campane che vennero reinstallate nel 1923. Interno: La piccola chiesa a navata unica caratterizzata dai bellissimi stucchi attribuiti dalla critica allo stuccatore Giuseppe Canonica di Lugano o alla sua bottega. Laula ritmata da delle lesene binate coronate dai ricchi fastigi dei capitelli compositi e dallelegante e imponente cornicione che sembra sostenere la volta. Di grande impatto lancona a stucco che racchiude la pala daltare. Con abilit lartista ha imitato un baldacchino ovale appeso alla volta, con un drappo rosso discendente delimitato da due angeli. Sopra la tela la scultura lignea del Padre Eterno che tiene in mano il mondo sormontato dalla Croce, ai lati un interessante motivo a celle romboidali alla cui intersezione sono poste delle api, simbolo di operosit. Ma il vero gioiello della chiesa la pala daltare. Firmata e datata sul dorso del libro retto dallangioletto in basso a destra, un capolavoro del pittore Francesco Unterperger di Cavalese eseguito nel 1741. Sulla modanatura della balaustra compare il nome del committente Giuseppe Antonio de Coredo, il quale sin dal 1721 deteneva la carica di decano della pieve di Caldaro nella provincia di Bolzano. La pala rappresenta lImmacolata con il Bambino e i Santi Giuseppe, Giovanni Battista, Giovanni Nepomuceno e Carlo Borromeo. Questopera di Francesco Unterperger risalta per lesperssivit, la cromia che richiama il roccoc veneziano di Ricci e Pittoni. Il pittore imposta la composizione ponendo in risalto limmagine di San Giovanni Nepomuceno, titolare della chiesa, sullo sfondo il ponte, luogo del suo martirio. Appena in subordine, la figura di San Carlo Borromeo che regge il Crocifisso supportato da un angioletto intento a schiacciare con il piede il teschio, simbolo della morte che Cristo con il suo sacrificio ha sconfitto. In alto le figure dellImmacolata con il Bambino; la Vergine con il piede schiaccia la mezzaluna e il serpente, simboli del male, mentre due putti reggono il giglio simbolo di purezza. Leggermente in secondo piano limmagine di San Giuseppe con la verga fiorita. Pi in basso, in ginocchio e in atto di preghiera, San Giovanni Battista in vesti di eremita e con il bastone. Nella chiesa sono inoltre degni di considerazione la mensa, lantependio e la pedana dappoggio dellaltare maggiore, realizzati in marmi policromi ad intarsio sono opere di maestranze castionesi operanti nella seconda met del XVIII secolo; la bella scultura lignea a mezzo tondo con policromia e doratura della Piet: Madonna con Cristo in braccio, della prima met del XVI secolo, collocata sulla mensola alla destra dellaltare; la statua lignea policroma della Madonna del Rosario, opera dellartista francese Daniel J.O. datata 1909, alla sinistra dellaltare, e lartistico Crocifisso ligneo della seconda met del XVIII secolo collocato sopra la balaustra in pietra ammonitica bianca e rossa. Di grande valore artistico la ricca cancellata in ferro al di sotto della cantoria, impreziosita da motivi lavorati a volute opera di maestranze tirolesi.

grache

avisio

Palazzo de Coredo Rumo


Municipio

a facciata del palazzo scandita dalle numerose finestre a modanatura di pietra con davanzale e cimasa sporgenti. Lampio portale archivoltato a conci di pietra sormontato dalla scritta MUNICIPIO ai cui lati sono le formelle con gli stemmi della Provincia di Trento, aquila

nera di San Venceslao, e del Comune di Lavis, tre verghe doro legate da una fascia. Sulla facciata tre lapidi. La prima sulla destra fu posta nel 1902 a memoria di Don Giuseppe Grazioli. Liscrizione, dettata dallavvocato Giuseppe Brugnara recita: Ricordino i posteri don Giuseppe Grazioli nato a Lavis nel 1808. Contemperando nellanimo le virt del sacerdote cristiano coi doveri del cittadino e del patriotta consacr la lunga sua vita alla prosperit del paese. Per il trionfo dellidea nazionale sofferse amarezze, affront disagi ed il modesto patrimonio frutto del suo lavoro larg generosamente. Le ultime cinque righe furono fatte scalpellare dalle autorit austriache durante la Prima Guerra Mondiale. Furono ripristinate nellimmediato dopoguerra, con un eccesso di nazionalismo: I cittadini di Lavis oggi IV febbraio MCMIXX auspice lItalia madre resero alla luce del grande patriotta la pi gloriosa memoria dal barbaro ridevolmente soppressa. Se muor la prola vive eterna lidea!. La seconda, centrale, ricorda i lavisani che presero parte alle imprese garibaldine e alle lotte per il risorgimento in Italia. Inaugurata per iniziativa della Legione Trentina il 30 maggio 1926 recita:Lavis redenta ai suoi figli che combatterono nelle guerre del risorgimento: Angeli Cesare 1859-60 Holzer Eligio 1860 Basseti Giuseppe 1860-61 Marconi Filippo 1860 Dallago Adriano 1860 Poda Pietro 1860-61 Erler Pietro 1860-61 Stenico Carlo, nome aggiunto in seguito. La terza, sulla sinistra ricorda lentrata in Lavis di un manipolo di Cavalleggeri dAlessandria al comando dei tenenti Placido Sirianni e Pietro Cantimori. In paese cerano ancora pi di 500 soldati austriaci e ingenti munizioni. Alcuni cittadini di Lavis cooperarono perch la resa avvenisse senza incidenti. La lapide-ricordo fu inaugurata nel 1919 alla presenza del Duca di Pistoia e del colonnello dei Cavalleggeri Ernesto Tarditi, essa reca la scritta: VERSO IL MERIGGIO DEL IV NOVEMBRE MCMXVIII SFOLGORANTE LAURORA DI NOSTRA REDENZIONE MIRO QUESTA VIA SPARUTA E SGOMINATA LA SUPERSITE ORDA DE NOSTRI TRUCI AGUZZINI QUI UN BALDO MANIPOLO DEI CAVALLEGGERI DALESSANDRIA CATTURO CINQUECENTO ARMATI AL GRIDO DI VIVA LITALIA AL GARRULO GUIZZARE DEL SACRO TRICOLORE AL MURMURE PLAUDENTE DUN POPOLO CONCULCATO STRAZIATO SCHERNITO ANELANTE ALLA PATRIA E ALLA LIBERTA. Sotto incorniciato da un festone terminante con lo stemma comunale la scritta: A RICORDO DI QUESTO FATTO ULTIMO BAGLIORE DELLIMMANE GUERRA I CITTADINI DI LAVIS QUESTO SASSO POSERO, ADDI IV FEBBRAIO MCMXIX NOVANTESIMO (inteso come giorno) DELLA FUGA AUSTRIACA. Il palazzo fu portato nella forma attuale nel 1750, ma lasciato incompiuto dallincaricato maestro Giovanni Felin di Rev, fu ultimato dal maestro Domenico de Costa di Badia facente parte di una nota famiglia di costruttori della val Badia. Fu il Barone Giovanni Giuseppe de Coredo, consigliere camerale a Innsbruck e ricevitore bollettario proviniale ad acquistare alcuni edifici risalenti al XVI secolo per poter edificare il nuovo palazzo. Famiglia antichissima i de Coredo de Rumo ottennero la conferma della nobilt con un miglioramento dellarma il 5 settembre 1555 e la nomina a nobili tirolesi nel 1568. Furono elevati al grado di cavalieri del S.R.I. con aumento dello stemma il 17 settembre 1675. Giovanni Giuseppe de Coredo, signore di Coredo e Nanno, fu elevato al grado di barone del S.R.I. il 24 aprile 1745. Lo stemma della famiglia campeggia a lato della pala di Francesco Sebaldo Unterpergher nella adiacente chiesetta di San Giovanni Nepomuceno: fasciato dazzurro e doro. Il palazzo fu venduto dai de Coredo nel 1830 a Luigi Lona che nel 1848 rivende al Comune di Lavis, in tal modo il Comune generale di Lavis venne in possesso della sede municipale che usufruisce ancora oggi. Al secondo piano delledificio furono sistemate le scuole, mentre al primo piano e al piano terra trovarono posto la cancelleria e larchivio comunale. Allinterno ledificio non presenta motivi di particolare interesse a parte gli stucchi eseguiti nel 1750 visibili negli uffici al primo piano, e luffico accanto alla sala giunta, una volta adibito a cucina del palazzo. La stanza conserva lantica grande cappa del focolare con il lavandino in pietra, molto interessante anche il pavimento in lastre di porfido e la bella porta interna dai montanti ad angoli smussati in pietra rosa di Trento. Nellufficio del sindaco, impreziosito dal bel soffitto ligneo cassettonato settecentesco, vi una stufa a olle di inizio XIX secolo e due opere moderne: una dellartista lavisano Giuseppe Varner: la Guerra dei Carneri Battaglia, tela del 1979 e la seconda una scultura in cemento armato di Paola de Manincor intitolata la Madre, bozzetto per una grande statua che doveva essere collocata nellallora nuovo parco urbano in via dei Colli. Dello stesso autore il ciclo Storie della citt che campeggia nella sala del consiglio al secondo piano del palazzo, qui lartista descrive il viaggio nella metropoli, la solitudine delluomo che non conosce chi gli sta accanto. Sempre al secondo piano nei pressi dellentrata alla sala del consiglio, sul muro con sassi a vista si legge la data 1563, anno in cui fu probabilmente portato a termine ledificio precendente allintervento dei de Coredo.

In collaborazione con:

Circolo culturale Lavis

grache

avisio

Palazzo Dal Sale


de Concetti

edificio contraddistinto dal grande portale archivoltato a tutto sesto, sulla sinistra e da unaltro portale architravato pi recente, sulla destra, ambedue a conci di pietra lavorata, persentava sino al 1901 un bellercker poligonale

allaltezza del primo piano. Lo sporto era disposto centralmente rispetto alledificio. La faccita che noi vediamo dunque il risultato di una riprogettazione novecentesca che vide la sostituzione dellercker con il bel balcone dallaristica balaustra in ferro lavorato. I due balconcini al secondo piano, facenti parte di una sopraelevazione del XVIII secolo furono riposizionati in modo da conferire alla facciata lattuale simmetria. Un motivo a fascia contorna la casa, impreziosita dai decori nel sottotetto e dal cornicione sottogronda sostenuto da mensole. Il portale archivoltato riporta nella chiave di volta un grande e artistico stemma appartenuto alla famiglia de Concetti de Sponhof cos blasonato: inquadrato con fascia mediana caricata di tre rosette; nel e 4al leone coronato e tenente nelle branche anteriori uno scettro dello stesso; nel 2 e 3 al pellicano con la su piet, cio con i suoi tre piccoli. Lo stemma drappeggiato da lambrecchini a fogliame, sormontato dallelmo con sopra come cimiero il leone dello scudo nascente tra due semivoli (ali), ai lati la data 1677. Sul portale ad arco resta segno delliscrizione in tedesco L.V.S.(a sinistra) e ZU. TER. (a destra), cio Ludwigvon Salz zu Terzolas= Lodovico dal Sale di Terzolas; e quella in latino : LAS, cio Ludovicus a Sale= Lodovico dal Sale che fu capitano di Knigsberg nel 1570 ed ebbe anche il possesso delle Torri Franche di Terzolas. Nel cortile interno del palazzo, entrando sulla parete della casa rustica, sopra una mensola, sostenuto da una modanatura a due volute centrali, scolpito su pietra lo stemma della Comunit di Lavis, Pressano e Consorti. Lantico stemma della Comunit documentato a partire dalla fine del XVIII secolo, simile alla divisa del principe vescovo Bernardo Clesio (1514 39) potrebbe derivare da un arbitrato di quel tempo. Esso simboleggia lunione del capoluogo con le frazioni; venne poi approvato come stemma comunale con decreto del 9 aprile del 1929 della Presidenza del Consiglio dei Ministri italiano, su parere della consulta aralidica di Trento: troncato, dazzurro e rosso, a tre verghe doro legate da nastro dargento. Nello stesso cortile altro piccolo portale gotico a sesto acuto che dava accesso alle cantine nelle quali in epoca recente fu trovato un grosso peso da torchio per la spremitura delluva risalente al XV secolo, segno che anche in quellepoca la produzione del vino era molto diffusa. Un ulteriore porale a tutto sesto permette laccesso allorto. Ledificio nel XVI secolo era propriet di Lodovico dal Sale, pass poi, agli inizi del XVII secolo a Francesco Montagna. In un documento del 1643 troviamo che il proprietario del palazzo Cristoforo Concetti, daziale in Lavis Zllner am Nvis, di Sua Altezza Serenissima Conte del Tirolo. Egli ricevette il grado di nobilt imperiale con il predicato di Sponhof (maso Spon) l8 agosto 1666, da Leopoldo I con lo stemma raffigurato sul porale di accesso. Nel 1667 lo stesso Cristoforo Concetti de Sponhoff, uccide Francesco Sorno, capitano della milizia del conte del Tirolo a Lavis. In un documento del 1685, la casa viene detta del Dazio, il daziere allora il figlio Giacomo Concetti. Nel Catasto Teresiano del 1778 risulta in possesso di Antonio Ghebel. Nel XIX secolo il palazzo e lorto entrano in possesso della famiglia Romani, attuale proprietaria e che fino a pochi anni f aveva, presso gli spazi accessibili dal portale architravato in facciata, la farmacia.

In collaborazione con:

Circolo culturale Lavis

grache

avisio

asa icariale

ledificio posto tra la piazza Grazioli e via Clementi. Larchitettura massiva delledificio forma con la vicina Casa del Bargello lisolato posto fra la strada

imperiale vecchia per Pressano e nuova, lattuale via Clementi. Il portale ad elementi regolari, con conci che nella zona dellarco sono pentagonali, permette laccesso alla grande corte interna ove si affacciano i bei ballatoi lignei che nel sottotetto sono impreziositi da trafori con foglie di vite e grappoli duva. Nel cortile verso la casa del Bargello murata una lapide con la data 1582 e con incise le misure dei piedi dei legnami indicate in tutte lettere a file sovrapposte: PRIMER, FIEMME, TRENTO, VERONA: PIEDI DE LEGNAMI IAO D. FER. . Sotto ciascun nome un asterisco che indicava: per Primiero cm 32,5, per Fiemme cm 35,4; per Treno cm 33; per Verona cm 34,29. Il pi usato era il piede per legnami di Verona perch di l erano i maggiori acquirenti. In fondo, sono le iniziali Giacomo de Ferrari Obergeneralwaldmeister, Ispettore generale superiore con sede a Lavis per tutti i boschi ai Confini italiani e allAdige, che fece apporre la lapide. Anticamente ledificio era labitazione dove veniva riscosso il dazio del Conte del Tirolo. Fu poi venduto dal Fisco al daziale Cristoforo Concetti de Sponhoff e da questi nel 1652 al dottore in legge Carlo Cova per 2000 fiorini tedeschi. Per lo stesso importo fu acquistato nel 1655 dal conte Pietro Zenobio che la adatter a sede giudiziale aggiungendovi le prigioni. Nei secoli XVII e XVIII veniva detto anche Palazzo di Ragione.

In collaborazione con:

Circolo culturale Lavis

grache

avisio

Albergo

della Corona doro

ex locanda imperiale

alternativamente quadrati e rettangolari che diventano pentagonali nellarco a tutto


l poderoso portale della seconda met del XVI secolo, dai conci di pietra sei colli sormontati da due stelle a sette punte e accostati alle iniziali F.M. (Francesco Montagna), in punta unaltra stella uguale alle precedenti. Ad abbellire i semplici e larghi capitelli, che sostengono i massicci conci pentagonali dellarco, sono le sovrastanti piatte mondanature a voluta. Lalbergo Corona il pi antico albergo tuttora esistente a Lavis, il primo documento che ne parla del 1497. Verso la met del XVI secolo apparteneva a Ser di Lavis. Egli riusc ad accumiulare molte fortune che lo portarono ad acquisire il mulino Baispech e il palazzo Dal Sale (poi Concetti) nella contrada del Pretorio.

sesto, ha chiave di volta a tronco di piramide rovesciata che reca lo stemma dei de Montagna:

Joannes Tilinger, pass poi nel 1586, per via ereditaria, a Francesco Montagna da Rovereto; lo stemma Montagna campeggia ancora sul portale. Francesco Montagna fu nel 1564 Regolano

Nel 1600 oste allinsegna della Corona il bavarese Giorgio Eccler. I cognomi dei proprietari si susseguono alternadosi con conduttori di lingua tedesca e italiana: nel 1646 Fest, nel 1664 i Sardagna, 1669 i de Maffei Bessola e i del Moro. Dopo essere stata di Giuseppe Facchini, losteria viene acquistata nel 1779 da Giovanni Lanzigher, e a questa famiglia rimane per molti anni. Dal 1764 al 1791 si ricorda un Giovanni Hllrigel dalla Val Venosta che fu oste alla Corona di Lavis. Ancora alla fine del Settecento c annesso un Caff. Dopo la gestione Lanzigher pass alla famiglia Mattivi e sucessivamente alla famiglia Marcon, sino allattuale famiglia Proner che acquist lAlbergo alla Corona nel 1905. Presso la locanda avveniva lo stallo e il cambio dei cavalli del servizio postale e del traffico mercantile e artigianale via terra. Gli spazi destinati allo stallo erano nellala ovest delledificio con entrata dallattuale via Filzi. Il grande spazio voltato sorretto da due slanciate colonne doriche cinquecentesche, una volta adibito al ricovero dei cavalli, oggi la cantina privata della famiglia Zanolli. Nella sala centrale della pizzeria Corona Due, al piano terra dellalbergo, campeggia un bellaffresco con scene di banchetto del pittore Alfredo Cappello di Bolzano realizzato nei primi anni ottanta del XX secolo.
In collaborazione con:

Circolo culturale Lavis

grache

avisio

Palazzo de Maffei
del Rio

L rifacimento dopo il terribile incendio del 1792. Il palazzo composto da due case
inferriata. Sulla facciata rivolta verso la piazza, in una piccola nicchia, un bellissimo affresco del XVII secolo, rappresentante la Sacra Famiglia con Santa Dorotea offerente alla Madonna con Bambino un cesto di rose e mele; sullo sfondo si vede San Giuseppe. La facciata sud bianca. Una delle finestre al secondo piano, in prossimit della decorazione a finti conci

a facciata del palazzo opera dellarchitetto Carlo Caminada che comp un radicale

disposte ad angolo. Quella pi a est, che sovrasta landrona dellultima salita del Pristol, detta androna del travai, conserva ancora sulla facciata rivolta verso il rione del Pristol, la bellissima bifora cinquecentesca che purroppo nellultimo restauro ha inspiegabilemnte perso lartistica

delledificio scandita dalle grandi finestre con cornice e frontone semicircolare in pietra dangolo, presenta una piccola veranda detta finestra di cortesia, costruita con vetro e ante apribili, viene adoperata come una sorta di serra che funge da filtro durante linverno e dove si usa tenere piante e fiori. Lampio portale permette laccesso al cortile interno della casa, dal quale tramite unarticolato porticato si accede allantico caseggiato denominato Ronch, contraddistinto da pittoreschi scorci di case dai chiari caratteri rurali. Il palazzo nominato ancora nel 1642 come domus Maffea penes plateam, locus Juris (casa Maffei presso la piazza, sede del Vicario). Da un contratto datato 1667 sappiamo che la parte settentrionale del palazzo fu parzialmente edificata su progetto del capomastro Giovanni Barchetti, il quale non avendo terminato ledificio nei tempi concordati con il nobile Giovanni Maffei, veniva da questultimo privato dellincarico che fu riaffidato al capomastro Giovanni Battista Riz. Attorno al 1780 il palazzo fu acquistato dalla famiglia del Rio. Fu in gran parte ricostruito, su progetto di Carlo Caminada da Brienno di Como, da Bartolomeo del Rio dopo lincendio del 1792. Bartolomeo dal Rio assunse il ruolo di postiglione, dopo la morte delloste Giorgio Botschinger avvenuta nella prima invasione francese del 1796.
In collaborazione con:

Circolo culturale Lavis

grache

avisio

Palazzo Eggen - dalle due Spade

L finestre al primo piano e porte-finestre al secondo piano impreziosite dal coronamento


a conchiglia e dagli artistici balconcini leggermente aggettanti con ringhiere in ferro battuto lavorate a volute. Le forature sono legate da una serie di fascie a rilievo che accolgono nello spazio fra le ritroviamo anche nella decorazione della fascia con finestrelle nel sottotetto. Nella parte bassa lampio portale decentrato formalizzato a conci di pietra che permette laccesso al portico che conduce alla corte interna. Sulla destra del portale vi una feritoia, elemento superstite che ci ricorda che in tempi passati qui vi era la posta vecchia, sorvegliata da apposite milizie e che nella corte interna aveva spazi adibiti al deposito delle merci e al ristoro dei cavalli. Il palazzo nel 1778 propriet di Francesco Eggen dalle due Spade. Anche questo edificio figura fra le case danneggiate dallincendio del 1792. Sucessivamente pass per via ereditaria alla famiglia Viero che nel 1903 vendette il fabbricato a Romano Donati. elegante edificio spicca per linconsueta composizione architettonica, con piccole finestre del primo e del secondo piano, delle formelle decorate a finto marmo; materiale che

In collaborazione con:

Circolo culturale Lavis

grache

avisio

Palazzo dal Sale

l grande portale a sesto acuto in pietra rosa di Trento sicuramente uno dei pi belli della borgata, esempio mirabile
delle maestranze che in epoca gotica, XV secolo, costruirono gran parte degli edifici del centro storico di Lavis.

Sopra la chiave di volta lo stemma della famiglia dal Sale: dazzurro alla stella doro a otto punte, ai lati le lettere F e R. Parte dei colori originali erano visibili prima dellultimo restauro, un intervento che ha messo in luce lantico intonaco decorato a finti blocchi di pietra ma che ha inesorabilmente cancellato il seicentesco affresco di San Francesco che riceve le stigmate a destra dellelegante bifora rinascimentale. Il palazzo infatti portava in facciata ben tre affreschi racchiusi da elaborate cornici barocche: oltre al sopracitato affresco di San Francesco vi erano le tracce di una Madonna, a sinistra della bifora, e di un San Michele Arcangelo, pi in l sempre verso sinistra. Laccesso ai piani del palazzo avviene tramite un ampio porticato, sul quale si affaccaino le porte dei volti al piano terra, interessante il primo portale a sinistra di gusto manieristico, architravato e formalizzato a conci di pietra con la cornice superiore a conci disposti a cuneo, e prosegue nella torrea sud - ovest contraddistinta da una serie di ampie finestre ad arco. Qui la pavimentazione in grandi lastre di porfido, sistema riscontrabile in altri edifici del centro storico. Gli ambienti al primo piano sono voltati, quello centrale illuminato dalla bella bifora rinascimentale con elegante colonnina centrale in pietra rossa di Trento sormontata da un capitello a volute. In un testamento del 1521 della matrona Margarita Pisoff, moglie del fornaio Michele Peheein, troviamo la prima notizia del palazzo. Margarita Pisoff lascia ai fratelli di una sua nipote, la sua casa in Lavis, gi abitata da Girolamo dal Sale, vicario della contea di Knigsberg. Girolamo dal Sale intraprese nel 1536, per conto di Bernardino Thun, i lavori di restauro del castello di Knigsberg-Montereale. La famiglia dal Sale emigr da Brescia in queste terre al principio del XV secolo. In quegli anni Giovanni dal Sale era notaio a Cembra, egli fu anche giudice nel processo contro gli ebrei avvenuto a Trento nel 1476 dopo il fatto del Simonino. Suo figlio Leonardo ebbe nel 1447 dal vescovo Giorgio Hack certe decime in feudo, che si raccoglievano indivise con il castello di Knigsberg a Cembra e a Fadana, e che erano state cedute dalla famiglia Roccabruna; questi fu molte volte console. Alcuni membri della famiglia ricoprirono ruoli importanti allinterno della giurisdizione di Knigsberg. Oltre al gi citato Girolamo, dai graffiti presso lentrata del castello di Knigsberg a Faedo, sappiamo che Girolamo e Lodovico dal Sale furono capitani della giurisdizione di Knigsberg. Uno di questi graffiti, datato 1570, reca lo stemma, cio la stella a otto punte e le lettere LWS: Lodovico von Saltz. Nel 1576 Antonio, Lodovico e Gerolamo dal Sale, von Saltz, ricevettero un accrescimento e un miglioramento dello stemma, con il predicato di Freienthurn, da una torre di Terzolas comperata da Lodovico. Lodovico possedeva anche un altro palazzo di Lavis situato nellattuale via Matteotti, mentre Antonio possedeva lantica Casa del Colo dei minerali ai Spiazzi di Loreto e un palazzo nellattuale via Roma. La famiglia, verso la seconda met del XVI secolo, costru il mulino Dal Sale Bortolotti nel Borgo di Lavis, opificio che gest sino al 1600. Altri dal Sale ricopriranno cariche prestigiose allinterno della Comunit di Lavis, Pressano e Consorti: Cristoforo dal Sale et dele Tor Franche di Terzolas fu pi volte Regolano a cavallo del XVII secolo. Un ramo della famiglia fior anche a Cembra e a Trento, essa conobbe lestinzione intorno al 1683.

In collaborazione con:

Circolo culturale Lavis

grache

avisio

Il Giardino Bortolotti
Ciucioi

potesi: Ciucioi da chicchiol = cincia romagnola; varianti locali ciciol, zizzol - dal Vocabolario Vernacolo Italiano pei distretti roveretano e trentino di Giambattista Azzolini (1777-1853). Il paesaggio storico di Lavis incernato sullAvisio, torrente impetuoso che confluisce nellAdige poco pi a ovest,e che incide la Val di Cembra. La presenza del corso dacqua ha segnato una storia di inondazioni ricorrenti, permettendo nel contempo il fiorire di attivit produttive, quali la fluitazione del legname,lestrazione del porfido ed il funzionamento dei mulini. proprio la presenza di questi ultimi che ha coadiuvato lo sviluppo delle filande di seta nel Settecento e sino a met Ottocento, fornendo lenergia necessaria alla produzione di vapore per il trattamento dei bozzoli e per lazionamento delle macchine per la trattura della seta. Il paesaggio collinare del Settecento sino a met dellOttocento caratterizzato dalla gelsicoltura e viticoltura, che spesso si ritrovano combinate, con le viti mariate ai gelsi. Tale paesaggio si modifica gradualmente nel corso della seconda met dellOttocento e linizio del Novecento. Il paesaggio urbano cambia radicalmente con lintroduzione della linea ferrata, inaugurata nel 1909, che attraversa il ponte e corre proprio ai piedi del Giardino Bortolotti, nonch con lintroduzione dellilluminazione a gas, poi a petrolio e infine elettrica. La Val di Cembra vanta la risorsa estrattiva del porfido, roccia che si intravede ai margini del giardino, che potrebbe essere stato realizzato su unarea di cava dismessa, oppure costituire, pi semplicemente, la cava di pietra del giardino stesso. Questa ipotesi potrebbe spiegare la disponibilit di questarea alla creazione di un giardino, troppo scoscesa e rocciosa per la produzione agricola, ma gi in qualche modo preparata per costruirvi terrazzamenti. Sicuramente la tradizione estrattiva del luogo implica conoscenza della lavorazione della pietra, capacit di costruire manufatti sulla roccia viva e possibilit di mostrare la roccia naturale accanto a quella lavorata, in quella contrapposizione tra arte e natura di memoria rinascimentale. Nel giardino, la parete rocciosa viene utilizzata dal Bortolotti quasi fosse costruita, coperta a volte soltanto da uno strato sottile di pietre lavorate, e a volte dal solo intonaco, quasi la struttura della possente scenografia fosse la montagna stessa. Ottone Brentari, nella Guida del Trentino Orientale del 1895 fa riferimento al Giardino Bortolotti, con parecchie terrazze, e rovine di recente costruzione, e sottolinea la presenza di rovine artificiali a lato delle terrazze. La guida del Touring Club Italiano delle Tre Venezie, preparata nel corso del primo conflitto mondiale e pubblicata subito dopo (1920) testimonia che il Pittoresco giardino Bortolotti era a quel tempo estimato oggetto di visita per gentile concessione dei proprietari; questo conferma che il giardino visse ancora per almeno cinquantanni oltre la morte del suo creatore Tommaso Bortolotti (1796-1872) e che il suo decadimento avviene in epoca successiva. Il giardino emerge quale paesaggio partorito dalla fantasia del Bortolotti, ricco di riferimenti colti, in contrapposizione con quello agrario a fluviale in cui inserito.. Si tratta dellespressione di un concetto di paesaggio diverso, di una immensa scenografia realizzata, tra laltro, per attirare lattenzione. Indubbiamente, il Giardino Bortolotti ai Ciucioi si rif allantica tradizione della villa da mostra, espressione di magnificenza del principe rinascimentale, dove lassenza di una vera e propria villa sostituita da una grande scenografia atta a restituirne lillusione. Dal punto di vista storico-paesaggistico il Giardino Bortolotti costituisce indubbiamente un unicum, in quanto creato in periodo di eclettismo e di emergenza del romanticismo, dove le false rovine, spesso di richiamo neogotico, si succedono per la creazione di una scansione di scene. Esempi di questo tipo sono assai comuni nel nord Italia, a cominciare dai giardini dello Jappelli della fine del Settecento, sino a quelli pittoreschi del tardo Ottocento. Tuttavia, peculiarit del Giardino Bortolotti, che lo si scosta da una tipologia abbastanza codificata, nelle disposizione degli elementi architettonici non in sequenza, bens in sovrapposizione, a creare una scena unica composta da elementi molteplici e diversificati, quasi questa fosse unimmagine di citt ideale dipinta sulla parte superiore del versante montano. Non si conoscono altri esempi simili in Italia, n in altri paesi, eccetto forse 11 Palais Ideal di Hauterive vicino a Lione, insieme di esotiche architetture riunite in una dalla fantasia del postino Louis Ferdinand Cheval, sogno in pietra che, in ogni caso, viene concepito e realizzato in epoca successiva, poich iniziato nel 1879 e concluso nel 1924.

da Cesare Micheletti, Loredana Ponticelli, Ada Segre


In collaborazione con:

Circolo culturale Lavis

You might also like