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• Il Teatro Greco

• Il teatro nella Grecia antica si evolve da semplice spiazzo per il pubblico a spazio
delimitato (circolare o a trapezio) con panche di legno, infine ad opera
architettonica vera e propria (V secolo - IV secolo a.C.). In un primo tempo nel
teatro greco sono presenti i tre elementi basilari dello spettacolo, a cui
corrispondono semplici e distinte strutture architettoniche: al pubblico la cavea,
agli attori il palcoscenico circolare, al coro l’orchestra.

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Poi, in un secondo tempo, il palcoscenico del Teatro Greco assume
una forma rettangolare con una profondità media dai 5 ai 7 metri,
larghezza fino a 30-35 metri, chiuso da un muro verso il fondo con porte
che permettono l'accesso al sottopalco destinato al deposito di macchine
teatrali e a spogliatoio per gli attori. Il palco è rivolto in modo tale da avere
il sorgere del sole a destra ed il tramonto a sinistra,
sinistra avendo cosi la
possibilità di sfruttare la luce solare per l'illuminazione dello spettacolo
che dura anche per l'intera giornata.

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Le 3 parti essenziali del Teatro Greco:
Greco
* la cavea (koilon), a pianta di settore circolare o ellittico (spesso eccedente la
metà) nella quale sono disposte le gradinate, suddivise in settori, con i sedili di
legno; in genere la cavea è addossata ad una collina per sfruttarne il pendio
naturale.
la scena (skené), costruzione a pianta
allungata, disposta perpendicolarmente
all'asse della cavea, inizialmente semplice e
in legno, era situata ad un livello più alto
dell'orchestra con la quale comunicava
mediante scale; in origine serviva per il
cambio degli attori, poi fu come sfondo
scenico. Divenne quindi sempre più
complessa e abbellita da colonne, nicchie e
frontoni.
l'orchestra (orkhestra), circolare, collocata tra il piano inferiore della cavea e
la scena, è lo spazio centrale del teatro greco, quello riservato al coro. Al
centro di essa era situato l'altare di Dioniso (thymele).
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Ricostruzione di un Teatro Greco:
Greco 1 Orchestra; 2 Paradoi
(corridoi laterali aperti verso l'orchestra, che servivano per le entrate e le
uscite dei semicori) ;
3 Proscenio; 4 Scena; 5 Cavea.

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A grandi linee, la codificazione rituale dovette avvenire in questi termini:
il coro, o meglio i due semicori, celebrando le lodi del dio, venivano ad
agire intorno all'altare, (la timelè) in uno spazio semicircolare che assunse
il nome di orchestra (dal greco orkeomai che significa "danzare").

La timelè conservava comunque il centro


dello della rappresentazione scenica.
Aumentando progressivamente il numero
dei personaggi affidati alla sua
interpretazione si presenta pari passo
l'esigenza di un riparo dietro cui l'attore
possa celarsi durante i cambi d'abito.

Questo luogo deputato, costituito agli inizi da un semplice siparietto, dal


termine greco skené (che significa appunto tenda) assumerà la definizione
teatrale di "scena" e verrà ad assumere un ruolo centralizzante nella
rappresentazione teatrale, che successivamente verrà sopraelevata sfruttando,
in un primo tempo, un rialzo naturale del terreno, o costruendo una pedana in
legno.
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Il rialzo della skené e dello spazio circostante corrisponde alla esigenza di
non confondere le azioni degli attori, appunto, in quella fascia che ancor oggi si
definisce col termine di proscenio. Questo assetto dello spazio scenico verrà
corredato dalla presenza di due corridoi laterali aperti verso l'orchestra, che
servivano per le entrate e le uscite dei semicori e che prendevano il nome di
paradoi.

Schema di un teatro Greco-Romano A - Cavea


    1 - muri di sostegno
    2 - divisioni laterali delle gradinate
    3 - divisioni tra i settori
    4 - scale
B - Scena
    5 - parte di fondo della scena
    6 - parte anteriore della scena
    7 - tavole dipinte con gli sfondi della scena
    8 - parte della scena
C - Orchestra
    9 - accessi all'orchestra
  10 - sedili dei sacerdoti e dei maggiorenti
  11 - alta

Trattandosi quindi di rendere partecipi migliaia di spettatori che dovevano, non


solo vedere, ma anche ascoltare, il problema poteva essere risolto solo con una
sopraelevazione del pubblico stesso. Da questa semplice considerazione nasce la
struttura plateale ad anfiteatro chiamato oggi "teatro greco".
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Ordini architettonici: Dal punto di vista dello scenografo, per potersene servire
all'occorrenza, è di fondamentale importanza conoscere gli ordini architettonici. La
misura di base che serve per la costruzione delle proporzioni dei vari canoni
architettonici è il modulo che è una misura di norma presa sul raggio delle colonne,
misurato all'imoscapo, cioè nella parte più bassa del fusto della colonna. La
dimensione delle altre parti è ricavata moltiplicando o divedendo il modulo.

Gli ordini architettonici greci possono essere considerati due: il dorico e lo


jonico. Il terzo, il corinzio, è in effetti una variazione dell'ordine jonico. Tutti
gli elementi dell'ordine hanno una precisa funzione e la decorazione non è un
elemento applicato, ma una trasfigurazione delle relative funzione.
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• Ordine Dorico

• L'ordine dorico è un assieme di


elementi articolati e strutturati in
forma organica, secondo un rigore
compositivo che resta esemplare.
E’ diviso in tre parti: stilobate,
colonna e trabeazione e la
colonna poggia direttamente sullo
stilobate.

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Ordine Jonico
• L'ordine jonico, come il dorico, è diviso in tre
parti: stilobate, colonna e trabeazione. Mentre la
colonna dorica poggia direttamente sullo stilobate,
la colonna ionica si erge sopra una base, ma con un
rapporto molto più slanciato. Le scanalature non a
spigolo vivo, sono generalmente 24. L'ordine jonico
valorizza la decorazione: l'echino è spesso ornato da
ovoli, anche l'abaco, più sottile che nel dorico, è
decorato. Nel capitello, la caratteristica voluta
jonica presenta una veduta frontale; quando è usata
angolarmente viene modificata con l'inserimento a
45' di un altra voluta, in modo da presentare nei due
prospetti sempre la visione migliore. L'architrave,
o epostilo, è suddiviso in tre fasce orizzontali di
grandezza degradante e sporgenti in maniera
diversa; spesso la fascia superiore è decorata. Il
timpano dell'ordine jonico, rispetto a quello dorico,
presenta una pendenza meno accentuata.

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Ordine Corinzio
• L'ordine corinzio si differenzia dallo jonico
per la maggiore altezza del capitello e per il
motivo a foglie d'acanto che lo decora; gli
altri elementi sono analoghi. Sull'origine di
questo capitello Vitruvio dà credito alla
leggenda che lo attribuisce allo scultore
Calimmaco. Più attendibile l'ipotesi
avanzata da Rigl, che lo considera come
risultato della elaborazione di diverse
ornamentazioni di origine vegetale, molto
diffuse nei paesi Medio-Orientali (Egitto -
Mesopotamia ecc.). L'ordine corinzio, dopo
alcuni esempi isolati del V secolo, giunge a
completa maturazione nel IV secolo, come è
evidenziato dal Monumento coragico di
Lisicrate, del 335 a. C.

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Ecco i tre ordini architettonici a confronto

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Tra i Teatri Greci di cui
rimangono notevoli
testimonianze vi sono il teatro di
Dioniso ad Atene, di Segesta, di
Siracusa, di Delfi, di Epidauro,
di Taormina, di Tindari.

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Piante del teatro di Dioniso all’epoca di Licurgo

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Ricostruzione del teatro di Dioniso
L'orchestra è la zona
nella quale in origine
e durante tutto il
periodo classico
agivano i danzatori e
i coristi. Più tardi la
rappresentazione si
sposta in un piano
sopraelevato. La
sckené, in origine era
un fondale di tela
posto nell'orchestra,
di fronte alla cavea,
più tardi costruita in
legno per accogliere
gli attori durante il
cambio dei costumi.
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Teatro di Dioniso, cavea e scena di età romana,
Atene

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Teatro di Segesta, V Secolo a.C.

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Teatro di Siracusa, veduta dall’alto
Nei primitivi teatri la cavea era formata in terra battuta (teatro di
Siracusa, 470 a.C,),

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Delfi, teatro (IV secolo a.C.), pietra del Parnaso

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Teatro di
Epidauro,
costruito da
Policleto il
Giovane nel
360 a.C.
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Teatro di Epidauro, (370 Secolo a. C) solo nel IV
secolo a. C. la cavea viene realizzata interamente
in pietra

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Teatro Greco di Taormina
La sckené fu posto dapprima a fianco
dell'orchestra, poi costruita in muratura,
fu posta di fronte alla cavea di modo che
la parete sull'orchestra serviva da fondale.

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Il Teatro Greco
di Taormina,
tribune

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Teatro Greco
di Tindari
Un'ultima modifica portò
alla formazione del
proskenion che consiste in
un’articolazione a forma di
"U" della sckené.

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Il Teatro Greco di
Akrai (Palazzolo
Acreide) periodo tardo-
ellenistico (metà del II sec. a.C.) è
adagiato su un pendio naturale. Il
“koilon” (cavea) è composto da
nove cunei. Ogni gradino è
normalmente alto 27 cm e largo
74 cm di cui 34 cm destinati a
sedile e 40 cm a pedana.
L’orchestra (fatto singolare) è di
forma semi-circolare. La scena,
con pavimento ligneo, aveva una
profondità di circa 3 m ed era
chiuso da un muro.

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Odéion di Erode Attico, Atene, acropoli

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Anche se in taluni casi si fa riferimento al teologheion come ad un piano
sovrastante la sckené e destinato ad accogliere le apparizioni degli dei,
dobbiamo pensare che, perlopiù, era il tetto della stessa skené ad assolvere
questa funzione di luogo deputato alla teofania- Non abbiano conoscenza
di quanto fosse alta la skené, ma doveva comunque superare di molto i tre
metri se pensiamo che in una scena di Euripide, un attore doveva fare un
balzo dal tetto a terra, quindi per raggiungere altezze maggiori, veniva
impiegata una sorta di gru chiamata mechàne.

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Di questo attrezzo scenico
dovette molto servirsi
Euripide se consideriamo la
sua abitudine di concludere
spesso i suoi lavori con
l'apparizione, appunto, del
deux ex machina. A
differenza del teologheion,
che poteva ritenersi nella
stanza una sorta di
impalcatura praticabile
sovrastante la skené il
machàne permetteva
un'entrata in sena dinamica.
Questa macchina prendeva
anche il nome di aioréma
(elevatore) o gheraunòs
(grù).

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Accanto a queste macchine addette alla
sopraelevazione degli attori, va ricordato,
inoltre, un altro meccanismo chiamato ad
assolvere un diverso compito, si tratta dell'
ekkiclema, sorta di piattaforma su ruote sulla
quale si collocano gli esecutori e le vittime e
che veniva spinta fuori dalla porta centrale
della skené. Il diametro del semicerchio era
perciò determinato dalla larghezza della porta
e poteva anche raggiungere l'ampiezza di 4
metri. Ricorderemo quindi l'anapiesma, una
sorta di botola usata per l'apparizione delle
furie o di altri dei sotterranei, lo strofeion (o
macchina per le apoteosi) che, con impiego
analogo a quello del teologheion, permetteva
la trasfigurazione degli eroi in divinità, il
keraunoskopeion, o macchina per fulmini ed
il bronteion, o macchina per il tuono.
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Esistevano anche i
periaktoi (di cui
abbiamo un disegno di
Sabbatini in epoca
rinascimentale), scene
girevoli poste
lateralmente al
palcoscenico, formate
da prismi triangolari.
Ogni facciata aveva
dipinto un particolare di
scena che legava con la
rimanente decorazione.
Questi prismi
ruotavano su di un asse
permettendo tre
cambiamenti a vista.

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